Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 3: differenze tra le versioni

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Infine i missili: Lembo riporta questo fatto, aneddotico ma significativo della difficoltà di far accettare le 'nuove idee': un tecnico tedesco, nel 1932, scappando dalla Germania in cui l'odio per gli Ebrei era già molto alto (e lui era israelita), lavorò con una ditta italiana alla realizzazione di razzi da guerra. Gli esperimenti furono soddisfacenti, specie per la gittata. Ma quando si trattò di presentare l'arma ai vertici militari italiani, il razzo ebbe un guasto e cominciò a girare vorticosamente sulle teste degli ufficiali con un movimento a spirale, e questi dovettero buttarsi in acqua per sottrarsi al pericolo. Inutile dire che l'avveniristico esperimento pose fine all'interesse per i razzi bellici da parte italiana.
Infine i missili: Lembo riporta questo fatto, aneddotico ma significativo della difficoltà di far accettare le 'nuove idee': un tecnico tedesco, nel 1932, scappando dalla Germania in cui l'odio per gli Ebrei era già molto alto (e lui era israelita), lavorò con una ditta italiana alla realizzazione di razzi da guerra. Gli esperimenti furono soddisfacenti, specie per la gittata. Ma quando si trattò di presentare l'arma ai vertici militari italiani, il razzo ebbe un guasto e cominciò a girare vorticosamente sulle teste degli ufficiali con un movimento a spirale, e questi dovettero buttarsi in acqua per sottrarsi al pericolo. Inutile dire che l'avveniristico esperimento pose fine all'interesse per i razzi bellici da parte italiana.


===Radar ed elettronica<ref>Pesce, Giuseppe: ''L'aviazione italiana e la guerra elettronica nella II GM'', RID Agosto 1994 p.90</ref>===
===Radar ed elettronica<ref>Pesce, Giuseppe: ''L'aviazione italiana e la guerra elettronica nella II GM'', RID Agosto 1994 p.90</ref><ref>Sgarlato: ''Ma la Marina aveva il radar?'' Eserciti nella Storia Set ott 04</ref>===


La Regia Aeronautica, dopo un periodo in cui era stata attenta ai temi 'elettronici' decadde largamente nel settore, cominciando a perdere 'colpi' in un settore che divenne poi estremamente importante.
La Regia Aeronautica, dopo un periodo in cui era stata attenta ai temi 'elettronici' decadde largamente nel settore, cominciando a perdere 'colpi' in un settore che divenne poi estremamente importante.


Paradossalmente, Marconi, emigrando in Gran Bretagna, fondò una società molto importante, la Marconi Wireless Telegraph Co.Ltd a Londra, che poi sarebbe stata molto attiva nel settore dei radar. Nondimeno, pochi caccia italiani avevano a bordo, all'inizio della guerra, dei ricevitori radio, gli A.R.C 1 che non consentivano trasmissione attiva; la maggioranza, ma non tutti, dei trimotori avevano stazione rice-trasmittente e radiogoniometro. Nel 1935 Marconi, che aveva notato da 13 anni prima che i segnali radio rimbalzavano su di un ostacolo, convocò esperti militari italiani per farli assistere, in una località chiamata Acquafredda, al funzionamento del suo radio-telemetro. Nel '36 quest'invenzione venne valorizzata dando alla Marina l'incarico di sviluppare un R.D.T. Radio Detector Telemetro, sotto la supervisione del prof. Ugo Tiberio. Il radar era visto come mezzo per telemetrare e scoprire navi, non tanto quindi per la difesa aerea; nel 1939 venne realizzato il primo vero radar italiano, può stupire se si pensa che questo avvenne prima dell'inizio della guerra, ma passò del tempo per farne un uso effettivo: la lunghezza d'onda era di 150 cm, e solo nel 1940 apparve l'EC.3Bis con lunghezza d'onda di 72 cm, e infine l'EC.3Ter da 60 cm, per le navi, chiamato anche Gufo. Solo alla fine del 1941 venne iniziato lo studio di un radar per la difesa aerea a Guidonia, per la difesa territoriale. Alla fine del 1942 un prototipo, chiamato ARGO, venne messo a sorveglianza dell'aeroporto di Pratica di Mare, catturato dai Tedeschi nel settembre del '43.
Paradossalmente, Marconi, emigrando in Gran Bretagna, fondò una società molto importante, la Marconi Wireless Telegraph Co.Ltd a Londra, che poi sarebbe stata molto attiva nel settore dei radar. Nondimeno, pochi caccia italiani avevano a bordo, all'inizio della guerra, dei ricevitori radio, gli A.R.C 1 che non consentivano trasmissione attiva; la maggioranza, ma non tutti, dei trimotori avevano stazione rice-trasmittente e radiogoniometro. Il 14 maggio 1935 Marconi, che aveva notato da 13 anni prima che i segnali radio rimbalzavano su di un ostacolo, convocò esperti militari italiani per farli assistere, in località Acquafredda, al funzionamento del suo radio-telemetro. Nel '36 quest'invenzione venne valorizzata dando alla Marina l'incarico di sviluppare un R.D.T. -Radio Detector Telemeter-, sotto la supervisione del prof. Ugo Tiberio del RIEC (Regio Instituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni). Il radar era visto come mezzo per telemetrare e scoprire navi, non tanto quindi per la difesa aerea; nel 1939 venne realizzato il primo vero radar italiano, può stupire se si pensa che questo avvenne prima dell'inizio della guerra, ma passò del tempo per farne un uso effettivo: la lunghezza d'onda era di 150 cm, e solo nel 1940 apparve l'EC.3Bis con lunghezza d'onda di 72 cm, e infine l'EC.3Ter da 60 cm, per le navi, chiamato anche Gufo. Va detto che secondo Sgarlato (Eserciti nella Storia set ott 2004) il primo radar navale venne realizzato prima, come EC.1 e EC.1bis e funzionavano su lunghezza d'onda di 200 cm, poi seguì nel '38 l'EC.2 ancora insoddisfacente, e poi l'EC.3 da 72 cm di lunghezza d'onda, per impiego navale. Nel '40 Tiberio realizzò l'EC.3ter e nel gennaio 1941 i tre prototipi vennero valutati. Ma del resto gli entusiasmi s'erano raffreddati parecchio. Nel '35 già c'era chi si era messo a pensare di tagliare i fondi per un incrociatore e sviluppare il radar; non successe e Tiberio ebbe un bilancio di 'ben' 20.000 lire, poche anche all'ora. Dopo Matapan vi fu una sopravvalutazione dei radar nemici e vennero costituiti il comitato RaRi (Radiolocalizzatori-Radiotelemetri); il 20 aprile 1941 vi fu la presentazione dell'EC.3ter e questo localizzò un Ca.314 a 34 km e una nave a 12 (era il piroscafo armato F.14). In seguito venne installato sulla torpedniere G.Carini per le prove in mare. Nel frattempo vennero ordinati e poi costruiti 50 EC.3bis (dalla SAFAR), il Folaga (derivato sempre dall'EC.3), con la versione Livorno per impiego costiero in 150 esemplari costruiti, e Guidonia per scoperta aerea. I primi vennero collaudati nel maggio 1942. Forse in tutto non se ne costruirono più di 102, ma certo che anche così era un quantitativo molto consistente, piuttosto dubbio come valore visto che poi gli Italiani dovettero far appoggio sulle offerte tedesche, arrivate già dall'11 giugno 1940. Nell'agosto 1941 un EC.3ter venne installato sulla LITTORIO, sostituito nell'aprile successivo da un 'Gufo' (un suo derivato, del tipo costruito dalla SAFAR), e nel settembre un tipo più avanzato sempre dello stesso filone. Ma fu il FuMo 24/40 ad essere impiegato per primo, sul cacciatorpediniere 'Legionario' nella battaglia di Mezzo Giugno del giugno del '42, in combattimento. L'anno successivo, in primavera, giunsero anche alcuni FuMo 31 per l'incrociatore Abruzzi e una torpediniera, mentre arrivarono anche i primi Metox ovvero i FuMb 1 di ascolto elettronico. I radar venivano costruiti ma era difficile installarli sulle navi già esistenti e non c'era molto tempo per riammodernare le navi presenti, così al dunque pochi vennero installati. Dal gennaio 1943 in ogni caso questi radar apparvero su 3 cacciatorpediniere, poi fu la volta delle corazzate ROMA e VENETO (estate del '43), altri due ct, (Velite e Dardo), incrociatori Regolo, Africano, Eugenio, Montecuccoli. Verso l'armistizio si stavano installando anche sulla portaerei Aquila, vari caccia, incrociatori coem Aosta, Etna, Magno e Vesuvio.


Solo alla fine del 1941 venne iniziato lo studio di un radar per la difesa aerea a Guidonia, per la difesa territoriale. Alla fine del 1942 un prototipo, chiamato ARGO, venne messo a sorveglianza dell'aeroporto di Pratica di Mare, catturato dai Tedeschi nel settembre del '43.


Dopo che un radar tedesco Wurzburg D consentì l'abbattimento di due ricognitori britannici (era impiegato dalla 7a compagnia tedesca) in Nord Africa, l'interesse da parte dei piloti per questi apparati aumentò notevolmente. L'inizio delle operazioni di questo marchingegno era stato visto con scetticismo, ma certo che é strano come due anni di guerra non avessero ancora fatto intuire l'importanza di un sistema di avvistamento anticipato come quello che consentiva il radar. E quel 14 maggio 1942, dopo un mese di operazioni senza risultati positivi, quel radar dimostrava quanto già dal 1940 gli inglesi sulla Gran Bretagna e a Malta avevano già ampiamente dimostrato. Il primo radar di scoperta aerea per gli Italiani fu un FREYA ceduto il 1 luglio 1942 dai Tedeschi a Bengasi, in seguito trasportato in Sicilia.
Dopo che un radar tedesco Wurzburg D consentì l'abbattimento di due ricognitori britannici (era impiegato dalla 7a compagnia tedesca) in Nord Africa, l'interesse da parte dei piloti per questi apparati aumentò notevolmente. L'inizio delle operazioni di questo marchingegno era stato visto con scetticismo, ma certo che é strano come due anni di guerra non avessero ancora fatto intuire l'importanza di un sistema di avvistamento anticipato come quello che consentiva il radar. E quel 14 maggio 1942, dopo un mese di operazioni senza risultati positivi, quel radar dimostrava quanto già dal 1940 gli inglesi sulla Gran Bretagna e a Malta avevano già ampiamente dimostrato. Il primo radar di scoperta aerea per gli Italiani fu un FREYA ceduto il 1 luglio 1942 dai Tedeschi a Bengasi, in seguito trasportato in Sicilia.


Nel fratte, per contrastare le difese di Malta vennero istituiti centri speciali per intercettare il traffico e per disturbarlo, incluso il radiofaro maltese. I Centri di Disturbo e quelli di Radio-intercettazione vennero installati in Sicilia e a Pantelleria, che però intercettarono solo le radio HF; nel maggio del '42 gli inglesi passarono alle VHF, e per il momento il sistema di informazioni italiano andò in crisi. Usando un ricevitore ideato da un certo Filippa, inventore di Alessandria (che nel 1940 aveva già presentato l'apparecchio, rifiutato per l'eccessiva difficoltà di fabbricazione), e sopratutto i ricevitori VHF di aerei inglesi abbattuti, si continuò il lavoro di intercettazione fino al 10 luglio 1943.
Nel frattempo, per contrastare le difese di Malta vennero istituiti centri speciali per intercettare il traffico e per disturbarlo, incluso il radiofaro maltese. I Centri di Disturbo e quelli di Radio-intercettazione vennero installati in Sicilia e a Pantelleria, che però intercettarono solo le radio HF; nel maggio del '42 gli inglesi passarono alle VHF, e per il momento il sistema di informazioni italiano andò in crisi. Usando un ricevitore ideato da un certo Filippa, inventore di Alessandria (che nel 1940 aveva già presentato l'apparecchio, rifiutato per l'eccessiva difficoltà di fabbricazione), e sopratutto i ricevitori VHF di aerei inglesi abbattuti, si continuò il lavoro di intercettazione fino al 10 luglio 1943.


Dopo Matapan, si cominciò a pensare anche a sistemi di disturbo radar, che portarono a sistemi capaci di disturbare onde tra 40 cm e 12 m di lunghezza. Prima erano solo intercettatori, poi divennero anche disturbatori, in servizio dai primi mesi del 1942. Vennero usati in Egeo, Sicilia (con obiettivo Malta, operando da alte colline), e Tirreno. In seguito arrivò un disturbatore che al posto del sistema a 'superreazione' usava un apparato supereterodina monocamandato, usato per disturbare sopratutto i radar dei bombardieri Alleati. Uno era a Ischia, dove funzionò fino all'8 settembre 1943. Disturbare i radar era chiaramente più semplice che costruirli, ma servivano anche questi sistemi e con l'aiuto dei Tedeschi venne pensato un programma per 50 apparati Folaga, 200 Vespa, 100 sistemi tedeschi e 1000 IFF Fu.25, nonché 300 sistemi di disturbo radar. Ma era già il 21 luglio 1943, troppo tardi per essere concretizzato. Degli 85 radar usati sull'Italia 84 erano Tedeschi, e solo con la RSI fu possibile organizzare una difesa aerea degna di questo nome contro i bombardieri Alleati.
Dopo Matapan, si cominciò a pensare anche a sistemi di disturbo radar, che portarono a sistemi capaci di disturbare onde tra 40 cm e 12 m di lunghezza. Prima erano solo intercettatori, poi divennero anche disturbatori, in servizio dai primi mesi del 1942. Vennero usati in Egeo, Sicilia (con obiettivo Malta, operando da alte colline), e Tirreno. In seguito arrivò un disturbatore che al posto del sistema a 'superreazione' usava un apparato supereterodina monocamandato, usato per disturbare sopratutto i radar dei bombardieri Alleati. Uno era a Ischia, dove funzionò fino all'8 settembre 1943. Disturbare i radar era chiaramente più semplice che costruirli, ma servivano anche questi sistemi e con l'aiuto dei Tedeschi venne pensato un programma per 50 apparati Folaga a lunga portata (teoricamente di circa 200 km), 200 Vespa, 100 sistemi tedeschi e 1000 IFF Fu.25, nonché 300 sistemi di disturbo radar. Ma era già il 21 luglio 1943, troppo tardi per essere concretizzato. Degli 85 radar usati sull'Italia 84 erano Tedeschi, e solo con la RSI fu possibile organizzare una difesa aerea degna di questo nome contro i bombardieri Alleati.


Quanto ai radar di bordo, venne pensato solo nel 1943 a Guidonia ad un nuovo radar, l'RTD Arghetto o Vespa, 300 mhz (1 metro di lunghezza d'onda) con antenne tipo Yagi una ricevente e una trasmittente, nelle estremità alari. Venen sperimentato su di un S.79 e un Z.1018, e si ritenne che questo apparato di ricerca dovesse essere messo in produzione; il LEPRE RTD 8 era invece un radar da intercettazione, mai messo a punto.
Quanto ai radar di bordo, venne pensato solo nel 1943 a Guidonia ad un nuovo radar, l'RTD Arghetto o Vespa, 300 mhz (1 metro di lunghezza d'onda) con antenne tipo Yagi una ricevente e una trasmittente, nelle estremità alari. Venen sperimentato su di un S.79 e un Z.1018, e si ritenne che questo apparato di ricerca dovesse essere messo in produzione; il LEPRE RTD 8 era invece un radar da intercettazione, mai messo a punto.
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Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.
Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.


Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41<ref>Brescia M. ''Radar navali 1939-45'', Storia militare aprile 2005</ref>.
Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41<ref>Brescia M. ''Radar navali 1939-45'', Storia militare aprile 2005</ref>.



===Al 1943, lo 'stato dell'arte' <ref>Marcon, Tullio: ''La produzione aeronautica italiana nel 1943'', Storia militare agosto 1943</ref> ===
===Al 1943, lo 'stato dell'arte' <ref>Marcon, Tullio: ''La produzione aeronautica italiana nel 1943'', Storia militare agosto 1943</ref> ===

Versione delle 22:59, 18 nov 2008

Indice del libro

Armi avanzate[1]

Non c'era moltissimo da dire, ma anzitutto notiamo l' S.79 ARP, aereo che significava in concreto l'uso di un S.79 radioguidato, con due bombe da 1000 kg, comandato da un altro velivolo, un Z.1007 dalle migliori prestazioni. Doveva attaccare le portaerei inglesi e affidarsi sia al telecomando che all'avanzato autopilota messo a punto qualche anno prima su di un S.81. Ma durante la missione (12 agosto 1942) si guastò il ricevitore radio e l'aereo, che era già stato abbandonato dal pilota dopo il decollo, si schiantò sulle montagne del Nord Africa, dando solo la soddisfazione di avere dimostrato, dal cratere lasciato, l'effetto potenziale contro unità navali. Non sarebbe certo stato facile ottenere un attacco pieno contro bersagli in movimento, che sparavano e che con i loro radar e radio avrebbero potuto disturbare il comando radio. In ogni caso usare un bombardiere 'pieno' era davvero eccessivo. Meglio un velivolo ad hoc, e così l'Aeronautica Lombarda, sotto la direzione di Stefanutti, realizzerà l'AR.4. (Assalto Radioguidato).

Quest'apparecchio era basato su di una cellula molto semplice, con un motore A.80 di seconda mano, proveniente da un BR.20. Esso era concepito come vettore economico per portare in aria un paio di bombe da 1000 kg, dopo che il pilota lo faceva decollare e abbandonava il velivolo, esso sarebbe stato radioguidato da un altro apparecchio. Il prototipo MM75576 volò a Varese il 13 giugno 1943, il primo apparecchio di serie nell'agosto. Erano previste anche versioni in configurazione 'Mistel' con un Macchi 202, ma tutto il programma, pur interessante, non ebbe alcun esito pratico. Stefanutti non ebbe ancora una volta nessuna fortuna.

  • Dimensioni: lunghezza 14 m, apertura alare 17 m, superficie alare 38 mq, altezza 3,4 m.
  • Pesi: 3.600-6.000 kg
  • Prestazioni: 360 kmh a 4.100 m.

Durante lo sbarco in Sicilia non venne utilizzato alcun altro apparecchio AR, ma per contrastare lo sbarco a Salerno erano stati approntati altri 3 S.79AR e i 2 AR.4 disponibili, stavolta usando due MC.202 come velivoli per la radio-guida, più veloci degli Z.1007. Ma proprio quando potevano essere usati arrivò l'Armistizio.


Quanto alle motobombe F.F.F. (dai cognomi dei progettisti Freri, Fiore, Filpa), esse erano state presentate già nel 1935 come ingegnosa variazione dei siluri: armi da 360 kg, sganciabili tra i 4 e i 5 mila metri con paracadute che si apriva a 130 m di quota. Poi, a circa un metro di profondità, cominciava a fare movimenti 'elicoidali' per almeno 30 minuti a 15-20 kmh. Dopo 50 minuti si autodistruggeva. Aveva 90 kg di esplosivo, poi aumentati a 120, un motore da 3,5 hp e batterie a secco.

Il costo dell'arma non era marginale, dopotutto si trattava di un siluro a 'lenta combustione' o di una mina semovente a seconda di come si valutava. Era indicata per attaccare i porti, coprendo lo specchio d'acqua con il loro turbinare. Gli Italiani ne ordinarono solo 500. Erano armi non particolarmente ben comprese, insomma, mentre i Tedeschi, più aperti alle innovazioni, ne furono impressionati e ne ordinarono ben 2.000, dovendo impegnarsi a ripianare le materie prime usate per la costruzione.

Le F.F.F. vennero usate, in serie progressivamente migliorate, anzitutto dagli S.M.82, che attaccarono Gibilterra già il 5 giugno 1941 con 6 F.F.F. l'uno, poi ancora un'altra incursione avvenne l'11 e 3 motobombe, appese ai paracadute, finirono sugli abitati spagnoli vicini: una esplose facendo vittime, le altre vennero recuperate dagli Spagnoli. Altre missioni il 13 luglio, sempre di notte, con l'affondamento di una nave inglese. Il 14 giugno c'era stata un'azione contro Alessandria d'Egitto. Ma fu la battaglia di Mezz'agosto 1942 che le vide in azione contro bersagli in mare,con 8 S.M.84 che lanciarono davanti alle navi inglesi, che tuttavia videro quello che stava succedendo e manovrarono per evitarle, mentre due SM.84 vennero abbattuti.

I Tedeschi usarono in massa le loro FFF, cominciando con 72 ordigni contro Tripoli, il 19-20 marzo 1943, altre 32 il 26-27, poi 70 il 13-14 aprile, 33 su Bona il 15-16 aprile. I risultati furono positivi contro navi che erano raggruppate in massa nelle rade, senza reti parasiluri. Furono usate anche in altre circostanze, forse anche in Normandia, ma sopratutto contro Bari il 2 dicembre 1943, quando 105 aerei Ju-88 usarono le F.F.F. (e altre bombe, presumibilmente), per distruggere le 30 navi all'ormeggio e ne affondarono ben 17, inclusa una che aveva a bordo bombe con la mortale Yprite.


Altre bombe furono le torpedini oscillanti Freri, che oscillava tra i tre e i sette metri dopo lo sgancio da aerei. Non ebbe successo.

La bomba 500 OR era un'ordigno da 500 kg con un detonatore regolato da un orologio, fino a 72 ore dopo lo sgancio. Praticamente era una mina, sopratutto pensata per rendere inagibili i porti. Se cadeva a terra, i suoi 4 detonatori ad impatto la facevano subito esplodere. Era un'ordigno efficace, ma costava e solo raramente venne usato contro Malta e Alessandria.

Altri ordigni erano la bomba a collisione, del gen. Gaetano Crocco, già autore di un ordigno alato del 1917, che veniva sganciato da dirigibili per poi picchiare dopo un tempo prestabilito sull'obiettivo. La nuova bomba era simile e pensata per i bombardieri a tuffo, ma dei dodici esemplari solo 2 vennero testati da Ba.65. Il progetto venne elaborato nel 1938.

Nel '43 invece venne elaborata la 'Bomba Mulinacci', un tecnico della SIAI-Marchetti. Era una specie di V-1, solo che aveva lo scopo di portare, con due piccoli motori (il Mulinacci era esperto di aeromodellismo), e un giroscopio, un proiettile da 210 mm, a 300 kmh e 150 km di distanza. Lanciabile da una catapulta avrebbe volato fin dove sarebbe stato necessario per poi cadere sull'obiettivo. Ne venne approntato un esemplare mai testato e altri 14 vennero ordinati, ma non si sa se consegnati, per il costo di 500.000 lire. Non ebbe seguito, costava poco ma era ben lungi dall'essere un sistema soddisfacente.

Poi parliamo di Idrobomba, idrosiluro, aerosiluro Zapelloni. Erano state pensate per attaccare navi. L'Idrobomba era in sostanza un'ordigno che spiattellava sull'acqua, per colpire le navi sui fianchi, ma non venne realizzata. Sperimentata dal 1936 la bomba slittante di Zapelloni, praticamente una bomba a rimbalzo agganciata ad un aliante con uno scandaglio per fargli assumere un angolo idoneo al momento dell'impatto sull'acqua. Non ebbe successo. Poi si pensò di agganciarci un siluro, da lanciare fino da 20 km e 2000 m di quota. Pare che funzionasse, anche se senza autoguida non si sarebbe potuto certo colpire qualcosa in movimento, ma essendo stata provata nel giugno del '43, l'ordine per 300 esemplari non venne mai concretizzato.

Quanto ai siluri, quello radiocomandato era un tipo pensato dagli ufficiali Rinaldi e Freri. Era una vecchia idea, tanto che nel lago di Bracciano, già nel 1932, venne sperimentato questo ordigno. Inizialmente il ricevitore era all'interno del siluro, poi venne, per ragioni di migliore ricezione del segnale, sistemato in una boa galleggiante che restava in superficie. Una sostanza fluorescente verde consentiva di seguire il siluro di giorno, e un faretto per l'uso notturno. I risultati, dopo una lunga messa a punto, vennero testati a Pola, inizio del '42, quando 3 S.79 usarono altrettanti siluri per attaccare con successo una nave bersaglio. Il lancio poteva avvenire da 400 m e 4-5 km di prua alla nave, con il siluro con paracadute speciale anche da 1000 m (sperimentato da un P.108).

Ma nonostante che già nel novembre del '42 venissero mandati gli S.79 con i siluri in Sardegna, non vi fu utilizzo di queste armi, malgrado l'abbondanza di bersagli Alleati. In seguito all'armistizio, a questi siluri rimasero interessati i Tedeschi, l'ANR e gli Alleati. I primi richiesero 10 siluri A/170. Al di là dell'efficacia teorica, bisogna dire che comunque questi siluri non erano nondimeno ideali per un impiego pratico. C'erano vari punti deboli. Uno era quello del comando radio: era sempre possibile disturbarlo, se il nemico fosse allertato sulla minaccia (e così sarà dal '44 contro i missili tedeschi quali gli Hs.293). Poi c'era il problema di controllare il siluro, che non era autoguidato come molti progetti oramai approntati: questo significava restare nel raggio di qualche km per diversi minuti tra lancio e guida, il tutto entro il raggio dei cannoni da 102 e 127 mm, se non delle mitragliere da 40 mm Bofors, armi oramai sempre più spesso a controllo radar. Una fiancata di cannoni da 102 mm tipica era costuita da 4 armi capaci di tirare 60 c.min complessivi (900 kg) entro un raggio di almeno 7-8 km, e questo senza considerare l'intervento dell'eventuale caccia. Se si considera che anche le bombe Hs.293 e Fritz-X avevano lo stesso inconveniente (di esporre il velivolo lanciatore alla reazione contraerea) pur consentendo di attaccare in molto meno tempo, da distanze e quote maggiori, ci si può fare l'idea di come una flotta con capacità di reazione contraerea, e magari con copertura di intercettori, avrebbe costituito un problema non indifferente per usare efficacemente questi ordigni: molto meglio allora le bombe F.F.F. che si 'autoguidavano' e lasciavano indipendente il velivolo dopo lo sgancio. Ad oggi, per esempio, le armi antinave 'fire and forget' (missili antinave o antiradar) sono praticamente le uniche su cui si fa affidamento per superare difese navali.

Gli Italiani non hanno brillato per armamenti di lancio da parte della loro modesta forza di bombardieri. Probabilmente le armi più pesanti che hanno costruito erano da 1.000 kg. All'inizio della II GM, per dirne una, le bombe erano oltre 4 milioni, vale a dire statisticamente che ce n'era una ogni 10 italiani. Però si trattava per circa la metà di spezzoni da 1 o 2 kg nominali; le armi da 50 e 100 kg erano le più importanti, a maggior ragione se si considera che il peso era, realmente di circa 70 e 130 kg; v'erano anche altre armi da 15, 20, e più kg, fino ad arrivare alle bombe da 250 kg, il cui uso fu sempre discontinuo, a un ridotto numero di armi da 500 kg, e a poco più di 300 bombe da 800 kg, che nonostante gli oltre 300 kg di esplosivo, erano appena più efficaci di quelle da 500 kg causa l'innesco difettoso. Di fatto i bombardieri italiani attaccarono sopratutto, nelle guerre coloniali, con gli spezzoni, grazie anche a spezzoniere capaci di portare anche 700 ordigni. Un'arma in tal senso avanzata e disponibile grossomodo dall'inizio della guerra era la 'lanciaspezzoni', una vera e propria CBU pesante circa 100 kg che liberava alcune decine di bombette. Una delle ultime missioni di un S.82 -su di un campo d'aviazione alleato in Sicilia'- fu con 20 di queste bombe, dagli effetti presumibilmente considerevoli.

Un'altra bomba particolare era la 'bomba thermos' chiamata così per l'aspetto. Era in realtà una mina da 4 kg che esplodeva per deformazione; fu molto utile a rallentare l'avanzata dei mezzi inglesi nelle campagne del deserto, era abbastanza potente per danneggiarli o distruggerli se gli finiva sotto i cingoli e abbastanza piccola per portarne molte.

Per il resto gli italiani ebbero molte delle efficaci bombe tedesche, allorché ricevettero gli Ju-87B, R e D.

Per l'attacco alle navi inglesi, vero 'chiodo fisso' dell'Aeronautica (specie dopo il sostanziale fallimento di Punta Stilo) c'erano le bombe perforanti, ma che pesavano solo 160 kg. 10 vennero usate da un P.108 nel corso del primo attacco contro un cacciatorpediniere sferrato da questi quadrimotori. Altre di pari peso erano a involucro sottile, per impieghi antisommergibili.

Detto questo, per attaccare le navi con ponte corazzato venne anche pensato ad un ordigno diverso (al di là della serie di queste pagine), la bomba 630PD. Questa non era la solita bomba da 630 kg, ma un adattamento: si trattava di un proiettile da 381 mm del tipo di quelli usati dalle 'Littorio' (che peraltro, pur essendo spesso usate in guerra, praticamente non riuscirono a piazzare a segno colpi con le loro artiglierie che raggiungevano i 42 km di gittata); visto che non era facile procurare uno scontro tra le flotte si pensò di prendere almeno il proiettile e agganciarlo sotto gli aerei d'attacco. Era così che avevano fatto anche i Giapponesi a P.Harbour con proiettili da 356 mm. La ricerca era quella di ottenere una bomba con effettive capacità perforanti contro obiettivi corazzati. Il proiettile non venne tuttavia lasciato del tutto tranquillo, allorché ne venne allargata la cavità interna per metterci 120 kg di esplosivo riducendo anche il peso (il metallo ha un peso specifico più alto a parità di volume); l'ordigno venne impiegato durante la battaglia di mezz'Agosto da due Re.2001 appositamente modificati per supportare carichi maggiorati anziché bombe da 250 kg; raggiunsero una portaerei inglese approfittando della confusione; erano soli, senza scorta, e somigliavano molto ai Sea Hurricane imbarcati. Così riuscirono senza essere scoperti, a colpire la nave con entrambe le bombe. Ma una rimbalzò sul ponte corazzato, l'altra fece pochi danni, non è chiaro cosa avvenne (forse trapassò lo scafo oppure rimase inesplosa). Così, in questa prima e unica occasione il successo venne mancato di poco, mentre i caccia rientravano a tutto gas indenni alla loro base. Non vi saranno altre occasioni d'impiego per la 630PD[2].


Infine i missili: Lembo riporta questo fatto, aneddotico ma significativo della difficoltà di far accettare le 'nuove idee': un tecnico tedesco, nel 1932, scappando dalla Germania in cui l'odio per gli Ebrei era già molto alto (e lui era israelita), lavorò con una ditta italiana alla realizzazione di razzi da guerra. Gli esperimenti furono soddisfacenti, specie per la gittata. Ma quando si trattò di presentare l'arma ai vertici militari italiani, il razzo ebbe un guasto e cominciò a girare vorticosamente sulle teste degli ufficiali con un movimento a spirale, e questi dovettero buttarsi in acqua per sottrarsi al pericolo. Inutile dire che l'avveniristico esperimento pose fine all'interesse per i razzi bellici da parte italiana.

Radar ed elettronica[3][4]

La Regia Aeronautica, dopo un periodo in cui era stata attenta ai temi 'elettronici' decadde largamente nel settore, cominciando a perdere 'colpi' in un settore che divenne poi estremamente importante.

Paradossalmente, Marconi, emigrando in Gran Bretagna, fondò una società molto importante, la Marconi Wireless Telegraph Co.Ltd a Londra, che poi sarebbe stata molto attiva nel settore dei radar. Nondimeno, pochi caccia italiani avevano a bordo, all'inizio della guerra, dei ricevitori radio, gli A.R.C 1 che non consentivano trasmissione attiva; la maggioranza, ma non tutti, dei trimotori avevano stazione rice-trasmittente e radiogoniometro. Il 14 maggio 1935 Marconi, che aveva notato da 13 anni prima che i segnali radio rimbalzavano su di un ostacolo, convocò esperti militari italiani per farli assistere, in località Acquafredda, al funzionamento del suo radio-telemetro. Nel '36 quest'invenzione venne valorizzata dando alla Marina l'incarico di sviluppare un R.D.T. -Radio Detector Telemeter-, sotto la supervisione del prof. Ugo Tiberio del RIEC (Regio Instituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni). Il radar era visto come mezzo per telemetrare e scoprire navi, non tanto quindi per la difesa aerea; nel 1939 venne realizzato il primo vero radar italiano, può stupire se si pensa che questo avvenne prima dell'inizio della guerra, ma passò del tempo per farne un uso effettivo: la lunghezza d'onda era di 150 cm, e solo nel 1940 apparve l'EC.3Bis con lunghezza d'onda di 72 cm, e infine l'EC.3Ter da 60 cm, per le navi, chiamato anche Gufo. Va detto che secondo Sgarlato (Eserciti nella Storia set ott 2004) il primo radar navale venne realizzato prima, come EC.1 e EC.1bis e funzionavano su lunghezza d'onda di 200 cm, poi seguì nel '38 l'EC.2 ancora insoddisfacente, e poi l'EC.3 da 72 cm di lunghezza d'onda, per impiego navale. Nel '40 Tiberio realizzò l'EC.3ter e nel gennaio 1941 i tre prototipi vennero valutati. Ma del resto gli entusiasmi s'erano raffreddati parecchio. Nel '35 già c'era chi si era messo a pensare di tagliare i fondi per un incrociatore e sviluppare il radar; non successe e Tiberio ebbe un bilancio di 'ben' 20.000 lire, poche anche all'ora. Dopo Matapan vi fu una sopravvalutazione dei radar nemici e vennero costituiti il comitato RaRi (Radiolocalizzatori-Radiotelemetri); il 20 aprile 1941 vi fu la presentazione dell'EC.3ter e questo localizzò un Ca.314 a 34 km e una nave a 12 (era il piroscafo armato F.14). In seguito venne installato sulla torpedniere G.Carini per le prove in mare. Nel frattempo vennero ordinati e poi costruiti 50 EC.3bis (dalla SAFAR), il Folaga (derivato sempre dall'EC.3), con la versione Livorno per impiego costiero in 150 esemplari costruiti, e Guidonia per scoperta aerea. I primi vennero collaudati nel maggio 1942. Forse in tutto non se ne costruirono più di 102, ma certo che anche così era un quantitativo molto consistente, piuttosto dubbio come valore visto che poi gli Italiani dovettero far appoggio sulle offerte tedesche, arrivate già dall'11 giugno 1940. Nell'agosto 1941 un EC.3ter venne installato sulla LITTORIO, sostituito nell'aprile successivo da un 'Gufo' (un suo derivato, del tipo costruito dalla SAFAR), e nel settembre un tipo più avanzato sempre dello stesso filone. Ma fu il FuMo 24/40 ad essere impiegato per primo, sul cacciatorpediniere 'Legionario' nella battaglia di Mezzo Giugno del giugno del '42, in combattimento. L'anno successivo, in primavera, giunsero anche alcuni FuMo 31 per l'incrociatore Abruzzi e una torpediniera, mentre arrivarono anche i primi Metox ovvero i FuMb 1 di ascolto elettronico. I radar venivano costruiti ma era difficile installarli sulle navi già esistenti e non c'era molto tempo per riammodernare le navi presenti, così al dunque pochi vennero installati. Dal gennaio 1943 in ogni caso questi radar apparvero su 3 cacciatorpediniere, poi fu la volta delle corazzate ROMA e VENETO (estate del '43), altri due ct, (Velite e Dardo), incrociatori Regolo, Africano, Eugenio, Montecuccoli. Verso l'armistizio si stavano installando anche sulla portaerei Aquila, vari caccia, incrociatori coem Aosta, Etna, Magno e Vesuvio.


Solo alla fine del 1941 venne iniziato lo studio di un radar per la difesa aerea a Guidonia, per la difesa territoriale. Alla fine del 1942 un prototipo, chiamato ARGO, venne messo a sorveglianza dell'aeroporto di Pratica di Mare, catturato dai Tedeschi nel settembre del '43.

Dopo che un radar tedesco Wurzburg D consentì l'abbattimento di due ricognitori britannici (era impiegato dalla 7a compagnia tedesca) in Nord Africa, l'interesse da parte dei piloti per questi apparati aumentò notevolmente. L'inizio delle operazioni di questo marchingegno era stato visto con scetticismo, ma certo che é strano come due anni di guerra non avessero ancora fatto intuire l'importanza di un sistema di avvistamento anticipato come quello che consentiva il radar. E quel 14 maggio 1942, dopo un mese di operazioni senza risultati positivi, quel radar dimostrava quanto già dal 1940 gli inglesi sulla Gran Bretagna e a Malta avevano già ampiamente dimostrato. Il primo radar di scoperta aerea per gli Italiani fu un FREYA ceduto il 1 luglio 1942 dai Tedeschi a Bengasi, in seguito trasportato in Sicilia.

Nel frattempo, per contrastare le difese di Malta vennero istituiti centri speciali per intercettare il traffico e per disturbarlo, incluso il radiofaro maltese. I Centri di Disturbo e quelli di Radio-intercettazione vennero installati in Sicilia e a Pantelleria, che però intercettarono solo le radio HF; nel maggio del '42 gli inglesi passarono alle VHF, e per il momento il sistema di informazioni italiano andò in crisi. Usando un ricevitore ideato da un certo Filippa, inventore di Alessandria (che nel 1940 aveva già presentato l'apparecchio, rifiutato per l'eccessiva difficoltà di fabbricazione), e sopratutto i ricevitori VHF di aerei inglesi abbattuti, si continuò il lavoro di intercettazione fino al 10 luglio 1943.

Dopo Matapan, si cominciò a pensare anche a sistemi di disturbo radar, che portarono a sistemi capaci di disturbare onde tra 40 cm e 12 m di lunghezza. Prima erano solo intercettatori, poi divennero anche disturbatori, in servizio dai primi mesi del 1942. Vennero usati in Egeo, Sicilia (con obiettivo Malta, operando da alte colline), e Tirreno. In seguito arrivò un disturbatore che al posto del sistema a 'superreazione' usava un apparato supereterodina monocamandato, usato per disturbare sopratutto i radar dei bombardieri Alleati. Uno era a Ischia, dove funzionò fino all'8 settembre 1943. Disturbare i radar era chiaramente più semplice che costruirli, ma servivano anche questi sistemi e con l'aiuto dei Tedeschi venne pensato un programma per 50 apparati Folaga a lunga portata (teoricamente di circa 200 km), 200 Vespa, 100 sistemi tedeschi e 1000 IFF Fu.25, nonché 300 sistemi di disturbo radar. Ma era già il 21 luglio 1943, troppo tardi per essere concretizzato. Degli 85 radar usati sull'Italia 84 erano Tedeschi, e solo con la RSI fu possibile organizzare una difesa aerea degna di questo nome contro i bombardieri Alleati.

Quanto ai radar di bordo, venne pensato solo nel 1943 a Guidonia ad un nuovo radar, l'RTD Arghetto o Vespa, 300 mhz (1 metro di lunghezza d'onda) con antenne tipo Yagi una ricevente e una trasmittente, nelle estremità alari. Venen sperimentato su di un S.79 e un Z.1018, e si ritenne che questo apparato di ricerca dovesse essere messo in produzione; il LEPRE RTD 8 era invece un radar da intercettazione, mai messo a punto.

Poi c'era il discorso degli IFF: gli Inglesi ne avevano un tipo che rispondeva all'interrogazione fatta da un radar, ogni volta che veniva inquadrato dal radar rispondeva con un segnale in codice; i Tedeschi avevano invece un Fu.Ge.25 che emetteva, in maniera senz'altro meno discreta, continuamente segnali di riconoscimento in codice, trasmessi via radio. Questo apparato era presente anche nei Bf-109 ceduti agli Italiani, ma non venne spiegato a che serviva. Un IFF inglese venne invece analizzato da un aereo abbattuto, ma a Guidonia impiegarono un anno a capire di che si trattava (non avendo idea di quello che era un sistema radar di difesa aerea, il riconoscimento di aerei 'amici' era ancor meno immaginabile), e per quando riuscirono a capirlo e a costruire un prototipo IFF, la guerra era bell'e persa. Alla fine l'Italia aveva i fondamentali per i vari compiti della guerra elettronica; ma non fece in tempo a metterli in servizio che la guerra finì. Se si considera che la Gran Bretagna aveva IFF, radar e VHF da anni, tale ritardo si dimostrò di importanza capitale. Gli Italiani nel corso del conflitto riuscirono solo ad allestire centri di ascolto e di disturbo radio-radar; troppo poco per prendere l'iniziativa in guerra.


Quanto alle applicazioni pratiche della tecnologia radar, quelle su navi furono le più importanti. Il radar E.C.3 ter 'Gufo' era costituito da due antenne a tromba, una per l'emissione e l'altra per la ricezione. Il prototipo apparve nel novembre del '42 sulla LITTORIO, ma in precedenza c'era stato, sempre sul suo torrione, un radar prototipico, l'E.C.2 bis, con funzionamento sperimentale. Inizialmente molti radar non avevano antenne rotanti, ma più apparati di emissione che coprivano ciascuno un certo settore, per esempio 4 sensori a 90 gradi l'uno dall'altro. Il brandeggio dell'antenna rappresentava un'ovvio miglioramento, a patto che si trovasse un posto dove metterlo che avesse sufficiente visuale. Il 'Gufo' ebbe per l'appunto il motore di rotazione. Le prestazioni erano di almeno 80 km contro bersagli aerei e 15 contro navi, il che era apparentemente più che valido. Ma di fatto, pur sembrando simile al Fu.MO 21 tedesco, le frequenti avarie lo rendevano alquanto inaffibabile, e con la nave in velocità e-o forte vento, accadeva che il motore elettrico non fosse abbastanza potente da far girare l'antenna. Altri tipi erano in studio, ma non vennero adottati.

Di questo fondamentale apparato della guerra moderna si occuparono la SAFAR, Galileo, Marelli e altre aziende elettriche, ma in tutto, prima dell'armistizio, ne vennero prodotti solo circa 15 esemplari, che ebbero impiego con 13 navi: le corazzate 'Littorio', 4 incrociatori leggeri ('Montecuccoli' e 'Savoia', 'Regolo' e 'Scipione'), e 6 cacciatorpeniere tra 'Navigatori' e 'Soldati'. Altre 7 unità ebbero i radar tedeschi FuMo.21G. Erano l'incrociatore 'Abruzzi' (ma non il gemello 'Garibaldi'), 3 cacciatorpediniere e anche 3 piccole torpediniere. Il ct. 'Legionario', per la storia, fu la prima nave con un radar a tutti gli effetti operativo.

Era uno dei 'Soldati' del periodo bellico, e infatti entrò in servizio il 1 marzo del '42, già 'radarizzato'. Anche le corazzate 'Littorio' erano tutte radarizzate all'atto dell'Armistizio, anche se non avevano un radar di tiro vero e proprio. Quindi quando la ROMA fu affondata aveva un RDT (Radiotelemetro) a bordo. Le prestazioni dei radar tedeschi (18 km di scoperta in superficie e 60 su aerei) apparivano inferiori a quelle del sistema italiano, ma a parte che erano radar più vecchi (del '39) si trattava di sistemi efficienti, di fatto ben più utili quanto a rendimento operativo. Durante il periodo di cobelligeranza 8 navi italiane ebbero i radar inglesi Type 291, con portata di 12 km su bersagli navali, 40 km su bersagli aerei, un sistema che aveva ridotte prestazioni di portata in quanto principalmente era inteso come apparato leggero, in servizio dal '42 su varie navi britanniche come miglioramento del Type 286 del '41[5].

Al 1943, lo 'stato dell'arte' [6]

Quando a Furbara, nel marzo del '43, si fece la 'rassegna aerea', c'erano tanti begli aeroplani di nuova generazione, che avrebbero dovuto rinforzare le file dell'Aeronautica con una ricerca, anche se spesso non così valida in termini di risultati, di prestazioni e caratteristiche estreme. Uno schieramento di aerei come lo Z.1018, l'SM.89, l'FC.20, il G.55, Re.2005 e così via, che sembrava all'altezza dei tempi. Ma non sempre gli 'articoli', anche quando resi disponibili, erano sfruttati. Le motobombe F.F.F., che quando usate contro porti affollati si dimostrarono micidiali, vennero lasciate arrugginire nei depositi. Delle armi disponibili (su 500 ordinate), Giuseppe Pesce ritrovò anni fa (citando l'episodio in un articolo di Storia Militare),in un deposito abbandonato, ben 330 esemplari. Altre 100 vennero reperite in un altro deposito in una grotta. Quasi tutte quelle prodotte per la Regia Aeronautica! I corpi delle bombe erano oramai arrugginiti, ma le testate erano ancora lì, in evidenza con il loro carico esplosivo, incostodito e magari, riciclabile da parte di 'mani' interessate. Nessuno si era nemmeno curato di demolirle o distruggerle.

Ecco cosa era previsto al riguardo della produzione aeronautica, aggiornato alla fine di luglio del '43, quando c'erano ancora dati affidabili. Il numero preciso di aerei usciti dalla fabbrica non è noto, ma si sa quello dei collaudi, che indicano la certezza della realizzazione dell'aeroplano in parola.

Caccia:

  • CR.42, commesse a fine 1942: 276, variazione al 31.7.43 = 125, variazione: -30. Collaudi (nel '43): 125, rimanenza al 1.8.43: 121
  • G.50bis: _100___ -20___ =___80
  • G.55: _600____+3.000____10___3.590 (!)
  • Ro.57: _175____-90____33____52
  • MC.200: _5____=____5____=
  • MC.202:_ 642___+150___370____422
  • MC.205N:_ 0____1.200___0____=
  • MC.205V:_542___+200___128___614
  • Re.2001: _465____-180___89____196
  • Re.2005: _16___+618___21____613
  • SAI 207: _162___+300___11____151
  • SAI 403:_ 0___+1.050___=____
  • Totali: _2983____+3.648____792____5.839


Bombardamento:

  • Z.1007bis: _10___=___10___=
  • Z.1007ter:_ 175___+100___41___234
  • Z.1018: _310___+500___13___797
  • BR.20bis: _14___=___12___2
  • P.108B:_ 13___+24___5___8
  • P.133: _0___+24____=____24
  • S.82bis: _80___-80___=___0
  • Totali: 602____+544___81___1.065

Siluranti:

  • S.79bis:_ 75___+50___37___88
  • S.84bis:_ 39___=____39___0

Totali:_ 114___+50___76___88

Assalto/combattimento:

  • A.R. 6___=___1___5
  • FC.20bis: _11___=___5___6
  • Ca.314C:_ 173___=___159___14
  • Ca.331: _300___-300___=___0
  • Re.2002: _390___+300___113___577

Totale: _ 880___=___278___602

Osservazione-ricognizione:

  • Ca.309: _37___=___14___23
  • Z.501:_ 60___-50___6___4
  • RS.14: _94___=___54___40
  • Re.2003: _200___-200___=___=
  • Totali: _391___-250___74___67

Trasporto:

  • Ca.133P: _26___=___19___7
  • Ca.148P: _150___-50___7___93
  • G.12: _94___-51___19___24
  • P.108C/T: _13___=___3___10
  • S-75bis:_ 30___+36___16___50
  • S-81T: _199___-94___13___92
  • S-82: _150___+200___157___103
  • Totali: _662___+200___157___193

Scuola:

  • Ca.309:_40___=___19___21
  • PM.1:_10___=___=___10
  • CR.30B:_14___=___13___1
  • G.50B:_7___=___6___1
  • Ro.41:_100___+75___50___125
  • FN.305:_45___=___45___=
  • FN.315:_180___-80___=___100
  • FN.316:_24___=___7___17
  • SAI 7:_ 8___=___6___2
  • SAIMAN 202:_100___+100___62___138
  • Totale: _528___+95___208___415

Soccorso:

  • Z.506S:_3___=___3___0

Totali: Commesse al 31/12/42: 6.163. Variazioni al 31.7.43: +4.128. Collaudi: 1.746. Rimanenze: 8.546

Il totale alla fine di Agosto è riportato anche come 1.930, se questi dati sono 'buoni' entrambi indicano 184 aerei prodotti ad Agosto, ma non se ne conosce la ripartizione tra i modelli.

Se si considera l'ordine ad agosto con una variazione di oltre 3.600 aerei rispetto all'anno prima, e che in quei primi 7 mesi ne vennero costruiti 792 aerei, o meglio, vennero collaudati (che non è la stessa cosa, ma del resto bisogna anche detrarre gli aerei collaudati, ma prodotti prima del '43), si capisce quale fosse la preferenza e la necessità di una nazione alle corde. E nemmeno tutte queste commesse, se realizzate, avrebbero salvato la situazione contro gli USA, che stavano costruendo oltre 15.000 aerei solo considerando i P-47 e altrettanti P-51 Mustang, tanto per citarne due.

Se nemmeno i piccoli caccia erano prodotti se non in piccola quantità, i più grossi bombardieri erano ancor più alle corde: collaudati appena 81, in commessa 1.065 a fine luglio '43. I siluranti vennero collaudati in 76 esemplari, con altri 88 aerei commissionati. Gli assaltatori sono stati confermati ad 880, di cui appena 278 collaudati, i ricognitori sono stati appena 74, meglio i trasporti e gli addestratori, specie la famiglia dei Nardi FN300. Praticamente inesistente il soccorso aereo. Ecco la radiografia di una forza aerea, di un'industria e di una nazione oramai sconfitta. Nel contempo che venivano fatti ordini per 24 P.133, gli americani stavano attivamente costruendo, grazie all'esperienza con gli aerei civili di costruzione avanzata metallica, 33.000 quadrimotori. E nel dopoguerra l'esperienza militare sarebbe ricaduta in quella civile, come anche i ricavi delle commesse. Così la Boeing venne letteralmente lanciata nell'era del jet il decennio successivo.


Caccia e aerei bifusoliera[7]

Oltre ai tipi già mensionati, vale la pena parlare anche dei tipi non costruiti o comunque non completati. Progettato dal 1938 da parte dell'ing. Nardi, il B.N. (Bestetti-Nardi) venne costruito dalla Bestetti di Arcore, con una curiosa caratteristica: era un quadriposto bifosoliera, ovvero con due posti in tandem per ciascuna fusoliera. Ebbe i motori A.R. 115 per 350 kmh e 1.100 km di autonomia, fatto di materiale speciale antincendio: legno in fibre e materiali sintetici, che farà la sua parte nel salvare l'aereo dalla distruzione a seguito di un incendio durante un volo di prova. Ma il BN.1 sarà giudicato pericoloso già dai test di Arcore, senza nemmeno andare a Guidonia. Ma non era finita qui, perché questo leggero apparecchio (tra l'altro con eliche bipala, data la ridotta potenza disponibile), sarebbe stato la base di una famiglia di velivoli previsti, chiamati BN.2, 3 e 4. La loro caratteristica particolare era la presenza di una combinazione di aerei, il 'Saetta' e il 'Saettante'. Funzionava così: il Saettante, con 4 motori BN.4 o 2 motori -BN.2- con motori che potevano essere gli AR.135 da 1.350 hp, capaci di portare l'aereo a 460-520 kmh, con autonomia di 3.000-4.000 km, poi sganciava il Saettante con una bomba da 2.500 kg (o 1.000 se è trasportato da un bimotore), o 2 da 1.250 o 4 da 600 kg, o anche siluro. Gli aerei da trasporto erano bifusoliera, i mezzi da attacco anche, ma con una struttura diversa, con il pilota in posizione prona per resistere meglio all'accelerazione della picchiata e ricupero. Successivamente la combinazione verrà accantonata. Il concetto di aereo porta-cacciabombardieri venne attuato davvero, ma con i TB-3 e I-16 sovietici.

Altri progetti erano il Ca.380, praticamente una versione bifusoliera del Ca.355, superficie alare 24 m2, peso 5.100-5.900 kg, 5 armi di bordo e motori DB-601. Poi Venne pesnato ad un Re.2005 con 4 armi da 20 mm e 2 da 12,7 mm, 1.000 kg di bombe o siluri; superficie alare 36 m2, v.max 680 kmh, peso 4.100-6.200 kg; il Ca.308 era un'altro aereo, che stavolta venne davvero impostato e con struttura lignea; le fusoliere erano lunghe 12 m, alte 1,2 m, larghezza max 0,95 m, apertura alare 16 m. Al solito c'era il carico bellico da 1.500 kg, 4 cannoni da 20 e 2 da 12,7 mm; superficie alare 43 m2, due motori DB603 o due DB605, o i DB601, o ancora gli I.F.Delta, con superfici alari ridotte fino a 33 m2. La costruzione del prototipo era in approntamento l'8 settembre, ma i Tedeschi ne posero fine alla realizzazione, perché venne danneggiato durante i combattimenti per l'occupazione del vicino aeroporto di Ponte San Pietro. I caccia Fiat bimotori e bifusoliera fu il G.58, ancora come nel Re.2005, con due fusoliere di cui quella a sinistra sulla fusoliera, 6 armi da 20 e 4 da 12,7 mm. Ma non c'é stato modo di costruirlo dopo l'armistizio. C'erano poi i caccia CR.50, 55, 50 bis, 55 bis. Il primo era un bimotore biposto, doppia fusoliera, lungo 13,5 m, apertura alare di 16,5 m, superficie alare 40 m2. Con i motori A38 poteva fare, si stima, i 590 kmh, minima di 130 e 510 di crociera, salendo a 6.000 m in 10 minuti; autonomia 1.500 km, e infine 3 armi da 12,7 mm e una difensiva.

Il CR.50 bis aveva invece 13x16,7x40 m2, ancora gli A38, 605 kmh, salita a 6.000 m in 9,5 minuti. Aveva doppia fusoliera senza navicella centrale. Il CR.55 doveva essere un aereo da 11,4 x14,7 m, motori DB601, 585 kmh, 1.500 km di autonomia; il CR.55bis aveva anch'esso l'assenza della carlinga centrale e motori DB601, con 600 kmh. Nessuno di questi verrà mai nemmeno iniziato.

Dopo l'Armistizio[8]

La collaborazione tra industria italiana e Tedeschi, una volta che l'Italia venne coinvolta nei 600 giorni della guerra civile, RSI a nord e Badogliani al sud, è tra gli aspetti meno noti e che hanno sempre suscitato gli imbarazzi maggiori. Dal momento che la maggior parte delle industrie, incluse quelle aeronautiche, erano a Nord, è chiaro che questa suddivisione fece il gioco dell'Asse (di quello che ne rimaneva) anche perché il Centro Italia era una specie di 'zona cuscinetto' che si poteva sacrificare e perdere senza grande danno per le industrie e anche i cantieri. Queste realtà lavorarono a pieno ritmo e forse per una volta si riuscì ad imporre una visione -che susciterà non pochi malumori- razionalizzante dello sforzo bellico, e questo da parte dei Tedeschi venne fatto anche senza tanta gentilezza. Ma di fronte al montare della marea Alleata, lo spazio per i giochi di potere e le lottizzazioni tipiche della costellazione dei poteri industriali italiani, era stato pressoché annullato. Così ci si concentrò su quello che si poteva produrre di più e meglio.

L'Aermacchi stava producendo, al settembre del '43, la Serie II (quella con i cannoni) del Veltro, 150 apparecchi(MM.92151-302). Ne aveva consegnati 62 che si aggiungevano ai primi 100 (alcuni dei quali peraltro è abbastanza sicuro che ebbero i cannoni da 20). Solo 162 velivoli di questo tipo, quindi, combatterono tra la primavera e il settembre del '43 con la Regia Aeronautica, se tutti vennero davvero usati. I rimanenti 88 vennero consegnati all'ANR e persino ad un gruppo, l'Asso di Cuori' della LW, che li usò ad interim aspettando nuovi Bf-109. I caccia italiani, molto popolari nella Regia ma stimati come mediocri dalla valutazione tedesca, vennero così impiegati per un breve periodo (e forse vi furono altri 25 velivoli extra ordinati), e i piloti tedeschi ne scrissero sostanzialmente questo: è molto veloce, ha un buon comportamento in volo, ma tende a stringere troppo le virate (con il rischio di stallo); ha una radio potente ma difettosa, il rifornimento delle munizioni e carburante è lento. Tutto qui. Per il resto vennero registrati molti incidenti dato che la manetta era a funzionamento inverso rispetto ai velivoli tedeschi, il che era potenzialmente pericoloso. Il C.206 era in fase di costruzione, ma il 23 ottobre venne accidentalmente danneggiato. Non dev'essere stato completato se non in parte, perché non aveva ancora volato quando venne danneggiato irrimediabilmente il 1 e il 30 aprile 1944, allorché i bombardieri alleati presero di mira la Macchi. L'attività sul C.207 sarebbe (condizionale d'obbligo) abbandonata già dopo il settembre 1943.

La Fiat costruiva al momento dell'Armistizio 15 BR.20bis di cui 10 consegnati alla Regia Aeronautica, mentre 3 vennero distrutti dalle bombe nell'aprile del '44, forse ancora in costruzione (MM.24381-94); dei 29 G.12 da trasporto commissionati prima dell'armistizio, 28 erano stati consegnati (6 per l'Ungheria), dopo l'armistizio ne arrivarono altri 13, c'era in ballo un ordine per 122 CR.42LW per i Tedeschi (che li usarono come aerei incursori notturni), continuarono a produrre circa un quarto dei 600 G.55 commissionati dalla Regia, che nel luglio del '43 ordinò anche 2 prototipi G.56, che poi volarono dal 28 marzo e dal luglio dell'anno dopo.

La SIAI-Marchetti a Vergiate produsse i prototipi di SM.92 e dell'SM.93, mentre l'SM.91 volato (MM.530) il 10 marzo 1943, venne requisito dai Tedeschi e mandato il 12 ottobre a Rechlin, dove sparì per sempre. Altre fonti dicono che invece andò distrutto assieme al prototipo MM.531 dell'SM.92 (in volo dal 12 novembre 1943), poi seguì l'SM.93 (che volerà solo il 31 maggio 1944 e venne abolito dai Tedeschi il 29 marzo), e sopratutto l'SM.82 di cui sarebbero stati costruiti 289 apparecchi su circa 750 totali; di questi 6 non vennero ritirati, 48 andarono all'ANR e il resto alla LW, che già ne aveva ricevuti alcuni e razziati altri. Vennero anche ordinati 22 vecchi S.81T di cui 3 completati e ritirati dalla LW. ALtri 32 vennero ordinati alla S.Giorgio e 13 consegnati per l'8 settembre. Vennero anche costruiti 14 S.75.

La Caproni era un'altra ditta importante, ma senza progetti validi: i Ca.314C erano in commessa a Milano-Taliedo per 62 velivoli complessivi, di cui 45 ricevuti (era la serie IV) dalla Regia, gli altri prodotti per i Tedeschi, senza sapere se davvero vennero presi in carico (anche perché questi avevano i Ca.314G), infatti per ragioni 'occupazionali' era anche ammessa la costruzione di aerei che poi finivano demoliti essendo giudicati inutili, per quanto possa sembrare bizzarro. Idem per i 22 Ca.314C Serie V di cui 17 consegnati alla Regia e il resto ai Tedeschi. C'erano poi 22 Ca.309bis serie VII di cui 12 consegnati prima dell'Armistizio, 25 Ca.133P di cui 21 consegnati al 31 agosto, infine 50 Ca.148P su cui non si sa nulla. Altre commesse erano per 60 Re.2002LW Ariete II, 33 dei quali presi dalla LW e gli altri demoliti, il tutto uscì dagli stabilimenti di Predappio-Forlì.

I CRDA di Gorizia nell'estate del '43 avevano l'incarico di produrre 102 Z.1018M Leone I Serie II, dei quali solo una decina completati prima dell'Armistizio. Vennero requisiti dalla LW ma almeno uno ebbe insegne della RSI. Dei 50 Alcione (Z.1007ter) Serie XII, 41 vennero consegnati alla Regia e gli altri 9 presi dai Tedeschi dopo l'8 settembre. Della Serie XIV di 25 macchine circa la metà venne demolita in fase di montaggio e gli altri presi dalla LW. C'erano anche altri 15-20 dei 35 Serie XVI in assemblaggio ma vennero demoliti prima. I misconosciuti Z.515 ebbero una commessa di 15 velivoli ma solo due vennero costruiti per la Regia; degli altri 8 vennero distrutti (non è chiaro se dopo il completamento) e il resto demolito sullo scalo.

L'Aeronautica Umbra o AUT costruirà 25 S.M.84 e 10 S.79bis, facenti parte di commesse per 32 e 20 aerei. Non è chiaro se costruì questi aerei dopo l'Armistizio.

Quanto alla Breda essa già l'8 luglio del '41 ebbe un ordine per 102 Z.1018M (MM.25264-25365), quelli di tipo 'metallico'. Non si sa quanti ne vennero prodotti, ma il 30 aprile 1944 molte cellule erano in approntamento quando vennero i bombardieri Alleati e distrussero tutto. C'era anche una commissione per 82 Macchi 202 Serie XII e XV , superstiti di commesse per 150 (MM.91803-952) e 100 (MM.92053-92152) rispettivamente, la prima parzialmente esaudita (88). Bombardando la Macchi, degli 82 velivoli che i Tedeschi autorizzarono (come anche 28 Z.1018), ne verranno completati effettivamente 62 che ebbero un impiego ininfluente: 12 andarono in Croazia, 8 in Germania, nessuno combattè con l'ANR.

Della produzione prevista alla Breda restano eloquenti immagini: una foto con almeno 10 fusoliere di Z.1018M, tutte incomplete, che giacciono quasi accatastate tra di loro, al di sotto di capannoni industriali di cui è rimasta solo l'impalcatura metallica dei tetti e i piloni laterali di sostegno; un'altra foto mostra altre fusoliere, luccicanti al sole come gigantesche lattine (erano prive di qualunque finitura e accessorio) accanto a quelle, a confronto minuscole, di C.202 parimenti incompleti. L'idea che davano era quella di una produzione in massa, ma di fatto pochissimi apparecchi uscirono da queste linee di montaggio: le commesse, passate tempo prima, erano piuttosto modeste e ancora ben lungi dall'esser esaudite.

Nardi: dei 20 FN.316 d'addestramento 8 vennero approntati al 27 agoso 1943. Gli altri vennero completati dalla LW o ANR.

La Piaggio stava producendo, dopo 2 serie da 12 aerei, 6 P.108B Serie V (MM.24682-87) che avevano già ricevuto le matricole ma non pare siano mai stati completati. I Serie III erano 5 P.108C, i serie IV erano 6 P.108T (MM.24676-77 e altri 4 forse costruiti per i Tedeschi), ed entrambi vennero completate. Dei 50 Z.1007ter commissionati il marzo 1943, solo 3 vennero forse completati entro il 30 agosto, degli altri non si sa niente.

La Reggiane aveva in produzione i due prototipo MM.536 e 537 del Reggiane Re.2006, solo il primo dei quali, forse completato ma mai collaudato, venne mandato a Taliedo (Milano), per il resto c'erano i vari Re.2001, 2002 e 2005. I primi, in versione CN, erano stati ordinati in 25 esemplari, di cui 9 completati e autorizzati dai Tedeschi, gli altri 16 demoliti o distrutti con il bombardamento dell'8 gennaio 1944. Nel periodo ottobre-gennaio 1944 vennero consegnati 25 Re.2002 Serie II alla LW, mentre altri 40 non vennero mai costruiti anche se ordinati. L'ultimo dei pochi Re.2005 costruiti venne ritirato dalla LW il 12 aprile 1944. Quanto agli S.79, la Serie XLIV (GA e Bis), era in produzione in 32 esemplari, di cui gli ultimi 3 andarono all'ANR.


Tutto questo non dà ancora il totale delle costruzioni, visto che vi sono diverse altre ditte ancora prive di documentazione completa. In tutto non meno di 949 apparecchi, scelti tra quelli migliori che l'industria potesse offrire, e per lo più si trattò di caccia per l'ANR e di trasporti per la LW.

Bibliografia

  1. Lembo, Daniele: Le armi segrete della Regia, Aerei nella storia gen 2000 pag. 50-63
  2. Storia Militare, le armi degli aerei italiani, 1997
  3. Pesce, Giuseppe: L'aviazione italiana e la guerra elettronica nella II GM, RID Agosto 1994 p.90
  4. Sgarlato: Ma la Marina aveva il radar? Eserciti nella Storia Set ott 04
  5. Brescia M. Radar navali 1939-45, Storia militare aprile 2005
  6. Marcon, Tullio: La produzione aeronautica italiana nel 1943, Storia militare agosto 1943
  7. Lembo, Daniele: I Bifosoliera della Regia II Parte Aerei nella Storia giu-lu 2000
  8. Dati tratti da Sgarlato N La produzione aeronautica dopo l'8 settembre Aerei nella Storia feb mar 2007