Elettrotecnica/Circuiti con resistenza, capacità, induttanza percorsi da correnti alternate

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Circuito con resistenza e induttanza[modifica]

Sia dato un circuito del tipo in figura, costituito, cioè, dall'aggregato in serie di una resistenza R e di una induttanza L, al quale sia applicata una f.e.m. e comunque variabile nel tempo.

Sappiamo che, con riferimento ai valori istantanei, la f.e.m. risultante della f.e.m. effettivamente applicata e della f.e.m. di autoinduzione che si desta nella induttanza del circuito, è:

(1)


Il segno meno deriva dal fatto, ormai noto, che, per la legge di Lenz la f.e.m. di autoinduzione deve essere tale da opporsi alla causa che l'ha generata, ossia alla f.e.m. applicata al circuito.

Poiché d'altro canto è:

(2)


si avrà che:

(3)


o anche:

(4)


la equazione caratteristica del circuito.

Circuito con resistenza, induttanza e capacità[modifica]

Si consideri ora un circuito costituito da una resistenza R, una induttanza L, e una capacità C, connesse in serie (vedi figura), sottoposto anch'esso a una f.e.m. variabile nel tempo con una legge che supporremo alternativa.

In un circuito del genere l'interruzione della continuità metallica costituita dal condensatore non comporta, ovviamente, l'interruzione della continuità elettrica, il condensatore, infatti, si caricherà e si scaricherà successivamente in sensi alterni a seconda del senso della f.e.m. impressa.

Il campo elettrico variabile che si ha in conseguenza nell'interno del condensatore equivale, si è visto, a una corrente e prende il nome di corrente di spostamento.

Sia q la quantità di elettricità presente in un determinato istante in una delle armature del condensatore.

Se indichiamo con v la d.d.p. esistente in quell'istante tra le armature del condensatore è:


essendo C la capacità del condensatore.

Se a questo punto v varia di una quantità infinitesima dv, anche q varia di una quantità dq data da


Tutto allora avviene come se nel dielettrico passasse, in corrispondenza della variazione dv della tensione, una corrente


D'altro canto si è visto or ora che è

(8)


la d.d.p. che si localizza ai capi del circuito resistenza-induttanza e poiché deve in ogni caso essere

(9)


sarà anche:

(10)


e, sostituendo nella precedente espressione,

(11)


si ha infine, quale equazione caratteristica del circuito in esame:

(12)


Si supponga ora che la f.e.m. e, che sinora abbiamo indicato genericamente come variabile nel tempo, vari in effetti con legge sinusoidale.

È allora:

(13)


e pertanto:

(14)


è la equazione risolutiva del più generale circuito serie che possa essere sottoposto a una f.e.m. sinusoidale.

È noto che la soluzione di una equazione del genere di quella ora ricavata risulta dalla somma di due termini i1 e i2 di cui il primo rappresenta la soluzione generale della equazione ausiliaria:

(15)


e il secondo una soluzione particolare della equazione completa.

Sarebbe possibile rendersi conto che il termine i1 sta a rappresentare il regime transitorio che si stabilisce all'atto della chiusura del circuito.

Esso si smorza nel tempo, divenendo in breve trascurabile rispetto al termine i2 che, solo, rappresenta la soluzione cercata, con riferimento al regime permanente.

La corrente i che, in conseguenza dell'applicazione della f.e.m. e, circola nel circuito è allora della forma:

(16)

di cui è necessario definire ampiezza e fase.

Risulta:

(17)


(18)


Queste espressioni possono essere sostituite nella equazione generale; questa deve poi subire alcune manipolazioni di natura analitica (sulle quali ci è necessario soprassedere) per pervenire, infine, alla conclusione che è:

(19)


(20)


O anche:

(21)


Alla quantità

(22)


si dà il nome di reattanza del circuito e la si indica con la lettera X.

Con le posizioni accennate, i risultati dianzi conseguiti sogliono esprimersi nella forma seguente:

(23)


(24)


Quello cui abbiamo accennato a grandi linee è, ricordiamo, il metodo trigonometrico per il calcolo delle grandezze sinusoidali.

Possiamo eseguire il calcolo della corrente che attraversa un circuito a costanti concentrate sottoposto a una f.e.m. sinusoidale con uno qualsiasi degli altri metodi di calcolo a suo tempo citati: giungeremmo in ogni caso a una espressione del tipo:

(25)


Dove col segno abbiamo voluto contrassegnare le grandezze vettoriali.

Assume perciò carattere di generalità l'affermazione che in un qualsiasi circuito a costanti concentrate cui sia applicata una f.e.m. sinusoidale di valore efficace E, circola una corrente, anch'essa sinusoidale, di valore efficace:

(26)


e la cui differenza di fase col vettore tensione è definita dalla relazione:

(27)


Lo sfasamento della corrente rispetto alla tensione è da intendersi in ritardo se nel calcolo della reattanza del circuito prevale la reattanza di autoinduzione, in anticipo nel caso in cui prevale la reattanza di capacità.

In ogni caso, poiché è:

({})


e

({})


si nota subito che la corrente, in un circuito che già contenga resistenza e induttanza, cresce quando si inserisce, in serie con gli anzidetti elementi, una capacità.

In particolare esistono un valore dell'induttanza e un valore della capacità per i quali, per una determinata frequenza, si perviene all'annullamento della reattanza.

In queste condizioni il circuito si comporta come puramente resistivo, pur non essendolo, e la corrente assume, in relazione alla f.e.m. applicata, il suo massimo valore, non intervenendo allora, che la sola resistenza a limitarla.

Questa particolare e importante condizione di funzionamento di un circuito prende il nome di condizione di risonanza.

Tale condizione è analiticamente esprimibile e si dirà che un circuito contenente induttanza, capacità e resistenza si trova in condizioni di risonanza quando per esso vale la relazione:

({})


ed è manifesto, per la presenza della pulsazione ω, che, fissati i valori di L e di C la condizione di risonanza sussiste solo per un ben preciso valore della frequenza.

Altre considerazioni importanti, atte a chiarire il comportamento di un circuito che si trovi nelle particolari condizioni accennate, possono trarsi dalla condizione di risonanza scritta nella forma

({})


Da essa, infatti, moltiplicando primo e secondo membro per la corrente I, si deduce immediatamente la relazione:

({})


Si localizzano, cioè, ai capi dell'induttanza e della capacità due tensioni eguali tra loro in valore assoluto, la cui entità dipende direttamente dal valore della corrente.

Poiché è, in queste condizioni:


sarà anche:


il valore comune delle d.d.p. che si localizzano ai capi degli elementi reattivi di un circuito cui sia applicata dall'esterno una f.e.m. E.

Si vede chiaramente che, per resistenza del circuito trascurabile, è possibile localizzare ai capi degli elementi reattivi notevoli differenze di potenziale, pur applicando dall'esterno f.e.m. di modesta entità.

Per questa ragione al fenomeno della risonanza in un circuito del tipo serie viene dato comunemente il nome di risonanza di tensione.

Circuiti derivati contenenti resistenza, induttanza e capacità[modifica]

Il caso di circuiti derivati, comunque complessi, può facilmente essere trattato a partire da un semplice circuito derivato quale quello in figura.


Sappiamo che a circuiti sottoposti a correnti variabili sono applicabili i due principi di Kirchoff a condizione che si faccia riferimento ai valori istantanei e che si considerino, come agenti nelle maglie, oltre alle f.e.m. applicate anche le cadute di potenziale ai capi delle resistenze e delle reattanze di autoinduzione e di capacità presenti nel circuito.

Si può allora scrivere, per il nodo A:

({})


e per le maglie A,L,R1,B,D e A,C,R2,D, le due equazioni ormai note:



Dove


Dalla seconda delle tre relazioni precedenti ricaviamo allora i1; si ottiene


mentre dalla terza si ricava i2, ottenendo


Per la prima equazione la somma delle due correnti dà il valore della corrente erogata.

Si ottiene, applicando il teorema di Carnot al triangolo delle correnti:


A mostrare l'estrema semplicità del metodo simbolico per calcoli di questo tipo, e a conferma di quanto già detto circa la convenienza di avere indiscriminatamente presenti tutti i metodi di calcolo a disposizione per l'analisi di circuiti sottoposti a grandezze alternative, applichiamo alla risoluzione di questo caso anche il metodo in questione.

Si indichi con la notazione:


l'inverso della impedenza di un circuito.

Questa grandezza assume il nome di ammettenza del circuito considerato ed è una grandezza complessa la cui unità di misura è il siemens.

Le tre equazioni precedenti assumono allora la forma,



Poiché è, evidentemente,



noti gli elementi costitutivi del circuito, sono facilmente calcolabili le ammettenze dei due rami del circuito e, conseguentemente, i valori delle tre correnti incognite


È interessante notare che anche in circuiti del tipo ora esaminato la condizione di risonanza


determina, ove realizzata, una particolare condizione di funzionamento del sistema. Consideriamo, intero, il semplice circuito derivato precedentemente studiato e supponiamo trascurabili le resistenze R1 e R2 dei due rami in parallelo.

E allora



dalla


si ottiene in queste condizioni


ossia:


in condizioni di risonanza è, chiaramente:


e quindi:


il che significa che in un circuito derivato del tipo in figura la realizzazione della condizione di risonanza comporta la circolazione nei due rami di correnti per quanto intense con una erogazione di corrente, da parte della sorgente di energia, che, al limite (per resistenze trascurabili), può essere nulla.

Al particolare fenomeno si dà usualmente il nome di risonanza di corrente.

Non ci è possibile soffermarci sulle molteplici considerazioni, soprattutto energetiche, cui i circuiti studiati e le particolari loro condizioni che abbiamo indicato come condizioni di risonanza aprono la via.

Prima di abbandonare l'argomento è necessario, però, almeno notare che non esiste contrasto alcuno tra le condizioni di risonanza e il principio di conservazione dell'energia. Nelle condizioni di risonanza pura (R=0) infatti, il circuito assorbe energia solo nella fase iniziale, immagazzinandola, a seconda dei casi, sotto forma elettromagnetica o elettrostatica. In seguito, a regime, non si ha che un periodico trasferimento dell'energia immagazzinata dall'una all'altra forma.

Circuiti affetti da mutua induzione[modifica]

Abbiamo sin ora esaminato il caso di circuiti percorsi da correnti alternate e contenenti resistenze, induttanze e capacità.

Dobbiamo ora esaminare il comportamento di quei circuiti che, contenendo gli stessi elementi in precedenza accennati, siano anche affetti da mutua induzione.

La loro importanza risulta chiara non appena si pensi che rientrano in questa categoria di circuiti i cosiddetti trasformatori il cui uso nel campo degli impianti elettrici è ben noto.

Trascurando, per necessità, il comportamento di circuiti consimili in fase transitoria all'atto dell'apertura o della chiusura del circuito, consideriamo il caso di due circuiti accoppiati per il tramite di una mutua induzione M in regime permanente sinusoidale.

Denominiamo primario il circuito connesso con il generatore di energia; secondario il circuito con esso induttivamente accoppiato per il tramite della mutua induzione M.

Con riferimento a quanto segnato in figura, siano r1, L1 la resistenza e la induttanza primaria, r2=r'2+r''2 e L2=L'2+L''2 la resistenza e induttanza complessiva secondaria.



Supposte costanti le resistenze e le induttanze, propria e mutua, primarie e secondarie e con riferimento ai valori istantanei delle tensioni e delle correnti, è evidentemente:



nelle quali, per la ipotesi ammessa di sinusoidalità del regime permanente è:




In tal modo è possibile risolvere il problema di esprimere le correnti in grandezza e fase; infatti sostituendo le espressioni della tensione e delle correnti nelle due equazioni dei circuiti queste si scindono in due equazioni indipendenti dando luogo a un sistema di quattro equazioni nelle quattro incognite I1m, I2m, α1, α2.

Più semplice risulta la soluzione del problema per il tramite del metodo simbolico.

Le equazioni dei circuiti possono infatti semplicemente porsi nella forma



ove si siano indicate con x1, x2, e μ rispettivamente le grandezze


Può allora ricavarsi dalla seconda la I2


e, sostituendo nella prima, ottenersi:


che può facilmente porsi nella forma:


ove alle espressioni in parentesi a graffa si riconoscono le dimensioni di una impedenza.

Si tratta però di una impedenza che contiene a lato degli elementi primari anche gli elementi del circuito secondario, per tale ragione essa assume il nome di impedenza primaria equivalente.

Dalla posizione ora fatta risulta chiaramente


con


Alcune considerazioni interessanti possono farsi sul comportamento dei circuiti mutuamente accoppiati propri a partire dalla espressione della impedenza primaria equivalente.

È anzitutto chiaro che la impedenza primaria è nettamente influenzata dalla presenza del circuito secondario, nel senso di un aumento della resistenza e di una diminuzione della reattanza, riducendosi la reattanza primaria equivalente alla impedenza primaria quando per assenza o interruzione del circuito secondario possa porsi μ = 0.

È infatti in questo caso



E poiché nelle pratiche realizzazioni la resistenza primaria risulta sempre fortemente minore della reattanza primaria ne deriva che la impedenza a vuoto del trasformatore Ze10 (a circuito secondario aperto) è sempre notevolmente maggiore della impedenza primaria equivalente in funzionamento a secondario chiuso.

Dalla equazione


è, comunque, sempre possibile ricavare il valore efficace e la fase della corrente primaria.

Infatti da essa si ricava:


e quindi


Dalla espressione della corrente in funzione della corrente , precedentemente riportata si ottiene poi il rapporto


rapporto che si semplifica notevolmente se si ammette che la reattanza secondaria sia fortemente prevalente nella resistenza totale secondaria.

Risulta, allora:


e in definitiva risulta:


Quanto alla differenza di fase relativa tra le due correnti primaria e secondaria la sua espressione corretta è:


nella ipotesi ora accennata essa risulta:


Si rifletta ora al fatto che la ipotesi di chiara equivalenza della reattanza sulla resistenza complessiva secondaria risulta con fortissima approssimazione soddisfatta nelle condizioni nelle quali la resistenza secondaria si riduca alla sola resistenza propria dell'avvolgimento; vale a dire nelle condizioni di corto circuito secondario.

Potremo allora affermare che: in tali condizioni le correnti primaria e secondaria di un trasformatore risultano tra loro in opposizione di fase e di ampiezza tale che il loro rapporto è uguale al rapporto inverso del numero delle spire.

Riprendiamo ora in esame la equazione del circuito secondario in termini simbolici:


è chiaro che essa può scriversi:


ove si voglia porre in luce il fatto che la f.e.m. indotta nel secondario, , serve in parte a compensare la caduta interna dell'avvolgimento secondario, in parte a compensare la caduta nella impedenza esterna di utilizzazione.

Aumentando la impedenza di utilizzazione, diminuisce, ovviamente, il valore della corrente e perciò gradualmente diminuisce la caduta di potenziale interno; per contro aumenta la caduta esterna che tende a diventare uguale alla f.e.m. di mutua induzione.

Al limite per (circuito secondario aperto) sarà:


la tensione presente ai morsetti secondari.

Quanto alla tensione primaria

qualora si immagini la resistenza primaria trascurabile, in queste condizioni, rispetto alla reattanza primaria .

Tutto ciò può esprimersi graficamente nel modo seguente:

Immaginando anche qui nullo il flusso disperso, si può scrivere ancora:


Dalle quali, in concomitanza con le precedenti, risulta:


ciò che può esprimersi dicendo che: nel funzionamento a vuoto di un trasformatore tensione primaria e secondaria risultano tra loro in opposizione di fase; le ampiezze stanno fra loro nel rapporto diretto del numero delle spire.