Le religioni della Mesopotamia/Sumer e Accad: differenze tra le versioni

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{{nota|larghezza = 250px|contenuto=[[File:British Museum Flood Tablet.jpg|200px|center]]<center>'''Il cuneiforme e le lingue mesopotamiche</center>'''<br>Il cuneiforme è una delle più antiche forme di scrittura risalendo al 3200-3100 a.C. Le sue più antiche attestazioni risultano essere delle tavolette rinvenute nello strato IVa del "Tempio Rosso" nella città di Uruk<ref>Cfr. Giovanni Pettinato, ''Mitologia sumerica'', pos. 255.</ref>. Il cuneiforme sumerico è stato ritenuto la forma più antica di scrittura fino alla fine del XX secolo quando, grazie ai progressi dell'archeologia predinastica egiziana, è stata rinvenuta nei pressi di Abido una tomba reale, U-j (Umm el-Qaab I), che si può far risalire al periodo Naqada III (3200-3100 a.C.). Tale tomba egizia conteneva oggetti di ceramica riportanti segni di un'antica versione della scrittura egizia i quali risultano già evoluti, lasciando presupporre una precedente scrittura ad oggi ancora non attestata<ref>Cfr. Günter Dreyer, ''Umm el-Qaab I, Das prädynastische Königsgrab U-j und seine frühen Schriftzeugnisse'', Mainz 1998, pp 47 e sgg. cit. da Harald Haarmann ''Modelli di civiltà a confronto nel mondo antico: la diversità funzionale negli antichi sistemi di scrittura'' in ''Origini della scrittura'' (a cura di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti) Milano, Bruno Mondadori, 2002, p.31.</ref>. Il termine "cuneiforme" è ovviamente moderno e richiama gli elementi che la compongono i quali sono a forma di cunei (o chiodi; in tedesco, da dove origina il termine coniato dall'erudito Engelbert Kämpfer (1681-1716) sull'eredità di Plinio la si indica come ''keilschrift''). Tale caratteristica è resa dal fatto che questa scrittura veniva eseguita incidendo l'argilla molle con una cannuccia intagliata ad angolo. Un testo neosumerico del XXI secolo a.C., ''Enmerkar e il signore di Aratta'', così narra l'origine mitica del cuneiforme: {{quote|Il messaggero aveva la "lingua pesante", non era capace di ripeterlo; <br/> Poiché il messaggero aveva la "lingua pesante", e non era capace di ripeterlo, <br/>il signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;<br/> - prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla - <br/> ora, quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto:<br/>il signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta, ed esse furono visibili.|Traduzione di Giovanni Pettinato in ''Mitologia sumerica'' pos.231}} Giovanni Pettinato<ref>Giovanni Pettinato, ''Mitologia sumerica'', pos. 256.</ref> in riferimento al richiamo di "quando il dio sole risplendette" osserva come ancora oggi tale scrittura può essere solo letta con una luce appropriata simile a quella solare. <br> Da tener sempre presente che i segni del cuneiforme hanno subito nel corso dei secoli una loro evoluzione e, all'interno dello stesso testo, un medesimo carattere può essere presentato con delle varianti. La stessa collocazione, inizialmente verticale, ha subito nel corso dei secoli lo spostamento di 90° in senso antiorario. Allo stesso modo la stilizzazione e il loro numero: inizialmente con circa 1200 segni figurativi (pittogrammi, dove a ogni pittogramma corrispondeva una parola; per poi passare all'ideogramma, ovvero a un segno che raccoglie più parole collegate fra loro; per passare all'utilizzo dei determinativi e, infine, ai sillabogrammi), arriviamo a 800 nel periodo di Fara, per finire a soli 500 nel 2000 a.C. La traslitterazione dei segni del cuneiforme nell'alfabeto latino rende la presenza di "omofonie", ovvero di un medesimo suono che possiede tuttavia significati diversi, per mezzo di un indice numerico il cui valore corrisponde alla frequenza: più il numero dell'indice è alto e minore e la diffusione del termine nei testi. La "polifonia" presente nel cuneiforme è invece dovuta al passaggio dal "pittogramma" all'"ideogramma", quindi il medesimo segno grafico, "bocca" (''ka''), può indicare anche il "parlare" (''dug4'') o l'"urlare" (''kù''). Il sumerico è una lingua agglutinante, ergativa e dai morfemi non modificabili e nella sua scrittura cuneiforme prevalgono i logogrammi. L'accadico, ovvero il semitico, è invece flessivo, la cui radice non è immutabile e agglutinabile, bensì mutabile per mezzo di morfemi; nel cuneiforme che rende le lingue semitiche prevalgono i sillabogrammi.}}
[[File:Ishtar goddess.jpg|200px|thumb|right|Il Rilievo Burney conservato al British Museum di Londra. Altorilievo in terracotta del XIX secolo a.C. Questa opera templare rappresenta probabilmente<ref>Enrico Ascalone, ''Mesopotamia'', Milano, Electa, 2005, p. 268.</ref> la dea guardiana degli inferi Ereškigal, sorella di Inanna/Ištar. La dea impugna il listello e la corda strumenti della giustizia.
{{q|"Ecco che questa tua sorella Ištar sta nella porta,<br />colei che celebra grandi feste gioiose e sommuove l'oceano davanti ad Ea".<br />Ereškigal quando udì questo,<br />come un tamarisco reciso divenne pallida la sua faccia,<br />come canna ''kuninu'' tagliata divennero nere le sue labbra.<br />Che cosa ha indotto il suo cuore (a venire da me)? Che cosa ha diretto il suo animo contro di me?<br />Questa, (che cosa vuole)?<br />Io voglio (continuare a) bere acqua cogli Anunnaki,<br />quale cibo mangiare fango, quale bevanda inebbriante bere acqua sporca,<br />piangere sopra gli uomini che hanno abbandonato le loro mogli,<br />piangere sopra le donne che dal seno dei loro mariti sono state strappate,<br />sopra il bambino debole piangere che è stato falciato prima dei suoi giorni.|''Discesa di Ištar agli inferi'' versione neoassira di Ninive, tradotta integralmente da Giuseppe Furlani; in ''Miti babilonesi e assiri'', Firenze, Sansoni, 1958, p. 300}}]]


Il dibattito storiografico e storico-religioso che attiene alla civiltà mesopotamica delle origini storiche è se la cultura, segnatamente la cultura religiosa espressa da questa, vada considerata unica o divisa nei due ambiti dei Sumeri e degli Accadi. In altre parole se si debba parlare di "religione mesopotamica" o invece, al plurale, di "religioni mesopotamiche".
Il dibattito storiografico e storico-religioso che attiene alla civiltà mesopotamica delle origini storiche è se la cultura, segnatamente la cultura religiosa espressa da questa, vada considerata unica o divisa nei due ambiti dei Sumeri e degli Accadi. In altre parole se si debba parlare di "religione mesopotamica" o invece, al plurale, di "religioni mesopotamiche".

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Approfondimento

Il cuneiforme e le lingue mesopotamiche

Il cuneiforme è una delle più antiche forme di scrittura risalendo al 3200-3100 a.C. Le sue più antiche attestazioni risultano essere delle tavolette rinvenute nello strato IVa del "Tempio Rosso" nella città di Uruk[1]. Il cuneiforme sumerico è stato ritenuto la forma più antica di scrittura fino alla fine del XX secolo quando, grazie ai progressi dell'archeologia predinastica egiziana, è stata rinvenuta nei pressi di Abido una tomba reale, U-j (Umm el-Qaab I), che si può far risalire al periodo Naqada III (3200-3100 a.C.). Tale tomba egizia conteneva oggetti di ceramica riportanti segni di un'antica versione della scrittura egizia i quali risultano già evoluti, lasciando presupporre una precedente scrittura ad oggi ancora non attestata[2]. Il termine "cuneiforme" è ovviamente moderno e richiama gli elementi che la compongono i quali sono a forma di cunei (o chiodi; in tedesco, da dove origina il termine coniato dall'erudito Engelbert Kämpfer (1681-1716) sull'eredità di Plinio la si indica come keilschrift). Tale caratteristica è resa dal fatto che questa scrittura veniva eseguita incidendo l'argilla molle con una cannuccia intagliata ad angolo. Un testo neosumerico del XXI secolo a.C., Enmerkar e il signore di Aratta, così narra l'origine mitica del cuneiforme:

« Il messaggero aveva la "lingua pesante", non era capace di ripeterlo;
Poiché il messaggero aveva la "lingua pesante", e non era capace di ripeterlo,
il signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -
ora, quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto:
il signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta, ed esse furono visibili. »
(Traduzione di Giovanni Pettinato in Mitologia sumerica pos.231)

Giovanni Pettinato[3] in riferimento al richiamo di "quando il dio sole risplendette" osserva come ancora oggi tale scrittura può essere solo letta con una luce appropriata simile a quella solare.
Da tener sempre presente che i segni del cuneiforme hanno subito nel corso dei secoli una loro evoluzione e, all'interno dello stesso testo, un medesimo carattere può essere presentato con delle varianti. La stessa collocazione, inizialmente verticale, ha subito nel corso dei secoli lo spostamento di 90° in senso antiorario. Allo stesso modo la stilizzazione e il loro numero: inizialmente con circa 1200 segni figurativi (pittogrammi, dove a ogni pittogramma corrispondeva una parola; per poi passare all'ideogramma, ovvero a un segno che raccoglie più parole collegate fra loro; per passare all'utilizzo dei determinativi e, infine, ai sillabogrammi), arriviamo a 800 nel periodo di Fara, per finire a soli 500 nel 2000 a.C. La traslitterazione dei segni del cuneiforme nell'alfabeto latino rende la presenza di "omofonie", ovvero di un medesimo suono che possiede tuttavia significati diversi, per mezzo di un indice numerico il cui valore corrisponde alla frequenza: più il numero dell'indice è alto e minore e la diffusione del termine nei testi. La "polifonia" presente nel cuneiforme è invece dovuta al passaggio dal "pittogramma" all'"ideogramma", quindi il medesimo segno grafico, "bocca" (ka), può indicare anche il "parlare" (dug4) o l'"urlare" (). Il sumerico è una lingua agglutinante, ergativa e dai morfemi non modificabili e nella sua scrittura cuneiforme prevalgono i logogrammi. L'accadico, ovvero il semitico, è invece flessivo, la cui radice non è immutabile e agglutinabile, bensì mutabile per mezzo di morfemi; nel cuneiforme che rende le lingue semitiche prevalgono i sillabogrammi.

Il dibattito storiografico e storico-religioso che attiene alla civiltà mesopotamica delle origini storiche è se la cultura, segnatamente la cultura religiosa espressa da questa, vada considerata unica o divisa nei due ambiti dei Sumeri e degli Accadi. In altre parole se si debba parlare di "religione mesopotamica" o invece, al plurale, di "religioni mesopotamiche".

Il tema è certamente controverso. Che i popoli sumerico e accadico siano due popoli diversi è attestato dalla loro stessa lingua: agglutinante, ergativa e dai morfemi non modificabili la lingua sumerica; flessiva, in cui la radice non è immutabile e agglutinabile, bensì mutabile per mezzo di morfemi, l'accadico.

Se l'accadico è certamente una lingua semitica, il sumerico non rientra in quel tipo di famiglia linguistica, ma neanche in altre famiglie conosciute quali, ad esempio, quella indoeuropea.

Alla luce di questa evidenza, Mario Liverani così chiosa:

« In una zona di popolamento linguisticamente misto, qual'è la Mesopotamia, il progresso tecnico va attribuito alla popolazione nel suo complesso, restando difficile e arbitrario attribuire - per esempio- un certo tratto culturale ai Sumeri ed un altro ai Semiti. [...] occorre prendere atto che lo sviluppo culturale mesopotamico avviene su di un supporto etnico e linguistico misto sin dall'inizio della documentazione scritta (l'unica che possa dire qualcosa di positivo in proposito). »
(Mario Liverani, Antico Oriente, Milano, Mondadori, 2011, pp. 138 e sgg.)

Analogamente per Luigi Cagni l'intera civiltà mesopotamica è:

« il frutto di una sinergia di varie etnie e culture, ritrovatesi a contatto e in collaborazione sullo stesso suolo. »
(Luigi Cagni, La religione della Mesopotamia, in Storia delle religioni. Le religioni antiche, Laterza, Roma-Bari 1994)

Dal punto di vista religioso Luigi Cagni osserva che:

« È inoltre dimostrato che parecchie divinità sumeriche sono passate nel pantheon accadico già in tempi antichi, come pure successivamente, e che parecchie divinità accadiche sono passate nel pantheon sumerico. »
(Luigi Cagni, La religione della Mesopotamia, in Storia delle religioni. Le religioni antiche, Laterza, Roma-Bari 1994 pp. 126 e sgg.)

Ma il dibattito è certamente precedente e non concluso: nel 1971 Franz R. Kraus [4] ritenne che le due lingue diverse non si riferivano necessariamente a differenti origini etniche e che i testi sumerici e accadici indicano una medesima civiltà, quella babilonese. Diversamente, l'anno successivo, Giovanni Pettinato[5], concluse, in base alle analisi delle rispettive mitologie, che le due civiltà erano invece certamente diverse e incompatibili per "principi e ideali"[6]. Nel 1991 Wilfred G. Lambert [7] ritenne che tali mitologie avevano molti elementi in comune e che quindi avrebbe avuto più senso considerarli espressione della medesima cultura. Gli studi più recenti, compiuti da Piotr Steinkeller.[8] e Jean-Marie Durand[9], giungerebbero alle stesse conclusioni di Pettinato, confermando una mitologia sumerica totalmente differente da quella semitica[10]. Per queste ragioni, Giovanni Pettinato conclude che le culture sumerica e accadica vadano esaminate separatamente, unico metodo che ci consentirebbe di verificare le coincidenze e gli scambi avvenuti tra queste due diverse civiltà[11].

Note

  1. Cfr. Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, pos. 255.
  2. Cfr. Günter Dreyer, Umm el-Qaab I, Das prädynastische Königsgrab U-j und seine frühen Schriftzeugnisse, Mainz 1998, pp 47 e sgg. cit. da Harald Haarmann Modelli di civiltà a confronto nel mondo antico: la diversità funzionale negli antichi sistemi di scrittura in Origini della scrittura (a cura di Gianluca Bocchi e Mauro Ceruti) Milano, Bruno Mondadori, 2002, p.31.
  3. Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, pos. 256.
  4. Franz R. Kraus. Sumerer und Akkader. Amsterdam, 1970
  5. Giovanni Pettinato Das altorientalische Menschenbild und die sumerischen und akkadischen Schöpfungsmythen. Heidelberg, 1971.
  6. Già Adam Falkenstein nel 1954 (Cfr. La Cité-Temple sumérienne. CHM I 4 (1954): 784–812) era giunto a conclusioni analoghe.
  7. Wilfred G. Lambert. The Relationship of Sumerian and Babylonian Myth as Seen in Account of Creation CRRAI 38 (1991) 129–135.
  8. Piotr Steinkeller. Early Semitic Literature and Third Millennium Seals with Mythological Motifs. QdS 18 (1993) 243–275.
  9. Jean-Marie Durand. Le Mithologème du combat entre le dieu de l'orage et la mèr in Mésopotamie. MARI 7 (1993) 41–61.
  10. Va notato tuttavia che Wolfgang Heimpel (Cfr.Mythologie (mythology). I. In Mesopotamien. Reallexikon fur Assyriologie 8 (1997) 537–564) ribadisce sostanzialmente la posizione di Franz R. Kraus.
  11. Giovanni Pettinato. Mesopotamian Religions in Encyclopedia of Religion, vol.9, New York, Macmillan, 2005, p.5963.