Gaio Lucilio/Gaio Lucilio

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Gaio Lucilio (latino: Gaius Lucilius; Sessa Aurunca, 180 a.C. circa – Napoli, 102 a.C.) è stato un poeta romano.


Biografia[modifica]

Della biografia la data di morte è sicura (102 a.C.), mentre quella di nascita è ricostruita a partire dalla discussione sull'esattezza della datazione tramandataci da San Girolamo, che fissa la morte di Lucilio all'età di 46 anni, da cui deriva una datazione dell'anno di nascita eccessivamente posteriore, cioè l'anno 149 a.C., in contrasto con una notizia fornitaci dallo storico Velleio Patercolo, in base alla quale Lucilio aveva militato come cavaliere sotto Scipione Emiliano nella guerra di Numanzia nel 133 a.C. Probabilmente l'errore di San Girolamo è stato di aver scambiato Spurio Postumio Albino Magno e Lucio Calpurnio Pisone, consoli dell'anno 148 a.C., con i consoli del 180 a.C., Aulo Postumio Albino Lusco e Gneo Calpurnio Pisone.

Le incertezze cronologiche relative alla sua vita non intaccano però l'aspetto fondamentale della sua biografia, dalla quale si capisce come il poeta appartenente alla Gens Lucilia fu vicino al circolo degli Scipioni e che fu amico intimo di Scipione Emiliano e di Gaio Lelio, due tra i maggiori promotori dell'ellenizzazione della cultura romana. Nonostante la sua posizione e le sue amicizie, si tenne sempre lontano dalla carriera politica, dedicandosi interamente all' otium letterario. Ciò non toglie che Lucilio fosse un personaggio molto influente: infatti, quando morì fu onorato con un funerale pubblico. L'importanza di Lucilio è enorme in relazione ai suoi sforzi per codificare sul piano formale (tramite l'uso dell'esametro), dello stile e del contenuto, i temi trattati dall'unico genere letterario latino mancante di un corrispondente nel mondo ellenico: la satira.

La Satira Genere Latino[modifica]

La satira è l'unico genere della poesia latina che non ha un diretto corrispondente nel mondo greco. Se da un lato infatti vi è un certo sentimento di fierezza nei confronti della satira, si veda la celeberrima esclamazione del retore Quintiliano "satura quidem tota nostra est" (10, 1, 93) ovvero "La satira invero è completamente nostra", da un altro si vengono a instaurare un certo senso di perplessità sulla natura del genere stesso. Diomede cercò di affrontare il problema e ne diede tale soluzione:

« Presso i Romani con satira si intende una poesia che ora ha carattere denigratorio ed è composta per colpire i vizi umani secondo la maniera della commedia antica: tale fu quella che composero Lucilio, Orazio e Persio. Un tempo però veniva chiamata satira un'opera poetica che constava di componimenti vari, come quella che scrissero Pacuvio ed Ennio »
(Diomede Grammatico, Grammatici Latini, I, 485.)

All'interno del genere satirico vengono ben distinte due fasi, quella rappresentata da Ennio e Pacuvio, fatta da uno stile con metri e componimenti di vario genere, e quella rappresentata da Lucilio, Orazio e Persio, successivo anche a livello temporale, la cui caratteristica è quella di uno stile che tende, a volte anche eccessivamente, al moralismo di natura provinciale. Lucilio fu considerato quindi l'iniziatore del genere della Satira, riconosciuto addirittura da Orazio, pur con riserve, come il suo maestro.

La satira luciliana[modifica]

Dei 30 libri di satire scritti da Lucilio, ci rimangono circa 1000 frammenti, per un totale di quasi 1370 versi. La divisione in 30 libri del corpus luciliano (in cui l'ordine era dato secondo un criterio metrico: i libri 1-21 in esametri dattilici; 22-25 in distici elegiaci; 26-30 in metri giambici e trocaici e poi nuovamente in esametri) è opera del neotero Valerio Catone.

Non è affatto sicuro che il titolo "Saturae" risalga a Lucilio stesso, ma Orazio usa il termine Satura per designare quel genere di poesia inaugurato dall'opera di Lucilio; nei frammenti che ci restano Lucilio chiama le sue composizioni con il nome di poemata (poemi) o come sermones,o meglio ludus ac sermones (chiacchiere scherzose); si è anche ragionevolmente supposto che il titolo primitivo dell'opera fosse, con nome greco, schèdia (improvvisazioni).

I caratteri fondamentali della vera satira luciliana sono:

  • soggettivismo: Lucilio parla di sé stesso e inserisce contenuti autobiografici
  • spontaneità: parla con immediatezza e l'elaborazione letteraria è relativa
  • aggressività: spesso ad personam, è una letteratura abrasiva
  • eticità: Lucilio intende promuovere una modificazione comportamentale, ha un fine educativo
  • La varietas
  • plurilinguismo e ibridazione stilistica: non è né anodino né monocorde, percorre tutte le possibilità della lingua latina, dal sermo plebeius sino alle regioni più illustri della letteratura, ha uno stile caleidoscopico

Anche se si ritiene fosse stato Ennio ad usare per primo questo genere tipicamente romano, Lucilio ne stilò lo statuto, poi seguito dai successivi autori di satire, attraverso la sua opera caratterizzata dall'esametro e dall'argomento morale. La satira del mondo latino, dal punto di vista dei contenuti, vista la sua originalità romana dal punto di vista formale, non ha nulla a che vedere con quella del mondo greco, perché lì era sottopertinente al genere del giambo.

L'obiezione mossa alla lingua luciliana era di essere ruvida, provvisoria e incondita. Secondo Orazio, i versi di Lucilio sono privi di eleganza, con il risultato di scorrere fangosi (flueret lutulentus), trascinando spesso più roba da togliere che roba da lasciare[senza fonte].

« Faceva mille versi stando su un piede solo »
(Orazio)