Prontuario di diritto romano/La mora

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La mora è l'inadempimento colposo dell'obbligazione al tempo debito e con le modalità previste, oppure il colposo rifiuto di accettarla.
Si distingue pertanto la mora in solvendo (mora del debitore) dalla mora in accipiendo (mora del creditore).

La mora debendi[modifica]

Mora fieri intellegitur ex re vel ex persona era il brocardo che sanciva la distinzione tra i due tipi di mora: quella automatica e quella ex persona.
La mora debendi (o mora solvendi) era la mora del debitore, cioè il ritardo colposo nel pagamento. In tale materia, vigeva il principio minus solvit, qui tardius solvit, poi recepito dal vigente art. 1282 del cod. civ.
Per aversi mora solvendi occorrevano i seguenti requisiti:

  • innanzitutto l'obbligazione doveva essere valida e munita di azione: non si configurava mora nelle obligationes naturales;
  • l'obbligazione doveva anche essere pura ed esigibile: non poteva essere richiesta la prestazione ante diem, ossia prima della scadenza del termine, né se mancava l'imputabilità del ritardo al debitore (mora videtur esse, si nulla difficultas venditorem impediat);
  • occorreva poi la cd. interpellatio, cioè l'atto di costituzione in mora (nulla mora ubi nulla petitio); per le obbligazioni eo die (cioè a termine) si applicava il principio del dies interpellat pro homine.

Per effetto della mora, l'obbligazione si perpetuava e sorgeva la responsabilità del debitore, che era perciò tenuto a dare usuras, cioè a pagare gli interessi dal giorno della mora, nonché a risarcire il danno derivante dal ritardo (damnum iniuria datum) e ad accollarsi il rischio del perimento della cosa.
Principio generale era in illiquidis non fit mora.

La mora credendi[modifica]

Diversa era la mora credendi (o mora accipiendi), che si verificava quando il creditore rifiutava senza motivo di ricevere il pagamento integrale.
Gli effetti della mora del creditore erano analoghi a quelli moderni: il rischio per il perimento della cosa era a carico del creditore, il debitore era esonerato dagli interessi e poteva addirittura rifiutare di adempiere se non veniva rimborsato delle spese sostenute per il ritardo.
Giustiniano introdusse l'offerta pubblica e il deposito della cosa, come forme valide di estinzione dell'obbligazione.

L'obbligazione di interessi (usurae)[modifica]

Dopo l'interpellatio, decorrevano a favore del creditore gli interessi (usurae); la misura degli interessi veniva determinata officio iudicis oppure apud iudicem, ma poteva anche essere stabilita dalle parti. Generalmente, comunque, la questione degli interessi era esaminata apud iudicem.
Le parti potevano preventivamente stabilire la misura degli interessi con una clausola chiamata stipulatio usurarum.
Giustiniano vietò gli interessi composti (anatocismo).