Le religioni della Mesopotamia/La letteratura religiosa in Mesopotamia/Lamentazione sulla distruzione di Ur: differenze tra le versioni

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La ''Lamentazione per la distruzione di Ur'' è uno dei componimenti religiosi sumeri più significativi del periodo Ur III. Si compone di XI canti, per 435 linee, indicati come ''ki-ru-gú'' ("prostrazioni", "notazioni"; cuneiforme: [[File:Kirugú (cuneiforme).JPG|70px]]) di ineguale lunghezza e distinte da un'antifona e da un controcanto. La lingua è sumera, ma relativamente ai canti I-IV (vv. 1-75; 88-177) e VII (vv. 257-298; 302-329) il dialetto è femminile, detto ''eme-sal'', il restante è in dialetto principale. Il testo principale si fonda su TRS 40 a cui sono stati aggiunti dal Kramer altri 21 testi. Al lavoro di Kramer si sono aggiunti i contributi di Jacobsen, Falkenstein e infine Rosengarten.
La ''Lamentazione per la distruzione di Ur'' è uno dei componimenti religiosi sumeri più significativi del periodo Ur III. Si compone di XI canti, per 435 linee, indicati come ''ki-ru-gú'' ("prostrazioni", "notazioni"; cuneiforme: [[File:Kirugú (cuneiforme).JPG|70px]]) di ineguale lunghezza e distinte da un'antifona e da un controcanto. La lingua è sumera, ma relativamente ai canti I-IV (vv. 1-75; 88-177) e VII (vv. 257-298; 302-329) il dialetto è femminile, detto ''eme-sal'', il restante è in dialetto principale. Il testo principale si fonda su TRS 40 a cui sono stati aggiunti dal Kramer altri 21 testi. Al lavoro di Kramer si sono aggiunti i contributi di Jacobsen, Falkenstein e infine Rosengarten.


* I canto (1-39). Vengono elencate le città sumere e i suoi templi abbandonati dalle rispettive divinità poliadi all'avvicinarsi della "bufera" (sumerico ''ud''; cuneiforme: [[File:Ud (cuneiforme).JPG|20px]]), termine, quest'ultimo, che intende indicare molto probabilmente le invasioni degli Elamiti e quindi la loro distruzione delle città sumere, con il conseguente crollo della civiltà sumera del periodo di Ur III. Nelle versioni conservate l'elenco delle città e delle divinità può differire sia nel numero che nell'ordine di esposizione, al nome della divinità e della città segue lo stesso ritornello: ''muš3 mi-ni-in-ga amaš-a-na lil2-e'' («nello stabbio vi gioca il vento.)».
* I canto (1-39). Vengono elencate le città sumere e i suoi templi abbandonati dalle rispettive divinità poliadi all'avvicinarsi di quella che più avanti, nel rigo 87, viene indicata come "bufera" (sumerico ''ud''; cuneiforme: [[File:Ud (cuneiforme).JPG|20px]]), termine, quest'ultimo, che intende rappresentare molto probabilmente le invasioni degli Elamiti e quindi la loro distruzione delle città sumere, con il conseguente crollo della civiltà sumera del periodo di Ur III. Nelle versioni conservate l'elenco delle città e delle divinità può differire sia nel numero che nell'ordine di esposizione, al nome della divinità e della città segue lo stesso ritornello: ''muš3 mi-ni-in-ga amaš-a-na lil2-e'' («nello stabbio vi gioca il vento.)».


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Seguono i nomi delle divinità An, Enlil, Enki e Ninḫursaĝa/Ninmaḫ, Nintur, Utu, che hanno abbandonato i loro santuari (le loro case) nelle città sumere.

* II canto (40-75). Qui l'invito a elevare un lamento per la città di Ur (Urim, in sumerico) e quindi anche per le città di Nippur, Lagaš, Isin, Eridu, Uruk (Unug in sumerico).

* III canto (76-136). La dea Ningal (dea dei canneti, madre del dio Utu, il dio Sole, e della dea Inanna) si rivolge al suo sposo, il dio Nanna (dio Luna, legato alla generazione) in lacrime (''er<sub>2</sub>''; cuneiforme: [[File:Er (cuneiforme).JPG|30px]]) per lo stato della città in cui questa coppia di dèi "abita", Ur, del suo destino inevitabile. Al verso 88 interviene in prima persona Inanna che avvia un grido di angoscia, un pianto (''i-si-iš''; cuneiforme: [[File:Isiš (cuneiforme).JPG|70px]]) per la distruzione della città che giunge, con brevi interruzioni, fino al VII canto.
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* IV canto (137-172). La dea Inanna si presenta al cospetto del dio An (antenato di tutti gli dèi) e del dio Enlil (re degli dèi) cercando di ottenere clemenza per la città. Ma gli dèi rifiutano e, anzi, ne decidono la completa distruzione.

* V canto (173-206). Qui vi è la descrizione della "bufera", dello scatenarsi del fuoco e dell'acqua, l'oscuramento del cielo e il cambiare del giorno in notte.

* VI canto (207-250).





Versione delle 10:26, 12 feb 2015

Tavola, in argilla, contenente la Lamentazione sulla distruzione di Ur, risalente al XIX secolo a.C., conservata al Museo del Louvre di Parigi.

La Lamentazione per la distruzione di Ur è uno dei componimenti religiosi sumeri più significativi del periodo Ur III. Si compone di XI canti, per 435 linee, indicati come ki-ru-gú ("prostrazioni", "notazioni"; cuneiforme: ) di ineguale lunghezza e distinte da un'antifona e da un controcanto. La lingua è sumera, ma relativamente ai canti I-IV (vv. 1-75; 88-177) e VII (vv. 257-298; 302-329) il dialetto è femminile, detto eme-sal, il restante è in dialetto principale. Il testo principale si fonda su TRS 40 a cui sono stati aggiunti dal Kramer altri 21 testi. Al lavoro di Kramer si sono aggiunti i contributi di Jacobsen, Falkenstein e infine Rosengarten.

  • I canto (1-39). Vengono elencate le città sumere e i suoi templi abbandonati dalle rispettive divinità poliadi all'avvicinarsi di quella che più avanti, nel rigo 87, viene indicata come "bufera" (sumerico ud; cuneiforme: ), termine, quest'ultimo, che intende rappresentare molto probabilmente le invasioni degli Elamiti e quindi la loro distruzione delle città sumere, con il conseguente crollo della civiltà sumera del periodo di Ur III. Nelle versioni conservate l'elenco delle città e delle divinità può differire sia nel numero che nell'ordine di esposizione, al nome della divinità e della città segue lo stesso ritornello: muš3 mi-ni-in-ga amaš-a-na lil2-e («nello stabbio vi gioca il vento.)».

(IT)
« Egli ha abbandonato l'ovile, -nello stabbio vi gioca il vento;
il Bue selvatico ha abbandonato l'ovile, - nello stabbio vi gioca il vento. »

(SUX)
« tur3-ra-na muš3 mi-ni-in-ga amaš-a-na lil2-e
am-e tur3-ra-na muš3 mi-ni-in-ga amaš-a-na lil2-e »
(linee 1-2)

Seguono i nomi delle divinità An, Enlil, Enki e Ninḫursaĝa/Ninmaḫ, Nintur, Utu, che hanno abbandonato i loro santuari (le loro case) nelle città sumere.

  • II canto (40-75). Qui l'invito a elevare un lamento per la città di Ur (Urim, in sumerico) e quindi anche per le città di Nippur, Lagaš, Isin, Eridu, Uruk (Unug in sumerico).
  • III canto (76-136). La dea Ningal (dea dei canneti, madre del dio Utu, il dio Sole, e della dea Inanna) si rivolge al suo sposo, il dio Nanna (dio Luna, legato alla generazione) in lacrime (er2; cuneiforme: ) per lo stato della città in cui questa coppia di dèi "abita", Ur, del suo destino inevitabile. Al verso 88 interviene in prima persona Inanna che avvia un grido di angoscia, un pianto (i-si-iš; cuneiforme: ) per la distruzione della città che giunge, con brevi interruzioni, fino al VII canto.

(IT)
« Quando infuriò la bufera, il pianto per essa mi prese
per la fatalità di quel giorno, (gettata) in un grande affanno »

(SUX)
« ud-da ma-al-ma-al-la i-si-iš-bi ma-la2-la2
ud-da na-aĝ2-bi-še3 sumur-sumur-a-ĝu10-ne »
(versi 88-89; trad. Castellino, p.287)

  • IV canto (137-172). La dea Inanna si presenta al cospetto del dio An (antenato di tutti gli dèi) e del dio Enlil (re degli dèi) cercando di ottenere clemenza per la città. Ma gli dèi rifiutano e, anzi, ne decidono la completa distruzione.
  • V canto (173-206). Qui vi è la descrizione della "bufera", dello scatenarsi del fuoco e dell'acqua, l'oscuramento del cielo e il cambiare del giorno in notte.
  • VI canto (207-250).


(IT)
« xxx »

(SUX)
« xxx »
(xxx)

(IT)
« xxx »

(SUX)
« xxx »
(xxx)



Note


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