Impresa sociale di comunità/Controllo di gestione: differenze tra le versioni

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Il fundraising, termine inglese non traducibile semplicemente in raccolta fondi (“to raise” ha il senso di: far crescere, coltivare, sorgere), identifica l’attività posta in essere dalle organizzazioni per la raccolta e lo sviluppo dei fondi necessari a sostenere una azione senza finalità di lucro.
Il fundraising, termine inglese non traducibile semplicemente in raccolta fondi (“to raise” ha il senso di: far crescere, coltivare, sorgere), identifica l’attività posta in essere dalle organizzazioni per la raccolta e lo sviluppo dei fondi necessari a sostenere una azione senza finalità di lucro.
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Versione delle 11:57, 3 apr 2008


A. Francesconi, F. Giordano

Questo capitolo analizza le caratteristiche dei sistemi di controllo della gestione, considerati come l’insieme degli strumenti di misurazione, di analisi e di interpretazione delle attività dell’impresa sociale. Questi sistemi di verifica da un lato costituiscono per l’impresa sociale di comunità (ISC) una condizione indispensabile per sostenere le pressioni esercitate dai fattori collegati alla complessità ambientale, dall’altro rappresentano una scelta necessaria e funzionale al rafforzamento dei vincoli di condivisione dei valori al fine utilizzare efficientemente le risorse.

Il presente capitolo è condiviso e frutto del lavoro congiunto dei due autori; si precisa tuttavia che i primi due paragrafi (Sistemi di programmazione e Il budget delle aziende non profit) sono da attribuire ad Andrea Francesconi mentre gli altri due e l’appendice a Filippo Giordano.
Cosa troverete in questo capitolo:
  • I sistemi di programmazione e controllo
  • Il budget
  • Sistema informativo e misurazione dei risultati
  • Indicatori e profili di misurazione
  • Analisi dei costi

I sistemi di programmazione e controllo nelle aziende non profit

Il sistema di programmazione e controllo di gestione ha lo scopo di fornire ai responsabili di quelle che nel linguaggio aziendalistico sono chiamate aziende non profit (ovvero le imprese sociali) le informazioni necessarie per:

  1. consentire una valutazione a consuntivo dei risultati ottenuti dall’amministrazione dell’azienda;
  2. supportare a preventivo il processo decisionale relativo alle scelte tra diverse alternative di azione finalizzate al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Il sistema di programmazione e controllo orienta la gestione dell’azienda verso i risultati desiderati tramite la migliore utilizzazione possibile delle risorse impiegate nei processi gestionali.


Le fasi

L’attività di programmazione e controllo si estrinseca in quattro fasi logiche successive:

  1. la programmazione;
  2. la formulazione di obiettivi gestionali di breve periodo (formulazione del budget);
  3. la misurazione dei risultati ottenuti tramite la gestione;
  4. la valutazione dei risultati ottenuti (attuata tramite il sistema di reporting).


  1. Con la programmazione si definiscono i piani ed i programmi generali aziendali di lungo periodo (tre – cinque anni). Si tratta degli indirizzi generali aziendali quali ad esempio il sistematico orientamento alla qualità, l’attenzione al contenimento dei costi, la definizione di obiettivi di diversificazione dei settori di intervento ecc.
  2. Dalla programmazione discende la formulazione di obiettivi di gestione per il breve periodo (anno). Questi consentono di articolare gli indirizzi generali in piani di azione quantificati ed espressi in termini economico-finanziari (ad esempio costo totale dei beni di consumo utilizzati in un servizio di distribuzione di pasti a domicilio; costo complessivo del personale amministrativo dei servizi di staff centrali ecc.) e in termini di attività svolte (ad esempio numero di prestazioni effettuate, numero di utenti ecc.).
  3. L’attività di misurazione è finalizzata ad una continua rilevazione dei risultati ottenuti. Con essa si misurano sistematicamente i costi, i ricavi della gestione e i principali dati di attività connessi ai processi operativi tipici delle aziende non profit.
    La frequenza dell’attività di misurazione è influenzata dalle caratteristiche e dall’affidabilità del sistema informativo ed informatico di ogni azienda non pofit. Per tale ragione la frequenza con cui le informazioni sono disponibili può variare da realtà a realtà.
    La frequenza di rilevazione delle informazioni deve, in ogni caso, essere superiore a quella adottata per la definizione degli obiettivi di gestione.
    L’attuale stato dell’arte in molte aziende non profit prevede una rilevazione trimestrale delle informazioni che vengono poi confrontate con gli obiettivi di budget. In alcuni casi tuttavia, la rilevazione assume connotati di maggiore sistematicità e si caratterizza per una frequenza mensile.
  4. L’attività di valutazione, infine, è volta al continuo confronto tra risultati ottenuti ed obiettivi e, laddove si verifichino significativi scostamenti tra obiettivi e risultati, ad interpretarne le ragioni individuando possibili azioni correttive.
    L’attività di valutazione può condurre, di conseguenza, a cambiamenti nelle modalità di funzionamento delle unità operative in cui si articola la struttura organizzativa dell’azienda non profit, alla parziale o totale revisione degli obiettivi inizialmente individuati, alla modifica dei programmi generali d’azienda.


Il grafico successivo illustra le fasi del processo di programmazione e controllo di gestione ora descritte evidenziando anche il ruolo dei corrispondenti strumenti di programmazione e controllo.


Figura 6.1 - Il sistema di programmazione e controllo di gestione.

Le esigenze decisionali

Il sistema di programmazione e controllo di gestione svolge un ruolo di supporto al processo decisionale di tutti gli operatori aziendali finalizzato al continuo perseguimento degli obiettivi gestionali.
In tal senso il sistema di programmazione e controllo di gestione è concepibile come un insieme di strumenti finalizzato a supportare specifiche esigenze decisionali riconducibili alle seguenti fattispecie tipiche:

  1. la formulazione degli obiettivi delle unità operative;
  2. la determinazione dei costi delle attività aziendali,
  3. la determinazione dei prezzi e delle tariffe cui cedere i prodotti/servizi dell’attività svolta;
  4. la valutazione dei costi, dei ricavi, dei livelli di efficienza, dei livelli di qualità che caratterizzano le diverse attivià e settori di intervento delle aziende non profit;
  5. l’effettuazione di valutazioni di convenienza economica di breve periodo, ovvero la valutazione in merito alla gestione diretta di certi servizi o all’affidamento degli stessi in appalto o in convenzione ad aziende terze.


Gli strumenti di programmazione e controllo

Gli strumenti in cui si articola il sistema di programmazione e controllo, come evidenziati dal grafico precedente, sono:

  1. il budget, utilizzato per la formulazione degli obiettivi di breve periodo sia a livello di intera azienda, sia a livello di ogni unità operativa presente nella struttura organizzativa aziendale;
  2. la contabilità analitica, utilizzata per la misurazione dei risultati ottenuti dalle unità operative e dall’azienda nel suo complesso;
  3. il reporting, utilizzato per la comunicazione dei risultati rilevati dalla contabilità analitica e per la attività di valutazione degli stessi. Il sistema di reporting può essere concepito come un sistema informativo di natura economica utile per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi e per la definizione di eventuali interventi correttivi o di miglioramento della gestione.

Gli strumenti di programmazione e controllo sono progettati per coinvolgere direttamente tutti gli operatori aziendali ai quali siano affidate responsabilità gestionali.
È infatti necessario che ogni operatore sia messo a conoscenza delle implicazioni economiche delle attività da lui dirette.
Ecco quindi che chiunque abbia nelle aziende non profit responsabilità di gestione può essere chiamato a:

  1. definire gli obiettivi di gestione relativi alle strutture organizzative da lui dirette (partecipare alla formulazione del budget);
  2. ricevere, analizzare e comprendere le informazioni relative alle scelte organizzative ed operative compiute (sistema di contabilità analitica e sistema di reporting).


Centri di responsabilità e centri di costo

A tal fine, per favorire la responsabilizzazione economica di tutti gli operatori, il sistema di programmazione e controllo rileva le informazioni con riferimento alle unità operative in cui è articolata la struttura organizzativa delle aziende non profit.
Si dice, in termini tecnici, che il sistema di programmazione e controllo è articolato per Centri di Responsabilità (CDR) e per Centri di Costo (CDC).

Cosa si intende con questi termini?
Con il termine CDR si intende un gruppo di persone che opera per raggiungere un insieme di obiettivi dell’azienda ed è guidato da un dirigente che si assume la responsabilità delle azioni intraprese.
I CDR possono essere ulteriormente scomposti in relazione alla presenza al loro interno di aree di attività omogenee: queste ultime vengono spesso indicate con il termine di Centri di Costo.

Strumenti In Pratica

Figura 6.2 - Esempio di CDR che si scompone in diversi CDC

Un CDC può pertanto essere considerato come una sottoarticolazione di un CDR ovvero come una sottoarticolazione di una unità operativa.
Laddove si proceda alla contemporanea individuazione di CDR e di CDC, le informazioni relative ai dati di attività, ai dati di costo ed ai dati di ricavo vengono rilevate per ogni CDC. L’aggregazione delle informazioni porta alla determinazione dei valori del CDR considerato.

Individuati i CDR ed i CDC il sistema di programmazione e controllo di gestione:

  1. definisce gli obiettivi gestionali per ogni CDR e (eventualmente ) per ogni CDC;
  2. rileva sistematicamente le informazioni inerenti i dati di attività, i ricavi ed i costi di ogni CDR e di ogni CDC;
  3. distribuisce a tutti i dirigenti responsabili di CDR e di CDC le informazioni rilevate;
  4. favorisce un sistematico confronto tra obiettivi e risultati ottenuti;
  5. favorisce la valutazione dei risultati di gestione.

Il budget nelle aziende non profit

Il budget rappresenta, nelle aziende non profit, lo strumento fondamentale per perseguire la responsabilizzazione economica degli operatori, la quale costituisce la finalità prevalente dell’intero sistema di programmazione e controllo di gestione. È infatti tramite l’implementazione del processo di budget che si realizza l’effettiva esplicitazione delle responsabilità gestionali di breve periodo attribuite agli operatori aziendali dotati di responsabilità gestionali con l’individuazione di precisi obiettivi.

Ma in che cosa si concretizza il budget? Il budget può innanzitutto essere analizzato secondo due diverse prospettive:

  1. la prospettiva contabile;
  2. la prospettiva organizzativa.


  1. La prima delle due prospettive non è di rilievo rispetto alle finalità di questo scritto. Essa si concretizza in ogni caso nell’elaborazione di documenti contabili preventivi a livello aziendale (conto economico, prospetto dei flussi di cassa e stato patrimoniale preventivi).
  2. La seconda prospettiva è quella più di rilievo per tutti gli operatori aziendali. Secondo tale ottica il budget rappresenta l’insieme degli obiettivi di breve periodo definiti per tutte le strutture complesse (CDR) in termini di:
    • risorse assegnate ai CDR (costi di gestione);
    • risorse generate dai CDR (ricavi di gestione);
    • attività richieste ai CDR (numero e tipologia di prestazioni/servizi, numero di utenti, livelli qualitativi ecc.);
    • progetti di miglioramento richiesti ai CDR in relazione a specifiche politiche aziendali.

L’insieme degli obiettivi dei CDR rappresenta il complessivo budget dell’azienda non profit.


In questa prospettiva il budget assume valenze molteplici come strumento di:

  1. programmazione di breve periodo (formulazione degli obiettivi gestionali);
  2. responsabilizzazione dei dirigenti e degli operatori dei CDR (i CDR devono attivare tutte le azioni organizzative utili per realizzare gli obiettivi);
  3. integrazione organizzativa (gli obiettivi dei CDR devono essere tra loro compatibili);
  4. motivazione (agli obiettivi può essere collegato il sistema premiante).


Caratteristiche degli obiettivi di budget

Gli obiettivi di budget devono avere le seguenti caratteristiche.

  1. Essere misurabili. Gli obiettivi di budget devono essere quantificati ex ante. Le modalità di quantificazione possono differire in relazione alla tipologia di obiettivo e tradursi in:
    • valori assoluti, ad esempio numero di nuovi utenti acquisiti per l’anno 2008;
    • valori percentuali, ad esempio riduzione del 5% rispetto al valore dell’anno precedente dei costi variabili;
    • stati di avanzamento di progetti espressi ad esempio in termini di fasi progettuali; da realizzare entro l’anno di budget (ad esempio revisione della carta dei servizi da compiersi entro il mese di settembre 2008).
  2. Essere realistici. Gli obiettivi di budget devono garantire la congruenza tra risorse attribuite ai CDR e livelli quantitativi e qualitativi di attività loro richiesti. A tal fine nell’ambito del budget si deve procedere a determinare:
    • l’organico (distinto per tipologia di professionalità) da assegnare ai CDR;
    • la dotazione tecnologica da assegnare ai CDR;
    • l’ammontare di consumi del CDR;
    • l’ammontare di investimenti da assegnare al CDR.
    L’ammontare di risorse previsto, tradotto poi, in termini monetari, in costi di gestione, va confrontato con le previsioni fatte in termini di volumi di attività previsti per il CDR che sono a loro volta tradotti in termini di ricavi di gestione. Se da tale confronto emerge una compatibilità tra le diverse previsioni gli obiettivi possono essere considerati come reali obiettivi di budget ovvero come obiettivi concretamente perseguibili durante l’anno.
  3. Essere controllabili. Gli obiettivi di budget devono essere coerenti con le leve di governo organizzativo, gestionale e clinico che caratterizzano le diverse unità operative.


Il processo di budget

Viste le caratteristiche tipiche degli obiettivi di budget, si deve ora parlare delle modalità che possono essere impiegate per procedere alla loro concreta definizione nell’ambito delle aziende non profit. Le modalità di definizione degli obiettivi di budget possono essere molteplici, ma si delineano nell’ambito del cosiddetto processo di budget (budgeting). Con tale espressione si intende un complesso di attività svolte da molteplici soggetti in predefiniti periodi temporali.

Il processo di budget si caratterizza quindi per:

  1. essere articolato in una serie di fasi (da una fase iniziale di avvio del processo alla fase conclusiva di approvazione degli obiettivi per tutti i CDR);
  2. prevedere la partecipazione di molteplici soggetti e operatori aziendali: la direzione generale (vertice strategico), gli uffici di staff di supporto alla direzione generale, i responsabili delle unità operative (CDR), l’ufficio o il servizio programmazione e controllo di gestione, ecc. Ai diversi soggetti possono competere diversi ruoli nelle singole fasi del processo di budget;
  3. predefinire per ognuna delle fasi previste specifici tempi di svolgimento (deadlines del processo di budget) e degli specifici risultati intermedi. A tale riguardo si precisa che, perlomeno teoricamente, il processo di budget dovrebbe concludersi entro la fine dell’anno precedente all’anno di budget (il budget del 2008 deve essere approvato entro il 31 dicembre 2007). Va tuttavia subito sottolineato come in molte concrete esperienze delle aziende non profit italiane la chiusura entro l’anno del processo di budget non sia frequente.

Lente d'ingrandimento Approfondimento

Si possono individuare due modelli contrapposti ed una serie di approcci intermedi per la definizione degli obiettivi di budget. I modelli cui si fa riferimento sono:

  1. il modello gerarchico (meglio noto come modello top down) nell’ambito del quale prevalente è il ruolo assunto dalla direzione generale di azienda e dall’alta dirigenza che definiscono gli obiettivi di breve periodo e li trasmettono ai responsabili di CDR;
  2. il modello partecipativo (meglio noto come modello bottom-up) nell’ambito del quale prevale il coinvolgimento dei responsabili di CDR.

Gli approcci intermedi sono individuabili come un mix dei due precedenti modelli dove può prevalere l’approccio gerarchico, può prevalere l’approccio partecipativo o si può assistere ad un bilanciamento dei due modelli delineati in precedenza. È raro assistere all’applicazione del modello gerarchico o del modello partecipativo puro. Esigenze contingenti normalmente richiedono, infatti, un più o meno elevato adattamento dei due modelli di riferimento teorico.


I soggetti coinvolti

Quale che sia il modello di riferimento scelto, il processo di budget deve definire e stabilire i rapporti tra tutti i soggetti (attori organizzativi) in esso coinvolti. Gli attori organizzativi normalmente coinvolti nel processo di budget sono:

  1. la direzione generale d’azienda (vertice strategico);
  2. i responsabili del Centro di Responsabilità;
  3. lo staff di supporto tecnico operativo al sistema di budget (ufficio programmazione e controllo e ufficio budget).

Tutti i predetti attori partecipano al progetto di budget sia pure con ruoli e funzioni differenti. Ad essi competono le seguenti responsabilità.

  1. La direzione generale deve:
    • garantire la coerenza del sistema di programmazione strategica con il sistema di budget;
    • approvare il budget aziendale e la sua articolazione in budget funzionali e settoriali;
    • definire le modalità di collegamento tra sistema di budget ed altri sistemi operativi aziendali (in particolare con il sistema premiante).
  2. I responsabili di CDR devono:
    • definire le proposte di budget relative al proprio centro di responsabilità stabilendo in maniera autonoma le eventuali modalità di coinvolgimento dei propri collaboratori. Le proposte di budget dovranno essere formulate in modo tale da garantire la congruenza tra livelli qualitativi e quantitativi di attività prevista e risorse ritenute a tal fine necessarie;
    • partecipare a tutte le fasi decisionali che portano all’approvazione degli obiettivi dei CDR;
    • rispondere dei risultati ottenuti a seguito della gestione dei CDR.
  3. Lo staff di supporto tecnico-operativo deve:
    • garantire l’adeguatezza e la funzionalità degli strumenti tecnico-contabili ed informativi a disposizione dell’azienda rispetto alle esigenze del sistema di budget;
    • predisporre la documentazione di supporto ai CDR ed alla direzione generale d’azienda nelle varie fasi in cui verrà articolato il processo di budget (schede di budget e report di controllo);
    • affiancare i responsabili di CDR fornendo loro consulenza di ordine tecnico in merito all’analisi dei risultati di gestione ed alla formulazione degli obiettivi gestionali;
    • coordinare l’insieme dei flussi informativi necessari al funzionamento del sistema di budget sia nella fase di definizione del budget, sia nella fase di gestione del budget a livello di intera azienda ed a livello di CDR.


Il calendario di budget

Le funzioni attribuite e ricoperte dalla direzione generale, dai CDR e dallo staff di supporto tecnico si articolano in specifiche fasi e si sviluppano sequenzialmente con una precisa tempistica che deve essere stabilita da ogni singola azienda.
Nella seguente tabella si fornisce uno schema di primo riferimento relativo all’articolazione del processo di budget nelle aziende non profit evidenziando un’ipotesi delle diverse fasi e degli attori coinvolti nelle diverse fasi.

Fasi Descrizione Soggetti coinvolti
1 Definizione degli obiettivi a livello aziendale e delle linee guida per i CDR Direzione generale
2 Predisposizione della modulistica per la formulazione delle proposte di budget (scheda di budget) Staff di supporto tecnico
3 Formulazione delle proposte di budget e loro invio CDR
4 Analisi tecnica delle proposte di budget e stesura di una prima ipotesi di budget a livello aziendale, e di CDR Staff di supporto tecnico
5 Analisi e valutazione delle proposte di budget in termini di loro aderenza rispetto a: linee guida aziendali, grado di integrazione organizzativa, grado di assorbimento di risorse (Negoziazione delle proposte di budget) Direzione generale – CDR
6 Approvazione e formalizzazione del budget aziendale e delle sue sottoarticolazioni Direzione generale – CDR

Tabella 6.1. – Una possibile ipotesi di processo di budget.

Per ognuna delle fasi sopra delineate dovrà essere definita una tempistica di riferimento. Si tratta del cosiddetto calendario di budget che, pur rappresentando un elemento di carattere strettamente operativo, risulta essere di fondamentale importanza al fine di garantire il governo di un processo articolato quale quello delineato nella precedente tabella.


Le fasi del processo di budget

È utile approfondire le caratteristiche delle fasi in cui si articola il processo di budget. Si tralascerà tuttavia l’analisi della quarta fase in quanto caratterizzata da un elevato contenuto contabile, non rilevante per le finalità del presente lavoro.


Prima fase: definizione degli obiettivi a livello aziendale e delle linee guida per i CDR

Tale fase, di competenza della direzione strategica di azienda, ha la finalità di integrare il processo di budget con la pianificazione strategica aziendale articolando gli obiettivi strategici di lungo periodo in obiettivi di breve termine, consentendo il governo integrato dell’azienda ed assicurandone una precisa direzione di marcia.

Lente d'ingrandimento Approfondimento

È in questa fase che si delineano e si quantificano gli indirizzi generali d’azienda che hanno funzione di preciso orientamento per le decisioni di programmazione a livello di CDR. È funzione della direzione strategica definire i risultati attesi dalla gestione dell’intera azienda ed esplicitarli ai livelli dirigenziali inferiori. Questi ultimi, nell’ambito dell’approccio partecipativo alla formulazione del budget dovranno poi tradurli in specifici livelli di intervento relativamente al proprio specifico ambito di competenza organizzativa e gestionale. In tale traduzione è possibile ravvisare la differenza con l’approccio gerarchico che, al contrario, si caratterizzerebbe per la diretta definizione degli obiettivi dei CDR da parte dei vertici aziendali. Nell’approccio partecipativo al budget, invece, la direzione strategica lascia ampia libertà di programmazione ai dirigenti di CDR, all’interno, tuttavia, di predefiniti e prequantificati risultati attesi a livello di intera azienda. In questo modo si riesce a impostare un meccanismo di budget che consente di coniugare due esigenze spesso contrapposte nelle aziende non profit: da un lato, un chiaro e preciso orientamento ai risultati complessivi di azienda nelle loro diverse componenti: reddituale, finanziaria, di volumi e tipologie di attività; dall’altro la personalizzazione degli obiettivi specifici dei CDR, ovvero la scomposizione degli obiettivi generali in uno specifico sottosistema di obiettivi, definito a livello di CDR.
Il coinvolgimento diretto dei CDR nella definizione degli obiettivi assume valenza fondamentale per garantire la congruenza del sistema di budget rispetto alle caratteristiche delle aziende non profit. Solo il diretto coinvolgimento dei CDR nella fase iniziale di programmazione permette di valorizzare adeguatamente il ruolo e l’ambito di responsabilità degli operatori in maniera congruente con le dinamiche valoriali presenti all’interno delle aziende non profit.


Seconda fase: predisposizione della modulistica per la formulazione delle proposte di budget (scheda di budget)

In questa fase lo staff di supporto tecnico svolge attività di raccolta, elaborazione e trasmissione ai soggetti coinvolti nel processo di budget delle informazioni rilevanti ai fini della formulazione delle proposte di budget. In termini operativi la modulistica di supporto al budget è nota come scheda di budget. La scheda di budget è un documento cartaceo o informatizzato, distribuito ai CDR i quali dovranno compilarlo e ritrasmetterlo allo staff di supporto tecnico. Il contenuto della scheda di budget è normalmente rappresentato dalle linee guida definite dalla direzione strategica aziendale e dalle informazioni relative ai risultati ottenuti dai CDR nell’esercizio in corso e negli esercizi precedenti all’anno di budget.


Terza fase: formulazione delle proposte di budget e loro invio

Questa fase si caratterizza, insieme alla fase di negoziazione di cui si tratterà successivamente, per il fatto di prevedere il maggiore livello di coinvolgimento dei CDR nel processo di budget. L’approccio partecipativo al budget si caratterizza per un ampio margine di manovra garantito ai responsabili di CDR nella fase di prima definizione degli obiettivi di budget. I responsabili di CDR dovrebbero, comunque, essere orientati nella loro attività di programmazione da una serie di fattori quali:

  • i risultati ottenuti dalla gestione delle unità operative negli esercizi precedenti;
  • i risultati in via di ottenimento;
  • eventuali fattori di cambiamento previsti nella specifica branca di attività di loro responsabilità;
  • le linee guida aziendali.

Con riferimento a quest’ultimo elemento, si deve evidenziare il significato delle linee guida aziendali nell’ambito del processo di budget. Le linee guida aziendali rappresentano un elemento di forte orientamento del processo di programmazione, ma non un vincolo di carattere assoluto. In altri termini, nella definizione delle proposte di budget il responsabile di CDR deve tenere in adeguata considerazione le “direttive” della direzione strategica senza, tuttavia, che questo si traduca in un mero recepimento acritico delle linee guida aziendali.

Lente d'ingrandimento Approfondimento

Se le linee guida fossero troppo rigide, il processo di budget assumerebbe connotati di tipo top-down piuttosto che connotati di tipo bottom-up. In termini operativi questa considerazione si traduce in una reale e concreta possibilità a livello di singolo CDR di discostarsi, anche sensibilmente, dalle linee guida aziendali nella formulazione della propria proposta di budget. Il mancato recepimento delle linee guida aziendali può essere determinato da una molteplicità di elementi e di fenomeni che caratterizzano le attività dello specifico CDR; a risultati non migliorabili a livello dello specifico CDR; a specifici progetti o linee di intervento che il dirigente del CDR ritiene opportuno iniziare a sviluppare nell’ambito della programmazione budgetaria. A livello di singolo CDR, quindi, la programmazione può discostarsi dagli obiettivi aziendali indicati nelle linee guida definite dalla direzione strategica d’azienda. Ciò non rappresenta, di per sé, elemento di errata programmazione qualora la globalità delle proposte di budget avanzate dai CDR consentano un sostanziale recepimento degli obiettivi generali aziendali. In caso contrario, invece, vanno distinte due ulteriori situazioni.

  1. Uno scostamento contenuto tra obiettivi generali d’azienda ed obiettivi emergenti dalle proposte di budget formulate dai CDR; tale prima situazione, tipica dei processi di budget a natura partecipativa, rende necessaria una parziale correzione delle proposte di budget nella successiva fase di negoziazione.
  2. Uno scostamento significativo (o comunque non correggibile in sede di negoziazione) tra obiettivi generali d’azienda ed obiettivi emergenti dalle proposte di budget formulate dai CDR.; tale seconda situazione evidenzia, al contrario, la presenza di errori di programmazione nella fase di definizione delle linee guida aziendali o nella fase di formulazione delle proposte di budget.
    Scostamenti di tale genere sono tipici delle fasi di avvio dei processi di budget in cui la capacità di programmazione sia da parte dei vertici aziendali, sia da parte dei responsabili di CDR non è ancora tale da conferire attendibilità a processi di tipo partecipativo; in questo caso è generalmente consigliabile conferire carattere di sperimentalità al sistema di budget in attesa che maturino a livello degli operatori aziendali adeguate capacità programmatorie. Laddove il problema sia prevalentemente connesso alla formulazione delle proposte di budget e si voglia comunque implementare la logica di gestione budgetaria si assiste, spesso, all’adozione di approcci gerarchici da parte della direzione strategica aziendale.


Quinta fase: negoziazione delle proposte di budget

La finalità della fase di negoziazione è quella di analizzare, discutere e ridefinire le proposte di budget formulate dai responsabili dei CDR in maniera tale da garantire, a livello aziendale, il recepimento a preventivo delle linee guida definite dalla direzione strategica. La fase di negoziazione è indispensabile nell’ambito del processo partecipativo di budget in relazione al ruolo riconosciuto ai responsabili di CDR ed al conseguente manifestarsi di scostamenti tra i risultati emergenti dall’analisi delle proposte di budget e le linee guida aziendali. La negoziazione implica, per definizione, il coinvolgimento sia della direzione strategica aziendale, sia dei responsabili di CDR, ossia di coloro che sono direttamente coinvolti nei successivi processi di gestione del budget. Ai fini di supportare l’attività di interpretazione delle proposte di budget la direzione strategica si avvale del supporto dello staff operativo tecnico che, raccolte le proposte di budget formulate dai CDR, procede al loro consolidamento e definisce un ipotetico budget, basato sul totale recepimento delle indicazioni dei CDR, dal quale è possibile valutare il grado di recepimento delle complessive linee guida aziendali. Si perviene, in tal modo, ad una fondamentale conoscenza dell’entità degli scostamenti e della loro tipologia che permette di definire degli interventi correttivi alle proposte di budget in precedenza sviluppate dai CDR.


Lente d'ingrandimento Approfondimento

Gli scostamenti si possono manifestare in relazione agli obiettivi di ordine economico relativi ai costi di particolari tipologie di fattori produttivi, piuttosto che in relazione ad obiettivi sempre di ordine economico, ma relativi al fatturato previsto. Ancora, possono emergere problemi di incompatibilità tra indicazioni a livello aziendale in merito ai livelli di attività previsti o ad altri parametri espressivi delle attività di alcune tipologie di CDR. È quindi evidente come, sulla base delle informazioni rese disponibili dall’analisi consolidata delle proposte di budget, la direzione strategica possa focalizzare la discussione degli obiettivi con i responsabili di CDR sui fattori critici per il perseguimento degli obiettivi aziendali tralasciando aspetti a tal fine non rilevanti ed incrementando in tal modo l’efficienza del processo di budget. La fase di negoziazione, laddove presenti connotati di fisiologico adattamento delle proposte di budget inizialmente definite dai CDR, implica una serie di incontri tra direzione strategica aziendale e CDR dai quali scaturisce il budget definitivo cha sarà successivamente formalizzato. La negoziazione di budget deve ispirarsi a specifici criteri di valutazione degli obiettivi proposti dai CDR. Tra tali criteri, definiti dalla direzione strategica aziendale, due assumono rilevanza fondamentale:

  1. l’aderenza delle proposte di budget alle linee guida aziendali;
  2. il criterio dell’integrazione organizzativa ovvero della compatibilità intrinseca delle proposte di budget.

Con riferimento al criterio dell’integrazione organizzativa si vuole evidenziare come essa rappresenti un elemento critico nell’ambito del processo di budget. Si possono, infatti, delineare situazioni in cui si evidenzia un formale recepimento delle linee guida aziendali, ma dove tale recepimento è viziato da problemi di compatibilità tra obiettivi delineati da un CDR ed altri CDR.


Sesta fase: approvazione e formalizzazione del budget aziendale e delle sue sottoarticolazioni

Tale fase assume rilievo per le sue implicazioni in termini di attivazione di meccanismi di responsabilizzazione sui risultati degli operatori aziendali. A conclusione della fase di negoziazione si sono definiti gli obiettivi (o meglio l’insieme degli obiettivi) assegnati a ogni CDR. Questi rappresentano l’elemento per la valutazione dei risultati della gestione da parte del responsabile del CDR e della sua equipe. È di conseguenza importante che gli obiettivi di budget vengano sottoscritti dai responsabili di CDR e vengano, con le modalità ritenute più idonee, trasmessi a tutti gli operatori assegnati ai CDR. Solo un’adeguata collaborazione dell’equipe potrà infatti facilitare l’effettivo raggiungimento dei risultati concordati con la direzione strategica. In questo senso la formalizzazione del budget non deve essere intesa come un mero adempimento burocratico, ma come il fondamentale atto conclusivo di un processo complesso e basato sul pieno coinvolgimento di tutti gli operatori presenti nell’ambito dell’azienda non profit.


Sistema informativo e misurazione dei risultati

La qualità dell’attività di programmazione e controllo all’interno di qualsiasi organizzazione è strettamente legata alla disponibilità di informazioni sulla gestione.
Solo attraverso la rilevazione di misure, dati, parametri ed indicatori, è possibile acquisire informazioni rilevanti sui risultati ottenuti dall’azienda.
L’attività di misurazione è indispensabile per i decisori aziendali al fine di avere informazioni utili per:

  1. poter supportare i processi decisionali;
  2. governare i fenomeni aziendali con un maggior livello di conoscenza e consapevolezza;
  3. verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi stabiliti in sede di pianificazione e programmazione;
  4. informare gli stakeholder sull’andamento della gestione e sulla capacità dell’organizzazione di perseguire la propria missione.

Questi motivi evidenziano come i sistemi di misurazione dei risultati nelle aziende non profit possono avere una duplice dimensione e valenza informativa:

  1. dimensione interna: fornire informazioni ai decisori aziendali al fine di valutare ed implementare progetti e servizi;
  2. dimensione esterna: sostenere un attività di comunicazione con i propri stakeholder elaborando documenti di rendicontazione esterna quali bilanci sociali e di missione, report annuali, ecc.


Considerando solamente la dimensione interna, è possibile evidenziare come le informazioni fornite dai sistemi di misurazione dei risultati possono essere utili ad una molteplicità di attività di management tra le quali:

  • monitorare l’attività dell’azienda: avere informazioni sull’attività dell’azienda e l’andamento della gestione, sulle risorse consumate, i volumi di attività prodotti, livelli di efficienza e di efficacia raggiunti;
  • supportare la pianificazione strategica: avere informazioni sulle caratteristiche delle performance aziendali può essere decisivo, sia per definire piani ed obiettivi strategici sia per verificarne in una fase successiva il loro stato di attuazione;
  • definire i budget: la definizione dei budget è un processo delicato che richiede l’utilizzo di informazioni sugli input, output ed outcome al fine di assegnare ai vari centri di responsabilità obiettivi coerenti con i piani ed i programmi aziendali e le risorse necessarie per raggiungerli;
  • gestire le risorse umane: il sistema di misurazione delle performance rappresenta uno strumento utile per migliorare le prestazioni del personale, attraverso la definizione ed il controllo di obiettivi gestionali motivanti, e per costruire sulla base di questo sistemi di retribuzione variabile;
  • migliorare la qualità dei processi: solo una perfetta conoscenza dei fenomeni e dei processi aziendali può condurre ad un continuo miglioramento delle performance aziendali;
  • fare benchmarking: il confronto tra le performance di diverse aziende non profit può stimolare il miglioramento nell’erogazione di servizi in quanto permette di comprendere meglio eventuali margini di miglioramento nella gestione di alcune attività; per questo sarebbe importante costruire degli indicatori utili per attivare un proficuo confronto.


Tipologie di informazioni

Per supportare i decisori aziendali nell’esercizio dell’attività gestionale è importante dunque disporre di un sistema informativo adeguato alla complessità della propria struttura organizzativa ed in grado di rilevare informazioni utili a supportare i processi decisionali interni.

In generale l’attività aziendale produce due tipologie di informazioni:

  1. informazioni economiche, relative all’acquisizione, all’allocazione ed al consumo delle risorse economiche, umane e strumentali nello svolgimento della propria attività istituzionale,
  2. informazioni non economiche, relative alla dimensione quali-quantitativa dell’attività (quantità e qualità delle prestazioni/servizi erogati).


  1. La rilevazione e l’analisi delle informazioni economiche è collegabile al tema della classificazione, aggregazione ed allocazione dei costi e dei ricavi dell’azienda. Con particolare riferimento alle aziende non profit l’acquisizione di queste informazioni permette valutazioni in merito all’efficienza della gestione.
  2. La rilevazione e l’analisi delle informazioni non economiche è collegabile al tema della definizione di indicatori non economici in grado di verificare l’efficacia dell’azienda non profit.


Il sistema contabile analitico

Per l’azienda non profit la dimensione economica della gestione assume un carattere strumentale e non finalistico (come per le aziende for profit) e pertanto il raggiungimento di risultati di utilità sociale può essere valutato solo attraverso indicatori non monetari.
È necessario dunque che l’azienda non profit si doti di un sistema informativo contabile analitico e di un sistema extracontabile.
Abitualmente le organizzazioni sono dotate di un sistema di contabilità generale utile per rilevare i valori economici al fine di predisporre il bilancio di esercizio. Tale sistema non è sufficiente però a soddisfare il fabbisogno informativo dei decisori aziendali.
La contabilità generale rileva infatti i valori economici per natura (personale, acquisto di beni e servizi, utenze ecc.) e fornisce una informazione “generale” sull’acquisizione ed il consumo complessivo delle risorse da parte dell’organizzazione. Per un'azienda non profit inoltre la predisposizione del bilancio rappresenta quasi esclusivamente un obbligo giuridico formale dal basso valore informativo per via della propria finalità istituzionale.
Al fine di conoscere come le risorse sono state utilizzate durante lo svolgimento della gestione, dove sono state allocate, e da chi e come sono state impiegate è necessario dotarsi di un sistema contabile di tipo analitico.
I sistemi di contabilità analitica rilevano le informazioni rispetto a definiti oggetti di rilevazione sulla base della complessità organizzativa delle aziende, delle specificità gestionali e del fabbisogno informativo interno.
Con riferimento agli oggetti di rilevazione si parla comunemente di CDC. Il CDC rappresenta l’oggetto di rilevazione elementare rispetto al quale misurare acquisizione e consumo delle risorse.
La scelta degli oggetti di rilevazione è cruciale per la costruzione di un sistema di contabilità analitica efficace ed è soggettiva. Il criterio guida nella scelta degli oggetti di rilevazione è quello della rilevanza. Infatti è possibile avere CDC ampi o più analitici a seconda delle esigenze dei decisori aziendali. La specifica attività, un servizio, l’unità organizzativa, una categoria di stakeholder, una struttura, possono rappresentare differenti oggetti di rilevazione. CDC può essere la direzione generale, una specifica campagna di fundraising, il servizio di assistenza domiciliare, una RSA.
Il complesso degli oggetti di rilevazione (denominato piano dei CDC) di un’azienda non profit rappresenta non solo la struttura della contabilità analitica ma l’impianto di tutto il sistema di programmazione e controllo. Rispetto agli oggetti di rilevazione infatti verranno sia classificate le informazioni economiche ma anche definite le informazioni non economiche da rilevare.

Dati di attività Servizio A Servizio B Servizio C
N° di posti disponibili
Mq di superficie dei locali
N° operatori
N° utenti effettivi
 
Ricavi
Ricavi da tariffa
Contributo comunale
Totale
 
Costi
Stipendi del personale
Oneri previdenziali
Affitti passivi
Utenze
Beni di consumo
Generi alimentari
Ammortamenti
Totale
Tabella 6.2 - Esempio di report di contabilità analitica

Misurare i risultati di un'azienda non profit: indicatori e profili di misurazione

Misurare le prestazioni di una azienda non profit è complesso in quanto i risultati della gestione non possono essere valutati in termini di ricavi/profitti ottenuti.
La dimensione economico-finanziaria solo nelle aziende for profit infatti può essere di per sé sufficiente a valutare la qualità della gestione aziendale in quanto la finalità ultima dei decisori aziendali è quella di massimizzare ricavi e profitti.
La finalità della aziende non profit è quella invece di perseguire la sua missione, quasi sempre legata alla produzione di valore sociale, e per questo le sole rilevazioni contabili, che forniscono informazioni sulla dimensione economico-finanziaria, non permettono di avere adeguate e sufficienti informazioni sulla gestione. Ciò deriva dal fatto che i valori economico-finanziari sono l’effetto delle scelte gestionali e quindi per comprendere a pieno gli accadimenti aziendali e i relativi risultati occorre individuare misurazioni idonee ad esprimere i legami tra tali valori e i fattori determinanti degli stessi. Gli indicatori economico-finanziari forniscono indicazioni sullo stato di “salute” finanziaria delle organizzazioni (capacità di autofinanziamento, dipendenza finanziaria, grado di solvibilità) o sulla diversa allocazione delle risorse, ma non ci danno informazioni sulla gestione in termini di quantità e qualità.
Risulta dunque importante per le aziende non profit sviluppare, accanto ai sistemi di rilevazione contabile, sistemi di rilevazione extra-contabili in grado di fornire dati per misurare i risultati raggiunti in termini di quantità e qualità degli output prodotti e di bisogni soddisfatti.


Una metodologia per la costruzione degli indicatori

Sul tema delle tipologie degli indicatori e sulle diverse dimensioni delle performance aziendali sono stati formulati numerosi criteri di classificazione ed elaborati diversi modelli concettuali. È tuttavia difficile trovare un criterio di classificazione che sia esaustivo e in grado di soddisfare appieno qualsiasi fabbisogno informativo. Ciascun sistema di misurazione delle performance presenta specifiche caratteristiche in quanto è costruito sulla base delle esigenze informative dell’organizzazione e deve essere in grado di monitorare efficacemente gli obiettivi strategici e gestionali definiti dall’organizzazione stessa in sede di pianificazione e programmazione. L’applicazione di un solo modello è sicuramente limitativa in quanto non tutte le tipologie di indicatori proposte risulterebbero rilevanti per uno specifico sistema di misurazione.

Per costruire un set di indicatori adeguato è dunque necessario ricorrere a diversi modelli interpretativi, criteri di classificazione, categorie concettuali. Per una persona inesperta è sicuramente difficile avere una visione e una comprensione chiare di questi temi. Questa difficoltà è aggravata dal fatto che il significato attribuito ad alcuni termini varia da un autore o da un filone di studi all’altro. In questo contributo si cercherà di fornire al lettore alcuni concetti chiave utili per orientarsi in modo agevole all'interno di queste tematiche.

La misura rappresenta il dato in grado di fornire informazioni su un aspetto della prestazione. Le misure possono essere date da parametri, informazioni su un oggetto di rilevazione, ed indicatori che sono dati dal rapporto tra due parametri. Nell’uso comune la distinzione tra parametri ed indicatori, a parere di chi scrive netta e rilevante, non viene considerata e perciò si parla comunemente di indicatori. In ogni caso è importante considerare come indicatori ad una dimensione (parametri) forniscono una generica informazione (n° di servizi erogati) rispetto ad indicatori che mettono in relazione due dimensioni (n° servizi erogati/n° richieste ricevute). Gli indicatori acquistano sicuramente ancora più valore attraverso un confronto spaziale (benchmarking) o temporale (costruzione serie storica). Gli indicatori possono essere distinti in indicatori monetari, se utilizzano valori economici (es. indicatori di costo), e indicatori non monetari, se utilizzano valori numerici o dati fisico-tecnici.
Per misurare la performance di una azienda non profit o di una semplice unità operativa, nell’erogazione di un servizio o nella produzione di un bene, è necessario rilevare dati ed informazioni rispetto a tre oggetti di indagine: input, output, outcome.

  1. L’input è l’insieme dei fattori produttivi acquisiti dall’azienda ed impiegati nella produzione di un bene o erogazione di un servizio. I fattori produttivi possono essere risorse finanziarie, materiali, umane e strumentali a seconda della tipologia del bene o del servizio. Essi possono essere espressi in termini monetari (costo di acquisizione) o non monetari (quantità utilizzata, per esempio le. ore di lavoro).
  2. L’output è l’insieme dei risultati conseguiti dall’attività dell’unità operativa in termini di quantità, qualità, di beni prodotti e servizi erogati.
  3. L’outcome rappresenta l’impatto che gli output ed in generale tutta l’attività dell’unità operativa o dell’azienda non profit ha avuto sulla comunità. In generale misura il grado di copertura del bisogno sociale da parte dell’azienda non profit.


Figura 6.3 - Il modello di riferimento


La combinazione dei dati relativi a queste tre categorie di rilevazione ci permette di costruire diverse tipologie di indicatori e di conseguenza di misurare diverse dimensioni della performance.

Servizio/Attività Input Output Outcome
Mensa Costo delle derrate alimentari, altri costi variabili N° di pasti erogati N° di richieste
Trasporto disabili Costo carburante, costo personale, ore di lavoro, n° operatori N° di disabili trasportati, Km percorsi N° disabili presenti nel territorio comunale per tipologie di disabilità
Campagna di comunicazione Costi di produzione delle brochure, costi di spedizione e distribuzione, N° volontari impiegati N° di brochure prodotte e distribuite, N° di punti informativi N° dei potenziali destinatari, N° nuovi soci, N° nuovi donatori
Tabella 6.3 - Esempi

Le dimensioni delle prestazioni: i concetti di efficienza ed efficacia

Le due principali dimensioni della prestazioni aziendali, a cui possono essere facilmente ricondotte altre tipologie di dimensioni presenti in letteratura, sono rappresentate dall’efficienza e dall’efficacia.


L'efficienza

L’efficienza misura la capacità di un’unità operativa di massimizzare il rapporto tra i fattori produttivi impiegati nell’attività e i risultati ottenuti, a parità di altre condizioni. Da questa definizione emerge che sono tre gli elementi da cui dipende l’efficienza, e quindi da rilevare, e tenere in considerazione nella fase di definizione degli indicatori e di misurazione.

  1. L’input: l’efficienza è influenzata dal processo d’acquisizione dei fattori produttivi secondo due variabili.
    • La prima è rappresentata dalla variabile costo. Acquisire i fattori produttivi al più basso costo possibile a parità di qualità influenza positivamente l’efficienza.
    • La seconda è rappresentata dalla qualità. È necessario acquisire fattori produttivi di un livello qualitativo coerente con la qualità e quantità dell’output a cui sono destinati e le caratteristiche del processo produttivo.
  2. Il processo produttivo: definite ed acquisite le risorse necessarie ed adeguate per produrre/erogare un bene/servizio, l’attenzione si sposta sulla fase del processo di trasformazione. L’efficienza infatti dipende principalmente dal modo in cui i fattori produttivi vengono impiegati nel processo produttivo, a parità di altre condizioni. Eventuali utilizzi impropri di risorse, quali sprechi o non correttezza nell’uso dei fattori produttivi, sono infatti la principale causa di inefficienza.
  3. L’output: per valutare il grado di efficienza è indispensabile considerare le caratteristiche dell’output in merito sia alla qualità richiesta che alla valenza sociale del servizio/prodotto. Produrre output di maggiore qualità spesso richiede l’impiego di maggiori fattori produttivi. Per quanto riguarda la valenza sociale è necessario sottolineare il fatto che per assicurare servizi a categorie sociali deboli spesso le aziende non profit operano in condizioni di inefficienza. Questo naturalmente non può essere assolutamente trascurato in sede di valutazione.

Eventuali problemi di inefficienza si possono dunque rilevare a livello di input, nel processo produttivo, a livello di output.

Riepilogando: gli indicatori di efficienza mettono in relazione parametri di input con parametri di output o possono essere rappresentati anche da singoli parametri di input o di output. Questi indicatori possono essere di tipo monetario o non monetario.

Figura 6.4 - Valutazione di efficienza
Indicatori di produttività Indicatori di costo
Output per h/ora uomo = Tempo impiegato per imbustare delle lettere/n° di lettere imbustate Costo medio unitario variabile di un pasto = totale costi alimenti/n° di pasti erogati
Output per impiego autoveicolo = N° di viaggi effettuati/n° di utenti trasportati Costo unitario della carta = Totale costo carta/n° di brochure stampate
Tabella 6.4 - Esempi di indicatori di efficienza

L’efficacia

L’efficacia misura la capacità di una unità operativa o di una azienda in generale di raggiungere gli obiettivi definiti e le proprie finalità. La distinzione tra obiettivi e finalità permette di introdurre due differenti approcci al concetto di efficacia. Un approccio più generale che definisce l’efficacia come la capacità dell’azienda di raggiungere gli obiettivi definiti in sede di programmazione e di pianificazione. Quest’approccio considera l’efficacia come una dimensione rilevante per tutti i livelli dell’organizzazione e da misurare su tutto il ciclo input-output-outcome, in quanto in fase di programmazione vengono definiti rispettivamente obiettivi di inuput, output e outcome, coerentemente con la strategia aziendale. Accettando questa impostazione è necessario distinguere due tipologie di efficacia: efficacia gestionale (1) ed efficacia sociale (2).

  1. L’efficacia gestionale riguarda la sfera interna dell’azienda non profit e misura il raggiungimento degli obiettivi di gestione definiti in sede di programmazione. La misurazione avviene attraverso il confronto tra i valori-obiettivo programmati ed i valori effettivamente rilevati in sede di consuntivo. Gli obiettivi gestionali riguardano quindi tutto il ciclo produttivo dall’acquisizione dei fattori produttivi, al livello di efficienza, dalla qualità e quantità dell’output prodotta. Ad esempio:
    • costo previsto/costo effettivo;
    • servizi erogati/servizi programmati;
    • qualità servizio erogato/servizio standard.
  2. L’efficacia sociale riguarda invece il rapporto tra l’azienda non profit e l’ambiente esterno e misura la capacità dell’organizzazione di soddisfare i bisogni della collettività a cui è chiamata a far fronte attraverso la produzione di beni e servizi. L’efficacia sociale misura l’effetto ultimo dell’attività dell’azienda non profit e, quindi, anche il grado di raggiungimento degli obiettivi strategici definiti in sede di pianificazione. Ad esempio:
    • n° servizi erogati/domanda complessiva di servizi richiesti (posti asilo nido/totale bambini residenti, disabili accompagnati/totale disabili);
    • qualità dei servizi erogati/qualità dei servizi attesa (tempo effettivo di attesa per lo svolgimento di una pratica/tempo atteso, dichiarato o promesso).

Il secondo approccio al concetto di efficacia per certi versi è molto simile alla definizione sopra proposta di efficacia sociale. Partendo dal presupposto che la finalità dell’azienda non profit è quella di produrre valore sociale, l’efficacia può essere intesa come coerenza tra quantità e qualità dell’attività (prestazioni e servizi), e il perseguimento della missione. Questa definizione pone l’accento sulla relazione tra output ed outcome quale elemento caratterizzante dell’agire efficace dell’azienda non profit.
Nel far coesistere i due approcci è importante sottolineare come affinché l’azione di un’azienda pubblica sia efficace risulta fondamentale orientare tutta l’attività dell’organizzazione verso il raggiungimento degli obiettivi di outcome attraverso la definizione di obiettivi gestionali che siano coerenti con gli obiettivi strategici.

Figura 6.5 - Valutazione di efficacia

Date le peculiari finalità e caratteristiche dell’azienda non profit il concetto di efficacia può assumere particolari connotazioni data la complessità dei bisogni da soddisfare e delle finalità da perseguire.
Vengono così a determinarsi profili delle performance del tutto peculiari. A volte possono essere ricondotte direttamente all’erogazione di un servizio, altre volte rappresentano profili generali che riguardano l’azione amministrativa nel suo complesso. Pertanto l’efficacia dell’azienda non profit può essere misurata in termini di:

  • equità (capacità di erogare servizi a soggetti deboli, disabili, anziani ecc.);
  • partecipazione (capacità di coinvolgere gli stakeholder nel processo decisionale);
  • comunicazione e trasparenza (capacità di informare gli stakeholder sull’attività).

Caratteristiche degli indicatori

Gli indicatori devono essere in grado di fornire informazioni adeguate a supportare i processi decisionali delle aziende non profit. È necessario pertanto comprendere quali caratteristiche siano indispensabili e rilevanti per soddisfare specifici fabbisogni informativi e determinate finalità.
Gli indicatori pertanto devono essere:

  1. Rilevanti e significativi. Gli indicatori devono essere coerenti con le finalità conoscitive per le quali sono stati costruiti. Pertanto devono essere direttamente correlati con gli obiettivi strategici e gestionali formulati in fase di pianificazione e programmazione. Gli indicatori devono quindi misurare dimensioni delle performance aziendali coerenti con la strategia. La rilevanza dell’indicatore e della dimensione della performance dipende anche dall’utilizzatore delle informazioni.
  2. Chiari. Gli indicatori devono essere definiti chiaramente al fine di assicurare una corretta e facile raccolta dei dati ed evitare confusione e cattive interpretazioni che possono compromettere la validità dell’indicatore. È importante quindi ricorrere a definizioni già in uso all’interno dell’azienda o in altre organizzazioni per agevolare la raccolta e l’uso delle informazioni.
  3. Comprensibili. La definizione dell’indicatore deve essere comprensibile per il destinatario dell’informazione. A volte è necessario accompagnare la definizione con una descrizione delle finalità e caratteristiche dell’indicatore per agevolarne l’utilizzo. Nei documenti di rendicontazione esterna per esempio è importante utilizzare un linguaggio comprensibile per gli stakeholder destinatari dell’informazione.
  4. Bilanciati ed esaustivi. È necessario costruire un set di indicatori che misuri tutte le dimensioni della performance aziendale che sia in grado di fornire in modo completo tutte le informazioni utili per valutare i risultati raggiunti. Sbilanciare il set di indicatori su una dimensione della performance può anche produrre effetti distorsivi. Valutare una unità operativa solo sull’efficienza può indurre gli operatori a trascurare la qualità del servizio che sono chiamati ad erogare. Per questo è importante magari affiancare qualche indicatore di qualità e customer satisfaction.
  5. Tempestivi. L’indicatore deve fornire informazioni il più possibile aggiornate. Per questo è importante scegliere indicatori che hanno bisogno di dati reperibili con facilità ed in tempi brevi. Questo garantisce la massima utilità dell’informazione per i destinatari ed in particolare per i decisori aziendali. Naturalmente il grado di tempestività dell’indicatore dipende anche dalla sua finalità: il controllo operativo ha tempi molto più ristretti del controllo strategico e quindi necessita di una rilevazione più tempestiva.
  6. Confrontabili. Gli indicatori forniscono delle informazioni più significative solo sulla base di un confronto temporale o spaziale. Per attuare confronti temporali invece è importante mantenere un set di indicatori stabile nel tempo che favorisca la costruzione di serie storiche.
  7. Verificabili. I dati devono essere verificabili. In caso di risultati inattesi, eccessivamente positivi o negativi, deve essere possibile verificare le informazioni acquisite. La verificabilità è garantita da un adeguato sistema di rilevazione e raccolta dati.
  8. Convenienti. Introdurre un sistema di misurazione delle performance all’interno di un’azienda presenta dei costi sia di implementazione che di gestione. Questo elemento spesso scoraggia il management nel dotarsi di questi strumenti avendo a che fare con una cronica scarsità di risorse. Raccogliere ed elaborare dati richiede risorse finanziarie ed umane in modo proporzionale alla quantità e qualità delle informazioni da acquisire e gestire. Per questo è importante avere pochi e mirati indicatori, con costi di rilevazione ragionevoli, scelti sulla base del loro costo-efficacia.


Libro aperto Risorse

Anthony R.N., Young D.W., Non profit: il controllo di gestione, McGraw-Hill, Milano 2002.
Francesconi A., Misurare, programmare, controllare, CEDAM, Padova 2003.
Gazzoni E., Programmazione e controllo nel non profit, Carocci, Roma 2004.
Santi M., Controllo di gestione per le aziende non profit, sanitarie e pubbliche: verso la comunicazione multidimensionali, EGEA, Milano 2002.

Appendice. Misurare e valutare la dimensione economica della gestione: l’analisi dei costi a supporto delle decisioni

Avere informazioni sui costi di un’azienda significa avere informazioni sulla vita dell’azienda stessa. In particolare per le aziende non profit esse rappresentano la base informativa primaria ed essenziale per valutare l’efficienza della gestione.
Tutti i portatori di interesse, esterni ed interni, hanno necessità di avere informazioni sulla qualità della gestione aziendale e quindi sull’entità e la composizione dei costi e dei ricavi, per diverse motivazioni e finalità. Queste diverse motivazioni esprimono fabbisogni informativi differenti. Pertanto l’azienda non profit deve predisporre sistemi di rilevazione dei costi in grado di soddisfare queste esigenze. Soffermandoci sulle problematiche relative al fabbisogno informativo interno, riscontriamo facilmente come le informazioni sui costi siano indispensabili per molteplici decisioni aziendali e che per queste differenti decisioni è necessario utilizzare concetti e tipologie di costo differenti. La contabilità analitica rappresenta dunque un patrimonio di dati, e non il solo, da cui attingere e conseguentemente elaborare in funzione delle informazioni di costo di cui necessitano i decisori aziendali.
Affinché dunque le informazioni di costo siano utili a supportare i processi decisionali le questioni da affrontare sono relative:

  1. alla classificazione delle diverse categorie di costo;
  2. all’aggregazione dei costi.


La classificazione dei costi

Nell’ambito dell’economia aziendale il costo viene definito come l’espressione monetaria dell’impiego di fattori nell’ambito dei processi di produzione attuati dall’azienda.
Il costo dunque misura in termini monetari l’utilizzo delle risorse a disposizione dell’azienda, siano esse materiali, umane, strumentali, finanziarie.
Il costo è dato dunque dal valore, misurato in termini monetari, dei fattori produttivi impiegati in una determinata attività. Questo valore non è assoluto ma cambia a seconda del fabbisogno conoscitivo da soddisfare e del problema decisionale da affrontare. Il costo è quindi una quantità economica nominale in quanto non esiste un costo vero, reale, unico. Vengono così a determinarsi diversi concetti e tipologie di costo che hanno valore informativo solo in specifici contesti e processi decisionali e che richiedono modalità di calcolo differenti.

  1. I costi speciali sono costi attribuibili esclusivamente a singoli oggetti di rilevazione (d’ora in poi oggetti di costo). La caratteristica del costo speciale è quindi l’esclusività e cioè la completa attribuibilità di tale costo all’oggetto di costo prescelto. Il costo delle derrate alimentari è un costo speciale per la mensa, il costo dell’operatore sociale è invece un costo speciale per il servizio di assistenza.
  2. I costi comuni sono invece costi sostenuti per attività e processi che partecipano allo svolgimento di diverse attività o supportano l’attività di diversi oggetti di rilevazione senza che però sia possibile riscontrare un rapporto di causalità netto tra la generazione di questi costi e l’attività che supportano (per es. il direttore amministrativo di una fondazione è un costo comune per i singoli servizi, così come l’ufficio del personale, senza dimenticare che il costo del responsabile dell’ufficio è un costo speciale per quell’ufficio). È pertanto necessario adottare dei criteri di ripartizione se si decide di attribuire tali costi ai singoli oggetti di costo.
  3. I costi diretti sono costi che possono essere attribuiti direttamente all’oggetto di rilevazione. Tali costi sono generati dall’oggetto di costo e il loro valore è oggettivamente misurabile con riferimento al singolo oggetto di costo ed interamente attribuibile ad esso. Tipici costi diretti sono le materie prime per la produzione di un bene o il personale addetto per l’erogazione di un servizio.
  4. I costi indiretti sono costi generati da diversi oggetti di costo; essi non sono oggettivamente misurabili con riferimento al singolo oggetto di costo e quindi non possono essere attribuiti separatamente. Pertanto sarà necessario con opportuni calcoli allocare tali costi ai singoli oggetti di costo finali. Esempi tipici di costo indiretto sono i macchinari ed impianti utilizzati nella produzione di diversi prodotti o il personale impiegato nella erogazione di diversi servizi. I criteri di allocazione di questi costi possono essere diversi ma risulteranno validi se verranno scelti sulla base del rapporto di causalità esistente tra il costo indiretto e l’oggetto di costo a cui viene allocato. Per scelta può essere spesso meno faticoso ed oneroso considerare indiretti costi che potrebbero essere attribuiti direttamente ma solo in virtù di calcoli complessi (pensiamo al costo della cancelleria negli uffici, delle utenze, ecc.): anche qui si sceglierà in base alla rilevanza.

I concetti di costo speciale e comune, diretto ed indiretto possono essere confusi, poiché nell’uso pratico si incontrano costi che presentano una duplice veste, ma le due dicotomie presentano delle connotazioni diverse e ben distinte. Come è stato detto la dicotomia speciale-comune si basa sul grado di attribuibilità degli elementi di costo ad oggetti di costo parziali diversi dall’unità di prodotto finale, mentre la dicotomia diretto-indiretto si basa sul grado di attribuibilità degli elementi di costo all’oggetto di costo finale rappresentato del prodotto/servizio. Pertanto i costi diretti sono sempre speciali, mentre i costi indiretti possono essere speciali o comuni.


È sicuramente rilevante ai fini delle decisioni aziendali il comportamento dei costi rispetto alla variazione dei livelli di attività. L’andamento dei costi viene così rappresentato graficamente come funzione della quantità dei beni prodotti. Si hanno quindi diversi concetti di costo a seconda del differente comportamento rispetto ai volumi di attività.

  1. I costi variabili (variable costs) sono quei costi che variano in funzione dell’attività. Quasi sempre i costi variabili variano in modo proporzionale rispetto alle variazioni dei volumi di attività. La curva che rappresenta i costi variabili è pertanto una semiretta che parte dall’origine. Il valore del coefficiente angolare della retta è dato proprio dall’ammontare del costo variabile unitario, cioè la quantità di fattori produttivi variabili utili alla produzione di una unità di prodotto.

    Tipici esempi di costi variabili sono le materie prime (es. gli alimenti per la produzione dei pasti in una mensa).
    Per esaustività è importante dire che non sempre i costi variabili si mantengono proporzionali al di là di certi volumi di produzione. Con l’aumento dell’attività potrebbe verificarsi una progressiva riduzione di tali costi o un incremento. Parleremo pertanto di costi variabili degressivi o progressivi.

  2. I costi semivariabili sono quei costi che presentano una componente fissa che non dipende dal volume. Appartengono a questa categoria costi che presentano dei canoni da pagare o costi di attivazione. Il tipico esempio è rappresentato dalle utenze.
    Costi variabili e semivariabili
  3. I costi fissi sono costi che non dipendono dai volumi di attività e cioè che non si modificano in virtù di decrementi o incrementi dei volumi di attività. Il costo di affitto di un immobile destinato ad un asilo rimarrà costante rispetto al numero dei bambini che lo frequenteranno, così come molto probabilmente non varierà il costo della direttrice. Pertanto la curva sarà rappresentata da una semiretta parallela all’asse delle ascisse il cui livello dipenderà dall’entità del costo fisso.
    Nel concetto di costo fisso coesistono due aspetti: uno legato alla costanza nel tempo del costo ed uno legato alla costanza rispetto ai volumi di attività. Questo è vero solo entro definiti intervalli di tempo ed entro determinati livelli di produzione. Infatti non esistono costi fissi in senso assoluto se non con riferimento ad intervalli di significatività, sia temporali che spaziali (Antony 1992).
  4. Si definiscono pertanto costi semifissi quei costi che non si modificano solo per intervalli di significatività piccoli. Graficamente sono rappresentabili attraverso una scala con gradini più o meno ampi a seconda dell’ampiezza dell’intervallo di significatività. Il costo di noleggio di uno scuolabus per il trasporto dei bambini rappresenterà un costo fisso entro un determinato livello di utenza ma potrà variare in caso di ulteriori incrementi dei livelli di attività; il costo del cuoco in una mensa sarà fisso entro un determinato numero di pasti da cucinare, oltre il quale sarà necessario assumerne un altro.
    Costi fissi e semifissi
  5. I costi totali sono invece rappresentati dalla somma di tutte le componenti di costo che incorrono in una determinata attività. Ipotizzando la sola presenza di costi perfettamente fissi e di costi variabili in modo proporzionale, la curva dei costi totali sarà rappresentata da una semiretta inclinata con origine sull’asse delle ordinate.
  6. In sede di confronto tra i costi sostenuti per la produzione/erogazione di un bene/servizio possono essere utili i concetti di costo unitario, identificativo della quota di costi impiegata nella produzione di una unità di output. Il costo medio unitario è dato dal rapporto tra i costi totali ed il volume di attività prodotto.
    Costo totale e medio unitario

Le aggregazioni di costo

Le diverse tipologie di costo classificano singoli fattori della produzione con riguardo a specifiche esigenze conoscitive (e decisionali). Pertanto il costo di un servizio sarà dato da diversi costi appartenenti a diverse tipologie: i costi del personale necessario per l’organizzazione dello stesso, dei beni di consumo impiegati, dei costi di riscaldamento ed illuminazione dei locali, ecc.
Per andare a definire il costo complessivo di un servizio risulta quindi necessario aggregare le singole informazioni di costo utilizzando dei criteri di aggregazioni che ordinino le informazioni nel modo più opportuno rispetto al fabbisogno conoscitivo.
Si definisce pertanto aggregazione di costo un’aggregazione di dati elementari di costo omogenea rispetto alla tipologia di valori e/o rispetto all’utilità che tali valori sono in grado di esprimere nel rappresentare un determinato fenomeno aziendale ritenuto significativo ai fini conoscitivi e decisionali.
Se consideriamo come oggetto di calcolo un servizio si ha:

  1. il costo primo variabile, costituito dalla somma dei costi variabili di erogazione del servizio (ad esempio beni di consumo e personale);
  2. il costo di produzione o di erogazione, costituito dal costo primo variabile aumentato dei costi fissi (speciali) di produzione, ovvero direttamente riferibili all’oggetto di calcolo. Esso è espressivo di tutti i fattori produttivi che partecipano in modo esclusivo alla realizzazione di un prodotto/servizio;
  3. il costo pieno o costo complessivo aziendale, dato dal costo di erogazione aumentato delle quote di costi comuni d’azienda (costi di amministrazione, costi generali, ecc.);
  4. il costo economico-tecnico, determinato dal costo pieno aumentato dei costi figurativi.

I costi figurativi sono costi che non vengono effettivamente sostenuti, ma che devono essere considerati nelle valutazioni economiche soprattutto nelle aziende non profit che spesso si avvalgono di personale volontario ed usufruiscono di condizioni particolare nello svolgimento dell’attività (per es. beni mobili ed immobili concessi in comodato gratuito).


Il margine di contribuzione

L’analisi dei costi non esaurisce il fabbisogno informativo dei decisori aziendali. Al fine di valutare l’efficienza gestionale delle aziende non profit è necessario confrontare i costi con i ricavi delle attività. Nelle aziende non profit questo confronto risulta particolarmente complesso in quanto non sempre vi è una relazione tra attività e proventi, essendo questi spesso indistinti (frutto di donazioni, raccolta fondi, contributi ecc.), e la valutazione pertanto deve essere fatta a livello complessivo di azienda. In ogni caso la rilevazione analitica di ricavi è estremamente importante per valutare attività dove invece la relazione costo/ricavo è ben definita come:

  1. nella produzione di beni ed erogazione di servizi (rilevante per le cooperative);
  2. nell’attività di fundraising (rilevante per associazioni e fondazioni).


Glossario

Definizione di fundraising

Il fundraising, termine inglese non traducibile semplicemente in raccolta fondi (“to raise” ha il senso di: far crescere, coltivare, sorgere), identifica l’attività posta in essere dalle organizzazioni per la raccolta e lo sviluppo dei fondi necessari a sostenere una azione senza finalità di lucro.

La relazione tra ricavi e costi di un servizio definisce una grandezza denominata Margine di Contribuzione (MdC). Il margine di contribuzione che, in prima analisi, è dato dalla differenza tra i ricavi e i costi variabili esprime il “contributo” che tale differenza apporta alla copertura dei costi fissi ed alla formazione di un risultato economico.

Pertanto la presenza di un MdC >0 è la condizione in termini assoluti per lo svolgimento di una produzione o di un servizio. In caso contrario tale attività aggraverebbe i conti dell’organizzazione e necessiterebbe di una copertura ulteriore (per esempio attraverso donazioni o contributi pubblici).
Tale conclusione vale anche in termini relativi, ovvero per il confronto ai fini decisionali tra diversi prodotti/servizi o differenti iniziative da realizzare. Ad esempio, se si deve decidere se erogare il servizio A o B, la logica sulla quale basare la decisione (ai fini puramente economici) è quella di determinare il margine di contribuzione del servizio A e B e di scegliere il maggiore tra i due.
Tale margine può essere sia unitario sia complessivo come è dimostrato nella seguente tabella.

  Piantine Uova di Pasqua TOTALE
Ricavi unitari 15 10  
Costi variabili unitari 10 3  
MdC unitario 5 7  
Quantità 20.000 10.000  
MdC complessivo 50.000 70.000 120.000
Costi fissi     40.000
Risultato economico     80.000
Tabella 6.5 – Il margine di contribuzione di differenti attività di fundraising

La tabella mostra il differente contributo delle diverse campagne di fundraising.

Nel caso in cui vi fosse la presenza di costi fissi speciali (CFS), ovvero attribuibili in modo univoco ad una attività, è possibile evidenziare due margini:

  • il MdC di 1° grado (MdC1), dato dalla differenza tra i ricavi e i costi variabili;
  • il MdC di 2° grado (MdC2), dato dalla differenza tra il MdC1 e i CFS.

Per completezza va detto inoltre che i costi fissi specifici potrebbero considerarsi estinguibili qualora, per ipotesi, l’attività cessasse mentre i costi fissi comuni sarebbero destinati a permanere nell’azienda come costi di struttura.

  Piantine Uova di Pasqua TOTALE
Ricavi unitari 15 10  
Costi variabili unitari 10 3  
MdC unitario 5 7  
Quantità 20.000 10.000  
1° MdC 50.000 70.000 120.000
Costi fissi speciali 5.000 10.000 15.000
2° MdC 45.000 60.000 105.000
Costi fissi comuni     25.000
Risultato economico     80.000
Tabella 6.6

L’analisi del margine di contribuzione rappresenta dunque un’attività rilevante nei processi decisionali di breve periodo (cioè che non comportano modificazioni significative nelle organizzazioni con variazioni della struttura dei costi fissi) e può essere utilmente impiegato per la risoluzione di problemi gestionali in merito a:

  • valutazione della redditività dell’erogazione di servizi;
  • valutazione della fattibilità di un progetto;
  • decisioni sui mix di attività da svolgere;
  • decisioni relative alla eliminazione di un servizio o di una attività;
  • decisioni “make or buy”, ovvero sulla convenienza a produrre internamente o acquistare all’esterno.

Di seguito si propone un problema decisionale dove viene impiegata l’analisi del margine di contribuzione.

Bussola Buone pratiche

Un problema decisionale per la Cooperativa Sole
Il comune di Olimpo intende attivare un servizio di assistenza domiciliare a disabili. I volumi di attività prevedono interventi quotidiani rivolti a 65 disabili (per 365 giorni all’anno). Il dirigente dei servizi sociali aveva deciso di affidare il servizio in convenzione e pertanto aveva contattato la Cooperativa Sole alla quale proponeva un corrispettivo di 25 euro (IVA inclusa) per ciascun servizio reso.
Il presidente della Cooperativa Sole, dott. Apollo, indeciso se accettare o no la proposta del comune incarica il suo ragioniere di fornirgli un prospetto informativo con riferimento ai costi che la cooperativa andrebbe a sostenere nelle due possibili alternative, sulla base dello standard qualitativo definito dalla commissione servizi sociali del comune.
Secondo le informazioni raccolte dal ragioniere, la gestione interna del servizio comporta il sostenimento dei seguenti costi:

  • L’acquisto di 2 autovetture al costo di 16.000 euro per ciascuna autovettura e con una vita utile presunta di 5 anni;
  • L’acquisto di 2 pulmini al costo di 27.000 euro per ciascun pulmino e con una vita utile presunta di 6 anni;
  • 4 euro di consumo medio quotidiano per assistito di acquisto carburante;
  • Il sostenimento di costi annui medi di manutenzione per ciascun automezzo di 600 euro;
  • L’assunzione di 9 operatori addetti allo svolgimento dell’attività al costo unitario medio annuo di 19.500 euro;
  • La fornitura di un pasto caldo giornaliero fornito da una cooperativa sociale al costo di 2,9 euro;
  • L’acquisto di strumentazione varia per lo svolgimento dell’attività al costo di 6.000 euro e con una vita utile di tre anni;
  • 30 euro medie mensili per assistito in materiale di consumo vario acquistato ed utilizzato per funzioni diverse ( pulizia locali, acquisto quotidiani ecc.).

Sulla base delle informazioni disponibili conviene alla Cooperativa Sole accettare la proposta del comune?

Soluzione
È necessario riorganizzare le informazioni di costo distinguendo tra costi fissi e costi variabili.

Costi fissi:

  • Autovetture con ammortamento : 32000/5 = 6400
  • Pulmini con ammortamento: 54000/6 = 9000
  • Manutenzione autovetture: 600*4 = 2400
  • Operatori: 19500*9 = 175500
  • Strumentazione: 6000/3 = 2000

Totale costi fissi: 195300 euro

Costi variabili:

  • Carburante: 4*65*365 = 94900
  • Pasto caldo: 2,9*65*365 = 68802,5
  • Spese varie: 30*65*12 = 23400

Totale costi variabili: 187102,5 euro

I costi complessivi sostenuti dalla cooperativa sarebbero 382402,5 euro.
Il costo di produzione unitario del servizio è di 16,1 euro.

Pertanto a fronte di un riconoscimento di 25 euro da parte del comune alla cooperativa conviene accettare la proposta. Il margine di contribuzione unitario sarebbe di 8,9 euro. Il margine complessivo di 211152,5 euro.