Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 3: differenze tra le versioni

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 52: Riga 52:


Poi c'era il discorso degli IFF: gli Inglesi ne avevano un tipo che rispondeva all'interrogazione fatta da un radar, ogni volta che veniva inquadrato dal radar rispondeva con un segnale in codice; i Tedeschi avevano invece un Fu.Ge.25 che emetteva, in maniera senz'altro meno discreta, continuamente segnali di riconoscimento in codice, trasmessi via radio. Questo apparato era presente anche nei Bf-109 ceduti agli Italiani, ma non venne spiegato a che serviva. Un IFF inglese venne invece analizzato da un aereo abbattuto, ma a Guidonia impiegarono un anno a capire di che si trattava (non avendo idea di quello che era un sistema radar di difesa aerea, il riconoscimento di aerei 'amici' era ancor meno immaginabile), e per quando riuscirono a capirlo e a costruire un prototipo IFF, la guerra era bell'e persa. Alla fine l'Italia aveva i fondamentali per i vari compiti della guerra elettronica; ma non fece in tempo a metterli in servizio che la guerra finì. Se si considera che la Gran Bretagna aveva IFF, radar e VHF da anni, tale ritardo si dimostrò di importanza capitale. Gli Italiani nel corso del conflitto riuscirono solo ad allestire centri di ascolto e di disturbo radio-radar; troppo poco per prendere l'iniziativa in guerra.
Poi c'era il discorso degli IFF: gli Inglesi ne avevano un tipo che rispondeva all'interrogazione fatta da un radar, ogni volta che veniva inquadrato dal radar rispondeva con un segnale in codice; i Tedeschi avevano invece un Fu.Ge.25 che emetteva, in maniera senz'altro meno discreta, continuamente segnali di riconoscimento in codice, trasmessi via radio. Questo apparato era presente anche nei Bf-109 ceduti agli Italiani, ma non venne spiegato a che serviva. Un IFF inglese venne invece analizzato da un aereo abbattuto, ma a Guidonia impiegarono un anno a capire di che si trattava (non avendo idea di quello che era un sistema radar di difesa aerea, il riconoscimento di aerei 'amici' era ancor meno immaginabile), e per quando riuscirono a capirlo e a costruire un prototipo IFF, la guerra era bell'e persa. Alla fine l'Italia aveva i fondamentali per i vari compiti della guerra elettronica; ma non fece in tempo a metterli in servizio che la guerra finì. Se si considera che la Gran Bretagna aveva IFF, radar e VHF da anni, tale ritardo si dimostrò di importanza capitale. Gli Italiani nel corso del conflitto riuscirono solo ad allestire centri di ascolto e di disturbo radio-radar; troppo poco per prendere l'iniziativa in guerra.



Quanto alle applicazioni pratiche della tecnologia radar, quelle su navi furono le più importanti. Il radar E.C.3 ter 'Gufo' era costituito da due antenne a tromba, una per l'emissione e l'altra per la ricezione. Il prototipo apparve nel novembre del '42 sulla LITTORIO, ma in precedenza c'era stato, sempre sul suo torrione, un radar prototipico, l'E.C.2 bis, con funzionamento sperimentale. Inizialmente molti radar non avevano antenne rotanti, ma più apparati di emissione che coprivano ciascuno un certo settore, per esempio 4 sensori a 90 gradi l'uno dall'altro. Il brandeggio dell'antenna rappresentava un'ovvio miglioramento, a patto che si trovasse un posto dove metterlo che avesse sufficiente visuale. Il 'Gufo' ebbe per l'appunto il motore di rotazione. Le prestazioni erano di almeno 80 km contro bersagli aerei e 15 contro navi, il che era apparentemente più che valido. Ma di fatto, pur sembrando simile al Fu.MO 21 tedesco, le frequenti avarie lo rendevano alquanto inaffibabile, e con la nave in velocità e-o forte vento, accadeva che il motore elettrico non fosse abbastanza potente da far girare l'antenna. Altri tipi erano in studio, ma non vennero adottati.

Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.

Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41<ref>Brescia M. ''Radar navali 1939-45'', Storia militare aprile 2005</ref>.





Versione delle 21:41, 17 ott 2008

Indice del libro

Armi avanzate[1]

Non c'era moltissimo da dire, ma anzitutto notiamo l' S.79 ARP, aereo che significava in concreto l'uso di un S.79 radioguidato, con due bombe da 1000 kg, comandato da un altro velivolo, un Z.1007 dalle migliori prestazioni. Doveva attaccare le portaerei inglesi e affidarsi sia al telecomando che all'avanzato autopilota messo a punto qualche anno prima su di un S.81. Ma durante la missione (12 agosto 1942) si guastò il ricevitore radio e l'aereo, che era già stato abbandonato dal pilota dopo il decollo, si schiantò sulle montagne del Nord Africa, dando solo la soddisfazione di avere dimostrato, dal cratere lasciato, l'effetto potenziale contro unità navali. Non sarebbe certo stato facile ottenere un attacco pieno contro bersagli in movimento, che sparavano e che con i loro radar e radio avrebbero potuto disturbare il comando radio. In ogni caso usare un bombardiere 'pieno' era davvero eccessivo. Meglio un velivolo ad hoc, e così l'Aeronautica Lombarda, sotto la direzione di Stefanutti, realizzerà l'AR.4. (Assalto Radioguidato).

Quest'apparecchio era basato su di una cellula molto semplice, con un motore A.80 di seconda mano, proveniente da un BR.20. Esso era concepito come vettore economico per portare in aria un paio di bombe da 1000 kg, dopo che il pilota lo faceva decollare e abbandonava il velivolo, esso sarebbe stato radioguidato da un altro apparecchio. Il prototipo MM75576 volò a Varese il 13 giugno 1943, il primo apparecchio di serie nell'agosto. Erano previste anche versioni in configurazione 'Mistel' con un Macchi 202, ma tutto il programma, pur interessante, non ebbe alcun esito pratico. Stefanutti non ebbe ancora una volta nessuna fortuna.

  • Dimensioni: lunghezza 14 m, apertura alare 17 m, superficie alare 38 mq, altezza 3,4 m.
  • Pesi: 3.600-6.000 kg
  • Prestazioni: 360 kmh a 4.100 m.

Durante lo sbarco in Sicilia non venne utilizzato alcun altro apparecchio AR, ma per contrastare lo sbarco a Salerno erano stati approntati altri 3 S.79AR e i 2 AR.4 disponibili, stavolta usando due MC.202 come velivoli per la radio-guida, più veloci degli Z.1007. Ma proprio quando potevano essere usati arrivò l'Armistizio.


Quanto alle motobombe F.F.F. (dai cognomi dei progettisti Freri, Fiore, Filpa), esse erano state presentate già nel 1935 come ingegnosa variazione dei siluri: armi da 360 kg, sganciabili tra i 4 e i 5 mila metri con paracadute che si apriva a 130 m di quota. Poi, a circa un metro di profondità, cominciava a fare movimenti 'elicoidali' per almeno 30 minuti a 15-20 kmh. Dopo 50 minuti si autodistruggeva. Aveva 90 kg di esplosivo, poi aumentati a 120, un motore da 3,5 hp e batterie a secco.

Il costo dell'arma non era marginale, dopotutto si trattava di un siluro a 'lenta combustione' o di una mina semovente a seconda di come si valutava. Era indicata per attaccare i porti, coprendo lo specchio d'acqua con il loro turbinare. Gli Italiani ne ordinarono solo 500. Erano armi non particolarmente ben comprese, insomma, mentre i Tedeschi, più aperti alle innovazioni, ne furono impressionati e ne ordinarono ben 2.000, dovendo impegnarsi a ripianare le materie prime usate per la costruzione.

Le F.F.F. vennero usate, in serie progressivamente migliorate, anzitutto dagli S.M.82, che attaccarono Gibilterra già il 5 giugno 1941 con 6 F.F.F. l'uno, poi ancora un'altra incursione avvenne l'11 e 3 motobombe, appese ai paracadute, finirono sugli abitati spagnoli vicini: una esplose facendo vittime, le altre vennero recuperate dagli Spagnoli. Altre missioni il 13 luglio, sempre di notte, con l'affondamento di una nave inglese. Il 14 giugno c'era stata un'azione contro Alessandria d'Egitto. Ma fu la battaglia di Mezz'agosto 1942 che le vide in azione contro bersagli in mare,con 8 S.M.84 che lanciarono davanti alle navi inglesi, che tuttavia videro quello che stava succedendo e manovrarono per evitarle, mentre due SM.84 vennero abbattuti.

I Tedeschi usarono in massa le loro FFF, cominciando con 72 ordigni contro Tripoli, il 19-20 marzo 1943, altre 32 il 26-27, poi 70 il 13-14 aprile, 33 su Bona il 15-16 aprile. I risultati furono positivi contro navi che erano raggruppate in massa nelle rade, senza reti parasiluri. Furono usate anche in altre circostanze, forse anche in Normandia, ma sopratutto contro Bari il 2 dicembre 1943, quando 105 aerei Ju-88 usarono le F.F.F. (e altre bombe, presumibilmente), per distruggere le 30 navi all'ormeggio e ne affondarono ben 17, inclusa una che aveva a bordo bombe con la mortale Yprite.


Altre bombe furono le torpedini oscillanti Freri, che oscillava tra i tre e i sette metri dopo lo sgancio da aerei. Non ebbe successo.

La bomba 500 OR era un'ordigno da 500 kg con un detonatore regolato da un orologio, fino a 72 ore dopo lo sgancio. Praticamente era una mina, sopratutto pensata per rendere inagibili i porti. Se cadeva a terra, i suoi 4 detonatori ad impatto la facevano subito esplodere. Era un'ordigno efficace, ma costava e solo raramente venne usato contro Malta e Alessandria.

Altri ordigni erano la bomba a collisione, del gen. Gaetano Crocco, già autore di un ordigno alato del 1917, che veniva sganciato da dirigibili per poi picchiare dopo un tempo prestabilito sull'obiettivo. La nuova bomba era simile e pensata per i bombardieri a tuffo, ma dei dodici esemplari solo 2 vennero testati da Ba.65. Il progetto venne elaborato nel 1938.

Nel '43 invece venne elaborata la 'Bomba Mulinacci', un tecnico della SIAI-Marchetti. Era una specie di V-1, solo che aveva lo scopo di portare, con due piccoli motori (il Mulinacci era esperto di aeromodellismo), e un giroscopio, un proiettile da 210 mm, a 300 kmh e 150 km di distanza. Lanciabile da una catapulta avrebbe volato fin dove sarebbe stato necessario per poi cadere sull'obiettivo. Ne venne approntato un esemplare mai testato e altri 14 vennero ordinati, ma non si sa se consegnati, per il costo di 500.000 lire. Non ebbe seguito, costava poco ma era ben lungi dall'essere un sistema soddisfacente.

Poi parliamo di Idrobomba, idrosiluro, aerosiluro Zapelloni. Erano state pensate per attaccare navi. L'Idrobomba era in sostanza un'ordigno che spiattellava sull'acqua, per colpire le navi sui fianchi, ma non venne realizzata. Sperimentata dal 1936 la bomba slittante di Zapelloni, praticamente una bomba a rimbalzo agganciata ad un aliante con uno scandaglio per fargli assumere un angolo idoneo al momento dell'impatto sull'acqua. Non ebbe successo. Poi si pensò di agganciarci un siluro, da lanciare fino da 20 km e 2000 m di quota. Pare che funzionasse, anche se senza autoguida non si sarebbe potuto certo colpire qualcosa in movimento, ma essendo stata provata nel giugno del '43, l'ordine per 300 esemplari non venne mai concretizzato.

Quanto ai siluri, quello radiocomandato era un tipo pensato dagli ufficiali Rinaldi e Freri. Era una vecchia idea, tanto che nel lago di Bracciano, già nel 1932, venne sperimentato questo ordigno. Inizialmente il ricevitore era all'interno del siluro, poi venne, per ragioni di migliore ricezione del segnale, sistemato in una boa galleggiante che restava in superficie. Una sostanza fluorescente verde consentiva di seguire il siluro di giorno, e un faretto per l'uso notturno. I risultati, dopo una lunga messa a punto, vennero testati a Pola, inizio del '42, quando 3 S.79 usarono altrettanti siluri per attaccare con successo una nave bersaglio. Il lancio poteva avvenire da 400 m e 4-5 km di prua alla nave, con un siluro con paracadute speciale anche da 1000 m (sperimentato da un P.108).

Ma nonostante che già nel novembre del '42 venissero mandati gli S.79 con i siluri in Sardegna, non vi fu utilizzo di queste armi, malgrado l'abbondanza di bersagli Alleati. In seguito all'armistizio, a questi siluri rimasero interessati i Tedeschi, l'ANR e gli Alleati. I primi richiesero 10 siluri A/170. Al di là dell'efficacia teorica, bisogna dire che comunque questi siluri non erano nondimeno del tutto ideali per un impiego pratico. C'erano vari punti deboli. Uno era quello del comando radio: era sempre possibile disturbarlo, se il nemico fosse allertato sulla minaccia. Poi c'era il problema di controllare il siluro, che non era autoguidato come molti progetti oramai approntati: questo significava restare nel raggio di qualche km per diversi minuti tra lancio e guida, il tutto entro il raggio dei cannoni da 102 e 127 mm, se non delle mitragliere da 40 mm Bofors, armi oramai sempre più spesso a controllo radar. Se si considera che anche le bombe Hs.293 e Fritz-X avevano lo stesso inconveniente pur consentendo di attaccare in molto meno tempo, da distanze e-o quote maggiori, ci si può fare l'idea di come una flotta con capacità di reazione contraerea, e magari con copertura di caccia, avrebbe costituito un problema non indifferente per usare questi ordigni: molto meglio allora le bombe F.F.F. che si 'autoguidavano' e lasciavano indipendente il velivolo dopo lo sgancio.

Infine i missili: Lembo riporta questo fatto, aneddotico ma significativo della difficoltà di far accettare le 'nuove idee': un tecnico tedesco, nel 1932, scappando dalla Germania in cui l'odio per gli Ebrei era già molto alto (e lui era israelita), lavorò con una ditta italiana alla realizzazione di razzi da guerra. Gli esperimenti furono soddisfacenti, specie per la gittata. Ma quando si trattò di presentare l'arma ai vertici militari italiani, il razzo ebbe un guasto e cominciò a girare vorticosamente sulle teste degli ufficiali con un movimento a spirale, e questi dovettero buttarsi in acqua per sottrarsi al pericolo. Inutile dire che l'avveniristico esperimento pose fine all'interesse per i razzi bellici da parte italiana.

Radar ed elettronica[2]

La Regia Aeronautica, dopo un periodo in cui era stata attenta ai temi 'elettronici' decadde largamente nel settore, cominciando a perdere 'colpi' in un settore che divenne poi estremamente importante.

Paradossalmente, Marconi, emigrando in Gran Bretagna, fondò una società molto importante, la Marconi Wireless Telegraph Co.Ltd a Londra, che poi sarebbe stata molto attiva nel settore dei radar. Nondimeno, pochi caccia italiani avevano a bordo, all'inizio della guerra, dei ricevitori radio, gli A.R.C 1 che non consentivano trasmissione attiva; la maggioranza, ma non tutti, dei trimotori avevano stazione rice-trasmittente e radiogoniometro. Nel 1935 Marconi, che aveva notato da 13 anni prima che i segnali radio rimbalzavano su di un ostacolo, convocò esperti militari italiani per farli assistere, in una località chiamata Acquafredda, al funzionamento del suo radio-telemetro. Nel '36 quest'invenzione venne valorizzata dando alla Marina l'incarico di sviluppare un R.D.T. Radio Detector Telemetro, sotto la supervisione del prof. Ugo Tiberio. Il radar era visto come mezzo per telemetrare e scoprire navi, non tanto quindi per la difesa aerea; nel 1939 venne realizzato il primo vero radar italiano, può stupire se si pensa che questo avvenne prima dell'inizio della guerra, ma passò del tempo per farne un uso effettivo: la lunghezza d'onda era di 150 cm, e solo nel 1940 apparve l'EC.3Bis con lunghezza d'onda di 72 cm, e infine l'EC.3Ter da 60 cm, per le navi, chiamato anche Gufo. Solo alla fine del 1941 venne iniziato lo studio di un radar per la difesa aerea a Guidonia, per la difesa territoriale. Alla fine del 1942 un prototipo, chiamato ARGO, venne messo a sorveglianza dell'aeroporto di Pratica di Mare, catturato dai Tedeschi nel settembre del '43.

Dopo che un radar tedesco Wurzburg D consentì l'abbattimento di due ricognitori britannici (era impiegato dalla 7a compagnia tedesca) in Nord Africa, l'interesse da parte dei piloti per questi apparati aumentò notevolmente. L'inizio delle operazioni di questo marchingegno era stato visto con scetticismo, ma certo che é strano come due anni di guerra non avessero ancora fatto intuire l'importanza di un sistema di avvistamento anticipato come quello che consentiva il radar. E quel 14 maggio 1942, dopo un mese di operazioni senza risultati positivi, quel radar dimostrava quanto già dal 1940 gli inglesi sulla Gran Bretagna e a Malta avevano già ampiamente dimostrato. Il primo radar di scoperta aerea per gli Italiani fu un FREYA ceduto il 1 luglio 1942 dai Tedeschi a Bengasi, in seguito trasportato in Sicilia.

Nel fratte, per contrastare le difese di Malta vennero istituiti centri speciali per intercettare il traffico e per disturbarlo, incluso il radiofaro maltese. I Centri di Disturbo e quelli di Radio-intercettazione vennero installati in Sicilia e a Pantelleria, che però intercettarono solo le radio HF; nel maggio del '42 gli inglesi passarono alle VHF, e per il momento il sistema di informazioni italiano andò in crisi. Usando un ricevitore ideato da un certo Filippa, inventore di Alessandria (che nel 1940 aveva già presentato l'apparecchio, rifiutato per l'eccessiva difficoltà di fabbricazione), e sopratutto i ricevitori VHF di aerei inglesi abbattuti, si continuò il lavoro di intercettazione fino al 10 luglio 1943.

Dopo Matapan, si cominciò a pensare anche a sistemi di disturbo radar, che portarono a sistemi capaci di disturbare onde tra 40 cm e 12 m di lunghezza. Prima erano solo intercettatori, poi divennero anche disturbatori, in servizio dai primi mesi del 1942. Vennero usati in Egeo, Sicilia (con obiettivo Malta, operando da alte colline), e Tirreno. In seguito arrivò un disturbatore che al posto del sistema a 'superreazione' usava un apparato supereterodina monocamandato, usato per disturbare sopratutto i radar dei bombardieri Alleati. Uno era a Ischia, dove funzionò fino all'8 settembre 1943. Disturbare i radar era chiaramente più semplice che costruirli, ma servivano anche questi sistemi e con l'aiuto dei Tedeschi venne pensato un programma per 50 apparati Folaga, 200 Vespa, 100 sistemi tedeschi e 1000 IFF Fu.25, nonché 300 sistemi di disturbo radar. Ma era già il 21 luglio 1943, troppo tardi per essere concretizzato. Degli 85 radar usati sull'Italia 84 erano Tedeschi, e solo con la RSI fu possibile organizzare una difesa aerea degna di questo nome contro i bombardieri Alleati.

Quanto ai radar di bordo, venne pensato solo nel 1943 a Guidonia ad un nuovo radar, l'RTD Arghetto o Vespa, 300 mhz (1 metro di lunghezza d'onda) con antenne tipo Yagi una ricevente e una trasmittente, nelle estremità alari. Venen sperimentato su di un S.79 e un Z.1018, e si ritenne che questo apparato di ricerca dovesse essere messo in produzione; il LEPRE RTD 8 era invece un radar da intercettazione, mai messo a punto.

Poi c'era il discorso degli IFF: gli Inglesi ne avevano un tipo che rispondeva all'interrogazione fatta da un radar, ogni volta che veniva inquadrato dal radar rispondeva con un segnale in codice; i Tedeschi avevano invece un Fu.Ge.25 che emetteva, in maniera senz'altro meno discreta, continuamente segnali di riconoscimento in codice, trasmessi via radio. Questo apparato era presente anche nei Bf-109 ceduti agli Italiani, ma non venne spiegato a che serviva. Un IFF inglese venne invece analizzato da un aereo abbattuto, ma a Guidonia impiegarono un anno a capire di che si trattava (non avendo idea di quello che era un sistema radar di difesa aerea, il riconoscimento di aerei 'amici' era ancor meno immaginabile), e per quando riuscirono a capirlo e a costruire un prototipo IFF, la guerra era bell'e persa. Alla fine l'Italia aveva i fondamentali per i vari compiti della guerra elettronica; ma non fece in tempo a metterli in servizio che la guerra finì. Se si considera che la Gran Bretagna aveva IFF, radar e VHF da anni, tale ritardo si dimostrò di importanza capitale. Gli Italiani nel corso del conflitto riuscirono solo ad allestire centri di ascolto e di disturbo radio-radar; troppo poco per prendere l'iniziativa in guerra.


Quanto alle applicazioni pratiche della tecnologia radar, quelle su navi furono le più importanti. Il radar E.C.3 ter 'Gufo' era costituito da due antenne a tromba, una per l'emissione e l'altra per la ricezione. Il prototipo apparve nel novembre del '42 sulla LITTORIO, ma in precedenza c'era stato, sempre sul suo torrione, un radar prototipico, l'E.C.2 bis, con funzionamento sperimentale. Inizialmente molti radar non avevano antenne rotanti, ma più apparati di emissione che coprivano ciascuno un certo settore, per esempio 4 sensori a 90 gradi l'uno dall'altro. Il brandeggio dell'antenna rappresentava un'ovvio miglioramento, a patto che si trovasse un posto dove metterlo che avesse sufficiente visuale. Il 'Gufo' ebbe per l'appunto il motore di rotazione. Le prestazioni erano di almeno 80 km contro bersagli aerei e 15 contro navi, il che era apparentemente più che valido. Ma di fatto, pur sembrando simile al Fu.MO 21 tedesco, le frequenti avarie lo rendevano alquanto inaffibabile, e con la nave in velocità e-o forte vento, accadeva che il motore elettrico non fosse abbastanza potente da far girare l'antenna. Altri tipi erano in studio, ma non vennero adottati.

Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.

Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41[3].


Al 1943, lo 'stato dell'arte' [4]

Quando a Furbara, nel marzo del '43, si fece la 'rassegna aerea', c'erano tanti begli aeroplani di nuova generazione, che avrebbero dovuto rinforzare le file dell'Aeronautica con una ricerca, anche se spesso non così valida in termini di risultati, di prestazioni e caratteristiche estreme. Uno schieramento di aerei come lo Z.1018, l'SM.89, l'FC.20, il G.55, Re.2005 e così via, che sembrava all'altezza dei tempi. Ma non sempre gli 'articoli', anche quando resi disponibili, erano sfruttati. Le motobombe F.F.F., che quando usate contro porti affollati si dimostrarono micidiali, vennero lasciate arrugginire nei depositi. Delle armi disponibili (su 500 ordinate), Giuseppe Pesce ritrovò anni fa (citando l'episodio in un articolo di Storia Militare),in un deposito abbandonato, ben 330 esemplari. Altre 100 vennero reperite in un altro deposito in una grotta. Quasi tutte quelle prodotte per la Regia Aeronautica! I corpi delle bombe erano oramai arrugginiti, ma le testate erano ancora lì, in evidenza con il loro carico esplosivo, incostodito e magari, riciclabile da parte di 'mani' interessate. Nessuno si era nemmeno curato di demolirle o distruggerle.

Ecco cosa era previsto al riguardo della produzione aeronautica, aggiornato alla fine di luglio del '43, quando c'erano ancora dati affidabili. Il numero preciso di aerei usciti dalla fabbrica non è noto, ma si sa quello dei collaudi, che indicano la certezza della realizzazione dell'aeroplano in parola.

Caccia:

  • CR.42, commesse a fine 1942: 276, variazione al 31.7.43 = 125, variazione: -30. Collaudi (nel '43): 125, rimanenza al 1.8.43: 121
  • G.50bis: _100___ -20___ =___80
  • G.55: _600____+3.000____10___3.590 (!)
  • Ro.57: _175____-90____33____52
  • MC.200: _5____=____5____=
  • MC.202:_ 642___+150___370____422
  • MC.205N:_ 0____1.200___0____=
  • MC.205V:_542___+200___128___614
  • Re.2001: _465____-180___89____196
  • Re.2005: _16___+618___21____613
  • SAI 207: _162___+300___11____151
  • SAI 403:_ 0___+1.050___=____
  • Totali: _2983____+3.648____792____5.839


Bombardamento:

  • Z.1007bis: _10___=___10___=
  • Z.1007ter:_ 175___+100___41___234
  • Z.1018: _310___+500___13___797
  • BR.20bis: _14___=___12___2
  • P.108B:_ 13___+24___5___8
  • P.133: _0___+24____=____24
  • S.82bis: _80___-80___=___0
  • Totali: 602____+544___81___1.065

Siluranti:

  • S.79bis:_ 75___+50___37___88
  • S.84bis:_ 39___=____39___0

Totali:_ 114___+50___76___88

Assalto/combattimento:

  • A.R. 6___=___1___5
  • FC.20bis: _11___=___5___6
  • Ca.314C:_ 173___=___159___14
  • Ca.331: _300___-300___=___0
  • Re.2002: _390___+300___113___577

Totale: _ 880___=___278___602

Osservazione-ricognizione:

  • Ca.309: _37___=___14___23
  • Z.501:_ 60___-50___6___4
  • RS.14: _94___=___54___40
  • Re.2003: _200___-200___=___=
  • Totali: _391___-250___74___67

Trasporto:

  • Ca.133P: _26___=___19___7
  • Ca.148P: _150___-50___7___93
  • G.12: _94___-51___19___24
  • P.108C/T: _13___=___3___10
  • S-75bis:_ 30___+36___16___50
  • S-81T: _199___-94___13___92
  • S-82: _150___+200___157___103
  • Totali: _662___+200___157___193

Scuola:

  • Ca.309:_40___=___19___21
  • PM.1:_10___=___=___10
  • CR.30B:_14___=___13___1
  • G.50B:_7___=___6___1
  • Ro.41:_100___+75___50___125
  • FN.305:_45___=___45___=
  • FN.315:_180___-80___=___100
  • FN.316:_24___=___7___17
  • SAI 7:_ 8___=___6___2
  • SAIMAN 202:_100___+100___62___138
  • Totale: _528___+95___208___415

Soccorso:

  • Z.506S:_3___=___3___0

Totali: Commesse al 31/12/42: 6.163. Variazioni al 31.7.43: +4.128. Collaudi: 1.746. Rimanenze: 8.546

Il totale alla fine di Agosto è riportato anche come 1.930, se questi dati sono 'buoni' entrambi indicano 184 aerei prodotti ad Agosto, ma non se ne conosce la ripartizione tra i modelli.

Se si considera l'ordine ad agosto con una variazione di oltre 3.600 aerei rispetto all'anno prima, e che in quei primi 7 mesi ne vennero costruiti 792 aerei, o meglio, vennero collaudati (che non è la stessa cosa, ma del resto bisogna anche detrarre gli aerei collaudati, ma prodotti prima del '43), si capisce quale fosse la preferenza e la necessità di una nazione alle corde. E nemmeno tutte queste commesse, se realizzate, avrebbero salvato la situazione contro gli USA, che stavano costruendo oltre 15.000 aerei solo considerando i P-47 e altrettanti P-51 Mustang, tanto per citarne due.

Se nemmeno i piccoli caccia erano prodotti se non in piccola quantità, i più grossi bombardieri erano ancor più alle corde: collaudati appena 81, in commessa 1.065 a fine luglio '43. I siluranti vennero collaudati in 76 esemplari, con altri 88 aerei commissionati. Gli assaltatori sono stati confermati ad 880, di cui appena 278 collaudati, i ricognitori sono stati appena 74, meglio i trasporti e gli addestratori, specie la famiglia dei Nardi FN300. Praticamente inesistente il soccorso aereo. Ecco la radiografia di una forza aerea, di un'industria e di una nazione oramai sconfitta. Nel contempo che venivano fatti ordini per 24 P.133, gli americani stavano attivamente costruendo, grazie all'esperienza con gli aerei civili di costruzione avanzata metallica, 33.000 quadrimotori. E nel dopoguerra l'esperienza militare sarebbe ricaduta in quella civile, come anche i ricavi delle commesse. Così la Boeing venne letteralmente lanciata nell'era del jet il decennio successivo.


  1. Lembo, Daniele: Le armi segrete della Regia, Aerei nella storia gen 2000 pag. 50-63
  2. Pesce, Giuseppe: L'aviazione italiana e la guerra elettronica nella II GM, RID Agosto 1994 p.90
  3. Brescia M. Radar navali 1939-45, Storia militare aprile 2005
  4. Marcon, Tullio: La produzione aeronautica italiana nel 1943, Storia militare agosto 1943