Caccia tattici in azione/Anni '30: differenze tra le versioni

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Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.
Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.


L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939).
L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.



*'''I-15, I-152, I-153'''
*'''I-15, I-152, I-153'''
*Dimensioni
*Dimensioni
:I-15, 6,10 x 9,75 x 2,20 m x 21,9 m2
:I-15, 6,10 x 9,75 x 2,20 m x 21,9 m2
:I-152,
:I-152, 6,27 x 10,2 m x 22,5 m2
:I-153, 6,17 x 10 x 2,8 m x 22,14 m2
:I-153, 6,17 x 10 x 2,8 m x 22,14 m2
*Pesi
*Pesi
:I-15, 960 kg a vuoto, 1.370 normali, 1.410 max
:I-15, 960 kg a vuoto, 1.370 normali, 1.410 max
:I-152,
:I-152, 1.310-1.834 kg
:I-153, 1.452-1.960-2.110 kg
:I-153, 1.452-1.960-2.110 kg
*Prestazioni
*Prestazioni
: I-15, 350 kmh/3.000 m, salita 7,6 ms iniziali, a 3.000 m in 5,6 min, a 5.000 m in 11 min, tangenza pratica 7.520 m, raggio 250 km, autonomia 550 km
: I-15, 350 kmh/3.000 m, salita 7,6 ms iniziali, a 3.000 m in 5,6 min, a 5.000 m in 11 min, tangenza pratica 7.520 m, raggio 250 km, autonomia 550 km
: I-152,
: I-152, 364 kmh, 8.000 m, 800 km.
: I-153 (a 1.850 kg): 444 kmh/4.600 m, 366 kmh/slm, crociera 297 kmh/2.000 m; salita a 1.000 m in 51 s, 3.000 m/3 min, 5.000 m/5,3 min, 7.000 m/8,3 min, 9.000 m/13,2 min; tangenza pratica 10.700 m, raggio 210 km, autonomia 470 km o 880 km con due serbatoi da 100 l
: I-153 (a 1.850 kg): 444 kmh/4.600 m, 366 kmh/slm, crociera 297 kmh/2.000 m; salita a 1.000 m in 51 s, 3.000 m/3 min, 5.000 m/5,3 min, 7.000 m/8,3 min, 9.000 m/13,2 min; tangenza pratica 10.700 m, raggio 210 km, autonomia 470 km o 880 km con due serbatoi da 100 l
*Armamento
*Armamento
:I-15, 2 PV-1 da 7,62 con 2.000-3.000 cp, 2x20 kg
:I-15, 2 PV-1 da 7,62 con 2.000-3.000 cp, 2x20 kg
: I-152, 4x7,62 mm e 100 kg di armi varie (razzi o bombe)
: I-152,
: I-153, 4 ShKAS da 7,62 mm (2.600 cp), 6-8 razzi da 82 mm RS-82, oppure 100 kg di bombe
: I-153, 4 ShKAS da 7,62 mm (2.600 cp), 6-8 razzi da 82 mm RS-82, oppure 100 kg di bombe


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*Prestazioni: 440 kmh/3.000 m, 389/slm, 5.000 m saliti in 6,9 min, tangenza pratica 8.270 m, raggio 360 km, autonomia 800 km
*Prestazioni: 440 kmh/3.000 m, 389/slm, 5.000 m saliti in 6,9 min, tangenza pratica 8.270 m, raggio 360 km, autonomia 800 km
*Armamento: 4 ShKAS da 7,62 mm, 2.600 cp
*Armamento: 4 ShKAS da 7,62 mm, 2.600 cp


Caratteristiche dei vari I-16 principali:
*Motore
:I-16 Tip 1, M-22 da 480 hp
:I-16 Tip 4, M-25A da 725 hp
:I-16 Tip 5, M-25 da 775 hp (?)
:I-16 Tip 10
:I-16 Tip 17
:I-16 Tip 18, M-62R da 1.000 hp
:I-16 Tip 24

*Dimensioni: circa 5,99 m, da l TIp 17 6,08; apertura alare 9 m, altezza 2,45 ma dal Tipo 18 2,56 m

*Pesi
:I-16 Tip 1, 998-1.345 kg
:I-16 Tip 4, 1.266-1.422 kg
:I-16 Tip 5 ,1.660 kg
:I-16 Tip 10, 1.715 kg
:I-16 Tip 17, 1.815 kg
:I-16 Tip 18, 1.410-1.830 kg
:I-16 Tip 24, 1.490-1.912 kg

*Prestazioni
:I-16 Tip 1, 360 kmh,
:I-16 Tip 4, 450 kmh, salita 850 m.min, tangenza 9.000 m, raggio 800 km,
:I-16 Tip 5
:I-16 Tip 10
:I-16 Tip 17
:I-16 Tip 18
:I-16 Tip 24, 525 kmh, 400 km o con 2x100 l, 700 km

*Armamento
:I-16 Tip 1, 2x7,62 alari
:I-16 Tip 4
:I-16 Tip 5
:I-16 Tip 10 4x7,62
:I-16 Tip 17 2x7,62 e 2x20 mm
:I-16 Tip 18, come Tip 10 o 17
:I-16 Tip 24, come Tip 17



Interessante è anche notare che i sovietici fossero riusciti anche ad ideare altri monoplani da caccia. Uno fu il Tupolev I-14, il primo in assoluto con caratteristiche moderne, quelle che poi troviamo nell'I-16. Inoltre era totalmente metallico con rivettature annegate per una struttura esterna molto pulita ed aerodinamica, a parte la superficie ondulata di scuola Junkers sulle ali. Solo 18 esemplari vennero realizzati, data la preferenza al più leggero I-16. Si trattava di un caccia del '33, con un motore Cyclone (M-25), dimensioni 6,11 x 11,25 x 2,74 m x 16,93 m2; pesi 1.170-1.540 kg, velocità 449 kmh a 3.400 m e tangenza 8.800 m. Pare che l'armamento comprendesse anche due cannoni da 37 mm, oltre a due da 7,62. Un altro caccia super-armato fu l'I-12 del '31, che rimase però prototipo. Aveva una doppia trave di coda con un motore centrale, e due cannoni da 76 mm senza rinculo nelle semifusoliere. Il peso era contenuto in 2.400 kg, motore GR.9AK da 525 hp, dimensioni 9,5 x 15,6 m x 30 m2, velocità 300 kmh.





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Presto il Gladiator venne rinforzato e progressivamente rilevato dall'Hurricane, peraltro meno adatto al duello aereo con i biplani; ma anche così, esso rimase una presenza importante per quasi un anno di guerra: Nord Africa, Africa Orientale, Grecia, portaerei ecc. Di fatto, molti reparti passarono direttamente al P-40, come accadde al più famoso dei reparti RAF, il No.112, che ne approfitterà per inventarsi la sharkmouth, poi prontamente ripresa (avendola vista in una rivista) dall'AVG americano.
Presto il Gladiator venne rinforzato e progressivamente rilevato dall'Hurricane, peraltro meno adatto al duello aereo con i biplani; ma anche così, esso rimase una presenza importante per quasi un anno di guerra: Nord Africa, Africa Orientale, Grecia, portaerei ecc. Di fatto, molti reparti passarono direttamente al P-40, come accadde al più famoso dei reparti RAF, il No.112, che ne approfitterà per inventarsi la sharkmouth, poi prontamente ripresa (avendola vista in una rivista) dall'AVG americano.


{| class="prettytable"
|+colspan="5" align="left"|Caccia dell'Asse:
|-
!colspan="7" style="background:#ffdead;" |
|-
! <br/>
!Lunghezza, m
!Apertura alare, m
!Altezza, m
!Superficie alare, m2
!Pesi, kg
!Potenza, hp
!Armamento
!Velocità max, kmh
!Tangenza, m
!Autonomia, km
|-
|'''CR.32bis'''
|7,45
|9,5
|2,72
|22,1
|1.380-1.905
|600L
|2x127 +2x7,7 + 100 kg (12x2 o 2x50)
|356/3.000 m, salita 3000/5,17 min
|7.850
|780
|-
|'''CR.42'''
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|'''Gauntlet'''
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|'''Gladiator'''
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|'''F3F'''
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|'''I-15'''
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|'''I-153'''
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|-
|'''I-16 Tip 17'''
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|'''B.534'''
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|'''P-26'''
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Versione delle 15:02, 26 ago 2009

Indice del libro

P-26

La storia dei caccia americani di tipo 'moderno' è fatta di tanti passi. Uno di essi è il P-26, aereo che a vederlo, a stento dà l'idea di essere un caccia intercettore. Eppure a suo tempo fu il primo caccia monoplano e totalmente metallico a servire nell'USAAC. Peraltro fu anche l'ultimo ad avere abitacolo aperto e carrello fisso, per non dire delle ali con tiranti esterni; per la Boeing fu invece l'ultimo caccia prodotto, dopo tre lustri di dominio nei servizi aerei sia dell'Esercito che della Marina americani. Esso nacque da una richiesta del settembre 1931, per un caccia veloce a sufficienza per acchiappare i bombardieri moderni, a loro volta sempre più veloci, metallici e monoplani. IL Model 248 fu la risposta, ordinato già in tre prototipi il 5 dicembre 1931. La costruzione ebbe luogo dal gennaio successivo, e nonostante avesse sia caratteristiche avanzate che un pò obsolete, alla fine dimostrò di possedere il giusto 'mix' di innovazione e tradizione. Un aereo che guardava in avanti e all'indietro nell'evoluzione tecnica, e come tale, scelto dall'USAAC ma rimasto un pò un punto interrogativo per gli storici dell'aviazione. L'ala era a due longheroni, ma non sufficientemente robusta da tenersi da sola, così aveva anche la controventatura di diversi cavetti d'acciaio. Era così possibile fare un'ala talmente leggera, e sottile, che anche con i cavi era meno resistente all'attrito e meno pesante. Invece i piani di coda erano totalmente a sbalzo, a differenza, curiosamente, di progetti avanzati come sarebbe stato il Bf-109 iniziale. Il carrello, pesantemente provvisto di una carenatura a 'calzoni', che aveva a che fare sia con le ruote che con gli assi, era decisamente caratteristico. Il motore era ben collaudato e collocato dentro la fusoliera in lega leggera, un'unità radiale R-1340-9. C'era una nuova M2 da 12,7 mm e una da 7,62 mm nel muso, e la possibilità di portare 5 bombe da 13,6 kg o due da 122 lbs (circa 50 kg), o due bengala. Il cannocchiale di puntamento del tipo C-3, altro elemento caratterizzante dell'aereo, gli farà guadagnare il suo nome, di Peachshooter (sparapiselli). Il primo volo avvenne il 20 marzo 1932, all'epoca c'era davvero poco da aspettare per sviluppare un caccia: appena 9 settimane. Con un peso di circa 1.200 kg era capace di 227 mph a 3.048 m, e manteneva 210 mph a 6.096 e 174 a 8.473; poteva salire a circa 11 m.sec e arrivare a circa 9.000 m; l'autonomia, come in genere accadeva per i caccia USA, era commisurata -entro certi limiti- all'enorme superficie del territorio USA, e permetteva così ben 1.220 km.

Dopo i tre prototipi, venne fuori la produzione di serie, leggermente migliorata; l'11 gennaio 1933, grossomodo ai tempi dell'entrata in servizio del CR.32, vennero ordinati 111 P-26A, il cui primo esemplare volò il 10 gennaio 1934. L'ultimo venne consegnato il 30 giugno, il prezzo unitario -eccetto tutto quello che non era della Boeing, motore incluso- era di 9.999 dollari. Così il P-26 nacque all'epoca della Depressione e sarà destinato, malgrado i piccoli numeri, a durare in servizio fino a tempi tutto sommato più felici per l'economia USA (che venne 'rivitalizzata' dalle spese statali, specie quelle belliche degli anni '40). Battuto il rivale Curtiss XP-31 Swift, il P-26A ebbe come seguito altri velivoli; interessante notare che i vecchi caccia biplani che sostituiva, i P-12E, costavano 10.197 dollari, per una rara volta accadde quindi che un prodotto innovativo riuscì anche ad essere meno costoso di quello che sostituiva. E anche per questo, presto ne vennero fuori altri 25 esemplari come P-26B e C migliorati. Nonostante la potenza del motore limitata ad appena 500 hp, l'aereo era abbastanza veloce, ma il problema era che esso era anche troppo rapido all'atterraggio. Il 22 febbraio 1934 uno di essi si ribaltò, riportando pochi danni, ma uccidendo sul colpo il malcapitato pilota (tale F.I.Patrick). Per questo il poggiatesta, onde proteggere il collo (e la pelle) del pilota, venne rialzato di 203 mm, modifica che venne poi applicata a tutti gli aerei nuovi e retrofittata a quelli vecchi. Nel frattempo, giova ricordare che lo strano caccia Boeing appesantì la sua forma con un'altra novità, un'antenna radio con relativo filo, una cosa rara, forse unica, per un caccia dell'epoca. Non solo, ma i P-26 ebbero anche, ad un certo punto, dei galleggianti gonfiabili per l'ammaraggio d'emergenza. Non si sa di alcun pilota salvato da tali congegni, ma in compenso un caccia andò perso per via del gonfiaggio in volo di uno dei 'palloni'. Il problema maggiore però era l'atterraggio, con una velocità di ben 82,5 miglia orarie; questo rendeva pericoloso l'aereo, più che per esso stesso, per il fatto che i campi d'aviazione dell'epoca erano in effetti, dei veri 'campi', con ciocche d'erba e buche. Sebbene il P-26 non pesasse molto, veniva giù veloce e la concentrazione -per una migliore agilità- delle masse in avanti lo faceva cappottare rapidamente. Grazie ai contratti di produzione esteri si pensò a dei flap che abbassavano la velocità a 73 mph, un vantaggio che era più che sensibile, e che venne retrofittato a tutti i P-26A, B e C. Alla fine il peso, che era eccezionalmente basso, aumentò di poco, ma ne valse la pena: il P-26A pesava appena 996 kg a vuoto e circa 1.360 al decollo.

Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un pò goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo.

IL problema vero era un altro, e cioé il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941.

C'erano anche nelle Filippine, con il 3rd Sqn, ma sopratutto molti vennero venduti al governo locale, se per molti si possono intendere 12 P-26A, comprati ne luglio del 1941 per il 6th PS dell'Aviazione dell'Esercito filippina. Incredibilmente, nonostante la loro totale obsolescenza e l'inferiorità complessiva, gli agili P-26 riuscirono a colpire qualche caccia A6M giapponese, specialmente nell'azione del 12 dicembre, quando sei di essi combatterono contro una formazione che attaccava Manila; il risultato fu di un bombardiere e due Zero abbattuti, contro la perdita di tre P-26. Evidentemente, non ci sono limiti a quello che può fare un pilota determinato e un aereo agile e minimamente armato. Ma presto i pochi caccia filippini (come anche quelli americani) vennero abbattuti o distrutti al suolo, o infine bruciati per impedire che cadessero nelle mani dei giapponesi avanzanti da terra. Altri 9 P-26 rimasero in servizio nella zona del Canale di Panama, fino a che nel giugno del '42 vennero finalmente rimpiazzati dai P-40. Ma non fu la fine, perché il Guatemala, nel novembre del '42 volle comprare gli aerei ex-USAAC; dato che c'era una legge del Congresso che proibiva la vendita di caccia nell'America Latina (l'abituale contraddizione americana, da un lato il controllo e il dominio nel 'giardino di casa', dall'altro molta ritrosia a vendere alcunché di bellico, con il risultato di far comprare al loro posto prodotti europei o di altra provenienza), li si fece passare per PT-26A, una specie di addestratori armati. In tutto ne vennero passati di mano sette fino al 4 maggio 1943. Potrà sembrare assurdo, ma alcuni di questi aerei, già totalmente obsoleti nel '41, riuscirono a sopravvivere -come addestratori- fino al '57, quando per esempio, gli Spitfire erano stati ritirati dalla RAF e da quasi tutti i loro utenti, e così i P-47. Uno di essi tornò negli USA ed è visibile nel Museo aeronautico di Chino (California), restaurato e in condizioni di volo, con i colori USAAC. Un altro è al museo Smithsonian.


Un P-26 è sopravvissuto fino ai nostri giorni

Il tipo export era il Model 281, che era diverso dal P-26A solo nei dettagli, tra cui i flap di atterraggio, per correggere l'eccessiva velocità dell'aereo, pericolosa nel toccare terra su piste erbose e dal fondo non sufficientemente duro: questa modifica ebbe luogo in maniera talmente soddisfacente che anche i P-26A vennero sottoposti a tale cambiamento. Il Model 281 aveva anche caratteristiche del P-26C ma al contempo lo precedeva temporalmente nella linea di produzione, e per migliorare la sua mobilità a terra aveva pneumatici Goodyear a bassa pressione. La protezione per la testa del pilota era già presente, in uno stile simile a quello delle auto da corsa. La velocità massima era 235 mph a 1.814 m, salita a circa 11 m.sec.

Furono i Cinesi che si batterono coraggiosamente con questo caccia, che diverrà nel suo piccolo una seccatura per i Giapponesi fino al 1941 (con l'aviazione filippina). Battaglia aerea del 20 agosto 1937: i Model 281 ingaggiano sei G3M della Marina giapponese, bombardieri nuovi di zecca e ad alte prestazioni per l'epoca. L'ingaggio fu possibile per la bassa quota che tenevano, necessaria per attaccare i bersagli. Il risultato fu di diversi aerei nipponici abbattuti. IN seguito i pochi Model 281 vennero abbattuti dai caccia A5M o costretti a restare a terra per mancanza di ricambi. Uno finì anche in Spagna nell'aprile del '35, ma non venne adottato in servizio. Il dimostratore restò tuttavia in Spagna e provvisto di due mtg leggere, combatté poi dalla parte repubblicana, finché non fu abbattuto il 21 ottobre 1938.

Gli italiani, che avevano -per quanto possa sorprendere- una lunga tradizione di progetti di caccia monoplani (tutti falliti), pensarono bene di farne un'edizione 'autarchica'. Era il Breda Ba.27, che non sarebbe rimasto caso isolato (vedi P-35/RE 2000), ma che non ebbe successo. Nemmeno quando divenne totalmente metallico la R.A. lo accettò (già dall'anno prima, il '33, volava il CR.32 che era praticamente altrettanto veloce), mentre almeno 11 vennero venduti alla Cina. Peso: 1.300-1.850 kg, dimensioni 7,67 x 10,8 x 3,4 m x 18,85 m2; velocità 380 kmh, motore A.R. Mercury IVA. Armamento 2 x 7,7 mm. I pochi esemplari prodotti vennero fatti a pezzi contro i Giapponesi, nonostante avessero qualcosa di più in termini di prestazioni rispetto ai P-26.


I-15, I-152 e I-153: i biplani di Polikarpov

Questi caccia sono, malgrado la loro costruzione convenzionale, di notevole importanza per la storia dell'aviazione. Nikolai Polikarpov, classe 1892, fu a suo tempo un grande progettista, fondamentale per l'aviazione sovietica del periodo interguerra. Ha avuto sia il merito di ammodernare la V-VS con progetti validi, sia la beffa storica di lasciare, nel lungo periodo, l'aviazione desolatamente obsoleta quando venne invasa dalla Germania nel '41. Ma questo era più colpa dell'incapacità di rinnovamento (vedi anche Purghe staliniane) che demerito di aerei che, negli anni '30, erano in rapida evoluzione e quindi quel che era valido alla metà del decennio già diventava superato alla sua fine. Polikarpov fu dal '26 direttore dell'O-SS, che era il dipartimento sperimentale degli aerei terrestri; nel '29 lo stalinismo lo destinerà al carcere speciale per progettare un nuovo tipo di caccia, usa soluzione draconiana per ottenere il massimo impegno dei progettisti. C'era anche Grigorovic, ex concorrente per progetti di caccia. Ebbero entrambi l'esperienza del VT (Prigione interna) dove rielaborarono il progetto I-6 e dell'I-5, dando origine al VT-11. Alla fine si vide il risultato concretizzato cme I-15, il cui prototipo nasceva dal progetto ZKB-3, che era un ulteriore passo avanti rispetto agli altri tipi. Il progetto iniziò nel 1932, sempre con Polikarpov ridotto alla cattività, e rispetto all'I-5 che fu il suo predecessore (nonché equivalente del Bulldog e del CR.20) si distingueva per l'ala a gabbiano superiore. C'era un motore Cyclone da 710 cv comprato e prodotto come M-25, e due PV-1 da 7,62 con 2.000 colpi; in sovraccarico si poteva portare un carico di 'ben' 2 bombe da 20 kg. Il prototipo volò nel 1933 e la dimostrazione di agilità impressionò: una virata di 360 gradi in 8 secondi, a ben 45 gradi/sec. Era l'ottobre del '33, così il nuovo I-15 era l'equivalente del CR.32. Ci fu però un contrattempo: il motore americano ebbe dei ritardi nella costruzione su licenza, tanto che poté essere avviata solo nell'ottobre del '36. Così i 404 I-15 usciti per primi ebbero solo lo Smetsov M-22 da 480 hp, un terzo in meno di potenza (era il francese GR.9 ASB Mistral su licenza, tra l'altro a sua volta il motore francese era il Bristol Jupiter VI, tanto per capire che riciclaggio di idee e tecnologie c'era nella motoristica fino ai primi anni '40, vedi anche l'industria italiana). Ma non mancarono nemmeno altre importazioni di Cyclone, di cui almeno 59 vennero installati su altrettanti I-15. Uno di questi, il 21 novembre 1935, arrivò alla quota di 14.575 metri, un nuovo record mondiale (alla guida del famoso collaudatore Kokkinaki, un monumento dell'aviazione sovietica). Per il motore M-25 si dovette aspettare gli ultimi 270 esemplari, che oltre alla potenza aumentata del 50% ebbero anche elica AV-1 (la Hamilton Standard prodotta su licenza). Inoltre si approfittò per raddoppiare l'armamento con 4 armi PV-1, e ben 3.000 proiettili totali (per comparazione, l'Hurricane aveva circa 2.500 proiettili per le sue 8 mitragliatrici). Il maggior consumo del motore richiese l'aumento del serbatoio da 210 a 310 litri totali. In tutto, dell'I-15 vennero prodotti 733 esemplari, costruiti entro il '37. Non mancarono evoluzioni tra cui 40 aerei con due BS da 12,7 mm, il che lo rendeva ancora più simile al CR.32, motore a parte.

L'I-15 andò in combattimento durante la guerra di Spagna e poi gli altri conflitti, fino al '41. Non era un caccia eccezionale, ma era valido, anche se nel '41 totalmente obsoleto.


Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.

L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.


  • I-15, I-152, I-153
  • Dimensioni
I-15, 6,10 x 9,75 x 2,20 m x 21,9 m2
I-152, 6,27 x 10,2 m x 22,5 m2
I-153, 6,17 x 10 x 2,8 m x 22,14 m2
  • Pesi
I-15, 960 kg a vuoto, 1.370 normali, 1.410 max
I-152, 1.310-1.834 kg
I-153, 1.452-1.960-2.110 kg
  • Prestazioni
I-15, 350 kmh/3.000 m, salita 7,6 ms iniziali, a 3.000 m in 5,6 min, a 5.000 m in 11 min, tangenza pratica 7.520 m, raggio 250 km, autonomia 550 km
I-152, 364 kmh, 8.000 m, 800 km.
I-153 (a 1.850 kg): 444 kmh/4.600 m, 366 kmh/slm, crociera 297 kmh/2.000 m; salita a 1.000 m in 51 s, 3.000 m/3 min, 5.000 m/5,3 min, 7.000 m/8,3 min, 9.000 m/13,2 min; tangenza pratica 10.700 m, raggio 210 km, autonomia 470 km o 880 km con due serbatoi da 100 l
  • Armamento
I-15, 2 PV-1 da 7,62 con 2.000-3.000 cp, 2x20 kg
I-152, 4x7,62 mm e 100 kg di armi varie (razzi o bombe)
I-153, 4 ShKAS da 7,62 mm (2.600 cp), 6-8 razzi da 82 mm RS-82, oppure 100 kg di bombe

Il Rata: l'F-16 degli anni '30

Molte sono le tappe per la costruzione di un caccia totalmente moderno. L'I-16 è una delle più importanti, e certamente la più consistente per esperienza di combattimento e numero di esemplari prodotti. Nel '35, l'Hurricane e sopratutto il Bf-109 furono la maturazione della formula. Peraltro, l'Hurricane era ancora in struttura parzialmente intelata, mentre il Bf-109 aveva un motore alquanto debole; anche se gettò la base di un aereo realmente moderno, il primo caccia definibile come 'completamente moderno' fu lo Spitfire nel '36. Fermo restando che l'elica era ancora una bipala in legno, degna di un Camel del '18.

Torniamo all'I-16. E' un caccia di tipo moderno, dalla sagoma eccezionalmente compatta: la lunghezza stentava a raggiungere i 6 metri, mentre la fusoliera, come al solito, era tozza; tuttavia, la costruzione era in legno, mentre l'ala era metallica con doppio longherone, ma era almeno in parte rivestita in tela; l'abitacolo aveva tettuccio scorrevole, ma ai piloti non piaceva. Questo minuscolo caccia ('Mosca', come era noto ai Repubblicani, o 'Rata', topo, come era noto ai Nazionalisti) era un aereo talmente ignoto all'estero, malgrado che avesse partecipato a diverse manifestazioni aeree, che all'inizio lo consideravano come una sorta di caccia Boeing (che era per l'appunto monoplano) prodotto in URSS. La sua velocità ed energia erano impressionanti, ma non venne usato al meglio (come del resto non sarà nemmeno per i primi caccia '0' italiani) per quel che era, un velivolo meno agile dei biplani ma più di altri monoplani, specie nella velocità di virata. In Spagna, però, finirà per essere superato in agilità dal CR.32 e in velocità dal Bf-109, ma questa è un'altra storia.

La nascita di questo caccia venne decisa per rispondere alla competione per il nuovo caccia per la V-VS, in concorso contro l'ANT-31. Era il marzo 1933, e Polikarpov era stato appena liberato dalla prigione. Già il 30 dicembre 1933 volò per la prima volta, ancora con l'M-22 da 480 hp, poi con un SGR-1820 americano (il Cyclone) da 710 hp, il 18 febbraio 1934.

Vennero presto prodotte grandi quantità di questo velivolo, senz'altro straordinari per gli anni '30, a dimostrazione dell'importanza che gli si attribuiva. Il Tip 1 venne realizzato solo in trenta esemplari, i quali avevano sì il motore meno potente, ma pesavano a vuoto una tonnellata scarsa.

Poi fu la volta del Tip 4 con il Cyclone importato; nel '36 venne prodotto il tipo con l'M-25 da 700 hp, lo stesso motore dell'I-15 di tarda produzione; poi fu la volta dell'I-16 Tip 6, che aveva una terza mitragliatrice ShKAS; il Tip 10 o 'Super Rata' aveva 4 armi, introducendone altre due nella fusoliera, oltre alle due alari (ma non è chiarissimo, se gli esemplari biarma avessero le mitragliatrici nel muso o nelle ali); il Tip 12 aveva invece un ulteriore innovazione, i potentei cannoni ShVAK da 20 mm, sistemati nelle ali, mentre le due armi da 7,62 erano nel muso; il Tip 17 ebbe il motore M-25V, il Tip 18 l'M-62 da 830 CV turbocompresso con motore a doppia velocità; il Tip 20 ebbe 4 ShKAS e due serbatoi da 93 l ausiliari; il Tip 24, infine, aveva l'M-63 da 900 hp e ipersostentatori convenzionali anziché il tipo precedente alettone-ipersostentatore.

Non finì qui: il Tip 27 era simile al Tip 17 ma con motore M-62, il Tip 28 era simile al -24 ma con due armi da 7,62 e 2 da 20 mm; il Tip 29 aveva carello abbassato e allargato, motore M-63, cannone da 20 e due UBS da 12,7; il Tip 30 era simile al -24 con motore M-63, in produzione dal 1941.

Non mancò un I-16 con motore M-22 e funzione di attacco al suolo, il che comportava corazze protettive per l'abitacolo, 4 ShKAS e due bombe da 50 kg; ancora più impressionante era però l'I-16SPB che era un vero bombardiere in picchiata, con tanto di freni aerodinamici e il carrello con comando pneumatico, anziché meccanico come i tipi precedenti. L'I-16TK era invece turbocompresso con 494 kmh a 8.600 m. Tuttavia, tutti questi tipi rimasero prototipi.

Non fu così per il biposto d'addestramento. Per quanto possa sembrare bizzarro che in un aereo così corto fosse possibile installare due abitacoli in teandem, la sua tozza fusoliera lo permetteva: UTI-1 (su base Tip 1), UTI-2 (con carrello fisso), UTI-4 (Tip 5, sia con carrello fisso che retrattile). La produzione dei biposto fu imponente, a testimonianza della difficoltà di padroneggiare nuove tecnologie come il carrello retrattile e altro ancora; ben 1.639 biposto (tutti disarmati) più 7.005 monoposto, totale 8.644 aerei. Ovvero, più di tutti gli altri caccia della sua generazione messi insieme (almeno considerando quelli al di fuori dell'URSS). Basti pensare che il CR.32, tra i più prodotti, è stato realizzato in circa 1.200 esemplari (e non 1.800 come talvolta riportato), in Gauntlet meno di 200. In Spagna giunse nell'ottobre del '36, in tutto ne vengono valutati come forniti tra appena 180 e 475. Gli I-16 combatterono ampiamente in Estremo Oriente, di cui 250 cinesi e gli altri usati dalla V-VS. I tipi cinesi erano in genere i Tip 10. Ancora nel giugno del '41 equipaggiavano circa i due terzi dei reparti della V-VS, mentre nel '43, quando vennero posti fuori servizio, erano ancora sopravvissuti circa la metà del totale prodotto, ma oramai relegati essenzialmente a bassa quota. In Spagna finirono il servizio nel '53, così come i loro ex-avversari CR.32.

I-16 Tip 10:

  • Motore M-25V a 9 cilindri radiale, 775 hp al decollo e 2.000 g.min; elica A-1 bipala metallica a doppio passo e 255 l di carburante
  • Dimensioni: 5,99 x 9 x 2,56 m x 14,54 m2
  • Pesi: 1.350-1.750 kg, carico 118 kg/m2 e 2,2 kg/hp
  • Prestazioni: 440 kmh/3.000 m, 389/slm, 5.000 m saliti in 6,9 min, tangenza pratica 8.270 m, raggio 360 km, autonomia 800 km
  • Armamento: 4 ShKAS da 7,62 mm, 2.600 cp


Caratteristiche dei vari I-16 principali:

  • Motore
I-16 Tip 1, M-22 da 480 hp
I-16 Tip 4, M-25A da 725 hp
I-16 Tip 5, M-25 da 775 hp (?)
I-16 Tip 10
I-16 Tip 17
I-16 Tip 18, M-62R da 1.000 hp
I-16 Tip 24
  • Dimensioni: circa 5,99 m, da l TIp 17 6,08; apertura alare 9 m, altezza 2,45 ma dal Tipo 18 2,56 m
  • Pesi
I-16 Tip 1, 998-1.345 kg
I-16 Tip 4, 1.266-1.422 kg
I-16 Tip 5 ,1.660 kg
I-16 Tip 10, 1.715 kg
I-16 Tip 17, 1.815 kg
I-16 Tip 18, 1.410-1.830 kg
I-16 Tip 24, 1.490-1.912 kg
  • Prestazioni
I-16 Tip 1, 360 kmh,
I-16 Tip 4, 450 kmh, salita 850 m.min, tangenza 9.000 m, raggio 800 km,
I-16 Tip 5
I-16 Tip 10
I-16 Tip 17
I-16 Tip 18
I-16 Tip 24, 525 kmh, 400 km o con 2x100 l, 700 km
  • Armamento
I-16 Tip 1, 2x7,62 alari
I-16 Tip 4
I-16 Tip 5
I-16 Tip 10 4x7,62
I-16 Tip 17 2x7,62 e 2x20 mm
I-16 Tip 18, come Tip 10 o 17
I-16 Tip 24, come Tip 17


Interessante è anche notare che i sovietici fossero riusciti anche ad ideare altri monoplani da caccia. Uno fu il Tupolev I-14, il primo in assoluto con caratteristiche moderne, quelle che poi troviamo nell'I-16. Inoltre era totalmente metallico con rivettature annegate per una struttura esterna molto pulita ed aerodinamica, a parte la superficie ondulata di scuola Junkers sulle ali. Solo 18 esemplari vennero realizzati, data la preferenza al più leggero I-16. Si trattava di un caccia del '33, con un motore Cyclone (M-25), dimensioni 6,11 x 11,25 x 2,74 m x 16,93 m2; pesi 1.170-1.540 kg, velocità 449 kmh a 3.400 m e tangenza 8.800 m. Pare che l'armamento comprendesse anche due cannoni da 37 mm, oltre a due da 7,62. Un altro caccia super-armato fu l'I-12 del '31, che rimase però prototipo. Aveva una doppia trave di coda con un motore centrale, e due cannoni da 76 mm senza rinculo nelle semifusoliere. Il peso era contenuto in 2.400 kg, motore GR.9AK da 525 hp, dimensioni 9,5 x 15,6 m x 30 m2, velocità 300 kmh.


In azione con il Rata

Come volava e come combatteva l'I-16? Questa è una questione molto dibattuta, data la quantità di combattimenti (Spagna, Cina, Finlandia, URSS) che lo ha visto protagonista, in genere piuttosto sfortunato, ma da non sottovalutare.

L'I-16 introdusse per la prima volta una forma di combattimento ad alta velocità, che ben si può considerare l'archetipo degli 'energy fighter'. Non che non vi fossero anche prima dei caccia monoplani; ma l'I-16 era veramente un aereo 'veloce': niente ali controventate, niente carrello fisso, radiatori ventrali di generose proporzioni ecc. La sua fusoliera era estremamente tozza e apparentemente poco aerodinamica, ma nel suo insieme, ben proporzionata e robusta. L'ala era solida, bilongherone metallica. Il carrello era retrattile, seppure ad azionamento manuale (ma inizialmente era lo stesso anche per lo Spitfire..), e così via. L'armamento comprendeva le ShKAS, mitragliatrici ultra-rapide, che rispetto a molte armi dell'epoca quasi triplicavano la cadenza di tiro, grazie alla camera di scoppio a revolver, nonostante la quale però, le dimensioni e i pesi erano ridotti.

L'I-16 entrò inizialmente in servizio con il Tip 1, una specie di macchina di preserie, ma già con il motore da 480 hp M-22 era capace di volare ad alta velocità; ma fu solo con i motori potenziati che la sua formula poté essere sfruttata, e lo fu. Il problema erano i piloti, perché non era facile far capire come si combattesse in velocità, come una sorta di FW-190 ante-litteram. Il fatto è che l'I-16 era anche molto agile e non si lasciava intimidire negli scontri manovrati con i biplani. Ma gli unici caccia monoplani capaci di primeggiare persino in questi scontri erano quelli giapponesi, e paradossalmente l'I-16, proprio per la sua agilità, rischiava di fare brutti scherzi ai suoi piloti, che erano piuttosto propensi ad accettare lo scontro con biplani inevitabilmente più lenti, ma anche più agili. Del resto anche il CR.32 era meno agile del NiD.52, ma -come anche l'He-51- sfruttava la maggiore velocità per non farsi abbattere. Il CR era più agile dell'I-16, e di qualcosina più veloce dell'I-15. Quest'ultimo era un caccia eccezionalmente agile. I piloti italiani che lo provarono in Spagna lo definirono proprio così, 'eccezionale'. I Russi che provarono i CR.32 catturati, invece, li trovarono difficili da far decollare e duri in manovra. L'I-15 era più leggero e rapido in salita -anche se inizialmente vennero mandati in Spagna, presumibilmente, solo i tipi con l'M-22-, era grossomodo altrettanto veloce, se non qualcosa di più (dipende dalle versioni) in orizzontale, mentre era più lento in picchiata, sia per la fusoliera tozza (dopo tutto era noto in Spagna come 'Chatos', naso piatto), sia perché le sue ali, prive della robustezza del sistema Warren (con montanti alari a.. W), tendevano a spezzarsi nelle picchiate più accentuate. La velocità di salita era oltremodo vantaggiosa per i caccia intercettori; quella di picchiata, invece, è un vantaggio tattico importante per i caccia da superiorità aerea, o in generale impegnati negli scontri con aerei simili. Questo è quello che si sarebbe visto, per esempio, tra l'AVG e i caccia giapponesi: mentre i Ki-27 e 43 erano certo più rapidi in salita, i P-40 potevano scappare in picchiata lasciandoli nettamente dietro. Anche in Corea, forse l'unico altro parallelo con la Spagna, le cose andarono così: l'F-86 poteva seminare in picchiata il MiG-15 (degno erede dell'I-15, nonché dello stesso I-16), mentre in orizzontale non c'era quasi differenza, e in salita (e accelerazione) il MiG superava largamente l'F-86, tant'é che mentre l'americano si buttava in picchiata per disimpegnarsi (come del resto facevano anche i caccia tedeschi), il russo accelerava e saliva in quota, tanto da arrivare in alto a sufficienza per lasciarsi indietro il rivale, e-o superarlo in agilità (specie sopra i 10.000 m).

Nel caso del CR.32 c'era una struttura robusta che aiutava a resistere a danni e sollecitazioni, e un motore a cilindri in linea che permetteva una fusoliera fine. Non è noto fino a che punto fosse in grado di arrivare in picchiata: l'anemometro arrivava a 460 kmh, ma i piloti superavano di sicuro i 500. Al di là dell'inaffidabilità degli strumenti dell'epoca, che fossero veloci era verificabile sia dalla possibilità di lasciarsi dietro gli I-15, che dalla capacità di raggiungere gli SB-2 (in volo orizzontale, se anche loro si fossero buttati in picchiata non ci sarebbe stata storia). Gli I-15 non erano tanto robusti, e gli I-153 raggiunsero un pò il limite della struttura: pare che uno di essi si disintegrò in picchiata a circa 500 kmh. Questo non vuol dire che gli I-153 non sarebbero stati un caccia superiore ai CR.32, in verità la loro salita era talmente rapida da lasciarsi indietro anche i successivi CR.42. In termini di velocità, sarebbe interessante conoscere le prestazioni dei successori del CR.32, il '42. Ma, nonostante la potenza molto maggiore, è probabile che non potessero andare molto più veloce, a causa della resistenza di una fusoliera dalla sezione nettamente più larga (motore radiale). Un paragone può essere il P-36/H-75, dalla potenza motrice paragonabile a quella di Bf-109 e Spitfire, ma nettamente più lento in picchiata data la diversa motorizzazione (radiale vs lineare).

In ogni caso, il CR.32 aveva anche altre due capacità extra: una era la potenza del motore, che permetteva di mantenere una quota maggiore di quella pratica dei caccia sovietici, il che contribuiva a sfruttare la picchiata sia in attacco che in difesa, potendo partire da quote maggiori. Certo che è strano, se si pensa che proprio l'I-15 ottenne un record di quota massima, ma in pratica le cose stavano diversamente, persino contro un caccia come il Freccia, che non era niente di eccezionale quanto a tangenza. L'altra era la presenza delle Breda-SAFAT. I CR.32 entrarono in servizio attorno al '34, quando queste non erano ancora presenti, così inizialmente ebbero solo due armi da 7,7 mm Mod 1928. Ma il CR.32bis, che seguì attorno al '35-36, era invece armato sia di due 12,7 mm, che di due 7,7 mm. Persino troppo, visto che questo gli aumentava i pesi, e le versioni successive omisero (come anche molti tipi bis) le armi da 7,7 subalari. Le Breda da 12,7 erano potenti e rispettate, con una portata utile e una distruttività notevoli. E dire che esse potevano solo essere descritte come 'inferiori' rispetto alle loro progenitrici, le Browning (+60% di potenza, nonché maggiore cadenza di tiro).

In ogni caso, non c'é dubbio che entrambi i caccia Polikarpov erano degli avversari più che degni; prima apparvero gli I-15, poi di lì a poco tempo, anche gli I-16. Questi erano più veloci in ogni condizione rispetto ai CR, ma meno agili. Per ottenere un compromesso tra velocità e agilità si penserà poi all'I-153, ma questo entrerà in servizio troppo tardi per la guerra in Spagna.

Un altro problema era l'armamento: gli I-15, pur se armati con le PV-1, erano quelli meglio messi al riguardo. Almeno dopo che raddoppiarono il numero di armi, tra l'altro con una ricca dotazione di proiettili. Le armi ultra-rapide degli I-16 avevano una dispersione elevata e sopratutto, l'aereo non era di per sé una piattaforma di tiro molto stabile, specie sull'asse longitudinale. Questo affliggeva sopratutto l'efficacia delle armi alari, sottoposte sia a movimenti di rollio che di beccheggio, e non solo a questi ultimi. Citando l'enciclopedia 'Armi da guerra': In azione l'I-16 era instabile fino al punto di diventare pericoloso. La sua guida era affaticante perché i piloti non potevano mai distrarsi, e ciò rendeva anche difficile la mira per un tiro accurato. Ma in compenso l'aereo poteva virare più velocemente di tutti i caccia del tempo, e nell'insieme offriva ottime prestazioni e manovrabilità.

L'instabilità dell'I-16 era dovuta alla compattezza, tipica più di un aereo da corsa come il Bee Gee Racer americano. Questo rendeva i piani di coda troppo vicini alle ali e al CG dell'aereo, ma come con il successivo MiG-1, si decise che il gioco valesse la candela: un caccia il più piccolo possibile per valorizzare al meglio la potenza del motore.

L'I-16, poi, non è stato solo un caccia tattico. La sua evoluzione, benché trovasse presto i limiti del progetto, fu molto ricca e variegata. Dall'addestratore biposto (il capostipite di tanti altri tipi sovietici), al cacciabombardiere d'attacco. Vi furono I-16 armati di due bombe da 250 kg, lanciati a mò di missili cruise verso obiettivi specifici, grazie al trasporto con un TB-3 appositamente attrezzato. L'esperienza delle 'portaerei volanti' sovietiche merita un approfondimento, e lo avrà. Altre esperienze, magari meno spettacolari, sono state portate avanti con questo caccia. Una è stata l'armamento di mitragliatrici ad alta cadenza di tiro, per compattare nella sua piccola cellula tutta la potenza possibile. Un'altra è stata l'introduzione di cannoni da 20 mm, poco impiegati nelle versioni iniziali dato il loro peso, ma potenzialmente micidiali e sicuramente utili per gli aerei che sarebbero venuti dopo. Un'altra ancora erano i razzi aria-aria, gli RS-75 e poi gli RS-82, anch'essi iniziatori di una formula, la reintroduzione dei razzi nel combattimento aereo (i precursori erano i tipi anti-pallone della I GM). Inoltre i sovietici sperimentarono, con entrambi i caccia Polikarpov, le corazze protettive per i piloti. Sebbene esse garantissero solo contro le armi leggere, e non sempre potessero fermare anche le Breda (qui c'era in effetti una grossa differenza tra mtg leggere e pesanti, allorché si tratta di affrontare bersagli leggermente protetti), si trattava di una notevole innovazione per i caccia. Si pensi che solo nel '40 diverrà comune la blindatura protettiva per i Bf-109, Spitfire e Hurricane.


Ora vediamo come l'I-16 arrivò in Spagna, e quel che ne pensano i piloti[1].

Una delle descrizioni dell'I-16 lo considera quel che era, un capolavori di semplificazione. 'Poco più di un'ala, un motore e due mitragliatrici'. Questo è quel che ne pensava Frank Tinker, pilota americano di I-16, un altro volontario che come Hemingway combatté dalla parte Repubblicana.

Questi caccia russi erano notevolmente innovativi per l'epoca, anche se la costruzione mista era semplice ed economica, senz'altro anche robusta, mentre il carrello era retrattile sì, ma con 44 giri di manovella che il pilota doveva imprimere (in che non aiutava certo i tempi di salita iniziale dell'aereo). Come già detto, nessuno sembrò interessarsi dei nuovi caccia comunisti, che pure erano già stati mostrati durante la parata del 1 Maggio 1934, quando tuttavia non erano ancora in servizio. Lo furono dal '35 e presto divennero molto diffusi. Ma, ancora al loro debutto in Spagna, erano ritenuti da molti una copia del P-26. Rispetto a quest'aereo, però, la loro struttura era molto meno avanzata, o meglio, costosa, non essendo metallici ma di costruzione mista. Concettualmente erano però largamente superiori, con ala a sbalzo e carrello retrattile. Era la via per il futuro.

Per il presente di allora, i caccia che comparvero furono il Tipo 5 e poi il Tipo 6. I primi vennero scaricati ancora imballati a Cartagena, nell'ottobre del '36. Si trattava di un primo lotto di 31 apparecchi Tipo 5, che vennero seguiti da altrettanti verso la fine dell'anno. Entro l'estate successiva, ulteriori consegne arrivarono a circa 130 apparecchi. Nell'immediato, vennero presto costituite tre squadriglie di I-16, raddoppiate nell'anno successivo: inizialmente ebbero 12 aerei di linea e tre di riserva; poi questo lusso calò e si ridussero in tutto a solo 9 esemplari. Le tecniche dell'epoca erano ancora basate sulle formazioni a tre aerei, per cui ogni squadriglia aveva tre sezioni, ciascuna formata da capopattuglia e da due 'punti', o se si preferisce, guardiaspalle. Quando i piloti spagnoli e internazionali cominciarono ad affluire a queste unità, i capi restavano russi, mentre i 'novizi' facevano i gregari. I primi spagnoli vennero addestrati a Kirovabad e presero servizio nel luglio del '37. I piccoli caccia erano usualmente dipinti in verde oliva sui lati e superiormente, azzurro chiaro sulle superfici inferiori, nero nel muso (ma non sempre), rosso per le estremità alari e la fascia di fusoliera, spesso anche la bandiera repubblicana aveva i suoi colori dipinti in coda. Noti dal maggio del '37 come CM (Caza Mosca), questi caccia erano sempre più importanti per i Repubblicani, sopratutto dopo il debutto del Bf-109, che chiamava per macchine ad alte prestazioni, e sopratutto, capaci di scortare gli SB-2.

Quanto al nome, Mosca era quello assegnato dai repubblicani, ma per i Nazionalisti era noto come Rata, sorcio, per via che i suoi stormi apparivano come i branchi di topi che sbucavano dai canali. I sovietici lo chiamavano Ishak, che vuoli dire asinello, ma non tanto per la sua forma un pò da 'pony' più che da cavallo da battaglia (anche per l'epoca era un velivolo davvero minuscolo), ma per via della similitudine di pronuncia con il 16 in russo.

I primi Moscas erano i Tipo 5, con motore M.25 da 700 hp e capaci di 450 kmh. Avevano solo due armi, che notare bene, non erano nel muso come ci si potrebbe aspettare (in genere quando ce ne sono solo due, sono sempre 'lì'), ma nelle ali. Questo rendeva piuttosto imprecisa la mira, che si poteva fare tra l'altro con diversi tipi di mirini a cannocchiale o a reticolo libero, e nonostante che le armi di per sé fossero molto precise. La cadenza di tiro, almeno 1.500 c.min, era per l'epoca scioccante e queste armi erano considerate qualcosa di più di una normale arma della categoria: come la MG42 diverrà in seguito nota come 'sega di Hitler', anche queste armi (persino superiori come cadenza di tiro) non mancavano di colpire. Laddove le vecchie mitragliatrici sparavano in maniera simile al latrato di un cane, queste tiravano ad una velocità tale da crivellare qualunque cosa trovassero di fronte. Erano definite 'rabbiose'. E nononostante la loro potenza, molto affidabili in azione, pressoché esenti da inceppamenti di sorta (che invece non mancheranno di affliggere anche le pur affidabili SAFAT). Ma, un pò per il consumo di munizioni, un pò per l'inevitabile surriscaldamento (specie nel clima ispanico), le raffiche erano da limitarsi a 3-5 secondi. Ad alcuni piloti piacevano, erano considerate capaci di 'segare un aereo a fette'. Molti però rimarcavano il fatto che non c'era modo di abbattere gli aerei da bombardamento, specie quelli tedeschi (totalmente metallici), o che il raggio di tiro utile fosse di una trentina di metri, o che bisognasse mirare alla testa del pilota nemico per ottenere un risultato pratico.

Il Mosca, se ben pilotato era capace di sopraffare i rivali. Ma se si metteva a duellare con il CR.32, allora la maggiore agilità del biplano si trasformava in 'veleno' per l'I-16. L'abitacolo dell'aereo era chiuso, ma ai piloti non piaceva molto questa soluzione, che penalizzava la velocità e l'uscita in emergenza. Da notare che il tettuccio si apriva scorrendo in avanti e non all'indietro, il che non era certo ideale per l'abbandono in velocità. Così i piloti, in genere, lasciavano aperto l'abitacolo, ma questo non mancava di causare loro l'inalazione dei gas di scarico, dato che i tubi erano sistemati ognuno per un cilindro, anche nella parte superiore del muso. L'I-16 Tipo 6, consegnato in una trentina di esemplari, era provvisto fin dall'inizio di abitacolo aperto, nonché di motore M.25A da 750 hp. Ma anche il peso aumentava e così il vantaggio era poco sensibile.

Per ottenere un risultato maggiore venne fornito il Tipo 10 o 'Supermosca'. Era stato necessario in quanto dal luglio del '37 i Tedeschi uscirono finalmente dall'impasse, allorché ai loro He-51 (apparentemente paragonabili ai CR.32, in realtà, malgrado un carico alare inferiore e una potenza maggiore, decisamente inferiori rispetto a questo e all'I-15). Era pronto già dall'inizio del '38. L'esame della sua struttura lo mostra più semplice di quanto non si possa immaginare, l'uso di profilati metallici, anche per una parte delle centine, lo rende più attuale delle analoghe soluzioni impostate per i Macchi 205 di 4 anni successivi. Il motore M-25V era capace di maggiore potenza, purtuttavia l'aereo era anche più pesante dei predecessori e così continuava a perdere in agilità. Ma nell'insieme era chiaramente un passo in avanti, a cominciare dalla presenza di altre due armi nel muso. Inizialmente queste erano PV-1, proprio perché sincronizzare il tiro delle ShKAS con l'elica (che pure era solo una bipala) era difficile. Questo significa che le due armi alari erano disposte a distanza dall'asse dell'aereo, sparavano fuori dal disco dell'elica, ma al contempo perdevano in stabilità di tiro (l'I-16 ondeggiava con facilità). Questo rendeva possibile sparare con 4 armi anziché due, ma la leva di comando aveva 4 bottoni, ognuno associato ad una mitragliatrice, nonché una per sparare con tutte, che poi era quella usata in combattimento. L'I-16 Tip 10 aveva una diversa disposizione dei tubi di scarico, così si teneva di conto dell'abitacolo aperto, evitando di affumicare il pilota al decollo. Poi c'era la corazzatura protettiva, verificata da uno dei piloti, tale Luis Sirvent. Prese una piastra dei sedili, caricò il fucile Mauser (un'arma dotata di notevole potenza penetrante anche per la sua categoria) con 5 proiettili perforanti, e sparò da 20 metri. Il risultato era confortante: tutti e 5 si erano schiacciati contro la piastra senza passarla. Questo significa che le Breda da 7,7 e le MG-15 o 17 da 7,92 mm non potevano passare le protezioni, anche se queste erano relativamente limitate in estensione. Le Breda da 12,7 avrebbero potuto ancora farcela, ma non da grande distanza.

L'acciaio sovietico era di qualità, meno validi gli alettoni-flap, ora che l'aereo era più pesante. Erano scarsi in efficacia, pur essendo estesi per tutta l'ala. Ma ora che l'aereo si era appesantito, diventavano quasi inuti e spesso nemmeno venivano usati. L'atterraggio era fatto a 160-180 kmh, oggi sembra uno scherzo, ma all'epoca no, e i campi d'aviazione (in genere sterrati o a prato) non erano certo dalle superfici perfette. Se l'aereo si impuntava in qualche ostacolo, si ribaltava e ammazzava il pilota (un pò come i primi P-26). Così l'ordine era chiaro: se c'erano problemi (danni in combattimento, ferite al pilota ecc) si doveva atterrare senza estrarre il carrello, frenando col ventre del caccia. L'I-16 non disponeva di struttura anti-cappottamento e questo era l'unico modo per non rimetterci il collo.

Tutta la fornitura di I-16 è stata costituita, in Spagna, da circa 130 Tipo 5, 30 Tipo 6, 120 Tipo 10. Non è assolutamente certo, e vi sono anche dati che parlano di 180, come di 475. Il numero di serie progressivo più alto conosciuto è il CM-276. Così il Mosca non sarebbe stato un pò più numeroso dei 380 (o più probabilmente, oltre 400) CR.32, ma assai meno diffuso.

In volo, malgrado tutto, l'I-16 si faceva rispettare: un vero gioello: fantastico per il combattimento rapido, delizioso per il combattimento acrobatico, salita ecc, tranne che per l'armamento. Questo secondo Miguel Sanz. Andrés Fierro, che si è accreditato ben 6 Bf-109 e 3 CR-32, abbattere da parte di un singolo I-16 un bombardiere era pressoché impossibile, specie contro quelli tedeschi, interamente metallici, come il Do-17 e l'He-111. Mentre esistevano dimostrazioni di abbattimenti contro l'S-79, di struttura mista. In effetti vi sono dati che dimostrano il contrario, i bombardieri tedeschi erano indubbiamente meno vulnerabili, ma erano anche più lenti e meno armati.


Contro i Bf-109 l'abilità del pilota poteva fare la differenza. In termini di maturazione, l'I-16 era già un progetto collaudato, il Bf-109 nella sua infanzia. Era potenzialmente superiore, ma non ancora al livello degli anni successivi.

Uno dei piloti spagnoli, Tarazona, definisce il Bf-109 come bello, snello ed elegante. Ma l'I-16 è 'tozzo, virile, forte'. E Tinker avrebbe preferito l'I-16 al Bf-109 per un duello aereo. Pare che i Bf-109B non fossero superiori agli I-16, meno armati, agili e robusti (niente corazze), erano superiori solo per via della tangenza e della velocità un pò più alta. I Bf-109C e D raddoppiavano le mitragliatrici e introducevano il motore a iniezione, buono per l'accelerazione in picchiata; ma i supermosca non erano inferiori.

Diversamente dagli I-16, i Bf-109 volavano in coppie, almeno a partire da una certa epoca, e questo tatticamente li avvantaggiava. Da alta quota si buttavano sugli I-16, magari controsole, e poi si sganciavano in picchiata. Gli I-16 rispondevano così: se vedevano il Bf-109 venire giù, dovevano salire dritti verso di lui in rotta di collisione. Questo voleva dire o far virare il Bf-109 per evitare la collisione, e sparargli mentre mostrava il 'bersaglio grosso' (pianta alare) oppure coinvolgerlo in un duello manovrato, dove gli I-16 erano superiori. E non solo, erano anche più numerosi nella maggior parte delle occasioni in cui si presentarono sul campo di battaglia.

Ma questo non bastava ad evitare che il Bf-109 possedesse l'iniziativa. Così i meccanici spagnoli la presero con un ordine per 25 motori Cyclone, americani originali. La 4a Squadriglia ebbe così gli I-16 con motore capace di salire a 8.000 m di quota, combattendo contro i loro avversari in un regime di parità. I 'Nariz Fria' (naso freddo) ebbero l'ogiva dell'elica bianca, e dato il respiratore necessario, la squadriglia era anche nota come quella del 'biberon'. Comandata da Tripa A (A. Arias Arias) combatté con onore persino contro gli ultimi, e formidabili, Bf-109E. Nonostante che, anche per alleggerirsi, tornassero alle sole due armi alari. Queste dovevano essere riscaldate, o altrimenti l'olio lubrificante avrebbe gelato a temperature anche di -40 gradi. Uno dei meccanici della squadriglia riuscì nell'intento con dei tubi di aria calda portati dagli scarichi alle armi alari.


Riassumendo le caratteristiche dei Rata spagnoli:

  • Dimensioni: tutti 9 m di apertura alare, lunghezza 5,9 m per i Tipo 5, 5,99 m per tutti gli altri
  • Pesi: Tipo 5, 1.460 kg; T.6, 1.660 kh; T.10, 1.710 kg, N.Fria, 1.800 kg
  • Prestazioni: Tipo 5, 454 kmh, tangenza pratica 5.200 m, autonomia 8.200 m; Tipo 6, 440 kmh, 5.000 m, 810 km; T.10, 444 kmh, 6.000 m, 800 km; N.F: 465 kmh, 8.000 m, 800 km

Dopo la guerra restavano diversi Rata, almeno diverse dozzine. L'Ejercito de l'Aire, formatosi nel '39, li inglobò e servirono inizialmente nel Grupo 28, dove erano presenti anche i CR.32. Questo gruppo era nelle Baleari. Non solo, ma la fabbrica locale SAF-15 aveva anche iniziato a produrre i Supermosca partendo da parti di aerei rottamati e costruendo quanto mancava. Alcuni di questi velivoli vennero resi disponibili entro la fine delle ostilità. Erano noti come CH (Caza Hispano) e rappresentarono una nuova epoca per l'industria spagnola. In tutto i Rata disponibili per l'aviazione riunificata arrivarono a circa 50 e in seguiti passarono al Grupo 26 di Siviglia come C.8.

Ironia del destino, vennero ampiamente utilizzati nei combattimenti aerei simulati contro gli stessi, vecchi CR.32, nonché in film celebrativi dei nazionalisti di Franco, e persino come scorta di aerei VIP quali (1948) l'aereo di Evita Peron. L'ultimo Rata, il C.8-25, venne radiato dalla scuola caccia di Moron nel novembre del '53. Più o meno in contemporanea con i CR.32.

Il Gladiatore

Oggi questo nome è associato ad un noto film 'storico' made in Hollywood, ma per gli appassionati di aviazione, specie storica, ricorda piuttosto un altro tipo di combattente, che calato nel suo contesto storico ebbe a combattere in maniera non meno coriacea dei divi del grande schermo. Era questo il caso dell'ultimo biplano da caccia inglese, della Gloster. Erede di una lunga tradizione di validi cacciatori biplani, il Gladiator era una sorta di Gauntlet notevolmente potenziato.

Tutto era in realtà cominciato già nel 1918, quando i piccoli e validi caccia ricognitori Nieuport francesi ispirarono il progettista Harry Folland che creò nel periodo interguerra una serie di caccia, tutti con motori radiali, e tutti con eccezionale maneggevolezza. Nel 1930 apparvero i prototipi di un velivolo che ebbe il miglior motore disponibile, dopo una scelta in merito, che premiò il Mercury. Questo aveva un diametro inferiore rispetto allo Jupiter del precedente Gamecock, eppure era anche più potente. Ebbe l' Anello Townsend per ridurre la resistenza aerodinamica, ma l'elica era sempre una bipala in legno a passo fisso. La cellula era in lega leggera rivestita in tela oppure, nella parte anteriore, da pannelli in alluminio asportabili. Le ali avevano una doppia campata per lato, per aumentare la resistenza, specialmente in picchiata. Nell'insieme si trattava di un caccia del tutto tradizionale, a parte un certo uso di leghe leggere, ma essendo dotato di un motore dal piccolo diametro, potenza elevata e una fusoliera allungata rispetto a quella tracagnotta di molti tipi dell'epoca, nell'insieme risultava un velivolo sorprendentemente veloce. L'armamento era sistemato ai lati della fusoliera, appena davanti all'abitacolo, in due protuberanze con i solchi per sparare fino attraverso l'anello del motore, che a sua volta era stretto al punto da avere delle bugnature dove erano i cilindri (9 in tutto). L'aereo era ben progettato, anche nei particolari. Alla fine, l'S.S.19B risultò molto più veloce, non solo del precedente Gamecock e del Bulldog, non solo, ma ance del raffinatissimo Fury, con in suo musetto appuntito e il motore in linea. Per capire il valore delle sue prestazioni, si può dire che esso, pur con un motore radiale di potenza appena superiore -645 hp- riusciva ad eguagliare in velocità il CR.32 che aveva un motore con cilindri in linea. La RAF lo ordinò prima con 24 Mk I (consegnato dal '35, quindi tutt'altro che in maniera frettolosa), poi 104 Mk.II, che era il vero modello definitivo, la cui struttura era tipo Hawker, dato che la Gloster era diventata parte del gruppo Hawker-Siddeley nel '35. Fortunatamente per questi caccia, presto apparve un'elica tripala metallica, sia pure a passo fisso (del tipo Fairey-Reed). Il Gauntlet non ebbe molti successi all'export: sette nazioni lo ebbero, ma in quattro casi si trattava di macchine ex-RAF.

A differenza del CR.32, il Gauntlet, che ne era a tutti gli effetti l'equivalente, aveva un'abitacolo molto in avanti rispetto alla fusoliera, dotata di una lunga sezione di coda, a motivo della compattezza dei radiali. Come si è detto, esso era capace di una velocità paragonabile a quella del CR.32 seppure con un motore radiale appena più potente.

Le sue dimensioni erano 8,05 x 9,99 x 3,12 m x 29,26 m2; i pesi, 1.259-1.801 kg; le prestazioni 370 kmh a 4.815 m, salita a 6.100 m in 9 minuti, tangenzxa 10.210 m, autonomia 740 km.

Il CR.32, di contro, era nel modello bis pesante 1.380-1905 kg, dimensioni 7,45 x 9,5 x 2,72 m x 22,1 m2; velocità 356 kmh a 3.000 m, salita a 3 km in 5 m 10 s, tangenza 7.800 m, autonomia 780 km.

Quindi il Gauntlet era notevolmente più grande eppure più leggero. Era anche meno armato e non portava bombe.

Non pare vi sia mai stato un confronto armato tra i due caccia, differentemente dai loro successori.

Ed ecco un breve riassunto del suo servizio con la RAF, servizio che iniziò nel '35[2]. Mentre in UK finì presto per esaurirsi in prima linea e ritrovarsi a fare ricognizioni meteo, ultima missione 6 dicembre 1939, in altre parti del mondo le cose andarono diversamente. 3 squadroni della RAF e RAAF lo usarono in Medio Oriente, come prezioso supporto ai pochi Gladiator. Erano gli squadroni 6, 33 e 112, per lo più usati a suo tempo per controllare i predoni arabi. Il No.6 ebbe presto i Lysanders certo più adatti, mentre i Gauntlet andarono agli altri due squadroni, per lo più per addestramento (mentre i Gladiator erano risparmiati nell'uso, per eseguire poi le azioni belliche). In tutto appena 5 Gladiator per il No.112 e 6 per il No.33. Altri 6 andarono al 3 RAAF, pare fossero quelli ex-RAF, dall'ottobre del '40. Stavolta vennero usati per azioni d'attacco: i caccia inglesi divennero quindi bombarieri tattici, al pari dei CR.32. Non ebbero molte azioni da ricordare, ma l'8 dicembre iniziarono i preparativi per la grande offensiva del giorno dopo, 'Compass'. Seguirono bombardamenti in picchiata (non è noto il carico utile) contro truppe motorizzate il 9, e poi l'11, e così il 12. Pochi aerei, 4-5 per volta. Combatterono contro obiettivi come ad Halfaya. Dopo 4 giorni di azione, però, vennero ritirati dal servizio. Non ebbero perdite, ma si temeva di non riuscire a mantenerli operativi.

Tuttavia, seguiranno altre missioni per scortare i Lysander. Ma più importanti saranno le missioni come in Sudan con il 47 Sqn. Esso era un reparto di aerocooperazione con i Gauntlet e i Vincent. Ad un certo punto i Gauntlet portarono avanti missioni anche di attacco al suolo, con 8 bombe da 11,4 kg incendiarie (successe il 7 settembre con due aerei, assieme a due Vincent) contro Metemma. Durante questa missione venne avvistato un Ca-133 e un Gauntlet picchiò contro di esso costringendolo ad atterrare scassandosi al suolo. Poi sganciò le bombe, ma non riuscì ad incendiarlo, quindi lo mitragliò. Tuttavia gli italiani non hanno riportato perdite di Ca-133 in questo tempo e questo mette in forse l'unica vittoria dichiarata dai Gauntlet durante la guerra. L'ultima azione nota è stata una scorta con un paio di aerei il 5 ottobre, per scortare i Wellesley su Gallabat (e i Gauntlet erano a loro volta armati di bombe da 9 kg). La SAAF usò questi aerei con il 1 e il 2 SAAF Sqn, ma in pochi esemplari, all'inizio del '41 solo 3 erano per esempio in forza al No.2 Sqn.

Infine la Finlandia ebbe 25 aerei, ma non li usò come caccia di prima linea, ma solo come addestratori (era il febbraio del '40, questo significa che in UK erano ancora disponibili molti aerei di riserva anche se non più in carico a reparti). I Danesi ne ebbero 18, 5 distrutti in incidenti di volo prebellici e gli altri catturati o distrutti al suolo al tempo dell'invasione tedesca del 9 Aprile 1940 (i danesi aspettavano i Macchi 200) con la Eskadrille 1. Non ebbero battaglie da registrare, ma la loro discendenza ne avrà eccome.


Il Gauntlet diede infatti origine al Gladiator, che stavolta adottava da subito il sistema costruttivo Hawker, ovvero travi tubolari che cormavano la fusoliera, rivestimento in tela per la parte posteriore e in lega per la parte anteriore; ali con longheroni tipo 'manubri ginnici'. In sostanza vi erano, quanto a differenze sostanziali, un modello di Mercury molto più ptoente -830 hp-, tettuccio chiuso -ma l'abitacolo non era riscaldato- e due armi aggiuntive sotto le ali inferiori. Il prototipo SS.37 volò già nel settembre del '34, quasi come rimedio per il fallimento della specifica F.7/30. Si ordinò così in tutta fretta, come interim ai successivi monoplani, 23 Gladiator Mk.I (luglio 1935), ma nessuno di essi entrò in servizio prima del marzo 1937. Dal 71° esemplare le mitragliatrici divennero le Browning al posto delle Vickers (fusoliera) e Lewis (subalari). Il successivo Gladiator Mk. II ebbe il Mercury VIIIA con elica tripala metallica; presto comparvero anche i Sea Gladiator, sempre meglio di niente (cioé dei Blackburn Skua). In tutto i Gladiator ebbero molti successi d'export, e la produzione arrivò a 932 aerei.

Le caratteristiche, a parte il motore Bristol Mercury VIIIA a 9 cilindri, erano una velocità di 414 kmh a 4.450 m, salita a 3.050 m in 4,5 minuti, tangenza 10.210 m, autonomia 714 km; dimensioni 8,36 x 9,83 x 3,22 m x 30 m2; pesi 1.562-2.206 kg.

Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e sopratutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 che i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.

Nel confronto diretto con i CR.42, il collaudatore Eric Brown, che ha volato entrambi ha detto (riassumendo): si tratta di un duello affascinante tra i due migliori caccia biplani del mondo: il CR.42 con una leggera superiorità in velocità, il Gladiator con un leggero vantaggio sull'armamento, agilità pressoché uguale, quindi è l'abilità del pilota decide l'esito.

A dire il vero, queste considerazioni non sono del tutto veritiere, a parte che tra i migliori biplani da caccia un posto d'onore dovrebbe essere riservato quanto meno anche agli F3F e agli I-153. A bassa quota il Gladiator era più rapido del CR, stando a quanto viene riportato dal sito Hakas Aviation. Quanto alla salita, era superiore. Come velocità orizzontale, forse anche in picchiata, era in media inferiore (ma non a bassa quota e in orizzontale). Aveva carico alare più basso e miglior rapporto potenza-peso, e un articolo di Rivista Storica (Biplani d'assalto in Africa Settentrionale) lo definisce come capace di salire a 12,2 m.sec a 6.600 m, quando il CR.42 era capace di circa 11,1 m.sec a 6.000 m. Il Gladiator era a metà tra gli 11,2 m dell'Hurricane I e i 13,1 dell'Mk II (interessante notare, in termini di salita, che a 6.000 m il G.50 era dato per 13,3 m.se, e il Macchi 200 addirittura 15,6, il Bf-109E 14,6 a 5.500 m e il P-40B 16,2 m.s a 4.950 m, il P-40E 9,6 m.s a 6.600). Resta comunque vera una cosa: le differenze tra i due tipi sono così modeste, che il successo dipende dall'abilità tattica di chi guida gli aerei. L'unico vantaggio sicuro del Fiat è che può disimpegnarsi grazie alla maggiore velocità, ma questo è tutto.


Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'é certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione.

Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.

La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono ad imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono ad ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.

In dettaglio, si conoscono 21 abbattimenti rivendicati sopra Malta e in Meditterraneo dai Sea Gladiator: già l'11 giugno riuscirono a colpire un S.79 e un Macchi 200, sia pure senza abbatterli. Dichiararono distrutti altri aerei, tra cui persino uno Ju-88. Degli S.79, dichiararono almeno 4 apparecchi su Malta, più altri colpiti. L'unico abbattuto fu l'MM.22068 della 216a Sq, 53 Gruppo, 34° Stormo. Era il 22 giugno, mentre il giorno dopo toccò al C.200 dell'88a Sq (o forse 71a) di Molinelli. In precedenza c'era già stato (l'11) un C.200 dato per probabile, ma in realtà non subì gravi danni pur risultando colpito.

Presto il Gladiator venne rinforzato e progressivamente rilevato dall'Hurricane, peraltro meno adatto al duello aereo con i biplani; ma anche così, esso rimase una presenza importante per quasi un anno di guerra: Nord Africa, Africa Orientale, Grecia, portaerei ecc. Di fatto, molti reparti passarono direttamente al P-40, come accadde al più famoso dei reparti RAF, il No.112, che ne approfitterà per inventarsi la sharkmouth, poi prontamente ripresa (avendola vista in una rivista) dall'AVG americano.


Caccia dell'Asse:

Lunghezza, m Apertura alare, m Altezza, m Superficie alare, m2 Pesi, kg Potenza, hp Armamento Velocità max, kmh Tangenza, m Autonomia, km
CR.32bis 7,45 9,5 2,72 22,1 1.380-1.905 600L 2x127 +2x7,7 + 100 kg (12x2 o 2x50) 356/3.000 m, salita 3000/5,17 min 7.850 780
CR.42
Gauntlet
Gladiator
F3F
I-15
I-153
I-16 Tip 17
B.534
P-26



Bibliografia e fonti

  1. Magnani, Alberto, I-16 sulla Spagna, Aerei nella Storia N.43
  2. http://surfcity.kund.dalnet.se/gauntlet.htm

Pagine del P-26 dal sito di Joe Baugher

Enciclopedia Armi da guerra fascicolo 42

Aerei nella Storia 12/2006

Pagina del sito Hakas biplanes: operazioni di CR.42 e Gladiator su Malta