Caccia tattici in azione: differenze tra le versioni

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In quel contesto disperato che era la seconda metà del '44, la scelta del G.56 non avrebbe potuto offrire un miglioramento accettabile per la LW, mentre avrebbe sicuramente rappresentato una pericolosa discontinuità nella produzione di caccia; inoltre, se armato con 5 cannoni per aumentare l'efficacia contro i bombardieri, avrebbe perso una parte delle sue prestazioni.
In quel contesto disperato che era la seconda metà del '44, la scelta del G.56 non avrebbe potuto offrire un miglioramento accettabile per la LW, mentre avrebbe sicuramente rappresentato una pericolosa discontinuità nella produzione di caccia; inoltre, se armato con 5 cannoni per aumentare l'efficacia contro i bombardieri, avrebbe perso una parte delle sue prestazioni.


Visto tutto quanto sopra, al di là di qualche eventuale margine di superiorità complessiva, l'intero affare non era un buon affare e così il programma, dopo quasi due anni di interesse per il caccia Fiat, venne definitivamente terminato dal RUK nell'autunno del '44. Il G.56 avrebbe avuto invece molto senso per le necessità italiane, dato anche che la RSI non avrebbe avuto Me.262 o FW-190D/152; ma i bombardamenti sugli stabilimenti Fiat erano stati talmente pesanti, che il RUK decise di fermare la produzione anche del precedente G.55 e riequipaggiare l'ANR con i Bf-109. Gli Alleati non erano rimasti a guardare, data la pericolosità dei reparti repubblichini, e nell'aprile del '44 avevano azzerato sia gli stabilimenti Macchi che Fiat con bombardamenti altamente efficaci, che tra l'altro misero fine alla produzione dell'MC.202/XII, MC.205V e all'allestimento dell'MC.206 (anello intermedio prima di affrontare il definitivo MC.207 con il DB-603 e 4 cannoni). Si pensi solo che sopra Torino, malgrado la perdita in percentuale abbastanza elevata (8 bombardieri più parecchi danneggiati su circa un centinaio), vennero persi 3 G.55 su 7 che ingaggiarono battaglia, ma al suolo andò distrutto o gravemente danneggiato il G.56, una quindicina di G.55, altri aerei ancora, e infine, l'attacco cancellò i programmi successivi che prevedevano di completare almeno una parte di 3.600 Centauro ordinati (di cui i serie II avrebbero dovuto avere 5 MG151). Un risultato complessivo che ripagò bene la perdita di pochi B-24.
Visto tutto quanto sopra, al di là di qualche eventuale margine di superiorità complessiva, l'intero affare non era un buon affare e così il programma, dopo quasi due anni di interesse per il caccia Fiat, venne definitivamente terminato dal RUK nell'autunno del '44. Il G.56 avrebbe avuto invece molto senso per le necessità italiane, dato anche che la RSI non avrebbe avuto Me.262 o FW-190D/152; ma i bombardamenti sugli stabilimenti Fiat erano stati talmente pesanti, che il RUK decise di fermare la produzione anche del precedente G.55 e riequipaggiare l'ANR con i Bf-109. Gli Alleati non erano rimasti a guardare, data la pericolosità dei reparti repubblichini, e nell'aprile del '44 avevano azzerato sia gli stabilimenti Macchi che Fiat con bombardamenti altamente efficaci, che tra l'altro misero fine alla produzione dell'MC.202/XII, MC.205V e all'allestimento dell'MC.206 (anello intermedio prima di affrontare il definitivo MC.207 con il DB-603 e 4 cannoni). Si pensi solo che sopra Torino, malgrado la perdita in percentuale abbastanza elevata (8 bombardieri più parecchi danneggiati su circa un centinaio), vennero persi 3 G.55 su 7 che ingaggiarono battaglia, ma al suolo andò distrutto o gravemente danneggiato il G.56, una quindicina di G.55, altri aerei ancora, e infine, l'attacco cancellò i programmi successivi che prevedevano di completare almeno una parte apprezzabile di 3.600 Centauro ordinati (di cui i serie II avrebbero dovuto avere 5 MG151). Se si considera che in circa 6 mesi di produzione in serie si era arrivati a completare 164 aerei (ma l'incertezza resta: con o senza quelli prodotti prima dell'Armistizio, o quanto meno quelli di preserie? Le fonti non paiono in accordo su questi numeri), e che mancava ancora un anno alla fine della guerra, la possibilità concreta poteva comprendere una produzione di forse 200-400 aerei, tra cui magari anche i G.55/II e qualche decina di G.56. Annullare tutto questo (e costringere i Tedeschi a privarsi di circa 180 Bf-109 per rinforzare l'ANR) fu un risultato complessivo che ripagò bene la perdita di pochi B-24.

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Un altro elemento di discordia è il Reggiane Re.2005. Posto che il suo disegno ottimizzava magnificamente la penetrazione aerodinamica pur con un velivolo maneggevole quanto o più di uno Spitfire, il dato sulla sua velocità non è facile da stabilire. Nei collaudi vennero stimate velocità di 565-678 kmh orizzontali, e una straordinaria affondata a 980 kmh durante una picchiata. Ovviamente, all'epoca i controlli erano empirici e così la strumentazione di bordo; né erano disponibili registrazioni di precisione radar e di dati come è accaduto successivamente. Joe Baugher ricorda nel suo sito la difficoltà dei P-38 di superare limiti di mach già di poco superiori a 0,6 senza entrare in difficoltà, fino a diventare praticamente incontrollabile oltre mach 0,72. Eppure, i suoi strumenti hanno in un caso riportato un valore di 750 miglia orarie, il che significa che il Lighting sarebbe diventato supersonico (1.205 kmh). Persino uno Spitfire Mk I o II poteva riportare talvolta 600 miglia orarie in picchiata (965 kmh). Uno Spitfire che per certo andò vicino al muro del suono, durante una picchiata, perse circa 13.000 m in un minuto e la cosa venne riportata dai radar, quindi è un fatto sufficientemente documentato, ma anche un’eccezione rispetto alla regola.

Qualunque fosse la velocità effettiva del Reggiane, a pieno carico (quindi munizioni e carburante) lo si stimò capace di circa 628 kmh a circa 7.000 m. I pesi e i tempi di salita, però, non sono necessariamente affidabili.

In ogni caso, il G.55 e il Re.2005 si dimostrarono i veri 'finalisti' del concorso: il Macchi 205V, nonostante la sua popolarità, non era considerato come un vero '5'. Il Macchi Orione era un mezzo assai insoddisfacente pur se per tanti aspetti superiore al Veltro (anche leggermente in autonomia e tangenza operativa: la prima delle due forse era dovuta ad una maggiore quota operativa mantenibile con una riduzione dei consumi). Tra i due, il G.55 era leggermente superiore in quota massima e il Sagittario in agilità e velocità. La gara venne decisa da altri fattori: il Centauro era più facile da produrre in grande serie, per esempio le centine alari non erano né rudimentali strutture a barra come quelle del Veltro né interamente stampata come quelle del Sagittario, ma una via di mezzo (anche in questo senso il nome 'Centauro' si dimostra azzeccato, un ibrido tra diverse tecnologie). Inoltre l'aereo era più grande, decisamente più robusto e capace di supportare dei cambiamenti, per esempio fu l'unico caccia italiano a dimostrare di poter volare con il DB603 (il Re.2006 non venne mai portato in volo e il C.207 mai completato) tramite la versione G.56.

Quanto il Reggiane fosse davvero fragile e quanto non fosse per la velocità eccessiva che raggiungeva nelle picchiate è difficile dire: ma lo stesso Macchi 202 era stato abilitato a volare in picchiata fino a circa 920 kmh, per cui le differenze non erano poi così grandi. Di sicuro il carrello non si dimostrò così robusto (era di un tipo diverso dai soliti italiani, quasi un ibrido: era basato nelle ali eppure si ripiegava verso l'esterno, una caratteristica rimasta unica della Reggiane).

Un problema era, nella valutazione, non solo la stima della velocità massima, ma anche della salita.

I tempi di salita del G.55 sono, al peso di 3.680 kg, 7 minuti e 12 secondi per i 6.000 m, per gli 8.000 m sono indicati sia 9 min 54 sec oppure 10'11''. E' peraltro difficile capire bene questi dati: non si capisce in particolare a cosa corrisponda il peso in questione, visto che il massimo al decollo è di 3.720 kg ed esternamente sono disponibili 320 kg di carico massimo. Visto che la prova è per missioni di caccia, è presumibile che si tratti del peso massimo senza carichi esterni, ma non è ben chiaro come vengano fuori i circa 1.010 kg tra peso a vuoto e peso al decollo. Un problema è che spesso il termine 'a vuoto' non significa anche 'a vuoto equipaggiato' e anche qui non è chiaro cosa si intenda per 'equipaggiato'. Detto in altri termini, il peso potrebbe benissimo non comprendere la radio, i cannoni, la corazza per il pilota, oltre al pilota stesso, carburante, olio e munizioni.

I dati conosciuti del Re.2005 parlano di una salita a 6.000 m in 6,55 minuti (6'33''), e a 8.000 m in 9'42''. Ma vi sono anche dati che dichiarano rispettivamente 5'30'' e 7'56'', dei valori che passano da un livello molto buono ad uno eccellente, sicuramente il migliore tra quelli italiani e inferiore forse solo agli Spit Mk IX e VIII. Come si spiega tale differenza? Anche qui non ci sono ragioni ufficiali: su di una fonte c'é scritto così, su di un'altra c'é scritto cosà.

Bisogna indagare e spulciare tra le fonti disponibili per capirne di più. Per esempio, la relazione tedesca nella prova con il Sagittario dice che l'aereo, il prototipo (presumibilmente l'MM.494) non poteva (per ragioni di raffreddamento?) contare sulla piena potenza (limitatandosi a 100 hp meno). Ma va anche detto che l'MM.494 era armato di 1x20 e 4x12,7 mm, così come gli altri '5' prototipici (Orione e Sagittario). Ma già dal secondo prototipo ebbe 3 cannoni da 20 e due da 12,7 mm. Così però il peso aumentava sensibilmente. Va detto che il Sagittario anche con tre cannoni era relativamente scarso a carico utile: 150 cp per il cannone centrale, 170 per quelli alari. Il C.205V, con due soli cannoni, aveva 500 cp contro 490, il G.55 ne aveva 650 (250 +2x200), mentre l'Orione 2 ne aveva persino di più (forse 750). Di fatto, il Re.2005 non superava le munizioni dei Bf-109G con cannoni ausiliari (200+2x140 cp, anche se spesso ne imbarcava di meno). In ogni caso, il peso riportato di 2.600 kg è relativo al prototipo valutato contro gli altri '5' e quindi inferiore rispetto ai tipi successivi. A maggior ragione quando, ad un certo punto, per rimediare ai cedimenti della parte posteriore della fusoliera il rivestimento esterno aumentò da meno di un millimetro a ben 11, un valore degno di uno Il-2.

Forse anche qui la vera spiegazione della differenza notevole tra le prestazioni non è nei 100 hp di differenza del motore, che accontano per il 6% del totale, non certo per il 15, quanto piuttosto il 'settaggio' del motore. Così come il Veltro, con il DB-605 portato a 2.750-2.800 giri-min anziché 2.300, arrivava a 6 mila metri in 5'51'', anche il Sagittario variava la velocità di salita allo stesso modo e con la stessa differenza di tempi.

Quindi in definitiva, allo stato attuale non si conoscono i parametri di salita e non si conosce il peso di un Sagittario con cannoni. Quel che se ne sa è l'entusiasmo dei piloti italiani, a cominciare da Vittorio Minguzzi, che usarono pochi Sagittario in azione su Napoli e poi in Sicilia. Nel primo caso fu un lavoro duro ma fattibile, nel secondo un massacro con otto aerei su otto persi in pochi giorni, sia in aria che a terra. Minguzzi e gli altri aviatori erano entusiastici del Sagittario, e valutavano la sua velocità di attacco ad alta quota (dove erano i B-24) addirittura doppia rispetto a quella dei Macchi Folgore, il che parla bene di come le prestazioni in quota variassero. Già così fu il cambio tra MC.200 e MC.202: a 7.000 m il Saetta era capace malamente di superare i 350 kmh ed era veramente in svantaggio rispetto a quasi tutti i caccia nemici. L'MC.202 era capace di volare a quasi 600 kmh, ma questo non era sufficiente ad alta quota, dove il motore DB601 (e a maggior ragione la copia italiana, che pare -ma l'argomento è dibattuto- fosse sensibilmente meno potente) perdeva parecchia potenza. Per velocità d'attacco non è che si intenda la velocità massima, chiaramente, ma la rapidità d'azione, per esempio grazie al basso carico alare (simile a quello dello Spitfire) il Sagittario poteva manovrare bene ad alta quota, laddove il Folgore evidentemente perdeva colpi e impiegava parecchio per completare le virate e reimpostare l'attacco.


Forse queste impressioni ‘a pelle’ valgono più di tanti numeri e diagrammi. Sempre in termini di prestazioni, vi sono aerei ben più interessanti sugli aerei storici più noti, di cui si dirà in un’altra parte dell’opera. Qui basti solo dire che se i migliori dati di salita di un Spitfire Mk V erano dell’ordine di 6,5 minuti per 20.000 ft (6.095 m), ma sono anche riportati dati di circa 7 minuti; se l’aereo era tropicalizzato si saliva a 8 minuti, 10 con un serbatoio o una bomba. Ma nel caso degli Spitfire Mk IX c’erano nuove variabili, come il regime di super-potenza che normalmente era applicato per non più di 5 minuti, ma che per gli scopi dei test poteva essere applicato anche per più tempo. Con questo ‘settaggio’ e i radiatori con prese d’aria chiuse, a parte il rischio di surriscaldamento (poco presente in Gran Bretagna), lo Spit saliva a 6.100 m in circa 4,5 minuti, e poteva raggiungere i 26.000 ft (circa 8 mila metri) in meno di sette minuti (in condizioni più normali circa un minuto in più). Questa capacità di salita è straordinaria e supera anche i migliori dati del Re.2005, per non dire degli altri. In queste condizioni lo Spit saliva a 9.100 m in circa 9 minuti, quando il più pesante P-51 Mustang ce ne metteva 13, pur essendo più veloce in volo orizzontale. Questo tanto per parlare di qualche dato pratico, che poi sarà meglio approfondito nelle altre sezioni. Qui basti concludere dicendo che nelle gare tra Spitfire e Mustang nell’AMI del dopoguerra, il secondo aveva delle penalizzazioni in velocità massima, ma il primo era penalizzato di un minuto nei tempi di salita (si trattava di percorsi misti che comprendevano salite e tratti orizzontali).


L'armamento del Sagittario era inizialmente proprio quello del prototipo, infatti l'MM.494 era andato alla 362a squadriglia per una prestazione dal vivo. Ma anche così Minguzzi ne lodava l'efficacia, rispetto alle mitragliatrici dei Macchi, del resto conosceva bene la potenza dei 20 mm avendoli già usati con un D.520<ref>Ciampaglia, Giuseppe: ''Quando la R.A. adottò il cannone da 20 mm'', RID Nov 2006</ref>.

Come cacciabombardiere il Sagittario aveva la stessa impostazione degli altri '5' e poteva portare fino a due bombe da 100 o 160 kg, oppure fino a 8-14 bombe da 12-20 kg HE o anche HEAT o a frammentazione. Tuttavia venne sperimentato anche con bombe più pesanti. Durante la prova con un'arma da 500 kg però il carrello si ruppe. Un ordigno da 250 kg con spoletta a tempo venne sganciato sopra una formazione di aerei ma pare che non funzionò ed esplose nelle acque del Golfo di Napoli, per cui la cosa finì lì. All'epoca la LW tedesca usava anche questo espediente pur di contrastare le armate aeree Alleate e si pensò di emularla, ma senza successo. Secondo i Tedeschi l'aereo era inadatto al ruolo di cacciabombardiere, ma del resto anche lo Spitfire e il Bf-109 non brillavano particolarmente in tal senso.

Data la natura difensiva della guerra, l'Italia era all'epoca poco interessata ai cacciabombardieri. Mussolini, all'inizio del 1943, a Palazzo Venezia, pronunciò un discorso in cui spronava a costruire più aerei e armati con cannoni da 20 e 37 mm, realizzandone 'masse'. All'epoca Mussolini ricordò che la Regia Aeronautica avesse ben 4.838 aerei, più 4.434 scuola per un totale di 9.500 (ammesso che si trattasse di un dato reale, cosa su cui si può dubitare molto). Ma notava, che dei 2.413 caccia solo 748 erano di pronto impiego, e di questi appena 168 MC.202, più 195 CR.42 e 234 C.200 (stranamente non fece menzione dei G.50), entrambi superati. In tutto gli aerei 'moderni' (pur definendo i C.200 come superati) erano 402, ma lui considerava le 'masse' da 500 aerei in poi<ref>Vedi articolo di Storia militare N.150</ref>.


==Referenze==
==Referenze==

Versione delle 14:40, 7 lug 2009

Ho deciso di iniziare questo libro perché molte delle cose che ho trovato non si inquadrano in nessuna delle opere precedenti. Dalle mail che mi arrivano, dalle letture e dai dati che si trovano in giro, è possibile ipotizzare che una certa ombra esista nella trattazione degli aerei, che non si inquadra bene in quanto scritto precedentemente.

Come è inteso questo libro? Essenzialmente, non tanto per parlare delle guerre o delle Forze armate, ma per capire un pò meglio i singoli aerei in azione. La loro missione, le loro caratteristiche, prestazioni, qualità e limitazioni, specie quelle più controverse e difficili da 'afferrare', vuoi per la mancanza di dati, vuoi per la presenza di dati errati-contraddittori-inefficaci nel descrivere la macchina in parola. Per questo ho cercato di fare il punto e di fare i classici 'controlli incrociati' tramite le fonti disponibili, e i risultati sono spesso molto interessanti. Così ho pensato a questo libro, per seguire meglio e in maniera più slegata da altre cose e questioni: non capitoli o paragrafi, ma un intero libro dedicato al pilotaggio, alle prestazioni, alla missione tipica dei tanti aerei, sia quelli più famosi, che quelli più interessanti tecnicamente, che quelli più controversi. Tentando così di fare un pò di chiarezza e ordine alle tante notizie che anche adesso, nonostante Wikipedia e il suo invalutabile contributo a confrontare le conoscenze e a renderle pubbliche, si trovano spesso su tanti siti internet. Spero che la cosa sia gradita a chi cerca maggiori informazioni ma raramente le trova o se le trova, sono slegate e scarsamente compatibili tra di loro.

E poi vi è la straordinaria proliferazione di modelli e versioni varie. Nella II GM le differenze le facevano i motori e i pesi di bordo, attualmente l'avionica fa anche più differenze tra i vari aerei. Pensate solo, nel primo caso, al Bf-109B da 465 kmh e al Bf-109K-4 da 725 kmh; nel secondo caso, quale differenze vi siano tra gli F-16 venezuelani (mai praticamente ammodernati in maniera apprezzabile) e i Block 60 o, fenomeno recente (dati i costi astronomici dei nuovi apparecchi), con le versioni ricostruite e ammodernate (tipicamente, gli F-5, MiG-21, F-4 e F-16) ai migliori standard operativi. Si pensi all'A-4 Skyhawk, che è un aereo del '54, ma che ha ottenuto la possibilità di installare il radar dell'F-16 e-o il motore F404 dell'F-18, diventando in pratica 'un altro aereo' anche comparato agli ultimi A-4M nuovi di produzione.

Ma è la II GM che ha visto il maggior uso (quasi 700.000 aerei) dell'aviazione militare, e vari confronti 'classici' hanno visto un'infinità di 'round' nei cieli, così come una quantità infinita di dibattiti su chi fosse migliore, e perché: Zero vs P-40 o Wildcat, Bf-109 vs Spitfire, Mustang vs FW-190 ecc. Confronti mai banali, perché le valutazioni sugli aerei, sulle loro prestazioni e sulla maneggevolezza, anche più difficile da valutare, sembrano non finire mai. Quanto alla maneggevolezza, in effetti è anche più difficile da valutare. Per esempio, il P-51 Mustang era un buon dogfighter, sia pure non eccezionale in tal senso; ma con i serbatoi a pieno carico, specie quello ventrale (che spostava parecchio all'indietro il baricentro), l'aereo perdeva molta della sua maneggevolezza. Magari la velocità ne risultava solo marginalmente afflitta, ma la distribuzione dei pesi e la posizione del baricentro conseguente sono cose ben più difficili da cogliere, e così le sorprese (generalmente non belle) per i piloti non mancavano.

I caccia serie 5

Negli ultimi anni, finalmente, sono apparsi un buon numero di lavori approfonditi su molti degli aerei meno noti della II GM, lavori sotto forma di monografie o semplicemente di servizi approfonditi su riviste storiche. Senza dover andare a comprarsi testi in inglese (comunque non molto diffusi, quando si parla di aerei italiani), o tomi italiani dal costo non di rado proibitivo, e con gli autori storici che finalmente hanno scartabellato un gran numero di documenti d'archivio, è stato possibile colmare molte delle lacune. Ma la teoria e la pratica spesso non vanno d'accordo, così come le prestazioni calcolate, le prove pratiche e il rendimento in combattimento.

File:Macchi C.205.jpg

Nel caso dei caccia Serie '5', nell'arco di vari anni sono apparsi parecchi lavori molto interessanti, sia come fotografie che come materiale vero e proprio. Forse è dovuto al restauro del Macchi MC.205V e a quello del G.55, ma di sicuro questo ci offre la possibilità di valutare quello che questi aerei erano capaci di fare. Molto popolari, spesso (specie i Macchi e i Reggiane, o meglio il Reggiane 2005) descritti come bellissimi aerei (sicuramente molto curati nell'aerodinamica, e come diceva Marcel Dassault 'Ciò che è bello vola anche bene'), affascinano per l'aria di potenza e velocità che offrono, così come l'impressione -confermata anche dai fatti- di robustezza e solidità.

Uno dei motivi che li rende particolarmente interessanti, è che sono diversi tipi, simili ma 'non uguali', non solo in termini estetici, ma sopratutto costruttivi. E' come un campionato di Formula 1, con tutti questi aerei nati con requisiti analoghi e con una motorizzazione comune, così come la soluzione adottata, la gobba dorsale. Questa serve per ridurre la sezione posteriore della fusoliera, il che aiuta a ridurre anche la resistenza aerodinamica, un po’ come si vede nelle automobili di F.1. Specialmente con i Macchi, la fusoliera era una sorta di 'fuso', con il cono di coda ben oltre il timone. Altri aerei riducevano solo progressivamente lo spessore fino all'attacco della coda, oppure diminuivano la sezione con una struttura a 'triangolo' come nel caso del Bf-109, cercando di incassare il pilota dentro la fusoliera per semplificare la costruzione e ovviamente aiutare la penetrazione aerodinamica. Nel caso dei caccia italiani il pilota era sistemato sopra la fusoliera, almeno la sua vetratura. Del resto era necessario, data la lunghissima sezione del muso. Inizialmente i caccia serie ‘0’ erano dotati di un motore corto e tozzo, e il pilota non aveva troppi problemi a guardare davanti, assiso nella ‘gobba’ dell’aereo (particolarmente pronunciata proprio nel Macchi 200). Poi, come tanti altri aerei dell’epoca, si passò dai motori stellari a quelli in linea. Questi erano più snelli, ma parliamo di un aumento di potenza considerevole perciò la larghezza in realtà non era particolarmente inferiore, mentre la lunghezza era notevolmente maggiore, allungando di qualche metro il ‘naso’ del velivolo e mettendo in difficoltà il pilota, che ora anziché nella parte centrale dell’aereo era confinato in coda. L’esempio peggiore, pur molto simile ai caccia italiani, era forse il MiG-1/3, a causa di un motore particolarmente lungo e pesante sistemato in una cellula piccola e compatta.

Nel caso del Reggiane 2005, il muso e la grande coda praticamente rendevano quasi irrilevante la fusoliera centro-posteriore, ridotta all'abitacolo e a un piccolo moncone posteriore. Nell'insieme, nonostante la posizione elevata, i piloti non avevano una buona visione dall'interno, specie il Reggiane 2005.

In ogni caso, l'apparizione contemporanea di questi 3 caccia (primavera del '42) e le loro caratteristiche di volo, hanno dato molte discussioni, sia su quella che poteva essere la migliore scelta del concorso a cui partecipavano, sia sulle loro effettive capacità operative e le soluzioni interne.

Visti da fuori, per un profano è difficile distinguerli. Il Macchi 205 si riconosce per il muso piuttosto lungo e, di pianta, per un'ala abbastanza piccola. Il G.55 è quello più grande e pesante, e il muso, per una volta, è relativamente armonioso rispetto alla fusoliera posteriore, un pò come gli ultimi Spitfire (che inizialmente avevano, al contrario, un muso relativamente corto ma una lunga sezione di coda). Il Reggiane, visto di lato, ha una fusoliera posteriore minuscola, ma la coda, di forma trapezioidale, è molto grande e senza equivalenti italiani, mentre visto di pianta la sua ala è ellittica, come gli Spitfire (e gli altri Reggiane).

Con armi, velocità e soluzioni propulsive analoghe, i tre serie '5' sono naturalmente diventati relativamente simili. Questi tre aerei, ben tre tipi diversi tutti validi nati in un'Italia già in grave difficoltà e poco noti nella loro limitata carriera, hanno così suscitato l'interesse tra gli appassionati d'oggi, così come tra i tecnici e gli aviatori di 60 anni fa. Non bastasse, il Macchi MC.205V Veltro era solo un caccia ad 'interim': il vero Macchi 205, per la serie '5', era il modello C.205N Orione, che per giunta è stato realizzato in 2 diverse versioni, anche se essenzialmente diverse solo per armamento. Quindi i caccia '5' erano in realtà almeno 4, per non dire di altri tipi in studio o sviluppo dalla Caproni-Vizzola e dalla Piaggio.

Ora analizziamo con calma le loro prestazioni e i dati noti, guardando come questi si possono assommare e aiutino eventualmente a comprendere di più delle loro capacità, che sono sempre state oggetto di dibattito.

Infatti, i Tedeschi valutarono come 'buono' il Reggiane, 'ottimo' il Centauro e solo 'mediocre' il C.205V. Eppure, proprio quest'ultimo, con la sua piccola ala (16,8 m2) e un peso relativamente basso, era il più veloce in orizzontale e uno dei più rapidi in salita. Era peraltro anche quello più lungo da produrre in termini di ore-uomo (25.000 vs 22.000 per il Re.2005 e non meno di 15.000 per il G.55), ma non richiedeva più tempo di altri aerei (Spitfire) e le tecnologie necessarie erano semplici, per giunta basate direttamente sull'MC.202 di cui originariamente era la versione Bis (rimotorizzata; M significa invece Modificata in termini strutturali, per questo si è avuto il BR.20, BR.20M e il BR.20bis, per fare un esempio). Per giunta, nel dibattito ci si sono messi anche i piloti con i loro commenti. Adriano Mantelli, grande collaudatore dell'Aermacchi, ha commentato dicendo che il Veltro è “uno dei migliori aerei da caccia messi in campo dagli Alleati, sicuramente il migliore di quelli italiani a me noti'. Non solo, ma 'con meno affetto ricordo gli altri due 205, gli N. Pur essendo degli ottimi aerei, non avevano la personalità grintosa del Veltro”. E poi chiosa affermando che non potrebbe mai dimenticare le caratteristiche inebrianti del 205V, la sua docilità, sicurezza e bellezza estetica[1].

Difficile dunque fare il punto. I Tedeschi erano molto meno entusiasti del Veltro, limitandosi a trovarlo come un aereo 'veloce, manovra bene, ma tende a stringere troppo nelle virate finendo in vite'[2], lamentavano l'inaffidabilità della pur potente radio di bordo e la difficoltà di rifornire l'aereo rispetto a quelli tedeschi. Germania e Italia in realtà erano andate dietro al Centauro, giudicato il migliore dei '5'. Nemmeno quando l'Orione (che aveva il nome di una costellazione, come gli altri '5' e a differenza del 'Veltro') divenne disponibile cambiarono idea, e non solo per i mesi di ritardo accumulatisi. La proposta Macchi era allettante: si sarebbe usato il Veltro alle quote medio-basse, visto che il suo comportamento in volo era molto buono fino a 7-8 mila metri, e si sarebbe poi usato l'Orione per evoluire con maggiore sicurezza ad oltre 10 mila metri. Il tutto con un aereo fondamentalmente simile, un pò sulla falsariga degli Spitfire LF/HF che avevano ali di differenti dimensioni.

Il 'Veltro' era stato armato originariamente solo con 2 armi da 12,7 e 2 da 7,7 mm (750 e 1.000 cp totali). Questa era la Serie I, 100 apparecchi, ma pare che alcuni ebbero anche i cannoni da 20 nelle ali (al posto delle 7,7). Perché si vollero installare le 7,7 non è chiaro, forse solo perché il 20 mm non era ancora disponibile. I 'Folgore' ebbero due armi di questo tipo nelle ali -a partire dalla Serie VII-, ma i piloti non gradirono: l'aereo risultava più pesante di circa 100 kg e già si trattava di un velivolo decisamente pesante per il suo motore, il Bf-109E e F, con gli stessi motori, pesavano circa 400 kg in meno (1.900-2.000 kg vs 2.300-2.400, peso max circa 2.600-700 kg vs 2.900-3.000 kg). Forse nel caso del Veltro si pensò che, con la potenza disponibile, ci si potesse permettere di riportare le 7,7 mm a bordo. Nel contempo i FW-190 venivano armati con 4 cannoni da 20 mm, tanto per rendere utile un certo spazio libero dietro il motore. Difficile capire perché non si sia previsto direttamente le 12,7 mm alari, evidentemente l'ala era davvero molto simile a quella del Folgore e similmente limitata. Certo è che si fece in fretta a cambiare registro, con gli MG151/20 e ben 250 colpi per arma.

Il requisito della RA parlava però di 5 armi di cui una da 20, successivamente da aumentare a 3 da 20 mm e 2 da 12,7 mm, quindi a stretto rigor di logica il Veltro non avrebbe dovuto essere scelto, e così i concorrenti Fiat e Reggiane lo attaccarono. Ma di fatto, la commessa per diverse centinaia di aerei venne passata anche a questo.

Il problema del Veltro era la difficoltà, nonostante l'enorme muso, di sfruttare il motore DB-605 con il suo cannone motore-motore MG151. Il problema era tutto della struttura interna, dove bisognava operare una profonda revisione per trovare lo spazio per il cannone. Stranamente questo spazio, per quanto esiguo, non venne usato nemmeno per installare una terza Breda da 12,7 o al limite, da 7,7 mm (per esempio, il Folgore ne sarebbe stato particolarmente beneficiato, dato che il suo standard era solo di due 12,7 mm). Per riprogettare le strutture, l'alloggio motore, il serbatoio principale ecc. c'era bisogno di tempo, così intanto si andò con la 'soluzione provvisoria' C.205V con la struttura del Folgore irrobustita e sbrigativamente adattata.

Questa è stata del resto anche la via scelta dagli Inglesi: quando si trattò di studiare una nuova versione dello Spit, si elaborò il sofisticato k VIII, ma la cosa prese tempo e per affrontare il FW190, chiaramente superiore, venne scelta la soluzione d'emergenza dello Spit con il Merlin 61. Il risultato, lo Spit Mk IX, pur se affrettato, fu un successo da oltre 5.400 esemplari, mentre l'Mk VIII rimase quasi uno sconosciuto, prodotto in una quantità pari a circa un terzo e non necessariamente migliore dell'altro (sebbene alcuni lo considerassero il migliore degli Spitfire), sopratutto giunto con quasi un anno di ritardo.

Così avvenne per il Macchi, ma qui la situazione precipitò presto. Il Macchi 205V arrivò in volo il 19 aprile 1942. L'Orione, invece, alla fine dell'anno. Del primo si fece in tempo a collaudarne due esemplari nel novembre 1942, arrivati a 20 nel marzo 1943. L'Orione 205N/2 volava all'epoca ed era lungi dall'essere pronto. Così qui la situazione definitiva fu di 172 Veltro prodotti (66 sopravvissuti fino all'Armistizio) e altri 87 almeno prodotti successivamente per la RSI[3] contro due soli prototipi di Orione, una soluzione quindi simile a quella britannica, ma con ben altri numeri in gioco. Proseguendo nella disamina degli altri belligeranti, i Tedeschi, su cui i Britannici facevano la ‘marcatura ad uomo’, avevano scelto una via diversa: da un lato, continuarono a produrre il Bf-109, potenziato ed appesantito, fino ai limiti di una cellula nata molti anni prima; dall’altra tentarono la via di nuovi caccia: provarono i vari Me.209 e 309, ma senza successo; alla fine, il vero sostituto del Bf-109 fu il Me.262. Nel frattempo, come in Italia e in GB, assieme alla ditta ‘principale’ del settore caccia operavano anche altre realtà e queste, con nuovi progetti, seppero fare anche meglio, ovvero mettere in campo il FW-190, grazie al fatto che si trattava di velivoli nuovi e non legati a principi costruttivi vecchi di un lustro.

Ma come volava il Macchi Veltro? Che si trattasse di un aereo dalle caratteristiche eccellenti è opinione comune. La sua innovazione più citata era la 'velocità superiore' rispetto ai precedenti. Ma al contempo, era ancora valutato un valido dogfighter. Gli aerei italiani, eredi delle tradizioni della Coppa Schneider, erano molto robusti e maneggevoli. Il Macchi 202 aggiunse a questo la velocità elevata, perdendo poco (ma non nulla) delle altre qualità: il motore DB601 era largamente più sofisticato e difficile da mantenere dei vecchi motori radiali; se non propriamente tenuto, poteva mandare facilmente a fuoco l'aereo. Le manutenzioni inoltre erano frequenti: un progetto di grande sofisticazione e compattezza, in tal senso ben superiore a quello che poteva offrire il R.R. Merlin. Osservare i DB-600s dall'esterno quasi non consente di capire di cosa si tratti, rispetto alla confusione e alla complicazione della sagoma del Merlin, molto meno compatto, privo del sistema di iniezione e del cannone-motore. Ma anche più robusto, semplice e facile da mantenere, sebbene non consentisse ad un aereo un muso altrettanto piccolo ed aerodinamico (si veda l'aspetto dei Bf-109 quando rimotorizzati in Spagna con il Merlin, o il calo di velocità dei G.59 rispetto ai G.55). Il sistema ad iniezione, del resto, consentiva tolleranze minime di fabbricazione, non un problema di poco conto in una situazione di guerra totale con produzioni massicce da molte fabbriche diverse e non specializzate per certi compiti. Quanto alla maneggevolezza, l’MC.200, 202 e 205 condividevano un’ala quasi uguale, ma il peso era salito, a pieno carico, da 2.208 a 3.408 kg, e il carico alare ne soffriva in proporzione: 131-154 kg per le varie serie di MC.200, 175 kg/m2 per l’MC.202, 202 kg/m2 per il Veltro Sr/III.

Che il DB-605 consentisse una velocità maggiore è sicuro, che questo però fosse determinante per la valutazione dell'aereo è più difficile da dire. Inizialmente il C.205V aveva solo il motore potenziato e quindi non aveva nient'altro da offrire se non la velocità. Spesso questa è descritta come 650 kmh. I piloti italiani parlavano dell'aereo più veloce del mondo, ma già all'epoca volavano i primi jet nonché altri aerei che nel '42 erano almeno altrettanto veloci (FW-190, P-38, MiG-3 ecc). La velocità indicata dalle prove svolte, però, non è di 650 kmh, ma è leggermente inferiore, 642 kmh. Questo del resto è comune rispetto ai prototipi 'nudi', in peso leggero. L'Hurricane II prototipico arrivava a 560 kmh, l'Mk IIA scendeva leggermente a 551.

Nel caso dei Macchi, vi fu un processo ‘costruttivo’ con il passare del tempo: alla robustezza e maneggevolezza dell'MC.200, si aggiunse la velocità del Folgore, pagata con un leggero scadimento delle prime; l’armamento però restava sempre lo stesso, e per avere finalmente un aereo che conservasse robustezza, maneggevolezza, velocità, ma fosse anche ben armato si dovette attendere il Veltro (ma solo per i 'Serie III').

Chiaramente, però, se il dato di 642 kmh era relativo al caccia 205V Sr I, non può essere stato altrettanto vero per il Sr.III o anche per i pochi Sr.I eventualmente dotati di cannoni alari. La ragione è l'aumento notevole di peso per i cannoni MG-151, che oltretutto sporgevano anche dalle ali, creando della resistenza aggiuntiva. Il peso delle sole 250 munizioni per cannone è di circa 30 kg, ma il colpo completo e il nastro d'alimentazione superavano largamente questo valore, poi da moltiplicare per due. In tutto 500 proiettili arrivavano a circa 150 kg.

Dato che per anni non si sono conosciuti molti particolari di questi aerei e dei loro test, la cosa è stata sostanzialmente ignorata, ma le conseguenze non sono irrilevanti. Finalmente, usciti da una certa inerzia, gli scrittori del settore hanno dato alla stampa dei lavori più completi e comprensibili.

Attualmente, si sa che la velocità massima del Macchi 205V Sr III era inferiore di circa 20 kmh e variamente indicata come 620 o 624 kmh, in tutti i casi raggiunta a 7.200 –7.300 m. Nei combattimenti aerei il Veltro era più a suo agio alle quote medie e qui forse la sua velocità si faceva anche più apprezzare, essndo piuttosto alta.

Il valore della velocità slm (livello del mare) non è noto; si sa però che arrivava a 530 kmh a 1.000 m, e a 550 a 2.000. La Serie I dev'essere stata di qualcosa (15-20 kmh) più rapida. Per valutare queste prestazioni, altrimenti prive di un senso preciso, ci si può aiutare con il Bf-109G-6. Quest'aereo, con un motore DB-605AS, era capace di volare a 500 kmh sul livello del mare, ma questa era la versione d'alta quota, capace di 648 kmh a 8.800 m, quindi senz'altro superiore al Veltro. La versione G-6 standard era invece capace di 547 kmh a quota zero metri, quindi al contrario, superiore sul livello del mare. A 2.000 m saliva a ben 590 kmh, pari a 40 kmh vs il C.205V/III (e forse 20-25 vs il Sr.I; per la cronaca, la Sr.II non venne mai costruita)[4]. Meglio ancora faceva il Fw-190, nella versione A-8 capace di 571 kmh, 575-580 nel caso del D-9 e in ogni caso, raramente inferiore a 550-560 kmh[5]. Il Bf-109E, invece, era limitato a 472 kmh[6].

Quindi il Veltro era tra i caccia più veloci -ma non il più veloce- con le sole mitragliatrici, ma con i cannoni non era nulla d'eccezionale, tranne che per gli standard italiani. Del resto in più sul Folgore non vantava che 25-30 kmh, oppure -a parità d'armamento- circa 50 kmh. La maneggevolezza era considerata molto valida, ma il motore pesava di più e così marcava un certo peggioramento rispetto all'MC.202; apparentemente a bassa quota questo non dava grossi problemi, ma ad alta quota l'ala -caricata con oltre 200 kg/m2- dava qualità di volo inferiori rispetto a quelle degli Spitfire contemporanei (Mk IX), capaci di salire se necessario fino a 13.000 m (ovvero circa 2.000 m più in alto). La deficienza ad alta quota era talmente nota che l'MC.205N venne progettato con un'alta ingrandita ad oltre 19 m2, proprio nel tentativo di ridurre il carico alare. Però, così facendo, ridusse anche la velocità a 629 kmh (628 per l'N2) e i risultati non furono eccezionali, migliorando la tangenza operativa solo di poche centinaia di metri, restando inferiore rispetto ai concorrenti Fiat e Reggiane. Quel che è peggio, l'Orione era anche afflitto da una cappottatura così attillata, da soffrire malamente il surriscaldamento del motore durante le salite, a meno di non decollare con climi molto freddi, che certamente non poteva essere in Sicilia nel '43. Questo rendeva difficile sfruttare la piena potenza del motore senza il rischio di surriscaldarlo[7]. Di buono aveva caratteristiche di picchiata e decollo migliori, in velocità era pur sempre nelle migliori posizioni, ma il guadagno di qualche kg in meno di carico alare non era sufficiente e la maneggevolezza era inferiore rispetto agli altri due, specie sopra i 7.000 m. Il G.55 era il più pesante, ma anche il più robusto dei tre, e non denotava buffetting o vibrazioni nelle condizioni di volo, sopratutto era il migliore in termini di quota massima. Il Re.2005 era invece il migliore in velocità, docilità ai comandi e salita in quota. Tuttavia la sua robustezza era insufficiente, e in azione vennero fuori dei problemi oltre i 660 kmh, con vibrazioni e danneggiamenti alla fusoliera, che dovette essere poi rinforzata. Di tutti questi aerei, il G.55 era l'unico pensato per una rapida produzione di serie, se per 'rapido' si potevano intendere 15.000 ore, ovvero circa il triplo del Bf-109. Alla fine, vennero passati ordini per 1.800 G.55, 1.200 C.205N, 300 C.205V e 750 RE.2005. Ma fu una condizione passeggera: gli Orione vennero cancellati e rimpiazzati da altri 600 G.55.

Quanto alla velocità di salita, essa è un altro degli argomenti più scabrosi dei caccia italiani, che peraltro, generalmente hanno visto prestazioni 'al top' in questo settore, senz'altro migliori di quelle di velocità massima orizzontale.

Nel caso dell'MC.205V, le prestazioni vanno al solito comparate, visto che non può bastare elencare semplicemente un qualche tempo di salita per risolvere una questione complessa.

Il precedente MC.202 era dotato di un'ala efficiente e apparentemente, dotata di un'elevata portanza; ma è anche vero che doveva vincere il peso di 3 t con una potenza disponibile di 1.100 hp (quando lo Spit Mk V, grossomodo analogo in peso, ne aveva 1.440 e l'Mk II, analogo in potenza, non superava i 2.700 kg). Come questo rapporto potenza peso - a metà tra quello di uno Spit Mk V e quello di un P-40 potesse consentire al Macchi di salire così rapidamente non è ben chiaro. Per i 6.000 m sono talvolta citati appena 5 minuti e 53 (o 55) secondi. La cosa va comparata con i Bf-109E e Spit Mk II, che con un carico alare minore ed un rapporto potenza-peso maggiore, ci mettevano 7 minuti (nonostante che il motore del Bf-109E fosse esattamente lo stesso tipo, magari in versione leggermente diversa a seconda dei sottomodelli; questo significa che aveva anche la stessa curva di potenza rispetto alla quota). La salita in quota, differentemente dalla velocità, non ha molto a che vedere con l'aerodinamica, ma molto con il rapporto potenza peso. Il Gloster Gauntlet, il CR.42, l'Hurricane Mk I e il P-47D sono tutti considerati abili a salire a 6-6,1 km in 9 minuti, nonostante la differenza notevole in prestazioni. Ma tutti hanno un rapporto potenza peso dell'ordine dei 3:1 e questo spiega parecchie cose.

Nel caso del Macchi MC.202, del resto, si è anche detto che il prototipo sia salito a 6.000 m in 6,43 minuti, eppure era privo di antenna radio e con un carrello retrattile (poi omesso sugli aerei di serie), arrivando a 596 kmh. Come sia poi stato tarato per prestazioni superiori a questa, pur se con un peso maggiore (specie se con le due 7,7), filtri antisabbia, ruota fissa e antenna radio, è un qualcosa di non spiegabile, un dato che andrebbe sicuramente investigato meglio, specie perché praticamente contraddice i miglioramenti del Veltro, che pure -indiscutibilmente- ha un rapporto potenza-peso molto migliore (2,21-2,31 kg:hp anziché 2,5+:1).

Nel caso del Veltro, le prestazioni sono invece più chiare e illuminanti. L'aereo era capace di salire a 6.000 m in 5 min e 51 secondi, ovvero oltre mille metri al minuto di media. Un valore notevole, ma con 400 hp di potenza in più e un rapporto potenza peso migliore di almeno il 10%, e invece tutto quello che se ne ricava è un vantaggio di appena 4 secondi a 6.000 m.

Il problema è la difficoltà di comprendere come le prove siano state svolte, per esempio a che pesi e con quale taratura del motore. Questi sono particolari di grande rilievo. Il P-39 prototipo, per esempio, salì a 6.100 m in appena 5 minuti e toccò poi velocità dell'ordine dei 640 kmh. Ma era un aereo 'ripulito' di 900 kg rispetto ai tipi di serie, che ebbero un aumento dei tempi di circa il 50% e una velocità leggermente inferiore.

Per il Macchi 205V, quello che è stato recentemente pubblicato parla dei collaudi, ma della Serie I. Questa pesava al decollo 3.268 kg e non 3.408 come la Sr III pienamente equipaggiata. Inoltre il 'settaggio' del motore era diverso. Il DB-605 aveva una potenza d'emergenza di 1.475 hp ma a 2.800 hp, in genere usata solo per il decollo o per qualche minuto, dopo di che si rischiava di bruciare il motore. A 5.800 m la potenza massima era di 1.250 hp a 2.600 giri. Il regime di funzionamento tipico per la potenza di salita era a 2.300 giri e 835 mm di Hg di sovrapressione, il che comportava la salita a 6 mila metri in 7 minuti e non i sei scarsi delle prove. Questa differenza è notevole e ci si può meravigliare di quali fossero i dati dell'MC.202, visto che esso possedeva praticamente la stessa aerodinamica ma con il 10% di rapporto peso/potenza in meno, il che avrebbe potuto dare con le stesse condizioni ‘operative’ valori ben diversi rispetto a meno di sei minuti, probabilmente dell’ordine degli 8 minuti (ovvero uno in più del Veltro). La cosa è anche più interessante se si considerano i tempi noti alle varie quote:

Ecco la comparazione tra MC.202 e MC.205V (Sr.I, 2.800 giri):

  • 1 km, 39/41’’;
  • 2 km, 1’ 28’’/1’ 37’’;
  • 3 km, 2’28’’/?;
  • 4 km 3’32’’/3’44’’;
  • 5 km, 4’4’’/4’48’’;
  • 6 km, 5’55’’/5’51’’.

Salta subito all’attenzione che l’MC.202 era riportato come nettamente più veloce dell’MC.205V fino a 5 mila metri. Come la cosa sia possibile, dato che il DB-605 è stato installato proprio per aumentare il rapporto potenza-peso del progetto base (originariamente noto come MC.202 bis) è tecnicamente difficile da comprendere, visto che il DB-605 eroga molta più potenza a tutte le quote, fin dal decollo. Cosa ancora più interessante, però, è che questa superiorità di prestazioni fosse contro un MC.205V già a carico leggero e con la massima potenza in emergenza, e non contro un aereo che sale in condizioni ‘normali’ (2.300 giri-min), tanto meno un MC.205V/III. Anche più interessante però è che i tempi di salita fino a 5.000 m sono dell’ordine dei 20 metri al secondo (244 secondi totali); ma se fino a questa quota si saliva di 1 km ogni 50 secondi, per il sesto km i tempi rilevati crollano letteralmente: 111 secondi, ovvero circa 8 m/sec, quando il tempo di salita tra 4 e 5 km è stato di appena 34 secondi, alla velocità (semplicemente implausibile persino per aerei con un rapporto potenza-peso ben superiore) di 30 m.sec. Un crollo del genere, con la velocità di salita che improvvisamente cade ad un valore pari ad un quarto, può essere solo il frutto di un errore di misurazione (cosa del tutto possibile, dato un certo empirismo dei test dell’epoca). In ogni caso, è chiaro che l’MC.205, con la sua potenza esuberante (dopotutto era il più leggero dei ‘5’, tutti con lo stesso motore), avrebbe dovuto essere nettamente superiore al Folgore, e non certo addirittura inferiore. Ma di studi attenti su questo punto fin’ora non se ne sono visti e questa è solo la collezione dei dati che sono stati via via pubblicati, nonostante l’evidente incompatibilità. Se fossero veri, significherebbe che il Folgore sarebbe arrivato a 5.000 m con quasi un km di vantaggio sul Veltro (o 48’’). Da notare infine che il Veltro aveva tempi di salita regolari, che nonostante la potenza esuberante non superavano i 1.000 m/min eccetto che per il primo km di quota, tanto che tra 4 e 5 km il tempo era di 64 secondi (vs 34 del Folgore) e tra 5 e 6 km era di 63 secondi (vs 111). Il Veltro Sr.III con potenza di salita ‘normale’ sarebbe stato più lento di circa il 15-18%, un qualcosa di inspiegabile (o quanto meno, con i dati attuali inspiegato). E' ben vero che il DB-605 applicato al Bf-109G ha ottenuto prestazioni non dissimili (vedi poi la sezione Me.109), ma qui si è passati da un peso a vuoto di 2 t a non meno di 2,5-2,6, un aumento considerevole e spiegato solo per 30 kg dal peso del nuovo motore. Qui la differenza è molto inferiore e quindi il rapporto potenza-peso migliora (nel caso del Bf-109G, rispetto all'F-4 invece vi è stato un netto peggioramento). Insomma, ben più che nella velocità massima orizzontale o di picchiata, il rapporto potenza peso conta sopratutto nel caso della salita (la potenza costruisce energia potenziale tramite la spinta erogata, secondo la classica formula U=MGH dove U è l'energia potenziale, M la massa, G l'accelerazione di gravità e H l'altezza).

Queste prestazioni non erano senza prezzo. Sebbene nemmeno comparabili ai consumi dei moderni jet da caccia, anche i motori della IIGM bevevano grosse quantità di benzina avio. Per il Veltro, salire in sette minuti a 6 mila metri, tenendo i 2.300 giri-min e 835 mm di sovrapressione, significava un consumo variamente indicato in 60-80 litri di carburante con uno spazio percorso di circa 30-35 km (la migliore velocità di salita si aveva a 300 kmh). Questo significa che, a tale regime, l'intero ammontare di 430 litri di carburante sarebbe stato consumato in circa tre quarti d'ora. A proposito di carburante, il serbatoio principale da 270 litri era davanti al pilota, e dietro il motore. Una sistemazione ideale in quanto molto vicino al baricentro (anche altri aerei, come lo Spit, avevano la stessa soluzione, mentre non era così per il Bf-109 o il P-51, molto sensibile alle variazioni d'assetto), anche se con il grave rischio potenziale che un eventuale incendio investisse il posto di pilotaggio (pare che la cosa non fosse in pratica molto temuta grazie ai serbatoi autostagnanti, mentre era un grave problema con i primi Spitfire). Ma con il motore a 2.300 giri e 820 mm di sovrapressione l'aereo volava per appena 525 km, sia pure ad un'eccellente velocità di crociera di 585 kmh, consumando il carburante in meno di un'ora[8].

Quando provvisto di serbatoi ausiliari, i dati danno per gli stessi valori un'ora e un quarto di funzionamento e 670 km di percorso. Questi valori tuttavia non sono congrui, perché aumentare di 200 litri il carburante avrebbe significato il 46% di carburante in più. Anche se l'autonomia chilometrica non poteva essere aumentata in uguale misura perché, a parità di consumo, la resistenza aerodinamica rallenta l'aereo (quindi, o ripristinava la velocità aumentando il gas oppure volava più lento), quella oraria dipende solo dal motore, il che significa un valore di circa 1 ora e mezzo di volo. L'alternativa è che l'aereo, con il solo carburante interno, avesse solo 51 minuti di autonomia La discrepanza, a parte le imprecisioni di rilevazione, potrebbe essere spiegata in vari modi: l'uso o meno del serbatoio d'emergenza di 80 litri posteriore all'abitacolo (e altri due da 40 l erano ai lati), oppure semplicemente il conteggio nell'autonomia calcolata del carburante necessario per salire in quota, quindi detraendo 60-80 litri dal totale in cambio di 35 km percorsi. Questo lascerebbe all'aereo altri 50 minuti di volo a 585 kmh, che sommati ai sette della salita danno in effetti il valore di 'quasi un'ora' di volo annunciata. Questo probabilmente significa che aumentando il carburante di 200 litri si otteneva di prolungare l'autonomia di circa 180 km (fino a 670), il che è direttamente compatibile con un incremento dell'autonomia di circa 15-20 minuti, come riportato dalle fonti: posta una riduzione della velocità con i serbatoi esterni a circa 550 kmh (tipica di queste installazioni, per esempio lo Spitfire Mk V trop senza e con il serbatoio ventrale ha un calo di circa 30 kmh), i 180 km di autonomia in più sono circa 20 minuti di volo, di nuovo in accordo con le fonti.

Se c'era da pattugliare a velocità ridotte, Il Veltro poteva ridurre la velocità a 425 kmh (1.670 giri.min e 535 mm/Hg). Questo valore di velocità di crociera economica è pur sempre elevato a paragone di molti altri caccia, ma se esso rappresenta davvero la migliore velocità in rapporto al consumo, il Veltro non fa che confermare le sue doti di 'velocista'. L'autonomia in tal caso era di 810-1.040 km per il trasferimento, ma non è chiaro cosa si intenda, se con o senza i serbatoi esterni. In termini orari equivaleva a 1 ora e 57 min-2 ore e 29 min.

Una nota poi sulle procedure a terra e di avvicinamento. L'aereo aveva un carrello grande e robusto, di carreggiata larga e interamente retrattile (assieme al muso scanalato era la principale differenza con il Folgore), ma la visibilità in avanti era seriamente compromessa dal lungo muso e dall'assetto, come del resto accadeva a quasi tutti i caccia dell'epoca. Lo stallo era a 158 kmh, il decollo in 340 metri, non noto l'atterraggio (il G.55, per esempio, ne impiegava 300 e 450 rispettivamente). La salita poteva avvenire fino a 11.000 m (teorica, 11.200 m), quindi non era migliore di uno Spit Mk V (che nel modello Mk VLC era capace, al contrario, di combattere bene anche a bassa quota, con un picco di 537 kmh sul livello del mare). Il raggio d'azione era di 400 km e l'autonomia indicata di 885 o un'ora e 43 minuti, il che però non è ben chiaro in quali condizioni si manifesti, visto che implica una velocità media di 515 kmh, e come abbiamo visto, l'aereo quando spinto ad alta velocità ha un'autonomia di poco superiore all'ora[9].


Questioni diverse si sollevano per il G.55, di cui riporto i vari dati, stavola relativi all'autonomia.

1.010 kmh o 1 ora e 58 min a 555 kmh (velocità media: 513 kmh)

1.160 km o 2 h e 20 min, velocità di crociera non nota, (497 kmh)

1.200 km o 2,5 ore a 490 kmh (480 kmh)

1.900 km o 2 h e 30 minuti a 490 kmh (760 kmh)

Con serbatoi ausiliari da 100 litri (2): 1.650 km o 2 h e 50 min a 570 kmh (582 kmh)


Questi dati soffrono d'imprecisioni piuttosto evidenti.

Il G.55 aveva una struttura più grande e pesante di quella del C.205V, era un pò più lento (620 kmh a 7.400 m), con lo stesso motore e 560 litri di carburante. Pur avendo una struttura molto robusta, era anche molto maneggevole, con una grande ala pensata per le alte quote e in generale il più lento dei '5' in termini di velocità massima. Detto delle caratteristiche generali dell'aereo, vediamo perché vi sono degli errori.

I 1.900 km sono quello più eclatante: se la velocità massima è di 620 kmh, di sicuro la velocità media non potrà essere di 760 kmh, e poi la fonte stessa precisa ‘490 kmh’.

Si tratta evidentemente di un refuso. La stessa velocità e tempo danno, in un'altra fonte, 1.200 km, che è una cifra spesso riportata nelle fonti sull'autonomia del G.55. Quindi si tratta di un dato sbagliato e come tale, non da prendere in considerazione.

Il dato dei 1.650 km invece richiede un certo spirito d'osservazione. Il G.55 volava a 555 kmh come velocità massima di crociera, un pò come il più piccolo C.205V andava, a potenza analoga, a 585 kmh. Con tale velocità di crociera durava circa 118 minuti e percorreva circa 1.000 km, al consumo medio di circa 4,75 litri al minuto. Variando il regime del motore, magari anche la quota (che comunque presumibilmente resta grossomodo analoga nelle varie valutazioni, attorno ai 6-7 km), comporta una limitata differenza, tenendo presente che l'aumento di consumo dovuto alla manetta del gas più aperta, è parzialmente compensato (in termini di raggio, non di autonomia oraria) dalla maggiore velocità. Per questo le differenze non sono particolarmente evidenti, anche se i consumi medi lo sono, variando da una media di 3,73 a 4,75 l/minuto.

Nel caso dei serbatoi ausiliari, però, le cose vanno viste in base all'incremento dell'autonomia chilometrica. A 555 kmh di velocità è possibile volare per circa 2 ore, quindi considerando l'aumento di carburante di 760/560imi, si arriva a 2 ore e 40 minuti. A 555 kmh questo significa 1.481 km e non 1.650. Inoltre, vi è il problema dei serbatoi ausiliari stessi, che sono fonte di attrito e dunque rallentano l'aereo. Si consideri che il G.55 arrivava a 570 kmh come velocità massima con carichi esterni, quindi avrebbe tirato il motore fino a fonderlo in un tragitto così lungo. Questo dato di velocità massima è riferito alla versione S silurante, con il siluro a bordo. Tuttavia, data la rimozione delle due armi da 12,7 mm il peso non aumentava che in maniera ridotta (4,1 vs 3,7 t, grazie al peso a vuoto calato da 2.730 a 2.600 kg).

In altri termini, per tenere i 570 kmh con due serbatoi da 100 l il G.55 avrebbe dovuto aumentare il gas e con questo il consumo. Nel MC.205 abbiamo visto come fosse possibile consumare in circa 50 minuti 360 litri di carburante (oltre sette litri al minuto) alla massima velocità di crociera (2.300 giri-min). Nel caso del G.55, a tale rateo di consumo, l'autonomia sarebbe stata di 80 minuti, 110 con in serbatoi ausiliari, il che darebbe circa 1.020 km. Posta una minima riduzione di velocità (il siluro del G.55S la riduceva di 50 kmh, in questo caso si potrebbe ipotizzare una riduzione di 30 kmh), si arriva a 960 km o circa 600 miglia. Aumentando la velocità si genera più attrito, in misura pari al quadrato dell'aumento. Questo significa che passare da 525 a 570 kmh richiederebbe circa il 18% di potenza in più, con un corrispondente aumento dei consumi. Ammesso che il DB-605 avesse potuto offrire tale potenza continuativamente, questo avrebbe ridotto l'autonomia in maniera corrispondente. Visto che il consumo medio a 555 kmh è di 4,74 litri/min, un aumento di circa un quinto avrebbe comportato 5,6 litri/min, riducendo l'autonomia a circa 135 minuti o 1.290 km, quindi nettamente inferiore rispetto al dato di 1.650 km.

Piuttosto, il dato di 1.650 km con 760 litri è altamente compatibile con quello di 1.200 km/490 kmh e 560 litri anche posta una leggera diminuzione della velocità massima, per il solito discorso dei carichi esterni. Con un consumo che restasse di circa 3,75 litri/min, con 760 l si poteva fare circa 3,4 ore di volo. Correggendo per il consumo extra in salita, 200 l di carburante corrisponderebbero a circa un'ora di volo in più, ovvero 3,5 ore. Quindi 1.650 km sarebbero stati percorsi in realtà a 470 kmh. Questo è anche pienamente compatibile con il fatto che, a parità di potenza del motore, i serbatoi ausiliari avrebbero certamente impedito di tenere i 490 kmh della configurazione ‘pulita’. Conclusione altamente plausibile: i 570 kmh sono un altro refuso, con il 4 al posto del 5, ovvero 1.650 km a 470-480 kmh con 760 (o 780 l?) di benzina.

Questi refusi sono un'eventualità tutt'altro che remota per varie ragioni: sono aerei poco noti e diffusi; la documentazione è andata parzialmente perduta; il lavoro di ricerca è svolto spesso in maniera insufficiente, superficiale, ripetitiva (con tanto degli errori originali) o senza ricorrere alle fonti primarie. Inoltre, anche queste sono spesso viziate da errori, insidiosi a sufficienza per essere difficili da scorgere.

Per esempio, il documento tedesco stilato durante la comparazione con i caccia italiani e i FW-190 e Bf-109 descrive il G.55 con 580 l di carburante anziché 560, mentre il Macchi 205V è descritto come avente 4 armi da 12,7 mm e non 2x12,7 e 2x7,7 mm. E parliamo di documenti stilati sul campo, fonti di prima mano e ufficiali.

Anche più interessante è osservare come i dati talvolta siano riportati. Accade infatti che alcuni tempi siano resi in minuti e secondi; altri in secondi e non è difficile ‘confondersi’. Facciamo un esempio: se i tempi di salita possono essere indicati in 630 secondi x 6 mila metri, non è ovviamente la stessa cosa rispetto a 6'30 secondi. Aggiungere una singola virgola produce un aumento di velocità di salita del 67%: Così, ultimamente il tempo di salita a 6.000 m del G.50 valutato alla Regia Aeronautica, prima riportato in 7,5 minuti, è diventato 11 minuti e 42 secondi, scendendo da un risultato discreto ad uno piuttosto deludente. Specialmente considerando che l’Hurricane Mk I, uno dei possibili avversari, ha un tempo di salita a 6.100 m di 9 minuti, e dunque a seconda dei due numeri, il G.50 è superiore del 16% o inferiore del 30%. Anche per questo andrebbe investigato a fondo il materiale e possibilmente fatti dei controlli incrociati. Purtroppo su questi argomenti spesso vi è così poca documentazione e così pochi superstiti che tutto ciò è praticamente impossibile, lasciando contraddizioni ed errori senza mai risolverli. Per fortuna che l’avvento di Internet aiuta a ottenere la visione di dati d’archivio e a condividerne le conoscenze a costo quasi nullo –tempo a parte- e a contattare eventualmente i superstiti, sebbene della IIGM ce ne siano ormai molto pochi, e per giunta poco propensi ad usare l’informatica.

Un altro quesito è sul successo del successivo G.56. Esso è stato riscoperto in tempi recenti, dopo tutto si parla di appena 2 aerei prototipici realizzati. Pare che il secondo venisse sperimentato contro i caccia tedeschi più recenti come i Bf-109K-4 e i FW-190 delle ultime versioni (sulla monografia del G.55 è riportato comunque il Fw-190A, in wiki.en il FW-190D). Si trattava indubbiamente di un aereo potente, ma il RUK (l'autorità tedesca connessa all'industria italiana) ne proibì ulteriori sviluppi nell'autunno del '44. Il G.56 era probabilmente stato approntato per richiesta della LW. Infatti i Tedeschi furono interessati dai caccia italiani provati nel febbraio del '43. C'erano i vari Macchi 205V e N, Re.2005 e G.55. I Tedeschi trovarono questi aerei molto buoni, anche confrontandoli con i loro Bf-109G e FW-190A, e risultarono interessati in particolare dal G.55 e secondariamente, dal RE.2005. Quest'ultimo venne provato in Germania, con qualche esemplare trasformato, con gli ultimi motori DB-605 potenziati. Sono riportate velocità diverse: pare che l'aereo raggiunse 700 kmh in volo orizzontale (con motori potenziati fino a 1.800 hp la cosa era perfettamente fattibile), ma la debolezza strutturale, specie della coda, risultò preoccupante. Altre fonti parlano del prototipo come avente una velocità massima di 650-678 kmh, ma non è chiaro in quali condizioni.

Il problema era stabilire il regime dei motori usati. I Tedeschi, già interessati dal tardo '42 al G.55, ricordavano nella loro relazione che i caccia italiani avessero motori inferiori di 100 hp a quelli tedeschi, sì da tenere conto delle differenze prestazionali. Però quest'affermazione sembra del tutto priva di fondamento. Infatti i motori DB-605 vennero realizzati dalla Fiat solo iniziando dalla fine del '42, e la produzione di serie partì dal '43. Questa è una cosa poco nota dei motori italiani, e che senz'altro spiega alcune discrepanze. Infatti i DB-601 non vennero costruiti fin dall'inizio in Italia: i motori cominciarono ad uscire dopo la fornitura di oltre 400 unità da parte tedesca; poi l'Alfa Romeo cominciò a costruirli assemblando i pezzi arrivati dalla Germania, e solo nel '42 iniziarono a produrre motori che comunque solo verso la fine erano abbastanza simili a quelli originali in prestazioni. Nonostante l'Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco avesse una grande esperienza di motori e maestranze abili, le nuove tecnologie importate dalla Germania causarono molte difficoltà di produzione. Poi tutto il lavoro venne passato alla Fiat, che tendeva a costruire aerei con i propri motori. Ovviamente questa era una decisione irrazionale data la situazione: dopo avere speso due anni per avviare la produzione dei DB-601 all'Alfa, si ricominciò daccapo con i DB-605 all Fiat. Però nel frattempo era necessario usare i motori importati dalla Germania: è sicuro che nella primavera del '42 i DB-605 usati per i prototipi dei nuovi caccia provenissero da lì, dato che persino in patria la loro produzione era appena iniziata. La situazione della loro messa a punto era per giunta erratica, con cali di pressione dell'olio preoccupanti che comportarono incendi e perdite umane (tra cui H.J.Marseille). Ora, in ogni caso, i caccia italiani usati nel febbraio 1943 semplicemente avrebbero dovuto avere -come forse anche le prime serie di produzione- motori tedeschi, per cui non vi dovrebbe essere differenza tra un Bf-109 e un G.55. IL fattore limitante la potenza era il numero dei giri: a 2.800 era possibile erogare 1.475 hp al decollo, 1.355 a 5.800 m. Ma a 2.600 hp la potenza calava a 1.250 hp alla stessa quota, forse a questo si riferivano i collaudatori tedeschi. Tuttavia nelle prove non è affatto detto che esistesse tale limite, come dimostrano i collaudi del Macchi 205V Sr.I. Del resto a Gorrini avevano detto di non sparare con i cannoni e le mitragliatrici in contemporanea con i 'Veltro', ma lui non tenne mai conto di questa raccomandazione, anche se ad un certo punto gli scoppiò un cannone (era il combattimento del 13 luglio 1943, quello in cui rivendicò 2 B-17 e un P-38).

Quanto al G.56, con il suo motore DB-603 era in possesso di 275 hp in più, aumentando notevolmente la potenza. Era quello che volevano i tedeschi: a parte semplificare la cellula per renderla più producibile, il loro modello avrebbe dovuto avere il DB-603 e 5 MG-151, sacrificando così una parte delle prestazioni ottenute per un maggior armamento. Il G.55 interessava molto, infatti, proprio perché era ritenuto valido per ospitare il nuovo motore (sebbene anche gli altri serie '5' ad un certo punto venissero adattati a tale apparato). Tuttavia il G.56 era anche quasi 200 kg più pesante. In tutto, in cambio di un 10% di velocità e qualche centinaio di metri di tangenza, perdeva un pò di maneggevolezza, un pò di autonomia (nonostante l'aumento a 596 l della capacità) e un pò di potenza di fuoco (le due Breda).

Ma l'affare G.55 non andò in porto. Gabrielli, che si sarebbe rifatto in Germania anni dopo con il G.91R, non ebbe quindi la soddisfazione di vedere il Centauro in servizio nella LW. Le ragioni possono essere variamente valutate. In ogni caso, non possono prescindere dalla situazione contingente.

Anzitutto, il G.56 fu collaudato dai Tedeschi nella seconda metà del '44. Per l'epoca era già in produzione il FW-190D e il Bf-109K. Quest'ultimo era troppo piccolo per il DB-603, ma con il DB-605 elaborato a 1.800 hp poteva offrire 720 kmh di velocità massima, sia pure solo per pochi minuti (altrimenti 670 kmh). Il rapporto potenza peso era nettamente maggiore, così la salita e l'accelerazione. L'armamento era simile, considerando che un'arma di categoria superiore in genere ne vale grossomodo quanto due di categoria inferiore. Così c'era poco da scegliere tra i 3 cannoni da 20 del G.56, il pezzo da 30+2 da 13 del Bf-109K e i 2x20 +2x13 del FW-190D. Il G.56 avrebbe potuto in futuro ottenere anche cannoni MK-108 e persino MK-103, ma così era anche per il Bf-109K-14 (3 MK-108 o 103), e per il FW-190. La velocità massima del G.56 era inferiore rispetto anche al Bf-109G-10 (690 kmh). La salita a 7.000 m in 7 minuti era eccellente, ma non eccezionale (lo Spit Mk IX poteva farcela entro 6,3 minuti). In generale, con questi aerei in servizio il G.56 non aveva margine. Il Fw-190 era apparentemente simile in velocità e agilità, il Bf-109K era più facile da produrre. Allestire la linea di produzione per il nuovo aereo, quand'anche fosse stato superiore del 5-10% al FW e del 10-20% al Bf-109, era sconveniente in quel contesto, e se poi i ritardi della costruzione avessero comportato mesi di attesa, sostituire il '109 con il G.56 sarebbe risultato controproducente. A questo si aggiungevano le capacità di evoluzione del FW-190, che difficilmente si possono comprendere. Sebbene avesse la capacità di portare il DB-603, fu confinato ai tipi Jumo fino quasi alla fine. Gli ultimi sviluppi avrebbero compreso vari FW-190D migliorati, e poi gli ultimi e migliori sviluppi: il Ta-152H per alta quota e il TA-152C da media quota.

Un altro contesto era la controparte alleata: nel '44 volavano, erano in servizio o in collaudo aerei come i Fury, Hornet, Spitfire Mk XIV, Mk XVIII e F.21, Tempest, i Mustang D, i P-47D, i P-38J e L, gli Yak-9U, i La-7, 9 e 11, e vari MiG sperimentali; altri tipi come i P-51H e i P-47 J, M e N erano in arrivo. Macchine con velocità tra i 680 kmh e gli 811 kmh, per cui i G.56 erano nella fascia bassa delle prestazioni, anche se erano eccellenti ad alta quota. Tuttavia non v'era molta necessità di salire a 13.000 m perché i bombardieri B-17 e 24 volavano molto più in basso; prestazioni del genere sarebbero state necessarie solo contro i B-29. Una volta sotto i 10.000 m avrebbero avuto parecchie difficoltà contro i P-47 e P-51, per non dire degli Spitfire Mk XIV, tutti aerei più veloci, specie sopra i 7.000 m (P-47: 690 kmh/9.100 m, P-51D: 704/7.600 m, Spit Mk XIV: 720 kmh/7.900 m).

Infine, nel '44 c'era già una nuova generazione, quella degli aerei a reazione: i Me.262, e dall'altra parte, Vampire, Meteor e P-80. Aerei da 800-900 kmh che rappresentavano l'ultimo livello degli sviluppi bellici, e che oramai erano in dirittura d'arrivo. Privata del petrolio di Pojesti dall'avanzata delle truppe sovietiche, dall'estate del '44 la Germania era costretta ad usare solo i carburanti sintetici, e molto di quanto ancora disponibile dovette essere destinato ai jet, che richiedevano 2.500 l di pieno (ma del più economico cherosene) anziché 400-520 l. E i Me.262 rappresentarono sempre di più l'unico mezzo per potere intercettare le formazioni americane che stavano incenerendo la Germania, anche se il loro utilizzo come caccia partì con mesi di ritardo ed incertezze (prima erano considerati da Hitler solo come 'bombardieri-lampo', poi in questo vennero degnamente sostituiti dagli Ar.234, che peraltro necessitavano di quasi 4.000 l di carburante per un pieno).

In aggiunta, c'é da dire che i caccia di eccellenti capacità non passati alla produzione per ragioni contingenti non erano pochi: gli MB.3 e 5 britannici, gli He-100, Me.209 e 309, gli XP-72, 60, i MiG-7 e altri ancora.

Il G.56 era senz'altro il migliore caccia italiano tra quelli collaudati, ed uno dei migliori aerei della IIGM; ma per gli standard del '44 non offriva più di quanto offrisse il Centauro nel '43, di cui era solo l'ennesimo esempio di come si potenziava un aereo con un motore più potente (come del resto lo Spit Mk VIX vs l'Mk IX, o lo Yak-9U rispetto ai tipi precedenti). In generale non era che appena migliore del RE.2005 quanto a velocità e senz'altro inferiore come maneggevolezza (il Re.2005 era più manovriero anche del G.55 originale, sia pure di poco). Come velocità massima, il Re.2006 (DB-603) avrebbe potuto dimostrare migliori prestazioni, anche 740 kmh, ma non venne mai fatto volare, pur se sommariamente completato.

In quel contesto disperato che era la seconda metà del '44, la scelta del G.56 non avrebbe potuto offrire un miglioramento accettabile per la LW, mentre avrebbe sicuramente rappresentato una pericolosa discontinuità nella produzione di caccia; inoltre, se armato con 5 cannoni per aumentare l'efficacia contro i bombardieri, avrebbe perso una parte delle sue prestazioni.

Visto tutto quanto sopra, al di là di qualche eventuale margine di superiorità complessiva, l'intero affare non era un buon affare e così il programma, dopo quasi due anni di interesse per il caccia Fiat, venne definitivamente terminato dal RUK nell'autunno del '44. Il G.56 avrebbe avuto invece molto senso per le necessità italiane, dato anche che la RSI non avrebbe avuto Me.262 o FW-190D/152; ma i bombardamenti sugli stabilimenti Fiat erano stati talmente pesanti, che il RUK decise di fermare la produzione anche del precedente G.55 e riequipaggiare l'ANR con i Bf-109. Gli Alleati non erano rimasti a guardare, data la pericolosità dei reparti repubblichini, e nell'aprile del '44 avevano azzerato sia gli stabilimenti Macchi che Fiat con bombardamenti altamente efficaci, che tra l'altro misero fine alla produzione dell'MC.202/XII, MC.205V e all'allestimento dell'MC.206 (anello intermedio prima di affrontare il definitivo MC.207 con il DB-603 e 4 cannoni). Si pensi solo che sopra Torino, malgrado la perdita in percentuale abbastanza elevata (8 bombardieri più parecchi danneggiati su circa un centinaio), vennero persi 3 G.55 su 7 che ingaggiarono battaglia, ma al suolo andò distrutto o gravemente danneggiato il G.56, una quindicina di G.55, altri aerei ancora, e infine, l'attacco cancellò i programmi successivi che prevedevano di completare almeno una parte apprezzabile di 3.600 Centauro ordinati (di cui i serie II avrebbero dovuto avere 5 MG151). Se si considera che in circa 6 mesi di produzione in serie si era arrivati a completare 164 aerei (ma l'incertezza resta: con o senza quelli prodotti prima dell'Armistizio, o quanto meno quelli di preserie? Le fonti non paiono in accordo su questi numeri), e che mancava ancora un anno alla fine della guerra, la possibilità concreta poteva comprendere una produzione di forse 200-400 aerei, tra cui magari anche i G.55/II e qualche decina di G.56. Annullare tutto questo (e costringere i Tedeschi a privarsi di circa 180 Bf-109 per rinforzare l'ANR) fu un risultato complessivo che ripagò bene la perdita di pochi B-24.



Un altro elemento di discordia è il Reggiane Re.2005. Posto che il suo disegno ottimizzava magnificamente la penetrazione aerodinamica pur con un velivolo maneggevole quanto o più di uno Spitfire, il dato sulla sua velocità non è facile da stabilire. Nei collaudi vennero stimate velocità di 565-678 kmh orizzontali, e una straordinaria affondata a 980 kmh durante una picchiata. Ovviamente, all'epoca i controlli erano empirici e così la strumentazione di bordo; né erano disponibili registrazioni di precisione radar e di dati come è accaduto successivamente. Joe Baugher ricorda nel suo sito la difficoltà dei P-38 di superare limiti di mach già di poco superiori a 0,6 senza entrare in difficoltà, fino a diventare praticamente incontrollabile oltre mach 0,72. Eppure, i suoi strumenti hanno in un caso riportato un valore di 750 miglia orarie, il che significa che il Lighting sarebbe diventato supersonico (1.205 kmh). Persino uno Spitfire Mk I o II poteva riportare talvolta 600 miglia orarie in picchiata (965 kmh). Uno Spitfire che per certo andò vicino al muro del suono, durante una picchiata, perse circa 13.000 m in un minuto e la cosa venne riportata dai radar, quindi è un fatto sufficientemente documentato, ma anche un’eccezione rispetto alla regola.

Qualunque fosse la velocità effettiva del Reggiane, a pieno carico (quindi munizioni e carburante) lo si stimò capace di circa 628 kmh a circa 7.000 m. I pesi e i tempi di salita, però, non sono necessariamente affidabili.

In ogni caso, il G.55 e il Re.2005 si dimostrarono i veri 'finalisti' del concorso: il Macchi 205V, nonostante la sua popolarità, non era considerato come un vero '5'. Il Macchi Orione era un mezzo assai insoddisfacente pur se per tanti aspetti superiore al Veltro (anche leggermente in autonomia e tangenza operativa: la prima delle due forse era dovuta ad una maggiore quota operativa mantenibile con una riduzione dei consumi). Tra i due, il G.55 era leggermente superiore in quota massima e il Sagittario in agilità e velocità. La gara venne decisa da altri fattori: il Centauro era più facile da produrre in grande serie, per esempio le centine alari non erano né rudimentali strutture a barra come quelle del Veltro né interamente stampata come quelle del Sagittario, ma una via di mezzo (anche in questo senso il nome 'Centauro' si dimostra azzeccato, un ibrido tra diverse tecnologie). Inoltre l'aereo era più grande, decisamente più robusto e capace di supportare dei cambiamenti, per esempio fu l'unico caccia italiano a dimostrare di poter volare con il DB603 (il Re.2006 non venne mai portato in volo e il C.207 mai completato) tramite la versione G.56.

Quanto il Reggiane fosse davvero fragile e quanto non fosse per la velocità eccessiva che raggiungeva nelle picchiate è difficile dire: ma lo stesso Macchi 202 era stato abilitato a volare in picchiata fino a circa 920 kmh, per cui le differenze non erano poi così grandi. Di sicuro il carrello non si dimostrò così robusto (era di un tipo diverso dai soliti italiani, quasi un ibrido: era basato nelle ali eppure si ripiegava verso l'esterno, una caratteristica rimasta unica della Reggiane).

Un problema era, nella valutazione, non solo la stima della velocità massima, ma anche della salita.

I tempi di salita del G.55 sono, al peso di 3.680 kg, 7 minuti e 12 secondi per i 6.000 m, per gli 8.000 m sono indicati sia 9 min 54 sec oppure 10'11. E' peraltro difficile capire bene questi dati: non si capisce in particolare a cosa corrisponda il peso in questione, visto che il massimo al decollo è di 3.720 kg ed esternamente sono disponibili 320 kg di carico massimo. Visto che la prova è per missioni di caccia, è presumibile che si tratti del peso massimo senza carichi esterni, ma non è ben chiaro come vengano fuori i circa 1.010 kg tra peso a vuoto e peso al decollo. Un problema è che spesso il termine 'a vuoto' non significa anche 'a vuoto equipaggiato' e anche qui non è chiaro cosa si intenda per 'equipaggiato'. Detto in altri termini, il peso potrebbe benissimo non comprendere la radio, i cannoni, la corazza per il pilota, oltre al pilota stesso, carburante, olio e munizioni.

I dati conosciuti del Re.2005 parlano di una salita a 6.000 m in 6,55 minuti (6'33), e a 8.000 m in 9'42. Ma vi sono anche dati che dichiarano rispettivamente 5'30 e 7'56, dei valori che passano da un livello molto buono ad uno eccellente, sicuramente il migliore tra quelli italiani e inferiore forse solo agli Spit Mk IX e VIII. Come si spiega tale differenza? Anche qui non ci sono ragioni ufficiali: su di una fonte c'é scritto così, su di un'altra c'é scritto cosà.

Bisogna indagare e spulciare tra le fonti disponibili per capirne di più. Per esempio, la relazione tedesca nella prova con il Sagittario dice che l'aereo, il prototipo (presumibilmente l'MM.494) non poteva (per ragioni di raffreddamento?) contare sulla piena potenza (limitatandosi a 100 hp meno). Ma va anche detto che l'MM.494 era armato di 1x20 e 4x12,7 mm, così come gli altri '5' prototipici (Orione e Sagittario). Ma già dal secondo prototipo ebbe 3 cannoni da 20 e due da 12,7 mm. Così però il peso aumentava sensibilmente. Va detto che il Sagittario anche con tre cannoni era relativamente scarso a carico utile: 150 cp per il cannone centrale, 170 per quelli alari. Il C.205V, con due soli cannoni, aveva 500 cp contro 490, il G.55 ne aveva 650 (250 +2x200), mentre l'Orione 2 ne aveva persino di più (forse 750). Di fatto, il Re.2005 non superava le munizioni dei Bf-109G con cannoni ausiliari (200+2x140 cp, anche se spesso ne imbarcava di meno). In ogni caso, il peso riportato di 2.600 kg è relativo al prototipo valutato contro gli altri '5' e quindi inferiore rispetto ai tipi successivi. A maggior ragione quando, ad un certo punto, per rimediare ai cedimenti della parte posteriore della fusoliera il rivestimento esterno aumentò da meno di un millimetro a ben 11, un valore degno di uno Il-2.

Forse anche qui la vera spiegazione della differenza notevole tra le prestazioni non è nei 100 hp di differenza del motore, che accontano per il 6% del totale, non certo per il 15, quanto piuttosto il 'settaggio' del motore. Così come il Veltro, con il DB-605 portato a 2.750-2.800 giri-min anziché 2.300, arrivava a 6 mila metri in 5'51, anche il Sagittario variava la velocità di salita allo stesso modo e con la stessa differenza di tempi.

Quindi in definitiva, allo stato attuale non si conoscono i parametri di salita e non si conosce il peso di un Sagittario con cannoni. Quel che se ne sa è l'entusiasmo dei piloti italiani, a cominciare da Vittorio Minguzzi, che usarono pochi Sagittario in azione su Napoli e poi in Sicilia. Nel primo caso fu un lavoro duro ma fattibile, nel secondo un massacro con otto aerei su otto persi in pochi giorni, sia in aria che a terra. Minguzzi e gli altri aviatori erano entusiastici del Sagittario, e valutavano la sua velocità di attacco ad alta quota (dove erano i B-24) addirittura doppia rispetto a quella dei Macchi Folgore, il che parla bene di come le prestazioni in quota variassero. Già così fu il cambio tra MC.200 e MC.202: a 7.000 m il Saetta era capace malamente di superare i 350 kmh ed era veramente in svantaggio rispetto a quasi tutti i caccia nemici. L'MC.202 era capace di volare a quasi 600 kmh, ma questo non era sufficiente ad alta quota, dove il motore DB601 (e a maggior ragione la copia italiana, che pare -ma l'argomento è dibattuto- fosse sensibilmente meno potente) perdeva parecchia potenza. Per velocità d'attacco non è che si intenda la velocità massima, chiaramente, ma la rapidità d'azione, per esempio grazie al basso carico alare (simile a quello dello Spitfire) il Sagittario poteva manovrare bene ad alta quota, laddove il Folgore evidentemente perdeva colpi e impiegava parecchio per completare le virate e reimpostare l'attacco.


Forse queste impressioni ‘a pelle’ valgono più di tanti numeri e diagrammi. Sempre in termini di prestazioni, vi sono aerei ben più interessanti sugli aerei storici più noti, di cui si dirà in un’altra parte dell’opera. Qui basti solo dire che se i migliori dati di salita di un Spitfire Mk V erano dell’ordine di 6,5 minuti per 20.000 ft (6.095 m), ma sono anche riportati dati di circa 7 minuti; se l’aereo era tropicalizzato si saliva a 8 minuti, 10 con un serbatoio o una bomba. Ma nel caso degli Spitfire Mk IX c’erano nuove variabili, come il regime di super-potenza che normalmente era applicato per non più di 5 minuti, ma che per gli scopi dei test poteva essere applicato anche per più tempo. Con questo ‘settaggio’ e i radiatori con prese d’aria chiuse, a parte il rischio di surriscaldamento (poco presente in Gran Bretagna), lo Spit saliva a 6.100 m in circa 4,5 minuti, e poteva raggiungere i 26.000 ft (circa 8 mila metri) in meno di sette minuti (in condizioni più normali circa un minuto in più). Questa capacità di salita è straordinaria e supera anche i migliori dati del Re.2005, per non dire degli altri. In queste condizioni lo Spit saliva a 9.100 m in circa 9 minuti, quando il più pesante P-51 Mustang ce ne metteva 13, pur essendo più veloce in volo orizzontale. Questo tanto per parlare di qualche dato pratico, che poi sarà meglio approfondito nelle altre sezioni. Qui basti concludere dicendo che nelle gare tra Spitfire e Mustang nell’AMI del dopoguerra, il secondo aveva delle penalizzazioni in velocità massima, ma il primo era penalizzato di un minuto nei tempi di salita (si trattava di percorsi misti che comprendevano salite e tratti orizzontali).


L'armamento del Sagittario era inizialmente proprio quello del prototipo, infatti l'MM.494 era andato alla 362a squadriglia per una prestazione dal vivo. Ma anche così Minguzzi ne lodava l'efficacia, rispetto alle mitragliatrici dei Macchi, del resto conosceva bene la potenza dei 20 mm avendoli già usati con un D.520[10].

Come cacciabombardiere il Sagittario aveva la stessa impostazione degli altri '5' e poteva portare fino a due bombe da 100 o 160 kg, oppure fino a 8-14 bombe da 12-20 kg HE o anche HEAT o a frammentazione. Tuttavia venne sperimentato anche con bombe più pesanti. Durante la prova con un'arma da 500 kg però il carrello si ruppe. Un ordigno da 250 kg con spoletta a tempo venne sganciato sopra una formazione di aerei ma pare che non funzionò ed esplose nelle acque del Golfo di Napoli, per cui la cosa finì lì. All'epoca la LW tedesca usava anche questo espediente pur di contrastare le armate aeree Alleate e si pensò di emularla, ma senza successo. Secondo i Tedeschi l'aereo era inadatto al ruolo di cacciabombardiere, ma del resto anche lo Spitfire e il Bf-109 non brillavano particolarmente in tal senso.

Data la natura difensiva della guerra, l'Italia era all'epoca poco interessata ai cacciabombardieri. Mussolini, all'inizio del 1943, a Palazzo Venezia, pronunciò un discorso in cui spronava a costruire più aerei e armati con cannoni da 20 e 37 mm, realizzandone 'masse'. All'epoca Mussolini ricordò che la Regia Aeronautica avesse ben 4.838 aerei, più 4.434 scuola per un totale di 9.500 (ammesso che si trattasse di un dato reale, cosa su cui si può dubitare molto). Ma notava, che dei 2.413 caccia solo 748 erano di pronto impiego, e di questi appena 168 MC.202, più 195 CR.42 e 234 C.200 (stranamente non fece menzione dei G.50), entrambi superati. In tutto gli aerei 'moderni' (pur definendo i C.200 come superati) erano 402, ma lui considerava le 'masse' da 500 aerei in poi[11].

Referenze

  1. Aerei, Macchi 205N
  2. 'I Veltro dell'Asso di cuori', JP-4 Maggio 1991
  3. Storia Militare N.150
  4. Pilotando i grandi aerei storici, sezione MC.205 Veltro
  5. Monografia FW-190
  6. Vedi Take Off fascicolo 1
  7. vedi monografia G.55 p.23, e anche il report tedesco del febbraio '43
  8. Vedi Pilotando i grandi aerei storici, sezione Macchi 205
  9. Vedi Pilotando i grandi aerei storici, sezione Macchi 205
  10. Ciampaglia, Giuseppe: Quando la R.A. adottò il cannone da 20 mm, RID Nov 2006
  11. Vedi articolo di Storia militare N.150

Bibliografia

Sito www.spitfireperformance.com

[1]

Monografie Aerei: Serie 5 (N.39); Macchi 202 (N.32); Reggiane (N.17); G.55 (N.11); Bf-109 (N.1); Pilotando i grandi caccia storici (N.53): Cockpit (N.19)

Aerei nella Storia: Macchi 205N (N.17); G.55 (N.12);

Aerei: Monografia C.202 (ott 1996)

Storia militare: N.150 (Macchi 205V)

RID: articolo di P.F.Vaccari sulla guerra in Australia (Sett 2003) e quell sul salvataggio del cap. Ed Mikes

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