Caccia tattici in azione/Anni '30: differenze tra le versioni

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{{Caccia tattici in azione}}
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==I-15, I-152 e I-153: i biplani di Polikarpov==
==I-15, I-152 e I-153: i biplani di Polikarpov==
[[File:I-15_Polikarpov_Tinker.jpg|300px|left|thumb|Ricostruzione dell'I-15 di Frank Tinker]]
Questi caccia sono, malgrado la loro costruzione convenzionale, di notevole importanza per la storia dell'aviazione. Nikolai Polikarpov, classe 1892, fu a suo tempo un grande progettista, fondamentale per l'aviazione sovietica del periodo interguerra. Ha avuto sia il merito di ammodernare la V-VS con progetti validi, sia la beffa storica di lasciare, nel lungo periodo, l'aviazione desolatamente obsoleta quando venne invasa dalla Germania nel '41. Ma questo era più colpa dell'incapacità di rinnovamento (vedi anche Purghe staliniane) che demerito di aerei che, negli anni '30, erano in rapida evoluzione e quindi quel che era valido alla metà del decennio già diventava superato alla sua fine. Polikarpov fu dal '26 direttore dell'O-SS, che era il dipartimento sperimentale degli aerei terrestri; nel '29 lo stalinismo lo destinerà al carcere speciale per progettare un nuovo tipo di caccia, usa soluzione draconiana per ottenere il massimo impegno dei progettisti. C'era anche Grigorovic, ex concorrente per progetti di caccia. Ebbero entrambi l'esperienza del VT (Prigione interna) dove rielaborarono il progetto I-6 e dell'I-5, dando origine al VT-11. Alla fine si vide il risultato concretizzato cme I-15, il cui prototipo nasceva dal progetto ZKB-3, che era un ulteriore passo avanti rispetto agli altri tipi. Il progetto iniziò nel 1932, sempre con Polikarpov ridotto alla cattività, e rispetto all'I-5 che fu il suo predecessore (nonché equivalente del Bulldog e del CR.20) si distingueva per l'ala a gabbiano superiore. C'era un motore Cyclone da 710 cv comprato e prodotto come M-25, e due PV-1 da 7,62 con 2.000 colpi; in sovraccarico si poteva portare un carico di 'ben' 2 bombe da 20 kg. Il prototipo volò nel 1933 e la dimostrazione di agilità impressionò: una virata di 360 gradi in 8 secondi, a ben 45 gradi/sec. Era l'ottobre del '33, così il nuovo I-15 era l'equivalente del CR.32. Ci fu però un contrattempo: il motore americano ebbe dei ritardi nella costruzione su licenza, tanto che poté essere avviata solo nell'ottobre del '36. Così i 404 I-15 usciti per primi ebbero solo lo Smetsov M-22 da 480 hp, un terzo in meno di potenza (era il francese GR.9 ASB Mistral su licenza, tra l'altro a sua volta il motore francese era il Bristol Jupiter VI, tanto per capire che riciclaggio di idee e tecnologie c'era nella motoristica fino ai primi anni '40, vedi anche l'industria italiana). Ma non mancarono nemmeno altre importazioni di Cyclone, di cui almeno 59 vennero installati su altrettanti I-15. Uno di questi, il 21 novembre 1935, arrivò alla quota di 14.575 metri, un nuovo record mondiale (alla guida del famoso collaudatore Kokkinaki, un monumento dell'aviazione sovietica). Per il motore M-25 si dovette aspettare gli ultimi 270 esemplari, che oltre alla potenza aumentata del 50% ebbero anche elica AV-1 (la Hamilton Standard prodotta su licenza). Inoltre si approfittò per raddoppiare l'armamento con 4 armi PV-1, e ben 3.000 proiettili totali (per comparazione, l'Hurricane aveva circa 2.500 proiettili per le sue 8 mitragliatrici). Il maggior consumo del motore richiese l'aumento del serbatoio da 210 a 310 litri totali. In tutto, dell'I-15 vennero prodotti 733 esemplari, costruiti entro il '37. Non mancarono evoluzioni tra cui 40 aerei con due BS da 12,7 mm, il che lo rendeva ancora più simile al CR.32, motore a parte.
Questi caccia sono, malgrado la loro costruzione convenzionale, di notevole importanza per la storia dell'aviazione. Nikolai Polikarpov, classe 1892, fu a suo tempo un grande progettista, fondamentale per l'aviazione sovietica del periodo interguerra. Ha avuto sia il merito di ammodernare la V-VS con progetti validi, sia la beffa storica di lasciare, nel lungo periodo, l'aviazione desolatamente obsoleta quando venne invasa dalla Germania nel '41. Ma questo era più colpa dell'incapacità di rinnovamento (vedi anche Purghe staliniane) che demerito di aerei che, negli anni '30, erano in rapida evoluzione e quindi quel che era valido alla metà del decennio già diventava superato alla sua fine. Polikarpov fu dal '26 direttore dell'O-SS, che era il dipartimento sperimentale degli aerei terrestri; nel '29 lo stalinismo lo destinerà al carcere speciale per progettare un nuovo tipo di caccia, usa soluzione draconiana per ottenere il massimo impegno dei progettisti. C'era anche Grigorovic, ex concorrente per progetti di caccia. Ebbero entrambi l'esperienza del VT (Prigione interna) dove rielaborarono il progetto I-6 e dell'I-5, dando origine al VT-11. Alla fine si vide il risultato concretizzato cme I-15, il cui prototipo nasceva dal progetto ZKB-3, che era un ulteriore passo avanti rispetto agli altri tipi. Il progetto iniziò nel 1932, sempre con Polikarpov ridotto alla cattività, e rispetto all'I-5 che fu il suo predecessore (nonché equivalente del Bulldog e del CR.20) si distingueva per l'ala a gabbiano superiore. C'era un motore Cyclone da 710 cv comprato e prodotto come M-25, e due PV-1 da 7,62 con 2.000 colpi; in sovraccarico si poteva portare un carico di 'ben' 2 bombe da 20 kg. Il prototipo volò nel 1933 e la dimostrazione di agilità impressionò: una virata di 360 gradi in 8 secondi, a ben 45 gradi/sec. Era l'ottobre del '33, così il nuovo I-15 era l'equivalente del CR.32. Ci fu però un contrattempo: il motore americano ebbe dei ritardi nella costruzione su licenza, tanto che poté essere avviata solo nell'ottobre del '36. Così i 404 I-15 usciti per primi ebbero solo lo Smetsov M-22 da 480 hp, un terzo in meno di potenza (era il francese GR.9 ASB Mistral su licenza, tra l'altro a sua volta il motore francese era il Bristol Jupiter VI, tanto per capire che riciclaggio di idee e tecnologie c'era nella motoristica fino ai primi anni '40, vedi anche l'industria italiana). Ma non mancarono nemmeno altre importazioni di Cyclone, di cui almeno 59 vennero installati su altrettanti I-15. Uno di questi, il 21 novembre 1935, arrivò alla quota di 14.575 metri, un nuovo record mondiale (alla guida del famoso collaudatore Kokkinaki, un monumento dell'aviazione sovietica). Per il motore M-25 si dovette aspettare gli ultimi 270 esemplari, che oltre alla potenza aumentata del 50% ebbero anche elica AV-1 (la Hamilton Standard prodotta su licenza). Inoltre si approfittò per raddoppiare l'armamento con 4 armi PV-1, e ben 3.000 proiettili totali (per comparazione, l'Hurricane aveva circa 2.500 proiettili per le sue 8 mitragliatrici). Il maggior consumo del motore richiese l'aumento del serbatoio da 210 a 310 litri totali. In tutto, dell'I-15 vennero prodotti 733 esemplari, costruiti entro il '37. Non mancarono evoluzioni tra cui 40 aerei con due BS da 12,7 mm, il che lo rendeva ancora più simile al CR.32, motore a parte.


L'I-15 andò in combattimento durante la guerra di Spagna e poi gli altri conflitti, fino al '41. Non era un caccia eccezionale, ma era valido, anche se nel '41 totalmente obsoleto.
L'I-15 andò in combattimento durante la guerra di Spagna e poi gli altri conflitti, fino al '41. Non era un caccia eccezionale, ma era valido, anche se nel '41 totalmente obsoleto.


[[File:Polikarpov_I-15bis|350px|left|]]

Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.
Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.


[[File:Polikarpow I-153.JPG|350px|right|]]
L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.
L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.


[[File:I-153.jpg|350px|right|]]

*'''I-15, I-152, I-153'''
*'''I-15, I-152, I-153'''
*Dimensioni
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==Il Rata: l'F-16 degli anni '30==
==Il Rata: l'F-16 degli anni '30==
[[File:I-16 Moscow.jpg|350px|left|]]
Molte sono le tappe per la costruzione di un caccia totalmente moderno. L'I-16 è una delle più importanti, e certamente la più consistente per esperienza di combattimento e numero di esemplari prodotti. Nel '35, l'Hurricane e sopratutto il Bf-109 furono la maturazione della formula. Peraltro, l'Hurricane era ancora in struttura parzialmente intelata, mentre il Bf-109 aveva un motore alquanto debole; anche se gettò la base di un aereo realmente moderno, il primo caccia definibile come 'completamente moderno' fu lo Spitfire nel '36. Fermo restando che l'elica era ancora una bipala in legno, degna di un Camel del '18.
Molte sono le tappe per la costruzione di un caccia totalmente moderno. L'I-16 è una delle più importanti, e certamente la più consistente per esperienza di combattimento e numero di esemplari prodotti. Nel '35, l'Hurricane e sopratutto il Bf-109 furono la maturazione della formula. Peraltro, l'Hurricane era ancora in struttura parzialmente intelata, mentre il Bf-109 aveva un motore alquanto debole; anche se gettò la base di un aereo realmente moderno, il primo caccia definibile come 'completamente moderno' fu lo Spitfire nel '36. Fermo restando che l'elica era ancora una bipala in legno, degna di un Camel del '18.


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Non mancò un I-16 con motore M-22 e funzione di attacco al suolo, il che comportava corazze protettive per l'abitacolo, 4 ShKAS e due bombe da 50 kg; ancora più impressionante era però l'I-16SPB che era un vero bombardiere in picchiata, con tanto di freni aerodinamici e il carrello con comando pneumatico, anziché meccanico come i tipi precedenti. L'I-16TK era invece turbocompresso con 494 kmh a 8.600 m. Tuttavia, tutti questi tipi rimasero prototipi. Così avvenne anche per l'I-17, un caccia con motore in linea basato sull'HS 12Y da 760 hp. L'obiettivo era una velocità di 500 kmh e il nuovo aereo, derivato dal precedente, venne pensato già nel '33, tanto che volò il 1 settembre 1934. Ma in tal caso risultò non più veloce dei tipi con motori radiali, ovvero 455 kmh. Il migliorato TsKB-19 aveva un valore di ben 485 kmh, ancora un pò poco. Venne presentato a Parigi nel '36 e a Milano nel '37 (quando gli I-16 stavano combattendo contro i C.R.32 in Spagna!). Con un cannone da 20 ShVAK e due ShKAS era senz'altro un velivolo interessante. Ve ne fu anche un tipo che tornava ai radiali GR.14K, noto come I-19 o TsKB-25. Ma tutto finì perché nel frattempo venne studiato l'I-180. Questo sfortunato aereo ebbe un paio di prototipi in volo dal 14 giugno 1938, ma precipitarono nei collaudi. Ne seguì un terzo con un radiale M-88 da 1.000 hp, febbraio 1939. Ma nonostante questo e altri sviluppi, alla fine verrà scelto un progetto nuovo, e per tanti aspetto simile concettualmente all'I-16 primigenio: il LaGG-5.
Non mancò un I-16 con motore M-22 e funzione di attacco al suolo, il che comportava corazze protettive per l'abitacolo, 4 ShKAS e due bombe da 50 kg; ancora più impressionante era però l'I-16SPB che era un vero bombardiere in picchiata, con tanto di freni aerodinamici e il carrello con comando pneumatico, anziché meccanico come i tipi precedenti. L'I-16TK era invece turbocompresso con 494 kmh a 8.600 m. Tuttavia, tutti questi tipi rimasero prototipi. Così avvenne anche per l'I-17, un caccia con motore in linea basato sull'HS 12Y da 760 hp. L'obiettivo era una velocità di 500 kmh e il nuovo aereo, derivato dal precedente, venne pensato già nel '33, tanto che volò il 1 settembre 1934. Ma in tal caso risultò non più veloce dei tipi con motori radiali, ovvero 455 kmh. Il migliorato TsKB-19 aveva un valore di ben 485 kmh, ancora un pò poco. Venne presentato a Parigi nel '36 e a Milano nel '37 (quando gli I-16 stavano combattendo contro i C.R.32 in Spagna!). Con un cannone da 20 ShVAK e due ShKAS era senz'altro un velivolo interessante. Ve ne fu anche un tipo che tornava ai radiali GR.14K, noto come I-19 o TsKB-25. Ma tutto finì perché nel frattempo venne studiato l'I-180. Questo sfortunato aereo ebbe un paio di prototipi in volo dal 14 giugno 1938, ma precipitarono nei collaudi. Ne seguì un terzo con un radiale M-88 da 1.000 hp, febbraio 1939. Ma nonostante questo e altri sviluppi, alla fine verrà scelto un progetto nuovo, e per tanti aspetto simile concettualmente all'I-16 primigenio: il LaGG-5.





Non fu così per il biposto d'addestramento. Per quanto possa sembrare bizzarro che in un aereo così corto fosse possibile installare due abitacoli in teandem, la sua tozza fusoliera lo permetteva: UTI-1 (su base Tip 1), UTI-2 (con carrello fisso), UTI-4 (Tip 5, sia con carrello fisso che retrattile). La produzione dei biposto fu imponente, a testimonianza della difficoltà di padroneggiare nuove tecnologie come il carrello retrattile e altro ancora; ben 1.639 biposto (tutti disarmati) più 7.005 monoposto, totale 8.644 aerei. Ovvero, più di tutti gli altri caccia della sua generazione messi insieme (almeno considerando quelli al di fuori dell'URSS). Basti pensare che il CR.32, tra i più prodotti, è stato realizzato in circa 1.200 esemplari (e non 1.800 come talvolta riportato), in Gauntlet meno di 200. In Spagna giunse nell'ottobre del '36, in tutto ne vengono valutati come forniti tra appena 180 e 475. Gli I-16 combatterono ampiamente in Estremo Oriente, di cui 250 cinesi e gli altri usati dalla V-VS. I tipi cinesi erano in genere i Tip 10. Ancora nel giugno del '41 equipaggiavano circa i due terzi dei reparti della V-VS, mentre nel '43, quando vennero posti fuori servizio, erano ancora sopravvissuti circa la metà del totale prodotto, ma oramai relegati essenzialmente a bassa quota. In Spagna finirono il servizio nel '53, così come i loro ex-avversari CR.32.
Non fu così per il biposto d'addestramento. Per quanto possa sembrare bizzarro che in un aereo così corto fosse possibile installare due abitacoli in teandem, la sua tozza fusoliera lo permetteva: UTI-1 (su base Tip 1), UTI-2 (con carrello fisso), UTI-4 (Tip 5, sia con carrello fisso che retrattile). La produzione dei biposto fu imponente, a testimonianza della difficoltà di padroneggiare nuove tecnologie come il carrello retrattile e altro ancora; ben 1.639 biposto (tutti disarmati) più 7.005 monoposto, totale 8.644 aerei. Ovvero, più di tutti gli altri caccia della sua generazione messi insieme (almeno considerando quelli al di fuori dell'URSS). Basti pensare che il CR.32, tra i più prodotti, è stato realizzato in circa 1.200 esemplari (e non 1.800 come talvolta riportato), in Gauntlet meno di 200. In Spagna giunse nell'ottobre del '36, in tutto ne vengono valutati come forniti tra appena 180 e 475. Gli I-16 combatterono ampiamente in Estremo Oriente, di cui 250 cinesi e gli altri usati dalla V-VS. I tipi cinesi erano in genere i Tip 10. Ancora nel giugno del '41 equipaggiavano circa i due terzi dei reparti della V-VS, mentre nel '43, quando vennero posti fuori servizio, erano ancora sopravvissuti circa la metà del totale prodotto, ma oramai relegati essenzialmente a bassa quota. In Spagna finirono il servizio nel '53, così come i loro ex-avversari CR.32.


I-16 Tip 10:
'''I-16 Tip 10''':


*Motore M-25V a 9 cilindri radiale, 775 hp al decollo e 2.000 g.min; elica A-1 bipala metallica a doppio passo e 255 l di carburante
*Motore M-25V a 9 cilindri radiale, 775 hp al decollo e 2.000 g.min; elica A-1 bipala metallica a doppio passo e 255 l di carburante
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Caratteristiche dei vari I-16 principali:
Caratteristiche dei vari I-16 principali:
*Motore
*'''Motore'''
:I-16 Tip 1, M-22 da 480 hp
:I-16 Tip 1, M-22 da 480 hp
:I-16 Tip 4, M-25A da 725 hp
:I-16 Tip 4, M-25A da 725 hp
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:I-16 Tip 24
:I-16 Tip 24


*Dimensioni: circa 5,99 m, da l TIp 17 6,08; apertura alare 9 m, altezza 2,45 ma dal Tipo 18 2,56 m
*'''Dimensioni''': circa 5,99 m, da l TIp 17 6,08; apertura alare 9 m, altezza 2,45 ma dal Tipo 18 2,56 m


*Pesi
*'''Pesi'''
:I-16 Tip 1, 998-1.345 kg
:I-16 Tip 1, 998-1.345 kg
:I-16 Tip 4, 1.266-1.422 kg
:I-16 Tip 4, 1.266-1.422 kg
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:I-16 Tip 24, 1.490-1.912 kg
:I-16 Tip 24, 1.490-1.912 kg


*Prestazioni
*'''Prestazioni'''
:I-16 Tip 1, 360 kmh,
:I-16 Tip 1, 360 kmh,
:I-16 Tip 4, 450 kmh, salita 850 m.min, tangenza 9.000 m, raggio 800 km,
:I-16 Tip 4, 450 kmh, salita 850 m.min, tangenza 9.000 m, raggio 800 km,
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:I-16 Tip 24, 525 kmh, 400 km o con 2x100 l, 700 km
:I-16 Tip 24, 525 kmh, 400 km o con 2x100 l, 700 km


*Armamento
*'''Armamento'''
:I-16 Tip 1, 2x7,62 alari
:I-16 Tip 1, 2x7,62 alari
:I-16 Tip 4
:I-16 Tip 4
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:I-16 Tip 18, come Tip 10 o 17
:I-16 Tip 18, come Tip 10 o 17
:I-16 Tip 24, come Tip 17
:I-16 Tip 24, come Tip 17





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===In azione con il Rata===
===In azione con il Rata===
[[File:Polikarpov_I-16-Spain_(clipped).jpg|350px|left|]]

Come volava e come combatteva l'I-16? Questa è una questione molto dibattuta, data la quantità di combattimenti (Spagna, Cina, Finlandia, URSS) che lo ha visto protagonista, in genere piuttosto sfortunato, ma da non sottovalutare.
Come volava e come combatteva l'I-16? Questa è una questione molto dibattuta, data la quantità di combattimenti (Spagna, Cina, Finlandia, URSS) che lo ha visto protagonista, in genere piuttosto sfortunato, ma da non sottovalutare.


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Ora vediamo come l'I-16 arrivò in Spagna, e quel che ne pensano i piloti<ref>Magnani, Alberto, ''I-16 sulla Spagna'', Aerei nella Storia N.43</ref>.
[[File:I-16_Polikarpov_Tinker.jpg|300px|right|]]Ora vediamo come l'I-16 arrivò in Spagna, e quel che ne pensano i piloti<ref>Magnani, Alberto, ''I-16 sulla Spagna'', Aerei nella Storia N.43</ref>.


Una delle descrizioni dell'I-16 lo considera quel che era, un capolavori di semplificazione. 'Poco più di un'ala, un motore e due mitragliatrici'. Questo è quel che ne pensava Frank Tinker, pilota americano di I-16, un altro volontario che come Hemingway combatté dalla parte Repubblicana.
Una delle descrizioni dell'I-16 lo considera quel che era, un capolavori di semplificazione. 'Poco più di un'ala, un motore e due mitragliatrici'. Questo è quel che ne pensava Frank Tinker, pilota americano di I-16, un altro volontario che come Hemingway combatté dalla parte Repubblicana.
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In URSS le cose andarono diversamente, ma come già accennato, gli I-16 erano ancora molto numerosi all'inizio della guerra e continuarono a combattere per un paio d'anni, consumando le proprie forze residue contro una scatenata Luftwaffe, nonché contro altri suoi alleati: Finlandesi (G.50 e Buffalo), Rumeni, Ungheresi (che ottennero sugli I-16 varie vittorie con i Re.2000 e con i CR.42, questi ultimi pressoché analoghi in velocità). Ma non sempre gli I-16 erano carne da cannone.
In URSS le cose andarono diversamente, ma come già accennato, gli I-16 erano ancora molto numerosi all'inizio della guerra e continuarono a combattere per un paio d'anni, consumando le proprie forze residue contro una scatenata Luftwaffe, nonché contro altri suoi alleati: Finlandesi (G.50 e Buffalo), Rumeni, Ungheresi (che ottennero sugli I-16 varie vittorie con i Re.2000 e con i CR.42, questi ultimi pressoché analoghi in velocità). Ma non sempre gli I-16 erano carne da cannone.


[[File:Zveno tb.jpg|350px|left|]]
Il programma per le portaerei volanti, così fallimentare negli USA con i dirigibili Akron e Macon, in URSS ebbe un diverso sviluppo. Infatti, piuttosto che usare i dirigibili, si preferì affidarsi al 'più pesante dell'aria', perché i Sovietici avevano una delle poche, forse la sola, forze di efficienti quadrimotori degli anni '30. Questi erano i Tupolev TB-3, resistenti e robusti aerei metallici, non solo capaci di portare un gran carico utile, ma anche affidabili. E sopratutto, ce n'erano moltissimi: ne vennero prodotti più di 800, il che, assieme ai leggeri SB-2 bimotori da attacco veloce, faceva della V-VS una potenza irraggiungibile quanto a capacità di bombardamento. In pratica, gli SB-2 erano equivalenti degli F-111, i TB-3 dei B-52, e poi i DB-3 (bimotori, ma strategici e veloci quasi quanto gli SB-2) che si potrebbero considerare un pò i B-58 o i Tu-16 della situazione, dipende da come si vuol impostare il parallelismo. Tutti questi tipi cominciarono ad invecchiare (come un pò tutti i velivoli della metà anni '30) verso la fine del decennio, ma fornirono una solida esperienza per i progetti successivi, e per la grande famiglia di Tupolev da bombardamento strategico. I TB-3 vennero anche usati come aerei-portaerei. Si arrivò ad un tale parossismo, che un singolo apparecchio era caricato con più velivoli monomotori. Era il progetto 'Sweno' (catena) che inizialmente era stato pensato nel 1930 con un TB-1 e due I-4, collaudati dal tardo 1931. Ma questo era ancora un bimotore, mentre dal '33 apparve il quadrimotore TB-3. Quest'ultimo aereo, costruito con tecniche Junkers in solido metallo, poteva portare due I-5 sopra le ali (stranamente non vennero considerati gli I-15), due I-16 sotto, e tra le gambe del carrello un I-Z monoplano. Alla fine, l'unico impiego pratico che se ne poté fare fu il 'vettore' per missili cruise ante-litteram. Grazie allo sviluppo del Polikarpov I-16 SPB, si ottenne un cacciabombardiere d'attacco in picchiata capace di portare due bombe da 250 kg sotto le ali. Questo minuscolo caccia diventava quindi capace di trasportare un rilevante carico di bombe, ma era necessario colpire obiettivi che fossero vicini. Oppure portare l'aereo vicino a loro. Così durante la prima fase dell'invasione tedesca vi furono diversi casi in cui due I-16 vennero portati appesi sotto le ali del bombardiere, come 'postini' per recapitare quattro bombe da 250 kg. L'ultima missione di cui si ha notizia fu un attacco da parte di un aereo TB-3 contro il ponte di Cernovoda, sul Danubio. I due I-16 sganciati nelle sue vicinanze si approssimarono sul bersaglio, e le loro minuscole e veloci sagome passarono inosservate finché fu troppo tardi: il ponte venne distrutto. E i due I-16, ancora con sufficiente carburante, tornarono alla base assieme al bombardiere (non è chiaro se riagganciandosi sotto le ali oppure no). Così 'L'aereo portaerei' divenne non un mezzo difensivo per portarsi dietro caccia di scorta, ma una realtà di natura offensiva e notevolmente efficiente. Tutte le missioni volate da aerei lanciamissili, in definitiva, discendono da quelle esperienze primitive ma valide, solo che nel frattempo ai cacciabombardieri pilotati si sono preferiti o il rifornimento in volo (un altro modo per risolvere il problema, in fondo è sempre un aereo di grosse dimensioni che fornisce l'autonomia ad un piccolo cacciabombardiere) oppure i missili da crociera come gli ALCM.
Il programma per le portaerei volanti, così fallimentare negli USA con i dirigibili Akron e Macon, in URSS ebbe un diverso sviluppo. Infatti, piuttosto che usare i dirigibili, si preferì affidarsi al 'più pesante dell'aria', perché i Sovietici avevano una delle poche, forse la sola, forze di efficienti quadrimotori degli anni '30. Questi erano i Tupolev TB-3, resistenti e robusti aerei metallici, non solo capaci di portare un gran carico utile, ma anche affidabili. E sopratutto, ce n'erano moltissimi: ne vennero prodotti più di 800, il che, assieme ai leggeri SB-2 bimotori da attacco veloce, faceva della V-VS una potenza irraggiungibile quanto a capacità di bombardamento. In pratica, gli SB-2 erano equivalenti degli F-111, i TB-3 dei B-52, e poi i DB-3 (bimotori, ma strategici e veloci quasi quanto gli SB-2) che si potrebbero considerare un pò i B-58 o i Tu-16 della situazione, dipende da come si vuol impostare il parallelismo. Tutti questi tipi cominciarono ad invecchiare (come un pò tutti i velivoli della metà anni '30) verso la fine del decennio, ma fornirono una solida esperienza per i progetti successivi, e per la grande famiglia di Tupolev da bombardamento strategico. I TB-3 vennero anche usati come aerei-portaerei. Si arrivò ad un tale parossismo, che un singolo apparecchio era caricato con più velivoli monomotori. Era il progetto 'Sweno' (catena) che inizialmente era stato pensato nel 1930 con un TB-1 e due I-4, collaudati dal tardo 1931. Ma questo era ancora un bimotore, mentre dal '33 apparve il quadrimotore TB-3. Quest'ultimo aereo, costruito con tecniche Junkers in solido metallo, poteva portare due I-5 sopra le ali (stranamente non vennero considerati gli I-15), due I-16 sotto, e tra le gambe del carrello un I-Z monoplano. Alla fine, l'unico impiego pratico che se ne poté fare fu il 'vettore' per missili cruise ante-litteram. Grazie allo sviluppo del Polikarpov I-16 SPB, si ottenne un cacciabombardiere d'attacco in picchiata capace di portare due bombe da 250 kg sotto le ali. Questo minuscolo caccia diventava quindi capace di trasportare un rilevante carico di bombe, ma era necessario colpire obiettivi che fossero vicini. Oppure portare l'aereo vicino a loro. Così durante la prima fase dell'invasione tedesca vi furono diversi casi in cui due I-16 vennero portati appesi sotto le ali del bombardiere, come 'postini' per recapitare quattro bombe da 250 kg. L'ultima missione di cui si ha notizia fu un attacco da parte di un aereo TB-3 contro il ponte di Cernovoda, sul Danubio. I due I-16 sganciati nelle sue vicinanze si approssimarono sul bersaglio, e le loro minuscole e veloci sagome passarono inosservate finché fu troppo tardi: il ponte venne distrutto. E i due I-16, ancora con sufficiente carburante, tornarono alla base assieme al bombardiere (non è chiaro se riagganciandosi sotto le ali oppure no). Così 'L'aereo portaerei' divenne non un mezzo difensivo per portarsi dietro caccia di scorta, ma una realtà di natura offensiva e notevolmente efficiente. Tutte le missioni volate da aerei lanciamissili, in definitiva, discendono da quelle esperienze primitive ma valide, solo che nel frattempo ai cacciabombardieri pilotati si sono preferiti o il rifornimento in volo (un altro modo per risolvere il problema, in fondo è sempre un aereo di grosse dimensioni che fornisce l'autonomia ad un piccolo cacciabombardiere) oppure i missili da crociera come gli ALCM.


==Il Gladiatore==
==Il Guanto e il Gladiatore: i duellanti della Gloster==
[[File:Gloster Gauntlet Kauhava Finnland 20060623 2306.jpg|350px|right|thumb|Un Gauntlet finlandese ottimamente restaurato]]
Oggi questo nome è associato ad un noto film 'storico' made in Hollywood, ma per gli appassionati di aviazione, specie storica, ricorda piuttosto un altro tipo di combattente, che calato nel suo contesto storico ebbe a combattere in maniera non meno coriacea dei divi del grande schermo. Era questo il caso dell'ultimo biplano da caccia inglese, della Gloster. Erede di una lunga tradizione di validi cacciatori biplani, il Gladiator era una sorta di Gauntlet notevolmente potenziato.
Oggi questo nome è associato ad un noto film 'storico' made in Hollywood, ma per gli appassionati di aviazione, specie storica, ricorda piuttosto un altro tipo di combattente, che calato nel suo contesto storico ebbe a combattere in maniera non meno coriacea dei divi del grande schermo. Era questo il caso dell'ultimo biplano da caccia inglese, della Gloster. Erede di una lunga tradizione di validi cacciatori biplani, il Gladiator era una sorta di Gauntlet notevolmente potenziato.


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Infine la Finlandia ebbe 25 aerei, ma non li usò come caccia di prima linea, ma solo come addestratori (era il febbraio del '40, questo significa che in UK erano ancora disponibili molti aerei di riserva anche se non più in carico a reparti). I Danesi ne ebbero 18, 5 distrutti in incidenti di volo prebellici e gli altri catturati o distrutti al suolo al tempo dell'invasione tedesca del 9 Aprile 1940 (i danesi aspettavano i Macchi 200) con la Eskadrille 1. Non ebbero battaglie da registrare, ma la loro discendenza ne avrà eccome.
Infine la Finlandia ebbe 25 aerei, ma non li usò come caccia di prima linea, ma solo come addestratori (era il febbraio del '40, questo significa che in UK erano ancora disponibili molti aerei di riserva anche se non più in carico a reparti). I Danesi ne ebbero 18, 5 distrutti in incidenti di volo prebellici e gli altri catturati o distrutti al suolo al tempo dell'invasione tedesca del 9 Aprile 1940 (i danesi aspettavano i Macchi 200) con la Eskadrille 1. Non ebbero battaglie da registrare, ma la loro discendenza ne avrà eccome.


[[File:Gloster Gladiator 1.jpg|350px|left|]]

Il Gauntlet diede infatti origine al Gladiator, che stavolta adottava da subito il sistema costruttivo Hawker, ovvero travi tubolari che cormavano la fusoliera, rivestimento in tela per la parte posteriore e in lega per la parte anteriore; ali con longheroni tipo 'manubri ginnici'. In sostanza vi erano, quanto a differenze sostanziali, un modello di Mercury molto più ptoente -830 hp-, tettuccio chiuso -ma l'abitacolo non era riscaldato- e due armi aggiuntive sotto le ali inferiori. Il prototipo SS.37 volò già nel settembre del '34, quasi come rimedio per il fallimento della specifica F.7/30. Si ordinò così in tutta fretta, come interim ai successivi monoplani, 23 Gladiator Mk.I (luglio 1935), ma nessuno di essi entrò in servizio prima del marzo 1937. Dal 71° esemplare le mitragliatrici divennero le Browning al posto delle Vickers (fusoliera) e Lewis (subalari). Il successivo Gladiator Mk. II ebbe il Mercury VIIIA con elica tripala metallica; presto comparvero anche i Sea Gladiator, sempre meglio di niente (cioé dei Blackburn Skua). In tutto i Gladiator ebbero molti successi d'export, e la produzione arrivò a 932 aerei.
Il Gauntlet diede infatti origine al '''Gladiator''', che stavolta adottava da subito il sistema costruttivo Hawker, ovvero travi tubolari che cormavano la fusoliera, rivestimento in tela per la parte posteriore e in lega per la parte anteriore; ali con longheroni tipo 'manubri ginnici'. In sostanza vi erano, quanto a differenze sostanziali, un modello di Mercury molto più ptoente -830 hp-, tettuccio chiuso -ma l'abitacolo non era riscaldato- e due armi aggiuntive sotto le ali inferiori. Il prototipo SS.37 volò già nel settembre del '34, quasi come rimedio per il fallimento della specifica F.7/30. Si ordinò così in tutta fretta, come interim ai successivi monoplani, 23 Gladiator Mk.I (luglio 1935), ma nessuno di essi entrò in servizio prima del marzo 1937. Dal 71° esemplare le mitragliatrici divennero le Browning al posto delle Vickers (fusoliera) e Lewis (subalari). Il successivo Gladiator Mk. II ebbe il Mercury VIIIA con elica tripala metallica; presto comparvero anche i Sea Gladiator, sempre meglio di niente (cioé dei Blackburn Skua). In tutto i Gladiator ebbero molti successi d'export, e la produzione arrivò a 932 aerei.


Le caratteristiche, a parte il motore Bristol Mercury VIIIA a 9 cilindri, erano una velocità di 414 kmh a 4.450 m, salita a 3.050 m in 4,5 minuti, tangenza 10.210 m, autonomia 714 km; dimensioni 8,36 x 9,83 x 3,22 m x 30 m2; pesi 1.562-2.206 kg.
Le caratteristiche, a parte il motore Bristol Mercury VIIIA a 9 cilindri, erano una velocità di 414 kmh a 4.450 m, salita a 3.050 m in 4,5 minuti, tangenza 10.210 m, autonomia 714 km; dimensioni 8,36 x 9,83 x 3,22 m x 30 m2; pesi 1.562-2.206 kg.
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Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e sopratutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 che i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: ''nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari''. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.
Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e sopratutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 che i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: ''nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari''. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.


[[File:Gloster Gladiator 2.jpg|350px|left|thumb|La presenza delle persone aiuta a capire le dimensioni reali del Gladiator]]
Nel confronto diretto con i CR.42, il collaudatore Eric Brown, che ha volato entrambi ha detto (riassumendo): si tratta di un duello affascinante tra i due migliori caccia biplani del mondo: il CR.42 con una leggera superiorità in velocità, il Gladiator con un leggero vantaggio sull'armamento, agilità pressoché uguale, quindi è l'abilità del pilota decide l'esito.
Nel confronto diretto con i CR.42, il celebre collaudatore Eric Brown, che ha volato entrambi ha detto (riassumendo): un duello affascinante tra i due migliori caccia biplani del mondo: il CR.42 con una leggera superiorità in velocità, il Gladiator con un leggero vantaggio sull'armamento, agilità pressoché uguale, quindi è l'abilità del pilota decide l'esito.


A dire il vero, queste considerazioni non sono del tutto veritiere, a parte che tra i migliori biplani da caccia un posto d'onore dovrebbe essere riservato quanto meno anche agli F3F e agli I-153. A bassa quota il Gladiator era più rapido del CR, stando a quanto viene riportato dal sito Hakas Aviation. Quanto alla salita, era superiore. Come velocità orizzontale, forse anche in picchiata, era in media inferiore (ma non a bassa quota e in orizzontale). Aveva carico alare più basso e miglior rapporto potenza-peso, e un articolo di Rivista Storica (Biplani d'assalto in Africa Settentrionale) lo definisce come capace di salire a 12,2 m.sec a 6.600 m, quando il CR.42 era capace di circa 11,1 m.sec a 6.000 m. Il Gladiator era a metà tra gli 11,2 m dell'Hurricane I e i 13,1 dell'Mk II (interessante notare, in termini di salita, che a 6.000 m il G.50 era dato per 13,3 m.se, e il Macchi 200 addirittura 15,6, il Bf-109E 14,6 a 5.500 m e il P-40B 16,2 m.s a 4.950 m, il P-40E 9,6 m.s a 6.600). Resta comunque vera una cosa: le differenze tra i due tipi sono così modeste, che il successo dipende dall'abilità tattica di chi guida gli aerei. L'unico vantaggio sicuro del Fiat è che può disimpegnarsi grazie alla maggiore velocità, ma questo è tutto.
A dire il vero, queste considerazioni non sono del tutto veritiere, a parte che tra i migliori biplani da caccia un posto d'onore dovrebbe essere riservato quanto meno anche agli F3F e agli I-153. A bassa quota il Gladiator era più rapido del CR, stando a quanto viene riportato dal sito Hakas Aviation. Quanto alla salita, era superiore. Come velocità orizzontale, forse anche in picchiata, era in media inferiore (ma non a bassa quota e in orizzontale). Aveva carico alare più basso e miglior rapporto potenza-peso, e un articolo di Rivista Storica (Biplani d'assalto in Africa Settentrionale) lo definisce come capace di salire a 12,2 m.sec a 6.600 m, quando il CR.42 era capace di circa 11,1 m.sec a 6.000 m. Il Gladiator era a metà tra gli 11,2 m dell'Hurricane I e i 13,1 dell'Mk II (interessante notare, in termini di salita, che a 6.000 m il G.50 era dato per 13,3 m.se, e il Macchi 200 addirittura 15,6, il Bf-109E 14,6 a 5.500 m e il P-40B 16,2 m.s a 4.950 m, il P-40E 9,6 m.s a 6.600). Resta comunque vera una cosa: le differenze tra i due tipi sono così modeste, che il successo dipende dall'abilità tattica di chi guida gli aerei. L'unico vantaggio sicuro del Fiat è che può disimpegnarsi grazie alla maggiore velocità, ma questo è tutto.
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Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'é certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.
Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'é certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.
[[File:Gladiator operators.png|350px|left|thumb|La diffusione del Gladiator fu piuttosto ampia]]

Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.
Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.


La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono ad imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono ad ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.
La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono ad imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono ad ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.
[[File:Gloster Gladiator, J 8.jpg|350px|left|]]

In dettaglio, si conoscono 21 abbattimenti rivendicati sopra Malta e in Meditterraneo dai Sea Gladiator: già l'11 giugno riuscirono a colpire un S.79 e un Macchi 200, sia pure senza abbatterli. Dichiararono distrutti altri aerei, tra cui persino uno Ju-88. Degli S.79, dichiararono almeno 4 apparecchi su Malta, più altri colpiti. L'unico abbattuto fu l'MM.22068 della 216a Sq, 53 Gruppo, 34° Stormo. Era il 22 giugno, mentre il giorno dopo toccò al C.200 dell'88a Sq (o forse 71a) di Molinelli. In precedenza c'era già stato (l'11) un C.200 dato per probabile, ma in realtà non subì gravi danni pur risultando colpito.
In dettaglio, si conoscono 21 abbattimenti rivendicati sopra Malta e in Meditterraneo dai Sea Gladiator: già l'11 giugno riuscirono a colpire un S.79 e un Macchi 200, sia pure senza abbatterli. Dichiararono distrutti altri aerei, tra cui persino uno Ju-88. Degli S.79, dichiararono almeno 4 apparecchi su Malta, più altri colpiti. L'unico abbattuto fu l'MM.22068 della 216a Sq, 53 Gruppo, 34° Stormo. Era il 22 giugno, mentre il giorno dopo toccò al C.200 dell'88a Sq (o forse 71a) di Molinelli. In precedenza c'era già stato (l'11) un C.200 dato per probabile, ma in realtà non subì gravi danni pur risultando colpito.


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==L'A5M: il 'papà' dello Zero==
==L'A5M: il 'papà' dello Zero==
[[File:A5M Claude.jpg|350px|right|]]
Frutto del lavoro di Jiro Horikoshi, che diverrà in seguito ben più noto per l'A6M Zero, questo caccia navale era il primo in assoluto che poteva confrontarsi in condizioni di superiorità rispetto agli equivalenti terrestri. Aereo con carrello fisso, ma estremamente 'pulito' in termini di aerodinamica, con una carenatura per la testa del pilota onde diminuire la sezione della lunga fusoliera posteriore, esso aveva struttura interamente metallica con rivettatura a filo e rivestimento a guscio, per ottenere un peso strutturale inferiore (se il rivestimento esterno era sufficientemente spesso, calava il peso della struttura di sostegno interna). Il prototipo dell'A6M volò già nel febbraio del 1935, e all'epoca non c'erano forse altri caccia altrettanto moderni già in aria, anche perché gli I-16 delle prime generazioni erano ancora ancorati ai motori M-22, dalla scarsa potenza. In tutto vennero prodotti 982 A5M in 4 versioni principali; solo una aveva il tettuccio scorrevole, che i piloti giapponesi -al pari di altri- odiavano, tanto da toglierlo ben presto dagli apparecchi in produzione. Per il resto era un caccia estremamente moderno: radio, luci per il volo notturno, ossigeno. L'elica di serie (tripala metallica) però, aveva un passo regolabile solo a terra. Ma nonostante questo (chissà cosa sarebbe stato in grado di fare con un sistema a giri costanti), il 'Claude' (come fu chiamato in seguito dagli americani) era un aereo sorprendentemente veloce sia in orizzontale che in salita, pur avendo solo 780 hp di potenza, per giunta assicurati da un robusto, ma largo, motore radiale Nakajima Kotobuki (ovvero un Bristol Jupiter su licenza) a 9 cilindri. Era lo stesso motore che poi motorizzerà il successivo (circa un anno) Ki-27, il quale era capace di prestazioni persino migliori: 470 kmh vs 434 (A5M4), salita a 3.000 m in 3 minuti anziché 3,6, tangenza 12.500 m anziché 9.800, nonché un'agilità persino superiore. Ma l'A5M, circa 100 kg più pesante a vuoto (a pieno carico erano grossomodo alla pari) era capace di una maggiore autonomia ed era eccezionalmente robusto, ben più di quello che sarebbe stato il suo più potente successore, l'A6M. Inoltre, sebbene un pò inferiore al Ki-27 dell'esercito, era eccezionalmente maneggevole, tanto da competere in condizioni di parità con i biplani pur conservando una superiore velocità, mentre al contempo era altrettanto veloce dei monoplani Polikarpov pur essendone più agile.
Frutto del lavoro di Jiro Horikoshi, che diverrà in seguito ben più noto per l'A6M Zero, questo caccia navale era il primo in assoluto che poteva confrontarsi in condizioni di superiorità rispetto agli equivalenti terrestri. Aereo con carrello fisso, ma estremamente 'pulito' in termini di aerodinamica, con una carenatura per la testa del pilota onde diminuire la sezione della lunga fusoliera posteriore, esso aveva struttura interamente metallica con rivettatura a filo e rivestimento a guscio, per ottenere un peso strutturale inferiore (se il rivestimento esterno era sufficientemente spesso, calava il peso della struttura di sostegno interna). Il prototipo dell'A6M volò già nel febbraio del 1935, e all'epoca non c'erano forse altri caccia altrettanto moderni già in aria, anche perché gli I-16 delle prime generazioni erano ancora ancorati ai motori M-22, dalla scarsa potenza. In tutto vennero prodotti 982 A5M in 4 versioni principali; solo una aveva il tettuccio scorrevole, che i piloti giapponesi -al pari di altri- odiavano, tanto da toglierlo ben presto dagli apparecchi in produzione. Per il resto era un caccia estremamente moderno: radio, luci per il volo notturno, ossigeno. L'elica di serie (tripala metallica) però, aveva un passo regolabile solo a terra. Ma nonostante questo (chissà cosa sarebbe stato in grado di fare con un sistema a giri costanti), il 'Claude' (come fu chiamato in seguito dagli americani) era un aereo sorprendentemente veloce sia in orizzontale che in salita, pur avendo solo 780 hp di potenza, per giunta assicurati da un robusto, ma largo, motore radiale Nakajima Kotobuki (ovvero un Bristol Jupiter su licenza) a 9 cilindri. Era lo stesso motore che poi motorizzerà il successivo (circa un anno) Ki-27, il quale era capace di prestazioni persino migliori: 470 kmh vs 434 (A5M4), salita a 3.000 m in 3 minuti anziché 3,6, tangenza 12.500 m anziché 9.800, nonché un'agilità persino superiore. Ma l'A5M, circa 100 kg più pesante a vuoto (a pieno carico erano grossomodo alla pari) era capace di una maggiore autonomia ed era eccezionalmente robusto, ben più di quello che sarebbe stato il suo più potente successore, l'A6M. Inoltre, sebbene un pò inferiore al Ki-27 dell'esercito, era eccezionalmente maneggevole, tanto da competere in condizioni di parità con i biplani pur conservando una superiore velocità, mentre al contempo era altrettanto veloce dei monoplani Polikarpov pur essendone più agile.


[[File:Sakai Cockpit A5M.jpg|350px|right|thumb|Anche se può stupire, l'esordio dell'asso Saburo Sakai non fu con lo Zero, ma con il 'Claude']]
L'A5M entrò in azione sulla Cina dal '37, e tra l'autunno di quell'anno e il 1940 ebbe modo di farsi valere. Dal sito Hakas Aviation si nota che gli A5M hanno dichiarato non meno di 237 vittorie aeree durante la loro carriera sulla Cina. Anche se i riscontri incrociati riducono questi risultati -con tutte le prudenze del caso- a 83 successi reali, grossomodo tutti contro altri caccia (e quindi bersagli difficili), dall'altro lato solo 24 A5M vennero perduti per causa nemica: davvero ben pochi avversari, quindi, riuscirono a collimare le loro armi su di loro. E talvolta nemmeno questo bastò. Un A5M venne sorpreso da un caccia cinese che gli sparò a segno non meno di 22 colpi da 13 e 7,7 mm. Le pallottole rimbalzarono letteralmente sulla fusoliera posteriore dell'aereo, che appena resosi conto di quanto stava avvenendo, virò stretto e si pose in coda al suo aggressore, abbattendolo prontamente. Un altro A5M entrò in collisione con un I-15 o un I-16: l'aereo russo cadde, ma quello giapponese riuscì a rientrare alla base senza una semiala. Insomma, benché mancasse di corazzatura protettiva, l'A5M era davvero un nemico molto 'tosto', e certamente fuori dagli standard delle costruzioni giapponesi.
L'A5M entrò in azione sulla Cina dal '37, e tra l'autunno di quell'anno e il 1940 ebbe modo di farsi valere. Dal sito Hakas Aviation si nota che gli A5M hanno dichiarato non meno di 237 vittorie aeree durante la loro carriera sulla Cina. Anche se i riscontri incrociati riducono questi risultati -con tutte le prudenze del caso- a 83 successi reali, grossomodo tutti contro altri caccia (e quindi bersagli difficili), dall'altro lato solo 24 A5M vennero perduti per causa nemica: davvero ben pochi avversari, quindi, riuscirono a collimare le loro armi su di loro. E talvolta nemmeno questo bastò. Un A5M venne sorpreso da un caccia cinese che gli sparò a segno non meno di 22 colpi da 13 e 7,7 mm. Le pallottole rimbalzarono letteralmente sulla fusoliera posteriore dell'aereo, che appena resosi conto di quanto stava avvenendo, virò stretto e si pose in coda al suo aggressore, abbattendolo prontamente. Un altro A5M entrò in collisione con un I-15 o un I-16: l'aereo russo cadde, ma quello giapponese riuscì a rientrare alla base senza una semiala. Insomma, benché mancasse di corazzatura protettiva, l'A5M era davvero un nemico molto 'tosto', e certamente fuori dagli standard delle costruzioni giapponesi.


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==Ki-27==
==Ki-27==
[[File:Ki-27 1.jpg|350px|right|]]
Questo è un altro caccia fondamentale per il Giappone, nonché uno dei più prodotti. Condivideva con l'A5M, apparso un anno prima, alcuni limiti. Il motore Jupiter su licenza e le due mitragliatrici a basso rateo di fuoco (circa 600 c.min, il che significa che un I-16 poteva superarlo di almeno 4, forse 5 volte). La sua costruzione era estremamente leggera, e la sua capacità di salita, così come quella massima, era eccellente, nonostante l'esile carrello fisso. Quest'ultimo aveva forme sottili che lasciavano intuire la sua principale caratteristicha, la leggerezza estrema (1.110 kg a vuoto) che era necessaria per ricavare il meglio delle prestazioni da un aereo altrimenti sottopotenziato. Differentemente da quasi tutti i caccia dell'epoca, il Ki-27 aveva un abitacolo chiuso con un'eccellente visibilità tutt'attorno, e così (anche se spesso i piloti volavano con il tettuccio arretrato) fu una delle prime applicazioni pratiche di questo dispositivo (mentre nel caso degli A5M esso venne rimosso appena possibile). Del resto, il Ki-27, che aveva un carico alare eccezionalmente basso, era così leggero da superare i 12.000 metri di quota, così era assolutamente necessario fornire il pilota di una qualche forma di protezione dal contatto diretto con l'atmosfera. Sarebbe stato anche preferibile, per quelle quote, un abitacolo pressurizzato, ma ciò avrebbe comportato un aggravio di peso eccessivo, e poi il 'Nate' (nome in codice alleato) in genere volava e combatteva assai più in basso: l'esuberante portanza era così sfruttata più che altro per ridurre il raggio di virata, e in generale ad un comportamento in volo che risultava paragonabile a quello dei suoi avversari biplani pur conservando una maggiore velocità.
Questo è un altro caccia fondamentale per il Giappone, nonché uno dei più prodotti. Condivideva con l'A5M, apparso un anno prima, alcuni limiti. Il motore Jupiter su licenza e le due mitragliatrici a basso rateo di fuoco (circa 600 c.min, il che significa che un I-16 poteva superarlo di almeno 4, forse 5 volte). La sua costruzione era estremamente leggera, e la sua capacità di salita, così come quella massima, era eccellente, nonostante l'esile carrello fisso. Quest'ultimo aveva forme sottili che lasciavano intuire la sua principale caratteristicha, la leggerezza estrema (1.110 kg a vuoto) che era necessaria per ricavare il meglio delle prestazioni da un aereo altrimenti sottopotenziato. Differentemente da quasi tutti i caccia dell'epoca, il Ki-27 aveva un abitacolo chiuso con un'eccellente visibilità tutt'attorno, e così (anche se spesso i piloti volavano con il tettuccio arretrato) fu una delle prime applicazioni pratiche di questo dispositivo (mentre nel caso degli A5M esso venne rimosso appena possibile). Del resto, il Ki-27, che aveva un carico alare eccezionalmente basso, era così leggero da superare i 12.000 metri di quota, così era assolutamente necessario fornire il pilota di una qualche forma di protezione dal contatto diretto con l'atmosfera. Sarebbe stato anche preferibile, per quelle quote, un abitacolo pressurizzato, ma ciò avrebbe comportato un aggravio di peso eccessivo, e poi il 'Nate' (nome in codice alleato) in genere volava e combatteva assai più in basso: l'esuberante portanza era così sfruttata più che altro per ridurre il raggio di virata, e in generale ad un comportamento in volo che risultava paragonabile a quello dei suoi avversari biplani pur conservando una maggiore velocità.


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==Avia B.534==
==Avia B.534==
[[File:Avia B534.jpg|350px|left|]]
Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'é che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.
Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'é che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.


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==CR.32==
==CR.32==
[[File:Pipistrellobombing.jpg|300px|left|thumb|Una celebre foto dei tempi della Spagna: i C.R.32 ondeggiavano per coprirsi l'un l'altro, volando alla stessa quota degli S.81 da bomardamento. Una tattica osboleta anche se appariscente]]
I CR.32 in servizio con la Regia Aeronautica, ai tempi della II Guerra mondiale, erano ancora molti. Del resto solo l'anno prima combattevano con successo in Spagna e circa 1.200 vennero costruiti in varie serie, la maggior parte per la R.A. Anche se circa 380-400+ vennero mandati a combattere in Spagna e lì rimasero per l'aviazione franchista, ancora il 10 giugno 1940 si stima che ve ne fossero ben 294 nel solo teatro del Mediterraneo; di questi 177 erano in carico ai reparti operativi e costituivano un quarto della caccia di pronto impiego. In A.O.I. c'erano altri 34 aerei di cui 23 efficienti. In tutto fanno 328 apparecchi, più o meno quanti erano i CR.42. Sebbene i Gladiator non fossero così superiori, dalla velocità quasi intermedia (ma come salita, accelerazione, tangenza, erano almeno pari ai CR.42, probabilmente l'inferiorità in velocità era data sopratutto dal grosso abitacolo chiuso), il CR.32 venne spesso usato come aereo da scuola caccia, sostituendo i CR.20 e 30 e integrando i piccoli e agili Ro.41. Ma ben presto, dato l'insufficiente gettito produttivo, venne anche usato come caccia di prima linea ad esaurimento, operando in tutti i fronti mediterranei. Venne anche impiegato come caccia notturno, ma con risultati non proprio eccelsi. In una missione svolta di notte, nei giorni della guerra con la Francia, tre CR.32 decollarono per un allarme, ma solo uno riuscì ad atterrare normalmente (era l'aereo di Carlo Cugnasca); gli altri due si fracassarono al suolo.
I CR.32 in servizio con la Regia Aeronautica, ai tempi della II Guerra mondiale, erano ancora molti. Del resto solo l'anno prima combattevano con successo in Spagna e circa 1.200 vennero costruiti in varie serie, la maggior parte per la R.A. Anche se circa 380-400+ vennero mandati a combattere in Spagna e lì rimasero per l'aviazione franchista, ancora il 10 giugno 1940 si stima che ve ne fossero ben 294 nel solo teatro del Mediterraneo; di questi 177 erano in carico ai reparti operativi e costituivano un quarto della caccia di pronto impiego. In A.O.I. c'erano altri 34 aerei di cui 23 efficienti. In tutto fanno 328 apparecchi, più o meno quanti erano i CR.42. Sebbene i Gladiator non fossero così superiori, dalla velocità quasi intermedia (ma come salita, accelerazione, tangenza, erano almeno pari ai CR.42, probabilmente l'inferiorità in velocità era data sopratutto dal grosso abitacolo chiuso), il CR.32 venne spesso usato come aereo da scuola caccia, sostituendo i CR.20 e 30 e integrando i piccoli e agili Ro.41. Ma ben presto, dato l'insufficiente gettito produttivo, venne anche usato come caccia di prima linea ad esaurimento, operando in tutti i fronti mediterranei. Venne anche impiegato come caccia notturno, ma con risultati non proprio eccelsi. In una missione svolta di notte, nei giorni della guerra con la Francia, tre CR.32 decollarono per un allarme, ma solo uno riuscì ad atterrare normalmente (era l'aereo di Carlo Cugnasca); gli altri due si fracassarono al suolo.

Nonostante il maggior numero di caccia CR.42 (specie considerando i successivi rinforzi), i CR.32 si fecero valere sopratutto in A.O.I. con le squadriglie 410a (Giggiga) e 411a (Dire Daua), per un totale di 18 velivoli efficienti, 5 in riserva e 11 in revisione. Non esattamente un'armata aerea, ma gli apparecchi alleati presenti in quella zona erano quanto di più raccogliticcio immaginabile, e l'occupazione del Somaliland britannico ebbe successo. Fu l'unica sconfitta di grandi dimensioni subita dai britannici dai soli italiani, i CR.32 appoggiarono l'azione perdendo un aereo, mentre in aria e a terra vennero distrutti 9 apparecchi nemici. In qualche occasione i CR.32 se la dovettero vedere anche con una forza da caccia degna di questo nome. In almeno un caso un CR abbatté un Hurricane, sorpreso a mitragliare un aeroporto, anche se poi venne subito dopo abbattuto da un secondo aereo. Vi fu qualche vittoria con i Blenheim da bombardamento e da caccia, ma in generale, se contro i Gladiator c'era ancora da giocarsela, i biplani CR incontrarono nell'Hurricane un nemico inesorabilmente superiore. Magari non era facile abbatterli data la loro agilità, ma prima o poi accadeva.

Fu sopratutto in Africa che il CR.32 venne impiegato ad esaurimento. La 5a Squadra aerea era in Libia e tra i suoi reparti c'era l'8° Gruppo CT del 2° Stormo di Tobruk, tutto con i CR.32; mentre altri erano nel 13° Gruppo di Castelbienito e il 10° di Benina. Il primo giorno di attacchi britannici formazioni di Blenheim bombardarono gli aeroporti, incontrando tuttavia le pattuglie di CR.32 in aria ad aspettarli, tanto che ben tre bombardieri Bristol vennero abbattuti. I britannici si accreditarono 18 aerei italiani distrutti al suolo, per gli italiani -curiosamente- vi furono sì 18 aerei colpiti, ma la gran parte sopravvisse alle bombe.

Ma fu sopratutto l'impiego con il 50° Stormo che diede i suoi frutti, come spesso accade un buon caccia quando invecchia può fare bene l'assaltatore. Con due Breda da 12,7 mm (i CR.32 usati erano i Quater, privi delle armi da 7,7) e con vari tipi di bombe, come due da 15 kg, il Freccia aveva ancora un senso. Lo stormo avrebbe dovuto avere i Caproni Ca.310 Libeccio; ma all'esordio già diede modo di dimostrare la sua inadeguatezza come macchina bellica.

Così vennero salvati (giusto in tempo) dalla rottamazione i vecchi ma ben più rispettabili Ba.65, mentre vennero presto distolti dalla missione di caccia i superati CR.32. Questi due veterani della guerra in Spagna ebbero così un ultimo importante impiego insieme, e dall'estate del '40 cominciarono ad inseguire i veloci reparti mobili inglesi, che scorrazzavano nel deserto e che di fatto erano inarrestabili da parte del Regio Esercito. La distruzione della 'Colonna D'Avanzo' (circa 200 soldati, vari camion, 4 cannoni e 12-17 carri L3) fu una dimostrazione di come non vi fosse partita a quel tempo in una battaglia mobile. Così i caccia CR.32 ebbero l'impiego migliore nel dare a loro la caccia. Spesso venivano usati in azioni miste, e con molta rapidità si riequipaggiarono le unità d'assalto sia con i Ba.65 che con i CR.32. Questi ultimi facevano la scorta, e picchiavano sul bersaglio dopo che i Ba.65 lo avevano colpito. Il 4 agosto parteciparono ad una violenta e famosa battaglia, nel corso della quale vennero abbattuti almeno 3 Gladiator, tra cui quello del futuro asso Pattle. In realtà non è facile capire come le cose andarono in quel giorno e la ricostruzione inglese e quella italiana sono decisamente discordanti, ma in ogni caso pare che dei sei CR.32 e altrettanti Ba.65, solo quattro di questi ultimi vennero danneggiati e nessuno perduto. In quella battaglia, anche da parte italiana, parteciparono molti piloti destinati ad essere famosi: Fanali, Lucchini (forse l'abbattitore di Pattle) e Visconti, all'epoca pilota di Ba.65.

Data la mancanza di filtri d'aria, in 20 giorni (entro la fine di giugno 1940) il 20% almeno degli aerei della R.A. era inefficiente. I CR.32, pur non subendo perdite traumatiche (come curiosamente invece accadde ai CR.42 in diverse occasioni), subendo circa 20 perdite in combattimento e incidenti, finirono presto inefficienti. Alla fine di febbraio, dei 180 aerei impiegati in Nord Africa la gran parte era già andata perduta, per lo più al suolo. I risultati furono, complessivamente, di circa 10 aerei abbattuti, alcuni probabili, più i danni inflitti a terra, dove vennero rivendicati oltre 100 blindati e numerosi automezzi.

I CR.32 in servizio con la R.A. nella II GM, spariti dai reparti di prima linea grossomodo entro metà del '41, ebbero il seguente impiego:

*2° Gruppo (6° Stormo), squadriglie 150-152, autonomo dal 20 settembre 1940, basato a Grottaglie. Pattugliò il Mar Ionio tra giugno e novembre, poi passò totalmente ai G.50 e con questi venne mandato in Africa a dicembre. Probabilmente i suoi caccia v'erano già stati spediti per rinforzare i reparti d'assalto.

*3o Gruppo (153, 154, 155a), 6° Stormo, basato in Sardegna. Il CR.32 venne sostituito gradualmente dal CR.42 dal gennaio del '41, completando entro aprile tale rinnovo.

*8° Gr (92-94a), 2° Stormo, inizialmente a Tobruk T2 con un misto di CR.32 e 42, i primi dei quali radiati il 2 luglio, sostituiti da altri Falco.

*12° Gr (159 e 160a), 50° Stormo, inizialmente basato a Soman (Tripolitania), poi in un'altra mezza dozzina di basi, l'ultima delle quali (con i CR.32) a Zuara, sempre in Tripolitania, ma solo per via dell'avanzata britannica, poiché già il 30 giugno era stato madnato ad El Adem (Cirenaica). Il 28 gennaio venne volata l'ultima missione di guerra con i CR.32, poi arrivarono i G.50. Nel gruppo la 159a Sq aveva i Ba.65, la 160a i CR.32.

*13o Gruppo (77, 78, 82a sq), 2° Stormo; inizialmente a C.Benito (Tripolitania), con un mix di CR.32 e 42, ma ben presto i primi vennero passati al 50° Stormo (già antro la fine di giugno).
*16o Gruppo (167-69 sq), del 50° Stormo. Inizialmente a Soman, poi spostato in Cirenaica, dove rimase (Bengasi, dal gennaio dell'anno successivo), aveva la sola 167a Sq con i CR.32 in versione cacciabombardiere, e dal gennaio del '41 cominciò ad avere i C.200 come caccia intercettori.

*17° Gruppo: 71, 72, 80a sq, 1° Stormo. Era a Boccadifalco (Sicilia) all'inizio della guerra; inizialmente ebbe il privilegio di immettere in servizio i C.200, ma nel maggio del '40 li cedette al 6° Gruppo e tornò ai CR.32, giusto come il 4° Stormo 'ripassò' ai CR.42 prima di andare in Africa a combattere. Tuttavia, già a settembre il gruppo tornò sui suoi passi, data l'evidente scorrettezza della scelta fatta.

*20o Gruppo (351-53 sq), del 51° Stormo, Ciampino. Ebbe solo 4 CR.32 -come caccia notturni di un'unità provvisoria per la difesa della capitale-, abbandonati quando nel settembre il gruppo andò con i suoi G.50 in Belgio.

*21° Gruppo, sq 354-56, parte del 51° Stormo ma poi del 52° Stormo e infine autonomo successivamente (ottobre) quando si trattò di muovere da Capodichino al teatro albanese. Esso ebbe vari caccia CR.32 usati come aerei intercettori notturni. Il 7 novembre, tuttavia, tre CR.32quater vennero assegnati come caccia notturni alla 356a Sq, che per il resto usava ancora i G.50 come macchina principale, poi sostituiti in aprile dal Macchi 200.

*24° Gruppo (361 e 362a Sq), 51° Stormo, basato a Sarzana. Divenne autonomo nell'ottobre del '40 e con i G.50 venne spedito in quello stesso mese sul teatro albanese.

*160° Gruppo (393 e 394a): basato fin dall'inizio della guerra in Albania, aveva solo 8 CR.32 e 8 CR.42, poi esclusivamente questi ultimi dal febbraio successivo.

*163a Squadriglia autonoma (Gadurra, M.Egeo), ebbe i CR.32 e 42 fino al '41 inoltrato, tanto che persino dopo la conquista di Creta i Freccia rimasero in servizio, ma solo come addestratori. Questa squadriglia divenne parte del 161° Gruppo l'11 giugno 1941.

*410a Sq, iniziamente a Dire Daua (Etiopia), poi via via spostata ad Addis Abeba e a Gondar (giugno 1941); ancora il 9 aprile possedeva 2 CR.32, ma per quando andò a resistere a Gondar, ultimo baluardo dell'Impero, presumibilmente era interamente appiedata.

*411a Sq: come l'altra sostenne numerosi combattimenti, iniziando da Addis Abeba. Assieme alle altre squadriglie (almeno due con CR.42) essa era quanto gli italiani potevano mettere in campo come reparti da caccia, in un territorio semplicemente immenso e dalle difficoltà ambientali inimmaginabili, specie d'estate. Alla fine fu sopraffatta come tutte le altre forze italiane presenti in zona, entro il '41. Anch'essa confluì a Gondar il giugno di quell'anno.







==Caccia a confronto<ref>dati da Armi da guerra 42</ref>==
==Caccia a confronto<ref>dati da Armi da guerra 42</ref>==

Versione delle 14:05, 8 set 2009

Indice del libro

P-26

La storia dei caccia americani di tipo 'moderno' è fatta di tanti passi. Uno di essi è il P-26, aereo che a vederlo, a stento dà l'idea di essere un caccia intercettore. Eppure a suo tempo fu il primo caccia monoplano e totalmente metallico a servire nell'USAAC. Peraltro fu anche l'ultimo ad avere abitacolo aperto e carrello fisso, per non dire delle ali con tiranti esterni; per la Boeing fu invece l'ultimo caccia prodotto, dopo tre lustri di dominio nei servizi aerei sia dell'Esercito che della Marina americani. Esso nacque da una richiesta del settembre 1931, per un caccia veloce a sufficienza per acchiappare i bombardieri moderni, a loro volta sempre più veloci, metallici e monoplani. IL Model 248 fu la risposta, ordinato già in tre prototipi il 5 dicembre 1931. La costruzione ebbe luogo dal gennaio successivo, e nonostante avesse sia caratteristiche avanzate che un pò obsolete, alla fine dimostrò di possedere il giusto 'mix' di innovazione e tradizione. Un aereo che guardava in avanti e all'indietro nell'evoluzione tecnica, e come tale, scelto dall'USAAC ma rimasto un pò un punto interrogativo per gli storici dell'aviazione. L'ala era a due longheroni, ma non sufficientemente robusta da tenersi da sola, così aveva anche la controventatura di diversi cavetti d'acciaio. Era così possibile fare un'ala talmente leggera, e sottile, che anche con i cavi era meno resistente all'attrito e meno pesante. Invece i piani di coda erano totalmente a sbalzo, a differenza, curiosamente, di progetti avanzati come sarebbe stato il Bf-109 iniziale. Il carrello, pesantemente provvisto di una carenatura a 'calzoni', che aveva a che fare sia con le ruote che con gli assi, era decisamente caratteristico. Il motore era ben collaudato e collocato dentro la fusoliera in lega leggera, un'unità radiale R-1340-9. C'era una nuova M2 da 12,7 mm e una da 7,62 mm nel muso, e la possibilità di portare 5 bombe da 13,6 kg o due da 122 lbs (circa 50 kg), o due bengala. Il cannocchiale di puntamento del tipo C-3, altro elemento caratterizzante dell'aereo, gli farà guadagnare il suo nome, di Peachshooter (sparapiselli). Il primo volo avvenne il 20 marzo 1932, all'epoca c'era davvero poco da aspettare per sviluppare un caccia: appena 9 settimane. Con un peso di circa 1.200 kg era capace di 227 mph a 3.048 m, e manteneva 210 mph a 6.096 e 174 a 8.473; poteva salire a circa 11 m.sec e arrivare a circa 9.000 m; l'autonomia, come in genere accadeva per i caccia USA, era commisurata -entro certi limiti- all'enorme superficie del territorio USA, e permetteva così ben 1.220 km.

Dopo i tre prototipi, venne fuori la produzione di serie, leggermente migliorata; l'11 gennaio 1933, grossomodo ai tempi dell'entrata in servizio del CR.32, vennero ordinati 111 P-26A, il cui primo esemplare volò il 10 gennaio 1934. L'ultimo venne consegnato il 30 giugno, il prezzo unitario -eccetto tutto quello che non era della Boeing, motore incluso- era di 9.999 dollari. Così il P-26 nacque all'epoca della Depressione e sarà destinato, malgrado i piccoli numeri, a durare in servizio fino a tempi tutto sommato più felici per l'economia USA (che venne 'rivitalizzata' dalle spese statali, specie quelle belliche degli anni '40). Battuto il rivale Curtiss XP-31 Swift, il P-26A ebbe come seguito altri velivoli; interessante notare che i vecchi caccia biplani che sostituiva, i P-12E, costavano 10.197 dollari, per una rara volta accadde quindi che un prodotto innovativo riuscì anche ad essere meno costoso di quello che sostituiva. E anche per questo, presto ne vennero fuori altri 25 esemplari come P-26B e C migliorati. Nonostante la potenza del motore limitata ad appena 500 hp, l'aereo era abbastanza veloce, ma il problema era che esso era anche troppo rapido all'atterraggio. Il 22 febbraio 1934 uno di essi si ribaltò, riportando pochi danni, ma uccidendo sul colpo il malcapitato pilota (tale F.I.Patrick). Per questo il poggiatesta, onde proteggere il collo (e la pelle) del pilota, venne rialzato di 203 mm, modifica che venne poi applicata a tutti gli aerei nuovi e retrofittata a quelli vecchi. Nel frattempo, giova ricordare che lo strano caccia Boeing appesantì la sua forma con un'altra novità, un'antenna radio con relativo filo, una cosa rara, forse unica, per un caccia dell'epoca. Non solo, ma i P-26 ebbero anche, ad un certo punto, dei galleggianti gonfiabili per l'ammaraggio d'emergenza. Non si sa di alcun pilota salvato da tali congegni, ma in compenso un caccia andò perso per via del gonfiaggio in volo di uno dei 'palloni'. Il problema maggiore però era l'atterraggio, con una velocità di ben 82,5 miglia orarie; questo rendeva pericoloso l'aereo, più che per esso stesso, per il fatto che i campi d'aviazione dell'epoca erano in effetti, dei veri 'campi', con ciocche d'erba e buche. Sebbene il P-26 non pesasse molto, veniva giù veloce e la concentrazione -per una migliore agilità- delle masse in avanti lo faceva cappottare rapidamente. Grazie ai contratti di produzione esteri si pensò a dei flap che abbassavano la velocità a 73 mph, un vantaggio che era più che sensibile, e che venne retrofittato a tutti i P-26A, B e C. Alla fine il peso, che era eccezionalmente basso, aumentò di poco, ma ne valse la pena: il P-26A pesava appena 996 kg a vuoto e circa 1.360 al decollo.

Così, in un'epoca in cui era esperienza piuttosto rara la vista di un monoplano, i P-26A entrarono in servizio con l'USAAC: era l'inizio del 1934 e il primo beneficiario fu il 20th Pursuit Group con i suoi 3 squadroni, basato in Louisiana, poi seguì il 1st PG di Selfridge e il 17th PG con altri 3 squadroni, ma basato in California. In seguito vi furono vari altri gruppi interessati all'aereo, tra cui il 18th e il 15th PG, quest'ultimo alle Hawaii, ma nel 1940 questi aerei erano del tutto superati. I P-26 rimasero nondimeno parecchio tempo in servizio, accanto ai loro sostituti designati, ovvero i P-35 e P-36. Il P-26 era un aereo popolare, ancorché dall'apparenza strana e anche un pò goffa, con quell'ala media e controventata, e il carrello fisso e carenato. Il pilota poteva assicurarsi una valida capacità di manovra grazie alle masse, tutte molto vicine al CG del velivolo.

IL problema vero era un altro, e cioé il rischio di cappottare all'atterraggio, per questo l'aereo ebbe presto una struttura di rinforzo dietro il sedile. I P-26, oramai obsolescenti nel '38-40, vennero trasferiti anche in America Centrale nel febbraio 1939, con il 37th PG, ma solo nove erano ancora funzionanti all'epoca dell'attacco a P.Harbour, e sei di essi andarono distrutti al suolo dall'attacco giapponese quel fatidico sette dicembre 1941.

C'erano anche nelle Filippine, con il 3rd Sqn, ma sopratutto molti vennero venduti al governo locale, se per molti si possono intendere 12 P-26A, comprati ne luglio del 1941 per il 6th PS dell'Aviazione dell'Esercito filippina. Incredibilmente, nonostante la loro totale obsolescenza e l'inferiorità complessiva, gli agili P-26 riuscirono a colpire qualche caccia A6M giapponese, specialmente nell'azione del 12 dicembre, quando sei di essi combatterono contro una formazione che attaccava Manila; il risultato fu di un bombardiere e due Zero abbattuti, contro la perdita di tre P-26. Evidentemente, non ci sono limiti a quello che può fare un pilota determinato e un aereo agile e minimamente armato. Ma presto i pochi caccia filippini (come anche quelli americani) vennero abbattuti o distrutti al suolo, o infine bruciati per impedire che cadessero nelle mani dei giapponesi avanzanti da terra. Altri 9 P-26 rimasero in servizio nella zona del Canale di Panama, fino a che nel giugno del '42 vennero finalmente rimpiazzati dai P-40. Ma non fu la fine, perché il Guatemala, nel novembre del '42 volle comprare gli aerei ex-USAAC; dato che c'era una legge del Congresso che proibiva la vendita di caccia nell'America Latina (l'abituale contraddizione americana, da un lato il controllo e il dominio nel 'giardino di casa', dall'altro molta ritrosia a vendere alcunché di bellico, con il risultato di far comprare al loro posto prodotti europei o di altra provenienza), li si fece passare per PT-26A, una specie di addestratori armati. In tutto ne vennero passati di mano sette fino al 4 maggio 1943. Potrà sembrare assurdo, ma alcuni di questi aerei, già totalmente obsoleti nel '41, riuscirono a sopravvivere -come addestratori- fino al '57, quando per esempio, gli Spitfire erano stati ritirati dalla RAF e da quasi tutti i loro utenti, e così i P-47. Uno di essi tornò negli USA ed è visibile nel Museo aeronautico di Chino (California), restaurato e in condizioni di volo, con i colori USAAC. Un altro è al museo Smithsonian.


Un P-26 è sopravvissuto fino ai nostri giorni

Il tipo export era il Model 281, che era diverso dal P-26A solo nei dettagli, tra cui i flap di atterraggio, per correggere l'eccessiva velocità dell'aereo, pericolosa nel toccare terra su piste erbose e dal fondo non sufficientemente duro: questa modifica ebbe luogo in maniera talmente soddisfacente che anche i P-26A vennero sottoposti a tale cambiamento. Il Model 281 aveva anche caratteristiche del P-26C ma al contempo lo precedeva temporalmente nella linea di produzione, e per migliorare la sua mobilità a terra aveva pneumatici Goodyear a bassa pressione. La protezione per la testa del pilota era già presente, in uno stile simile a quello delle auto da corsa. La velocità massima era 235 mph a 1.814 m, salita a circa 11 m.sec.

Furono i Cinesi che si batterono coraggiosamente con questo caccia, che diverrà nel suo piccolo una seccatura per i Giapponesi fino al 1941 (con l'aviazione filippina). Battaglia aerea del 20 agosto 1937: i Model 281 ingaggiano sei G3M della Marina giapponese, bombardieri nuovi di zecca e ad alte prestazioni per l'epoca. L'ingaggio fu possibile per la bassa quota che tenevano, necessaria per attaccare i bersagli. Il risultato fu di diversi aerei nipponici abbattuti. IN seguito i pochi Model 281 vennero abbattuti dai caccia A5M o costretti a restare a terra per mancanza di ricambi. Uno finì anche in Spagna nell'aprile del '35, ma non venne adottato in servizio. Il dimostratore restò tuttavia in Spagna e provvisto di due mtg leggere, combatté poi dalla parte repubblicana, finché non fu abbattuto il 21 ottobre 1938.

Gli italiani, che avevano -per quanto possa sorprendere- una lunga tradizione di progetti di caccia monoplani (tutti falliti), pensarono bene di farne un'edizione 'autarchica'. Era il Breda Ba.27, che non sarebbe rimasto caso isolato (vedi P-35/RE 2000), ma che non ebbe successo. Nemmeno quando divenne totalmente metallico la R.A. lo accettò (già dall'anno prima, il '33, volava il CR.32 che era praticamente altrettanto veloce), mentre almeno 11 vennero venduti alla Cina. Peso: 1.300-1.850 kg, dimensioni 7,67 x 10,8 x 3,4 m x 18,85 m2; velocità 380 kmh, motore A.R. Mercury IVA. Armamento 2 x 7,7 mm. I pochi esemplari prodotti vennero fatti a pezzi contro i Giapponesi, nonostante avessero qualcosa di più in termini di prestazioni rispetto ai P-26.


I-15, I-152 e I-153: i biplani di Polikarpov

Ricostruzione dell'I-15 di Frank Tinker

Questi caccia sono, malgrado la loro costruzione convenzionale, di notevole importanza per la storia dell'aviazione. Nikolai Polikarpov, classe 1892, fu a suo tempo un grande progettista, fondamentale per l'aviazione sovietica del periodo interguerra. Ha avuto sia il merito di ammodernare la V-VS con progetti validi, sia la beffa storica di lasciare, nel lungo periodo, l'aviazione desolatamente obsoleta quando venne invasa dalla Germania nel '41. Ma questo era più colpa dell'incapacità di rinnovamento (vedi anche Purghe staliniane) che demerito di aerei che, negli anni '30, erano in rapida evoluzione e quindi quel che era valido alla metà del decennio già diventava superato alla sua fine. Polikarpov fu dal '26 direttore dell'O-SS, che era il dipartimento sperimentale degli aerei terrestri; nel '29 lo stalinismo lo destinerà al carcere speciale per progettare un nuovo tipo di caccia, usa soluzione draconiana per ottenere il massimo impegno dei progettisti. C'era anche Grigorovic, ex concorrente per progetti di caccia. Ebbero entrambi l'esperienza del VT (Prigione interna) dove rielaborarono il progetto I-6 e dell'I-5, dando origine al VT-11. Alla fine si vide il risultato concretizzato cme I-15, il cui prototipo nasceva dal progetto ZKB-3, che era un ulteriore passo avanti rispetto agli altri tipi. Il progetto iniziò nel 1932, sempre con Polikarpov ridotto alla cattività, e rispetto all'I-5 che fu il suo predecessore (nonché equivalente del Bulldog e del CR.20) si distingueva per l'ala a gabbiano superiore. C'era un motore Cyclone da 710 cv comprato e prodotto come M-25, e due PV-1 da 7,62 con 2.000 colpi; in sovraccarico si poteva portare un carico di 'ben' 2 bombe da 20 kg. Il prototipo volò nel 1933 e la dimostrazione di agilità impressionò: una virata di 360 gradi in 8 secondi, a ben 45 gradi/sec. Era l'ottobre del '33, così il nuovo I-15 era l'equivalente del CR.32. Ci fu però un contrattempo: il motore americano ebbe dei ritardi nella costruzione su licenza, tanto che poté essere avviata solo nell'ottobre del '36. Così i 404 I-15 usciti per primi ebbero solo lo Smetsov M-22 da 480 hp, un terzo in meno di potenza (era il francese GR.9 ASB Mistral su licenza, tra l'altro a sua volta il motore francese era il Bristol Jupiter VI, tanto per capire che riciclaggio di idee e tecnologie c'era nella motoristica fino ai primi anni '40, vedi anche l'industria italiana). Ma non mancarono nemmeno altre importazioni di Cyclone, di cui almeno 59 vennero installati su altrettanti I-15. Uno di questi, il 21 novembre 1935, arrivò alla quota di 14.575 metri, un nuovo record mondiale (alla guida del famoso collaudatore Kokkinaki, un monumento dell'aviazione sovietica). Per il motore M-25 si dovette aspettare gli ultimi 270 esemplari, che oltre alla potenza aumentata del 50% ebbero anche elica AV-1 (la Hamilton Standard prodotta su licenza). Inoltre si approfittò per raddoppiare l'armamento con 4 armi PV-1, e ben 3.000 proiettili totali (per comparazione, l'Hurricane aveva circa 2.500 proiettili per le sue 8 mitragliatrici). Il maggior consumo del motore richiese l'aumento del serbatoio da 210 a 310 litri totali. In tutto, dell'I-15 vennero prodotti 733 esemplari, costruiti entro il '37. Non mancarono evoluzioni tra cui 40 aerei con due BS da 12,7 mm, il che lo rendeva ancora più simile al CR.32, motore a parte.

L'I-15 andò in combattimento durante la guerra di Spagna e poi gli altri conflitti, fino al '41. Non era un caccia eccezionale, ma era valido, anche se nel '41 totalmente obsoleto.

File:Polikarpov I-15bis

Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.

File:Polikarpow I-153.JPG

L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un pò per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un pò perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un pò per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.

  • I-15, I-152, I-153
  • Dimensioni
I-15, 6,10 x 9,75 x 2,20 m x 21,9 m2
I-152, 6,27 x 10,2 m x 22,5 m2
I-153, 6,17 x 10 x 2,8 m x 22,14 m2
  • Pesi
I-15, 960 kg a vuoto, 1.370 normali, 1.410 max
I-152, 1.310-1.834 kg
I-153, 1.452-1.960-2.110 kg
  • Prestazioni
I-15, 350 kmh/3.000 m, salita 7,6 ms iniziali, a 3.000 m in 5,6 min, a 5.000 m in 11 min, tangenza pratica 7.520 m, raggio 250 km, autonomia 550 km
I-152, 364 kmh, 8.000 m, 800 km.
I-153 (a 1.850 kg): 444 kmh/4.600 m, 366 kmh/slm, crociera 297 kmh/2.000 m; salita a 1.000 m in 51 s, 3.000 m/3 min, 5.000 m/5,3 min, 7.000 m/8,3 min, 9.000 m/13,2 min; tangenza pratica 10.700 m, raggio 210 km, autonomia 470 km o 880 km con due serbatoi da 100 l
  • Armamento
I-15, 2 PV-1 da 7,62 con 2.000-3.000 cp, 2x20 kg
I-152, 4x7,62 mm e 100 kg di armi varie (razzi o bombe)
I-153, 4 ShKAS da 7,62 mm (2.600 cp), 6-8 razzi da 82 mm RS-82, oppure 100 kg di bombe

Il Rata: l'F-16 degli anni '30

Molte sono le tappe per la costruzione di un caccia totalmente moderno. L'I-16 è una delle più importanti, e certamente la più consistente per esperienza di combattimento e numero di esemplari prodotti. Nel '35, l'Hurricane e sopratutto il Bf-109 furono la maturazione della formula. Peraltro, l'Hurricane era ancora in struttura parzialmente intelata, mentre il Bf-109 aveva un motore alquanto debole; anche se gettò la base di un aereo realmente moderno, il primo caccia definibile come 'completamente moderno' fu lo Spitfire nel '36. Fermo restando che l'elica era ancora una bipala in legno, degna di un Camel del '18.

Torniamo all'I-16. E' un caccia di tipo moderno, dalla sagoma eccezionalmente compatta: la lunghezza stentava a raggiungere i 6 metri, mentre la fusoliera, come al solito, era tozza; tuttavia, la costruzione era in legno, mentre l'ala era metallica con doppio longherone, ma era almeno in parte rivestita in tela; l'abitacolo aveva tettuccio scorrevole, ma ai piloti non piaceva. Questo minuscolo caccia ('Mosca', come era noto ai Repubblicani, o 'Rata', topo, come era noto ai Nazionalisti) era un aereo talmente ignoto all'estero, malgrado che avesse partecipato a diverse manifestazioni aeree, che all'inizio lo consideravano come una sorta di caccia Boeing (che era per l'appunto monoplano) prodotto in URSS. La sua velocità ed energia erano impressionanti, ma non venne usato al meglio (come del resto non sarà nemmeno per i primi caccia '0' italiani) per quel che era, un velivolo meno agile dei biplani ma più di altri monoplani, specie nella velocità di virata. In Spagna, però, finirà per essere superato in agilità dal CR.32 e in velocità dal Bf-109, ma questa è un'altra storia.

La nascita di questo caccia venne decisa per rispondere alla competione per il nuovo caccia per la V-VS, in concorso contro l'ANT-31 (primo caccia moderno a tutti gli effetti, primo volo 27 maggio 1933) dell'ufficio Tupolev, ma sviluppato grazie alle invenzioni dello TSAGI (all'epoca diretto da Sukhoi). Era il marzo 1933, e Polikarpov era stato appena liberato dalla prigione. La base di partenza, come è facile da notare, era lo stesso I-15, che a sua volta era il miglioramento netto dell'I-5. Già il 30 dicembre 1933 volò per la prima volta, ancora con l'M-22 da 480 hp, poi con un SGR-1820 americano (il Cyclone) da 710 hp, il 18 febbraio 1934.

Vennero presto prodotte grandi quantità di questo velivolo, senz'altro straordinari per gli anni '30, a dimostrazione dell'importanza che gli si attribuiva. Il Tip 1 venne realizzato solo in trenta esemplari, i quali avevano sì il motore meno potente, ma pesavano a vuoto una tonnellata scarsa.

Poi fu la volta del Tip 4 con il Cyclone importato; nel '36 venne prodotto il Tipo 5 con l'M-25 da 700 hp, lo stesso motore dell'I-15 di tarda produzione. Esso pesava 1.460 kg al decollo, mentre la velocità era di 395 kmh/slm e 454 a 3.000 m; poi fu la volta dell'I-16 Tip 6, che aveva una terza mitragliatrice ShKAS; il Tip 10 o 'Super Rata' aveva motore M-25V da 750 hp, 4 armi, introducendone altre due nella fusoliera, oltre alle due alari (ma non è chiarissimo, se gli esemplari biarma avessero le mitragliatrici nel muso o nelle ali); il Tip 12 aveva invece un ulteriore innovazione, i potentei cannoni ShVAK da 20 mm, sistemati nelle ali, mentre le due armi da 7,62 erano nel muso; il Tip 17 ebbe il motore M-25V, il Tip 18 l'M-62 da 830 CV turbocompresso con motore a doppia velocità; il Tip 20 ebbe 4 ShKAS e due serbatoi da 93 l ausiliari; il Tip 24, infine, aveva l'M-63 da 900 hp e ipersostentatori convenzionali anziché il tipo precedente alettone-ipersostentatore.

Non finì qui: il Tip 27 era simile al Tip 17 ma con motore M-62, il Tip 28 era simile al -24 ma con due armi da 7,62 e 2 da 20 mm; il Tip 29 aveva carello abbassato e allargato, motore M-63, cannone da 20 e due UBS da 12,7; il Tip 30 era simile al -24 con motore M-63, in produzione dal 1941.

Non mancò un I-16 con motore M-22 e funzione di attacco al suolo, il che comportava corazze protettive per l'abitacolo, 4 ShKAS e due bombe da 50 kg; ancora più impressionante era però l'I-16SPB che era un vero bombardiere in picchiata, con tanto di freni aerodinamici e il carrello con comando pneumatico, anziché meccanico come i tipi precedenti. L'I-16TK era invece turbocompresso con 494 kmh a 8.600 m. Tuttavia, tutti questi tipi rimasero prototipi. Così avvenne anche per l'I-17, un caccia con motore in linea basato sull'HS 12Y da 760 hp. L'obiettivo era una velocità di 500 kmh e il nuovo aereo, derivato dal precedente, venne pensato già nel '33, tanto che volò il 1 settembre 1934. Ma in tal caso risultò non più veloce dei tipi con motori radiali, ovvero 455 kmh. Il migliorato TsKB-19 aveva un valore di ben 485 kmh, ancora un pò poco. Venne presentato a Parigi nel '36 e a Milano nel '37 (quando gli I-16 stavano combattendo contro i C.R.32 in Spagna!). Con un cannone da 20 ShVAK e due ShKAS era senz'altro un velivolo interessante. Ve ne fu anche un tipo che tornava ai radiali GR.14K, noto come I-19 o TsKB-25. Ma tutto finì perché nel frattempo venne studiato l'I-180. Questo sfortunato aereo ebbe un paio di prototipi in volo dal 14 giugno 1938, ma precipitarono nei collaudi. Ne seguì un terzo con un radiale M-88 da 1.000 hp, febbraio 1939. Ma nonostante questo e altri sviluppi, alla fine verrà scelto un progetto nuovo, e per tanti aspetto simile concettualmente all'I-16 primigenio: il LaGG-5.


Non fu così per il biposto d'addestramento. Per quanto possa sembrare bizzarro che in un aereo così corto fosse possibile installare due abitacoli in teandem, la sua tozza fusoliera lo permetteva: UTI-1 (su base Tip 1), UTI-2 (con carrello fisso), UTI-4 (Tip 5, sia con carrello fisso che retrattile). La produzione dei biposto fu imponente, a testimonianza della difficoltà di padroneggiare nuove tecnologie come il carrello retrattile e altro ancora; ben 1.639 biposto (tutti disarmati) più 7.005 monoposto, totale 8.644 aerei. Ovvero, più di tutti gli altri caccia della sua generazione messi insieme (almeno considerando quelli al di fuori dell'URSS). Basti pensare che il CR.32, tra i più prodotti, è stato realizzato in circa 1.200 esemplari (e non 1.800 come talvolta riportato), in Gauntlet meno di 200. In Spagna giunse nell'ottobre del '36, in tutto ne vengono valutati come forniti tra appena 180 e 475. Gli I-16 combatterono ampiamente in Estremo Oriente, di cui 250 cinesi e gli altri usati dalla V-VS. I tipi cinesi erano in genere i Tip 10. Ancora nel giugno del '41 equipaggiavano circa i due terzi dei reparti della V-VS, mentre nel '43, quando vennero posti fuori servizio, erano ancora sopravvissuti circa la metà del totale prodotto, ma oramai relegati essenzialmente a bassa quota. In Spagna finirono il servizio nel '53, così come i loro ex-avversari CR.32.

I-16 Tip 10:

  • Motore M-25V a 9 cilindri radiale, 775 hp al decollo e 2.000 g.min; elica A-1 bipala metallica a doppio passo e 255 l di carburante
  • Dimensioni: 5,99 x 9 x 2,56 m x 14,54 m2
  • Pesi: 1.350-1.750 kg, carico 118 kg/m2 e 2,2 kg/hp
  • Prestazioni: 440 kmh/3.000 m, 389/slm, 5.000 m saliti in 6,9 min, tangenza pratica 8.270 m, raggio 360 km, autonomia 800 km
  • Armamento: 4 ShKAS da 7,62 mm, 2.600 cp


Caratteristiche dei vari I-16 principali:

  • Motore
I-16 Tip 1, M-22 da 480 hp
I-16 Tip 4, M-25A da 725 hp
I-16 Tip 5, M-25 da 775 hp (?)
I-16 Tip 10
I-16 Tip 17
I-16 Tip 18, M-62R da 1.000 hp
I-16 Tip 24
  • Dimensioni: circa 5,99 m, da l TIp 17 6,08; apertura alare 9 m, altezza 2,45 ma dal Tipo 18 2,56 m
  • Pesi
I-16 Tip 1, 998-1.345 kg
I-16 Tip 4, 1.266-1.422 kg
I-16 Tip 5 ,1.660 kg
I-16 Tip 10, 1.350-1.715 kg, carico 118 kg/m2, 2,2 kg/hp
I-16 Tip 17, 1.815 kg
I-16 Tip 18, 1.410-1.830 kg
I-16 Tip 24, 1.490-1.912 kg
  • Prestazioni
I-16 Tip 1, 360 kmh,
I-16 Tip 4, 450 kmh, salita 850 m.min, tangenza 9.000 m, raggio 800 km,
I-16 Tip 5
I-16 Tip 10, 44o kmh/3.000 m, salita 5 km/6,9 min, tangenza 8.270 m, raggio 360 km, autonomia 800 km
I-16 Tip 17
I-16 Tip 18
I-16 Tip 24, 525 kmh, 400 km o con 2x100 l, 700 km
  • Armamento
I-16 Tip 1, 2x7,62 alari
I-16 Tip 4
I-16 Tip 5
I-16 Tip 10 4x7,62 (650 cp per arma)
I-16 Tip 17 2x7,62 e 2x20 mm
I-16 Tip 18, come Tip 10 o 17
I-16 Tip 24, come Tip 17


Interessante è anche notare che i sovietici fossero riusciti anche ad ideare altri monoplani da caccia. Uno fu il Tupolev I-14, il primo in assoluto con caratteristiche moderne, quelle che poi troviamo nell'I-16. Inoltre era totalmente metallico con rivettature annegate per una struttura esterna molto pulita ed aerodinamica, a parte la superficie ondulata di scuola Junkers sulle ali. Solo 18 esemplari vennero realizzati, data la preferenza al più leggero I-16. Si trattava di un caccia del '33, con un motore Cyclone (M-25), dimensioni 6,11 x 11,25 x 2,74 m x 16,93 m2; pesi 1.170-1.540 kg, velocità 449 kmh a 3.400 m e tangenza 8.800 m. Pare che l'armamento comprendesse anche due cannoni da 37 mm, oltre a due da 7,62. Un altro caccia super-armato fu l'I-12 del '31, che rimase però prototipo. Aveva una doppia trave di coda con un motore centrale, e due cannoni da 76 mm senza rinculo nelle semifusoliere. Il peso era contenuto in 2.400 kg, motore GR.9AK da 525 hp, dimensioni 9,5 x 15,6 m x 30 m2, velocità 300 kmh. C'era anche l'I-Z, prodotto da un progetto di Grigorovich, ma con carrello fisso, e comunque in piccola quantità. Il successivo IP-1 e l'IP-4 furono, assieme all'I-14 (ANT-31), i rivali dell'I-16. Nonostanet qualche dubbio sull'agilità dell'aereo, venne scelto il progetto di Polikarpov. Da segnalare che sia l'ANT-31 che l'IP-4 erano caccia dotati di piani di coda sulla deriva. Specialmente il secondo dei due sembrava a tutti gli effetti un precursore del MiG-15 quanto ad impostazione generale, fermo restando l'ala diritta e il motore, ovviamente. Gli I-16 vennero mostrati già per la parata del 1 maggio 1935, ma erano ancora i Tipo 1, che non ebbero assegnazione operativa. Questa toccò ai Tipo 4 e poi ai Tipo 5, seguendo una logica che oggi è comunemente usata da aerei come gli F-16 (i famosi 'Blocks'). Uno dei primissimi Tipo 5 venne mostrato in Occidente, e persino -ottobre 1935- al Salone Internazionale di Milano. Poco dopo i primi I-16 iniziarono la loro carriera operativa con la V-VS. Ma nonostante tutto, l'I-16 passò inosservato e si vociferò che fosse un aereo americano ('Boeing'). Questo, nonostante che la sua fusoliera fosse sì a guscio, ma costruita in legno, e che il ruotino di coda non c'era, ma solo una sorta di slittino metallico. Interessanti invece gli alettoni a spacco, che con la funzione ipersostentatore si abbassavano (valva inferiore) di 15 gradi. Le nuovissime ShKAS, con 900 cp per arma, erano nelle ali, fuori dal disco dell'elica.


In azione con il Rata

Come volava e come combatteva l'I-16? Questa è una questione molto dibattuta, data la quantità di combattimenti (Spagna, Cina, Finlandia, URSS) che lo ha visto protagonista, in genere piuttosto sfortunato, ma da non sottovalutare.

L'I-16 introdusse per la prima volta una forma di combattimento ad alta velocità, che ben si può considerare l'archetipo degli 'energy fighter'. Non che non vi fossero anche prima dei caccia monoplani; ma l'I-16 era veramente un aereo 'veloce': niente ali controventate, niente carrello fisso, radiatori ventrali di generose proporzioni ecc. La sua fusoliera era estremamente tozza e apparentemente poco aerodinamica, ma nel suo insieme, ben proporzionata e robusta. L'ala era solida, bilongherone metallica. Il carrello era retrattile, seppure ad azionamento manuale (ma inizialmente era lo stesso anche per lo Spitfire..), e così via. L'armamento comprendeva le ShKAS, mitragliatrici ultra-rapide, che rispetto a molte armi dell'epoca quasi triplicavano la cadenza di tiro, grazie alla camera di scoppio a revolver, nonostante la quale però, le dimensioni e i pesi erano ridotti.

L'I-16 entrò inizialmente in servizio con il Tip 1, una specie di macchina di preserie, ma già con il motore da 480 hp M-22 era capace di volare ad alta velocità; ma fu solo con i motori potenziati che la sua formula poté essere sfruttata, e lo fu. Il problema erano i piloti, perché non era facile far capire come si combattesse in velocità, come una sorta di FW-190 ante-litteram. Il fatto è che l'I-16 era anche molto agile e non si lasciava intimidire negli scontri manovrati con i biplani. Ma gli unici caccia monoplani capaci di primeggiare persino in questi scontri erano quelli giapponesi, e paradossalmente l'I-16, proprio per la sua agilità, rischiava di fare brutti scherzi ai suoi piloti, che erano piuttosto propensi ad accettare lo scontro con biplani inevitabilmente più lenti, ma anche più agili. Del resto anche il CR.32 era meno agile del NiD.52, ma -come anche l'He-51- sfruttava la maggiore velocità per non farsi abbattere. Il CR era più agile dell'I-16, e di qualcosina più veloce dell'I-15. Quest'ultimo era un caccia eccezionalmente agile. I piloti italiani che lo provarono in Spagna lo definirono proprio così, 'eccezionale'. I Russi che provarono i CR.32 catturati, invece, li trovarono difficili da far decollare e duri in manovra. L'I-15 era più leggero e rapido in salita -anche se inizialmente vennero mandati in Spagna, presumibilmente, solo i tipi con l'M-22-, era grossomodo altrettanto veloce, se non qualcosa di più (dipende dalle versioni) in orizzontale, mentre era più lento in picchiata, sia per la fusoliera tozza (dopo tutto era noto in Spagna come 'Chatos', naso piatto), sia perché le sue ali, prive della robustezza del sistema Warren (con montanti alari a.. W), tendevano a spezzarsi nelle picchiate più accentuate. La velocità di salita era oltremodo vantaggiosa per i caccia intercettori; quella di picchiata, invece, è un vantaggio tattico importante per i caccia da superiorità aerea, o in generale impegnati negli scontri con aerei simili. Questo è quello che si sarebbe visto, per esempio, tra l'AVG e i caccia giapponesi: mentre i Ki-27 e 43 erano certo più rapidi in salita, i P-40 potevano scappare in picchiata lasciandoli nettamente dietro. Anche in Corea, forse l'unico altro parallelo con la Spagna, le cose andarono così: l'F-86 poteva seminare in picchiata il MiG-15 (degno erede dell'I-15, nonché dello stesso I-16), mentre in orizzontale non c'era quasi differenza, e in salita (e accelerazione) il MiG superava largamente l'F-86, tant'é che mentre l'americano si buttava in picchiata per disimpegnarsi (come del resto facevano anche i caccia tedeschi), il russo accelerava e saliva in quota, tanto da arrivare in alto a sufficienza per lasciarsi indietro il rivale, e-o superarlo in agilità (specie sopra i 10.000 m).

Nel caso del CR.32 c'era una struttura robusta che aiutava a resistere a danni e sollecitazioni, e un motore a cilindri in linea che permetteva una fusoliera fine. Non è noto fino a che punto fosse in grado di arrivare in picchiata: l'anemometro arrivava a 460 kmh, ma i piloti superavano di sicuro i 500. Al di là dell'inaffidabilità degli strumenti dell'epoca, che fossero veloci era verificabile sia dalla possibilità di lasciarsi dietro gli I-15, che dalla capacità di raggiungere gli SB-2 (in volo orizzontale, se anche loro si fossero buttati in picchiata non ci sarebbe stata storia). Gli I-15 non erano tanto robusti, e gli I-153 raggiunsero un pò il limite della struttura: pare che uno di essi si disintegrò in picchiata a circa 500 kmh. Questo non vuol dire che gli I-153 non sarebbero stati un caccia superiore ai CR.32, in verità la loro salita era talmente rapida da lasciarsi indietro anche i successivi CR.42. In termini di velocità, sarebbe interessante conoscere le prestazioni dei successori del CR.32, il '42. Ma, nonostante la potenza molto maggiore, è probabile che non potessero andare molto più veloce, a causa della resistenza di una fusoliera dalla sezione nettamente più larga (motore radiale). Un paragone può essere il P-36/H-75, dalla potenza motrice paragonabile a quella di Bf-109 e Spitfire, ma nettamente più lento in picchiata data la diversa motorizzazione (radiale vs lineare).

In ogni caso, il CR.32 aveva anche altre due capacità extra: una era la potenza del motore, che permetteva di mantenere una quota maggiore di quella pratica dei caccia sovietici, il che contribuiva a sfruttare la picchiata sia in attacco che in difesa, potendo partire da quote maggiori. Certo che è strano, se si pensa che proprio l'I-15 ottenne un record di quota massima, ma in pratica le cose stavano diversamente, persino contro un caccia come il Freccia, che non era niente di eccezionale quanto a tangenza. L'altra era la presenza delle Breda-SAFAT. I CR.32 entrarono in servizio attorno al '34, quando queste non erano ancora presenti, così inizialmente ebbero solo due armi da 7,7 mm Mod 1928. Ma il CR.32bis, che seguì attorno al '35-36, era invece armato sia di due 12,7 mm, che di due 7,7 mm. Persino troppo, visto che questo gli aumentava i pesi, e le versioni successive omisero (come anche molti tipi bis) le armi da 7,7 subalari. Le Breda da 12,7 erano potenti e rispettate, con una portata utile e una distruttività notevoli. E dire che esse potevano solo essere descritte come 'inferiori' rispetto alle loro progenitrici, le Browning (+60% di potenza, nonché maggiore cadenza di tiro).

In ogni caso, non c'é dubbio che entrambi i caccia Polikarpov erano degli avversari più che degni; prima apparvero gli I-15, poi di lì a poco tempo, anche gli I-16. Questi erano più veloci in ogni condizione rispetto ai CR, ma meno agili. Per ottenere un compromesso tra velocità e agilità si penserà poi all'I-153, ma questo entrerà in servizio troppo tardi per la guerra in Spagna.

Un altro problema era l'armamento: gli I-15, pur se armati con le PV-1, erano quelli meglio messi al riguardo. Almeno dopo che raddoppiarono il numero di armi, tra l'altro con una ricca dotazione di proiettili. Le armi ultra-rapide degli I-16 avevano una dispersione elevata e sopratutto, l'aereo non era di per sé una piattaforma di tiro molto stabile, specie sull'asse longitudinale. Questo affliggeva sopratutto l'efficacia delle armi alari, sottoposte sia a movimenti di rollio che di beccheggio, e non solo a questi ultimi. Citando l'enciclopedia 'Armi da guerra': In azione l'I-16 era instabile fino al punto di diventare pericoloso. La sua guida era affaticante perché i piloti non potevano mai distrarsi, e ciò rendeva anche difficile la mira per un tiro accurato. Ma in compenso l'aereo poteva virare più velocemente di tutti i caccia del tempo, e nell'insieme offriva ottime prestazioni e manovrabilità.

L'instabilità dell'I-16 era dovuta alla compattezza, tipica più di un aereo da corsa come il Bee Gee Racer americano. Questo rendeva i piani di coda troppo vicini alle ali e al CG dell'aereo, ma come con il successivo MiG-1, si decise che il gioco valesse la candela: un caccia il più piccolo possibile per valorizzare al meglio la potenza del motore.

L'I-16, poi, non è stato solo un caccia tattico. La sua evoluzione, benché trovasse presto i limiti del progetto, fu molto ricca e variegata. Dall'addestratore biposto (il capostipite di tanti altri tipi sovietici), al cacciabombardiere d'attacco. Vi furono I-16 armati di due bombe da 250 kg, lanciati a mò di missili cruise verso obiettivi specifici, grazie al trasporto con un TB-3 appositamente attrezzato. L'esperienza delle 'portaerei volanti' sovietiche merita un approfondimento, e lo avrà. Altre esperienze, magari meno spettacolari, sono state portate avanti con questo caccia. Una è stata l'armamento di mitragliatrici ad alta cadenza di tiro, per compattare nella sua piccola cellula tutta la potenza possibile. Un'altra è stata l'introduzione di cannoni da 20 mm, poco impiegati nelle versioni iniziali dato il loro peso, ma potenzialmente micidiali e sicuramente utili per gli aerei che sarebbero venuti dopo. Un'altra ancora erano i razzi aria-aria, gli RS-75 e poi gli RS-82, anch'essi iniziatori di una formula, la reintroduzione dei razzi nel combattimento aereo (i precursori erano i tipi anti-pallone della I GM). Inoltre i sovietici sperimentarono, con entrambi i caccia Polikarpov, le corazze protettive per i piloti. Sebbene esse garantissero solo contro le armi leggere, e non sempre potessero fermare anche le Breda (qui c'era in effetti una grossa differenza tra mtg leggere e pesanti, allorché si tratta di affrontare bersagli leggermente protetti), si trattava di una notevole innovazione per i caccia. Si pensi che solo nel '40 diverrà comune la blindatura protettiva per i Bf-109, Spitfire e Hurricane.


Ora vediamo come l'I-16 arrivò in Spagna, e quel che ne pensano i piloti[1].

Una delle descrizioni dell'I-16 lo considera quel che era, un capolavori di semplificazione. 'Poco più di un'ala, un motore e due mitragliatrici'. Questo è quel che ne pensava Frank Tinker, pilota americano di I-16, un altro volontario che come Hemingway combatté dalla parte Repubblicana.

Questi caccia russi erano notevolmente innovativi per l'epoca, anche se la costruzione mista era semplice ed economica, senz'altro anche robusta, mentre il carrello era retrattile sì, ma con 44 giri di manovella che il pilota doveva imprimere (in che non aiutava certo i tempi di salita iniziale dell'aereo). Come già detto, nessuno sembrò interessarsi dei nuovi caccia comunisti, che pure erano già stati mostrati durante la parata del 1 Maggio 1934, quando tuttavia non erano ancora in servizio. Lo furono dal '35 e presto divennero molto diffusi. Ma, ancora al loro debutto in Spagna, erano ritenuti da molti una copia del P-26. Rispetto a quest'aereo, però, la loro struttura era molto meno avanzata, o meglio, costosa, non essendo metallici ma di costruzione mista. Concettualmente erano però largamente superiori, con ala a sbalzo e carrello retrattile. Era la via per il futuro.

Per il presente di allora, i caccia che comparvero furono il Tipo 5 e poi il Tipo 6. I primi vennero scaricati ancora imballati a Cartagena, nell'ottobre del '36. Si trattava di un primo lotto di 31 apparecchi Tipo 5, che vennero seguiti da altrettanti verso la fine dell'anno. Entro l'estate successiva, ulteriori consegne arrivarono a circa 130 apparecchi. Nell'immediato, vennero presto costituite tre squadriglie di I-16, raddoppiate nell'anno successivo: inizialmente ebbero 12 aerei di linea e tre di riserva; poi questo lusso calò e si ridussero in tutto a solo 9 esemplari. Le tecniche dell'epoca erano ancora basate sulle formazioni a tre aerei, per cui ogni squadriglia aveva tre sezioni, ciascuna formata da capopattuglia e da due 'punti', o se si preferisce, guardiaspalle. Quando i piloti spagnoli e internazionali cominciarono ad affluire a queste unità, i capi restavano russi, mentre i 'novizi' facevano i gregari. I primi spagnoli vennero addestrati a Kirovabad e presero servizio nel luglio del '37. I piccoli caccia erano usualmente dipinti in verde oliva sui lati e superiormente, azzurro chiaro sulle superfici inferiori, nero nel muso (ma non sempre), rosso per le estremità alari e la fascia di fusoliera, spesso anche la bandiera repubblicana aveva i suoi colori dipinti in coda. Noti dal maggio del '37 come CM (Caza Mosca), questi caccia erano sempre più importanti per i Repubblicani, sopratutto dopo il debutto del Bf-109, che chiamava per macchine ad alte prestazioni, e sopratutto, capaci di scortare gli SB-2.

Quanto al nome, Mosca era quello assegnato dai repubblicani, ma per i Nazionalisti era noto come Rata, sorcio, per via che i suoi stormi apparivano come i branchi di topi che sbucavano dai canali. I sovietici lo chiamavano Ishak, che vuoli dire asinello, ma non tanto per la sua forma un pò da 'pony' più che da cavallo da battaglia (anche per l'epoca era un velivolo davvero minuscolo), ma per via della similitudine di pronuncia con il 16 in russo.

I primi Moscas erano i Tipo 5, con motore M.25 da 700 hp e capaci di 450 kmh. Avevano solo due armi, che notare bene, non erano nel muso come ci si potrebbe aspettare (in genere quando ce ne sono solo due, sono sempre 'lì'), ma nelle ali. Questo rendeva piuttosto imprecisa la mira, che si poteva fare tra l'altro con diversi tipi di mirini a cannocchiale o a reticolo libero, e nonostante che le armi di per sé fossero molto precise. La cadenza di tiro, almeno 1.500 c.min, era per l'epoca scioccante e queste armi erano considerate qualcosa di più di una normale arma della categoria: come la MG42 diverrà in seguito nota come 'sega di Hitler', anche queste armi (persino superiori come cadenza di tiro) non mancavano di colpire. Laddove le vecchie mitragliatrici sparavano in maniera simile al latrato di un cane, queste tiravano ad una velocità tale da crivellare qualunque cosa trovassero di fronte. Erano definite 'rabbiose'. E nononostante la loro potenza, molto affidabili in azione, pressoché esenti da inceppamenti di sorta (che invece non mancheranno di affliggere anche le pur affidabili SAFAT). Ma, un pò per il consumo di munizioni, un pò per l'inevitabile surriscaldamento (specie nel clima ispanico), le raffiche erano da limitarsi a 3-5 secondi. Ad alcuni piloti piacevano, erano considerate capaci di 'segare un aereo a fette'. Molti però rimarcavano il fatto che non c'era modo di abbattere gli aerei da bombardamento, specie quelli tedeschi (totalmente metallici), o che il raggio di tiro utile fosse di una trentina di metri, o che bisognasse mirare alla testa del pilota nemico per ottenere un risultato pratico.

Il Mosca, se ben pilotato era capace di sopraffare i rivali. Ma se si metteva a duellare con il CR.32, allora la maggiore agilità del biplano si trasformava in 'veleno' per l'I-16. L'abitacolo dell'aereo era chiuso, ma ai piloti non piaceva molto questa soluzione, che penalizzava la velocità e l'uscita in emergenza. Da notare che il tettuccio si apriva scorrendo in avanti e non all'indietro, il che non era certo ideale per l'abbandono in velocità. Così i piloti, in genere, lasciavano aperto l'abitacolo, ma questo non mancava di causare loro l'inalazione dei gas di scarico, dato che i tubi erano sistemati ognuno per un cilindro, anche nella parte superiore del muso. L'I-16 Tipo 6, consegnato in una trentina di esemplari, era provvisto fin dall'inizio di abitacolo aperto, nonché di motore M.25A da 750 hp. Ma anche il peso aumentava e così il vantaggio era poco sensibile.

Per ottenere un risultato maggiore venne fornito il Tipo 10 o 'Supermosca'. Era stato necessario in quanto dal luglio del '37 i Tedeschi uscirono finalmente dall'impasse, allorché ai loro He-51 (apparentemente paragonabili ai CR.32, in realtà, malgrado un carico alare inferiore e una potenza maggiore, decisamente inferiori rispetto a questo e all'I-15). Era pronto già dall'inizio del '38. L'esame della sua struttura lo mostra più semplice di quanto non si possa immaginare, l'uso di profilati metallici, anche per una parte delle centine, lo rende più attuale delle analoghe soluzioni impostate per i Macchi 205 di 4 anni successivi. Il motore M-25V era capace di maggiore potenza, purtuttavia l'aereo era anche più pesante dei predecessori e così continuava a perdere in agilità. Ma nell'insieme era chiaramente un passo in avanti, a cominciare dalla presenza di altre due armi nel muso. Inizialmente queste erano PV-1, proprio perché sincronizzare il tiro delle ShKAS con l'elica (che pure era solo una bipala) era difficile. Questo significa che le due armi alari erano disposte a distanza dall'asse dell'aereo, sparavano fuori dal disco dell'elica, ma al contempo perdevano in stabilità di tiro (l'I-16 ondeggiava con facilità). Questo rendeva possibile sparare con 4 armi anziché due, ma la leva di comando aveva 4 bottoni, ognuno associato ad una mitragliatrice, nonché una per sparare con tutte, che poi era quella usata in combattimento. L'I-16 Tip 10 aveva una diversa disposizione dei tubi di scarico, così si teneva di conto dell'abitacolo aperto, evitando di affumicare il pilota al decollo. Poi c'era la corazzatura protettiva, verificata da uno dei piloti, tale Luis Sirvent. Prese una piastra dei sedili, caricò il fucile Mauser (un'arma dotata di notevole potenza penetrante anche per la sua categoria) con 5 proiettili perforanti, e sparò da 20 metri. Il risultato era confortante: tutti e 5 si erano schiacciati contro la piastra senza passarla. Questo significa che le Breda da 7,7 e le MG-15 o 17 da 7,92 mm non potevano passare le protezioni, anche se queste erano relativamente limitate in estensione. Le Breda da 12,7 avrebbero potuto ancora farcela, ma non da grande distanza.

L'acciaio sovietico era di qualità, meno validi gli alettoni-flap, ora che l'aereo era più pesante. Erano scarsi in efficacia, pur essendo estesi per tutta l'ala. Ma ora che l'aereo si era appesantito, diventavano quasi inuti e spesso nemmeno venivano usati. L'atterraggio era fatto a 160-180 kmh, oggi sembra uno scherzo, ma all'epoca no, e i campi d'aviazione (in genere sterrati o a prato) non erano certo dalle superfici perfette. Se l'aereo si impuntava in qualche ostacolo, si ribaltava e ammazzava il pilota (un pò come i primi P-26). Così l'ordine era chiaro: se c'erano problemi (danni in combattimento, ferite al pilota ecc) si doveva atterrare senza estrarre il carrello, frenando col ventre del caccia. L'I-16 non disponeva di struttura anti-cappottamento e questo era l'unico modo per non rimetterci il collo.

Tutta la fornitura di I-16 è stata costituita, in Spagna, da circa 130 Tipo 5, 30 Tipo 6, 120 Tipo 10. Non è assolutamente certo, e vi sono anche dati che parlano di 180, come di 475. Il numero di serie progressivo più alto conosciuto è il CM-276. Così il Mosca non sarebbe stato un pò più numeroso dei 380 (o più probabilmente, oltre 400) CR.32, ma assai meno diffuso.

In volo, malgrado tutto, l'I-16 si faceva rispettare: un vero gioello: fantastico per il combattimento rapido, delizioso per il combattimento acrobatico, salita ecc, tranne che per l'armamento. Questo secondo Miguel Sanz. Andrés Fierro, che si è accreditato ben 6 Bf-109 e 3 CR-32, abbattere da parte di un singolo I-16 un bombardiere era pressoché impossibile, specie contro quelli tedeschi, interamente metallici, come il Do-17 e l'He-111. Mentre esistevano dimostrazioni di abbattimenti contro l'S-79, di struttura mista. In effetti vi sono dati che dimostrano il contrario, i bombardieri tedeschi erano indubbiamente meno vulnerabili, ma erano anche più lenti e meno armati.


Contro i Bf-109 l'abilità del pilota poteva fare la differenza. In termini di maturazione, l'I-16 era già un progetto collaudato, il Bf-109 nella sua infanzia. Era potenzialmente superiore, ma non ancora al livello degli anni successivi.

Uno dei piloti spagnoli, Tarazona, definisce il Bf-109 come bello, snello ed elegante. Ma l'I-16 è 'tozzo, virile, forte'. E Tinker avrebbe preferito l'I-16 al Bf-109 per un duello aereo. Pare che i Bf-109B non fossero superiori agli I-16, meno armati, agili e robusti (niente corazze), erano superiori solo per via della tangenza e della velocità un pò più alta. I Bf-109C e D raddoppiavano le mitragliatrici e introducevano il motore a iniezione, buono per l'accelerazione in picchiata; ma i supermosca non erano inferiori.

Forse questo giudizio può sorprendere. Ma c'é anche da aggiungere quello del collaudatore più celebre tra i 'moderni' che si sono cimentati con i 'classici'. Mark Hanna, compianto esperto di aerei storici (morì anni fa durante un ennesimo volo) ebbe il privilegio di provare in volo I-15 e I-153 ricostruiti, e il suo giudizio, al di là di problemi di dettaglio, è stato lusinghiero. E' possibile ricostruire la 'rinascita del Rata' grazie ad internet, una storia molto interessante: [1]. Il Rata e l'I-153 sono stati ricreati in piccola serie, grazie all'uso dei motori radiali che adesso sono gli ASh-62. Si è scoperto qualcosa anche grazie a quest'esperienza. I Rata e ancora di più gli I-153, nonostante il naso così piatto, hanno dimostrato di avere una maggiore spinta dai gas riscaldati di quanto sia la resistenza data dal loro muso piatto, e anche per questo sono macchine così veloci. In generale, hanno conquistato pienamente il rispetto di chi ne ha curato la ricostruzione e li ha provati in volo. Mark Hanna ha riportato diversi dati interessanti. Per esempio, che lo stallo, ancorché a velocità abbastanza elevate per un velivolo da 2 t (130-140 kmh) è gentile e non causa problemi di uscita (differentemente dall'I-153, che è l'esatto contrario: entra in stallo con estrema difficoltà, ma è difficile uscirne). Il rateo di rollio è eccellente, 100-120 gradi/sec, grazie alle corte e tozze ali (pesantemente raccordate sul bordo d'uscita con la fusoliera, un pò all'incontrario di quel che si fa attualmente con gli aerei); così lo è quello di beccheggio e in generale, l'aereo è delizioso in acrobazia, oltre a dare un'impressione di velocità eccezionale quando visto da terra (essendo lungo appena 6 metri). La retrazione del carrello è possibile, ma con 44 rotazioni dell'apposita manovella. Decollo in circa 270 m, atterraggio in circa 450 anche senza usare i freni. E come macchina bellica, Hanna si era fatto un'idea precisa: [2]

How do they compare with other WW2 fighters? Well, I believe, very favourably with some of the other aeroplanes. I had just flown a Hurricane for the first time, a week before ..and sorry to Hurricane aficionados, but I was really surprised and disappointed in the aeroplane's handling and performance (although very interesting and lovely to fly the type). I felt that you would be better off fighting in a Rata. At any rate I felt quickly far more comfortable in it.. In air combat against early low powered 109's, I would suspect that the two aircraft were very comparable. Later variants of the Messerschmitt would easily be able to dictate the fight against the Rata due to the 109's superior speed and vertical performance.

Quindi, non solo gli I-16 erano preferiti secondo l'opinione dei piloti repubblicani ai Bf-109B, ma secondo Hanna, sarebbero stati pienamente prferibili anche ad un altro famoso 'Classe 1935', l'Hurricane, il quale, seppure gradevole da volare, è stato una delusione quanto a prestazioni e maneggevolezza. Niente male come riconoscimento, diretto o indiretto, alla qualità del 'Rata', o meglio ancora del 'Mosca', o ancora Yastrebok (falchetto, primo soprannome russo) o infine Ishak (soprannome degli ultimi tempi, quando era oramai superato). Del resto, nonostante il generale disfacimento dell'organizzazione militare repubblicana, qualcuno degli ultimi Bf-109E venne spedito al suolo dai Rata, ultimi di una lunga serie di macchine nazionaliste. Serie senz'altro più congrua se solo si fossero adottate tecniche di combattimento più efficaci e valevoli per questo caccia così innovativo.

Diversamente dagli I-16, i Bf-109 volavano in coppie, almeno a partire da una certa epoca, e questo tatticamente li avvantaggiava. Da alta quota si buttavano sugli I-16, magari controsole, e poi si sganciavano in picchiata. Gli I-16 rispondevano così: se vedevano il Bf-109 venire giù, dovevano salire dritti verso di lui in rotta di collisione. Questo voleva dire o far virare il Bf-109 per evitare la collisione, e sparargli mentre mostrava il 'bersaglio grosso' (pianta alare) oppure coinvolgerlo in un duello manovrato, dove gli I-16 erano superiori. E non solo, erano anche più numerosi nella maggior parte delle occasioni in cui si presentarono sul campo di battaglia.

Ma questo non bastava ad evitare che il Bf-109 possedesse l'iniziativa. Così i meccanici spagnoli la presero con un ordine per 25 motori Cyclone, americani originali. La 4a Squadriglia ebbe così gli I-16 con motore capace di salire a 8.000 m di quota, combattendo contro i loro avversari in un regime di parità. I 'Nariz Fria' (naso freddo) ebbero l'ogiva dell'elica bianca, e dato il respiratore necessario, la squadriglia era anche nota come quella del 'biberon'. Comandata da Tripa A (A. Arias Arias) combatté con onore persino contro gli ultimi, e formidabili, Bf-109E. Nonostante che, anche per alleggerirsi, tornassero alle sole due armi alari. Queste dovevano essere riscaldate, o altrimenti l'olio lubrificante avrebbe gelato a temperature anche di -40 gradi. Uno dei meccanici della squadriglia riuscì nell'intento con dei tubi di aria calda portati dagli scarichi alle armi alari.


Riassumendo le caratteristiche dei Rata spagnoli:

  • Dimensioni: tutti 9 m di apertura alare, lunghezza 5,9 m per i Tipo 5, 5,99 m per tutti gli altri
  • Pesi: Tipo 5, 1.460 kg; T.6, 1.660 kh; T.10, 1.710 kg, N.Fria, 1.800 kg
  • Prestazioni: Tipo 5, 454 kmh, tangenza pratica 5.200 m, autonomia 8.200 m; Tipo 6, 440 kmh, 5.000 m, 810 km; T.10, 444 kmh, 6.000 m, 800 km; N.F: 465 kmh, 8.000 m, 800 km

Dopo la guerra restavano diversi Rata, almeno diverse dozzine. L'Ejercito de l'Aire, formatosi nel '39, li inglobò e servirono inizialmente nel Grupo 28, dove erano presenti anche i CR.32. Questo gruppo era nelle Baleari. Non solo, ma la fabbrica locale SAF-15 aveva anche iniziato a produrre i Supermosca partendo da parti di aerei rottamati e costruendo quanto mancava. Alcuni di questi velivoli vennero resi disponibili entro la fine delle ostilità. Erano noti come CH (Caza Hispano) e rappresentarono una nuova epoca per l'industria spagnola. In tutto i Rata disponibili per l'aviazione riunificata arrivarono a circa 50 e in seguiti passarono al Grupo 26 di Siviglia come C.8.

Ironia del destino, vennero ampiamente utilizzati nei combattimenti aerei simulati contro gli stessi, vecchi CR.32, nonché in film celebrativi dei nazionalisti di Franco, e persino come scorta di aerei VIP quali (1948) l'aereo di Evita Peron. L'ultimo Rata, il C.8-25, venne radiato dalla scuola caccia di Moron nel novembre del '53. Più o meno in contemporanea con i CR.32.

In URSS le cose andarono diversamente, ma come già accennato, gli I-16 erano ancora molto numerosi all'inizio della guerra e continuarono a combattere per un paio d'anni, consumando le proprie forze residue contro una scatenata Luftwaffe, nonché contro altri suoi alleati: Finlandesi (G.50 e Buffalo), Rumeni, Ungheresi (che ottennero sugli I-16 varie vittorie con i Re.2000 e con i CR.42, questi ultimi pressoché analoghi in velocità). Ma non sempre gli I-16 erano carne da cannone.

File:Zveno tb.jpg

Il programma per le portaerei volanti, così fallimentare negli USA con i dirigibili Akron e Macon, in URSS ebbe un diverso sviluppo. Infatti, piuttosto che usare i dirigibili, si preferì affidarsi al 'più pesante dell'aria', perché i Sovietici avevano una delle poche, forse la sola, forze di efficienti quadrimotori degli anni '30. Questi erano i Tupolev TB-3, resistenti e robusti aerei metallici, non solo capaci di portare un gran carico utile, ma anche affidabili. E sopratutto, ce n'erano moltissimi: ne vennero prodotti più di 800, il che, assieme ai leggeri SB-2 bimotori da attacco veloce, faceva della V-VS una potenza irraggiungibile quanto a capacità di bombardamento. In pratica, gli SB-2 erano equivalenti degli F-111, i TB-3 dei B-52, e poi i DB-3 (bimotori, ma strategici e veloci quasi quanto gli SB-2) che si potrebbero considerare un pò i B-58 o i Tu-16 della situazione, dipende da come si vuol impostare il parallelismo. Tutti questi tipi cominciarono ad invecchiare (come un pò tutti i velivoli della metà anni '30) verso la fine del decennio, ma fornirono una solida esperienza per i progetti successivi, e per la grande famiglia di Tupolev da bombardamento strategico. I TB-3 vennero anche usati come aerei-portaerei. Si arrivò ad un tale parossismo, che un singolo apparecchio era caricato con più velivoli monomotori. Era il progetto 'Sweno' (catena) che inizialmente era stato pensato nel 1930 con un TB-1 e due I-4, collaudati dal tardo 1931. Ma questo era ancora un bimotore, mentre dal '33 apparve il quadrimotore TB-3. Quest'ultimo aereo, costruito con tecniche Junkers in solido metallo, poteva portare due I-5 sopra le ali (stranamente non vennero considerati gli I-15), due I-16 sotto, e tra le gambe del carrello un I-Z monoplano. Alla fine, l'unico impiego pratico che se ne poté fare fu il 'vettore' per missili cruise ante-litteram. Grazie allo sviluppo del Polikarpov I-16 SPB, si ottenne un cacciabombardiere d'attacco in picchiata capace di portare due bombe da 250 kg sotto le ali. Questo minuscolo caccia diventava quindi capace di trasportare un rilevante carico di bombe, ma era necessario colpire obiettivi che fossero vicini. Oppure portare l'aereo vicino a loro. Così durante la prima fase dell'invasione tedesca vi furono diversi casi in cui due I-16 vennero portati appesi sotto le ali del bombardiere, come 'postini' per recapitare quattro bombe da 250 kg. L'ultima missione di cui si ha notizia fu un attacco da parte di un aereo TB-3 contro il ponte di Cernovoda, sul Danubio. I due I-16 sganciati nelle sue vicinanze si approssimarono sul bersaglio, e le loro minuscole e veloci sagome passarono inosservate finché fu troppo tardi: il ponte venne distrutto. E i due I-16, ancora con sufficiente carburante, tornarono alla base assieme al bombardiere (non è chiaro se riagganciandosi sotto le ali oppure no). Così 'L'aereo portaerei' divenne non un mezzo difensivo per portarsi dietro caccia di scorta, ma una realtà di natura offensiva e notevolmente efficiente. Tutte le missioni volate da aerei lanciamissili, in definitiva, discendono da quelle esperienze primitive ma valide, solo che nel frattempo ai cacciabombardieri pilotati si sono preferiti o il rifornimento in volo (un altro modo per risolvere il problema, in fondo è sempre un aereo di grosse dimensioni che fornisce l'autonomia ad un piccolo cacciabombardiere) oppure i missili da crociera come gli ALCM.

Il Guanto e il Gladiatore: i duellanti della Gloster

Un Gauntlet finlandese ottimamente restaurato

Oggi questo nome è associato ad un noto film 'storico' made in Hollywood, ma per gli appassionati di aviazione, specie storica, ricorda piuttosto un altro tipo di combattente, che calato nel suo contesto storico ebbe a combattere in maniera non meno coriacea dei divi del grande schermo. Era questo il caso dell'ultimo biplano da caccia inglese, della Gloster. Erede di una lunga tradizione di validi cacciatori biplani, il Gladiator era una sorta di Gauntlet notevolmente potenziato.

Tutto era in realtà cominciato già nel 1918, quando i piccoli e validi caccia ricognitori Nieuport francesi ispirarono il progettista Harry Folland che creò nel periodo interguerra una serie di caccia, tutti con motori radiali, e tutti con eccezionale maneggevolezza. Nel 1930 apparvero i prototipi di un velivolo che ebbe il miglior motore disponibile, dopo una scelta in merito, che premiò il Mercury. Questo aveva un diametro inferiore rispetto allo Jupiter del precedente Gamecock, eppure era anche più potente. Ebbe l' Anello Townsend per ridurre la resistenza aerodinamica, ma l'elica era sempre una bipala in legno a passo fisso. La cellula era in lega leggera rivestita in tela oppure, nella parte anteriore, da pannelli in alluminio asportabili. Le ali avevano una doppia campata per lato, per aumentare la resistenza, specialmente in picchiata. Nell'insieme si trattava di un caccia del tutto tradizionale, a parte un certo uso di leghe leggere, ma essendo dotato di un motore dal piccolo diametro, potenza elevata e una fusoliera allungata rispetto a quella tracagnotta di molti tipi dell'epoca, nell'insieme risultava un velivolo sorprendentemente veloce. L'armamento era sistemato ai lati della fusoliera, appena davanti all'abitacolo, in due protuberanze con i solchi per sparare fino attraverso l'anello del motore, che a sua volta era stretto al punto da avere delle bugnature dove erano i cilindri (9 in tutto). L'aereo era ben progettato, anche nei particolari. Alla fine, l'S.S.19B risultò molto più veloce, non solo del precedente Gamecock e del Bulldog, non solo, ma ance del raffinatissimo Fury, con in suo musetto appuntito e il motore in linea. Per capire il valore delle sue prestazioni, si può dire che esso, pur con un motore radiale di potenza appena superiore -645 hp- riusciva ad eguagliare in velocità il CR.32 che aveva un motore con cilindri in linea. La RAF lo ordinò prima con 24 Mk I (consegnato dal '35, quindi tutt'altro che in maniera frettolosa), poi 104 Mk.II, che era il vero modello definitivo, la cui struttura era tipo Hawker, dato che la Gloster era diventata parte del gruppo Hawker-Siddeley nel '35. Fortunatamente per questi caccia, presto apparve un'elica tripala metallica, sia pure a passo fisso (del tipo Fairey-Reed). Il Gauntlet non ebbe molti successi all'export: sette nazioni lo ebbero, ma in quattro casi si trattava di macchine ex-RAF.

A differenza del CR.32, il Gauntlet, che ne era a tutti gli effetti l'equivalente, aveva un'abitacolo molto in avanti rispetto alla fusoliera, dotata di una lunga sezione di coda, a motivo della compattezza dei radiali. Come si è detto, esso era capace di una velocità paragonabile a quella del CR.32 seppure con un motore radiale appena più potente.

Le sue dimensioni erano 8,05 x 9,99 x 3,12 m x 29,26 m2; i pesi, 1.259-1.801 kg; le prestazioni 370 kmh a 4.815 m, salita a 6.100 m in 9 minuti, tangenzxa 10.210 m, autonomia 740 km.

Il CR.32, di contro, era nel modello bis pesante 1.380-1905 kg, dimensioni 7,45 x 9,5 x 2,72 m x 22,1 m2; velocità 356 kmh a 3.000 m, salita a 3 km in 5 m 10 s, tangenza 7.800 m, autonomia 780 km.

Quindi il Gauntlet era notevolmente più grande eppure più leggero. Era anche meno armato e non portava bombe.

Non pare vi sia mai stato un confronto armato tra i due caccia, differentemente dai loro successori.

Ed ecco un breve riassunto del suo servizio con la RAF, servizio che iniziò nel '35[2]. Mentre in UK finì presto per esaurirsi in prima linea e ritrovarsi a fare ricognizioni meteo, ultima missione 6 dicembre 1939, in altre parti del mondo le cose andarono diversamente. 3 squadroni della RAF e RAAF lo usarono in Medio Oriente, come prezioso supporto ai pochi Gladiator. Erano gli squadroni 6, 33 e 112, per lo più usati a suo tempo per controllare i predoni arabi. Il No.6 ebbe presto i Lysanders certo più adatti, mentre i Gauntlet andarono agli altri due squadroni, per lo più per addestramento (mentre i Gladiator erano risparmiati nell'uso, per eseguire poi le azioni belliche). In tutto appena 5 Gladiator per il No.112 e 6 per il No.33. Altri 6 andarono al 3 RAAF, pare fossero quelli ex-RAF, dall'ottobre del '40. Stavolta vennero usati per azioni d'attacco: i caccia inglesi divennero quindi bombarieri tattici, al pari dei CR.32. Non ebbero molte azioni da ricordare, ma l'8 dicembre iniziarono i preparativi per la grande offensiva del giorno dopo, 'Compass'. Seguirono bombardamenti in picchiata (non è noto il carico utile) contro truppe motorizzate il 9, e poi l'11, e così il 12. Pochi aerei, 4-5 per volta. Combatterono contro obiettivi come ad Halfaya. Dopo 4 giorni di azione, però, vennero ritirati dal servizio. Non ebbero perdite, ma si temeva di non riuscire a mantenerli operativi.

Tuttavia, seguiranno altre missioni per scortare i Lysander. Ma più importanti saranno le missioni come in Sudan con il 47 Sqn. Esso era un reparto di aerocooperazione con i Gauntlet e i Vincent. Ad un certo punto i Gauntlet portarono avanti missioni anche di attacco al suolo, con 8 bombe da 11,4 kg incendiarie (successe il 7 settembre con due aerei, assieme a due Vincent) contro Metemma. Durante questa missione venne avvistato un Ca-133 e un Gauntlet picchiò contro di esso costringendolo ad atterrare scassandosi al suolo. Poi sganciò le bombe, ma non riuscì ad incendiarlo, quindi lo mitragliò. Tuttavia gli italiani non hanno riportato perdite di Ca-133 in questo tempo e questo mette in forse l'unica vittoria dichiarata dai Gauntlet durante la guerra. L'ultima azione nota è stata una scorta con un paio di aerei il 5 ottobre, per scortare i Wellesley su Gallabat (e i Gauntlet erano a loro volta armati di bombe da 9 kg). La SAAF usò questi aerei con il 1 e il 2 SAAF Sqn, ma in pochi esemplari, all'inizio del '41 solo 3 erano per esempio in forza al No.2 Sqn.

Infine la Finlandia ebbe 25 aerei, ma non li usò come caccia di prima linea, ma solo come addestratori (era il febbraio del '40, questo significa che in UK erano ancora disponibili molti aerei di riserva anche se non più in carico a reparti). I Danesi ne ebbero 18, 5 distrutti in incidenti di volo prebellici e gli altri catturati o distrutti al suolo al tempo dell'invasione tedesca del 9 Aprile 1940 (i danesi aspettavano i Macchi 200) con la Eskadrille 1. Non ebbero battaglie da registrare, ma la loro discendenza ne avrà eccome.

Il Gauntlet diede infatti origine al Gladiator, che stavolta adottava da subito il sistema costruttivo Hawker, ovvero travi tubolari che cormavano la fusoliera, rivestimento in tela per la parte posteriore e in lega per la parte anteriore; ali con longheroni tipo 'manubri ginnici'. In sostanza vi erano, quanto a differenze sostanziali, un modello di Mercury molto più ptoente -830 hp-, tettuccio chiuso -ma l'abitacolo non era riscaldato- e due armi aggiuntive sotto le ali inferiori. Il prototipo SS.37 volò già nel settembre del '34, quasi come rimedio per il fallimento della specifica F.7/30. Si ordinò così in tutta fretta, come interim ai successivi monoplani, 23 Gladiator Mk.I (luglio 1935), ma nessuno di essi entrò in servizio prima del marzo 1937. Dal 71° esemplare le mitragliatrici divennero le Browning al posto delle Vickers (fusoliera) e Lewis (subalari). Il successivo Gladiator Mk. II ebbe il Mercury VIIIA con elica tripala metallica; presto comparvero anche i Sea Gladiator, sempre meglio di niente (cioé dei Blackburn Skua). In tutto i Gladiator ebbero molti successi d'export, e la produzione arrivò a 932 aerei.

Le caratteristiche, a parte il motore Bristol Mercury VIIIA a 9 cilindri, erano una velocità di 414 kmh a 4.450 m, salita a 3.050 m in 4,5 minuti, tangenza 10.210 m, autonomia 714 km; dimensioni 8,36 x 9,83 x 3,22 m x 30 m2; pesi 1.562-2.206 kg.

Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e sopratutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 che i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.

La presenza delle persone aiuta a capire le dimensioni reali del Gladiator

Nel confronto diretto con i CR.42, il celebre collaudatore Eric Brown, che ha volato entrambi ha detto (riassumendo): un duello affascinante tra i due migliori caccia biplani del mondo: il CR.42 con una leggera superiorità in velocità, il Gladiator con un leggero vantaggio sull'armamento, agilità pressoché uguale, quindi è l'abilità del pilota decide l'esito.

A dire il vero, queste considerazioni non sono del tutto veritiere, a parte che tra i migliori biplani da caccia un posto d'onore dovrebbe essere riservato quanto meno anche agli F3F e agli I-153. A bassa quota il Gladiator era più rapido del CR, stando a quanto viene riportato dal sito Hakas Aviation. Quanto alla salita, era superiore. Come velocità orizzontale, forse anche in picchiata, era in media inferiore (ma non a bassa quota e in orizzontale). Aveva carico alare più basso e miglior rapporto potenza-peso, e un articolo di Rivista Storica (Biplani d'assalto in Africa Settentrionale) lo definisce come capace di salire a 12,2 m.sec a 6.600 m, quando il CR.42 era capace di circa 11,1 m.sec a 6.000 m. Il Gladiator era a metà tra gli 11,2 m dell'Hurricane I e i 13,1 dell'Mk II (interessante notare, in termini di salita, che a 6.000 m il G.50 era dato per 13,3 m.se, e il Macchi 200 addirittura 15,6, il Bf-109E 14,6 a 5.500 m e il P-40B 16,2 m.s a 4.950 m, il P-40E 9,6 m.s a 6.600). Resta comunque vera una cosa: le differenze tra i due tipi sono così modeste, che il successo dipende dall'abilità tattica di chi guida gli aerei. L'unico vantaggio sicuro del Fiat è che può disimpegnarsi grazie alla maggiore velocità, ma questo è tutto.


Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'é certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.

La diffusione del Gladiator fu piuttosto ampia

Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.

La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono ad imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono ad ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.

In dettaglio, si conoscono 21 abbattimenti rivendicati sopra Malta e in Meditterraneo dai Sea Gladiator: già l'11 giugno riuscirono a colpire un S.79 e un Macchi 200, sia pure senza abbatterli. Dichiararono distrutti altri aerei, tra cui persino uno Ju-88. Degli S.79, dichiararono almeno 4 apparecchi su Malta, più altri colpiti. L'unico abbattuto fu l'MM.22068 della 216a Sq, 53 Gruppo, 34° Stormo. Era il 22 giugno, mentre il giorno dopo toccò al C.200 dell'88a Sq (o forse 71a) di Molinelli. In precedenza c'era già stato (l'11) un C.200 dato per probabile, ma in realtà non subì gravi danni pur risultando colpito.

Presto il Gladiator venne rinforzato e progressivamente rilevato dall'Hurricane, peraltro meno adatto al duello aereo con i biplani; ma anche così, esso rimase una presenza importante per quasi un anno di guerra: Nord Africa, Africa Orientale, Grecia, portaerei ecc. Di fatto, molti reparti passarono direttamente al P-40, come accadde al più famoso dei reparti RAF, il No.112, che ne approfitterà per inventarsi la sharkmouth, poi prontamente ripresa (avendola vista in una rivista) dall'AVG americano.


L'A5M: il 'papà' dello Zero

Frutto del lavoro di Jiro Horikoshi, che diverrà in seguito ben più noto per l'A6M Zero, questo caccia navale era il primo in assoluto che poteva confrontarsi in condizioni di superiorità rispetto agli equivalenti terrestri. Aereo con carrello fisso, ma estremamente 'pulito' in termini di aerodinamica, con una carenatura per la testa del pilota onde diminuire la sezione della lunga fusoliera posteriore, esso aveva struttura interamente metallica con rivettatura a filo e rivestimento a guscio, per ottenere un peso strutturale inferiore (se il rivestimento esterno era sufficientemente spesso, calava il peso della struttura di sostegno interna). Il prototipo dell'A6M volò già nel febbraio del 1935, e all'epoca non c'erano forse altri caccia altrettanto moderni già in aria, anche perché gli I-16 delle prime generazioni erano ancora ancorati ai motori M-22, dalla scarsa potenza. In tutto vennero prodotti 982 A5M in 4 versioni principali; solo una aveva il tettuccio scorrevole, che i piloti giapponesi -al pari di altri- odiavano, tanto da toglierlo ben presto dagli apparecchi in produzione. Per il resto era un caccia estremamente moderno: radio, luci per il volo notturno, ossigeno. L'elica di serie (tripala metallica) però, aveva un passo regolabile solo a terra. Ma nonostante questo (chissà cosa sarebbe stato in grado di fare con un sistema a giri costanti), il 'Claude' (come fu chiamato in seguito dagli americani) era un aereo sorprendentemente veloce sia in orizzontale che in salita, pur avendo solo 780 hp di potenza, per giunta assicurati da un robusto, ma largo, motore radiale Nakajima Kotobuki (ovvero un Bristol Jupiter su licenza) a 9 cilindri. Era lo stesso motore che poi motorizzerà il successivo (circa un anno) Ki-27, il quale era capace di prestazioni persino migliori: 470 kmh vs 434 (A5M4), salita a 3.000 m in 3 minuti anziché 3,6, tangenza 12.500 m anziché 9.800, nonché un'agilità persino superiore. Ma l'A5M, circa 100 kg più pesante a vuoto (a pieno carico erano grossomodo alla pari) era capace di una maggiore autonomia ed era eccezionalmente robusto, ben più di quello che sarebbe stato il suo più potente successore, l'A6M. Inoltre, sebbene un pò inferiore al Ki-27 dell'esercito, era eccezionalmente maneggevole, tanto da competere in condizioni di parità con i biplani pur conservando una superiore velocità, mentre al contempo era altrettanto veloce dei monoplani Polikarpov pur essendone più agile.

Anche se può stupire, l'esordio dell'asso Saburo Sakai non fu con lo Zero, ma con il 'Claude'

L'A5M entrò in azione sulla Cina dal '37, e tra l'autunno di quell'anno e il 1940 ebbe modo di farsi valere. Dal sito Hakas Aviation si nota che gli A5M hanno dichiarato non meno di 237 vittorie aeree durante la loro carriera sulla Cina. Anche se i riscontri incrociati riducono questi risultati -con tutte le prudenze del caso- a 83 successi reali, grossomodo tutti contro altri caccia (e quindi bersagli difficili), dall'altro lato solo 24 A5M vennero perduti per causa nemica: davvero ben pochi avversari, quindi, riuscirono a collimare le loro armi su di loro. E talvolta nemmeno questo bastò. Un A5M venne sorpreso da un caccia cinese che gli sparò a segno non meno di 22 colpi da 13 e 7,7 mm. Le pallottole rimbalzarono letteralmente sulla fusoliera posteriore dell'aereo, che appena resosi conto di quanto stava avvenendo, virò stretto e si pose in coda al suo aggressore, abbattendolo prontamente. Un altro A5M entrò in collisione con un I-15 o un I-16: l'aereo russo cadde, ma quello giapponese riuscì a rientrare alla base senza una semiala. Insomma, benché mancasse di corazzatura protettiva, l'A5M era davvero un nemico molto 'tosto', e certamente fuori dagli standard delle costruzioni giapponesi.

Ma al di là dei risultati in combattimento aereo, l'A5M fu fondamentale per ridurre la strage di bombardieri giapponesi che i caccia cinesi riuscivano, anche con velivoli piuttosto osboleti, a causare. I G3M erano efficaci e dalle capacità avanzate, ma non erano molto veloci e nemmeno il loro robusto armamento difensivo non riusciva a proteggerli, specie se volavano a bassa quota. Per l'A5M il peggior nemico era senz'altro il Rata (I-16), specie degli ultimi tipi con 4 armi, e pilotati da esperti aviatori sovietici (magari appena rientrati dalla Spagna). Non erano agili quanto l'A5M, ma potevano combattere apprendendo finalmente l'efficacia degli attacchi ad alta velocità, sfruttando appieno la loro potenza di fuoco, per poi disimpegnarsi. L'unico problema dell'A5M qui era proprio la carenza di armamento: le due 7,7 mm erano ancora armi classiche, con volume di fuoco limitato a circa 600 c/min. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, bastarono allo scopo, in genere abbinate al collimatore a cannocchiale Tipo 89-1. Per aumentare l'autonomia, affidata a 4 serbatoi alari per 346 litri (2x104 e 2x69 l esterni) ben presto comparvero serbatoi ventrali da 160 e poi da 210 litri, con i quali si potevano superare i 1.200 km di autonomia. Ma nemmeno questi erano sufficienti e così la soluzione 'finale', meglio armata, più veloce e con maggiore autonomia, fu l'A6M.

Già il 22 agosto 1937 il nuovo caccia entrò in azione sulla Cina; il 3 settembre ottenne un successo significativo con l'abbattimento di tre Curtiss Hawk. Questi primi aerei operavano dalla KAGA e da terra con il 13° Gruppo. Tra il 19 e il 25 settembre vennero dichiarati circa 20 aerei nemici e al cntempo, sopratutto, consentirono ai bombardieri di volare liberamente sui bersagli, devastando città e installazioni militari. Può sembrare paradossale, ma per varie ragioni, le operazioni nell'entroterra cinese furono inizialmente più un affare della Marina che dell'Esercito, ancora privo di aerei idonei (come i Ki-21 e 27). Dall'ottobre del '37 giunsero anche i Sovietici e così si accesero presto violente battaglie aeree. Il 18 febbraio 1938 vide 15 G3M e 11 A5M scontrarsi con circa 30 I-15 e 16, con la perdita -secondo una fonte, ma i risultati sono controversi- di 5 russi, 4 A5M e vari G3M; il 29 aprile ben 67 Polikarpov vennero mandati ad intercettare 18 G3M e 27 A5M di scorta. SI parla di 2 G3M e 2 A5M perduti, secondo le fonti giapponesi. I difensori sino-russi invece se ne accreditarono 21, 11 bombardieri e 10 caccia, con 50 aviatori uccisi e due prigionieri. A sua volta i giapponesi si accreditarono non meno di 40 caccia nemici, mentre pare che le perdite sino-russe furono di 11 in tutto. Gli A5M furono quindi protagonisti di una superiorità che-per quanto sofferta- divenne molto concreta e penalizzante per i Cinesi: entro il '38 la Marina giapponese ammetteva la perdita in azione di 111 aerei e 3.600 sortite di guerra con oltre 60 mila bombe lanciate; i 'Nordisti' con sovietici e cinesi uniti, eseguirono 3.200 missioni circa, sganciando 519 t di bombe e perdendo 202 aerei, in larga misura sotto i colpi dell'A5M. Solo quando iniziarono le missioni strategiche contro Chungking gli A5M apparvero inadeguati, ma pochi mesi dopo giungeranno gli Zero a dare la risposta adatta, spazzando via quello che restava dell'aviazione cinese[3].


Ki-27

Questo è un altro caccia fondamentale per il Giappone, nonché uno dei più prodotti. Condivideva con l'A5M, apparso un anno prima, alcuni limiti. Il motore Jupiter su licenza e le due mitragliatrici a basso rateo di fuoco (circa 600 c.min, il che significa che un I-16 poteva superarlo di almeno 4, forse 5 volte). La sua costruzione era estremamente leggera, e la sua capacità di salita, così come quella massima, era eccellente, nonostante l'esile carrello fisso. Quest'ultimo aveva forme sottili che lasciavano intuire la sua principale caratteristicha, la leggerezza estrema (1.110 kg a vuoto) che era necessaria per ricavare il meglio delle prestazioni da un aereo altrimenti sottopotenziato. Differentemente da quasi tutti i caccia dell'epoca, il Ki-27 aveva un abitacolo chiuso con un'eccellente visibilità tutt'attorno, e così (anche se spesso i piloti volavano con il tettuccio arretrato) fu una delle prime applicazioni pratiche di questo dispositivo (mentre nel caso degli A5M esso venne rimosso appena possibile). Del resto, il Ki-27, che aveva un carico alare eccezionalmente basso, era così leggero da superare i 12.000 metri di quota, così era assolutamente necessario fornire il pilota di una qualche forma di protezione dal contatto diretto con l'atmosfera. Sarebbe stato anche preferibile, per quelle quote, un abitacolo pressurizzato, ma ciò avrebbe comportato un aggravio di peso eccessivo, e poi il 'Nate' (nome in codice alleato) in genere volava e combatteva assai più in basso: l'esuberante portanza era così sfruttata più che altro per ridurre il raggio di virata, e in generale ad un comportamento in volo che risultava paragonabile a quello dei suoi avversari biplani pur conservando una maggiore velocità.

Essendo apparso nel '36, il Ki-27 era coevo del Bf-110 e dello Spitfire, e precedeva di un anno il G.50 e il C.200. Non si poteva dire che questi fosse una macchina destinata ad una lunga carriera operativa, vista la rapidità del progresso tecnico dell'epoca e la presenza di alcuni nuovi protagonisti (Bf.109 e Hurricane) già volanti da tempo. Eppure, come si dirà poi, avrà un notevole successo e longevità.

Dal '38 un gran numero di Ki-27 entrò in azione sulla Cina e fece piazza pulita degli avversari, trovando un ostacolo serio solo durante la guerra -non dichiarata- estiva con l'Unione Sovietica (Incidente del Nomohan). In quell'occasione, nella quale finalmente la V-VS scese ufficialmente in campo (prima ebbe una lunga tradizione di 'volontari' affiancati all'aviazione cinese), entrambe le parti si combatterono con perdite elevatissime. I Sovietici erano inizialmente meno esperti, ma sopravvivendo alle battaglie fecero valere la loro superiorità numerica, mentre i Giapponesi non avevano riserve sufficienti. Infine, la presenza degli ultimi tipi di I-16 si dimostrò una dura realtà per i giapponesi, così come l'esordio dell'I-153, biplano da caccia quasi veloce quanto i monoplani e ben armato. Ma forse, anche più pericolosa fu l'azione dell'SB-2 (aereo che poi ispirerà il Ki-48), un bombardiere tattico veloce e difficile da contrastare, che era capace di azioni anche solitarie (come gli interdittori moderni, quali il Tornado IDS) tanto era veloce ed elusivo. Alla fine i Giapponesi furono costretti a cedere, sopratutto dopo la disastrosa offensiva scatenata a terra da Georgy Zukhov, che con perdite accettabili (10.000) stritolò il meno equipaggiato esercito nipponico (50.000 perdite in pochi giorni di offensiva). Paradossalmente, questo fu il primo esempio di Blitzkrieg, ma passò totalmente inosservato in Occidente, dove invece tale forma moderna di combattimento verrà applicata con altrettanta efficacia dalla Germania appena pochi giorni dopo (contro la Polonia). In tutto, il sito Hakas biplane riporta battaglie nelle quali il Ki-27 ebbe solo quattro perdite in combattimento, dichiarando 50 vittorie, delle quali tuttavia solo 16 parrebbero confermate. Al solito, non è possibile scendere molto nel dettaglio e calcolare adeguatamente il rapporto 'abbattimenti-perdite', e certamente non tenendo in acconto delle rivendicazioni di entrambe le parti. Tutto questo però non comprende il cosidetto 'Incidente di Nomohan', una guerra non dichiarata nella quale si registrarono i maggiori scontri aerei mai combattuti fino allora.

I Gruppi da caccia N.1, 11, 24, 59 e 64°, impegnati negli scontri con i sovietici si diedero indubbiamente molto da fare, tanto che il 15 settembre, dopo diverse settimane di battaglia, pare [4] che i sovietici avessero perduto 202 aerei, mentre i giapponesi si limitarono a 'soli' 162. Una gran parte degli aerei russi caddero sicuramente per mano dei Ki-27, così questi risultati non vengono presi in considerazione dal sito Hakas, che è focalizzato piuttosto nello scontro tra Cina e Giappone, e poi nell'intervento americano; delle battaglie di Nomohan, invece, nessuna traccia.

Dopo di che, tra i due Stati vi sarà pace fino al '45 (URSS e Giappone infatti rimasero neutrali, nonostante le alleanze). Il Ki-27 fu protagonista di battaglie aeree ravvicinate con notevole successo. Mancava della robustezza e anche dell'autonomia dell'A5M, ma era anche più veloce e si batté molto bene, grazie anche ai piloti oramai esperti. Così, finalmente, venne posta fine all'epoca dei biplani da caccia con le F.A. giapponesi, l'ultimo dei quali fu l'ottimo Ki-10 (400 kmh, grossomodo equivalente al Gladiator). I Ki-27 ebbero un grande successo e l'ultimo di 3.396 esemplari venne prodotto nella primavera del '42. Dal successo del Ki-27, dovuto alla costruzione interamente in lega leggera, deriverà il suo successore, il Ki-43, con un motore più potente e il carrello retrattile. Nonostante la sua eccellente maneggevolezza, subì le critiche dei piloti che lo paragonavano sfavorevolmente al suo predecessore, tanto che dovette subire varie modifiche che ne ritardarono l'impiego. Entrambi si ritroveranno a combattere contro l'AVG e le forze aeree Alleate; anzi, inizialmente il Ki-43, pure inferiore nell'insieme allo Zero, sarà presente solo in una quarantina di esemplari (anziché oltre 300 come per l'equivalente della Marina). Così, mentre l'A5M venne usato sporadicamente e solo all'inizio della guerra, il Ki-27 era ancora il principale caccia dell'Esercito e dovette affrontare aerei ben più robusti come gli Hurricane, P-40 e Buffalo. Nonostante il suo ridotto armamento, inizialmente ebbe successo, ma ben presto, nonostante i suoi esperti piloti, risultò penalizzato in combattimento. La chiave del successo, al solito, fu quella di non combattere come l'avversario combatteva: ovvero evitare gli scontri ravvicinati e far valere appieno velocità e potenza di fuoco, cosicché i 'Nate' risultarono abbattuti in gran numero dai P-40 delle 'Tigri Volanti'(AVG).

Non che il Ki-43 fosse nettamente superiore: leggermente meno agile, altrettanto (poco) armato, appena più veloce (495 kmh), ma se non altro offriva un certo margine di sviluppo. L'evoluzione dei caccia Nakajima arriverà fino al Ki-84, ma nell'insieme, come anche altre 'dinastie' (per esempio, Seversky/Republic) restando abbastanza simili al piccolo e riuscito Ki-27: muso piuttosto grosso, fusoliera molto allungata e snella, abitacolo con montanti leggeri ed eccellente visibilità, ali di notevole superficie e piani di coda rimasti quasi identici nella forma e angolazione delle superfici.

Gli ultimi 'Nate', oramai relegati (dopo il '42) a compiti secondari e d'addestramento, erano ancora in servizio alla fine della guerra. Alcuni di essi -oltre a qualche raro A5M- verranno anche spesi in azioni kamikaze nel '45, accompagnando così l'Impero in tutta la sua parabola discendente: dal momento più alto, alla rovina finale.


Avia B.534

Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'é che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.

In effetti, già la fusoliera del B 534 sembrava fatta apposta per essere ulteriormente modificata e diventare a tutti gli effetti la base per un caccia che cambiasse tipo d'ala. Il suo potente motore, nel tipo B 534, era capace di 860 hp e permetteva 405 kmh. Sopratutto, era possibile salire a 5.000 m in meno di 4,5 minuti. Questo aereo, malgrado la penalizzazione del radiatore esterno, era quindi veloce almeno quanto i monoplani D.510 parimenti equipaggiati. Era molto agile, sopratutto ad alta velocità, e poteva superare in salita praticamente qualunque altro aereo. L'armamento era ben concentrato nel muso e nell'insieme si trattava di una macchina bella anche a vedersi, tanto che nell'insieme era considerata -ad un certo punto- come il miglior caccia europeo disponibile (presumibilmente attorno alla metà degli anni '30). Inoltre, da questo caccia si stava passando a nuovi progetti del tutto moderni, monoplani.

Probabilmente destò una certa sopresa, così, rilevare come invece il B 534 non riuscisse ad ottenere risultati contro i piccoli C.R.32 ungheresi nella primavera del '39, durante la cosidetta 'Piccola guerra'.


I C.R.32 erano arrivati a seguito dell'alleanza con l'Italia, con il Protocollo di Roma del '35. Ne vennero ordinati subito 26 e altrettanti nel '36, quando in effetti vennero consegnati tutti tra il 23 aprile e il 2 dicembre. Da notare che questi aerei non presentavano l'armamento standard di Breda da 12,7 mm, anche perché all'epoca forse queste non erano nemmeno disponibili, essendo appena entrate in produzione. Così ebbero due M. GKH da 7,92 mm, che se non altro erano assai più leggere. Vennero assegnati al I Gruppo da caccia con tre 'sotto-gruppi' (squadriglie). Nel '38 vennero anche ricevuti altri 36 aerei, stavolta si trattava di macchine austriache, che, dopo l'unificazione, erano diventate ridondanti. Anche l'Austria era stata cliente dell'Italia e il C.R.32 era forse l'unico prodotto che avesse incontrato il favore dei piloti. All'epoca l'Hungeria era ancora in una condizione di 'disarmo' e solo il 22 agosto venne firmato un accordo con il quale ebbe mano libera nel riarmarsi, purché non rivendicasse poi i territori perduti con il Trattato di Trianon del 1920. Così, finalmente, la MKHL (aviazione reale ungherese) divenne una forza armata 'ufficiale', e la sua prima crisi fu quella di Monaco, dell'ottobre seguente. La sua prima vittoria aerea fu l'abbattimento di un S-328 Ceco il 25 ottobre, ma il pilota abbattitore venne punito dato che tutto si voleva, fuorché un'eventuale escalation. Tra l'altro i Cecoslovacchi erano decisamente meglio armati: in teoria possedevano circa 10 volte i caccia degli Ungheresi. Presto gli Ungheresi, ora forti di un'aviazione, cominciarono a reclamare i territori a maggioranza etnica ungherese, a partire dal novembre del '38.

Nel frattempo la Germania si era annessa la Boemia e Moravia, e il 23 marzo l'Ungheria, di fronte ad un nemico ora molto meno forte, occupò la Ruthenia. L'aviazione Slovacca (ancora indipendente, ma per poco) attaccò le truppe ungheresi in avanzata, e presto si fece viva anche la caccia della MKHL per proteggerle. Il 24 marzo già vi furono due battaglie aeree. La prima, di mattina, perché degli Ju-86 ungheresi attaccarono l'aeroporto di Spisska Nova Ves. C'erano tre C.32 della squadriglia 1/2, e vennero attaccati da altrettanti B-534 del 49imo Letka. La battaglia fu breve, ma gli Avia ebbero la peggio. Tra i loro piloti c'era anche il comandante Jan Prhacek (49imo Letka), che rimase ucciso; un altro Avia venne abbattuto ma il pilota sopravvisse, e un terzo riuscì a scappare senza danni. Alle 15.00 la stessa squadriglia ungherese decollò su allarme, con 9 aerei, incontrando tra le nuvole, a circa 2.000 m, tre B-534 in scorta a tre S.328. Gli Avia ebbero, anche in questa situazione, l'iniziativa, ma aprirono il fuoco troppo presto e due di questi (45imo Letka) vennero abbattuti. Un'altra sezione di CR abbatté in fiamme un S.328, e un secondo costretto ad un atterraggio d'emergenza. Poi apparvero altri tre Avia che ingaggiarono alcuni dei CR. Uno degli Avia venne inseguito da uno dei piloti (Palko) che gli sparò tutti i mille proiettili delle sue armi, prima di abbatterlo (o meglio, di costringerlo ad un atterraggio d'emergenza). In tutto gli Ungheresi dichiararono 5 Avia e 2 Letov, in effetti ne vennero persi 3 e due rispettivamente; un paio dei Fiat vennero dichiarato dagli slovacchi, ma senza alcuna conferma di tali vittorie. Anche le perdite umane furono pesanti. Tra queste tale Ferdinand Švento, che saltò col paracadute da uno dei Letov colpiti, ma venne colpito da una pallottola allo stomaco mentre scendeva. Atterrato vicino a degli Ussari ungheresi, si sforzò di stare in piedi e lo si vide cercare dentro la sua tuta di volo, così che venne prontamente ucciso. Ma fu un errore, non stava mettendo mano alla pistola, ma ai documenti personali. Tre volte sventurato, dunque: abbattuto, ferito e poi ucciso per sbaglio. Venne sepolto con gli onori militari quale magra soddisfazione. Il 28 marzo la pace ritornò tra le due nazioni.

Gli Ungherersi in seguito appoggiarono l'invasione tedesca concedendo anche il proprio territorio, anzi, dopo una settimana da quell'infausto 6 aprile 1941, si mossero a loro volta verso la parte nord della Yugoslavia. I CR dell'1/1 e 1/2 vadászszázad (squadriglie) li appoggiarono, subendo la perdita di due di loro e il danneggiamento di un terzo entro il 13 aprile, quando la Yugoslavia si arrese.

Ma, a parte questa ingloriosa spedizione, i CR continueranno a combattere ancora per un pò, quando le squadriglie 1 e 2 combatterono ancora per la difesa di città e centri industriali vicini alle loro basi. Il 26 giugno tre bimotori attaccarono Kassa (l'attuale slovacca Kosice), ma i CR.32 non riuscirono ad intercettarli, decollando su allarme. Data l'identificazione degli aerei come 'sovietici', l'Ungheria non perse altro tempo prima di dichiarare guerra all'URSS.

Dopo appena pochi giorni il CR.32 venne tuttavia relegato a compiti addestrativi. In tutto questi caccia dichiararono nove vittorie e un aereo danneggiato, 8 delle vittorie effettivamente vennero ottenute (5 Avia e 3 Letov).

Per i B 534 non vi fu molta gloria: il 24 marzo dichiararono 2 CR, mentre il 6 settembre 1939 un R-XIII, il 26 un RWD-8; il 7 settembre 1941 tre I-16, il 10 altri due aerei non ben definiti, e infine il 2 settembre 1944 uno Ju-52.

I biplani Avia, sebbene molto agili ad alta velocità, vennero probabilmente sconfitti perché accettarono il combattimento con i CR a velocità per loro svantaggiose. L'aviazione slovacca o SVZ ebbe almeno 79 B-354 e 11 Bk-534 in carico, il che significava che solo una piccola parte degli aerei era ancora disponibile, rispetto all'armata prima esistente. Erano tutti aerei dell'ex 3° Reggimento dell'Aviazione Cecoslovacca e vennero suddivisi in reparti di scuola e almeno 3 squadroni. Ancora il 1 agosto 1943 c'erano 43 Avia disponibili, di cui 34 efficienti.

Gli aerei Slovacchi erano gli unici alleati ufficiali della LOfwaffe nell'invasione della Polonia, in effetti ricordata per l'attacco tedesco, ma colpita anche dall'armata Slovacca e poi dai sovietici. Gli Slovacchi si limitarono ad occupare le parti settentrionali slovacche, che nel 1918 vennero conquistate dai Polacchi. L'aviazione scortò gli Ju-87 tedeschi in otto missioni di guerra ed eseguì poche altre missioni di pattugliamento, con la perdita di un caccia abbattuto in azione e uno per incidenti. Un ricognitore RWD-8 venne costretto ad un atterraggio d'emergenza.

L'aviazione slovacca intervenne anche nell'attacco tedesco nel giugno 1941 con tre squadriglie del II. Stihacia perut’, ma l'11° Letka non riuscì a partecipare. Il 7 luglio partirono per l'Ucraina il 12° e il 13° Letka, con 11 aerei l'uno. Il compito di questi anziani aerei era la scorta degli Ju-87 e Hs-126 tedeschi, azioni di pattugliamento e mitragliamento, perdendo un aereo in azione per la contraerea il 16 luglio e uno il 21 (ma quest'ultimo aereo venne riparato sul posto, visto che era stato solo costretto ad un atterraggio d'emergenza dietro le linee amiche). Un altro aereo venne perso il 25 luglio. Il pilota venne tuttavia recuperato da un suo compagno, tale Martiš. Nonostante il fuoco di terra sovietico, che lo ferì più volte, riuscì a decollare e con il compare attaccato alle strutture alari (senz'altro una delle migliori caratteristiche dei biplani, se c'era da recuperare qualcuno..) riuscì a tornare alla base. In seguito Martiš diverrà un asso con cinque vittorie, mentre il passeggero Bresina uno con 14 successi accreditati.

Il confronto con la caccia sovietica era dietro l'angolo, e il 28 luglio un I-153 venne danneggiato da una formazione di tre aerei del 12° Letka, scambiati dai sovietici per apparecchi rumeni. Il biplano sovietico, che pure era tecnicamente più che adatto a combattere gli Avia, fu costretto ad un atterraggio d'emergenza nella zona di Yuzefpol. Si trattava di una macchina del 168 IAP, non è noto se venne rottamata o recuperata in seguito. Il 29 luglio altri tre Avia, nella solita formazione tipo 'roj' avvistarono I-153, I-16 e 'I-17' (forse MiG-3) il ce li convinse a scappare a volo radente verso la base. Il 30 vi fu un mitragliamento e spezzonamento su ordine della 17a Armata tedesca, ma ancora una volta gli Avia dimostrarono di soffrire il fuoco della contraerea sovietica e uno di essi venne costretto ad un atterraggio d'emergenza. Ancora una volta il pilota venne recuperato da un compagno atterrato vicino e che lo portò via aggrappato alle strutture dell'ala biplana: un numero da 'circo volante', ma nonostante tutto, efficace.

Il 7 settembre, passate le sei del pomeriggio, il 12° Letka dichiarò due vittorie contro gli I-16 su Gornostaypol (70 km a Sud di Kiev).

Per l'ottobre, i due Letka avevano volato 1.119 missioni e sostenuto 58 combattimenti aerei, 14 mitragliamenti e 14 missioni di bombardamento, 383 di pattuglia, circa 180 di scorta. Tutto sommato se la cavarono abbastanza bene, ma il loro tempo era scaduto quali aerei di prima linea. Il 1 giugno 1942 tornarono in URSS: si trattava del solo 11° Letka, con compiti anti-partigiani, durando il suo impiego per 14 mesi nei quali si ebbe la perdita di due aerei per fuoco nemico (probabilmente anche altri per incidenti). Gli Avia ebbero tuttavia problemi di rifornimento, sopratutto il carburante speciale che usavano, il BiBoLi (alcol-benzolo-benzina tipico dell'aviazione cecoslovacca), per non parlare dell'obsolescenza dei mezzi; già dal febbraio 1942 i primi piloti Slovacchi vennero mandati in Danimarca per addestrarsi al Bf-109. Degli Avia 534, quattro scapparono in territorio sovietico il 31 agosto 1944 (assieme ad altri 23 apparecchi di vario tipo), quando finì la storia dell'aviazione Slovacca.

CR.32

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Una celebre foto dei tempi della Spagna: i C.R.32 ondeggiavano per coprirsi l'un l'altro, volando alla stessa quota degli S.81 da bomardamento. Una tattica osboleta anche se appariscente

I CR.32 in servizio con la Regia Aeronautica, ai tempi della II Guerra mondiale, erano ancora molti. Del resto solo l'anno prima combattevano con successo in Spagna e circa 1.200 vennero costruiti in varie serie, la maggior parte per la R.A. Anche se circa 380-400+ vennero mandati a combattere in Spagna e lì rimasero per l'aviazione franchista, ancora il 10 giugno 1940 si stima che ve ne fossero ben 294 nel solo teatro del Mediterraneo; di questi 177 erano in carico ai reparti operativi e costituivano un quarto della caccia di pronto impiego. In A.O.I. c'erano altri 34 aerei di cui 23 efficienti. In tutto fanno 328 apparecchi, più o meno quanti erano i CR.42. Sebbene i Gladiator non fossero così superiori, dalla velocità quasi intermedia (ma come salita, accelerazione, tangenza, erano almeno pari ai CR.42, probabilmente l'inferiorità in velocità era data sopratutto dal grosso abitacolo chiuso), il CR.32 venne spesso usato come aereo da scuola caccia, sostituendo i CR.20 e 30 e integrando i piccoli e agili Ro.41. Ma ben presto, dato l'insufficiente gettito produttivo, venne anche usato come caccia di prima linea ad esaurimento, operando in tutti i fronti mediterranei. Venne anche impiegato come caccia notturno, ma con risultati non proprio eccelsi. In una missione svolta di notte, nei giorni della guerra con la Francia, tre CR.32 decollarono per un allarme, ma solo uno riuscì ad atterrare normalmente (era l'aereo di Carlo Cugnasca); gli altri due si fracassarono al suolo.

Nonostante il maggior numero di caccia CR.42 (specie considerando i successivi rinforzi), i CR.32 si fecero valere sopratutto in A.O.I. con le squadriglie 410a (Giggiga) e 411a (Dire Daua), per un totale di 18 velivoli efficienti, 5 in riserva e 11 in revisione. Non esattamente un'armata aerea, ma gli apparecchi alleati presenti in quella zona erano quanto di più raccogliticcio immaginabile, e l'occupazione del Somaliland britannico ebbe successo. Fu l'unica sconfitta di grandi dimensioni subita dai britannici dai soli italiani, i CR.32 appoggiarono l'azione perdendo un aereo, mentre in aria e a terra vennero distrutti 9 apparecchi nemici. In qualche occasione i CR.32 se la dovettero vedere anche con una forza da caccia degna di questo nome. In almeno un caso un CR abbatté un Hurricane, sorpreso a mitragliare un aeroporto, anche se poi venne subito dopo abbattuto da un secondo aereo. Vi fu qualche vittoria con i Blenheim da bombardamento e da caccia, ma in generale, se contro i Gladiator c'era ancora da giocarsela, i biplani CR incontrarono nell'Hurricane un nemico inesorabilmente superiore. Magari non era facile abbatterli data la loro agilità, ma prima o poi accadeva.

Fu sopratutto in Africa che il CR.32 venne impiegato ad esaurimento. La 5a Squadra aerea era in Libia e tra i suoi reparti c'era l'8° Gruppo CT del 2° Stormo di Tobruk, tutto con i CR.32; mentre altri erano nel 13° Gruppo di Castelbienito e il 10° di Benina. Il primo giorno di attacchi britannici formazioni di Blenheim bombardarono gli aeroporti, incontrando tuttavia le pattuglie di CR.32 in aria ad aspettarli, tanto che ben tre bombardieri Bristol vennero abbattuti. I britannici si accreditarono 18 aerei italiani distrutti al suolo, per gli italiani -curiosamente- vi furono sì 18 aerei colpiti, ma la gran parte sopravvisse alle bombe.

Ma fu sopratutto l'impiego con il 50° Stormo che diede i suoi frutti, come spesso accade un buon caccia quando invecchia può fare bene l'assaltatore. Con due Breda da 12,7 mm (i CR.32 usati erano i Quater, privi delle armi da 7,7) e con vari tipi di bombe, come due da 15 kg, il Freccia aveva ancora un senso. Lo stormo avrebbe dovuto avere i Caproni Ca.310 Libeccio; ma all'esordio già diede modo di dimostrare la sua inadeguatezza come macchina bellica.

Così vennero salvati (giusto in tempo) dalla rottamazione i vecchi ma ben più rispettabili Ba.65, mentre vennero presto distolti dalla missione di caccia i superati CR.32. Questi due veterani della guerra in Spagna ebbero così un ultimo importante impiego insieme, e dall'estate del '40 cominciarono ad inseguire i veloci reparti mobili inglesi, che scorrazzavano nel deserto e che di fatto erano inarrestabili da parte del Regio Esercito. La distruzione della 'Colonna D'Avanzo' (circa 200 soldati, vari camion, 4 cannoni e 12-17 carri L3) fu una dimostrazione di come non vi fosse partita a quel tempo in una battaglia mobile. Così i caccia CR.32 ebbero l'impiego migliore nel dare a loro la caccia. Spesso venivano usati in azioni miste, e con molta rapidità si riequipaggiarono le unità d'assalto sia con i Ba.65 che con i CR.32. Questi ultimi facevano la scorta, e picchiavano sul bersaglio dopo che i Ba.65 lo avevano colpito. Il 4 agosto parteciparono ad una violenta e famosa battaglia, nel corso della quale vennero abbattuti almeno 3 Gladiator, tra cui quello del futuro asso Pattle. In realtà non è facile capire come le cose andarono in quel giorno e la ricostruzione inglese e quella italiana sono decisamente discordanti, ma in ogni caso pare che dei sei CR.32 e altrettanti Ba.65, solo quattro di questi ultimi vennero danneggiati e nessuno perduto. In quella battaglia, anche da parte italiana, parteciparono molti piloti destinati ad essere famosi: Fanali, Lucchini (forse l'abbattitore di Pattle) e Visconti, all'epoca pilota di Ba.65.

Data la mancanza di filtri d'aria, in 20 giorni (entro la fine di giugno 1940) il 20% almeno degli aerei della R.A. era inefficiente. I CR.32, pur non subendo perdite traumatiche (come curiosamente invece accadde ai CR.42 in diverse occasioni), subendo circa 20 perdite in combattimento e incidenti, finirono presto inefficienti. Alla fine di febbraio, dei 180 aerei impiegati in Nord Africa la gran parte era già andata perduta, per lo più al suolo. I risultati furono, complessivamente, di circa 10 aerei abbattuti, alcuni probabili, più i danni inflitti a terra, dove vennero rivendicati oltre 100 blindati e numerosi automezzi.

I CR.32 in servizio con la R.A. nella II GM, spariti dai reparti di prima linea grossomodo entro metà del '41, ebbero il seguente impiego:

  • 2° Gruppo (6° Stormo), squadriglie 150-152, autonomo dal 20 settembre 1940, basato a Grottaglie. Pattugliò il Mar Ionio tra giugno e novembre, poi passò totalmente ai G.50 e con questi venne mandato in Africa a dicembre. Probabilmente i suoi caccia v'erano già stati spediti per rinforzare i reparti d'assalto.
  • 3o Gruppo (153, 154, 155a), 6° Stormo, basato in Sardegna. Il CR.32 venne sostituito gradualmente dal CR.42 dal gennaio del '41, completando entro aprile tale rinnovo.
  • 8° Gr (92-94a), 2° Stormo, inizialmente a Tobruk T2 con un misto di CR.32 e 42, i primi dei quali radiati il 2 luglio, sostituiti da altri Falco.
  • 12° Gr (159 e 160a), 50° Stormo, inizialmente basato a Soman (Tripolitania), poi in un'altra mezza dozzina di basi, l'ultima delle quali (con i CR.32) a Zuara, sempre in Tripolitania, ma solo per via dell'avanzata britannica, poiché già il 30 giugno era stato madnato ad El Adem (Cirenaica). Il 28 gennaio venne volata l'ultima missione di guerra con i CR.32, poi arrivarono i G.50. Nel gruppo la 159a Sq aveva i Ba.65, la 160a i CR.32.
  • 13o Gruppo (77, 78, 82a sq), 2° Stormo; inizialmente a C.Benito (Tripolitania), con un mix di CR.32 e 42, ma ben presto i primi vennero passati al 50° Stormo (già antro la fine di giugno).
  • 16o Gruppo (167-69 sq), del 50° Stormo. Inizialmente a Soman, poi spostato in Cirenaica, dove rimase (Bengasi, dal gennaio dell'anno successivo), aveva la sola 167a Sq con i CR.32 in versione cacciabombardiere, e dal gennaio del '41 cominciò ad avere i C.200 come caccia intercettori.
  • 17° Gruppo: 71, 72, 80a sq, 1° Stormo. Era a Boccadifalco (Sicilia) all'inizio della guerra; inizialmente ebbe il privilegio di immettere in servizio i C.200, ma nel maggio del '40 li cedette al 6° Gruppo e tornò ai CR.32, giusto come il 4° Stormo 'ripassò' ai CR.42 prima di andare in Africa a combattere. Tuttavia, già a settembre il gruppo tornò sui suoi passi, data l'evidente scorrettezza della scelta fatta.
  • 20o Gruppo (351-53 sq), del 51° Stormo, Ciampino. Ebbe solo 4 CR.32 -come caccia notturni di un'unità provvisoria per la difesa della capitale-, abbandonati quando nel settembre il gruppo andò con i suoi G.50 in Belgio.
  • 21° Gruppo, sq 354-56, parte del 51° Stormo ma poi del 52° Stormo e infine autonomo successivamente (ottobre) quando si trattò di muovere da Capodichino al teatro albanese. Esso ebbe vari caccia CR.32 usati come aerei intercettori notturni. Il 7 novembre, tuttavia, tre CR.32quater vennero assegnati come caccia notturni alla 356a Sq, che per il resto usava ancora i G.50 come macchina principale, poi sostituiti in aprile dal Macchi 200.
  • 24° Gruppo (361 e 362a Sq), 51° Stormo, basato a Sarzana. Divenne autonomo nell'ottobre del '40 e con i G.50 venne spedito in quello stesso mese sul teatro albanese.
  • 160° Gruppo (393 e 394a): basato fin dall'inizio della guerra in Albania, aveva solo 8 CR.32 e 8 CR.42, poi esclusivamente questi ultimi dal febbraio successivo.
  • 163a Squadriglia autonoma (Gadurra, M.Egeo), ebbe i CR.32 e 42 fino al '41 inoltrato, tanto che persino dopo la conquista di Creta i Freccia rimasero in servizio, ma solo come addestratori. Questa squadriglia divenne parte del 161° Gruppo l'11 giugno 1941.
  • 410a Sq, iniziamente a Dire Daua (Etiopia), poi via via spostata ad Addis Abeba e a Gondar (giugno 1941); ancora il 9 aprile possedeva 2 CR.32, ma per quando andò a resistere a Gondar, ultimo baluardo dell'Impero, presumibilmente era interamente appiedata.
  • 411a Sq: come l'altra sostenne numerosi combattimenti, iniziando da Addis Abeba. Assieme alle altre squadriglie (almeno due con CR.42) essa era quanto gli italiani potevano mettere in campo come reparti da caccia, in un territorio semplicemente immenso e dalle difficoltà ambientali inimmaginabili, specie d'estate. Alla fine fu sopraffatta come tutte le altre forze italiane presenti in zona, entro il '41. Anch'essa confluì a Gondar il giugno di quell'anno.




Caccia a confronto[5]

Le parentesi indicano le prestazioni o i valori minori, il rosso quelli maggiori.

Caccia anni '30:

Lunghezza, m Apertura alare, m Altezza, m Superficie alare, m2 Pesi, kg Potenza, hp Armamento Velocità max, kmh Tangenza, m Autonomia, km
He 51 (1933) 8,4 11 3,2 27,2 1.473-1.900 750L 2x 7,92 [330/0 m], salita 2.000/3,087 min [7.700] 700 max
CR.32bis(1935) 7,45 9,5 2,72 22,1 1.380-1.905 600L 2x 12,7 +2x 7,7 + 100 kg (12 x2 o 2 x50) 356/3.000 m, salita 3000/5,17 min, 7.780 m 7.850 780
CR.42(1938) 8,26 9,7 3,05 22,4 1.784-2.295 840R 2x12,7 +2x100 kg 435-441/6.000 m, 6.000/9' 10.100 780
Gauntlet Mk II 8,05 9,99 3,12 29,26 1.259-1.801 645R 2 x7,7 370/4.815, 6.095/9' 10.210 740
Gladiator 8,36 9,83 3,22 30 1.562-2.206 830R 4 x7,7 414/4.415, 3.050/4,5' 10.210 714
F3F 7,01 9,75 2,84 24,21 1.490-2.175 950R 1 x12,7 + 1 x 7,7 +2 x 52,6 kg 425/4.625, 3.048/4' 10.120 1.850
I-15 6,1 9,75 2,93 21,9 1.272-1.681 710R 2 x 7,62 + 40 kg 369/4.265, 1 km/1,1' 9.800 550
I-153 6,17 10 2,8 22,14 1.452-1.960 1.000R 4 x 7,62 444/4.600, a 7 km/8,3' 10.700 [470]-880
I-16 Tip 17 [5,98] [9] [2,56] [14,54] 1.495-1.810 750R 2 x20 +2 x7,62 + 200 kg 440/5.000, 5 km/7' 8.400 800
B.534IV (1935) 8,2 9,4 3,1 23,56 1.460-2.120 850L 4 x7,92, 6x20 kg 405/4.400, 5 km/4,46' 10.600 580
SPAD-510 (1933) 7,1 8,84 3,02 22 1.255-1.680 690L 4 x 7,5 380/5.000, 4 km/4,75' 10.500 800
D.501 (1933?) 7,56 12,09 2,7 16,5 1.287-1.787 690L 1 x 20 + 2 x 7,5 367/5.000, 5 km/6,08' 10.790 870
P-26A (1932) 7,19 8,52 3,06 13,89 [1.030]-[1.524] [600R] 1 x12,7 + 1 x7,62 + 2 x 45 kg 364/4.570, a 4.570/8' 8.350 917
A5M4 (1935+) 7,56 11 3,27 17,8 1.216-1.707 785R 2 x7,7 +2 x30 kg 434/3.000, 3 km/3,58' 9.800 1.200 max
Ki-27b (1936) 7,53 11,31 3,28 18,56 1.110-1.790 780R 2 x7,7 + 4x25 kg 470/3.500, 3 km/2,98' 12.250 1.100
P.24f (?) 7,51 10,72 2,7 17,9 1.326-1.920 970R 2 x20 + 2 x 7,7 + 2x50 kg 430/4.250, 5 km/5,66' 10.500 800

Bibliografia e fonti

  1. Magnani, Alberto, I-16 sulla Spagna, Aerei nella Storia N.43
  2. http://surfcity.kund.dalnet.se/gauntlet.htm
  3. P.F. Vaccari, Guerra aerea sulla Cina, Rivista Storica Maggio 1996
  4. P.F. Vaccari, RiD 5/2002
  5. dati da Armi da guerra 42

Pagine del P-26 dal sito di Joe Baugher

Enciclopedia Armi da guerra fascicolo 42

Aerei nella Storia 12/2006

Pagina del sito Hakas biplanes: operazioni di CR.42 e Gladiator su Malta