Guida maimonidea/Ambiguità e codificazione: differenze tra le versioni

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[[File:Pe'er ha-dor.jpg|thumb|250px|left|Frontespizio del ''Pe`er ha-dor'' di Maimonide, raccolta di ''responsa'' tradotta dall'arabo all'ebraico da Mordecai Tammah e pubblicata ad Amsterdam (1765)<ref>Il titolo della raccolta significa "Gloria della Generazione", ed è una doppia allusione alla fama del Rambam e alla rinomanza dell'iniziativa letteraria di tradurre i manoscritti dei classici medievali sefarditi, che fino ad allora (XVIII secolo) erano rimasti nascosti in collezioni private.</ref>]]


Nel precedente capitolo abbiamo esaminato le due possibilità di interpretazione dell'opera maimonidea ''Mishneh Torah''. Ma quale di queste due differenti possibilità adottò Maimonide, quella moderata o quella radicale? Le differenze sono drastiche: si avvalse di quella moderata o di quella radicale?

Nonostante la grande chiarezza e trasparenza di ciascun giudizio espresso nella ''Mishneh Torah'', i commenti del suo autore sulla natura dell'opera non riescono a chiarire la questione, e ripetute letture dell'introduzione non forniscono una risposta univoca alla domanda. A rendere le cose più complicate, Maimonide stesso attribuisce differenti significati all'opera, nelle sue varie lettere.<ref name="Good">Per questa sezione specifica si vedano specialmente Lenn E. Goodman, "Maimonides` Philosophy of Law", ''Jewish Law Annual'' 1, 1978, pp. 72-107; Hana Kasher, "The Study of Torah as Means for Knowledge of God in Maimonides Teaching", ''Mehqarei Yerushalayim be-Mahashevet Yisra`el'' 5, 1986, pp. 71-81; Jacob Levinger, ''Maimonides as a Rabbi and a Philosopher'', Mosad Bialik, 1990, ''passim''; Mark Shapiro, ''Studies in Maimonides and his Interpreters'', University of Scranton Press, 2008; Isadore Twersky, "Some Non-Halakhic Aspects of the Mishneh Torah", Jewish Medieval and Renaissance Studies'', A. Altmann (cur.), Harvard University Press, 1967, pp.95-111.</ref>

Nella sua risposta alla critica della ''Mishneh Torah'' fattagli da Pinhas il Giudice di Alessandria, Maimonide chiaramente sostiene la lettura moderata. Pinas era tra i primi a riconoscere il radicalismo implicito nell'opera stessa e la possibilità che Maimonide potesse presentarla come una sostituzione della precedente letteratura halakhica. In una delle sue rimostranze, Pinhas scrive: "Sarebbe opportuno che Sua Eccellenza istruisse le persone di non abbandonare lo studio della ''Gemara''". Reagendo a questo rimprovero, Maimonide dichiara: "Per prima cosa, che Dio me ne guardi, sappi che io non ho mai detto `Non studiate la Gemara o la ''halakhah'' o Rabbi Isaac [Alfasi] o chiunque altro" (''Iggerot'', pp. 438-439). Dopo aver descritto il curriculum di studi della sua aula, che include un rigoroso impegno negli ''halakhot'' di Alfasi e nei trattati talmudici, Maimonide ritorna sul punto ed enfatizza in tono addolorato: "Ho forse comandato, o anche pensato, di bruciare tutti i libri che hanno preceduto il mio trattato? Non ho forse detto esplicitamente, agli inizi del mio trattato, che l'avevo composto solo per l'impazienza, per coloro che non riescono a sondare le profondità del talmud e capire in quella maniera ciò che è proibito e ciò che è permesso, e ho scritto a lungo in merito" (''Ibid.'', p. 439). In effetti Maimonide rigetta qualsiasi possibilità di una lettura radicale della sua composizione. Non aveva intenzione di rendere irrilevante la precedente letteratura halakhica, e l'intera opera è intesa solo per colui al quale difetta la pazienza di studiare la ''halakhah'' più profondamente.<ref name="Good"/>


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Indice del libro
Frontespizio del Pe`er ha-dor di Maimonide, raccolta di responsa tradotta dall'arabo all'ebraico da Mordecai Tammah e pubblicata ad Amsterdam (1765)[1]

Nel precedente capitolo abbiamo esaminato le due possibilità di interpretazione dell'opera maimonidea Mishneh Torah. Ma quale di queste due differenti possibilità adottò Maimonide, quella moderata o quella radicale? Le differenze sono drastiche: si avvalse di quella moderata o di quella radicale?

Nonostante la grande chiarezza e trasparenza di ciascun giudizio espresso nella Mishneh Torah, i commenti del suo autore sulla natura dell'opera non riescono a chiarire la questione, e ripetute letture dell'introduzione non forniscono una risposta univoca alla domanda. A rendere le cose più complicate, Maimonide stesso attribuisce differenti significati all'opera, nelle sue varie lettere.[2]

Nella sua risposta alla critica della Mishneh Torah fattagli da Pinhas il Giudice di Alessandria, Maimonide chiaramente sostiene la lettura moderata. Pinas era tra i primi a riconoscere il radicalismo implicito nell'opera stessa e la possibilità che Maimonide potesse presentarla come una sostituzione della precedente letteratura halakhica. In una delle sue rimostranze, Pinhas scrive: "Sarebbe opportuno che Sua Eccellenza istruisse le persone di non abbandonare lo studio della Gemara". Reagendo a questo rimprovero, Maimonide dichiara: "Per prima cosa, che Dio me ne guardi, sappi che io non ho mai detto `Non studiate la Gemara o la halakhah o Rabbi Isaac [Alfasi] o chiunque altro" (Iggerot, pp. 438-439). Dopo aver descritto il curriculum di studi della sua aula, che include un rigoroso impegno negli halakhot di Alfasi e nei trattati talmudici, Maimonide ritorna sul punto ed enfatizza in tono addolorato: "Ho forse comandato, o anche pensato, di bruciare tutti i libri che hanno preceduto il mio trattato? Non ho forse detto esplicitamente, agli inizi del mio trattato, che l'avevo composto solo per l'impazienza, per coloro che non riescono a sondare le profondità del talmud e capire in quella maniera ciò che è proibito e ciò che è permesso, e ho scritto a lungo in merito" (Ibid., p. 439). In effetti Maimonide rigetta qualsiasi possibilità di una lettura radicale della sua composizione. Non aveva intenzione di rendere irrilevante la precedente letteratura halakhica, e l'intera opera è intesa solo per colui al quale difetta la pazienza di studiare la halakhah più profondamente.[2]

Note

  1. Il titolo della raccolta significa "Gloria della Generazione", ed è una doppia allusione alla fama del Rambam e alla rinomanza dell'iniziativa letteraria di tradurre i manoscritti dei classici medievali sefarditi, che fino ad allora (XVIII secolo) erano rimasti nascosti in collezioni private.
  2. 2,0 2,1 Per questa sezione specifica si vedano specialmente Lenn E. Goodman, "Maimonides` Philosophy of Law", Jewish Law Annual 1, 1978, pp. 72-107; Hana Kasher, "The Study of Torah as Means for Knowledge of God in Maimonides Teaching", Mehqarei Yerushalayim be-Mahashevet Yisra`el 5, 1986, pp. 71-81; Jacob Levinger, Maimonides as a Rabbi and a Philosopher, Mosad Bialik, 1990, passim; Mark Shapiro, Studies in Maimonides and his Interpreters, University of Scranton Press, 2008; Isadore Twersky, "Some Non-Halakhic Aspects of the Mishneh Torah", Jewish Medieval and Renaissance Studies, A. Altmann (cur.), Harvard University Press, 1967, pp.95-111.