Gaio Lucilio/Note stilistiche: differenze tra le versioni
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L'oratore che nel libro I apre d'urgenza la seduta del concilio degli dèi, [[w:Quirino (divinità)|Quirino]]: |
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{{quote|o cittadini dei cieli, vorrei, al concilio che voi dite<br />di aver tenuto qui un tempo, a quel concilio vorrei essere stato presente|I, 20-22 Warmington|vellem concilio vestrum quod dicitis olim,<br />caelicolae, hic habitum, vellem adfuissemus priore<br />concilio|lingua=la}} |
{{quote|o cittadini dei cieli, vorrei, al concilio che voi dite<br />di aver tenuto qui un tempo, a quel concilio vorrei essere stato presente|I, 20-22 Warmington|vellem concilio vestrum quod dicitis olim,<br />caelicolae, hic habitum, vellem adfuissemus priore<br />concilio|lingua=la}} |
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Due cose risultano evidenti: l'[[w:Epanalessi|epanalessi]], e quel ''adfuissemus'' che, poiché è retto da ''vellem'', andrebbe all'[[w:Infinito (modo)|infinito]], cioé in ''adfuisse''; sono errori, o ''sviste'', frequenti nella lingua parlata, ma che nel discorso ufficiale di una divinità non sono giustificabili se non con lo stress, con la tensione dell'oratore, fattori che nel peggiore dei casi |
Due cose risultano evidenti: l'[[w:Epanalessi|epanalessi]], e quel ''adfuissemus'' che, poiché è retto da ''vellem'', andrebbe all'[[w:Infinito (modo)|infinito]], cioé in ''adfuisse''; sono errori, o ''sviste'', frequenti nella lingua parlata, ma che nel discorso ufficiale di una divinità non sono giustificabili se non con lo stress, con la tensione dell'oratore, fattori che nel peggiore dei casi impediranno a [[w:Marco Tullio Cicerone|Cicerone]] nel 53 a.C. di pronciare l'orazione ''Pro Milone''. Tuttavia, buona parte dell'esiguo numero di frammenti avvalora la tesi che già gli antichi formularono disponendo dei testi integri: la prolissità è diffusa, e si avvicina al ''sermo cotidianus''. |
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Versione delle 20:06, 27 giu 2008
Giudizi critici latini
Conferma
L'oratore che nel libro I apre d'urgenza la seduta del concilio degli dèi, Quirino:
Due cose risultano evidenti: l'epanalessi, e quel adfuissemus che, poiché è retto da vellem, andrebbe all'infinito, cioé in adfuisse; sono errori, o sviste, frequenti nella lingua parlata, ma che nel discorso ufficiale di una divinità non sono giustificabili se non con lo stress, con la tensione dell'oratore, fattori che nel peggiore dei casi impediranno a Cicerone nel 53 a.C. di pronciare l'orazione Pro Milone. Tuttavia, buona parte dell'esiguo numero di frammenti avvalora la tesi che già gli antichi formularono disponendo dei testi integri: la prolissità è diffusa, e si avvicina al sermo cotidianus.
Ma...
È sicuro che Lucilio non padroneggi il latino meglio di Plauto, ma, per soffermarci sul sermo lucilianus, vi sono anche (rari) esempi di bella arte, intesa sia come frutto della tecnica sia come eleganza creativa. È alto lo stile dell'incipit del libro I, che vuole emulare quello della poesia filosofica:
Notevoli l'assonanza in /e/ e la consonanza in /t/ ed /r/; l'allitterazione contribuisce al parallelismo fonico: aether... et terr.... Nel libro XXII è quasi commovente l'impegno elegiaco del poeta per l'elogio funebre di un suo servo:
Nel primo verso abbiamo un intreccio di parallelismi sintattici, dati dalla successione: nome / congiunzione / aggettivo / nome / congiunzione / aggettivo / nome. L'unico verbo presente nel distico, situs, è al passivo.
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