Java/Classi e oggetti: differenze tra le versioni

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Classe ha un significato riconducibile alla parola "programma", la classe è la struttura stessa di un programma in java.
Classe ha un significato riconducibile alla parola "programma", la classe è la struttura stessa di un programma in java.


La classe ha lo scopo di delineare le proprietà e le caratteristiche degli elementi che vi fanno parte. Questi elementi possono poi essere creati realmente (''istanziati'') e diventano così “oggetti”: le istanze della classe sono gli oggetti. La classe è un po' come un progetto di qualcosa e l'oggetto è questo qualcosa realizzato concretamente. Gli elementi che compongono la classe possono essere i tipi primitivi i metodi i costruttori, oggetti di altre classi, cicli, classi stesse. Questi elementi sono tutti racchiusi in un contenitore (la classe) “class”. Vi è quindi la classe e gli oggetti: sono due cose diverse. Grazie all'esistenza delle classi possiamo creare gli oggetti. Gli oggetti sono allocati in memoria dalla JVM.
La classe ha lo scopo di delineare le proprietà e le caratteristiche degli elementi che vi fanno parte. Questi elementi possono poi essere creati realmente (''istanziati'') e diventano così “oggetti”: le istanze della classe sono gli oggetti. La classe è un po' come un progetto di qualcosa e l'oggetto è questo qualcosa realizzato concretamente. Gli elementi che compongono la classe possono essere: tipi primitivi, metodi, costruttori, oggetti di altre classi, cicli, classi stesse. Questi elementi sono tutti racchiusi in un contenitore (la classe) “class”. Vi è quindi la classe e gli oggetti: sono due cose diverse. Grazie all'esistenza delle classi possiamo creare gli oggetti. Gli oggetti sono allocati in memoria dalla JVM.


Per creare una classe devo usare la parola chiave <tt>class</tt> con questa sintassi:
Per creare una classe devo usare la parola chiave <tt>class</tt> con questa sintassi:

Versione delle 10:54, 14 ago 2008

Indice del libro

Vediamo uno dei componenti fondamentali dei programmi in java, la classe.

Classe

Una classe è contenitore, un insieme di elementi creato dal programmatore.
Classe ha un significato riconducibile alla parola "programma", la classe è la struttura stessa di un programma in java.

La classe ha lo scopo di delineare le proprietà e le caratteristiche degli elementi che vi fanno parte. Questi elementi possono poi essere creati realmente (istanziati) e diventano così “oggetti”: le istanze della classe sono gli oggetti. La classe è un po' come un progetto di qualcosa e l'oggetto è questo qualcosa realizzato concretamente. Gli elementi che compongono la classe possono essere: tipi primitivi, metodi, costruttori, oggetti di altre classi, cicli, classi stesse. Questi elementi sono tutti racchiusi in un contenitore (la classe) “class”. Vi è quindi la classe e gli oggetti: sono due cose diverse. Grazie all'esistenza delle classi possiamo creare gli oggetti. Gli oggetti sono allocati in memoria dalla JVM.

Per creare una classe devo usare la parola chiave class con questa sintassi:

public class Esempio {
/*
variabili e costanti...
metodi e costruttori...
cicli e controlli di flusso...
oggetti di classi e classi stesse...
*/
}

Si riporta l'esempio funzionante del capitolo "Primo programma" della classe HelloWorld:

public class HelloWorld {
    public static void main (String args[]) {
        System.out.println("Hello, world!");
    }
}

È convenzione che i nomi delle classi comincino con la maiuscola, ed è bene rispettare questa prassi, per la leggibilità del codice, anche se non è obbligatoria.

Interfaccia pubblica e privata della classe

Una classe è un tipo di dati astratto (TDA) scritto dal programmatore.

Esattamente come ci sono i tipi primitivi cosi ci sono i TDA del programmatore che si usano in maniera simile, tuttavia, mentre per i primitivi si parla di variabili, per i TDA si parla di oggetti. Inoltre, gli oggetti e i primitivi vengono allocati nella memoria in modalità e posizione diverse (rispettivamente nello heap e nello stack). Guardiamo come si dichiarano e inizializzano.

Per dichiarare un intero devo usare l'istruzione:

int a;

cioè devo dare un nome ad una variabile di tipo intero, quindi con "a" uso un valore intero che dovrò “inizializzare” (specificare).

Per dichiarare un oggetto devo usare invece:

NomeDellaClasse B;

cioè devo dare un nome ad un oggetto di tipo NomeDellaClasse, quindi con "B" qui uso un riferimento a un oggetto, che dovrò “inizializzare” (specificare).

Non è permesso compilare senza inizializzare gli oggetti dichiarati, si può subito dichiararli e inizializzarli poi in un secondo momento, ma bisogna comunque farlo:

int a = 10;

userò il valore 10 con il nome “a” realmente e pertanto questo sarà allocato in memoria,

Nomedellaclasse B = new Nomedellaclasse();

userò realmente la classe essendo concretizzata nel suo oggetto, con il nome “B”, pertanto questo è allocato in memoria.

Nel primo caso uso un valore, direttamente, nel secondo il riferimento ad un valore.

Il riferimento al valore è solo un indirizzo della memoria, che punta al valore reale, ma non è direttamente questo.

Le caratteristiche di base della classe sono all'interno dell'oggetto "B" e tutte le altre sono ottenibili. Adesso posso ottenere realmente ciò che questa classe consente di fare usando il nome oggetto "B" con la notazione "dot" cioè il punto "." e una chiamata ad un suo elemento, così NomeOggetto.membrodellaclasse. Ad esempio posso fare:

B.faifrase(); 

Ovvero chiamo un metodo che è scritto in Nomedellaclasse, e la JVM eseguirà realmente ciò che è scritto in questo metodo.

public class Nomedellaclasse {

    String soggetto= "egli ";
    String verbo= "fa ";
    String complemento= "qualcosa";

    public void faifrase(){
        System.out.println(soggetto + verbo + complemento);
    }
   
    public static void main(String [] Args){
    
        Nomedellaclasse B= new Nomedellaclasse();
        B.faifrase();    
// la classe Nomedellaclasse è realizzata e allocata in memoria con l'oggetto "B"
// l'oggetto "B" fa quello che la classe permette di fare con "faifrase()", nel codice è "B.faifrase()".
 
    }
}

Ottengo la scritta "egli fa qualcosa".

Ancora..., posso addirittura accedere ai singoli elementi e cambiarli:

B.soggetto= "lui ";

In questo modo

public class Nomedellaclasse {

    String soggetto= "egli ";
    String verbo= "fa ";
    String complemento= "qualcosa";

    public void faifrase(){
        System.out.println(soggetto + verbo + complemento);
    }
   
    public static void main(String [] Args){
    
        Nomedellaclasse B= new Nomedellaclasse();
        B.soggetto= "lui";   // quì, in esecuzione, cambio e modifico un membro della classe
        B.faifrase();
 
    }
}

Avrò l'output "Lui fa qualcosa".

Vi sono già migliaia di classi preconfezionate già pronte e usabili dal programmatore per la stesura del codice sorgente. Queste classi sono documentate ampiamente ed in modo ordinato dalla Sun con il nome di API nella documentazione del JDK (Java Development Kit). Il programmatore non deve far altro che usare le classi già esistenti ed adattarle ai propri scopi con modalità predefinite come l'ereditarietà.

Mediante le classi è possibile e necessario incapsulare, ereditare, polimorfizzare il codice. Incapsulamento, ereditarietà, polimorfismo, sono le modalità della programmazione orientata agli oggetti (O.O.P.) che determina la differenza rispetto ai precedenti linguaggi procedurali e strutturati, rendendola più performante in quanto diviene modulare, scalabile, riusabile. Il programmatore partendo dalle classi standard dei packages può arrivare a specificare proprie classi personali più adatte per l'uso del software previsto. Le classi esistenti sono già ottimizzate e collaudate, consentendo un risparmio di lavoro notevole, è difficile se non impossibile farne a meno, ed è anche fortemente sconsigliato. Occorre verificare e confrontare le API sempre e comunque per scegliere le classi a cui aggangiarsi per la stesura del proprio software.

Il programmatore può scrivere le classi ereditando da altre classi, nidificandole, implementando le classi astratte e interfacce. Per tutte queste pratiche e per il loro uso, vedere il capitolo sull'ereditarietà.

Queste classi (API) sono davvero numerose e per ordinarle in modo che fossero facilmente usabili sono state raggruppate in insiemi specifici, i package.

La classe può essere normale, interna, anonima, astratta, secondaria o derivata. Gli elementi all'interno della classe e la classe stessa si possono proteggere mediante i modificatori di accesso. In ogni caso non è possibile dichiarare private o pretected una classe altrimenti non potrebbe essere estesa e questo non è possibile nella O.O.P.. L'interfaccia pubblica è costituita dall'insieme dei membri e istanze pubbliche, nel nostro esempio (Nomedellaclasse) tutte le istanze sono pubbliche. Se invece di “public” vi fosse “private” allora la classe avrebbe anche un'interfaccia privata ed i membri “private” sono raggiungibili solo all'interno della classe o da classi annidate o da metodi “getter” e “setting” se presenti. Vedere il capitolo sui modificatori. Le classi si passano informazioni e dati solo tramite l'interfaccia pubblica.

Archiviare le classi

I package sono meri contenitori di classi esattamente come le directory lo sono per i files e tra l'altro vale la stessa regola: nello stesso package non vi possono essere due classi con lo stesso nome così come nella stessa directory non vi possono essere due file con lo stesso nome.

Il programmatore così come può creare sue classi così può ordinarle in suoi package. Ordinare proprie classi può servire a ritrovarle con facilità e a riusarle, vedremo poi come, con altrattanda facilità.
Il programmatore può assegnare una classe ad un suo package usando la parola chiave package seguita da un nome attribuitogli, caratterizzante l'insieme delle classi; con questa sintassi:

package nomedelpackage;

Questa istruzione deve essere la prima in assoluto del codice sorgente e inoltre il nome non deve cominciare con "java." poiché questo è riservato solo ai package standard della JDK. Il nome del package dovrebbe essere indicativo delle caratteristiche della collezione delle classi. Per archiviare la classe "HelloWorld". che abbiamo visto prima, in un package di nome "saluti" dobbiamo scrivere:

package saluti;

I package hanno un sistema di nomi strutturato.

Gli ambienti integrati di sviluppo “IDE” usano loro modalità di stoccaggio delle classi per cui occorre vedere la documentazione relativa, questi ambienti nell'automatizzare e facilitare il processo, e spesso questo è utile, purtroppo oscurano la procedura.

Compilando “a mano” la procedura diventa trasparente, più chiara, almeno per quanto riguarda la formazione di pacchetti di classi del programmatore.

I nomi del package devono avere una corrispondenza diretta nel filesystem: ad esempio, se si vuole archiviare il file helloWorld.class nella cartella “saluti” del file system, la cartella "saluti" dovrà essere presente, perchè è qui che vogliamo conservare il file insieme ad altri dello stesso argomento e crearci la nostra collezione di classi.

Dovrà esserci la directory saluti e dunque si pongono degli interrogativi: dove è montata la cartella saluti? A che livello del file System? Ricordiamoci che dopo deve essere anche ritovata e occorre sapere non solo il suo nome ma anche dov'è.

Entra in gioco un percorso parziale che comincia dalla root e si interrompe al livello superiore più vicino alla directory del package, il percorso a monte della cartella “saluti”. Questo percorso è importante se vogliamo ritrovare poi le nostre classi. Questo percorso si chiama "CLASSPATH". "CLASSPATH" è anche il nome della variabile di sistema che va settata con il valore del percorso. Del CLASSPATH ne parliamo dopo.

La JVM per riutilizzare e ritrovare le classi, pur conoscendone il nome, non sa dove sono montate. La JVM sa che la classe HelloWorld è nella cartella “saluti” ma non sa dove è questa, sà mezzo percorso, quello del package, l'ultima parte dell'indirizzo assoluto. E' necessario perciò che la prima parte dell'indirizzo deve essere già esistente sul disco fisso e ciò deve essere specificato anche al compilatore.

Ora poniamo che sia "/home/giovanni/mieclassi/", questo indirizzo lo dobbiamo specificare quando compiliamo le classi da archiviare, ed è questo il "CLASSPATH".

Si realizza con l'opzione "-d" di "javac" seguito dal CLASSPATH, in questo modo:

ripeto che l'indirizzo /home/giovanni/mieclassi/ deve già esistere realmente sul fyle system

javac -d /home/giovanni/mieclassi/ HelloWorld.java

Il compilatore leggerà nell'istruzione "package" il nome "saluti", creerà la directory e la accoderà. Automaticamente ci sarà /home/giovanni/mieclassi/saluti e lì metterà HelloWorld.class. In questo caso è il compilatore che ha creato la cartella "saluti". Non dobbiamo fare altro. Avremo archiviato la classe HelloWorld nel package saluti.

Questo indirizzo CLASSPATH dovrà essere lo stesso anche al momento della lettura delle classi, cosicchè quando compiliamo un sorgente sia archiviando le classi e sia riusandole in lettura la JVM si riferirà alla medesima locazione di storage delle classi.

Il package può avere anche più directory. Nel caso produciamo molte classi esse infatti andranno stipate in cartelle diverse ed il nome della cartella, chiaramente, indicherà il contenuto.

Con più directory cambia di poco: metteremo un punto “.” tra una directory e l'altra sul codice dopo l'istruzione package. La jvm cambierà automaticamente il punto nel carattere separatore del sistema operativo usato e la classe dovrà essere archiviata nell'ultima sottodirectory.

Facciamo, per esempio, delle classi di saluto simili ad HelloWorld, in molte lingue, per tirarle fuori al bisogno, secondo la lingua parlata dagli utenti del programma.

Faremo questi file, notare il nome del package che ora sono con una directory e e una sottodirectory separate dal punto:

package saluti.inghilterra;
public class HelloWorld {
    public void faisaluto () {
       System.out.println("Hello, world!");
   }
}

e

package saluti.francia;
public class HelloWorld {
   public void faisaluto ()  {
       System.out.println("Bonjour, monde!");
   }
}

e

package saluti.italia;
public class HelloWorld {
   public void faisaluto ()  {
       System.out.println("Ciao, mondo!");
   }
}

Se compilo ognuno di questi file con l'opzione "-d" del comando "javac", il compilatore appronterà sul disco la directory “saluti” con all'interno le cartelle “inghilterra”, “francia”, “italia”, tutte e tre queste cartelle sono allo stesso livello: sottodirectory di saluti.

Per comodità possiamo anche compilarle tutte in un colpo solo, a condizione che nella dir corrente vi sono solo questi tre file, con il comando

 javac -d /home/giovanni/mieclassi/ *.java

Grazie al segno "*" asterisco, tutte e tre Le classi Helloworld saranno compilate e stoccate nei rispettivi packages.

Non cambia niente per la prima parte dell'indirizzo, il classpath, di cui parlavamo sopra che rimane invariato.

Un'altra cartella ancora.

Se archivio con un package così “packages saluti.italia.dialetto” allora ci sarà la cartella dialetto come sottodirectory della cartella italia. All'interno di dialetto dovranno esserci i file corrispondenti dei saluti italiani in dialetto, ognuno con un diverso nome. I file, anche se con nomi uguali “Helloworld.class”, sono stati messi, comunque, in directory separate e i file dal nome diverso nella medesima directory. Tutti sono comunque individuabili e riprendibili.

L' istruzione

package nomedelpackage;

è facoltativa, è possibile non metterla: se queste non c'è, il compilatore inserisce la classe in un package di default.

I files del package di default saranno inseriti dalla JVM nella radice del percorso del CLASSPATH: da questo stesso posto verranno lette le classi automaticamente dalla JVM.

Vediamo come riusare le nostre classi.

Importare le classi

Per riutilizzare le classi stoccate in precedenza è necessario ma solo per i package personali come quelli che abbiamo fatto sopra usare la variabile di sistema CLASSPATH.

La JVM per i package standard di java, ovvero le API del linguaggio java, è già a posto , se li trova automaticamente da sola, in quanto generalmente l'installazione del jDK, fatta normanlmente, include il percorso automaticamente. Quindi questo è valido per le installazioni tipiche. E' possibile per installazioni personalizzate inserire classpath anche per le API standard se queste fossero in directory scelte da noi.

Il Classpath serve, per dirgli dove sono solo i nostri package.

Per esempio i file archiviati Helloworld sono in /home/giovanni/mieclassi/ .

Per usare le classi dei package bisogna scrivere la parola chiave import.

Precisamente

import nomedelpackage;

Questa istruzione va inserita dopo "package", se presente (perchè è opzionale), e prima di "class".

Vogliamo riusare le classi che abbiamo già fatto. Per farlo dobbiamo dire all'interprete dove sono le classi e in contemporanea quali sono. Dove e quali...

Se volessimo richiamare le nostre classi, prima archiviate, dovremo scrivere nel codice

import saluti.inghilterra.*;

dove "saluti.inghilterra" stanno ad indicare la directory e sottodirectory e l'asterisco i nomi dei file (asterisco = vogliamo tutti i file). L'interprete inserirà, prima della directory "saluti", il percorso del classpath e così troverà lindirizzo assoluto delle classi archiviate, vedrà anche l'asterisco e quindi ad ogni chiamata andrà a prendere il file corrispondente. Se non mettessimo l'asterisco dovremo mettere il nome preciso del file.class. Invece e quasi sempre, abbiamo bisogno di riusare molte classi e perciò è comodo l'asterisco.

Faremo questo codice per i saluti in inglese:

   import saluti.inghilterra.*;

class Test{
   public static void main(String [] args){

         HelloWorld inglese = new HelloWorld();
         inglese.faisaluto();

}
}

Lo compileremo a riga di comando così:

javac -classpath /home/giovanni/mieclassi/ Test.java

Lo eseguiremo a riga di comando così:

java -classpath ./:/home/giovanni/mieclassi/ Test

Ed otteremo l'output:

Hello, world!

Attenzione tra il primo classpath e il secondo c'è una differenza ed è il "." punto.

Il classpath si può settare anche nelle variabili utente del sistema operativo e in questo modo non siamo più costretti a digitare un interminabile comando con opzioni strane con il rischio di sbagliare, ma basta solo un " "java"o un "javac".

Per windows: Pannello di Controllo - Sistema - Avanzate - Variabili d'ambiente - Variabili utente. Ad esempio:

.;C:\Java\mieclassi

Per linux da shell: ad esempio

export CLASSPATH= ./:/home/giovanni/mieclassi

Attenzione: nel capitolo installazione abbiamo parlato della variabile PATH che quì non c'entra niente, sono due cose molto diverse, alcuni le confondono. La variabile PATH fa riferimento agli eseguibili java come i programmi java, javac, jar, ed altri, mentre la CLASSPATH punta alle classi.

Attenzione si ripete che è importante il "." punto nel classpath che rimanda ai file presenti nella dir corrente: questo è importante se vogliamo eseguire (comando "java") i file. class che abbiamo compilato (comando "javac") o che sono comunque presenti in questa stessa dir . Se lo omettiamo potremmo non poter eseguire i programmi: la JVM non trova i file.class nella dir corrente perchè li cerca altrove.

Spessissimo, avremo bisogno di accedere alle classi contenute nei packages del JDK. Nel JDK la sun fornisce una copiosa quantità di packages disponibili all'uso.

Alcuni package di base delle librerie standard java :

  • java.lang è il package che contiene le classi di base del linguaggio
  • java.util raccoglie classi d’utilità generale
  • java.io contiene le classi per programmare l’input-output
  • java.awt contiene classi per programmare interfacce grafiche
  • java.net contiene classi per programmare connessioni
  • java.applet contiene classi per programmare applet