Atlante del lessico culturale europeo/Furore
LAVORI IN CORSO! - WORK IN PROGRESS! Nino fiorino (discussione) si sta occupando di questo testo; non apportare modifiche se l'ultima modifica è recente. |
Lessico dell'Orlando furioso, realizzato dalla Classe 4F del Liceo "G. A. De Cosmi" di Palermo.
Boiardo scrisse l'”Orlando Innamorato” che si ispirava ai due cicli della letteratura francese cavalleresca (l’epopea carolingia e il ciclo bretone). Una novità era contenuta in Orlando il quale veniva classificato come innamorato. Questo per un eroe cavalleresco è paradossale, perché di solito non si lasciava incantare da nessuna donna. Quindi il suo obiettivo principale era la donna, mentre la lotta contro i pagani passava in secondo piano.
Parola: furore.
Canto 1, ottava 2
[modifica | modifica sorgente]Dirò d’Orlando in un medesmo tratto
cosa non detta in prosa mai, né in rima:
che per amor venne in furore e matto,
d’uom che sì saggio era stimato prima;
se da colei che tal quasi m’ha fatto,
che ‘l poco ingegno ad or ad or mi lima,
me ne sarà però tanto concesso,
che mi basti a finir quanto ho promesso.
Ariosto enuncia la novità del poema rispetto a quella già notevole dell’innamoramento di Boiardo (nota 1 a piè di pagina), ovvero il fatto che Orlando, il campione dei paladini cristiani, a causa del suo amore per Angelica perde il senno e diventa appunto furioso. la seconda ottava del primo canto concentra l’attenzione del lettore sul tema dell’amore dopo che la prima ha enunciato quello della guerra, inoltre Ariosto fa dell’elegante auto-ironia affermando che lui stesso è ridotto quasi come Orlando a causa dell’amore per Alessandra Benucci, la quale dovrà concedergli il poco ingegno rimastogli per consentirgli di completare l’opera.
Canto 2, ottava 18
[modifica | modifica sorgente]Veduto avreste i cavallier turbarsi
a quel annunzio, e mesti e sbigottiti,
senza occhi e senza mente nominarsi,
che gli avesse il rival così scherniti;
ma il buon Rinaldo al suo cavallo trarsi
con sospir che parean del fuoco usciti,
e giurar per isdegno e per furore,
se giungea Orlando, di cavargli il core.
L’ottava 18 introduce il tema dell’amore della rivalità tra i cavalieri per conquistare Angelica. In questa ottava Ariosto descrive come Angelica, sfuggendo ai cavalieri che la inseguono, si imbatte in un giardino incantato. Sottolinea il potere dell’amore attraverso la descrizione del giardino , che è reso incantevole dalla presenza di Angelica. L’idea del giardino incantato simboleggia, quindi, la magia dell’amore e il suo effetto trasformante su coloro che ne sono coinvolti. Questa ottava introduce anche temi importanti come la lealtà e la forza. La lotta per il controllo di Angelica riflette il conflitto tra dovere cavalleresco e desiderio personale.
Canto 5, ottava 53
[modifica | modifica sorgente]e gli vietò che con la propria mano
non si passasse in quel furore il petto.
S'era più tardo o poco più lontano,
non giugnea a tempo, e non faceva effetto.
«Ah misero fratel, fratello insano
(gridò), perc'hai perduto l'intelletto,
ch'una femina a morte trar ti debbia?
Ch'ir possan tutte come al vento nebbia!
Nella 53esima ottava del canto V mette in primo piano la figura del cavaliere, l'uomo di cui è innamorata Ginevra, che il fratello del cavaliere gli impedisce di uccidersi poiché ha visto Ginevra con un altro uomo, il duca d'Albania, cadendo nel suo inganno. Nel verso 2 è presente una parola chiave ovvero furore che indica il consiglio del fratello per muovere la sua ira irrefrenabile verso di lei, l'unica a meritare le morte.
Canto 5, ottava 55
[modifica | modifica sorgente]Quando si vede Ariodante giunto
sopra il fratel, la dura impresa lascia;
ma la sua intenzion da quel ch'assunto
avea già di morir, poco s'accascia.
Quindi si leva, e porta non che punto,
ma trapassato il cor d'estrema ambascia;
pur finge col fratel, che quel furore
non abbia più, che dianzi avea nel core.
Nella 55esima ottava del canto V il cavaliere finge di abbandonare il gesto ma il giorno dopo si allontana dal castello. Successivamente il cavaliere si toglie la vita gettandosi da un dirupo e dopo alcuni giorni arriva la notizia. Nel verso 7 il termine furore si riferisce al cavaliere che finge di non avere piú l'ira al fratello ma quel gesto di Ginevra è stata la conseguenza di ciò che aveva dovuto vedere. Tra il verso 2 della 53esima ottava e il verso 7 della 55esima ottava si pensa che ci sia un evoluzione della parola ma in realtà il cavaliere finge di aver abbandonato l'ira dopo aver visto Ginevra con il duca d'Albania decidendo di gettarsi su un dirupo.
Canto 16, ottava 78
[modifica | modifica sorgente]Menava in una squadra più di mezzo
il campo dietro; e sol del gran rumore
tremâr gli Scotti, e tanto fu il ribrezzo,
ch'abbandonavan l'ordine e l'onore.
Zerbin, Lurcanio e Ariodante in mezzo
vi restâr soli incontra a quel furore;
e Zerbin, ch'era a piè, vi peria forse,
ma 'l buon Rinaldo a tempo se n'accorse.
In questa ottava, si descrive una battaglia travolgente con una squadra avanza aggressivamente nel campo avversario, facendo tremare i nemici, gli Scotti tanto da fargli perdere la loro compostezza e il loro onore. Zerbin, Lurcanio e Ariodante rimangono al centro del campo nemico, potenzialmente in pericolo di essere sopraffatti, ma vengono salvati dal tempestivo intervento di Rinaldo, che si accorge della situazione critica e li protegge dai pericoli imminenti. La scena illustra sia la brutalità della guerra che la prontezza e l’abilità di Rinaldo nel proteggere i suoi compagni d’arme.
Canto 18, ottava 85
[modifica | modifica sorgente]Avea Aquilante in Antiochia inteso
essergli concubina, da più genti;
onde gridando, di furore acceso:
- Falsissimo ladron, tu te ne menti! -
un pugno gli tirò di tanto peso,
che ne la gola gli cacciò duo denti:
e senza più contesa, ambe le braccia
gli volge dietro, e d'una fune allaccia;
Questa ottava descrive un confronto fisico tra Aquilante e il suo accusatore. Aquilante viene accusato di essere la concubina di più persone, il che provoca in lui una reazione di rabbia e indignazione. La sua risposta è un gesto fisico di violenza: colpisce l'accusatore con un pugno così potente da farlo perdere due denti e poi lo immobilizza e lo lega con una fune, mettendo così fine alla contesa. Questo episodio evidenzia i temi della violenza, del conflitto e della rivalità presenti nell'opera di Ariosto. Inoltre, offre un'ulteriore caratterizzazione dei personaggi coinvolti, mostrando il coraggio e la determinazione di Aquilante nel difendere la propria onorabilità e nel risolvere la situazione con decisione.
Canto 23, ottava 134
[modifica | modifica sorgente]In tanta rabbia, in tanto furor venne,
che rimase offuscato in ogni senso.
Di tor la spada in man non gli sovenne;
che fatte avria mirabil cose, penso.
Ma né quella, né scure, né bipenne
era bisogno al suo vigore immenso.
Quivi fe' ben de le sue prove eccelse,
ch'un alto pino al primo crollo svelse.
Il canto ventitreesimo dell’Orlando furioso si svolge tra una radura amena e la casa di un pastore che ospita Orlando per la notte. Orlando, inseguendo il cavaliere saraceno Mandricardo, decide di riprendere le forze in una radura, che era stato il luogo degli incontri tra Angelica e Medoro. Orlando scopre gli indizi della passione nei messaggi d’amore incisi nei tronchi degli alberi e sulle pareti delle grotte. L’eroe, per non stare male, si illude che ciò che vede non sia vero, ma le sue speranze si sgretoleranno quando, chiesta ospilità ad un pastore del luogo, scoprirà che il letto dove dorme è quello dove i due amanti hanno passato la prima notte di nozze. Orlando cade quindi in preda alla follia e distrugge tutto ciò che trova sul suo cammino, spogliandosi persino della sua stessa armatura. La crisi del protagonista verrà risolta solo dall’intervento di Astolfo, che, nel canto trentaquattresimo del poema, si recherà sulla Luna a recuperare il suo “senno” perduto.I luoghi cantati hanno un ruolo molto importante nell’esplosione della pazzia di Orlando. Infatti egli sfoga la sua rabbia su piante, alberi distruggendoli in preda alla follia, come per metterle per sempre a tacere.La radura in cui arriva, stremato, Orlando, presenta a prima vista tutti i tratti caratteristici del locus amoenus si sottolinea così, con ancor più forza, l’antitesi tra la serenità del mondo circostante e il tormento interiore di Orlando. L’incedere della sua pazzia è descritto da Ariosto con intensità drammatica. Dapprima, dopo aver letto i nomi degli amanti incisi negli alberi, egli inventa illusorie spiegazioni e inganna se stesso; poi, giunto nella grotta, trova un’incisione di Medoro, in cui con una poesia in arabo si ringraziano quei luoghi che hanno visto nascere l’amore tra lui ed Angelica. Orlando, che già sta cedendo alla pazzia, di nuovo si inganna, dicendo a se stesso che le incisioni sono opera di qualcuno che vuole provare gelosia o infamare il nome della donna amata. Sarà quindi il racconto del pastore, e alla vista del gioiello donato da Orlando ad Angelica come segno d’amore e da lei lasciato al suo ospite in segno di gratitudine, a far impazzire Orlando. Ariosto descrive la pazzia di Orlando con numerose e ripetute esagerazioni, tese a sottolineare la drammaticità e la furia cieca dell’eroe. Così il protagonista, sconvolto dalla scoperta della verità, attraversa diversi stadi, descritti con molta finezza psicologica: l’illusione e l’autoinganno, la negazione della realtà e l’accusa contro terzi, il dolore che rende muti ed intontiti, la follia come fuga dal mondo e sua distruzione.
Canto 19, ottava 7
[modifica | modifica sorgente]come orsa, che l'alpestre cacciatore
ne la pietrosa tana assalita abbia,
sta sopra i figli con incerto core,
e freme in suono di pietà e di rabbia:
ira la 'nvita e natural furore
a spiegar l'ugne e a insanguinar le labbia;
amor la 'ntenerisce, e la ritira
a riguardare ai figli in mezzo l'ira.
L’amore fra Angelica e Medoro è nello stesso tempo normale e favoloso, regolare e irregolare. Normale perché un semplice percorso di innamoramento, matrimonio, intimità. Quello che si alterna ai drammi sentimentali è in particolare la follia di Orlando. Irregolare per tre motivi: è la donna a prendere l’iniziativa; i due innamorati sono di estrazione sociale differente; è un amore non basato sul merito ma su un impulso irrazionale e gratuito. Sovverte del tutto l’amor cortese (per questo ne sarà principale vittima Orlando, la cui follia dunque non è causata solo dalla gelosia) e lo abbassa ad amore borghese: Medoro e Angelica incidono i propri nomi e si sposano. La trasformazione è ancora più radicale in Medoro, che non è innamorato di Angelica, ma inizialmente sfrutta l’occasione che il destino gli offre, per poi innamorarsi a sua volta. Ariosto liquida in un sol colpo gli opposti modelli di amore (cortese e borghese) dimostrando che ogni tentativo di razionalizzare tale impulso è destinato al fallimento, tant’è vero che, sposandosi, Angelica e Medoro escono per sempre dalla sfera del poema.