Caccia tattici in azione/Anni '30: differenze tra le versioni

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Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'é certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.
Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'è certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.
[[File:Gladiator operators.png|350px|left|thumb|La diffusione del Gladiator fu piuttosto ampia]]
[[File:Gladiator operators.png|350px|left|thumb|La diffusione del Gladiator fu piuttosto ampia]]
Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.
Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.
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===La 'bella vita' nella RAF<ref>Take Off, 1709-15</ref>===
===La 'bella vita' nella RAF<ref>Take Off, 1709-15</ref>===
[[File:HawkerFury43sqn.jpg|350px|left|thumb|Un Fury del No.43 Sqn]]
[[File:HawkerFury43sqn.jpg|350px|left|thumb|Un Fury del No.43 Sqn]]
Il Fury, quando apparve, era realmente il più ambito dei caccia, quanto meno nella RAF. Il No.43 Sqn ebbe i Fury per primo, e presto i suoi piloti si trovarono con i primi caccia RAF capaci di superare le 200 miglia orarie (322 kmh). Era il 1931 e queste prestazioni, per quanto destinate rapidamente ad essere superate dal progresso aeronautico, erano eccellenti, se non proprio eccezionali. Di sicuro non c'era nulla di meglio nella RAF; all'epoca non c'erano nemmeno i CR.30 e 32, i Polikarpov I-15 e gli Hawk, così si trattava davvero di una macchina rivoluzionaria. Eppure, la sua concezione era del tutto tradizionale. I piloti dei Fury erano altamente invidiati nelle altre F.A., un po' come gli F-14 o gli F-15 attuali. All'epoca regnava l'idea che la pace fosse un valore duraturo, e del resto con la crisi economica, anche i fondi per riarmarsi scarseggiavano. Anche se in Italia c'era già Mussolini, e in Germania si stava facendo largo Hitler, per non dire dell'URSS di Stalin e dell'aggressivo impero del Sol Levante. All'epoca la RAF era impegnata sopratutto all'estero, per mantenere l'ordine nel suo sterminato Impero. In patria aveva forze ridotte, dopo secoli di inimiciazia con la vicina Francia. Era una sorta di 'Aeroclub' e i suoi uomini dei reparti della Difesa Aerea (ADGB) erano uomini scelti e con i migliori aerei. Questi, per l'appunto, erano i Fury. La ragion d'essere di questo bellissimo (per ammissione unanime) caccia biplano era il R.R. Kestrel, che gli donava un muso aguzzo e snello, anziché la solita forma tozza e piuttosto brutta dei vari Gamecock e Bulldog appena precedenti. Il Kestrel, antenato del Merlin e discendente da un tipo americano, era il primo affidabile motore a cilindri in linea raffreddato a liquido per un caccia. Con l'Hawker Hart, molto simile ad un Fury biposto un po' ingrandito, era stato sufficiente per portare la velocità a valori tali da non essere intercettabile, rinnovando la tradizione dei vari DH.4 e 9 della I GM (o anche di altri bombardieri veloci, come gli SVA). Il Bristol Bulldog, agile e scorbutico, era già in servizio con la RAF, quando andò in volo il Fury, ma quest'ultimmo ebbe comunque un ordine per 66 Mk I. I fortunati squadron che lo ebbero furono i No.1 e 43 di Tangmere e il 25 di Hawkinge. Passarono alcuni anni e venne realizzato l'Mk II con motore più potente che aumentava la velocità da 354 a 360 kmh, con altri 98 aerei consegnati a 4 squadroni, tra cui i già visti 25 e 41. All'epoca i piloti RAF passavano per scuole di pilotaggio come la 5a di Sealand con apparecchi come l'Avro 504 e il Siskin. I Gruppi da caccia erano comandati da un maggiore e ripartiti su tre squadroni comandati da capitani, con 16 piloti complessivamente per ciascun gruppo (probabilmente c'é un errore di traduzione, e Gruppo=Squadron, squadrone=flight). Passare dai Siskin, capaci di appena 240 kmh e inutili contro gli Hart, ai Fury, era una cosa emozionante. Per quanto il Siskin fosse un eccellente acrobata, era anche difettoso in certi aspetti del volo, e anche all'atterraggio capottava facilmente. Già dal primo volo i piloti cominciavano a fare acrobazia con il Fury e scoprivano che potevano dare confidenza piena a quel nuovo arrivato. I Fury sembravano anche più belli perché avevano una linea interamente argentea, da caccia da superiorità aerea. Vi furono numoerose manifestazioni aeree, come quella per il Giubileo e vi fecero sempre bella figura, anche sotto una pioggia battente che impediva alla maggior parte delle altre formazioni persino di levarsi in volo. Erano aerei privi di vizi di volo, ma non tutti. Uno, per esempio, quasi ammazzò il pilota durante la prova della vite (da farsi una volta al mese), quando non ne volle sapere di rimettersi. Solo quando il pilota sganciò l'ossigeno e si preparò al lancio, l'aereo riprese l'assetto, e in seguito si scoprì che per qualche ragione solo questo Fury necessitava di 16 avvitamenti prma di riprendersi da una vite regolare.
Il Fury, quando apparve, era realmente il più ambito dei caccia, quanto meno nella RAF. Il No.43 Sqn ebbe i Fury per primo, e presto i suoi piloti si trovarono con i primi caccia RAF capaci di superare le 200 miglia orarie (322 kmh). Era il 1931 e queste prestazioni, per quanto destinate rapidamente ad essere superate dal progresso aeronautico, erano eccellenti, se non proprio eccezionali. Di sicuro non c'era nulla di meglio nella RAF; all'epoca non c'erano nemmeno i CR.30 e 32, i Polikarpov I-15 e gli Hawk, così si trattava davvero di una macchina rivoluzionaria. Eppure, la sua concezione era del tutto tradizionale. I piloti dei Fury erano altamente invidiati nelle altre F.A., un po' come gli F-14 o gli F-15 attuali. All'epoca regnava l'idea che la pace fosse un valore duraturo, e del resto con la crisi economica, anche i fondi per riarmarsi scarseggiavano. Anche se in Italia c'era già Mussolini, e in Germania si stava facendo largo Hitler, per non dire dell'URSS di Stalin e dell'aggressivo impero del Sol Levante. All'epoca la RAF era impegnata sopratutto all'estero, per mantenere l'ordine nel suo sterminato Impero. In patria aveva forze ridotte, dopo secoli di inimiciazia con la vicina Francia. Era una sorta di 'Aeroclub' e i suoi uomini dei reparti della Difesa Aerea (ADGB) erano uomini scelti e con i migliori aerei. Questi, per l'appunto, erano i Fury. La ragion d'essere di questo bellissimo (per ammissione unanime) caccia biplano era il R.R. Kestrel, che gli donava un muso aguzzo e snello, anziché la solita forma tozza e piuttosto brutta dei vari Gamecock e Bulldog appena precedenti. Il Kestrel, antenato del Merlin e discendente da un tipo americano, era il primo affidabile motore a cilindri in linea raffreddato a liquido per un caccia. Con l'Hawker Hart, molto simile ad un Fury biposto un po' ingrandito, era stato sufficiente per portare la velocità a valori tali da non essere intercettabile, rinnovando la tradizione dei vari DH.4 e 9 della I GM (o anche di altri bombardieri veloci, come gli SVA). Il Bristol Bulldog, agile e scorbutico, era già in servizio con la RAF, quando andò in volo il Fury, ma quest'ultimmo ebbe comunque un ordine per 66 Mk I. I fortunati squadron che lo ebbero furono i No.1 e 43 di Tangmere e il 25 di Hawkinge. Passarono alcuni anni e venne realizzato l'Mk II con motore più potente che aumentava la velocità da 354 a 360 kmh, con altri 98 aerei consegnati a 4 squadroni, tra cui i già visti 25 e 41. All'epoca i piloti RAF passavano per scuole di pilotaggio come la 5a di Sealand con apparecchi come l'Avro 504 e il Siskin. I Gruppi da caccia erano comandati da un maggiore e ripartiti su tre squadroni comandati da capitani, con 16 piloti complessivamente per ciascun gruppo (probabilmente c'è un errore di traduzione, e Gruppo=Squadron, squadrone=flight). Passare dai Siskin, capaci di appena 240 kmh e inutili contro gli Hart, ai Fury, era una cosa emozionante. Per quanto il Siskin fosse un eccellente acrobata, era anche difettoso in certi aspetti del volo, e anche all'atterraggio capottava facilmente. Già dal primo volo i piloti cominciavano a fare acrobazia con il Fury e scoprivano che potevano dare confidenza piena a quel nuovo arrivato. I Fury sembravano anche più belli perché avevano una linea interamente argentea, da caccia da superiorità aerea. Vi furono numoerose manifestazioni aeree, come quella per il Giubileo e vi fecero sempre bella figura, anche sotto una pioggia battente che impediva alla maggior parte delle altre formazioni persino di levarsi in volo. Erano aerei privi di vizi di volo, ma non tutti. Uno, per esempio, quasi ammazzò il pilota durante la prova della vite (da farsi una volta al mese), quando non ne volle sapere di rimettersi. Solo quando il pilota sganciò l'ossigeno e si preparò al lancio, l'aereo riprese l'assetto, e in seguito si scoprì che per qualche ragione solo questo Fury necessitava di 16 avvitamenti prma di riprendersi da una vite regolare.


La rivalità tra i gruppi della RAF era fortissima, specie quelli della base di Tangmere. Non solo contro i Bulldog (che erano considerati aerei di cittadini di 'seconda classe', e a bordo dei quali volava all'epoca un certo Douglas Bader, destinato a diventare famoso), ma in generale contro tutti gli altri. Tangmere in particolare era 'contro il resto della RAF', incluso l'altro gruppo storico dei Fury, il No.25. C'erano acrobazie nuove e competizioni goliardiche, nell'insieme il clima era rilassato. Su allarme, quando necessario, il Fury poteva salire a 5.000 m in un tempo medio di 7 minuti e 20 secondi, un tempo di tutto rispetto per l'epoca e anche per qualche caccia della II GM; sopra quella quota bisognava usare maschere ad ossigeno decisamente scomode, mentre il volto dei piloti, per evitare screpolature, era spesso spalmato di lanolina. Il freddo, comunque, non mancava mai ad alta quota, in quegli abitacoli aperti e non riscaldati in alcun modo se non la presenza del motore in avanti. Presto vennero fuori i nuovi 'attacchi di squadriglia' che già allora suscitavano molte perplessità ai piloti, dato che erano un modo troppo rigido di combattere e che presupponeva l'assenza di caccia di scorta ai bombardieri nemici. L'addestramento al tiro era fatto ogni tre settimane sul poligono di Lydd, ma l'aereo non era ideale come piattaforma di tiro, tendendo a scarrocciare. C'era già la possibilità di addestrarsi a sparare contro bersagli trainati da Fairey III. La vita dei piloti, dei privilegiati per l'epoca, era meravigliosa. C'erano 60 giorni di licenza all'anno, ma non erano mai usati totalmente. La vita del reparto era già così interessante, si faceva molto sport e sopratutto, si viveva per volare. Ogni sabato mattina i piloti lavavano i loro aerei con acqua e sapone delicato.
La rivalità tra i gruppi della RAF era fortissima, specie quelli della base di Tangmere. Non solo contro i Bulldog (che erano considerati aerei di cittadini di 'seconda classe', e a bordo dei quali volava all'epoca un certo Douglas Bader, destinato a diventare famoso), ma in generale contro tutti gli altri. Tangmere in particolare era 'contro il resto della RAF', incluso l'altro gruppo storico dei Fury, il No.25. C'erano acrobazie nuove e competizioni goliardiche, nell'insieme il clima era rilassato. Su allarme, quando necessario, il Fury poteva salire a 5.000 m in un tempo medio di 7 minuti e 20 secondi, un tempo di tutto rispetto per l'epoca e anche per qualche caccia della II GM; sopra quella quota bisognava usare maschere ad ossigeno decisamente scomode, mentre il volto dei piloti, per evitare screpolature, era spesso spalmato di lanolina. Il freddo, comunque, non mancava mai ad alta quota, in quegli abitacoli aperti e non riscaldati in alcun modo se non la presenza del motore in avanti. Presto vennero fuori i nuovi 'attacchi di squadriglia' che già allora suscitavano molte perplessità ai piloti, dato che erano un modo troppo rigido di combattere e che presupponeva l'assenza di caccia di scorta ai bombardieri nemici. L'addestramento al tiro era fatto ogni tre settimane sul poligono di Lydd, ma l'aereo non era ideale come piattaforma di tiro, tendendo a scarrocciare. C'era già la possibilità di addestrarsi a sparare contro bersagli trainati da Fairey III. La vita dei piloti, dei privilegiati per l'epoca, era meravigliosa. C'erano 60 giorni di licenza all'anno, ma non erano mai usati totalmente. La vita del reparto era già così interessante, si faceva molto sport e sopratutto, si viveva per volare. Ogni sabato mattina i piloti lavavano i loro aerei con acqua e sapone delicato.
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==Avia B.534==
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[[File:Avia B534.jpg|350px|left|]]
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Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'é che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.
Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'è che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.


In effetti, già la fusoliera del B 534 sembrava fatta apposta per essere ulteriormente modificata e diventare a tutti gli effetti la base per un caccia che cambiasse tipo d'ala. Il suo potente motore, nel tipo B 534, era capace di 860 hp e permetteva 405 kmh. Sopratutto, era possibile salire a 5.000 m in meno di 4,5 minuti. Questo aereo, malgrado la penalizzazione del radiatore esterno, era quindi veloce almeno quanto i monoplani D.510 parimenti equipaggiati. Era molto agile, sopratutto ad alta velocità, e poteva superare in salita praticamente qualunque altro aereo. L'armamento era ben concentrato nel muso e nell'insieme si trattava di una macchina bella anche a vedersi, tanto che nell'insieme era considerata -ad un certo punto- come il miglior caccia europeo disponibile (presumibilmente attorno alla metà degli anni '30). Inoltre, da questo caccia si stava passando a nuovi progetti del tutto moderni, monoplani.
In effetti, già la fusoliera del B 534 sembrava fatta apposta per essere ulteriormente modificata e diventare a tutti gli effetti la base per un caccia che cambiasse tipo d'ala. Il suo potente motore, nel tipo B 534, era capace di 860 hp e permetteva 405 kmh. Sopratutto, era possibile salire a 5.000 m in meno di 4,5 minuti. Questo aereo, malgrado la penalizzazione del radiatore esterno, era quindi veloce almeno quanto i monoplani D.510 parimenti equipaggiati. Era molto agile, sopratutto ad alta velocità, e poteva superare in salita praticamente qualunque altro aereo. L'armamento era ben concentrato nel muso e nell'insieme si trattava di una macchina bella anche a vedersi, tanto che nell'insieme era considerata -ad un certo punto- come il miglior caccia europeo disponibile (presumibilmente attorno alla metà degli anni '30). Inoltre, da questo caccia si stava passando a nuovi progetti del tutto moderni, monoplani.

Versione delle 13:09, 9 ott 2011

Indice del libro


I-15, I-152 e I-153: i biplani di Polikarpov

Ricostruzione dell'I-15 di Frank Tinker

Questi caccia sono, malgrado la loro costruzione convenzionale, di notevole importanza per la storia dell'aviazione. Nikolai Polikarpov, classe 1892, fu a suo tempo un grande progettista, fondamentale per l'aviazione sovietica del periodo interguerra. Ha avuto sia il merito di ammodernare la V-VS con progetti validi, sia la beffa storica di lasciare, nel lungo periodo, l'aviazione desolatamente obsoleta quando venne invasa dalla Germania nel '41. Ma questo era più colpa dell'incapacità di rinnovamento (vedi anche Purghe staliniane) che demerito di aerei che, negli anni '30, erano in rapida evoluzione e quindi quel che era valido alla metà del decennio già diventava superato alla sua fine. Polikarpov fu dal '26 direttore dell'O-SS, che era il dipartimento sperimentale degli aerei terrestri; nel '29 lo stalinismo lo destinerà al carcere speciale per progettare un nuovo tipo di caccia, usa soluzione draconiana per ottenere il massimo impegno dei progettisti. C'era anche Grigorovic, ex concorrente per progetti di caccia. Ebbero entrambi l'esperienza del VT (Prigione interna) dove rielaborarono il progetto I-6 e dell'I-5, dando origine al VT-11. Alla fine si vide il risultato concretizzato cme I-15, il cui prototipo nasceva dal progetto ZKB-3, che era un ulteriore passo avanti rispetto agli altri tipi. Il progetto iniziò nel 1932, sempre con Polikarpov ridotto alla cattività, e rispetto all'I-5 che fu il suo predecessore (nonché equivalente del Bulldog e del CR.20) si distingueva per l'ala a gabbiano superiore. C'era un motore Cyclone da 710 cv comprato e prodotto come M-25, e due PV-1 da 7,62 con 2.000 colpi; in sovraccarico si poteva portare un carico di 'ben' 2 bombe da 20 kg. Il prototipo volò nel 1933 e la dimostrazione di agilità impressionò: una virata di 360 gradi in 8 secondi, a ben 45 gradi/s. Era l'ottobre del '33, così il nuovo I-15 era l'equivalente del CR.32. Ci fu però un contrattempo: il motore americano ebbe dei ritardi nella costruzione su licenza, tanto che poté essere avviata solo nell'ottobre del '36. Così i 404 I-15 usciti per primi ebbero solo lo Smetsov M-22 da 480 hp, un terzo in meno di potenza (era il francese GR.9 ASB Mistral su licenza, tra l'altro a sua volta il motore francese era il Bristol Jupiter VI, tanto per capire che riciclaggio di idee e tecnologie c'era nella motoristica fino ai primi anni '40, vedi anche l'industria italiana). Ma non mancarono nemmeno altre importazioni di Cyclone, di cui almeno 59 vennero installati su altrettanti I-15. Uno di questi, il 21 novembre 1935, arrivò alla quota di 14.575 metri, un nuovo record mondiale (alla guida del famoso collaudatore Kokkinaki, un monumento dell'aviazione sovietica). Per il motore M-25 si dovette aspettare gli ultimi 270 esemplari, che oltre alla potenza aumentata del 50% ebbero anche elica AV-1 (la Hamilton Standard prodotta su licenza). Inoltre si approfittò per raddoppiare l'armamento con 4 armi PV-1, e ben 3.000 proiettili totali (per comparazione, l'Hurricane aveva circa 2.500 proiettili per le sue 8 mitragliatrici). Il maggior consumo del motore richiese l'aumento del serbatoio da 210 a 310 litri totali. In tutto, dell'I-15 vennero prodotti 733 esemplari, costruiti entro il '37. Non mancarono evoluzioni tra cui 40 aerei con due BS da 12,7 mm, il che lo rendeva ancora più simile al CR.32, motore a parte.

L'I-15 andò in combattimento durante la guerra di Spagna e poi gli altri conflitti, fino al '41. Non era un caccia eccezionale, ma era valido, anche se nel '41 totalmente obsoleto.

Un I-15bis ottimamente ricostruito

Tuttavia, già dal '36 si pensava a come migliorarlo. Ai piloti non piaceva il raccordo tra fusoliera e ala superiore, che limitava il campo visivo verso l'avanti. Così si riprogettò l'ala superiore con una struttura di tipo normale, e di superficie aumentata di 0,6 m2. Motore M-25V, 4 PV-1 con 2.600 colpi, ma talvolta erano presenti le più rapide ShKAS o le UBS da 12,7 mm; era possibile portare ben 150 kg di carico esterno tra bombe, e in seguito anche razzi; in alternativa c'erano due serbatoi da 100 litri subalari. Il primo volò nel gennaio del '37, e fu un successo ben più importante dell'I-15 base, con 2.408 prodotti fino all'inizio del '39. Chiamato sia I-15bis che I-152, ebbe varie versioni sperimentali, di cui la I-52TK aveva un motore con doppi compressori TK-3, il che permetteva di arrivare a 435 kmh a 6.000 m; c'erano anche tipi con abitacolo pressurizzato per le operazioni ad alta quota, già studiate anche per l'I-15, e versioni biposto da attacco al suolo.

File:Polikarpow I-153.JPG

L'I-153 fu lo sviluppo finale della formula; se l'I-5 era diciamo equivalente al CR.20 e al Bulldog, l'I-15 al CR.30 e 32 e del Gauntlet, l'I-15ter o I-153 era l'analogo del CR.42 e del Gladiator. Curiosamente il 'gabbiano' (come era noto l'I-15) ritornò a volare con quest'ultimo sviluppo, che aveva l'ala di tipo analogo. Appariva irrobustita, ma questo non si rivelò del tutto vero in azione. Come gli altri caccia I-15 v'era un singolo montante tra le ali, di struttura molto allungata e aerodinamica; ad esso si aggiungevano due coppie di tiranti che univano ali e fusoliera. L'I-153 aveva carrello retrattile, implementando così la tecnologia dell'I-16, almeno concettualmente. La sua struttura era simile, molto tozza e corta. L'abitacolo era aperto. La prima macchina che volò aveva motore da 750 hp, nel '38, nel '39 apparvero con un motore da ben 1.000 hp e superava i 400 kmh; la velocità stimata doveva essere di circa 460 kmh, ma non si riuscì a superare se non di poco i 440 kmh. L'I-153 entrò in servizio in tempo per combattere i giapponesi in Estremo Oriente, specie i Ki-27. Vi sono fonti che parlano del loro uso anche in Spagna, ma se sì dev'essere stato del tutto trascurabile, un po' per le loro prestazioni molto superiori (che avrebbero certo messo in difficoltà Bf-109 e CR.32), un po' perché non sembrano esservi tracce del loro impiego, e un po' per semplici problemi di cronologia, con i primi reparti formatisi solo poco dopo la fine della guerra (primavera 1939). Rimarrà in azione, in settori secondari, fino attorno al '43. La produzione totale ammontò a ben 3.437 esemplari. La famiglia dei caccia Polikarpov arrivà così a quantità comparabili con gli I-16, di cui condivide praticamente i motori e in parte, la progettazione della fusoliera. Gli I-15 vennero realizzati in 674 esemplari, gli I-152 in 2.408.

I-153 con pattini da neve, una scelta obbligata per operare negli aeroporti sovietici, anche se penalizzante una volta in aria
  • I-15, I-152, I-153
  • Dimensioni
I-15, 6,10 x 9,75 x 2,20 m x 21,9 m2
I-152, 6,27 x 10,2 m x 22,5 m2
I-153, 6,17 x 10 x 2,8 m x 22,14 m2
  • Pesi
I-15, 960 kg a vuoto, 1.370 normali, 1.410 max
I-152, 1.310-1.834 kg
I-153, 1.452-1.960-2.110 kg
  • Prestazioni
I-15, 350 kmh/3.000 m, salita 7,6 ms iniziali, a 3.000 m in 5,6 min, a 5.000 m in 11 min, tangenza pratica 7.520 m, raggio 250 km, autonomia 550 km
I-152, 364 kmh, 8.000 m, 800 km.
I-153 (a 1.850 kg): 444 kmh/4.600 m, 366 kmh/slm, crociera 297 kmh/2.000 m; salita a 1.000 m in 51 s, 3.000 m/3 min, 5.000 m/5,3 min, 7.000 m/8,3 min, 9.000 m/13,2 min; tangenza pratica 10.700 m, raggio 210 km, autonomia 470 km o 880 km con due serbatoi da 100 l
  • Armamento
I-15, 2 PV-1 da 7,62 con 2.000-3.000 cp, 2x20 kg
I-152, 4x7,62 mm e 100 kg di armi varie (razzi o bombe)
I-153, 4 ShKAS da 7,62 mm (2.600 cp), 6-8 razzi da 82 mm RS-82, oppure 100 kg di bombe


Il Guanto e il Gladiatore: i duellanti della Gloster

Un Gauntlet finlandese ottimamente restaurato

Oggi questo nome è associato ad un noto film 'storico' made in Hollywood, ma per gli appassionati di aviazione, specie storica, ricorda piuttosto un altro tipo di combattente, che calato nel suo contesto storico ebbe a combattere in maniera non meno coriacea dei divi del grande schermo. Era questo il caso dell'ultimo biplano da caccia inglese, della Gloster. Erede di una lunga tradizione di validi cacciatori biplani, il Gladiator era una sorta di Gauntlet notevolmente potenziato.

Tutto era in realtà cominciato già nel 1918, quando i piccoli e validi caccia ricognitori Nieuport francesi ispirarono il progettista Harry Folland che creò nel periodo interguerra una serie di caccia, tutti con motori radiali, e tutti con eccezionale maneggevolezza. Nel 1930 apparvero i prototipi di un velivolo che ebbe il miglior motore disponibile, dopo una scelta in merito, che premiò il Mercury. Questo aveva un diametro inferiore rispetto allo Jupiter del precedente Gamecock, eppure era anche più potente. Ebbe l' Anello Townsend per ridurre la resistenza aerodinamica, ma l'elica era sempre una bipala in legno a passo fisso. La cellula era in lega leggera rivestita in tela oppure, nella parte anteriore, da pannelli in alluminio asportabili. Le ali avevano una doppia campata per lato, per aumentare la resistenza, specialmente in picchiata. Nell'insieme si trattava di un caccia del tutto tradizionale, a parte un certo uso di leghe leggere, ma essendo dotato di un motore dal piccolo diametro, potenza elevata e una fusoliera allungata rispetto a quella tracagnotta di molti tipi dell'epoca, nell'insieme risultava un velivolo sorprendentemente veloce. L'armamento era sistemato ai lati della fusoliera, appena davanti all'abitacolo, in due protuberanze con i solchi per sparare fino attraverso l'anello del motore, che a sua volta era stretto al punto da avere delle bugnature dove erano i cilindri (9 in tutto). L'aereo era ben progettato, anche nei particolari. Alla fine, l'S.S.19B risultò molto più veloce, non solo del precedente Gamecock e del Bulldog, non solo, ma ance del raffinatissimo Fury, con in suo musetto appuntito e il motore in linea. Per capire il valore delle sue prestazioni, si può dire che esso, pur con un motore radiale di potenza appena superiore -645 hp- riusciva ad eguagliare in velocità il CR.32 che aveva un motore con cilindri in linea appena meno potente. La RAF lo ordinò come Gauntlet, prima con 24 Mk I (consegnato dal '35, quindi tutt'altro che in maniera frettolosa), poi 104 Mk.II, che era il vero modello definitivo, la cui struttura era tipo Hawker, dato che la Gloster era diventata parte del gruppo Hawker-Siddeley nel '35. Fortunatamente per questi caccia, presto apparve un'elica tripala metallica, sia pure a passo fisso (del tipo Fairey-Reed). Il Gauntlet non ebbe molti successi all'export: sette nazioni lo ebbero, ma in quattro casi si trattava di macchine ex-RAF.

A differenza del CR.32, il Gauntlet, che ne era a tutti gli effetti l'equivalente, aveva un abitacolo molto in avanti rispetto alla fusoliera, dotata di una lunga sezione di coda, a motivo della compattezza dei radiali. Come si è detto, esso era capace di una velocità paragonabile a quella del CR.32 seppure con un motore radiale appena più potente.

Le sue dimensioni erano 8,05 x 9,99 x 3,12 m x 29,26 m2; i pesi, 1.259-1.801 kg; le prestazioni 370 kmh a 4.815 m, salita a 6.100 m in 9 minuti, tangenzxa 10.210 m, autonomia 740 km.

Il CR.32, di contro, era nel modello bis pesante 1.380-1905 kg, dimensioni 7,45 x 9,5 x 2,72 m x 22,1 m2; velocità 356 kmh a 3.000 m, salita a 3 km in 5 m 10 s, tangenza 7.800 m, autonomia 780 km.

Quindi il Gauntlet era notevolmente più grande eppure più leggero. Era anche meno armato e non portava bombe.

Non pare vi sia mai stato un confronto armato tra i due caccia, differentemente dai loro successori.

Ed ecco un breve riassunto del suo servizio con la RAF, servizio che iniziò nel '35[1]. Mentre in UK finì presto per esaurirsi in prima linea e ritrovarsi a fare ricognizioni meteo, ultima missione 6 dicembre 1939, in altre parti del mondo le cose andarono diversamente. 3 squadroni della RAF e RAAF lo usarono in Medio Oriente, come prezioso supporto ai pochi Gladiator. Erano gli squadroni 6, 33 e 112, per lo più usati a suo tempo per controllare i predoni arabi. Il No.6 ebbe presto i Lysanders certo più adatti, mentre i Gauntlet andarono agli altri due squadroni, per lo più per addestramento (mentre i Gladiator erano risparmiati nell'uso, per eseguire poi le azioni belliche). In tutto appena 5 Gladiator per il No.112 e 6 per il No.33. Altri 6 andarono al 3 RAAF, pare fossero quelli ex-RAF, dall'ottobre del '40. Stavolta vennero usati per azioni d'attacco: i caccia inglesi divennero quindi bombarieri tattici, al pari dei CR.32. Non ebbero molte azioni da ricordare, ma l'8 dicembre iniziarono i preparativi per la grande offensiva del giorno dopo, 'Compass'. Seguirono bombardamenti in picchiata (non è noto il carico utile) contro truppe motorizzate il 9, e poi l'11, e così il 12. Pochi aerei, 4-5 per volta. Combatterono contro obiettivi come ad Halfaya. Dopo 4 giorni di azione, però, vennero ritirati dal servizio. Non ebbero perdite, ma si temeva di non riuscire a mantenerli operativi.

Tuttavia, seguiranno altre missioni per scortare i Lysander. Ma più importanti saranno le missioni come in Sudan con il 47 Sqn. Esso era un reparto di aerocooperazione con i Gauntlet e i Vincent. Ad un certo punto i Gauntlet portarono avanti missioni anche di attacco al suolo, con 8 bombe da 11,4 kg incendiarie (successe il 7 settembre con due aerei, assieme a due Vincent) contro Metemma. Durante questa missione venne avvistato un Ca-133 e un Gauntlet picchiò contro di esso costringendolo ad atterrare scassandosi al suolo. Poi sganciò le bombe, ma non riuscì ad incendiarlo, quindi lo mitragliò. Tuttavia gli italiani non hanno riportato perdite di Ca-133 in questo tempo e questo mette in forse l'unica vittoria dichiarata dai Gauntlet durante la guerra. L'ultima azione nota è stata una scorta con un paio di aerei il 5 ottobre, per scortare i Wellesley su Gallabat (e i Gauntlet erano a loro volta armati di bombe da 9 kg). La SAAF usò questi aerei con il 1 e il 2 SAAF Sqn, ma in pochi esemplari, all'inizio del '41 solo 3 erano per esempio in forza al No.2 Sqn.

Infine la Finlandia ebbe 25 aerei, ma non li usò come caccia di prima linea, ma solo come addestratori (era il febbraio del '40, questo significa che in UK erano ancora disponibili molti aerei di riserva anche se non più in carico a reparti). I Danesi ne ebbero 18, 5 distrutti in incidenti di volo prebellici e gli altri catturati o distrutti al suolo al tempo dell'invasione tedesca del 9 aprile 1940 (i danesi aspettavano i Macchi 200) con la Eskadrille 1. Non ebbero battaglie da registrare, ma la loro discendenza ne avrà eccome.

Il Gauntlet diede infatti origine al Gladiator, che stavolta adottava da subito il sistema costruttivo Hawker, ovvero travi tubolari che cormavano la fusoliera, rivestimento in tela per la parte posteriore e in lega per la parte anteriore; ali con longheroni tipo 'manubri ginnici'. In sostanza vi erano, quanto a differenze sostanziali, un modello di Mercury molto più ptoente -830 hp-, tettuccio chiuso -ma l'abitacolo non era riscaldato- e due armi aggiuntive sotto le ali inferiori. Il prototipo SS.37 volò già nel settembre del '34, quasi come rimedio per il fallimento della specifica F.7/30. Si ordinò così in tutta fretta, come interim ai successivi monoplani, 23 Gladiator Mk.I (luglio 1935), ma nessuno di essi entrò in servizio prima del marzo 1937. Dal 71° esemplare le mitragliatrici divennero le Browning al posto delle Vickers (fusoliera) e Lewis (subalari). Il successivo Gladiator Mk. II ebbe il Mercury VIIIA con elica tripala metallica; presto comparvero anche i Sea Gladiator, sempre meglio di niente (cioè dei Blackburn Skua). In tutto i Gladiator ebbero molti successi d'export, e la produzione arrivò a 932 aerei.

Le caratteristiche, a parte il motore Bristol Mercury VIIIA a 9 cilindri, erano una velocità di 414 kmh a 4.450 m, salita a 3.050 m in 4,5 minuti, tangenza 10.210 m, autonomia 714 km; dimensioni 8,36 x 9,83 x 3,22 m x 30 m2; pesi 1.562-2.206 kg.

Il Gladiator è grossomodo l'equivalente del CR.42. Malgrado sia pressoché altrettanto potente, non è altrettanto veloce in quota, grossomodo poco più che una via di mezzo tra il CR.32 e il CR.42. In salita non è così, data la sua leggerezza, anche se non è straordinario. L'agilità è eccellente, nella RAF era considerato l'unico caccia a poter inseguire sullo stesso piano lo Swordfish. Il carico alare, di appena 70 kg/m2 a pieno carico, era eccezionalmente basso. Nemmeno il Gladiator ebbe modo di combattere contro il CR.32 durante gli anni '30, nonostante che la sua presenza sarebbe stata possibile -e altamente interessante- in Spagna. Lì finiranno solo tre Fury, come unico rappresentante dei caccia inglesi. I Gladiator avrebbero combattuto in Cina, in Finlandia, in Belgio, e sopratutto a Malta e in Africa. Lì incontrarono sia i CR.32 che i CR.42, e ne nacquero furibonde battaglie manovrate tra biplani. A bassa quota il Gladiator era di qualcosa più veloce rispetto al CR.42, poteva salire più rapidamente e manovrare in orizzontale (virata) in maniera apprezzabilmente superiore (vedi i resoconti della battaglia dell'8 agosto 1940). Non sempre ebbe la meglio, ma del resto nessuno lo pretendeva. Gli Hurricane spesso erano messi in difficoltà nell'affrontare i più manovrieri biplani nemici, e tendevano a stare alla larga da un avversario allertato della loro presenza, ma i Gladiator, che non potevano disimpegnarsi allo stesso modo, non avevano questo tipo di scelta. Come dice Armi da guerra 99: nelle relativamente poche occasioni in cui si incontrarono, questi due protagonisti (CR.42 e Gladiator) riportarono onori pressoché pari. I piloti della R.A. erano molto abili, quelli della RAF, RAAF e SAAF molto aggressivi. I CR.42 erano spesso ben più numerosi dei loro avversari, che a loro volta non parevano particolarmente audaci in iniziativa, anche perché legati alla scorta bombardieri e privi di radio.

La presenza delle persone aiuta a capire le dimensioni reali del Gladiator

Nel confronto diretto con i CR.42, il celebre collaudatore Eric Brown, che ha volato entrambi ha detto (riassumendo): un duello affascinante tra i due migliori caccia biplani del mondo: il CR.42 con una leggera superiorità in velocità, il Gladiator con un leggero vantaggio sull'armamento, agilità pressoché uguale, quindi è l'abilità del pilota decide l'esito.

A dire il vero, queste considerazioni non sono del tutto veritiere, a parte che tra i migliori biplani da caccia un posto d'onore dovrebbe essere riservato quanto meno anche agli F3F e agli I-153. A bassa quota il Gladiator era più rapido del CR, stando a quanto viene riportato dal sito Hakas Aviation. Quanto alla salita, era superiore. Come velocità orizzontale, forse anche in picchiata, era in media inferiore (ma non a bassa quota e in orizzontale). Aveva carico alare più basso e miglior rapporto potenza-peso, e un articolo di Rivista Storica (Biplani d'assalto in Africa Settentrionale) lo definisce come capace di salire a 12,2 m.sec a 6.600 m, quando il CR.42 era capace di circa 11,1 m.sec a 6.000 m. Il Gladiator era a metà tra gli 11,2 m dell'Hurricane I e i 13,1 dell'Mk II (interessante notare, in termini di salita, che a 6.000 m il G.50 era dato per 13,3 m.se, e il Macchi 200 addirittura 15,6, il Bf-109E 14,6 a 5.500 m e il P-40B 16,2 m.s a 4.950 m, il P-40E 9,6 m.s a 6.600). Resta comunque vera una cosa: le differenze tra i due tipi sono così modeste, che il successo dipende dall'abilità tattica di chi guida gli aerei. L'unico vantaggio sicuro del Fiat è che può disimpegnarsi grazie alla maggiore velocità, ma questo è tutto.


Tra le vittorie più brillanti registrate dai Gladiator c'è certamente quella dell'8 agosto 1940, quando gli italiani ebbero 8 aerei abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza contro due aerei britannici, anche se da entrambe le parti si ebbe un aviatore ucciso. Appena 4 giorni prima i CR.32 e 42 avevano ottenuto a loro volta una vittoria con almeno 3 Gladiator abbattuti nel corso di una violenta battaglia aerea. Bisogna ricordare che gli aviatori della R.A. erano spesso veterani della Spagna, mentre i britannici e gli altri alleati non avevano nessuna esperienza di combattimento, il che rendeva ancora più delicata la loro posizione. Ma avrebbero presto rimediato a tale carenza.

La diffusione del Gladiator fu piuttosto ampia

Come si è visto, il Gladiator, per quanto apparso poco dopo il CR.32, era in realtà paragonabile al CR.42. La sua produzione totalizzò circa la metà di quest'ultimo, e in realtà venne interrotta grossomodo quando il CR.42 cominciava ad uscire dalle linee di montaggio, così erano sì equivalenti, ma non coevi. In pratica, prima ancora che con i vari Hurricane e Spitfire, fu con il Gladiator che la tecnologia dei caccia inglesi segnò un netto passo avanti rispetto a quella dei tipi italiani. Quanto all'armamento, è difficile scegliere. Ma stando almeno ai calcoli teorici, i caccia italiani con due armi da 12,7 mm avevano un volume di fuoco sensibilmente inferiore rispetto ai Gladiator (naturalmente, i CR.32bis con 2x12,7 e 2x7,7 mm erano superiori, ma di fatto non ebbero altro che un intermezzo produttivo durato poco tempo, e probabilmente non vennero mai incontrati dai Gloster). I caccia britannici non portavano peraltro nessuna bomba, come del resto normalmente non facevano nemmeno i CR.42 (che però presto vennero modificati come cacciabombardieri). La maggior parte degli aerei impiegati da altre potenze invece l'avevano, specie i tipi giapponesi, russi, americani, polacchi e anche italiani. Ma era cosa da poco: bastava aggiungere due ganasce portabombe e il gioco era fatto, solo che i britannici erano anche troppo occupati con la difesa aerea per usare i pochi biplani che avevano (C'erano anche alcuni Gauntlet all'inizio della guerra) per questo impiego. I Gladiator più famosi furono senz'altro quelli che difesero Malta.

La leggenda narra che fossero solo 3: Fede, Speranza e Carità. In realtà non era così, ma la realtà non fu meno rocambolesca. In pratica, si trattava di un lotto di Sea Gladiator (leggermente inferiori ai tipi terrestri) consegnati smontati a Malta, e i cui piloti, totalmente autodidatti, si ingegnarono ad imparare come pilotarli. Ci si può solo stupire che riuscissero a sopravvivere. Non solo, ma pur ottenendo poco in termini di vittorie, riuscirono a costringere gli S.79, che pure erano abbastanza veloci da staccarli una volta inseguiti, a richiedere l'onerosa copertura dei caccia. I Gladiator si portavano in quota e da lì eseguivano una picchiata sui loro avversari. In circa 15 giorni di impiego ebbero solo un successo contro un S.79, ma la cosa non deve stupire, dopotutto era la prima volta che si registrava l'abbattimento dell'imprendibile Sparviero da parte di un caccia: i pochi aerei maltesi riuscirono ad ottenere quello che non riuscirono a fare i Repubblicani in anni di guerra. La cosa anche più interessante fu che la scorta agli S.79 era affidata ai C.200, i migliori caccia italiani, che per un breve periodo furono attivi, prima di lasciare momentaneamente il campo ai CR.42 (dati i problemi di 'dentizione' che il tipo dimostrava). E che uno di essi, al termine di un inseguimento e di un accanito duello, veniva mandato in mare da un Gladiator. Il pilota italiano venne salvato ma quando l'inglese andò a trovarlo in ospedale non si dimostrò particolarmente 'amichevole'.

In dettaglio, si conoscono 21 abbattimenti rivendicati sopra Malta e in Meditterraneo dai Sea Gladiator: già l'11 giugno riuscirono a colpire un S.79 e un Macchi 200, sia pure senza abbatterli. Dichiararono distrutti altri aerei, tra cui persino uno Ju-88. Degli S.79, dichiararono almeno 4 apparecchi su Malta, più altri colpiti. L'unico abbattuto fu l'MM.22068 della 216a Sq, 53 Gruppo, 34° Stormo. Era il 22 giugno, mentre il giorno dopo toccò al C.200 dell'88a Sq (o forse 71a) di Molinelli. In precedenza c'era già stato (l'11) un C.200 dato per probabile, ma in realtà non subì gravi danni pur risultando colpito.

Presto il Gladiator venne rinforzato e progressivamente rilevato dall'Hurricane, peraltro meno adatto al duello aereo con i biplani; ma anche così, esso rimase una presenza importante per quasi un anno di guerra: Nord Africa, Africa Orientale, Grecia, portaerei ecc. Di fatto, molti reparti passarono direttamente al P-40, come accadde al più famoso dei reparti RAF, il No.112, che ne approfitterà per inventarsi la sharkmouth, poi prontamente ripresa (avendola vista in una rivista) dall'AVG americano.


Fury[2]

L'elegante Fury, oggi messo in ombra dai vari Gladiator, Polikarpov e Fiat, era in realtà, a suo tempo (primi anni '30) uno dei migliori e più apprezzati caccia del mondo.

L'origine del Fury va cercata nell' Hoopoe, che aveva motore stellare. Si trattava di un prototipo di caccia imbarcato del 1927, e che a sua volta derivava da altri tipi come l'Hornbill e l'Hawfinch. Dopo questi tipi, che non ebbero successo, comparve l'F.20/27 nel '28, e l'Hornet nel '29. Quest'ultimo, sulla linea evolutiva dei precedenti, si stabilizzava sul Kestrel e venne ordinato come Fury.

Ebbe servizio in sei squadroni della RAF tra il 1931 e il 1939, più tre della SAAF in Africa orientale. Alcuni vennero impiegati in Spagna (incluso uno di origini portoghesi, che risultò distrutto in azione). Solo tre furono i Fury spagnoli, perché la produzione su licenza non partì mai, pur essendosi dimostrati capaci di eccellenti prestazioni, grazie al nuovo motore da 700 hp. Uno di essi, duellando con un CR, forse Morato, si segò accidentalmente le pale dell'elica (bipala lignea) a causa di un difetto di sincronizzazione delle mitragliatrici. Planò e venne poi catturato dai Nazionalisti. Furono sopratutto i Fury sudafricani e yugoslavi a combattere contro l'Asse, ma i loro giorni erano oramai passati. Gli ultimi Fury usati in azione furono quelli persiani, impiegati fino al '42 per pattugliamenti sul confine.

Il Fury ebbe degli sviluppi e degli eredi. L'Hurricane nacque come 'Fury monoplane', dopotutto. Mentre nel '44 volò uno dei più veloci aerei ad elica: il Fury monoplane, che riprendeva il nome del celebre avo. In tutto vennero prodotti pochi Fury, se comparati ad altri tipi dell'epoca: la Gran Bretagna, del resto, non aveva ancora iniziato il riarmo e non aveva intenzioni bellicose. Si trattò di 262 esemplari, 22 esportati in Persia, 3 in Portogallo, altrettanti in Spagna, oltre 30 in Yugoslavia (che li produsse anche su licenza, per cui il totale probabilmente eccedette i 50-53) e altrettanti in Sud Africa.

Il Fury Mk.II aveva queste caratteristiche:

  • Dimensioni: 8,15 x 9,14 m
  • Motore: R.R. Kesterel VI da 640 hp
  • Prestazioni: 359 kmh a 5.000 m, tangenza 8.992 m, autonomia 434 km
  • Armamento: 2 Vickers Mk.V da 7,7 mm e bombe leggere.


La 'bella vita' nella RAF[3]

Un Fury del No.43 Sqn

Il Fury, quando apparve, era realmente il più ambito dei caccia, quanto meno nella RAF. Il No.43 Sqn ebbe i Fury per primo, e presto i suoi piloti si trovarono con i primi caccia RAF capaci di superare le 200 miglia orarie (322 kmh). Era il 1931 e queste prestazioni, per quanto destinate rapidamente ad essere superate dal progresso aeronautico, erano eccellenti, se non proprio eccezionali. Di sicuro non c'era nulla di meglio nella RAF; all'epoca non c'erano nemmeno i CR.30 e 32, i Polikarpov I-15 e gli Hawk, così si trattava davvero di una macchina rivoluzionaria. Eppure, la sua concezione era del tutto tradizionale. I piloti dei Fury erano altamente invidiati nelle altre F.A., un po' come gli F-14 o gli F-15 attuali. All'epoca regnava l'idea che la pace fosse un valore duraturo, e del resto con la crisi economica, anche i fondi per riarmarsi scarseggiavano. Anche se in Italia c'era già Mussolini, e in Germania si stava facendo largo Hitler, per non dire dell'URSS di Stalin e dell'aggressivo impero del Sol Levante. All'epoca la RAF era impegnata sopratutto all'estero, per mantenere l'ordine nel suo sterminato Impero. In patria aveva forze ridotte, dopo secoli di inimiciazia con la vicina Francia. Era una sorta di 'Aeroclub' e i suoi uomini dei reparti della Difesa Aerea (ADGB) erano uomini scelti e con i migliori aerei. Questi, per l'appunto, erano i Fury. La ragion d'essere di questo bellissimo (per ammissione unanime) caccia biplano era il R.R. Kestrel, che gli donava un muso aguzzo e snello, anziché la solita forma tozza e piuttosto brutta dei vari Gamecock e Bulldog appena precedenti. Il Kestrel, antenato del Merlin e discendente da un tipo americano, era il primo affidabile motore a cilindri in linea raffreddato a liquido per un caccia. Con l'Hawker Hart, molto simile ad un Fury biposto un po' ingrandito, era stato sufficiente per portare la velocità a valori tali da non essere intercettabile, rinnovando la tradizione dei vari DH.4 e 9 della I GM (o anche di altri bombardieri veloci, come gli SVA). Il Bristol Bulldog, agile e scorbutico, era già in servizio con la RAF, quando andò in volo il Fury, ma quest'ultimmo ebbe comunque un ordine per 66 Mk I. I fortunati squadron che lo ebbero furono i No.1 e 43 di Tangmere e il 25 di Hawkinge. Passarono alcuni anni e venne realizzato l'Mk II con motore più potente che aumentava la velocità da 354 a 360 kmh, con altri 98 aerei consegnati a 4 squadroni, tra cui i già visti 25 e 41. All'epoca i piloti RAF passavano per scuole di pilotaggio come la 5a di Sealand con apparecchi come l'Avro 504 e il Siskin. I Gruppi da caccia erano comandati da un maggiore e ripartiti su tre squadroni comandati da capitani, con 16 piloti complessivamente per ciascun gruppo (probabilmente c'è un errore di traduzione, e Gruppo=Squadron, squadrone=flight). Passare dai Siskin, capaci di appena 240 kmh e inutili contro gli Hart, ai Fury, era una cosa emozionante. Per quanto il Siskin fosse un eccellente acrobata, era anche difettoso in certi aspetti del volo, e anche all'atterraggio capottava facilmente. Già dal primo volo i piloti cominciavano a fare acrobazia con il Fury e scoprivano che potevano dare confidenza piena a quel nuovo arrivato. I Fury sembravano anche più belli perché avevano una linea interamente argentea, da caccia da superiorità aerea. Vi furono numoerose manifestazioni aeree, come quella per il Giubileo e vi fecero sempre bella figura, anche sotto una pioggia battente che impediva alla maggior parte delle altre formazioni persino di levarsi in volo. Erano aerei privi di vizi di volo, ma non tutti. Uno, per esempio, quasi ammazzò il pilota durante la prova della vite (da farsi una volta al mese), quando non ne volle sapere di rimettersi. Solo quando il pilota sganciò l'ossigeno e si preparò al lancio, l'aereo riprese l'assetto, e in seguito si scoprì che per qualche ragione solo questo Fury necessitava di 16 avvitamenti prma di riprendersi da una vite regolare.

La rivalità tra i gruppi della RAF era fortissima, specie quelli della base di Tangmere. Non solo contro i Bulldog (che erano considerati aerei di cittadini di 'seconda classe', e a bordo dei quali volava all'epoca un certo Douglas Bader, destinato a diventare famoso), ma in generale contro tutti gli altri. Tangmere in particolare era 'contro il resto della RAF', incluso l'altro gruppo storico dei Fury, il No.25. C'erano acrobazie nuove e competizioni goliardiche, nell'insieme il clima era rilassato. Su allarme, quando necessario, il Fury poteva salire a 5.000 m in un tempo medio di 7 minuti e 20 secondi, un tempo di tutto rispetto per l'epoca e anche per qualche caccia della II GM; sopra quella quota bisognava usare maschere ad ossigeno decisamente scomode, mentre il volto dei piloti, per evitare screpolature, era spesso spalmato di lanolina. Il freddo, comunque, non mancava mai ad alta quota, in quegli abitacoli aperti e non riscaldati in alcun modo se non la presenza del motore in avanti. Presto vennero fuori i nuovi 'attacchi di squadriglia' che già allora suscitavano molte perplessità ai piloti, dato che erano un modo troppo rigido di combattere e che presupponeva l'assenza di caccia di scorta ai bombardieri nemici. L'addestramento al tiro era fatto ogni tre settimane sul poligono di Lydd, ma l'aereo non era ideale come piattaforma di tiro, tendendo a scarrocciare. C'era già la possibilità di addestrarsi a sparare contro bersagli trainati da Fairey III. La vita dei piloti, dei privilegiati per l'epoca, era meravigliosa. C'erano 60 giorni di licenza all'anno, ma non erano mai usati totalmente. La vita del reparto era già così interessante, si faceva molto sport e sopratutto, si viveva per volare. Ogni sabato mattina i piloti lavavano i loro aerei con acqua e sapone delicato.

Visto da vicino, il Fury era un biplano come gli altri, ma i suoi aspetti tecnici vanno la pena d'essere ricordati. Era armato con due Vickers da 7,7 mm e 1.200 colpi, sistemate sul muo e con un mirino a cannocchiale; elica di legno Watts bipala, con avvio tramite nottolino sull'ogiva; motore Kestrel da 525 hp, la cui preferenza per gli Hart rese minoritaria la produzione del Fury. Il costo dell'aereo era di 4.800 sterline motore incluso, proprio a causa di quest'ultimo si trattava di una macchina costosa per la RAF. Il radiatore era sotto la fusoliera, tra le gambe del carrello, da qui il muso particolarmente snello, mentre i tubi di scarico dei pistoni non erano inclinati all'indietro per aumentare la spinta, ma tagliati praticamente a filo della fusoliera. I loro gas e l'olio contribuivano ad annerire la candida livrea della macchina, la cui superficie anteriore era in pannelli tenuti insieme da poche e grosse viti. Dietro il posto di pilotaggio la superficie cambiava da metallica a intelata, così come lo erano le ali. Il Carrello aveva tamponi di gomma e ammortizzatori oleopneumatici, provvisto di freni rudimentali ma efficaci. I Gruppi da caccia erano divisi in squadriglie ciascuna su 4 aerei (quindi di fatto erano Squadron e flights), e ciascuna con colori particolari: rosso per la A, azzurro per la B, giallo per la C, visibili sull'ogiva e le ruote. I comandanti dei flight avevano tale colore anche sui piani di coda. Sempre in coda era disponibile un pattino d'atterraggio, ma alcuni Fury ebbero successivamente un più costoso ruotino di gomma. Quanto ai comandi, gli alettoni erano solo sull'ala superiore, ma anche così garantivano una risposta eccellente ai comandi di volo.

IL 43° Gruppo ebbe anche esperienza di volo su portaerei. I 'Fighting Cocks' vennero sperimentati per l'impiego sulle portaerei come rinforzo in caso di guerra. La faccenda era delicata: la Gran Bretagna aveva inventato le portaerei, ma gran parte del personale dei pochi reparti imbarcati era della RAF. La RN naturalmente voleva più autonomia e potere, cosa che gli riuscirà grossomodo solo tra il 1942 e i tardi anni '60, sempre in tribolata competizione con la RAF. Quando ci si pose seriamente il problema di dare alle portaerei sufficienti reparti, la risposta, del tutto politica, fu che ogni reparto RAF poteva andare sui ponti delle navi. Vi fu così uno Squadron Exange. Il No.800 Sqn della RN venne messo a terra con quasi tutto il personale, prendendo gli aerei del No.43 Sqn (o Gruppo) mentre i piloti della RAF andarono per mare con l'HMS Courageous, volando con i Nimrod. In teoria la cosa era giusta, il Nimrod altro non era che la navalizzazione del Fury. Ma in pratica era un aereo che ai piloti RAF sembrò troppo pesante, privo di soddisfazioni nel pilotaggio e in generale 'un ferro da stiro'. Mentre si faceva ancora esercitazioni, Mussolini invase l'Etiopia e in Gran Bretagna si scatenò il panico. Nonostante le assicurazioni politiche, tutti i piloti del 43° ritornarono a Tangmere ponendo fine all'exchange con i cugini della Marina. E dimostrando come quest'ultima fosse vulnerabile in caso di guerra, rimanendo con i suoi pochi apparecchi, tra l'altro gestiti per lo più da personale della RAF.


A terra feste e corse con le auto erano la norma e vi fu persino un Lord che propose di trasferire 700 ufficiali dell'esercito alla RAF per ristabilire la disciplina. In realtà questa c'era, ma sopratutto in volo dove era possibile eseguire dimostrazioni aeree di grande precisione.

Finché, nel '34, il riarmo tedesco cominciò a preoccupare. Ci si barcamenava a capire come attaccare i bombardieri tedeschi senza essere presi dalle loro mitragliatrici (all'epoca i caccia non sembravano avere abbastanza autonomia per scortarli sull'isola), mentre la precisione di tiro, che lasciava molto a desiderare, venne migliorata con un corso per Istruttori di Tiro, da far frequentare ad un pilota per gruppo da caccia e trasformarlo in un istruttore a sua volta. Insomma, era nato una sorta di Top Gun ante litteram. Il 19 luglio 1934 venne annunciata la creazione prossima di 41 nuovi squadroni, il che portò a smembrare i reparti già esistenti per farne 'seme' per costruire nuove unità, con il personale esperto. Presto arrivò una nuova generazione di piloti che benché novellini, risultarono molto validi, come Caesar Hull. Ma il Fury non era più il più veloce dei caccia RAF; anzi, nel '37, con Gauntlet, Gladiator e Hurricane, era addirittura il più lento. I piloti che in quegli anni andarono sui Fury erano ancora felici di arrivarci, anche se ritenevano che la macchina potesse benissimo sopportare (anzi, dovesse) più potenza (e così fu, i Fury spagnoli ebbero motori da 700 hp), specie in manovre difficili come la vite in cabrata. Ma nelle manovre del '37 il Fury risultò incapace di intercettare i Blenheim. Come gli Italiani prima di loro con gli SB-2 (tardo '36) anche i britannici si resero conto che l'unico modo per attaccare i monoplani da bombardamento era di picchiargli addosso da alta quota, e al limite cercare la collisione, saltando all'ultimo momento col paracadute. L'armamento non era copioso e ogni arma a Tangmere aveva solo due nastri munizioni, che richiese l'istituzione di un servizio di riarmo dei nastri, a cui servirono anche i piloti (un compito noiosissimo). I Fury vennero presto equipaggiati con moderni ruotini di coda, ma sopratutto con una mimetica a due toni grigio-verde. Abbandonata la loro linea sgargiante, si pensò di adottarli come caccia notturni, ruolo per il quale non erano però adatti, non avendo nemmeno l'illuminazione per il cruscotto. Ci si ingegnò addirittura comprando delle torce elettriche civili da installare a bordo, ma alla fine, nel febbraio del '39, gli ultimi Fury lasciarono il posto agli Hurricane e finirono nei magazzini. Era passato il tempo dei 'giochi' aerei e questi testimoni degli anni '30 non ebbero modo di vedere quel decennio finire. O meglio, non in Gran Bretagna.

In guerra

I 'Fury' facevano parte del variopinto parco macchine dell'aviazione Yugoslavia, assieme ai loro eredi Hurricane, a Bf-109, S.79, Blenheim, Do-17 e altri tipi minori. Non erano molti e combinarono poco, ma vale la pena ricordare che questi apparecchi equipaggiavano il 5° Stormo, o meglio il 5.Lovacki puk con due squadroni (Grupa), il 35 e il 36, ciascuno su due squadriglie con circa 15 aerei totali (per il Grupa 36, che difendeva Skopje).

Dal 6 aprile combatterono così una disperata battaglia, scontrandosi con i Bf-109 e 110. Il 36. Grupa venne attaccato da ondate di circa 30 caccia tedeschi, che distrussero un apparecchio al suolo, ma sopratutto sorpresero quelli della 111a squadriglia in fase di decollo o di salita, e presto 11 aerei yugoslavi vennero dichiarati abbattuti o costretti ad atterraggi d'emergenza. Tutte le vittorie dichiarate, caso più unico che raro, vennero confermate e sette piloti yugoslavi vennero uccisi in azione, incluso il comandante della 111a Popovic e quello della 112a Jermakov. Tra i Fury su cui si abbatté la 'furia' dei tedeschi, tre vennero distrutti da un unico pilota, Clausen, in 9 minuti di battaglia, e Geisshardt dichiarò addirittura 4 vittorie, sempre entro quei pochi, infernali minuti (6.11-6.20 del mattino). Gli Yugoslavi non ci stettero a fare solo da bersaglio, e dichiararono tre Bf-109E e due Bf-110. Ben tre di queste cinque vittorie vennero ottenute con collisioni in volo dirette, tra cui Jermakov e Popovic (Bf-110) e Tanasic (Bf-109). In effetti questa battaglia non fu 'one sided', perché un Bf-109 del I(J)/LG2 venne davvero perso. Altri 4 Bf-109 dell' I e II/LG 2 caddero durante il viaggio di ritorno, non è chiaro se per danni subiti in azione. Il II/ZG26 effettivamente perse due Bf-110. Tra i rottami di un Bf-110 venne anche ritrovato il corpo di un ufficiale bulgaro, che probabilmente faceva da navigatore per guidare la formazione sui suoi bersagli.

Insomma, si trattò di una battaglia ferocissima in cui nessuna delle due parti si risparmiò, con i Tedeschi che si facevano sotto incuranti delle perdite che rischiavano, riuscendo a sterminare i pochi aerei yugoslavi, che essendo a stento al livello dei CR.32 (ma con un armamento inferiore) facevano quello che potevano, manovrando agilmente per evitare i veloci attacchi nemici, e sfruttando il fatto di essere a bassa quota per ottenere una minore differenza di prestazioni. Alla fine, la soluzione disperata delle collisioni dirette -specie dopo avere esaurito le munizioni- causò apprezzabili danni all'avversario, ma il 36. grupa rimase con solo due caccia ancora in condizioni di volo e questo è quello che i tedeschi volevano. Di questi due caccia, uno, inviato al 35. Grupa, si scassò per un banale esaurimento di carburante, dopo essere sopravvissuto all'attacco tedesco. L'altro venne mitragliato dai Bf-110 l'8 aprile.

Mentre il 36. grupa venne annientato, il 35 sopravvisse grazie alla mimetizzazione dei ricoveri degli aerei. I 20 Bf-109E appaarsi su Kosancic non li videro, mentre colpirono 16 Breguet XIX, scambiati per Fury, presenti sullo stesso aeroporto. Una delle due squadriglie di Fury, la 109 ('altra era la 110) decollò per intercettare i Bf-109, ma ovviamente non li raggiunse. Il 7 aprile non riuscì parimenti ad intercettare 20 He-111, troppo veloci per i Fury. L'8 mitragliarono le colonne tedesche, ma il 9 furono costretti ad abbandonare il loro aeroporto di Kraljevo. Tutti gli aerei non volabili vennero incendiati, gli altri scapparono via, ma uno venne abbattuto per errore dalle truppe yugoslave, che erano ingannate dalla densa nebia di quel giorno, forse addirittura un secondo seguì la stessa sorte. Scappati a Kraljevo, il 10 aprile dovettero ripartire per Preljina. Continuarono a muoversi verso Sud. Il 13 aprile si scontrarono con 12 caccia italiani. Non è noto cosa accadde, ma pare che entrambe le parti subirono perdite, tra gli Yugoslavi toccò ad un Fury. ALmeno sette altri arrivarono a Niksic, e il 15 aprile finì la guerra senza altri eventi importanti. Alcuni Fury vennero bruciati, almeno due però vennero presi dagli italiani dopo la resa ufficiale del 17 aprile (parte di circa 100 apparecchi yugoslavi catturati). Essi vennero nominati 43 e 53 e con insegne italiane portati a Guidonia, dove vennero provati dai piloti italiani. Come mai un vecchio aereo come questo fosse reputato interessante da volerlo sperimentare (specie considerando che in Yugoslavia c'erano anche Hurricane e Bf-109), è difficile da capire, ma se vogliamo è un ultimo onore per questo vecchio combattente. Della loro sorte finale non si sa nulla.


Quanto al Sud Africa, i suoi Fury vennero comprati con un primo lotto di sette, ordinati nel '36 e consegnati nel '36. Erano i primi caccia monoposto della SAAF dopo il 1920; avevano il Kestrel II come quelli della RAF (gli Mk.II). Sei di questi caccia, che militarono in unità miste bombardieri-caccia come il 4° Squadrone di Durban durante gli anni '30, vennero presi in carico dal 1 SAAF Squadron quando esso mosse in Africa orientale già nel maggio 1940. Trasportati via mare nel periodo 26 maggio-1 giugno, giunsero a Mombasa e presto vennero assemblati. In seguito ne arrivarono anche sei ex-RAF (ma solo in Agosto), e infine altri 16 (ottobre-gen '41). Oramai erano apparecchi del tutto superati, e forse queste aggiunte sarebbe stato molto meglio farle prima, ma tant'é.

La prima azione di questi aerei, incaricati della difesa aerea della zona di Wajir, fu il 3 agosto 1940. Arrivò un Ca.133 in ricognizione e venne prontamente affrontato da due Fury, anche se ne erano stati allertati tre (il motore del terzo non funzionò), uno dei Fury ebbe problemi di sparo e così alla fine solo uno dei Fury funzionò come previsto, con numerosi passaggi frontali contro la lenta 'Caprona', sfruttando l'agilità e la velocità del suo aereo. Questa tentò di atterrare ma si scassò e prese fuoco. Il pilota venne tirato fuori dai rottami dai soccorritori, malamente ustionato e ferito, ma cercò ugualmente di aiutare a tirare fuori anche i suoi compagni, per i quali non vi fu niente da fare. In seguito anche il pilota morì. Un episodio umanamente molto doloroso per tutti i presenti. La vittoria venne accreditata ad entrambi i sudafricani (Rushmere e Black, questo era in realtà quasi di certo l'abbattitore decisivo con i suoi attacchi frontali).

La fortuna viene e va. Così già il 4 agosto, il giorno dopo, due Fury andarono persi per collisione in volo, ma i piloti si salvarono con il paracadute e poche ferite minori.

Il 6 agosto altra azione dei Ca.133, stavolta due della 9a Squadriglia (25° Gruppo), che bombardarono Baidoa e Harbow. Dichiararono di avere distrutto al suolo tre caccia e di avere abbattuto uno dei tre che cercò di intercettarli. In realtà erano due, e nessun caccia venne perso né in aria né a terra. Il 7 agosto altro avvistamento di un Ca.133, ma il Fury era troppo lontano e rinunciò all'inseguimento. Forse troppo arrendevolmente.

Infatti, appena poco tempo dopo, in quello stesso giorno, lo stesso pilota, tale lt. Burger, sperimentò il suo vecchio Fury contro un moderno e potente Gladiator. Inopinatamente, nella gara di salita che ne seguì vinse il Fury.

Il 4 settembre un episodio curioso: Rushmere collise con la boscaglia durante un atterraggio su di una pista avanzata, perdendo 7,5 cm di un'estremità dell'elica. Per ritornare alla base vennero così 'pareggiate' tutte le pale, ridotte di 10 cm l'una.

Il 2 SAAF Squadron, formato il 30 settembre in Kenya, ebbe 9 Fury, 5 Hurricane e 9 Gladiator nella sua formazione iniziale. I Fury erano usati come scorta degli Hartbeests del 40 Sqn, aerei da ricognizione e attacco al suolo. A parte un brutto incidente in ottobre (caccia stallato e precipitato, gravi ustioni per il pilota), non vi furono molte attività da ricordare per i Fury. Il 19 ottobre però arrivarono i soliti 3 Ca.133 per colpire Garissa, dichiarando due aerei distrutti al suolo e uno in aria durante la missione. In realtà non ottennero quanto dichiarato, mentre in compenso gli italiani persero uno dei Caproni, sotto il fuoco di uno dei due Fury decollati (da parte di Burger), Wiese invece sparò 300 colpi contro un altro trimotore, che tuttavia sparì nella tempesta di polvere che imperversava. Il Caproni abbattuto non si incendiò e l'equipaggio (5 persone) gli diede fuoco dopo l'atterraggio, prima di cadere prigionieri.

I Fury, del resto, non potevano fare molto di più e i Caproni, per quanto lenti, erano piuttosto robusti e bene armati. Fossero stati Hurricane non ci sarebbe stato problema, e così per i Gladiator, ma con due sole Vickers c'era poco da sperare. Anche così qualche risultato venne ottenuto. Il 31 ottobre però, tre caccia del 2 SAAF andarono vicini ad abbattere due Ju-86 che portavano niente di meno che il primo ministro sudafricano Gen. Smut e altri alti ufficiali. Per fortuna i tre Fury non inflissero danni agli aerei, anche se almeno uno di loro aprì il fuoco. Forse, almeno in quest'occasione, fu un bene che si trattasse di macchine dalle potenzialità limitate.

Dopo un incidente mortale (24 dicembre), il 2 SAAF, il 3 gennaio, mandò in Kenya al 1 SAAF i suoi Hurricane e rimase con 12 Fury e 3 Gauntlets. Negli spostamenti sulle basi, i Fury non ebbero molto giovamento quado raggiunsero Garissa. Faceva talmente caldo che il refrigerante del motore entrava in ebollizione a circa 1 km di quota, mentre salire a 6.000 m richiedeva anche 20 minuti. Decisamente le prestazioni con climi così caldi diventavano inaccettabili. I Fury rimasero in A.O.I. fino all'aprile 1941, poi vennero mandati in patria. Con il 43 SAAF Air Commando Tour presero parte ad una serie di attività di propaganda per favorire l'arruolamento degli africani. Tra le loro specialità, merita in questo caso la mensione dell'impiego di CR.42 italiani catturati, fatti scontrare (presumibilmente finendo 'abbattuti') in finti dogfights con i Fury. Dev'essere stato molto interessante vederli all'opera, anche se nella realtà i Fury furono piuttosto fortunati a non incontrarli mai, essendo al più al livello dei CR.32. Durarono in servizio fino all'agosto 1943, terminando gli ultimi mesi in servizio con l'8 Squadron.

Ki-10

Quest'aereo è l'ultimo dei biplani da caccia giapponesi, a meno di non considerare così l'idrovolante FM-1, che era velivolo assai versatile (370 kmh) e talvolta usato come caccia intercettore oltre che come velivolo da ricognizione armata.

Richard Vogt fu per molti anni nel periodo interbellico il capo-progettista della Kawasaki. Il Ki-10 rappresentò il primo apparecchio di questa ditta, che fosse interamente pensato e progettato da giapponesi. Doveva sostituire l'anziano Type 92 (un ennesimo coevo dei CR.30/32) e il successore, il Ki-5, che si era dimostrato deludente in servizio.

Il Ki-10 venne progettato a regola d'arte. Era una macchina metallica, anche se di tipo totalmente convenzionale, anche se l'apertura alare mostrava un'asimmetria (presumibilmente per contrastare la coppia al decollo, come fece in seguito Castoldi sui suoi Macchi), gli alettoni erano solo sull'ala superiore. Il prototipo venne ultimato nel '35. La nascita dei caccia 'super-manovrabili' in salsa giapponese avvenne proprio con quest'aereo, tanto maneggevole da costituire poi anche un punto di riferimento per i successivi monoplani. Questi ultimi non tardarono ad arrivave, e visto che la Nakajima, rivale diretta della Kawasaki, ne stava costruendo uno (il Ki-27), la Kawasaki potenziò al massimo il suo apparecchio con elica tripala metallica anziché bipala lignea, più altre migliorie di dettaglio. Così, malgrado fosse un apparecchio superato, ebbe un ordine per 300 esemplari o Tipo 95, costruito in un versione iniziale (Modello I) e una con fusoliera allungata (Modello 2, 280 esemplari) fino al 1938. PEr competere con i nuovi monoplani venne anche approntato il Ki-10-I-KAI, con motore da 950 hp e 445 kmh. Apparvero anche due prototipi di Ki-10-II KAI, ulteriormente migliorati. Tuttavia non vi fu seguito per queste macchine, oramai il Ki-27 aveva vinto pur con un motore radiale di potenza relativamente bassa. Per rivedere un progetto Kawasaki con il motore in linea bisognerà aspettare qualche anno, con il moderno Ki-61.

Quanto al Ki-10, caccia come si è detto convenzionale, ma nondimeno in gran parte metallico (eccetto che il rivestimento delle ali), l'elica era a metà del muso anteriore, sovrastata dalle bancate dei cilindri; sotto vi era una sorta di persiana che apriva il radiatore; l'elica e il carrello erano carenati.

Nell'insieme si trattava di un caccia molto potente, comparabile almeno col Gloster Gladiator, anche se meno armato (le solite due Tipo 89 da 7,7 ne muso).

Il Ki-10-I aveva un motore Kawasaki Ha-9-IIA a cilindri a V da 850 hp. Pesava 1.300-1.650 kg, dimensioni 7,2 x 9,55 x 3 m; superficie alare 20 m2.

Le prestazioni erano 400 kmh a 3.000 m, tangenza 10.000 m e autonomia 1.100 km, quest'ultima molto apprezzabile per l'epoca. Ma anche di più lo era la salita, di 5.000 m in 5 minuti. Si pensi che il monoplano Ki-61, pur sfiorando i 600 kmh, arrivava a tale quota in 6, poi (appesantendosi) in sette minuti, mentre la tangenza pratica restava la stessa (ma vi sono fonti che fanno ascendere la tangenza del Ki-10 a ben 11.500 metri).

Il Ki-10 combatté piuttosto intensamente in Cina, dove non mancò di ottenere varie vittorie. Ancora in servizio (seconda linea), questa sorta di equivalente dei vari I-153, Gladiator e CR.42 venne battezzato 'Perry' dagli Alleati, ma usato essenzialmente come pattugliatore nei cieli meno pericolosi, fino almeno al '42.


Curtiss Hawk

Prima dei celebri P-40, e dei loro immediati antenati P-36, la Curtiss aveva anche una produzione di caccia biplani. Non erano aerei eccezionali, ma pur sempre validi.

L'Hawk II era la versione export dell'XF11C-2, con motore Cyclone da 710 hp, praticamente quello dell'I-15, e 94 galloni USA (356 l) di carburante. Il precedente Hawk I era differente solo perché possedeva 50 galloni (189), decisamente troppo pochi per un valido raggio d'azione. Così solo l'Hawk II venne esportato in quantità rilevanti. Aveva costruzione mista e armamento di due 7,62 mm. Ne vennero comprati dalla Turchia, che già ebbe consegne di 19 aerei dal 30 agosto 1932, il che la rese tra le nazioni più avanzate dell'epoca nel settore caccia. Seguì a ruota la Colombia (26 dall'ottobre successivo fino al luglio 1934), Bolivia (9, 1932-33) Cile (4, 1935), Cina (50, 1933), Cuba (4, 1933), Norvegia (1, 1933), Siam (12, 1934), e persino la Germania (uno, 1933). Pare che gli aerei cileni siano stati inviati, almeno in parte, in Perù che infatti li usò contro la Colombia, specialmente tre con scarponi (idro-caccia) operanti da Iquitos (Rio delle Amazzoni). I Boliviani combatterono contro il Paraguay anche con l'impiego degli Hawk II in versione cacciabombardiere, anche se non gli servirà a molto visto che alla fine persero contro un nemico alquanto inferiore sulla carta. Il Siam li usò contro la Francia, con uno squadrone, assieme a 4 con gli Hawk III, con compiti vari incluso l'attacco in picchiata, anche se con perdite elevate. All'epoca era alleato del Giappone, ma questi il 7 dicembre invase anche la futura Thailandia. Già il giorno successivo, saggiamente, venne stabilito un cessate il fuoco. Sopratutto, però, gli Hawk combatterono per i Cinesi contro i Giapponesi, ottenendo buoni risultati fino a quando non vennero sopraffatti dai moderni monoplani da caccia nipponici. In tutto vennero prodotti 129 caccia Hawk II.

Dimensioni: 8,08 x 9,6 m, motore Cyclone da 710 hp, prestazioni 335 kmh a 2.100 m, autonomia 666 km.


Il successivo Hawk II era la versione export dell'BF2C-1 della Marina USA, dal quale si differenziava perché tornava alla struttura lignea dell'F11C-2 e con un motore SR-1820 Cyclone. Uno venne esportato in Turchia nel '35, seguirono subito dopo gli aerei Thailandesi (24, Agosto 1935), 102 cinesi (dal marzo 1936, 90 assemblati dalla CAMCO cinese), l'Argentina (10, maggio 1936).

Anche questi aerei ebbero impiego in Siam e Cina, ma oramai la loro formula era superata anche se decisamente superiori ai precedenti Hawk. La Cina li impiegò tra il '37 e il '41 in combattimenti pressoché continui, con rilevanti perdite. Tre di questi aerei furono le prime vittime degli A5M nel settembre del '37. Un ultimo Hawk III è conservato al museo dell'aviazione di Bangkok. In tutto ne vennero prodotti 139.

Dimensioni: 7,14 x 9,6 m; motore 785 hp; velocità 386 kmh a 3.505 m, quota 7.864 m, autonomia 925 km, armamento due da 7,62 mm e 215 kg di bombe.

In Cina essi furono particolarmente importanti, anche perché parte del programma per costruire industrie aeronautiche in zone come Nanchang e Shangai, anche se fu un tentativo piuttosto velleitario. Questo anche perché i vari 'consiglieri' si interessarono sopratutto di fare 'lobby' per le industrie nazionali dei loro Paesi d'origine e la situazione vide presto un gran numero di tipi d'aerei che non riuscivano a dar vita ad una forza aerea coerente. Forse l'unica eccezione furono -aerei russi a parte- i Curtiss, che ebbero una prima favorevole presentazione il 7 marzo 1933 con un esemplare consegnato al costo di circa 12.000 dollari, seguiti poi da altri 18 entro l'8 maggio, al costo di poco superiore ai 12.600 dollari l'uno, ma senza contare i motori. Un altro lotto del giugno-luglio comprendeva aerei da 11.850 dollari l'uno (17 altri), e infine gli ultimi 14 vennero consegnati entro il 1 settembre, allo stess ocosto. Totale: 50 apparecchi.

L'Hawk III venne consegnato a partire dal 19 marzo 1936, ma al costo di 15.841 dollari (sempre senza motore), seguito da 11 altri entro il 17 luglio (16.400 $), e infine 60 altri, consegnati nel periodo 16 maggi-7 agosto, al prezzo unitario di 15.301 dollari. Infine, il periodo 12 aprile-7 giugno 1938 vide altri 30 Hawk consegnati al costo unitario (sempre senza comprendere il motore, non essendo questo di produzione Curtiss) di 13.602,7 $. Così si arriva a 102 macchine, 90 delle quali assemblate alla CAMCO di Hangzhou.

Non stupisce che all'inizio della guerra contro il Giappone, nel luglio 1937, gli Hawk fossero i principali caccia cinesi, con un totale di 122 consegnati e raggruppati in Gruppi Aerei ciascuno su tre squadroni di 10 velivoli. In tutto l'aviazione cinese possedeva ben 600 apparecchi, non male per una forza secondaria, ma del tutto insufficienti per proteggere una popolazione che ammontava a quasi altrettanti milioni di abitanti (circa 500). I circa 305 caccia erano sui gruppi 3, 4 e 5 PG (Pursuit Group) e lo squadrone indipendente 29th PS. Gli Hawk III, o 'Nuovi Hawk', erano per i gruppi 4 e 5, nonché gli squadroni 7 e 29 che possedevano anche alcuni Breda 27, i 'cloni' italiani del P-26. Altre unità avevano 15 CR.32 e vari P-26 (Boeing 281), mentre il 5th PG aveva funzioni di scuola e volava con i vecchi Hawk II. Già il 10 ottobre 1937 i Cinesi avevano ancora solo 130 aerei efficienti in servizio, e per novembre erano scesi a circa 3 dozzine. Nonostante l'assemblamento di altri 12 Hawk da parti di aerei distrutti, c'era bisogno di altri rinforzi e vennero comprati 36 Gladiator Mk I, e sopratutto gli I-15 e 16, che arrivarono anche con bombardieri SB-2 e un gruppo sempre più nutrito di volontari sovietici.

Per il febbraio 1938 gli Hawk III erano pressoché tutti inefficienti e progressivamente relegati a compiti di seconda linea. Nondimeno il 26 maggio 1940 un ultimo combattimento vide un Hawk III dichiarare da parte di un pilota del 22 PS (Captain Yuan Chin-Han)un bombardiere nemico, ma assieme a due I-15bis del 21th PS. In tutto gli Hawk II e (sopratutto) III dichiararono numerose vittorie, specie considerando quant'erano (relativamente) pochi. Le perdite ascrivibili di cui si ha notizia sarebbero state, per i giapponesi, 41, pagate con un totale di 17 Hawk abbattuti in azione, nemmeno molti. Quasi tutti gli altri vennero distrutti per incidenti o logorati dal servizio svolto.



Avia B.534

Ai suoi tempi, questa famiglia di eleganti biplani da caccia era reputata, giustamente, tra le migliori mai costruite. Progettata dal team diretto da Frantisek Novotny, essa somigliava aerodinamicamente ad un Hurricane in versione biplano, sopratutto dopo che venne adottato il tettuccio chiuso. La struttura era tradizionale e solida; fusoliera con travi in tubi d'acciaio con struttura reticolare, ali costruite con striscie di acciaio; tutte le superfici, eccetto la parte anteriore della fusoliera (metalliche) erano in tela verniciata. Il motore era raffreddato ad acqua, si trattava di un H.S. 12, con un radiatore sotto la fusoliera e tra le gambe del carrello principale (le uniche con le ruote, il ruotino era a slittino). Anche così, nonostante tutto, il caccia era dotato di eccellente agilità, salita e picchiata. Il primo esponente della famiglia era il B 34, costruito in pochi esemplari, nel '34 comparve invece il B 543.II, che introduceva tra l'altro due mitragliatrici per ciascun lato della fusoliera, con apposita rigonfiatura laterale, e dei lunghi solchi sul fianco della fusoliera per far sparare le armi lasciandole al contempo ben dentro la struttura. In pratica, il B 34-534 fu anche in questo caso, l'equivalente di quanto si faceva da altre parti, come il C.R.30 e 32 coevi. Si sperimentò diversi tipi di armi, incluso un cannone da 20 mm nel mozzo dell'elica,ma che presentò dei problemi. Vennero costruiti 200 aerei e nel '35 si passò al B.534.III, e poi al modello .IV, che finalmente introduceva il tettuccio scorrevole e, ma solo successivamente, un'elica metallica. Il carrello era sostituibile con gli sci per l'impiego invernale. In tutto vennero completati 272 B 534.IV, tant'è che nel '38 erano in servizio ben 450 aerei, tra B 534 normali e Bk 534, armati di un cannone da 20 che, almeno in parte, aveva risolto i problemi di affidabilità al sistema d'alimentazione. Nel '36 volò anche il B 634, che molti osservatori giudicarono il più pulito e bello tra i caccia biplani, ma non entrò in produzione di serie. Del resto, oramai erano i monoplani che in prospettiva avrebbero fatto la differenza.

In effetti, già la fusoliera del B 534 sembrava fatta apposta per essere ulteriormente modificata e diventare a tutti gli effetti la base per un caccia che cambiasse tipo d'ala. Il suo potente motore, nel tipo B 534, era capace di 860 hp e permetteva 405 kmh. Sopratutto, era possibile salire a 5.000 m in meno di 4,5 minuti. Questo aereo, malgrado la penalizzazione del radiatore esterno, era quindi veloce almeno quanto i monoplani D.510 parimenti equipaggiati. Era molto agile, sopratutto ad alta velocità, e poteva superare in salita praticamente qualunque altro aereo. L'armamento era ben concentrato nel muso e nell'insieme si trattava di una macchina bella anche a vedersi, tanto che nell'insieme era considerata -ad un certo punto- come il miglior caccia europeo disponibile (presumibilmente attorno alla metà degli anni '30). Inoltre, da questo caccia si stava passando a nuovi progetti del tutto moderni, monoplani.

Probabilmente destò una certa sopresa, così, rilevare come invece il B 534 non riuscisse ad ottenere risultati contro i piccoli C.R.32 ungheresi nella primavera del '39, durante la cosidetta 'Piccola guerra'.


I C.R.32 erano arrivati a seguito dell'alleanza con l'Italia, con il Protocollo di Roma del '35. Ne vennero ordinati subito 26 e altrettanti nel '36, quando in effetti vennero consegnati tutti tra il 23 aprile e il 2 dicembre. Da notare che questi aerei non presentavano l'armamento standard di Breda da 12,7 mm, anche perché all'epoca forse queste non erano nemmeno disponibili, essendo appena entrate in produzione. Così ebbero due M. GKH da 7,92 mm, che se non altro erano assai più leggere. Vennero assegnati al I Gruppo da caccia con tre 'sotto-gruppi' (squadriglie). Nel '38 vennero anche ricevuti altri 36 aerei, stavolta si trattava di macchine austriache, che, dopo l'unificazione, erano diventate ridondanti. Anche l'Austria era stata cliente dell'Italia e il C.R.32 era forse l'unico prodotto che avesse incontrato il favore dei piloti. All'epoca l'Hungeria era ancora in una condizione di 'disarmo' e solo il 22 agosto venne firmato un accordo con il quale ebbe mano libera nel riarmarsi, purché non rivendicasse poi i territori perduti con il Trattato di Trianon del 1920. Così, finalmente, la MKHL (aviazione reale ungherese) divenne una forza armata 'ufficiale', e la sua prima crisi fu quella di Monaco, dell'ottobre seguente. La sua prima vittoria aerea fu l'abbattimento di un S-328 Ceco il 25 ottobre, ma il pilota abbattitore venne punito dato che tutto si voleva, fuorché un'eventuale escalation. Tra l'altro i Cecoslovacchi erano decisamente meglio armati: in teoria possedevano circa 10 volte i caccia degli Ungheresi. Presto gli Ungheresi, ora forti di un'aviazione, cominciarono a reclamare i territori a maggioranza etnica ungherese, a partire dal novembre del '38.

Nel frattempo la Germania si era annessa la Boemia e Moravia, e il 23 marzo l'Ungheria, di fronte ad un nemico ora molto meno forte, occupò la Ruthenia. L'aviazione Slovacca (ancora indipendente, ma per poco) attaccò le truppe ungheresi in avanzata, e presto si fece viva anche la caccia della MKHL per proteggerle. Il 24 marzo già vi furono due battaglie aeree. La prima, di mattina, perché degli Ju-86 ungheresi attaccarono l'aeroporto di Spisska Nova Ves. C'erano tre C.32 della squadriglia 1/2, e vennero attaccati da altrettanti B-534 del 49imo Letka. La battaglia fu breve, ma gli Avia ebbero la peggio. Tra i loro piloti c'era anche il comandante Jan Prhacek (49imo Letka), che rimase ucciso; un altro Avia venne abbattuto ma il pilota sopravvisse, e un terzo riuscì a scappare senza danni. Alle 15.00 la stessa squadriglia ungherese decollò su allarme, con 9 aerei, incontrando tra le nuvole, a circa 2.000 m, tre B-534 in scorta a tre S.328. Gli Avia ebbero, anche in questa situazione, l'iniziativa, ma aprirono il fuoco troppo presto e due di questi (45imo Letka) vennero abbattuti. Un'altra sezione di CR abbatté in fiamme un S.328, e un secondo costretto ad un atterraggio d'emergenza. Poi apparvero altri tre Avia che ingaggiarono alcuni dei CR. Uno degli Avia venne inseguito da uno dei piloti (Palko) che gli sparò tutti i mille proiettili delle sue armi, prima di abbatterlo (o meglio, di costringerlo ad un atterraggio d'emergenza). In tutto gli Ungheresi dichiararono 5 Avia e 2 Letov, in effetti ne vennero persi 3 e due rispettivamente; un paio dei Fiat vennero dichiarato dagli slovacchi, ma senza alcuna conferma di tali vittorie. Anche le perdite umane furono pesanti. Tra queste tale Ferdinand Švento, che saltò col paracadute da uno dei Letov colpiti, ma venne colpito da una pallottola allo stomaco mentre scendeva. Atterrato vicino a degli Ussari ungheresi, si sforzò di stare in piedi e lo si vide cercare dentro la sua tuta di volo, così che venne prontamente ucciso. Ma fu un errore, non stava mettendo mano alla pistola, ma ai documenti personali. Tre volte sventurato, dunque: abbattuto, ferito e poi ucciso per sbaglio. Venne sepolto con gli onori militari quale magra soddisfazione. Il 28 marzo la pace ritornò tra le due nazioni.

Gli Ungherersi in seguito appoggiarono l'invasione tedesca concedendo anche il proprio territorio, anzi, dopo una settimana da quell'infausto 6 aprile 1941, si mossero a loro volta verso la parte nord della Yugoslavia. I CR dell'1/1 e 1/2 vadászszázad (squadriglie) li appoggiarono, subendo la perdita di due di loro e il danneggiamento di un terzo entro il 13 aprile, quando la Yugoslavia si arrese.

Ma, a parte questa ingloriosa spedizione, i CR continueranno a combattere ancora per un po', quando le squadriglie 1 e 2 combatterono ancora per la difesa di città e centri industriali vicini alle loro basi. Il 26 giugno tre bimotori attaccarono Kassa (l'attuale slovacca Kosice), ma i CR.32 non riuscirono ad intercettarli, decollando su allarme. Data l'identificazione degli aerei come 'sovietici', l'Ungheria non perse altro tempo prima di dichiarare guerra all'URSS.

Dopo appena pochi giorni il CR.32 venne tuttavia relegato a compiti addestrativi. In tutto questi caccia dichiararono nove vittorie e un aereo danneggiato, 8 delle vittorie effettivamente vennero ottenute (5 Avia e 3 Letov).

Per i B 534 non vi fu molta gloria: il 24 marzo dichiararono 2 CR, mentre il 6 settembre 1939 un R-XIII, il 26 un RWD-8; il 7 settembre 1941 tre I-16, il 10 altri due aerei non ben definiti, e infine il 2 settembre 1944 uno Ju-52.

I biplani Avia, sebbene molto agili ad alta velocità, vennero probabilmente sconfitti perché accettarono il combattimento con i CR a velocità per loro svantaggiose. L'aviazione slovacca o SVZ ebbe almeno 79 B-354 e 11 Bk-534 in carico, il che significava che solo una piccola parte degli aerei era ancora disponibile, rispetto all'armata prima esistente. Erano tutti aerei dell'ex 3° Reggimento dell'Aviazione Cecoslovacca e vennero suddivisi in reparti di scuola e almeno 3 squadroni. Ancora il 1 agosto 1943 c'erano 43 Avia disponibili, di cui 34 efficienti.

Gli aerei Slovacchi erano gli unici alleati ufficiali della LOfwaffe nell'invasione della Polonia, in effetti ricordata per l'attacco tedesco, ma colpita anche dall'armata Slovacca e poi dai sovietici. Gli Slovacchi si limitarono ad occupare le parti settentrionali slovacche, che nel 1918 vennero conquistate dai Polacchi. L'aviazione scortò gli Ju-87 tedeschi in otto missioni di guerra ed eseguì poche altre missioni di pattugliamento, con la perdita di un caccia abbattuto in azione e uno per incidenti. Un ricognitore RWD-8 venne costretto ad un atterraggio d'emergenza.

L'aviazione slovacca intervenne anche nell'attacco tedesco nel giugno 1941 con tre squadriglie del II. Stihacia perut’, ma l'11° Letka non riuscì a partecipare. Il 7 luglio partirono per l'Ucraina il 12° e il 13° Letka, con 11 aerei l'uno. Il compito di questi anziani aerei era la scorta degli Ju-87 e Hs-126 tedeschi, azioni di pattugliamento e mitragliamento, perdendo un aereo in azione per la contraerea il 16 luglio e uno il 21 (ma quest'ultimo aereo venne riparato sul posto, visto che era stato solo costretto ad un atterraggio d'emergenza dietro le linee amiche). Un altro aereo venne perso il 25 luglio. Il pilota venne tuttavia recuperato da un suo compagno, tale Martiš. Nonostante il fuoco di terra sovietico, che lo ferì più volte, riuscì a decollare e con il compare attaccato alle strutture alari (senz'altro una delle migliori caratteristiche dei biplani, se c'era da recuperare qualcuno..) riuscì a tornare alla base. In seguito Martiš diverrà un asso con cinque vittorie, mentre il passeggero Bresina uno con 14 successi accreditati.

Il confronto con la caccia sovietica era dietro l'angolo, e il 28 luglio un I-153 venne danneggiato da una formazione di tre aerei del 12° Letka, scambiati dai sovietici per apparecchi rumeni. Il biplano sovietico, che pure era tecnicamente più che adatto a combattere gli Avia, fu costretto ad un atterraggio d'emergenza nella zona di Yuzefpol. Si trattava di una macchina del 168 IAP, non è noto se venne rottamata o recuperata in seguito. Il 29 luglio altri tre Avia, nella solita formazione tipo 'roj' avvistarono I-153, I-16 e 'I-17' (forse MiG-3) il ce li convinse a scappare a volo radente verso la base. Il 30 vi fu un mitragliamento e spezzonamento su ordine della 17a Armata tedesca, ma ancora una volta gli Avia dimostrarono di soffrire il fuoco della contraerea sovietica e uno di essi venne costretto ad un atterraggio d'emergenza. Ancora una volta il pilota venne recuperato da un compagno atterrato vicino e che lo portò via aggrappato alle strutture dell'ala biplana: un numero da 'circo volante', ma nonostante tutto, efficace.

Il 7 settembre, passate le sei del pomeriggio, il 12° Letka dichiarò due vittorie contro gli I-16 su Gornostaypol (70 km a Sud di Kiev).

Per l'ottobre, i due Letka avevano volato 1.119 missioni e sostenuto 58 combattimenti aerei, 14 mitragliamenti e 14 missioni di bombardamento, 383 di pattuglia, circa 180 di scorta. Tutto sommato se la cavarono abbastanza bene, ma il loro tempo era scaduto quali aerei di prima linea. Il 1 giugno 1942 tornarono in URSS: si trattava del solo 11° Letka, con compiti anti-partigiani, durando il suo impiego per 14 mesi nei quali si ebbe la perdita di due aerei per fuoco nemico (probabilmente anche altri per incidenti). Gli Avia ebbero tuttavia problemi di rifornimento, sopratutto il carburante speciale che usavano, il BiBoLi (alcol-benzolo-benzina tipico dell'aviazione cecoslovacca), per non parlare dell'obsolescenza dei mezzi; già dal febbraio 1942 i primi piloti Slovacchi vennero mandati in Danimarca per addestrarsi al Bf-109. Degli Avia 534, quattro scapparono in territorio sovietico il 31 agosto 1944 (assieme ad altri 23 apparecchi di vario tipo), quando finì la storia dell'aviazione Slovacca.

CR.32

I CR.32 in servizio con la Regia Aeronautica, ai tempi della II Guerra mondiale, erano ancora molti. Del resto solo l'anno prima combattevano con successo in Spagna e circa 1.200 vennero costruiti in varie serie, la maggior parte per la R.A. Anche se circa 380-400+ vennero mandati a combattere in Spagna e lì rimasero per l'aviazione franchista, ancora il 10 giugno 1940 si stima che ve ne fossero ben 294 nel solo teatro del Mediterraneo; di questi 177 erano in carico ai reparti operativi e costituivano un quarto della caccia di pronto impiego. In A.O.I. c'erano altri 34 aerei di cui 23 efficienti. In tutto fanno 328 apparecchi, più o meno quanti erano i CR.42. Sebbene i Gladiator non fossero così superiori, dalla velocità quasi intermedia (ma come salita, accelerazione, tangenza, erano almeno pari ai CR.42, probabilmente l'inferiorità in velocità era data sopratutto dal grosso abitacolo chiuso), il CR.32 venne spesso usato come aereo da scuola caccia, sostituendo i CR.20 e 30 e integrando i piccoli e agili Ro.41. Ma ben presto, dato l'insufficiente gettito produttivo, venne anche usato come caccia di prima linea ad esaurimento, operando in tutti i fronti mediterranei. Venne anche impiegato come caccia notturno, ma con risultati non proprio eccelsi. In una missione svolta di notte, nei giorni della guerra con la Francia, tre CR.32 decollarono per un allarme, ma solo uno riuscì ad atterrare normalmente (era l'aereo di Carlo Cugnasca); gli altri due si fracassarono al suolo.

Nonostante il maggior numero di caccia CR.42 (specie considerando i successivi rinforzi), i CR.32 si fecero valere sopratutto in A.O.I. con le squadriglie 410a (Giggiga) e 411a (Dire Daua), per un totale di 18 velivoli efficienti, 5 in riserva e 11 in revisione. Non esattamente un'armata aerea, ma gli apparecchi alleati presenti in quella zona erano quanto di più raccogliticcio immaginabile, e l'occupazione del Somaliland britannico ebbe successo. Fu l'unica sconfitta di grandi dimensioni subita dai britannici dai soli italiani, i CR.32 appoggiarono l'azione perdendo un aereo, mentre in aria e a terra vennero distrutti 9 apparecchi nemici. In qualche occasione i CR.32 se la dovettero vedere anche con una forza da caccia degna di questo nome. In almeno un caso un CR abbatté un Hurricane, sorpreso a mitragliare un aeroporto, anche se poi venne subito dopo abbattuto da un secondo aereo. Vi fu qualche vittoria con i Blenheim da bombardamento e da caccia, ma in generale, se contro i Gladiator c'era ancora da giocarsela, i biplani CR incontrarono nell'Hurricane un nemico inesorabilmente superiore. Magari non era facile abbatterli data la loro agilità, ma prima o poi accadeva.

Fu sopratutto in Africa che il CR.32 venne impiegato ad esaurimento. La 5a Squadra aerea era in Libia e tra i suoi reparti c'era l'8° Gruppo CT del 2° Stormo di Tobruk, tutto con i CR.32; mentre altri erano nel 13° Gruppo di Castelbienito e il 10° di Benina. Il primo giorno di attacchi britannici formazioni di Blenheim bombardarono gli aeroporti, incontrando tuttavia le pattuglie di CR.32 in aria ad aspettarli, tanto che ben tre bombardieri Bristol vennero abbattuti. I britannici si accreditarono 18 aerei italiani distrutti al suolo, per gli italiani -curiosamente- vi furono sì 18 aerei colpiti, ma la gran parte sopravvisse alle bombe.

Ma fu sopratutto l'impiego con il 50° Stormo che diede i suoi frutti, come spesso accade un buon caccia quando invecchia può fare bene l'assaltatore. Con due Breda da 12,7 mm (i CR.32 usati erano i Quater, privi delle armi da 7,7) e con vari tipi di bombe, come due da 15 kg, il Freccia aveva ancora un senso. Lo stormo avrebbe dovuto avere i Caproni Ca.310 Libeccio; ma all'esordio già diede modo di dimostrare la sua inadeguatezza come macchina bellica.

Così vennero salvati (giusto in tempo) dalla rottamazione i vecchi ma ben più rispettabili Ba.65, mentre vennero presto distolti dalla missione di caccia i superati CR.32. Questi due veterani della guerra in Spagna ebbero così un ultimo importante impiego insieme, e dall'estate del '40 cominciarono ad inseguire i veloci reparti mobili inglesi, che scorrazzavano nel deserto e che di fatto erano inarrestabili da parte del Regio Esercito. La distruzione della 'Colonna D'Avanzo' (circa 200 soldati, vari camion, 4 cannoni e 12-17 carri L3) fu una dimostrazione di come non vi fosse partita a quel tempo in una battaglia mobile. Così i caccia CR.32 ebbero l'impiego migliore nel dare a loro la caccia. Spesso venivano usati in azioni miste, e con molta rapidità si riequipaggiarono le unità d'assalto sia con i Ba.65 che con i CR.32. Questi ultimi facevano la scorta, e picchiavano sul bersaglio dopo che i Ba.65 lo avevano colpito. Il 4 agosto parteciparono ad una violenta e famosa battaglia, nel corso della quale vennero abbattuti almeno 3 Gladiator, tra cui quello del futuro asso Pattle. In realtà non è facile capire come le cose andarono in quel giorno e la ricostruzione inglese e quella italiana sono decisamente discordanti, ma in ogni caso pare che dei sei CR.32 e altrettanti Ba.65, solo quattro di questi ultimi vennero danneggiati e nessuno perduto. In quella battaglia, anche da parte italiana, parteciparono molti piloti destinati ad essere famosi: Fanali, Lucchini (forse l'abbattitore di Pattle) e Visconti, all'epoca pilota di Ba.65.

Data la mancanza di filtri d'aria, in 20 giorni (entro la fine di giugno 1940) il 20% almeno degli aerei della R.A. era inefficiente. I CR.32, pur non subendo perdite traumatiche (come curiosamente invece accadde ai CR.42 in diverse occasioni), subendo circa 20 perdite in combattimento e incidenti, finirono presto inefficienti. Alla fine di febbraio, dei 180 aerei impiegati in Nord Africa la gran parte era già andata perduta, per lo più al suolo. I risultati furono, complessivamente, di circa 10 aerei abbattuti, alcuni probabili, più i danni inflitti a terra, dove vennero rivendicati oltre 100 blindati e numerosi automezzi.

I CR.32 in servizio con la R.A. nella II GM, spariti dai reparti di prima linea grossomodo entro metà del '41, ebbero il seguente impiego:

  • 2° Gruppo (6° Stormo), squadriglie 150-152, autonomo dal 20 settembre 1940, basato a Grottaglie. Pattugliò il Mar Ionio tra giugno e novembre, poi passò totalmente ai G.50 e con questi venne mandato in Africa a dicembre. Probabilmente i suoi caccia v'erano già stati spediti per rinforzare i reparti d'assalto.
  • 3o Gruppo (153, 154, 155a), 6° Stormo, basato in Sardegna. Il CR.32 venne sostituito gradualmente dal CR.42 dal gennaio del '41, completando entro aprile tale rinnovo.
  • 8° Gr (92-94a), 2° Stormo, inizialmente a Tobruk T2 con un misto di CR.32 e 42, i primi dei quali radiati il 2 luglio, sostituiti da altri Falco.
  • 12° Gr (159 e 160a), 50° Stormo, inizialmente basato a Soman (Tripolitania), poi in un'altra mezza dozzina di basi, l'ultima delle quali (con i CR.32) a Zuara, sempre in Tripolitania, ma solo per via dell'avanzata britannica, poiché già il 30 giugno era stato madnato ad El Adem (Cirenaica). Il 28 gennaio venne volata l'ultima missione di guerra con i CR.32, poi arrivarono i G.50. Nel gruppo la 159a Sq aveva i Ba.65, la 160a i CR.32.
  • 13o Gruppo (77, 78, 82a sq), 2° Stormo; inizialmente a C.Benito (Tripolitania), con un mix di CR.32 e 42, ma ben presto i primi vennero passati al 50° Stormo (già antro la fine di giugno).
  • 16o Gruppo (167-69 sq), del 50° Stormo. Inizialmente a Soman, poi spostato in Cirenaica, dove rimase (Bengasi, dal gennaio dell'anno successivo), aveva la sola 167a Sq con i CR.32 in versione cacciabombardiere, e dal gennaio del '41 cominciò ad avere i C.200 come caccia intercettori.
  • 17° Gruppo: 71, 72, 80a sq, 1° Stormo. Era a Boccadifalco (Sicilia) all'inizio della guerra; inizialmente ebbe il privilegio di immettere in servizio i C.200, ma nel maggio del '40 li cedette al 6° Gruppo e tornò ai CR.32, giusto come il 4° Stormo 'ripassò' ai CR.42 prima di andare in Africa a combattere. Tuttavia, già a settembre il gruppo tornò sui suoi passi, data l'evidente scorrettezza della scelta fatta.
  • 20o Gruppo (351-53 sq), del 51° Stormo, Ciampino. Ebbe solo 4 CR.32 -come caccia notturni di un'unità provvisoria per la difesa della capitale-, abbandonati quando nel settembre il gruppo andò con i suoi G.50 in Belgio.
  • 21° Gruppo, sq 354-56, parte del 51° Stormo ma poi del 52° Stormo e infine autonomo successivamente (ottobre) quando si trattò di muovere da Capodichino al teatro albanese. Esso ebbe vari caccia CR.32 usati come aerei intercettori notturni. Il 7 novembre, tuttavia, tre CR.32quater vennero assegnati come caccia notturni alla 356a Sq, che per il resto usava ancora i G.50 come macchina principale, poi sostituiti in aprile dal Macchi 200.
  • 24° Gruppo (361 e 362a Sq), 51° Stormo, basato a Sarzana. Divenne autonomo nell'ottobre del '40 e con i G.50 venne spedito in quello stesso mese sul teatro albanese.
  • 160° Gruppo (393 e 394a): basato fin dall'inizio della guerra in Albania, aveva solo 8 CR.32 e 8 CR.42, poi esclusivamente questi ultimi dal febbraio successivo.
  • 163a Squadriglia autonoma (Gadurra, M.Egeo), ebbe i CR.32 e 42 fino al '41 inoltrato, tanto che persino dopo la conquista di Creta i Freccia rimasero in servizio, ma solo come addestratori. Questa squadriglia divenne parte del 161° Gruppo l'11 giugno 1941.
  • 410a Sq, iniziamente a Dire Daua (Etiopia), poi via via spostata ad Addis Abeba e a Gondar (giugno 1941); ancora il 9 aprile possedeva 2 CR.32, ma per quando andò a resistere a Gondar, ultimo baluardo dell'Impero, presumibilmente era interamente appiedata.
  • 411a Sq: come l'altra sostenne numerosi combattimenti, iniziando da Addis Abeba. Assieme alle altre squadriglie (almeno due con CR.42) essa era quanto gli italiani potevano mettere in campo come reparti da caccia, in un territorio semplicemente immenso e dalle difficoltà ambientali inimmaginabili, specie d'estate. Alla fine fu sopraffatta come tutte le altre forze italiane presenti in zona, entro il '41. Anch'essa confluì a Gondar il giugno di quell'anno.


Ro.41/44[4]

Tra i numerosi costruttori italiani, i pochi che primeggiavano tradizionalmente schiacciavano con facilità gli 'altri'. La Fiat rimase sempre sulla cresta dell'onda, anche con progetti non esaltanti e/o del tutto obsoleti. La Savoia-Marchetti era un altro 'gigante'. La Caproni subì un decadimento, specie nel suo classico settore dei plurimotori, che divenne irrefrenabile, ma che tuttavia comportò ancora un alto numero di consegne per macchine sempre meno giustificabili. La CANT continuò a sfornare buoni progetti nel settore idro e plurimotori in generale. Le altre ditte, incluso il 'reparto corse' della Caproni, ovvero la Reggiane, soffrirono nell'ombra delle 'grandi'. La Romeo, delle Officine Ferroviarie Meridionali (da cui, molto curiosamente, scaturì questo comparto aeronautico nel 1929) si potrebbe definire una di queste, anche se in realtà, nella sua nicchia di velivoli di seconda linea, si comportò piuttosto bene. Iniziò l'attività con il Ro.1, che era un tipo olandese della Fokker riprodotto in Italia e poi via via modificato, un ricognitore diventato famoso in Etiopia, ma poi rapidamente sostituito dai numerosi e veloci Ro.37, che resteranno praticamente gli unici ricognitori terrestri della R.A. per quasi tutto il conflitto.

Il Ro.41 era stato presentato come una sorta di 'caccia leggero' nella categoria biplani. Non è noto cosa si volesse pretendere da quest'aereo, dalle forme piuttosto incerte, dalla potenza modesta, che era tra gli ultimi biplani militari ad essere apparso. Progettato dall'ing. Galasso, succeduto ben presto al fondatore ing. Tonini, il Ro.41 volò il 16 giugno 1934 con un Piaggio P.VII C.2 ed elica bipala lignea. Subito dimostrò d'essere molto agile e più veloce in salita dello stesso CR.32 (cosa in verità non sorprendente, dato che quest'ultimo era sì compatto, ma piuttosto pesante e con un motore tutt'altro che esuberante). Andò tuttavia distrutto ben presto in un incidente. Tuttavia, la sua prova era stata soddisfacente e presto ebbe ordini. Ma intanto vediamone le caratteristiche:

  • Dimensioni: 6,56 (6,90) x 8,81/6,38 x 2,65 m x 19,15 m2
  • Peso: 1.010 (1.028)-1.265 (1.288) kg
  • Autonomia: 330 km (233), anche se vi sono fonti che propendono per una durata molto maggiore (oltre 600 km)
  • Velocità: minima 94 kmh a 1.200 giri/min, max 322 (317), salita a 1.000 m in 1m 32s, a 3.000 m in 3m 47s, a 5.000 m in 7m 34s.

Il motore era un radiale a sette cilindri che, fatto interessante, aveva un compressore a due velocità (il primo stadio si inseriva già a 1.500 m, il secondo a 3.000 per mantenere la pressione costante fino a 4.500 m. La potenza era di 425 hp slm, 450 a 1.500 m, 390 hp a 4.500 m, mentre nelle ultime serie c'era il P.VII C.35 con compressore monostadio, ma al suolo capace di 500 hp. Il carburante era 176 litri, in un grosso serbatoio prismatico dietro il motore e sopra l'armamento. Sopra il motore c'era invece il serbatoio con 20 litri d'olio. L'armamento era di due Breda-SAFAT da 7,7 mm con 850 colpi totali, che sparavano non sopra, ma attraverso il motore (sfruttando la distanza tra i cilindri per far passare le canne. La struttura era mista, con le ali, sesquiplane, con longheroni in legno. Il rivestimento era ovunque in tela verniciata, ma sul fondo e dorso della fusoliera era in lega leggera. Il carrello era fisso e totalmente carenato con ammortizzatori oleopneumatici, mentre non c'era il ruotino di coda, sostituito con uno slittino metallico. Solo dopo la I serie le ruote si permisero il lusso di un apparato frenante. Il motore aveva una carenatura 'Magni' con le teste dei cilindri sporgenti dalla struttura principale, ma accolti da coppie di carenature a goccia allungata, insomma una soluzione simile a quella del C.200, ma con l'impressione che il motore avesse 14 cilindri molto 'snelli'.

Ben presto venne approntato un secondo prototipo che volò il 31 gennaio 1935, e divenne l'MM.281 nella R.A. Il 'biplanino' era molto maneggevole, ma in quota stentava quanto a potenza massima, tanto che si dovette aspettare il terzo prototipo per ottenere, finalmente, il compressore a due stadi del motore definitivo. Il tempo perso per la realizzazione di questo motore pregiudicò la riuscita della macchina quale mezzo di prima linea. Il fatto è che già dal 1932 volava il CR.30, ma sopratutto dal 1933 volava il CR.32, che non solo era del colosso Fiat-Aeritalia, ma effettivamente era un'ottima macchina e venne ordinata in grosse quantità. Sebbene il Ro.41 arrivasse dopo un solo anno, inizialmente, la sua accettazione, date le prestazioni altrimenti inammissibili, tardò e gli ordini iniziarono solo nel 1936. Era troppo tardi per affermarsi. Certo, si trattava di un caccia leggero e molto economico, ma decisamente superato. La Romeo-Meridonali (meglio ancora, IMAM dopo l'entrata nel gruppo Breda, già nel settembre del '36) lo proponeva come una sorta di intercettore di punto, da usarsi per difendere i centri cittadini e altri obiettivi simili.

In effetti, però, il Ro.41 era superato dagli altri progetti disponibili all'epoca. Ma aveva le sue buone qualità. In un certo senso, era simile all' I-15, magari al primissimo tipo, e grossomodo coevo, che aveva solo l'M-22 da 480 hp. Le prestazioni velocistiche erano simili a quelle dell'He-51, così come l'armamento. Tuttavia, era molto agile, più del CR.32 (e forse al livello dell'I-15), mentre il rateo di salita era tale che poteva battere di oltre un minuto il CR.32 sui 3.000 m, anche se va detto che in quota, anche con il motore potenziato, restava un velivolo molto scarso. Né poteva permettersi l'armamento pesante del CR.32, e tanto meno le sue prestazioni in picchiata.

Il Ro.41 divenne teoricamente un addestratore di II livello, appena istituite, cosa facilitata dal fallimento del Breda 28. Presto i Ro.41, diventati molto popolari, raggiunsero i 330 esemplari, di cui 66 biposto, disarmati e con autonomia (ulteriormente) ridotta. Si ritrovò prodotto anche dalla Agusta (quella che poi diventerà la nota fabbrica di elicotteri) e dalla AVIS di Castellammare di Stabia. Ben 28 esemplari vennero mandati in Spagna come intercettori, ricognitori, ma sopratutto, addestratori alla Escuela de Caza di Reus. Non pare che vi sia stata alcuna vittoria dal Ro.41. Nel frattempo, venne ampiamente usato come macchina ad interim dalla 5a A.B. d'Assalto del col. Mecozzi, che comprendeva gli stormi 5 e 50imo. Quasi tutte le grandi unità di caccia vollero un certo numero di Ro.41, una squadriglia da caccia, la 163ima, formata a Roma nel 1935, in seguito operò a Rodi con il Romeo, e lo tenne almeno fino al 1940, pur se prevalentemente equipaggiata con il CR.32. Quest'ultimo era ampiamente richiesto per la Spagna, e anche questo aiutò a far diffondere il Romeo, perché le unità italiane in madrepatria continuavano ad essere equipaggiate con troppa lentezza. Il 160° Gruppo CT ebbe due squadriglie su CR.32 e 42, ma anche 12 Ro.41 (6 per squadriglia), talvolta usati in crociere di protezione (questo gruppo venne formato a Tirana nell'aprile del '39). I Ro.41 andarono anche in Africa, dal 10 agosto 1940 quattro di questi erano a Tobruk come caccia notturni, un compito francamente un po' eccessivo per questo limitato apparecchio. All'estero, una volta tanto, il Ro.41 non ebbe successo, nemmeno come addestratore. In tutto la produzione, necessaria per compensare le radiazioni e gli incidenti, finirà solo nel 1943 inoltrato, con ben 728 esemplari. Nei primi sette mesi di quell'anno risultano ancora 50 esemplari sui 208 addestratori collaudati in quel periodo. Il carrello del Ro.41 era spesso bloccato dal fango, che si infilava nelle carenature, così non di rado esse vennero rimosse o sostituite con altre più semplici, perché c'era il concreto rischio di capottare se questo accadeva.

La vera limitazione dell'aereo fu il motore e i suoi 'cavalli stanchi', perché raramente erogava la potenza nominale, specie in quota. Inoltre il motore aveva un consumo non indifferente per la sua limitata potenza. In compenso era molto affidabile, una dote rara per quei tempi, e ancora adeguatamente potente per la taglia minuscola del 'biplanino'. Esso ebbe uso anche nella II GM inoltrata, anche se il monoplano FN.305 era più adatto all'addestramento dei piloti sui monoplani, per non dire poi di altri tipi anche più avanzati, come l'S.7. Dopo l'8 settembre esso venne impiegato dall'ANR con il Gruppo Complementare Caccia, ovviamente come macchina di addestramento. Finalmente il Ro.41 ebbe anche un successo estero, sia pure particolare. I Tedeschi si interessarono all'aereo e ne impiegarono parecchi per le loro scuole di volo. Al Sud non erano rimasti Ro.41 disponibili. Nato al Sud, l'aereo era emigrato al Nord e oramai lo produceva solo l'Agusta (dal 1942).

Nonostante tutto, il Ro.41 non terminò la sua carriera. Per questa macchina del 1934, undici anni dopo, venne posto un ordine, che fu anche il primo emesso dalla nuova Aeronautica Militare: 5 monoposto e 10 biposto; poi seguirono altri 10+3 aerei, per un totale di 753 esemplari. Questi piccoli aerei, ora con la livrea argentea, e da tempo senza armi (specie nel caso dei tipi biposto) furono distribuiti nelle ZAT (Zone Aeree Territoriali) e nel 1947, presso la II ZAT di Padova venne formata la prima pattuglia acrobatica postbellica con questo apparecchio. In tutto, l'attività dei Romeo continuò fino ai primi anni '50.

La IMAM non si limiterà però a questo biplano. I Ro.43 erano ricognitori biplani imbarcati. In teoria di buone prestazioni (circa 300 kmh, tra i più veloci della categoria), in pratica dalle qualità tutt'altro che eccelse. Ma fu anche peggio con il Ro.44. Non dissimile dai Ro.43 e dai Ro.37 terrestri, ma monoposto, fu un fallimento totale, anche se pochi esemplari risultavano in servizio all'inizio della guerra, con almeno una squadriglia di caccia marittimi, che peraltro non ebbe praticamente alcun peso sugli eventi bellici. Il successivo caccia monoplano, il Ro.51, del resto, fu così fallimentare che non venne nemmeno messo in produzione, e così avvenne, almeno inizialmente, per il Ro.57. L'ultimo esemplare della specie, il potente Ro.58 (con due DB-601 e fino a 5 cannoni da 20 mm) era un eccellente apparecchio, sviluppato dal Ro.57, ma era troppo tardi e rimase esemplare unico.

CR.42

Lo sviluppo del fortunato CR.32 non poteva terminare bruscamente senza un tentativo di rivitalizzarne la formula. Quello che stupisce, però, non è che si sia tentato, ma la proporzione del successo ottenuto. Successo del quale a tutt'oggi non si capisce bene la ratio. Sebbene esistesse già il G.50, il CR.42 venne portato avanti ugualmente. Non si conosce molto dello sviluppo di questa macchina, ma come suggerisce il nome vi furono diversi passaggi dal CR.32, nei quali si cercò di valorizzare l'efficienza e la semplicità dei motori radiali rispetto a quelli in linea (e in particolare, il CR.32 aveva un'unità efficiente e di progettazione 'quasi-indigena' rispetto a tante altre). Si passerà quindi all'A.74, un radiale compatto, di derivazione americana anche se non propriamente un prodotto su 'licenza occulta' come altri tipi (mentre la Fiat era di tendenza americana per i motori, nella complessa galassia della motoristica dell'epoca, l'Alfa era orientata sui tipi inglesi e la Piaggio su quelli francesi, solo la Isotta-Fraschini aveva motori originali, ma tra i peggiori della produzione aeronautica italiana).

Con questo motore, più potente del precedente del 40%, fu possibile costruire un aereo che, sebbene avesse una maggiore sezione della fusoliera, era nettamente più veloce. Era anche più veloce del Gladiator, tranne forse che a bassa quota, dove quanto meno la differenza si restringeva. Da notare che, pur con un motore appena più potente, si trattava di due tipi di radiali diversi. Il CR.42, per la potenza erogata, il carrello fisso e l'abitacolo aperto (ma a dire il vero, quello chiuso del Gladiator era probabilmente un grosso freno aerodinamico, forse la causa principale della minore velocità) il CR.42 era sorprendentemente veloce, cosa importante perché, approssimandosi ai 450 kmh, non era poi così lontano dai primi monoplani, che volavano tra i 450 e i 520 kmh. Solo gli Spitfire e i Bf-109/110 erano nettamente (100+ kmh) più veloci di questo caccia. Secondo un asso britannico, Pickering, le loro prestazioni erano intermedie tra quelle di un Hurricane e quelle di un Gladiator. A dire il vero, esagerando. Infatti, tutti e tre i tipi erano capaci di salire a circa 6 km in 9 minuti; l'Hurricane era di gran lunga il più veloce in picchiata, mentre in volo orizzontale l'Mk I lasciava indietro il Gladiator di 110+ kmh, e il CR.42 di circa 80 kmh. Tuttavia, se l'Hurricane era 'tropicalizzato', perdeva circa 30 kmh e la valutazione di Pickering diventava abbastanza realistica. Mentre il Gladiator faceva circa 406-407 kmh, il CR a seconda delle fonti volava tra i 430 e i 441 kmh, con valutazioni più spesso tra i 435-438 kmh, oltre tutto a quote superiori rispetto a quelle dei monoplani italiani, che arrivavano al loro meglio a 4.000-4.500 m. Il C.200, per esempio, a 6.000 m andava -secondo le prove originali- a 491 kmh, il G.50 a circa 450 kmh. Incredibilmente, il G.50, seppur monoplano e con lo stesso motore, era capace di una velocità appena superiore a 6.000 metri, di quanto non potesse contro il CR.42. E questo, malgrado che in teoria fosse capace di 470-483 kmh, ovvero 30-40 kmh in più. Il CR.42 era tra i migliori biplani, anche per le qualità di agilità complessive. Tra l'ultima generazione di questi caccia era l'unico totalmente 'ortodosso'. L'I-153, il diretto equivalente russo, nonché quasi contemporaneo, era dotato di carrello retrattile, il Gladiator di abitacolo chiuso, l' F3F di entrambi, il CR.42 di nessuno dei due, anche se in origine si era pensato ad un abitacolo chiuso (come del resto per gli altri caccia serie '0', dei quali solo il Re.2000 l'avrebbe conservato). Forse questo tettuccio avrebbe causato vari kmh di velocità in meno, oltre a vari inconvenienti, e non venne adottato.

Il CR.42 era quindi una macchina agile, robusta, interamente metallica (per modo di dire, nel senso che lo scheletro era metallico, ma il rivestimento era almeno in parte di tela), con un motore non potentissimo, ma affidabile, e un armamento limitato, ma essendo di grosso calibro, pericoloso anche per aerei blindati (seppure con i limiti delle Breda, che non erano certo le Browning) e con gittata e precisione maggiori dei piccoli calibri. Un nemico, dunque, da non sottovalutare, specie perché, come spiega Pickering 'i suoi piloti erano aggressivi e provetti: un attacco alle spalle poteva concludersi con il loro caccia che eseguiva una immelman e sparava frontalmente all'assalitore'.

Ma, detto delle qualità del CR.42, vanno anche elencati i difetti, o almeno, i problemi. Per una macchina entrata in servizio nel '39 (allo scoppio ella guerra c'erano già 3 stormi con circa 140 aerei, nel giugno del '40 si era arrivati a 4 più qualche squadriglia autonoma, per un totale di 300-330 aerei) si trattava di un velivolo del tutto obsoleto. Forse non era peggiore del G.50 (rispetto a cui era appena più lento, ma era più agile), ma non era certo l'indicazione per il futuro. Se ne tentò il potenziamento, incluso il CR.42DB, equipaggiato niente di meno che di un DB-601. Pare che raggiungesse i 520 kmh, non male davvero per un biplano, forse era il caccia biplano più veloce di tutti (a parte semmai la conversione di un Hurricane con questo tipo d'ala), ma non entrò in produzione. Non sarebbe stato certo un buon modo di utilizzare il motore tedesco quando in giro c'erano i Macchi 202 e i Reggiane.

La pervicacia dei piloti italiani, abituati al volo acrobatico, nello scegliere i biplani giocò senz'altro un suo ruolo nella scelta di continuare con il CR.42, e del resto allo scoppio della guerra almeno i 2/3 della caccia era costituita da biplani (per non dire dei Ro.41 tuttofare). Addirittura successe che il 4° stormo, il primo con i C.200, li rifiutò e nel '40 andò a combattere in Africa con i CR.42. La scarsità di successi dei circa 2.000 caccia monoplani italiani di prima generazione è effettivamente notevole. Ci vorrà d'aspettare la fine del '41 per vedere un cambiamento, ma la velocità dei monoplani, specie del macchi, non verrà mai sfruttata nella misura in cui facevano gli altri belligeranti, continuando a preferire i duelli manovrati, spesso più un problema che una soluzione.

I CR.42 furono protagonisti di duelli memorabili con gli altrettanti agili Gladiator, sebbene questi ultimi fossero impiegati in maniera più razionale e sfruttandone (paradossalmente) al meglio le doti velocistiche, pure se inferiori a quelle del Fiat, che già era stato messo in difficoltà dal più veloce Ca.165, il rivale sconfitto ma dalle migliori prestazioni complessive (465 kmh). La mancanza di corazze, radio, strumentazione per il volo notturno e strumentale, e quant'altro serviva per una macchina moderna, non mancarono di causare problemi ai cacciatori italiani, che di fatto dovettero sorprendersi: fino al '39 avevano dominato in Spagna contro le orde di caccia russi, e nel '40 non riuscivano ad avere la meglio su di un pugno di Gladiator e di Hurricane britannici e australiani.

Così, la produzione di quasi 1.800 CR.42, ampiamente usati in tutti i teatri operativi (eccetto la Russia) non fu d'aiuto, ma di impedimento per la caccia italiana, sebbene il G.50 non fece affatto una miglior figura. Tanti piloti italiani, come Gorrini, in pratica sono passati, nell'elenco delle loro vittorie, dal CR.42 al Macchi 202, pur avendo volato anche con i primi monoplani. Decisamente il feeling per questi era manchevole.

I CR.42 erano in servizio con un gran numero di reparti e altri ancora ne vennero equipaggiati in seguito, quando si trattò di rimpiazzare i Cr.32, oramai fuori produzione. Anche all'estero i CR.42 ebbero successo, con un ordine piuttosto congro da parte svedese, e uno da parte belga. Questi ultimi aerei ebbero modo di combattere abbastanza efficacemente. Vi fu anche qualche vittoria contro la LW, in tutto ne vennero rivendicate nove tra cui qualche Bf-109. I CR.42 belgi poterono far poco, peraltro, contro la macchina bellica tedesca. Tuttavia, mentre essi riuscirono a combattere e ad evitare il massacro al suolo, almeno parzialmente, Hurricane e Gladiator vennero annientati pressoché subito, e i pochi superstiti ebbero a loro volta perdite pesantissime anche in aria.

In ogni caso il Falco, come era chiamato il CR.42, risultò un anacronismo. A stento veloce quanto i bombardieri che scortava, se si attardava a duellare con i caccia nemici li perdeva di sicuro (era così anche con i CR.32 e gli S.81, del resto), e nell'insieme era a stento capace di difendersi da un Hurricane (il quale tuttavia doveva evitare il combattimento manovrato con i biplani) o di prevalere su di un Gladiator, malgrado i britannici non avessero piloti già esperti di combattimenti aerei, come invece era il caso di molti reduci della R.A. (Spagna).

Presto se ne studiarono vari derivati, sia pure poco diversi dall'originale. Il CR.42 divenne un cacciabombardiere con due bombe fino a 100 kg nominali (in realtà quasi 130), anche se in genere ne aveva due da 50 (69 kg). Venne usato anche come macchina da caccia notturna, verniciato in nero e con scarichi allungati (per nascondere le scintille spesso emesse dai motori). Qualche risultato verrà ottenuto. Il primo pilota che riuscì a farcela fu Graffer, contro un Whitley V, la notte del 16 agosto 1940. L'aereo venne colpito dal fuoco del caccia, ma non cadde, allora Graffer rischiò anzitempo di finire la sua carriera di pilota buttandoglisi addosso, e salvandosi dalla collisione con il paracadute. A dire il vero, il giorno prima un altro aereo analogo era stato colpito e si era fracassato alla fine del lunghissimo viaggio di ritorno (oltre 1.000 km) per la base. Ben presto, dalla caccia notturna improvvisata si passò a reparti C.N. specializzati. Ma va detto che nonostante tutto, delle 9 vittorie accertabili (a parte aerei colpiti e talvolta persi al ritorno), otto vennero colpiti dai CR.42. Un risultato misero (nel '41 vi furono solo tre vittorie, tutte ai danni di Wellington), che compresero anche qualche successo contro i quadrimotori. Il 23 ottobre 1942, un Lancaster I e un altro aereo, forse dello stesso tipo, vennero abbattuti dai CR.42, in seguito -il 21 novembre- fu la volta di un Halifax. Tutto qui, per oltre tre anni di guerra.

E dire che la C.N. era stata istituita in numero elevato. Nel 1941 vennero istituiti circa 20 comandi intercettori notturni, ciascuno con una sezione di tre CR.42, quindi non meno di sessanta apparecchi. Presto apparvero (dall'ottobre del '41) anche reparti a livello di gruppo da caccia notturna, con una forza di quasi 20 aerei l'uno, ma senza risultati soddisfacenti. In ogni caso, nonostante la presenza, quali caccia notturni, anche di qualche C.200 (in situazioni essenzialmente estemporanee), Re.2001CN e F.5, la caccia notturna italiana rimase in una situazione di notevole debolezza e solo raramente poteva conseguire un qualche risultato. Era già miracoloso che un CR.42 potesse localizzare e attaccare un Lancaster, figurarsi poi di abbatterlo[5].

Come caccia 'secondario', il CR.42 fu utile ben presto come biplano d'assalto, sostituendo i CR.32 e i Ba.65 usati dall'aviazione d'assalto; venne persino usato per attacchi antinave fino al '42 inoltrato, oppure per andare .. a caccia e a pesca, come ricordava Gorrini, nel reperire cibo fresco per i reparti in libia, mitragliando gazzelle e bombardando pesci.

In Grecia i CR.42 furono molto impegnati con i mediocri caccia locali, in particolare se la videro con i PZL P.24, che nonostante avessero struttura monoplana e motore più potente, non erano più veloci e tanto meno agili, ma pur sempre un valido avversario. Su Malta si batterono spesso con Hurricane e Gladiator (anzi, i Sea Gladiator, che avevano prestazioni un po' inferiori), mentre in Etiopia, ai 36 iniziali, se ne aggiungeranno altri 51, cosa possibile grazie a quell'aereo eccezionale che era l'SM.82, capace di trasportarli nella stiva con un motore di ricambio. CR.32 e 42 conclusero qui la loro carriera di cacciatori di prima linea, contro un'accozzaglia di apparecchi obsoleti come i Wellesley, i Blenheim, i Vincent, Fury, Gladiator. Verranno poi schiacciati inesorabilmente dall'avvento degli Hurricane, e in generale dalla mancanza di rimpiazzi. Il migliore pilota era Visintin, già esperto cacciatore dei tempi di Spagna, qui riuscì ad ottenere una quindicina di vittorie aeree, prima di restare ucciso da un impatto contro una montagna durante una sortita afflitta da maltempo.

La carriera del CR.42 non terminò qui, fino ad El Alamein e oltre gli aerei dell'assalto continuarono la loro azione, sempre più difficile e ostacolata, sia pure scortati da C.200 e 202. Ovviamente i CR.42, dei quali ancora nel 1943 vennero collaudati -entro luglio- 125 apparecchi, ebbero anche uso crescente come macchine da addestramento. Infine se ne interessò la LW, che dalle esperienze miste della caccia notturna e dell'attacco con bombe, si fece un'idea dell'utilità del CR quale incursore notturno, ruolo in cui i tedeschi usavano letteralmente di tutto, dai vecchi assaltatori Hs-123 ai FW-190G. Anche i CR.42LW, che offrivano prestazioni superiori a quelle di molti di questi velivoli, ebbero impiego in questi reparti di 'disturbo', armati in genere con due bombe da 50 kg tedesche, e prodotti appositamente dalla Fiat-Aeritalia (cosicché i CR.42 furono gli unici caccia Fiat ad entrare in servizio con la LW, mentre l'affare G.55 non verrà mai perfezionato). Alla fine, di questi ultimi Fiat si conosce la produzione portata avanti fino al '44, ma pochissimo sulla loro attività operativa, come del resto di tutte le unità incursori della LW.

SPAD 510

Un accenno a quello che resta l'ultimo biplano da caccia francese, erede dei velivoli della I GM in tutto e per tutto, ma nato dopo il 1930 per rispondere ad una specifica francese per un nuovo caccia. Sbaglierebbe chi pensasse che si trattasse di un aereo dalle prestazioni limitate: il motore HS 12Xbrs da 690 hp a cilindri in linea era capace di imprimere al minuscolo caccia francese una velocità di ben 380 kmh, e una salita a 4.000 m in 4 minuti e 28 secondi. L'unico difetto era il carrello relativamente debole (difetto ricorrente nei caccia francesi) e l'alimentazione che nelle picchiate ripide lasciava un po' a desiderare. Per il resto si trattava di una macchina agile e veloce. Così ne vennero ordinate 60, anche se i Dewoitine monoplani (che, malgrado i loro limiti, erano chiaramente il futuro piuttosto che una riedizione del passato come lo SPAD) avevano volato oltre sei mesi prima. Lo SPAD decollò infatti solo nel gennaio del '33. Aveva un solo montante alare (un po' come gli I-15), forse un po' poco per sostenere le picchiate più ripide, ma non vi sono notizie di eventuali debolezze strutturali delle ali. La coda era a 'foglia', con una cima piuttosto appuntita, non tanto dissimile dai D.500 monoplani. Carrello fisso con un unico montante e carenatura di piccole dimensioni (a 'goccia' molto allungata), abitacolo aperto, elica in legno, 4 alettoni, rivestimento in tela, radiatore frontale, ala superiore a freccia (per far avanzare la posizione del pilota); l'unica cosa di moderno era la parte posteriore della fusoliera, un monoguscio di duralluminio. Esso era pur sempre un caccia analogo per prestazioni, armi (anzi, inizialmente era meglio armato) e tempistica rispetto al CR.32. Ma la ridotta produzione non lo vide mai nella condizione di combattere contro i Fiat in quello che sarebbe stato indubbiamente uno scontro molto interessante. I pochi aerei ordinati, più che per convinzione, come premio di 'consolazione' per la gloriosa ma superata Bleriot, servirono con 10 squadriglie diverse. Ebbero una notevole popolarità con i piloti e gli ultimi due aerei ottennero anche un cannone da 20 mm nel muso, al posto di due mitragliatrici (ma, come anche gli altri caccia francesi, non avevano bombe). L'aviazione francese era del resto poco numerosa nel periodo e ci mise parecchio tempo prima di decidersi ad impegnarsi nel riarmo, un ritardo fatale. Dal '38 erano in servizio con squadriglie di seconda linea e 'regionali' e nel '40 vennero passati nell'Africa del Nord, così che non si scontrarono mai con i Bf-109. Caso mai avrebbero potuto ritrovarsi a combattere i CR.32 e 42, rispetto ai quali erano ancora rispettabili avversari (anche per la quota teorica di ben 10.500 m). Non accadde e così l'aereo è rimasto degno di mensione essenzialmente in quanto ultimo dei caccia biplani francesi.


He-51

Anche se la Heinkel è rimasta molto più famosa per i bombardieri, la produzione di caccia è stata una sua costante, così come i risultati non eccelsi. Tuttavia, dall'He-49 all'He-162 vi sono stati progetti interessanti, alle volte addirittura storici come l'He-176 (aereo sperimentale a razzo, il primo tipo appositamente progettato per tale compito), l'He-178 (il primo 'jet', spesso confuso con il precedente), l'He-280 (il primo caccia a reazione).

L'He-49 era grossomodo coevo del CR.30 e venne fatto volare nel novembre del '32. La sua versione migliorata, passata alla produzione in serie, fu l'He 51, che volò nell'estate (o nel maggio) del '33, quale He 51A-0 (preserie). Era quindi coevo con il C.R.32, e come questo, era un biplano ad abitacolo aperto, carrello fisso e motore a cilindri in linea. Esso fu il primo caccia ad equipaggiare la Luftwaffe. L'aereo era notevole per la completezza della strumentazione, ma di suo aveva ancora struttura mista in metallo, legno e tela, quest'ultima per quasi tutta la superficie. L'He 51 venne prodotto in 9 A-0, seguiti da alcuni B-0, poi gli He-51B-1 con serbatoi sganciabile (450),

L'He-51B-1 aveva un serbatoio aggiuntivo sganciabile; gli ultimi 100 He-51 erano i modello C, fatti apposta per la Guerra in Spagna e come tali, armati con 6 bombe da 10 kg (79 C-1 e 21 C-2 con radio migliorata). In tutto 135 He 51 vennero inviati in Spagna. Inizialmente si ritrovarono ad operare con i C.R.32, opposti a vecchi caccia francesi come i NiD.52 (più agili ma più lenti, il che li lasciava all'iniziativa nemica) e vecchi bombardieri B.XIX. Garcia Morato iniziò con questi caccia ad ottenere varie vittorie sui Repubblicani. La Legione Condor tedesca, con tale opposizione, si fece onore, dovendo solo guardarsi dall'inesperienza dei piloti nazionalisti spagnoli, che presto distrussero la metà dei pochi He-51 (una mezza dozzina) affidatigli, costringendo a ritirarglieli in attesa di tempi migliori. Ma presto gli He-51 si dimostrarono inferiori ai veloci I-15, che erano superiori in velocità massima, di salita e più agili. Ad un certo punto, nel tardo '36, questa situazione era diventata grave: almeno 5 Heinkel abbattuti, così come due Ju-52 che cercavano di scortare, senza alcuna contropartita contro i veloci Polikarpov, così i caccia tedeschi vennero mandati su teatri secondari e a fronteggiare i Repubblicani, per diversi mesi, rimasero praticamente solo i CR.32. Gli Heinkel vennero poi sostituiti dal '37 (con notevole fretta dati gli sviluppi) con i nuovissimi Bf-109, completando l'operazione attorno al '38.

Gli Heinkel vennero anche adattati ad un compito diverso, l'addestramento caccia, ma non solo per compiti standard, ovvero terrestri. 45 He-51B-2 (dei 450 B prodotti) vennero infatti completati come idrocaccia ed ebbero in tale insolita (e senz'altro penalizzante per le prestazioni, già non eccelse) configurazione una carriera piuttosto lunga.

Difficile stabilire quale fosse la differenza fondamentale tra He 51 e C.R.32. Esteticamente il secondo semprava più 'asciutto' rispetto al rotondeggiante Heinkel. Quest'ultimo aveva un muso 'basso', perché l'albero dell'elica era sotto il radiatore, esattamente al contrario del CR. Aereo senz'altro facile da pilotare e privo di vizi particolari, l'Heinkel era dotato di un motore BMW molto potente, un V17.3 V-12, che permetteva 750 hp, ovvero diverse decine in più dei primi Bf-109. La sua ampia superficie alare distribuiva il peso in maniera efficiente; il peso era di circa 100 kg superiore a vuoto (rispetto al CR.32bis), ovvero 1.473 kg vs 1.380, ma a pieno carico entrambi arrivavano a circa 1.900 (il CR forse contando anche le bombe, fino a 100 kg di carico).

Con questi parametri si vede che l'He 51 era dotato di un miglior rapporto potenza-peso, sia a vuoto che a pieno carico: 1,964-2,54 kg/hp, quando il Fiat aveva 2,3-3,16 kg/hp. In termini di carico alare, l'He 51 era avvantaggiato da una superficie di 27,2 m2 anziché 22,1, quindi il carico risultava a vuoto/p.c. di 54,1 e 69,8 kg/m2. Il CR aveva i valori di 64,4 e 86,2. Tutto questo sembrava dimostrare la superiorità dell'Heinkel, ma di fatto non era così. La velocità slm era di 330 kmh, notevole ma stranamente, inferiore alle alte quote. La salita a 2 km era fatta in 3,1 minuti mentre il CR.32 poteva arrivare a 3 km in circa 5 minuti. La massima tangenza era di 7.700 m quando il CR arrivava a 7.850 m, quindi nemmeno qui v'era un vantaggio. L'Heinkel era simile in velocità massima al Ro.41, che aveva appena 450 hp di potenza con un motore radiale, ma che era più agile e veloce in salita. L'armamento era limitato a due MG 17 da 7,92 mm. L'autonomia era di 700 km ma solo nel tipo B-1, per via del consumo elevato del motore.

Nell'insieme l'He 51 risultò alquanto deludente, pur essendo potenzialmente superiore al CR, anche per via di un motore più potente del 25%. Contro il Polikarpov I-15 (76 kg/m2 e 2,39 kg/hp) era nettamente inferiore. Probabilmente la causa di tale inferiorità va ricercata altrove, forse nella scarsa validità dei comandi di volo (malgrado una coda con un grande timone) e nelle dimensioni eccessive, al contrario dei caccia russi e italiani: l'He 51 vs il C.R.32 misurava 8,4 (7,45) x 11 (8,5) x 3,2 (2,72) m, 27,2 m2 (22,1) di superficie. Quanto all'I-15, esso era lungo appena 6,75 m, apertura di 9,75 m, altezza di 2,93 e superficie di 21,9 m2. Rosatelli in effetti tentò -con successo- di mantenere sempre piccoli i suoi caccia, per ottimizzarne le prestazioni rispetto alla potenza, tanto che il CR.32 era probabilmente il più piccolo biplano da caccia disponibile (anche se lo SPAD era tutto sommato persino più piccolo), grazie anche alla sezione di fusoliera molto stretta; la maggiore differenza tra CR.30 e 32 era per l'appunto nelle minori dimensioni di quest'ultimo, mentre il primo era più simile concettualmente all'He 51. Probabilmente furono le dimensioni eccessive a pregiudicare la resa prestazionale dell'Heinkel, nonostante il suo carico alare eccezionalmente basso, forse i comandi di volo erano inerti, e il motore -che stranamente garantiva la massima velocità a quota zero, come i caccia della I GM- perdeva rapidamente potenza durante la salita, cosa che spiegherebbe anche la tangenza pratica alquanto ridotta. Peraltro il CR aveva un peso notevole, sopratutto rispetto alle sue dimensioni, per cui teoricamente l'Heinkel aveva un notevole vantaggio in accelerazione e manovra, almeno alle velocità e quote più basse.

La ragione dello scarso rendimento non si trova apertamente nelle sue caratteristiche tecniche, e sarebbe interessante se qualche documento e testimonianza venisse fuori. Purtroppo per gli appassionati d'aviazione storica, per ora non si sono visti lavori che spieghino nel dettaglio la ragione dell'inferiorità dell'Heinkel rispetto ai suoi coetanei, cosa che mise per qualche tempo in grave affanno la Luftwaffe.

Caccia a confronto[6]

Le parentesi indicano le prestazioni o i valori minori, il rosso quelli maggiori.

Caccia anni '30:

Lunghezza, m Apertura alare, m Altezza, m Superficie alare, m2 Pesi, kg Potenza, hp Armamento Velocità max, kmh Tangenza, m Autonomia, km
He 51 (1933) 8,4 11 3,2 27,2 1.473-1.900 750L 2x 7,92 [330/0 m], salita 2.000/3,087 min [7.700] 700 max
CR.32bis(1935) 7,45 9,5 2,72 22,1 1.380-1.905 600L 2x 12,7 +2x 7,7 + 100 kg (12 x2 o 2 x50) 356/3.000 m, salita 3000/5,17 min, 7.780 m 7.850 780
CR.42(1938) 8,26 9,7 3,05 22,4 1.784-2.295 840R 2x12,7 +2x100 kg 435-441/6.000 m, 6.000/9' 10.100 780
Gauntlet Mk II 8,05 9,99 3,12 29,26 1.259-1.801 645R 2 x7,7 370/4.815, 6.095/9' 10.210 740
Gladiator 8,36 9,83 3,22 30 1.562-2.206 830R 4 x7,7 414/4.415, 3.050/4,5' 10.210 714
F3F 7,01 9,75 2,84 24,21 1.490-2.175 950R 1 x12,7 + 1 x 7,7 +2 x 52,6 kg 425/4.625, 3.048/4' 10.120 1.850
I-15 6,1 9,75 2,93 21,9 1.272-1.681 710R 2 x 7,62 + 40 kg 369/4.265, 1 km/1,1' 9.800 550
I-153 6,17 10 2,8 22,14 1.452-1.960 1.000R 4 x 7,62 444/4.600, a 7 km/8,3' 10.700 [470]-880
I-16 Tip 17 [5,98] [9] [2,56] [14,54] 1.495-1.810 750R 2 x20 +2 x7,62 + 200 kg 440/5.000, 5 km/7' 8.400 800
B.534IV (1935) 8,2 9,4 3,1 23,56 1.460-2.120 850L 4 x7,92, 6x20 kg 405/4.400, 5 km/4,46' 10.600 580
SPAD-510 (1933) 7,1 8,84 3,02 22 1.255-1.680 690L 4 x 7,5 380/5.000, 4 km/4,75' 10.500 800
D.501 (1933?) 7,56 12,09 2,7 16,5 1.287-1.787 690L 1 x 20 + 2 x 7,5 367/5.000, 5 km/6,08' 10.790 870
P-26A (1932) 7,19 8,52 3,06 13,89 [1.030]-[1.524] [600R] 1 x12,7 + 1 x7,62 + 2 x 45 kg 364/4.570, a 4.570/8' 8.350 917
A5M4 (1935+) 7,56 11 3,27 17,8 1.216-1.707 785R 2 x7,7 +2 x30 kg 434/3.000, 3 km/3,58' 9.800 1.200 max
Ki-27b (1936) 7,53 11,31 3,28 18,56 1.110-1.790 780R 2 x7,7 + 4x25 kg 470/3.500, 3 km/2,98' 12.250 1.100
P.24f (?) 7,51 10,72 2,7 17,9 1.326-1.920 970R 2 x20 + 2 x 7,7 + 2x50 kg 430/4.250, 5 km/5,66' 10.500 800

Bibliografia e fonti

  1. http://surfcity.kund.dalnet.se/gauntlet.htm
  2. dati dal sito Hakas biplane
  3. Take Off, 1709-15
  4. Vigna, Achille, articolo in S.M. Maggio 2003
  5. G.Grande, articolo S.M. apr 2006
  6. dati da Armi da guerra 42

Pagine del P-26 dal sito di Joe Baugher

Enciclopedia Armi da guerra fascicolo 42

Aerei nella Storia 12/2006

Pagina del sito Hakas biplanes: operazioni di CR.42 e Gladiator su Malta