Chimica organica/Principi di Cinetica Chimica: differenze tra le versioni

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Versione delle 13:32, 19 set 2008

La termodinamica chimica da preziose informazioni circa il rapporto tra concentrazione dei prodotti e dei reagenti una volta che la reazione che stiamo osservando sia giunta all'equilibrio. Ma quanto impiega tale reazione a giungere all'equilibrio? Con quale meccanismo? A queste domanda risponde la branca della chimica fisica della cinetica chimica.

La velocità di reazione

Per capire in modo chiaro che cosa si intenda per velocità di una reazione, è possibile prenderla alla larga, definendo innanzitutto cosa si intenda per velocità media di un corpo nello spazio. La velocità media con la quale un corpo si muove nello spazio durante un intervallo di tempo Δt, è definita come Δs/Δt, ovvero il rapporto tra la distanza percorsa e il tempo necessario a coprire tale distanza. Col termine semplice di "velocità" si intende la velocità istantanea del corpo, pari a v=ds/dt, ovvero la derivata dello spazio in funzione del tempo.

In parallelo a tali definizioni per velocità di una reazione si intende la velocità istantanea con la quale una reazione porta al calo della concentrazione dei reagenti o all'aumento della concentrazione dei prodotti. Questa definizione, seppur intuitivamente facile da capire, in realtà non è molto rigorosa, perchè non chiariscce il modo in cui la stechiometria della reazione debba essere considerata.

Prendiamo infatti la generica reazione chimica

Durante tale reazione la scomparsa di una molecola del composto A si accompagna alla scomparsa di n molecole di B. La domanda che sorge spontanea è: la velocità della reazione è pari al tasso di scomparsa di A nel tempo, oppure al tasso di scomparsa di di B, che è n volte più veloce?

Per risolvere questa ambiguità si introduce il così detto "grado di avanzamento" della reazione, ξ, e si pone

Ecco dunque che la velocità di una reazione chimica si può definire in modo rigoroso e non più ambiguo come il tasso di variazione nel tempo del suo grado di avanzamento. In questo modo si può valutare misurando la concentrazione di uno qualunque dei reagenti (considerata per convenzione col segno negativo) o dei prodotti (per convenzione col segno positivo), ottenendo sempre uno stesso valore. Poichè la velocità di reazione misura una modifica della concentrazione di una specie nel tempo, non stupisce che la sua unità di misura sia M s-1, moli su secondi.

La maggior parte delle reazioni chimiche che vengono studiate in chimica organica non portano in un unico passaggio dai reagenti ai prodotti, ma avvengono attraverso una serie di reazioni, che cumulativamente costituiscono il così detto meccanismo di reazione.

La legge cinetica

Molto spesso il meccanismo di una reazione fa sì che la sua velocità risulti essere proporzionale alla concentrazione dei reagenti, ciascuna elevata ad una potenza (spesso un numero intero positivo, ma può essere anche un numero negativo, nullo o frazionario). Questa osservazione, di tipo strettamente empirico, è riassunta dalla legge cinetica della reazione, una equazione che, per l'esempio proposto sopra, ha la forma

Le caratteristiche minime che è indispensabile ricordare di questa equazione sono:

  • Gli esponenti a e b sono detti ordini di reazione. La relazione tra v e la concentrazione di A si dice dunque di ordine a.
  • L'ordine complessivo della reazione è la somma degli ordini relativi ai vari reagenti.
  • Non esiste nessun nesso, se non puramente casuale, tra gli ordini della reazione e la sua stechiometria
  • Il coefficiente K, caratteristico della reazione in esame, prende il nome di costante cinetica e risulta indipendente dalla concentrazione di prodotti e reagenti, ma dipendente dalla temperatura alla quale avviene la reazione.

Le legge cinetica di una reazione, essendo dovuta al meccanismo della reazione, da preziose informazioni su di esso. Ecco perchè grossi sforzi sono dedicati dai ricercatori alla determinazione sperimentale della costante cinetica e degli ordini di reazione relativi ai vari reagenti coinvolti.

La determinazione sperimentale degli ordini di reazione

Per determinare gli ordini di reazione di una legge cinecica è necessario introdurre una variazione nella concentrazione delle specie coinvolte e notare come essa incida sulla velocità della reazione. Il problema è che in una reazione nella quale reagiscano due molecole, alla variazione di concentrazione dell'una si accompagna la variazione di concentrazione dell'altra. Per risolvere questo problema è possibile seguire tre tecniche sperimentali, note come il metodo dell'isolamento, il metodo delle velocità iniziali e l'integrazione dell'equazione del primo ordine. Per brevità vedremo qui in cosa consista solo il primo di questi tre metodi.

Il metodo dell'isolamento prevede che tutti i reagenti tranne uno siano messi nell'ambiente di reazione in fortissimo eccesso. In questo modo la reazione non è in grado di variare la loro concentrazione in modo apprezzabile. Nella legge cinetica tale concentrazione diviene pari ad una costante e permette di calcolre in modo agevole l'ordine di reazione dell'unica specie non presente in eccesso.

La determinazione sperimentale della costante di velocità e l'energia di attivazione

La determinazione sperimentale della costante di velocità delle reazioni è stato un argomento caldo del mondo della chimica per un bel pò, dal 1850 al 1910. Particolarmente difficile si è rivelata la determinazione della dipendenza della costante di velocità dalla temperatura, tanto che uno degli studiosi più in vista arrivò a dire che "la dipendenza dalla temperatura è uno dei capitoli più bui della meccanica chimica". Per un resoconto sulle diverse teorie che sono ... avere informazioni di carattere su questo argomento consiglio la lettura dell'articolo di Laidler citato negli approfondimenti.

Oggi è comunemente acccettata la relazione proposta da Arrhenius

nota come equazione di Arrhenius in cui viene detto fattore pre-esponenziale, è la così detta 'energia di attivazione della reazione e è la costante universale dei gas. Il fatto che nell'equazione compaia una costante dei gas fa intuire come il modello dal quale essa è scaturita fosse stato messo a punto per reazioni che avvengono allo stato gassoso.

Tale modello, chiamato teoria degli urti, si basa sull'idea che due molecole possono reagire tra loro solo se si trovano vicine l'una all'altra, condizione che si verifica in occasione di un urto. Non tutti gli urti portano alla reazione, ma solo quelli che possiedono determinati requisiti. Tra questi è che le molecole che urtano devono possedere una energia cinetica sufficiente a superare una sorta di sbarramento rappresentato dalla energia di attivazione.

La teoria degli urti è stata superata dal modello dello stato di transizione, più raffinato da diversi punti di vista, uno dei quali è l'essere adatto anche alle reazioni che avvengono in soluzione. Secondo tale modello la trasformazione dei reagenti in prodotti avviene attraverso una progressiva formazione e scissione di legami chimici. Questa condizione intermedia, indicata con il termine di complesso attivato, è caratterizzata da una energia potenziale molto elevata, sicuramente superiore sia a quella dei reagenti che a quella dei prodotti. Immaginando una reazione chimica come il tragitto di un ciclista, le energie potenziali dei reagenti e dei prodotti sarebbero due valli e l'energia potenziale del complesso attivato una catena montuosa frapposta a tali valli. Tra tutte le condizioni intermedie tra reagenti e prodotti ne esiste una, chiamata stato di transizione, dall'energia potenziale inferiore rispetto alle altre, l'enegia di attivazione. Per continuare il paragone con il tragitto del ciclista, lo stato di transizione può essere equiparato ad un valico.

Il meccanismo di reazione

Esempio diagramma di energia Esempio di diagramma di energia potenziale per una reazione a due stadi
diagramma di energia
diagramma di energia
Esempio di diagramma di energia potenziale per una reazione a due stadi
Esempio di diagramma di energia potenziale per una reazione a due stadi

Per rappresentare il meccanismo di una reazione chimica secondo il modello dello stato di transizione risultano convenienti i così detti diagrammi di energia. Sulle loro ascisse è rappresentata la coordinata di reazione, una qualunque grandezza che sia comodo seguire per comprendere lo stato di avanzamento della reazione. Sulle ordinate è riportata l'energia potenziale delle molecole in ciascuna fase della reazione. I reagenti, a sinistra, e i prodotti, a destra, risultano dunque collegati da una linea che rappresenta il profilo energetico della reazione. In tale profilo lo stato di transizione rappresenta il dosso centrale. E' implicito in quanto detto fino ad ora, ma bene sottolineare, che tale dosso caratterizza tanto le reazioni endotermiche quanto le esotermiche. Tutte le reazioni, dunque, necessitano di energia per poter avviarsi, indipendentemente dalla stabilità di prodotti e reagenti, cioè della costante di equilibrio della reazione .

Comprendere le caratteristiche del complesso attivato nel momento in cui passa dallo stato di transizione risulta molto importante perchè dalla sua energia dipende la velocità della reazione. Il complesso attivato tuttavia non è isolabile, a causa della propria instabilità. Ecco perchè le sue caratteristiche sono ricavate indirettamente dall'osservazione di reagenti e prodotti, sfruttando il postulato di Hammond. Questo stabilisce che:

« se due stati, ad esempio uno stato di transizione e un intermedio inastabile, si susseguono nel corso di una reazione e sono energeticamente simili, la loro interconverasione comporta una lieve riorganizzazione della struttura molecolare. »
(postulato di Hammond)

Tradotto in soldoni il postulato di Hammond dice che la struttura di uno stato di transizione assomiglia a quella della specie che gli è più vicina in energia. In una reazione endotermica, quindi, lo stato di transizione assomiglia ai prodotti, in una esotermica assomiglia ai reagenti. Un esempio per fissare questo concetto: nel diagramma di reazione in alto a sinistra, la reazione 1 porta a prodotti più stabili rispetto alla 2. Poichè entrambe sono endotermiche, il loro stato di transizione "assomiglia" ai prodotti. La reazione 1 è quindi caratterizzata da uno stato di transizione a minore energia e dunque avviene più velocemente.

Una reazione chimica può essere a più stadi quando la formazione dei prodotti finali a partire dai reagenti avviene attraverso la formazione di intermedi. Ciascuno stadio è caratterizzato da un complesso attivato. Ciascuno degli intermedi, per quanto reattivo, è una specie isolabile. Nel diagramma di energia si colloca cioè in un minimo di energia. Un esempio è dato dal diagramma energetico per la reazione bistadio a destra, che verrà descritta in dettaglio a tempo debito. I carbocationi che si formano al termine dello stadio 1, molto reattivi, sono potenzialmente isolabili, poiché caratterizzati da un minimo energetico.

Rappresentare lo spostamento di elettroni (Sezione da spostare, prima o poi, in un capitolo opportuno

File:Homo-hetero-lytic-bond.jpg

Una reazione consiste nella formazione o nella rottura di legami chimici, legami che, come abbiamo visto nel primo capitolo, comportano la compartecipazione di elettroni tra più atomi. Per rappresentare una reazione è perciò conveniente mostrare quali elettroni si spostino e il punto di partenza e di arrivo di tale spostamento. Nelle prime due righe dello schema a destra sono mostrate la formazione e la rottura omolitica del legame tra gli atomi A e B. Queste consistono rispettivamente nella messa in compartecipazione o sottrazione da parte di A e B di un elettrone ciascuno. Per mostrare che a spostarsi è solo un elettrone si usa la freccia a singola punta. Nella terza riga è mostrata una scissione eterolitica del legame tra A e B, cioè nella sottrazione dell'intera coppia di elettroni da parte di un solo nucleo. Per rappresentare lo spostamento di una coppia di elettroni si usa la freccia a due punte.

Approfondimenti

Storia della scoperta di alcune caratteristiche descritte in questo capitolo
K.J. Laidler. The Development of the Arrhenius Equation. Journal of Chemical Education, 61(6), 494-98 (1984)