I Mondi di Oscar Wilde/Capitolo 22
Oscar Wilde e il socialismo
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Per approfondire su Wikipedia, vedi le voci Socialismo e L'anima dell'uomo sotto il socialismo. |

Di tutti gli scritti critici di Wilde, il suo saggio del 1891 "The Soul of Man under Socialism", ristampato praticamente senza modifiche in forma di libro come The Soul of Man nel 1895,[1] è sia il più noto che il più esplicitamente politico. Costituì la base, prima dello sviluppo della teoria postcoloniale e queer, della reputazione di Wilde come pensatore radicale le cui simpatie erano per gli emarginati e gli oppressi, e la cui preoccupazione principale era per le operazioni del potere e la necessità, in particolare per l'artista, della libertà individuale.[2] Il suo resoconto degli "horrible evils that result from the institution of private property", inclusa la filantropia (una "aggravation" della disuguaglianza sociale, piuttosto che una soluzione), insieme al riconoscimento della necessità "to reconstruct society on such a basis that poverty will be impossible", sembrano avallare il suggerimento di A. E. Dyson secondo cui possiamo dare per scontato il socialismo di Wilde.[3] La proposizione di Wilde secondo cui "converting private property into public wealth, and substituting co-operation for competition, will... give Life its proper basis and its proper environment" suona certamente come se provenisse da un socialista.[4] Inoltre, atteggiamenti simili si possono trovare in altre parti della sua opera. "The Happy Prince", "The Selfish Giant" e "The Young King" contengono una critica tagliente (se non del tutto coerente) dei rapporti di lavoro capitalistici – come dice un personaggio dell’ultimo racconto, "of the rich [who] make slaves of the poor".[5] È possibile leggere The Picture of Dorian Gray come un’accusa al consumo ostentato che ha sostenuto lo sviluppo del capitalismo avanzato, e che Wilde ha identificato in "The Soul of Man" come produttore di "a false individualism that made gain not growth its aim".[6] Questi stessi valori sono trattati in modo comico in The Importance of Being Earnest dove appetiti insaziabili, che siano per champagne, muffin o proprietà, guidano tutte le relazioni sociali. Insieme a un'aristocrazia ipocrita e amorale, gli oggetti coerenti della satira di Wilde includono il materialismo e il filisteismo delle classi medie emergenti (e in particolare quelle professionali e commerciali), come il "rich young Australian" nell'Atto I di Lady Windermere’s Fan il cui padre "made a great fortune by selling some kind of food in circular tins",[7] e le istituzioni politiche e culturali, in particolare il Foreign Office e la Royal Academy, e in seguito il sistema penale, che funzionavano secondo Wilde per perpetuare il loro privilegio sociale.
Tuttavia, nonostante gli obiettivi così riconoscibili nella polemica socialista, determinare la natura precisa dell'impegno di Wilde per il socialismo e la sua relazione con il suo più ampio interesse per l'autorealizzazione, in ciò che definì in "The Soul of Man" "the great actual Individualism latent and potential in mankind generally",[8] si è rivelata una questione complessa e, in una certa misura, controversa: oggi i critici non sono d'accordo sulle origini e sulla serietà della polemica di Wilde e quindi anche sulle sue credenziali come teorico politico. Questi disaccordi in genere si concentrano sul fatto che quel saggio sia inteso come parte di un'esplorazione filosofica della libertà, un interesse che ha avuto origine negli studi universitari di Wilde e che è culminato in De Profundis (che ha diversi temi in comune con "The Soul of Man"); o quale pezzo motivato da eventi politici locali, come quelli istigati dal ruolo oppressivo dello stato britannico in Irlanda; o come giornalismo di attualità, scritto per guadagno finanziario e concepito come intrattenimento usa e getta.[9] Queste differenze di approccio a loro volta riflettono controversie più profonde negli studi su Wilde che hanno a che fare con la natura della contestualizzazione storica e il ruolo della biografia di Wilde nell'interpretazione delle sue opere letterarie. Potremmo notare di sfuggita che certi dettagli della vita adulta di Wilde, tra cui il suo ruolo di proprietario terriero irlandese, il suo stile di vita stravagante e l'apparente riluttanza a essere direttamente coinvolto in cause politiche,[10] non vanno facilmente d'accordo con il giovane che presumibilmente proclamò a Violet Hunt: "I am a Socialist".[11] A parte queste "large disputes", c'è una fonte di difficoltà più immediata che si concentra sul significato del socialismo negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo.
Il commento di Richard Ellmann secondo cui "by socialism Wilde did not mean any specific variety",[12] allude alla confusa fluidità di questo termine alla fine degli anni 1880 e all’inizio degli anni 1890, quando c’erano almeno tre distinti raggruppamenti politici che se ne appropriarono come etichetta: la Social Democratic Federation, fondata nel 1881 (inizialmente con il titolo Democratic Federation) da H. M. Hyndman, uno dei primi, seppur controversi, interpreti del marxismo in Inghilterra;[13] la Socialist League, fondata nel 1885 e guidata da William Morris dopo la sua rottura con l’organizzazione di Hyndman sulla questione dell’azione rivoluzionaria (a cui Hyndman si opponeva); e il Fabian movement, fondato nel 1884 e inizialmente guidato da Sidney e Beatrice Webb e George Bernard Shaw e che, come la SDF di Hyndman, sosteneva un graduale movimento verso una società socialista attraverso la cooperazione con uno stato riformatore. Fu Shaw a sostenere di essere il catalizzatore dell'interesse di Wilde per il socialismo, scrivendo molti anni dopo l'evento che gli era stato detto da Robert Ross che "The Soul of Man" era stato ispirato da "an address on Socialism" che Shaw aveva tenuto e al quale Wilde "turned up and spoke".[14] Uno stimolo più immediato potrebbe essere stata la pubblicazione nel 1889 dei Fabian Essays in Socialism, o forse Wilde stava rispondendo ai numerosi articoli periodici che discutevano il significato di questa politica sempre più vocale, che era tanto contestata da coloro che si definivano socialisti quanto lo era tra i socialisti e i loro oppositori politici. Il dibattito si svolse in vari giornali socialisti e sindacali sorti negli ultimi decenni del secolo, di cui The Commonweal di Morris è il più ricordato, così come in mensili e trimestrali di interesse generale, quale il Nineteenth Century e il Fortnightly Review a cui Wilde aveva contribuito, e pubblicazioni più specialistiche come Mind, fondato a metà degli anni Settanta dell'Ottocento e uno dei principali luoghi di discussione intellettuale dell'epoca. Quest’ultimo dettaglio ci ricorda che alla fine del diciannovesimo secolo la comprensione della natura dell’organizzazione sociale – e quindi delle origini e dei meriti di una società socialista – era di competenza di diversi discorsi, circostanza che fornisce un contesto per l’eclettica gamma di riferimenti nel saggio di Wilde, che attinge a opere di filosofia, classici e storia, così come a quelle di discipline più recenti tipo psicologia, biologia evolutiva e antropologia.[15] L’interesse letterario di Wilde per il socialismo non aveva quindi bisogno di avere un particolare innesco poiché, come afferma giustamente Lawrence Danson, il socialismo era “all around”[16] sia sotto forma di polemica populista, dibattito accademico o dimostrazioni più pratiche di malcontento sociale, come il famoso sciopero di Bryant & May nel 1888 o lo sciopero dei Dock di Londra del 1889, entrambi i quali attirarono l’attenzione delle classi ciarliere, in parte perché si svolgevano sotto il loro naso nella capitale.
Gli argomenti di contesa, la maggior parte dei quali trovò posto nel saggio di Wilde in una forma o nell'altra, includevano il ruolo dei macchinari e della tecnologia in una futura società socialista, la relazione – come la definì William Morris nella sua lezione "Art and Socialism" – "of art to commerce", così come la natura, il ritmo e i meccanismi del cambiamento sociale. Quest'ultimo argomento era di particolare interesse per antropologi comparati come Edward B. Tylor, le cui opere Wilde aveva certamente letto, e che si occupava delle connessioni tra aspetti del comportamento umano contemporaneo e forme di vita sociale più antiche e – per usare il suo termine – "primitive". Il socialismo rappresentava il recupero di uno stato sociale precedente e più incontaminato? Istituzioni come la proprietà privata erano il risultato inevitabile di un processo evolutivo e quindi in un certo senso "natural"? Un ulteriore problema, che preoccupava i darwinisti sociali, era incentrato sull'altruismo, un tratto comportamentale che sembrava essere in contrasto sia con l'individualismo competitivo che si riteneva guidasse l'evoluzione biologica, sia con il modello di "economic man", guidato dall'interesse personale, che sottoscriveva i resoconti contemporanei del mercato. Per alcuni commentatori l'altruismo, nella forma, ad esempio, delle donazioni di beneficenza sostenute dall'industriale americano William Carnegie (le cui opinioni avevano ricevuto ampia pubblicità in Gran Bretagna alla fine degli anni ’80 dell'Ottocento), ostacolava lo sviluppo sociale promuovendo la sopravvivenza degli "unfit". Altri, tra cui il sociologo e filosofo Herbert Spencer (e Wilde), suggerivano che l'altruismo fosse innato e quindi non soggetto a pressione evolutiva. Il problema, in breve, era se il genere umano fosse "naturally" competitivo o "naturally" cooperativo. Si discuteva anche del ruolo e delle dimensioni dello Stato nel socialismo, e del rapporto del socialismo con l’autorità istituzionale, o con ciò che Wilde (pensando forse al tipo di società immaginata in Looking Backward (1888) di Edward Bellamy) definisce un “industrial barrack-system” e Thomas Huxley si riferiva a “regimental socialism”.[17] È l’associazione fatta da Wilde del socialismo con ciò che definisce “economic tyranny”, il suo senso che i socialisti erano troppo prescrittivi, al punto di essere coercitivi, nella loro visione di ciò che costituiva un comportamento umano appropriato, che confonde il suo impegno per le cause socialiste, non da ultimo perché sembrava allearlo, almeno in parte, con un’ideologia politica che era direttamente opposta al socialismo, e i cui sostenitori erano strenui difensori della proprietà privata.
A questo proposito, una delle aree più polarizzate del dibattito politico di fine Ottocento in Inghilterra (piuttosto che in Irlanda) era incentrata sull'antagonismo tra il socialismo e un altro movimento politico emergente (ma di breve durata), quello dei cosiddetti "Individualists", i cui ideologi più importanti includevano l'avvocato Tory e proprietario di miniere Wordsworth Donisthorpe, lo scrittore e proprietario terriero Auberon Herbert e l'economista J. H. Levy, un membro di spicco della Personal Rights Association, la cui rivista mensile fu in seguito intitolata The Individualist.[18] Associato a loro c'era anche Spencer, che scrisse l'introduzione a A Plea for Liberty degli Individualisti, una raccolta di saggi pubblicata nel 1891 per contrastare i Fabian Essays in Socialism. Sebbene gli Individualisti non avessero un'organizzazione formale, erano uniti agli occhi del pubblico dalla loro ostilità alla maggior parte delle riforme sociali, inclusa l'estensione del suffragio (vista come promozione di una legislazione basata sulla classe) e una forte antipatia verso lo Stato. In effetti, ciò significava che si opponevano a molte delle funzioni tradizionali del governo, come il coinvolgimento dello Stato, che definivano come interferenza ingiustificata, nell'istruzione, nella religione, nei rapporti di lavoro e nell'economia (vale a dire, in questioni come la regolamentazione di fabbriche, miniere e ferrovie, e la proprietà statale dei servizi postali e telegrafici), come anche nelle arti. (Tra i loro obiettivi qui, e una probabile attrazione per Wilde, c'era la loro opposizione al controllo statale del palcoscenico esercitato dall'ufficio del Lord Ciambellano.) Nel loro sostegno alla Liberty and Property Defence League, un gruppo di pressione politica fondato nel 1882 per proteggere i diritti di proprietà privata e promuovere politiche di laissez-faire, gli Individualisti erano tra i più convinti oppositori del socialismo. Nel 1889 la LPDL unì le forze con la Personal Rights Association per lanciare un attacco attraverso una serie di conferenze pubbliche, dimostrazioni e opuscoli su quella che era percepita come la crescente influenza della legislazione collettivista in Gran Bretagna. È esattamente questo sospetto di azione di gruppo combinato con un vigoroso antistatalismo che sembra riecheggiare in "The Soul of Man" — tracce che rendono quel saggio, in alcuni punti, non dissimile da un manifesto individualista. Su questo punto è significativo che gli scritti sia di Wilde che degli Individualisti siano stati identificati con l'anarchismo, sebbene questa connessione debba essere trattata con cautela e per ragioni che ci aiutano a capire cosa abbia attratto Wilde al socialismo, così come la sua comprensione di ciò che costituiva la libertà individuale.
Un punto di somiglianza evidente tra la polemica individualista e l'argomentazione di "The Soul of Man" riguarda il rifiuto della democrazia da parte di Wilde: parodiando il discorso di Gettysburg di Lincoln, la descrive come "the bludgeoning of the people by the people for the people". Il significato di questa affermazione per Wilde diventa più chiaro, tuttavia, nella seconda metà del saggio quando l'argomentazione si sposta dalla cultura politica alla sfera dell'arte e da "the poor" a ciò che viene definito "the public" — quelle "half-educated people" il cui crimine principale è la loro "lack of comprehension of what Art is". Consapevole, forse, che "the poor" e "the public" sono categorie sovrapposte, Wilde spiega che le inadeguatezze di quest'ultimo gruppo derivano dalla loro "barbarous conception of authority" che a sua volta ha origine in "that monstrous and ignorant thing that is called Public Opinion", e "Public Opinion is the product of the press".[19] Il bersaglio principale di Wilde è quindi l'autorità tirannica non esattamente de "the public", ma del giornalismo contemporaneo che detta le sue opinioni. Detto questo, l'implicazione che il pubblico sia facilmente manipolabile e più o meno incapace di pensiero indipendente allinea ancora Wilde, anche se un po' a disagio, con coloro (come gli Individualisti) sulla destra del dibattito politico contemporaneo che si opponevano all'affrancamento dei poveri sulla base del fatto che questa sezione della popolazione non aveva la capacità di quel tipo di pensiero razionale o, per usare le parole di Matthew Arnold, "disinterested" ritenuto una qualifica necessaria per la partecipazione al processo politico.[20]
Lo slittamento di Wilde tra quelle che all’epoca erano categorie altamente politicizzate di azione collettiva – la mancanza, cioè, di una chiara discriminazione tra “the people”, “the poor” e “the public” – potrebbe essere strategico, un elemento del modo generale in cui si è ritenuto che la scrittura critica di Wilde de-familiarizzasse il linguaggio al fine di destabilizzare categorie fisse di pensiero. Tuttavia, c’è un sospetto persistente che Wilde non avesse la fiducia del socialista impegnato nell’attivismo popolare e che per lui, come per molti conservatori, le manifestazioni di una volontà collettiva, specialmente quando esercitate nell’ambito dell’arte, equivalessero a una forma di governo della massa e rappresentassero quindi ulteriore materia prima per ciò che Ellmann definisce il suo “general hatred of tyranny”.[21] Quindi, sebbene, da buon socialista, Wilde riconosca che “the poor” hanno “the right” di essere “ungrateful, discontented, disobedient, and rebellious”, e siano davvero al loro “best” quando esibiscono questo comportamento, il suo sostegno all’azione rivoluzionaria è fortemente temperato: ammette solo che “behind the barricade there may be much that is noble and heroic”.[22] Inoltre è questa apparente mancanza di fiducia nelle capacità intellettuali di ciò che potrebbe essere liberamente definito l’uomo o la donna “ordinary” che distingue anche l’individualismo wildeano dall’anarchismo: Wilde vedeva sia la democrazia che l’anarchismo come forme di demagogia. In una delle prime poesie, "Libertatis Sacra Fames", "that state republican, where every man is Kinglike", viene descritto come una minaccia per "Arts, Culture, Reverence, Honour": la poesia dichiara: "Better the rule of One, whom all obey, / Than to let clamorous demagogues betray / Our freedom with the kiss of anarchy".[23]
L'ostilità viscerale verso l'autorità che generò la sfiducia di Wilde nei confronti del socialismo, e che egli definì in De Profundis il suo "antinomianism", non si estese a lui stesso: Wilde desiderava rifiutare tutte le forme di influenza tranne quella che egli poteva esercitare, ma nella sua veste di artista piuttosto che di attivista politico. Questo paradosso viene risolto verso la fine di "The Soul of Man" offrendo a tutti, nelle corrette condizioni sociali, il potenziale per l'espressione artistica: l'individualismo wildiano è in sostanza estetico piuttosto che politico, essendo realizzato in vite che sono sia "free [and] beautiful".[24] Tuttavia, il prezzo di quella concessione si traduce in un altro paradosso: che, come afferma Wilde nella Prefazione a Dorian Gray (cfr. versione (IT) in Appendice 2), tutta l'arte è in ultima analisi "quite useless", quando l'utilità è definita in termini di funzioni sociali dell'arte. Anche in questo caso Wilde si distingue dai socialisti contemporanei, molti dei quali, tra cui Morris, avevano esplicitamente utilizzato l'arte per propagandare opinioni politiche. In una lettera a William Benson in cui si discuteva degli stili decorativi moderni, Wilde aggiunge un commento rivelatore su The Earthly Paradise di Morris, chiedendo: "How can you see socialism in [it]... If it is there it is an accident not a quality – there is a great difference".[25]
Una prova più diretta dell'influenza delle politiche individualiste in "The Soul of Man", e sulla politica di Wilde più in generale, si trova nella descrizione che Wilde fa dello stato come "voluntary association".[26] Il caso politico per ciò che veniva definito "voluntaryism", la cui base era un sistema di tassazione volontaria che a sua volta conferiva diritti di voto, era stato esaminato da Herbert nella sua rivista Free Life (il cui sottotitolo era Organ of Voluntary Taxation and the Voluntary State), ed era un modo in cui alcuni individualisti trovavano un ruolo per l'altruismo nella società moderna. Tuttavia, come con l'antipatia di Wilde verso la democrazia, sarebbe un errore identificare troppo da vicino la forma di individualismo sostenuta in "The Soul of Man" con il concetto di libertà individuale propagandato dagli Individualisti. La linea di demarcazione era il sostegno di quest'ultimo al LPDL, che distingueva anche l'antistatalismo degli individualisti dall'anarchismo, nella misura in cui rappresentava in pratica un forte sostegno allo status quo politico, certamente in relazione ai diritti di proprietà, al mantenimento delle istituzioni legali che li proteggevano e quindi inevitabilmente alla distribuzione ineguale della ricchezza. Gli Individualisti giustificavano tipicamente questi fenomeni sociali come il prodotto "natural" di un processo evolutivo che non doveva essere ostacolato da tentativi mal guidati di riforma sociale. Al contrario, sebbene riconoscesse le attrattive della proprietà – essere "relieved from poverty", spiega pragmaticamente Wilde, è "an immense advantage" nella ricerca dell'autorealizzazione – vi si opponeva comunque per due motivi. La persona senza proprietà (e questa rappresenta “great many people”), essendo “always on the brink of starvation and forced by the peremptory, unreasonable, degrading Tyranny of want, is condemned as a non-entity, the infinitesimal atom of a force that, so far from regarding him, crushes him”. La minoranza privilegiata che possiede proprietà corre il rischio di realizzare solo una forma corrotta di individualismo, il consumismo autodistruttivo di cui siamo testimoni in Dorian Gray, "The Young King" e nelle commedie sociali, e che "confuses a man with what he possesses". Laddove gli Individualisti sostenevano un'opposizione fondamentale tra collettivismo e libertà, in "The Soul of Man" Wilde cerca di colmare questa lacuna combinando un attacco di tipo individualista all'autorità istituzionale con una critica di tipo socialista della proprietà privata per raggiungere una forma superiore di libertà: quell'autorealizzazione che si trova nell'espressione artistica. Forse opportunamente, Wilde esegue questa sintesi invocando un concetto di sviluppo evolutivo, un modello di cambiamento sociale che era stato appropriato sia dai socialisti che dagli Individualisti per sostenere visioni opposte della società: sostiene Wilde (riecheggiando esplicitamente Spencer), "Individualism comes naturally and inevitably out of man. It is the point to which all development tends. It is the differentiation to which all organisms grow. It is the perfection that is inherent in every mode of life, and towards which every mode of life quickens... Evolution is the law of life and there is no evolution except towards Individualism"[27]
Un limite all'argomentazione di Wilde è che non fornisce alcuna spiegazione del meccanismo dell'evoluzione — di come la proprietà privata si trasformerà in "public wealth" e di come si svilupperà un Individualismo "absolutely unselfish" quando "the modern stress of competition makes sympathy... naturally rare".[28] Di conseguenza, e per usare la frase di Danson, la sua argomentazione può sembrare "breezily inconsequential" — certamente a un teorico politico, socialista o meno.[29] Tuttavia, Wilde anticipa questa critica con il riconoscimento che la sua visione è "utopian" e lo "scheme" che espone "unpractical", il punto è – e questo è un pezzo caratteristico della logica wildeana – che "a practical scheme is either a scheme that is already in existence, or a scheme that could be carried out under existing conditions. But it is exactly the existing conditions that one objects to; and any scheme that could accept these conditions is wrong". A questo proposito, il valore principale della polemica di Wilde, e una delle ragioni per cui “The Soul of Man” ha trasceso con tanto successo il suo momento storico, potrebbe risiedere nel suo ottimismo ispiratore (anche se deliberatamente vago) nell’inevitabilità del cambiamento sociale, cambiamento che, sostiene Wilde, è "the one quality [that] we can predicate of human nature".[30]
Note
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Per approfondire, vedi The Soul of Man Under Socialism (testi), The Soul of Man Under Socialism (testo pdf) e De Profundis (testo). |
- ↑ Ciò è in contrasto con gli altri importanti saggi periodici di Wilde, "The Decay of Lying" e "The True Function and Value of Criticism", che furono sostanzialmente rivisti quando furono ripubblicati in forma di libro in Intentions. La differenza può essere spiegata dalle circostanze personali di Wilde: la ripubblicazione di "The Soul of Man under Socialism" da parte del libraio Arthur Humphreys, un amico personale dei Wilde (in particolare di Constance), coincise con un momento in cui Wilde era preoccupato per una questione più urgente: il processo per diffamazione contro Queensberry. La pubblicazione di The Soul of Man nel maggio 1895 potrebbe essere stata sollecitata dal desiderio di rafforzare la reputazione di Wilde in questo momento difficile. Tutte le citazioni dal saggio sono tratte da Oscar Wilde, The Complete Works of Oscar Wilde, Volume IV: Criticism: Historical Criticism, Intentions and the Soul of Man, a cura di Josephine M. Guy (Oxford University Press, 2007).
- ↑ Cfr. per esempio, George Woodcock, The Paradox of Oscar Wilde (Londra: T. V. Boardman, 1949) e Anarchism (Harmondsworth: Penguin, 1963).
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 232; A. E. Dyson, The Crazy Fabric: Essays in Irony (New York: St Martin’s Press, 1973), p. 148.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 233.
- ↑ Oscar Wilde, "The Young King", Complete Works of Oscar Wilde (Londra: Collins, 2nd edn, 1966, rpt. 1986), p. 236.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 237.
- ↑ Oscar Wilde, Lady Windermere’s Fan, ed. Ian Small (Londra: A. & C. Black: 1980, 1999), p. 21.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 237.
- ↑ Ad esempio, Isobel Murray ha sostenuto l'influenza su "The Soul of Man" dell'opera del filosofo trascendentale americano Ralph Waldo Emerson e del filosofo confuciano Chuang Tzu (Wilde aveva recensito lo studio di H. A. Giles su Chuang Tzu per lo Speaker nel febbraio 1890); mentre Philip E. Smith II e Michael Helfand suggeriscono che il pensiero sociale di Wilde si sia sviluppato da una complessa sintesi di filosofia idealista contemporanea e scienza evolutiva. Jarlath Killeen, al contrario, sostiene che l'Irlanda è il contesto più importante per comprendere la polemica di Wilde, considerando "The Soul of Man" in termini di impatto su Wilde della caduta del politico anglo-irlandese Charles Stewart Parnell e del crollo dell'autogoverno. In contrasto con queste posizioni suggerisco che il saggio è un pezzo di giornalismo occasionale definito dalla sua arguta esposizione di quelli che erano argomenti allora familiari. Cfr. "Introduction" a Murray (ed.), Oscar Wilde: The Soul of Man and Prison Writings (Oxford University Press, 1990); Smith e Helfand (eds.), Oscar Wilde’s Oxford Notebooks: A Portrait of Mind in the Making (Oxford University Press, 1989); Killeen, The Faiths of Oscar Wilde: Catholicism, Folklore and Ireland (Londra: Palgrave Macmillan, 2005); e Guy, "‘The Soul of Man under Socialism’: A (Con)Textual History", in Joseph Bristow (ed.), Wilde Writings: Contextual Conditions (University of Toronto Press, 2003), pp. 59–85.
- ↑ In una lettera datata metà aprile 1889 a May Morris, in cui ella tentava di ottenere l'aiuto di Wilde per pubblicizzare una serie di conferenze del principe anarchico Peter Kropotkin (che Wilde sosteneva di aver ammirato in De Profundis), Wilde esprime la sua riluttanza a essere coinvolto in ciò che definisce "any committee meetings", affermando di essere "very busy"; ma ammette che il suo "name" può essere utilizzato se "of service". Cfr. Merlin Holland e Rupert Hart-Davis (a cura di), The Complete Letters of Oscar Wilde (Londra: Fourth Estate, 2000), p. 396. Secondo la biografia recuperativa di Constance Wilde scritta da Franny Moyle, fu la moglie piuttosto che il marito a sviluppare, dalla metà alla fine degli anni '80 dell'Ottocento, il "greater appetite for politics" inteso in termini di "campaigning" diretta, inizialmente attraverso il suo coinvolgimento nella Rational Dress Society e in seguito nella Women's Liberal Association; Moyle si riferisce a Constance come a un "truly political animal" e in un incidente rivelatore descrive la sua presenza, riportata dalla stampa, al processo di Cunninghame Graham (per il suo coinvolgimento nelle rivolte del Bloody Sunday del 1887) mentre Oscar rimaneva a casa, apparentemente troppo "busy in Tite Street making plans for The Woman’s World" (Moyle, Constance: The Tragic and Scandalous Life of Mrs Oscar Wilde [Londra: John Murray, 2011], pp. 145–9).
- ↑ Un commento, come nota Richard Ellmann, riportato nella sua autobiografia The Flurried Years (1926); cfr. Ellmann, Oscar Wilde (Londra: Hamish Hamilton, 1987), p. 116. Figlia del paesaggista Alfred Hunt, Violet era associata ai circoli bohémien di Londra e, secondo Moyle, era stata corteggiata "quite aggressively" da Wilde nei primi anni del 1880, sebbene suo padre avesse apparentemente respinto la proposta di matrimonio di Wilde a lei (Moyle, Constance, pp. 51–2).
- ↑ Ellmann, Oscar Wilde, p. 116.
- ↑ I prestiti non riconosciuti di Hyndman dagli scritti di Marx nel suo England for All: The Text-Book of Democracy (1881) portarono a una frattura duratura con il circolo Engels/Marx, in seguito esacerbata dall'ostilità di Hyndman verso il nascente movimento sindacale e l'attivismo della classe operaia. Non ci sono prove che Wilde avesse una conoscenza diretta di nessuna delle opere di Marx, la maggior parte delle quali non furono tradotte in inglese fino alla fine degli anni '80 e '90 dell'Ottocento.
- ↑ Cfr. Shaw’s "Memories of Oscar Wilde" in Frank Harris, Oscar Wilde: His Life and Confessions (New York: Garden City Publishing, 1930), p. 389.
- ↑ Tale gamma è anche un elemento nei disaccordi sul significato politico di "The Soul of Man", in quanto le letture di questo saggio tendono a dare priorità a un insieme di riferimenti rispetto a qualsiasi altro. La sfida, come in gran parte della prosa critica di Wilde, sta nel trovare coerenza nelle allusioni di una data opera prese nella loro interezza, nel giudicare se, come sostengono Smith e Helfand, Wilde sia riuscito a "synthesizing" i vari materiali che aveva letto (cfr. ‘Introduction’ a Smith e Helfand [eds.], Wilde’s Oxford Notebooks).
- ↑ Lawrence Danson, Wilde’s Intentions (Oxford: Clarendon Press, 1997), p. 158.
- ↑ Thomas Huxley, "Government: Anarchy or Regimentation", Nineteenth Century (May 1890): 847.
- ↑ Fondata nel 1881, il titolo originale della rivista era Journal of the Vigilance Association for the Defence of Personal Rights; divenne The Individualist nel 1903. Per ulteriori dettagli sugli Individualisti, cfr. M. W. Taylor, Men Versus the State: Herbert Spencer and Late Victorian Individualism (Oxford: Clarendon Press, 1992).
- ↑ Wilde, "Soul of Man", pp. 244, 250, 254.
- ↑ Per Wilde un ulteriore motivo per diffidare degli attuali processi democratici, e che lo distingue dagli Individualisti, era il collegamento tra diritto di voto e proprietà o, come afferma in "The Soul of Man", il problema di una cultura in cui "property is still the test of... citizenship" (p. 238). Sebbene i successivi atti di riforma – nel 1832, 1867, 1884 e 1885 – avessero progressivamente esteso il diritto di voto, la qualificazione dipendeva ancora dal valore locativo dell'alloggio di un lavoratore.
- ↑ Ellmann, Oscar Wilde, p. 116.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", pp. 234, 255.
- ↑ Oscar Wilde, The Complete Works of Oscar Wilde, Volume I: Poems and Poems in Prose, eds. Bobby Fong e Karl Beckson (Oxford University Press, 2000), p. 148. Il trattamento che Wilde riserva alla causa degli anarchici in Vera, or the Nihilists è altrettanto ambivalente: alla fine dell’opera l’eroina sceglie di uccidere se stessa piuttosto che il nuovo zar, elevando l’amore al di sopra della politica.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 264.
- ↑ Merlin Holland e Rupert Hart-Davis (eds.), The Complete Letters of Oscar Wilde (Londra: Fourth Estate, 2000), p. 260.
- ↑ Wilde, Complete Works, vol. iv, p. 246.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", pp. 234, 237, 263.
- ↑ Wilde, "Soul of Man", p. 317.
- ↑ Danson, Wilde’s Intentions, p. 152.
- ↑ Wilde, ‘Soul of Man’, p. 262.