Caccia tattici in azione: differenze tra le versioni

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Nel caso dei caccia Serie '5', nell'arco di vari anni sono apparsi parecchi lavori molto interessanti, sia come fotografie che come materiale vero e proprio. Forse è dovuto al restauro del Macchi MC.205V e a quello del G.55, ma di sicuro questo ci offre la possibilità di valutare quello che questi aerei erano capaci di fare. Molto popolari, spesso (specie i Macchi e i Reggiane, o meglio il Reggiane 2005) descritti come bellissimi aerei (sicuramente molto curati nell'aerodinamica, e come diceva Marcel Dassault 'Ciò che è bello vola anche bene'), affascinano per l'aria di potenza e velocità che offrono, così come l'impressione -confermata anche dai fatti- di robustezza e solidità.
Nel caso dei caccia Serie '5', nell'arco di vari anni sono apparsi parecchi lavori molto interessanti, sia come fotografie che come materiale vero e proprio. Forse è dovuto al restauro del Macchi MC.205V e a quello del G.55, ma di sicuro questo ci offre la possibilità di valutare quello che questi aerei erano capaci di fare. Molto popolari, spesso (specie i Macchi e i Reggiane, o meglio il Reggiane 2005) descritti come bellissimi aerei (sicuramente molto curati nell'aerodinamica, e come diceva Marcel Dassault 'Ciò che è bello vola anche bene'), affascinano per l'aria di potenza e velocità che offrono, così come l'impressione -confermata anche dai fatti- di robustezza e solidità.


Uno dei motivi che li rende particolarmente interessanti, è che sono diversi tipi, simili ma 'non uguali', non solo in termini estetici, ma sopratutto costruttivi. E' coma un campionato di Formula 1, con tutti questi aerei nati con requisiti specifici e con una motorizzazione comune, così come la soluzione adottata, la gobba dorsale. Questa serve per ridurre la sezione posteriore della fusoliera, il che aiuta a ridurre anche la resistenza aerodinamica. Di fatto, specie i Macchi, la fusoliera di questi aerei era una sorta di 'fuso', con il cono di coda ben oltre il timone di coda. Altri aerei riducevano solo progressivamente lo spessore fino all'attacco della coda, oppure diminuivano la sezione con una struttura a 'triangolo' come nel caso del Bf-109, cercando di incassare il pilota dentro la fusoliera per semplificare la costruzione e ovviamente aiutare la penetrazione aerodinamica. Nel caso dei caccia italiani il pilota era sistemato sopra la fusoliera, almeno la sua vetratura. Del resto era necessario data la lunghissima sezione del muso. Nel caso del Reggiane 2005, il muso e la grande coda praticamente rendevano quasi irrilevante la fusoliera centro-posteriore, ridotta all'abitacolo e a un piccolo moncone posteriore. Nell'insieme, nonostante la posizione elevata, i piloti non avevano una buona visione dall'interno, specie il Reggiane 2005.
Uno dei motivi che li rende particolarmente interessanti, è che sono diversi tipi, simili ma 'non uguali', non solo in termini estetici, ma sopratutto costruttivi. E' come un campionato di Formula 1, con tutti questi aerei nati con requisiti analoghi e con una motorizzazione comune, così come la soluzione adottata, la gobba dorsale. Questa serve per ridurre la sezione posteriore della fusoliera, il che aiuta a ridurre anche la resistenza aerodinamica, un po’ come si vede nelle automobili di F.1. Specialmente con i Macchi, la fusoliera era una sorta di 'fuso', con il cono di coda ben oltre il timone. Altri aerei riducevano solo progressivamente lo spessore fino all'attacco della coda, oppure diminuivano la sezione con una struttura a 'triangolo' come nel caso del Bf-109, cercando di incassare il pilota dentro la fusoliera per semplificare la costruzione e ovviamente aiutare la penetrazione aerodinamica. Nel caso dei caccia italiani il pilota era sistemato sopra la fusoliera, almeno la sua vetratura. Del resto era necessario, data la lunghissima sezione del muso. Inizialmente i caccia serie ‘0’ erano dotati di un motore corto e tozzo, e il pilota non aveva troppi problemi a guardare davanti, assiso nella ‘gobba’ dell’aereo (particolarmente pronunciata proprio nel Macchi 200). Poi, come tanti altri aerei dell’epoca, si passò dai motori stellari a quelli in linea. Questi erano più snelli, ma parliamo di un aumento di potenza considerevole perciò la larghezza in realtà non era particolarmente inferiore, mentre la lunghezza era notevolmente maggiore, allungando di qualche metro il ‘naso’ del velivolo e mettendo in difficoltà il pilota, che ora anziché nella parte centrale dell’aereo era confinato in coda. L’esempio peggiore, pur molto simile ai caccia italiani, era forse il MiG-1/3, a causa di un motore particolarmente lungo e pesante sistemato in una cellula piccola e compatta.


Nel caso del Reggiane 2005, il muso e la grande coda praticamente rendevano quasi irrilevante la fusoliera centro-posteriore, ridotta all'abitacolo e a un piccolo moncone posteriore. Nell'insieme, nonostante la posizione elevata, i piloti non avevano una buona visione dall'interno, specie il Reggiane 2005.
In ogni caso, l'apparizione contemporanea di questi 3 caccia (primavera del '42) e le loro caratteristiche di volo, hanno causato molte discussioni, sia su quella che poteva essere la migliore scelta del concorso a cui partecipavano, sia sulle loro effettive capacità operative e le soluzioni interne.


In ogni caso, l'apparizione contemporanea di questi 3 caccia (primavera del '42) e le loro caratteristiche di volo, hanno dato molte discussioni, sia su quella che poteva essere la migliore scelta del concorso a cui partecipavano, sia sulle loro effettive capacità operative e le soluzioni interne.
Visti da fuori, ad un profano è difficile riconoscerli. Il Macchi 205 si riconosce per il muso piuttosto lungo e, di pianta, per un'ala abbastanza piccola. Il G.55 è quello più grande e pesante, e il muso, per una volta, è relativamente armonioso rispetto alla fusoliera posteriore, un pò come gli ultimi Spitfire (che inizialmente avevano al contrario, un muso relativamente corto). Il Reggiane visto di lato ha una fusoliera posteriore minuscola, ma la coda, di forma trapezioidale, è molto grande, mentre visto di pianta è un aereo con ala ellittica, come gli Spitfire (e gli altri Reggiane).

Visti da fuori, per un profano è difficile distinguerli. Il Macchi 205 si riconosce per il muso piuttosto lungo e, di pianta, per un'ala abbastanza piccola. Il G.55 è quello più grande e pesante, e il muso, per una volta, è relativamente armonioso rispetto alla fusoliera posteriore, un pò come gli ultimi Spitfire (che inizialmente avevano, al contrario, un muso relativamente corto ma una lunga sezione di coda). Il Reggiane, visto di lato, ha una fusoliera posteriore minuscola, ma la coda, di forma trapezioidale, è molto grande e senza equivalenti italiani, mentre visto di pianta la sua ala è ellittica, come gli Spitfire (e gli altri Reggiane).


Con armi, velocità e soluzioni propulsive analoghe, i tre serie '5' sono naturalmente diventati relativamente simili. Questi tre aerei, ben tre tipi diversi tutti validi nati in un'Italia già in grave difficoltà e poco noti nella loro limitata carriera, hanno così suscitato l'interesse tra gli appassionati d'oggi, così come tra i tecnici e gli aviatori di 60 anni fa. Non bastasse, il Macchi MC.205V Veltro era solo un caccia ad 'interim': il vero Macchi 205, per la serie '5', era il modello C.205N Orione, che per giunta è stato realizzato in 2 diverse versioni, anche se essenzialmente diverse solo per armamento. Quindi i caccia '5' erano in realtà almeno 4, per non dire di altri tipi in studio o sviluppo dalla Caproni-Vizzola e dalla Piaggio.
Con armi, velocità e soluzioni propulsive analoghe, i tre serie '5' sono naturalmente diventati relativamente simili. Questi tre aerei, ben tre tipi diversi tutti validi nati in un'Italia già in grave difficoltà e poco noti nella loro limitata carriera, hanno così suscitato l'interesse tra gli appassionati d'oggi, così come tra i tecnici e gli aviatori di 60 anni fa. Non bastasse, il Macchi MC.205V Veltro era solo un caccia ad 'interim': il vero Macchi 205, per la serie '5', era il modello C.205N Orione, che per giunta è stato realizzato in 2 diverse versioni, anche se essenzialmente diverse solo per armamento. Quindi i caccia '5' erano in realtà almeno 4, per non dire di altri tipi in studio o sviluppo dalla Caproni-Vizzola e dalla Piaggio.
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Ora analizziamo con calma le loro prestazioni e i dati noti, guardando come questi si possono assommare e aiutino eventualmente a comprendere di più delle loro capacità, che sono sempre state oggetto di dibattito.
Ora analizziamo con calma le loro prestazioni e i dati noti, guardando come questi si possono assommare e aiutino eventualmente a comprendere di più delle loro capacità, che sono sempre state oggetto di dibattito.


Infatti, i Tedeschi valutarono come 'buono' il Reggiane, 'ottimo' il Centauro e solo 'mediocre' il C.205V. Eppure, proprio quest'ultimo, con la sua piccola ala (16,8 m2) era il più veloce in orizzontale. Era il più lungo da produrre in termini di ore-uomo, ma non richiedeva più ore di altri aerei (Spitfire) e le tecnologie per produrlo erano semplici, per giunta basate direttamente sull'MC.202 di cui originariamente era la versione Bis (rimotorizzata; M significa invece solo modificata, per questo si è avuto il BR.20, BR.20M e il BR.20bis, tanto per fare un esempio). Per giunta, ci si sono messi anche i piloti con i loro commenti. Adriano Mantelli, grande collaudatore dell'Aermacchi ha commentato dicendo che il Veltro è 'uno dei migliori aerei da caccia messi in campo dagli Alleati, sicuramente il migliore di quelli italiani a me noti'. Non solo, ma 'con meno affetto ricordo gli altri due 205, gli N. Pur essendo degli ottimi aerei, non avevano la personalità grintosa del Veltro'. E poi chiosa affermando che non potrebbe mai dimenticare le caratteristiche inebrianti del 205V, la sua docilità, sicurezza e bellezza estetica.
Infatti, i Tedeschi valutarono come 'buono' il Reggiane, 'ottimo' il Centauro e solo 'mediocre' il C.205V. Eppure, proprio quest'ultimo, con la sua piccola ala (16,8 m2) e un peso relativamente basso, era il più veloce in orizzontale e uno dei più rapidi in salita. Era peraltro anche quello più lungo da produrre in termini di ore-uomo (25.000 vs 22.000 per il Re.2005 e non meno di 15.000 per il G.55), ma non richiedeva più tempo di altri aerei (Spitfire) e le tecnologie necessarie erano semplici, per giunta basate direttamente sull'MC.202 di cui originariamente era la versione Bis (rimotorizzata; M significa invece Modificata in termini strutturali, per questo si è avuto il BR.20, BR.20M e il BR.20bis, per fare un esempio). Per giunta, nel dibattito ci si sono messi anche i piloti con i loro commenti. Adriano Mantelli, grande collaudatore dell'Aermacchi, ha commentato dicendo che il Veltro è “uno dei migliori aerei da caccia messi in campo dagli Alleati, sicuramente il migliore di quelli italiani a me noti'. Non solo, ma 'con meno affetto ricordo gli altri due 205, gli N. Pur essendo degli ottimi aerei, non avevano la personalità grintosa del Veltro”. E poi chiosa affermando che non potrebbe mai dimenticare le caratteristiche inebrianti del 205V, la sua docilità, sicurezza e bellezza estetica.

Difficile dunque fare il punto. I Tedeschi erano molto meno entusiasti del Veltro, limitandosi a trovarlo come un aereo 'veloce, manovra bene, ma tende a stringere troppo nelle virate finendo in vite', lamentavano l'inaffidabilità della pur potente radio di bordo e la difficoltà di rifornire l'aereo rispetto a quelli tedeschi. Germania e Italia in realtà erano andate dietro al Centauro, giudicato il migliore dei '5'. Nemmeno quando l'Orione (che aveva il nome di una costellazione, come gli altri '5' e a differenza del 'Veltro') divenne disponibile cambiarono idea, e non solo per i mesi di ritardo accumulatisi. La proposta Macchi era allettante: si sarebbe usato il Veltro alle quote medio-basse, visto che il suo comportamento in volo era molto buono fino a 7-8 mila metri, e si sarebbe poi usato l'Orione per evoluire con maggiore sicurezza ad oltre 10 mila metri. Il tutto con un aereo fondamentalmente simile, un pò sulla falsariga degli Spitfire LF/HF che avevano ali di differenti dimensioni.

Il Veltro era stato armato originariamente solo con 2 armi da 12,7 e 2 da 7,7 mm (750 e 1.000 cp totali). Questa era la Serie I, 100 apparecchi, ma pare che alcuni ebbero anche i cannoni da 20 nelle ali (al posto delle 7,7). Perché si vollero installare le 7,7 non è chiaro, forse solo perché il 20 mm non era ancora disponibile. I Folgore ebbero due armi di questo tipo nelle ali -a partire dalla Serie VII-, ma i piloti non gradirono: l'aereo risultava più pesante di circa 100 kg e già si trattava di un velivolo decisamente pesante per il suo motore, il Bf-109E e F, con gli stessi motori, pesavano circa 400 kg in meno (1.900-2.000 kg vs 2.300-2.400, peso max circa 2.600-700 kg vs 2.900-3.000 kg). Forse nel caso del Veltro si pensò che, con la potenza disponibile, ci si potesse permettere di riportare le 7,7 mm a bordo. Nel contempo i FW-190 venivano armati con 4 cannoni da 20 mm, tanto per rendere utile un certo spazio libero dietro il motore. Difficile capire perché non si sia previsto direttamente le 12,7 mm alari, evidentemente l'ala era davvero molto simile a quella del Folgore e similmente limitata. Certo è che si fece in fretta a cambiare registro, con gli MG151/20 e ben 250 colpi per arma.

Il requisito della RA parlava però di 5 armi di cui una da 20, successivamente da aumentare a 3 da 20 mm e 2 da 12,7 mm, quindi a stretto rigor di logica il Veltro non avrebbe dovuto essere scelto, e così i concorrenti Fiat e Reggiane lo attaccarono. Ma di fatto, la commessa per diverse centinaia di aerei venne passata anche a questo.

Il problema del Veltro era la difficoltà, nonostante l'enorme muso, di sfruttare il motore DB-605 con il suo cannone motore MG151. Il problema era tutto della struttura interna, dove bisognava operare una profonda revisione per trovare lo spazio per il cannone. Stranamente questo spazio, per quanto esiguo, non venne usato nemmeno per installare una terza Breda da 12,7 o al limite, da 7,7 mm (per esempio, il Folgore ne sarebbe stato particolarmente beneficiato, dato che il suo standard era solo di due 12,7 mm). Per riprogettare le strutture, l'alloggio motore, il serbatoio principale ecc. c'era bisogno di tempo, così intanto si andò con la 'soluzione provvisoria' C.205V con la struttura del Folgore irrobustita e sbrigativamente adattata.

Questa è stata del resto anche la via scelta dagli Inglesi: quando si trattò di studiare una nuova versione dello Spit, si elaborò il sofisticato Mk VIII, ma la cosa prese tempo e per affrontare il FW190, chiaramente superiore, venne scelta la soluzione d'emergenza dello Spit con il Merlin 61.Il risultato, lo Spit Mk IX, pur se affrettato, fu un successo da oltre 5.400 esemplari, mentre l'Mk VIII rimase uno sconosciuto storico, prodotto in una quantità pari a circa un terzo e non necessariamente migliore dell'altro (sebbene alcuni lo considerassero il migliore degli Spitfire). Così per il Macchi, ma qui la situazione precipitò presto. Il Macchi 205V arrivò in volo il 19 aprile 1942. L'Orione, invece, alla fine dell'anno. Del primo si fece in tempo a collaudarne due esemplari nel novembre 1942, arrivati a 20 nel marzo 1943. L'Orione 205N/2 volava all'epoca ed era lungi dall'essere pronto. Così qui la situazione definitiva fu di 172 Veltro prodotti (66 sopravvissuti fino all'Armistizio) e altri 87 almeno prodotti successivamente per la RSI più i due Orione, una soluzione simile a quella britannica, quindi, ma con ben altri numeri in gioco. Proseguendo nella disamina degli altri belligeranti, i Tedeschi, su cui i Britannici facevano la ‘marcatura ad uomo’, avevano scelto una via diversa: da un lato, continuarono a produrre il Bf-109, potenziato ed appesantito, fino ai limiti di una cellula nata molti anni prima; dall’altra tentarono la via di nuovi caccia: provarono i vari Me.209 e 309, ma senza successo; alla fine, il vero sostituto del Bf-109 fu il Me.262. Nel frattempo, come in Italia e in GB, assieme alla ditta ‘principale’ del settore caccia operavano anche altre realtà e queste, con nuovi progetti, seppero fare anche meglio, ovvero mettere in campo il FW-190, grazie al fatto che si trattava di velivoli nuovi e non legati a principi costruttivi vecchi di un lustro.

Ma come volava il Macchi Veltro? Che si trattasse di un aereo dalle caratteristiche eccellenti è opinione comune. La sua innovazione più citata era la 'velocità superiore' rispetto ai precedenti. Ma al contempo, era ancora valutato un valido dogfighter. Gli aerei italiani, eredi delle tradizioni della Coppa Schneider, erano molto robusti e maneggevoli. Il Macchi 202 aggiunse a questo la velocità elevata, perdendo poco (ma non nulla) delle altre qualità: il motore DB601 era largamente più sofisticato e difficile da mantenere dei vecchi motori radiali; se non propriamente tenuto, poteva mandare facilmente a fuoco l'aereo. Le manutenzioni inoltre erano frequenti: un progetto di grande sofisticazione e compattezza, in tal senso ben superiore a quello che poteva offrire il R.R. Merlin. Osservare i DB-600s dall'esterno quasi non consente di capire di cosa si tratti, rispetto alla confusione e alla complicazione della sagoma del Merlin, molto meno compatto, privo del sistema di iniezione e del cannone-motore. Ma anche più robusto, semplice e facile da mantenere, sebbene non consentisse ad un aereo un muso altrettanto piccolo ed aerodinamico (si veda l'aspetto dei Bf-109 quando rimotorizzati in Spagna con il Merlin, o il calo di velocità dei G.59 rispetto ai G.55). Il sistema ad iniezione, del resto, consentiva tolleranze minime di fabbricazione, non un problema di poco conto in una situazione di guerra totale con produzioni massicce da molte fabbriche diverse e non specializzate per certi compiti. Quanto alla maneggevolezza, l’MC.200, 202 e 205 condividevano un’ala quasi uguale, ma il peso era salito, a pieno carico, da 2.208 a 3.408 kg, e il carico alare ne soffriva in proporzione: 131-154 kg per le varie serie di MC.200, 175 kg/m2 per l’MC.202, 202 kg/m2 per il Veltro Sr/III.

Che il DB-605 consentisse una velocità maggiore è sicuro, che questo però fosse determinante per la valutazione dell'aereo è più difficile da dire. Inizialmente il C.205V aveva solo il motore potenziato e quindi non aveva nient'altro da offrire se non la velocità. Spesso questa è descritta come 650 kmh. I piloti italiani parlavano dell'aereo più veloce del mondo, ma già all'epoca volavano i primi jet nonché altri aerei che nel '42 erano almeno altrettanto veloci (FW-190, P-38, MiG-3 ecc). La velocità indicata dalle prove svolte, però, non è di 650 kmh, ma è leggermente inferiore, 642 kmh. Questo del resto è comune rispetto ai prototipi 'nudi', in peso leggero. L'Hurricane II prototipico arrivava a 560 kmh, l'Mk IIA scendeva leggermente a 551.

Nel caso dei Macchi, vi fu un processo ‘costruttivo’ con il passare del tempo: alla robustezza e maneggevolezza dell'MC.200, si aggiunse la velocità del Folgore, pagata con un leggero scadimento delle prime; l’armamento però restava sempre lo stesso, e per avere finalmente un aereo che conservasse robustezza, maneggevolezza, velocità, ma fosse anche ben armato si dovette attendere il Veltro (ma solo per i 'Serie III').

Chiaramente, però, se il dato di 642 kmh era relativo al caccia 205V Sr I, non può essere stato altrettanto vero per il Sr.III o anche per i pochi Sr.I eventualmente dotati di cannoni alari. La ragione è l'aumento notevole di peso per i cannoni MG-151, che oltretutto sporgevano anche dalle ali, creando della resistenza aggiuntiva. Il peso delle sole 250 munizioni per cannone è di circa 30 kg, ma il colpo completo e il nastro d'alimentazione superavano largamente questo valore, poi da moltiplicare per due.

Dato che per anni non si sono conosciuti molti particolari di questi aerei e dei loro test, la cosa è stata sostanzialmente ignorata, ma le conseguenze non sono irrilevanti. Finalmente, usciti da una certa inerzia, gli scrittori del settore hanno dato alla stampa dei lavori più completi e comprensibili.

Attualmente, si sa che la velocità massima del Macchi 205V Sr III era inferiore di circa 20 kmh e variamente indicata come 620 o 624 kmh, in tutti i casi raggiunta a 7.200 –7.300 m. Nei combattimenti aerei il Veltro era più a suo agio alle quote medie e qui forse la sua velocità si faceva anche più apprezzare, restando piuttosto alta.


Il valore della velocità slm (livello del mare) non è noto; si sa però che arrivava a 530 kmh a 1.000 m, e a 550 a 2.000. La Serie I dev'essere stata di qualcosa (15-20 kmh) più rapida. Per valutare queste prestazioni, altrimenti prive di un senso preciso, ci si può aiutare con il Bf-109G-6. Quest'aereo, con un motore DB-605AS, era capace di volare a 500 kmh sul livello del mare, ma questa era la versione d'alta quota, capace di 648 kmh a 8.800 m, quindi senz'altro superiore al Veltro. La versione G-6 standard era invece capace di 547 kmh a quota zero metri, quindi al contrario, superiore sul livello del mare. A 2.000 m saliva a ben 590 kmh, pari a 40 kmh vs il C.205V/III (e forse 20-25 vs il Sr.I; per la cronaca, la Sr.II non venne mai costruita). Meglio ancora faceva il Fw-190, nella versione A-8 capace di 571 kmh, 575-580 nel caso del D-9 e in ogni caso, raramente inferiore a 550-560 kmh. Il Bf-109E, invece, era limitato a 472 kmh.
Difficile dunque fare il punto. I Tedeschi erano molto meno entusiasti del Veltro, limitandosi a trovarlo come un aereo 'veloce, manovra bene, ma tende a stringere troppo nelle virate finendo in vite', e lamentavano l'inaffidabilità della pur potente radio di bordo e la difficoltà di rifornire l'aereo rispetto a quelli tedeschi. Germania e Italia in realtà erano andate dietro al Centauro, giudicato il migliore dei '5'. Nemmeno quando l'Orione (che aveva il nome di una costellazione, come gli altri '5' e a differenza del 'Veltro') divenne disponibile cambiarono idea. La proposta Macchi era allettante: si sarebbe usato il Veltro alle quote medio-basse, visto che il suo comportamento in volo era molto buono fino a 7-8 mila metri, e si sarebbe poi usato l'Orione per evoluire con maggiore sicurezza ad oltre 10 mila metri. Il tutto con un aereo fondamentalmente simile, un pò sulla falsariga degli Spitfire LF/HF con ali di differenti dimensioni.


Quindi il Veltro era tra i caccia più veloci -ma non il più veloce- con le sole mitragliatrici, ma con i cannoni non era nulla d'eccezionale, tranne che per gli standard italiani. Del resto in più sul Folgore non vantava che 25-30 kmh, oppure -a parità d'armamento- circa 50 kmh. La maneggevolezza era considerata molto valida, ma il motore pesava di più e così marcava un certo peggioramento rispetto all'MC.202; apparentemente a bassa quota questo non dava grossi problemi, ma ad alta quota l'ala -caricata con oltre 200 kg/m2- dava qualità di volo inferiori rispetto a quelle degli Spitfire contemporanei (Mk IX), capaci di salire se necessario fino a 13.000 m (ovvero circa 2.000 m più in alto). La deficienza ad alta quota era talmente nota che l'MC.205N venne progettato con un'alta ingrandita ad oltre 19 m2, proprio nel tentativo di ridurre il carico alare. Però, così facendo, ridusse anche la velocità a 629 kmh (628 per l'N2) e i risultati non furono eccezionali, migliorando la tangenza operativa solo di poche centinaia di metri, restando inferiore rispetto ai concorrenti Fiat e Reggiane. Quel che è peggio, l'Orione era anche afflitto da una cappottatura così attillata, da soffrire malamente il surriscaldamento del motore durante le salite, a meno di non decollare con climi molto freddi, che certamente non poteva essere in Sicilia nel '43. Questo rendeva difficile sfruttare la piena potenza del motore senza il rischio di surriscaldarlo.
Il Veltro era stato armato originariamente solo con 2 armi da 12,7 e 2 da 7,7 mm (750 e 1.000 cp totali). Questa era la Serie I, 100 apparecchi, tuttavia pare che alcuni ebbero anche i cannoni da 20 nelle ali (al posto delle 7,7). Perché si vollero installare le 7,7 non è chiaro, forse solo perché il 20 mm non era ancora disponibile. I Folgore ebbero due armi di questo tipo nelle ali a partire dalla Serie VII, ma i piloti non gradirono: l'aereo risultava più pesante di circa 100 kg e bisogna dire che già si trattava di un velivolo decisamente pesante per il suo motore, il Bf-109E e F, con gli stessi motori, pesavano circa 400 kg in meno (1.900-2.000 kg vs 2.300-2.400, peso max circa 2.600-700 kg vs 2.900-3.000 kg). Forse nel caso del Veltro si pensò che con la potenza disponibile, ci si potesse permettere di portare le 7,7 mm a bordo. Nel contempo i FW-190 venivano armati con 4 cannoni da 20 mm e le due da 7,92 mm erano sistemate nel muso, tanto per rendere utile un certo spazio libero dietro il motore. Difficile capire perché non si sia previsto direttamente le 12,7 mm alari, evidentemente l'ala era davvero molto simile a quella del Folgore e similmente limitata. Certo è che si fece in fretta a cambiare registro, con gli MG151/20 e ben 250 colpi per arma.


Quanto alla velocità di salita, essa è un altro degli argomenti più scabrosi dei caccia italiani, che peraltro, generalmente hanno visto prestazioni 'al top' in questo settore, senz'altro migliori di quelle di velocità massima orizzontale.
Il requisito della RA parlava però di 5 armi, di cui una da 20 e successivamente, da aumentare a 3 da 20 mm e 2 da 12,7 mm, quindi a stretto rigor di logica il Veltro non avrebbe dovuto essere scelto, e così lo attaccarono i concorrenti Fiat e Reggiane. Ma di fatto, la commessa per diverse centinaia di aerei venne passata anche a questo.


Nel caso dell'MC.205V, le prestazioni vanno al solito comparate, visto che non può bastare elencare semplicemente un qualche tempo di salita per risolvere una questione complessa.
Il problema del Veltro era la difficoltà, nonostante l'enorme muso, di sfruttare il motore DB-603 con il suo cannone motore MG151. Il problema era tutto della struttura interna, dove bisognava operare una profonda revisione per trovare lo spazio per il cannone. Stranamente, questo spazio, per quanto esiguo, non venne usato nemmeno per istallare una terza Breda da 12,7 o al limite, da 7,7 mm (per esempio, il Folgore ne sarebbe stato particolarmente beneficiato, dato che il suo standard era solo di due 12,7 mm). Per riprogettare le strutture, l'alloggio motore, il serbatoio principale ecc. c'era bisogno di tempo, così intanto si andò con la 'soluzione provvisoria' C.205V con la struttura del Folgore irrobustita e sbrigativamente adattata.


Questa è stata del resto anche la via scelta dagli Inglesi: quando si trattò di studiare una nuova versione dello Spit, si elaborò il sofisticato Mk VIII, ma la cosa prese tempo e per affrontare il FW190, chiaramente superiore, venne scelta la soluzione d'emergenza dello Spit con il Merlin 61.Il risultato, lo Spit Mk IX, pur se affrettato, fu un successo da oltre 5.400 esemplari, mentre l'Mk VIII rimase uno sconosciuto storico, prodotto in una quantità pari a circa un terzo e non necessariamente migliore dell'altro (sebbene alcuni lo considerassero il migliore degli Spitfire). Così per il Macchi, ma qui la situazione precipitava presto. Il Macchi 205V arrivò in volo il 19 aprile 1942. L'Orione, invece, alla fine dell'anno. Del primo si fece in tempo a collaudarne due esemplari nel novembre 1942, arrivati a 20 nel marzo 1943. L'Orione 205N/2 volava all'epoca ed era lungi dall'essere pronto. Così qui la situazione definitiva fu di 172 Veltro prodotti (66 sopravvissuti fino all'Armistizio) e altri 87 almeno prodotti successivamente per la RSI più i due Orione, una soluzione simile a quella britannica, quindi, ma con ben altri numeri in gioco.





Versione delle 13:36, 3 lug 2009

Ho deciso di iniziare questo libro perché molte delle cose che ho trovato non si inquadrano in nessuna delle opere precedenti. Dalle mail che mi arrivano, dalle letture e dai dati che si trovano in giro, è possibile ipotizzare che una certa ombra esista nella trattazione degli aerei, che non si inquadra bene in quanto scritto precedentemente.

Come è inteso questo libro? Essenzialmente, non tanto per parlare delle guerre o delle Forze armate, ma per capire un pò meglio i singoli aerei in azione. La loro missione, le loro caratteristiche, prestazioni, qualità e limitazioni, specie quelle più controverse e difficili da 'afferrare', vuoi per la mancanza di dati, vuoi per la presenza di dati errati-contraddittori-inefficaci nel descrivere la macchina in parola. Per questo ho cercato di fare il punto e di fare i classici 'controlli incrociati' tramite le fonti disponibili, e i risultati sono spesso molto interessanti. Così ho pensato a questo libro, per seguire meglio e in maniera più slegata da altre cose e questioni: non capitoli o paragrafi, ma un intero libro dedicato al pilotaggio, alle prestazioni, alla missione tipica dei tanti aerei, sia quelli più famosi, che quelli più interessanti tecnicamente, che quelli più controversi. Tentando così di fare un pò di chiarezza e ordine alle tante notizie che anche adesso, nonostante Wikipedia e il suo invalutabile contributo a confrontare le conoscenze e a renderle pubbliche, si trovano spesso su tanti siti internet. Spero che la cosa sia gradita a chi cerca maggiori informazioni ma raramente le trova o se le trova, sono slegate e scarsamente compatibili tra di loro.

E poi vi è la straordinaria proliferazione di modelli e versioni varie. Nella II GM le differenze le facevano i motori e i pesi di bordo, attualmente l'avionica fa anche più differenze tra i vari aerei. Pensate solo, nel primo caso, al Bf-109B da 465 kmh e al Bf-109K-4 da 725 kmh; nel secondo caso, quale differenze vi siano tra gli F-16 venezuelani (mai praticamente ammodernati in maniera apprezzabile) e i Block 60 o, fenomeno recente (dati i costi astronomici dei nuovi apparecchi), con le versioni ricostruite e ammodernate (tipicamente, gli F-5, MiG-21, F-4 e F-16) ai migliori standard operativi. Si pensi all'A-4 Skyhawk, che è un aereo del '54, ma che ha ottenuto la possibilità di installare il radar dell'F-16 e-o il motore F404 dell'F-18, diventando in pratica 'un altro aereo' anche comparato agli ultimi A-4M nuovi di produzione.

Ma è la II GM che ha visto il maggior uso (quasi 700.000 aerei) dell'aviazione militare, e vari confronti 'classici' hanno visto un'infinità di 'round' nei cieli, così come una quantità infinita di dibattiti su chi fosse migliore, e perché: Zero vs P-40 o Wildcat, Bf-109 vs Spitfire, Mustang vs FW-190 ecc. Confronti mai banali, perché le valutazioni sugli aerei, sulle loro prestazioni e sulla maneggevolezza, anche più difficile da valutare, sembrano non finire mai. Quanto alla maneggevolezza, in effetti è anche più difficile da valutare. Per esempio, il P-51 Mustang era un buon dogfighter, sia pure non eccezionale in tal senso; ma con i serbatoi a pieno carico, specie quello ventrale (che spostava parecchio all'indietro il baricentro), l'aereo perdeva molta della sua maneggevolezza. Magari la velocità ne risultava solo marginalmente afflitta, ma la distribuzione dei pesi e la posizione del baricentro conseguente sono cose ben più difficili da cogliere, e così le sorprese (generalmente non belle) per i piloti non mancavano.

I caccia serie 5

Negli ultimi anni, circa una decina, finalmente sono apparsi un buon numero di lavori approfonditi su molti degli aerei meno noti della II GM, lavori sotto forma di monografie o semplicemente di servizi approfonditi su riviste storiche. Senza dover andare a comprarsi testi in inglese (comunque non molto diffusi, quando si parla di aerei italiani), o tomi italiani dal costo non di rado proibitivo, e con gli autori storici che finalmente hanno scartabellato un gran numero di documenti d'archivio, è stato possibile colmare molte delle lacune. Ma la teoria e la pratica spesso non vanno d'accordo, così come le prestazioni calcolate, le prove pratiche e il rendimento in combattimento.

Nel caso dei caccia Serie '5', nell'arco di vari anni sono apparsi parecchi lavori molto interessanti, sia come fotografie che come materiale vero e proprio. Forse è dovuto al restauro del Macchi MC.205V e a quello del G.55, ma di sicuro questo ci offre la possibilità di valutare quello che questi aerei erano capaci di fare. Molto popolari, spesso (specie i Macchi e i Reggiane, o meglio il Reggiane 2005) descritti come bellissimi aerei (sicuramente molto curati nell'aerodinamica, e come diceva Marcel Dassault 'Ciò che è bello vola anche bene'), affascinano per l'aria di potenza e velocità che offrono, così come l'impressione -confermata anche dai fatti- di robustezza e solidità.

Uno dei motivi che li rende particolarmente interessanti, è che sono diversi tipi, simili ma 'non uguali', non solo in termini estetici, ma sopratutto costruttivi. E' come un campionato di Formula 1, con tutti questi aerei nati con requisiti analoghi e con una motorizzazione comune, così come la soluzione adottata, la gobba dorsale. Questa serve per ridurre la sezione posteriore della fusoliera, il che aiuta a ridurre anche la resistenza aerodinamica, un po’ come si vede nelle automobili di F.1. Specialmente con i Macchi, la fusoliera era una sorta di 'fuso', con il cono di coda ben oltre il timone. Altri aerei riducevano solo progressivamente lo spessore fino all'attacco della coda, oppure diminuivano la sezione con una struttura a 'triangolo' come nel caso del Bf-109, cercando di incassare il pilota dentro la fusoliera per semplificare la costruzione e ovviamente aiutare la penetrazione aerodinamica. Nel caso dei caccia italiani il pilota era sistemato sopra la fusoliera, almeno la sua vetratura. Del resto era necessario, data la lunghissima sezione del muso. Inizialmente i caccia serie ‘0’ erano dotati di un motore corto e tozzo, e il pilota non aveva troppi problemi a guardare davanti, assiso nella ‘gobba’ dell’aereo (particolarmente pronunciata proprio nel Macchi 200). Poi, come tanti altri aerei dell’epoca, si passò dai motori stellari a quelli in linea. Questi erano più snelli, ma parliamo di un aumento di potenza considerevole perciò la larghezza in realtà non era particolarmente inferiore, mentre la lunghezza era notevolmente maggiore, allungando di qualche metro il ‘naso’ del velivolo e mettendo in difficoltà il pilota, che ora anziché nella parte centrale dell’aereo era confinato in coda. L’esempio peggiore, pur molto simile ai caccia italiani, era forse il MiG-1/3, a causa di un motore particolarmente lungo e pesante sistemato in una cellula piccola e compatta.

Nel caso del Reggiane 2005, il muso e la grande coda praticamente rendevano quasi irrilevante la fusoliera centro-posteriore, ridotta all'abitacolo e a un piccolo moncone posteriore. Nell'insieme, nonostante la posizione elevata, i piloti non avevano una buona visione dall'interno, specie il Reggiane 2005.

In ogni caso, l'apparizione contemporanea di questi 3 caccia (primavera del '42) e le loro caratteristiche di volo, hanno dato molte discussioni, sia su quella che poteva essere la migliore scelta del concorso a cui partecipavano, sia sulle loro effettive capacità operative e le soluzioni interne.

Visti da fuori, per un profano è difficile distinguerli. Il Macchi 205 si riconosce per il muso piuttosto lungo e, di pianta, per un'ala abbastanza piccola. Il G.55 è quello più grande e pesante, e il muso, per una volta, è relativamente armonioso rispetto alla fusoliera posteriore, un pò come gli ultimi Spitfire (che inizialmente avevano, al contrario, un muso relativamente corto ma una lunga sezione di coda). Il Reggiane, visto di lato, ha una fusoliera posteriore minuscola, ma la coda, di forma trapezioidale, è molto grande e senza equivalenti italiani, mentre visto di pianta la sua ala è ellittica, come gli Spitfire (e gli altri Reggiane).

Con armi, velocità e soluzioni propulsive analoghe, i tre serie '5' sono naturalmente diventati relativamente simili. Questi tre aerei, ben tre tipi diversi tutti validi nati in un'Italia già in grave difficoltà e poco noti nella loro limitata carriera, hanno così suscitato l'interesse tra gli appassionati d'oggi, così come tra i tecnici e gli aviatori di 60 anni fa. Non bastasse, il Macchi MC.205V Veltro era solo un caccia ad 'interim': il vero Macchi 205, per la serie '5', era il modello C.205N Orione, che per giunta è stato realizzato in 2 diverse versioni, anche se essenzialmente diverse solo per armamento. Quindi i caccia '5' erano in realtà almeno 4, per non dire di altri tipi in studio o sviluppo dalla Caproni-Vizzola e dalla Piaggio.

Ora analizziamo con calma le loro prestazioni e i dati noti, guardando come questi si possono assommare e aiutino eventualmente a comprendere di più delle loro capacità, che sono sempre state oggetto di dibattito.

Infatti, i Tedeschi valutarono come 'buono' il Reggiane, 'ottimo' il Centauro e solo 'mediocre' il C.205V. Eppure, proprio quest'ultimo, con la sua piccola ala (16,8 m2) e un peso relativamente basso, era il più veloce in orizzontale e uno dei più rapidi in salita. Era peraltro anche quello più lungo da produrre in termini di ore-uomo (25.000 vs 22.000 per il Re.2005 e non meno di 15.000 per il G.55), ma non richiedeva più tempo di altri aerei (Spitfire) e le tecnologie necessarie erano semplici, per giunta basate direttamente sull'MC.202 di cui originariamente era la versione Bis (rimotorizzata; M significa invece Modificata in termini strutturali, per questo si è avuto il BR.20, BR.20M e il BR.20bis, per fare un esempio). Per giunta, nel dibattito ci si sono messi anche i piloti con i loro commenti. Adriano Mantelli, grande collaudatore dell'Aermacchi, ha commentato dicendo che il Veltro è “uno dei migliori aerei da caccia messi in campo dagli Alleati, sicuramente il migliore di quelli italiani a me noti'. Non solo, ma 'con meno affetto ricordo gli altri due 205, gli N. Pur essendo degli ottimi aerei, non avevano la personalità grintosa del Veltro”. E poi chiosa affermando che non potrebbe mai dimenticare le caratteristiche inebrianti del 205V, la sua docilità, sicurezza e bellezza estetica.

Difficile dunque fare il punto. I Tedeschi erano molto meno entusiasti del Veltro, limitandosi a trovarlo come un aereo 'veloce, manovra bene, ma tende a stringere troppo nelle virate finendo in vite', lamentavano l'inaffidabilità della pur potente radio di bordo e la difficoltà di rifornire l'aereo rispetto a quelli tedeschi. Germania e Italia in realtà erano andate dietro al Centauro, giudicato il migliore dei '5'. Nemmeno quando l'Orione (che aveva il nome di una costellazione, come gli altri '5' e a differenza del 'Veltro') divenne disponibile cambiarono idea, e non solo per i mesi di ritardo accumulatisi. La proposta Macchi era allettante: si sarebbe usato il Veltro alle quote medio-basse, visto che il suo comportamento in volo era molto buono fino a 7-8 mila metri, e si sarebbe poi usato l'Orione per evoluire con maggiore sicurezza ad oltre 10 mila metri. Il tutto con un aereo fondamentalmente simile, un pò sulla falsariga degli Spitfire LF/HF che avevano ali di differenti dimensioni.

Il Veltro era stato armato originariamente solo con 2 armi da 12,7 e 2 da 7,7 mm (750 e 1.000 cp totali). Questa era la Serie I, 100 apparecchi, ma pare che alcuni ebbero anche i cannoni da 20 nelle ali (al posto delle 7,7). Perché si vollero installare le 7,7 non è chiaro, forse solo perché il 20 mm non era ancora disponibile. I Folgore ebbero due armi di questo tipo nelle ali -a partire dalla Serie VII-, ma i piloti non gradirono: l'aereo risultava più pesante di circa 100 kg e già si trattava di un velivolo decisamente pesante per il suo motore, il Bf-109E e F, con gli stessi motori, pesavano circa 400 kg in meno (1.900-2.000 kg vs 2.300-2.400, peso max circa 2.600-700 kg vs 2.900-3.000 kg). Forse nel caso del Veltro si pensò che, con la potenza disponibile, ci si potesse permettere di riportare le 7,7 mm a bordo. Nel contempo i FW-190 venivano armati con 4 cannoni da 20 mm, tanto per rendere utile un certo spazio libero dietro il motore. Difficile capire perché non si sia previsto direttamente le 12,7 mm alari, evidentemente l'ala era davvero molto simile a quella del Folgore e similmente limitata. Certo è che si fece in fretta a cambiare registro, con gli MG151/20 e ben 250 colpi per arma.

Il requisito della RA parlava però di 5 armi di cui una da 20, successivamente da aumentare a 3 da 20 mm e 2 da 12,7 mm, quindi a stretto rigor di logica il Veltro non avrebbe dovuto essere scelto, e così i concorrenti Fiat e Reggiane lo attaccarono. Ma di fatto, la commessa per diverse centinaia di aerei venne passata anche a questo.

Il problema del Veltro era la difficoltà, nonostante l'enorme muso, di sfruttare il motore DB-605 con il suo cannone motore MG151. Il problema era tutto della struttura interna, dove bisognava operare una profonda revisione per trovare lo spazio per il cannone. Stranamente questo spazio, per quanto esiguo, non venne usato nemmeno per installare una terza Breda da 12,7 o al limite, da 7,7 mm (per esempio, il Folgore ne sarebbe stato particolarmente beneficiato, dato che il suo standard era solo di due 12,7 mm). Per riprogettare le strutture, l'alloggio motore, il serbatoio principale ecc. c'era bisogno di tempo, così intanto si andò con la 'soluzione provvisoria' C.205V con la struttura del Folgore irrobustita e sbrigativamente adattata.

Questa è stata del resto anche la via scelta dagli Inglesi: quando si trattò di studiare una nuova versione dello Spit, si elaborò il sofisticato Mk VIII, ma la cosa prese tempo e per affrontare il FW190, chiaramente superiore, venne scelta la soluzione d'emergenza dello Spit con il Merlin 61.Il risultato, lo Spit Mk IX, pur se affrettato, fu un successo da oltre 5.400 esemplari, mentre l'Mk VIII rimase uno sconosciuto storico, prodotto in una quantità pari a circa un terzo e non necessariamente migliore dell'altro (sebbene alcuni lo considerassero il migliore degli Spitfire). Così per il Macchi, ma qui la situazione precipitò presto. Il Macchi 205V arrivò in volo il 19 aprile 1942. L'Orione, invece, alla fine dell'anno. Del primo si fece in tempo a collaudarne due esemplari nel novembre 1942, arrivati a 20 nel marzo 1943. L'Orione 205N/2 volava all'epoca ed era lungi dall'essere pronto. Così qui la situazione definitiva fu di 172 Veltro prodotti (66 sopravvissuti fino all'Armistizio) e altri 87 almeno prodotti successivamente per la RSI più i due Orione, una soluzione simile a quella britannica, quindi, ma con ben altri numeri in gioco. Proseguendo nella disamina degli altri belligeranti, i Tedeschi, su cui i Britannici facevano la ‘marcatura ad uomo’, avevano scelto una via diversa: da un lato, continuarono a produrre il Bf-109, potenziato ed appesantito, fino ai limiti di una cellula nata molti anni prima; dall’altra tentarono la via di nuovi caccia: provarono i vari Me.209 e 309, ma senza successo; alla fine, il vero sostituto del Bf-109 fu il Me.262. Nel frattempo, come in Italia e in GB, assieme alla ditta ‘principale’ del settore caccia operavano anche altre realtà e queste, con nuovi progetti, seppero fare anche meglio, ovvero mettere in campo il FW-190, grazie al fatto che si trattava di velivoli nuovi e non legati a principi costruttivi vecchi di un lustro.

Ma come volava il Macchi Veltro? Che si trattasse di un aereo dalle caratteristiche eccellenti è opinione comune. La sua innovazione più citata era la 'velocità superiore' rispetto ai precedenti. Ma al contempo, era ancora valutato un valido dogfighter. Gli aerei italiani, eredi delle tradizioni della Coppa Schneider, erano molto robusti e maneggevoli. Il Macchi 202 aggiunse a questo la velocità elevata, perdendo poco (ma non nulla) delle altre qualità: il motore DB601 era largamente più sofisticato e difficile da mantenere dei vecchi motori radiali; se non propriamente tenuto, poteva mandare facilmente a fuoco l'aereo. Le manutenzioni inoltre erano frequenti: un progetto di grande sofisticazione e compattezza, in tal senso ben superiore a quello che poteva offrire il R.R. Merlin. Osservare i DB-600s dall'esterno quasi non consente di capire di cosa si tratti, rispetto alla confusione e alla complicazione della sagoma del Merlin, molto meno compatto, privo del sistema di iniezione e del cannone-motore. Ma anche più robusto, semplice e facile da mantenere, sebbene non consentisse ad un aereo un muso altrettanto piccolo ed aerodinamico (si veda l'aspetto dei Bf-109 quando rimotorizzati in Spagna con il Merlin, o il calo di velocità dei G.59 rispetto ai G.55). Il sistema ad iniezione, del resto, consentiva tolleranze minime di fabbricazione, non un problema di poco conto in una situazione di guerra totale con produzioni massicce da molte fabbriche diverse e non specializzate per certi compiti. Quanto alla maneggevolezza, l’MC.200, 202 e 205 condividevano un’ala quasi uguale, ma il peso era salito, a pieno carico, da 2.208 a 3.408 kg, e il carico alare ne soffriva in proporzione: 131-154 kg per le varie serie di MC.200, 175 kg/m2 per l’MC.202, 202 kg/m2 per il Veltro Sr/III.

Che il DB-605 consentisse una velocità maggiore è sicuro, che questo però fosse determinante per la valutazione dell'aereo è più difficile da dire. Inizialmente il C.205V aveva solo il motore potenziato e quindi non aveva nient'altro da offrire se non la velocità. Spesso questa è descritta come 650 kmh. I piloti italiani parlavano dell'aereo più veloce del mondo, ma già all'epoca volavano i primi jet nonché altri aerei che nel '42 erano almeno altrettanto veloci (FW-190, P-38, MiG-3 ecc). La velocità indicata dalle prove svolte, però, non è di 650 kmh, ma è leggermente inferiore, 642 kmh. Questo del resto è comune rispetto ai prototipi 'nudi', in peso leggero. L'Hurricane II prototipico arrivava a 560 kmh, l'Mk IIA scendeva leggermente a 551.

Nel caso dei Macchi, vi fu un processo ‘costruttivo’ con il passare del tempo: alla robustezza e maneggevolezza dell'MC.200, si aggiunse la velocità del Folgore, pagata con un leggero scadimento delle prime; l’armamento però restava sempre lo stesso, e per avere finalmente un aereo che conservasse robustezza, maneggevolezza, velocità, ma fosse anche ben armato si dovette attendere il Veltro (ma solo per i 'Serie III').

Chiaramente, però, se il dato di 642 kmh era relativo al caccia 205V Sr I, non può essere stato altrettanto vero per il Sr.III o anche per i pochi Sr.I eventualmente dotati di cannoni alari. La ragione è l'aumento notevole di peso per i cannoni MG-151, che oltretutto sporgevano anche dalle ali, creando della resistenza aggiuntiva. Il peso delle sole 250 munizioni per cannone è di circa 30 kg, ma il colpo completo e il nastro d'alimentazione superavano largamente questo valore, poi da moltiplicare per due.

Dato che per anni non si sono conosciuti molti particolari di questi aerei e dei loro test, la cosa è stata sostanzialmente ignorata, ma le conseguenze non sono irrilevanti. Finalmente, usciti da una certa inerzia, gli scrittori del settore hanno dato alla stampa dei lavori più completi e comprensibili.

Attualmente, si sa che la velocità massima del Macchi 205V Sr III era inferiore di circa 20 kmh e variamente indicata come 620 o 624 kmh, in tutti i casi raggiunta a 7.200 –7.300 m. Nei combattimenti aerei il Veltro era più a suo agio alle quote medie e qui forse la sua velocità si faceva anche più apprezzare, restando piuttosto alta.

Il valore della velocità slm (livello del mare) non è noto; si sa però che arrivava a 530 kmh a 1.000 m, e a 550 a 2.000. La Serie I dev'essere stata di qualcosa (15-20 kmh) più rapida. Per valutare queste prestazioni, altrimenti prive di un senso preciso, ci si può aiutare con il Bf-109G-6. Quest'aereo, con un motore DB-605AS, era capace di volare a 500 kmh sul livello del mare, ma questa era la versione d'alta quota, capace di 648 kmh a 8.800 m, quindi senz'altro superiore al Veltro. La versione G-6 standard era invece capace di 547 kmh a quota zero metri, quindi al contrario, superiore sul livello del mare. A 2.000 m saliva a ben 590 kmh, pari a 40 kmh vs il C.205V/III (e forse 20-25 vs il Sr.I; per la cronaca, la Sr.II non venne mai costruita). Meglio ancora faceva il Fw-190, nella versione A-8 capace di 571 kmh, 575-580 nel caso del D-9 e in ogni caso, raramente inferiore a 550-560 kmh. Il Bf-109E, invece, era limitato a 472 kmh.

Quindi il Veltro era tra i caccia più veloci -ma non il più veloce- con le sole mitragliatrici, ma con i cannoni non era nulla d'eccezionale, tranne che per gli standard italiani. Del resto in più sul Folgore non vantava che 25-30 kmh, oppure -a parità d'armamento- circa 50 kmh. La maneggevolezza era considerata molto valida, ma il motore pesava di più e così marcava un certo peggioramento rispetto all'MC.202; apparentemente a bassa quota questo non dava grossi problemi, ma ad alta quota l'ala -caricata con oltre 200 kg/m2- dava qualità di volo inferiori rispetto a quelle degli Spitfire contemporanei (Mk IX), capaci di salire se necessario fino a 13.000 m (ovvero circa 2.000 m più in alto). La deficienza ad alta quota era talmente nota che l'MC.205N venne progettato con un'alta ingrandita ad oltre 19 m2, proprio nel tentativo di ridurre il carico alare. Però, così facendo, ridusse anche la velocità a 629 kmh (628 per l'N2) e i risultati non furono eccezionali, migliorando la tangenza operativa solo di poche centinaia di metri, restando inferiore rispetto ai concorrenti Fiat e Reggiane. Quel che è peggio, l'Orione era anche afflitto da una cappottatura così attillata, da soffrire malamente il surriscaldamento del motore durante le salite, a meno di non decollare con climi molto freddi, che certamente non poteva essere in Sicilia nel '43. Questo rendeva difficile sfruttare la piena potenza del motore senza il rischio di surriscaldarlo.

Quanto alla velocità di salita, essa è un altro degli argomenti più scabrosi dei caccia italiani, che peraltro, generalmente hanno visto prestazioni 'al top' in questo settore, senz'altro migliori di quelle di velocità massima orizzontale.

Nel caso dell'MC.205V, le prestazioni vanno al solito comparate, visto che non può bastare elencare semplicemente un qualche tempo di salita per risolvere una questione complessa.

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