Storia della letteratura italiana/Umanesimo civile: differenze tra le versioni

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===Napoli===
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L'iniziativa culturale nel regno aragonese è concetrata nella città di Napoli, dove la famiglia reale esercita il proprio mecenatismo. Il potere degli Aragonesi crollerà nel 1495, in seguito all'invasione dei francesi di Carlo VIII. Durante il governo di Alfonso il Magnanimo (1442-1452) e Ferrante (1452-1494) molti umanisti saranno richiamati dall'Accademia del Panormita. Tra i principali autori della lirica volgare si ricordano [[../Jacopo Sannazaro|Jacopo Sannazaro]] e Benedetto Gareth (1450 - 1514), quest'ultimo originario della Catalogna e autore del canzoniere ''Endimione alla Luna'' (1506). C'è poi la prosa mista, con tracce dialettali, del ''Novellino'' di Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano (1410 circa - 1475). Infine, spicca la personalità di [[w:Giovanni Pontano|Giovanni Pontano]] (Cerreto, presso Spoleto, 1429 - Napoli 1503) il quale, lasciata la terra natia per seguire Alfonso il Magnanimo, ebbe una brillante carriera come politico e scrittore. Tra le sue molte opere, scritte esclusivamente in latino, si ricordano i ''Carmina'' (volume che raccoglie tutte le sue poesie), i trattati politici ''De principe'', ''De fortitude'' e ''De prudentia'', i dialoghi ''Charon'', ''Antonius'', ''Asinus''.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Einaudi, Torino, 2003, pp. 239-242.</ref>
L'iniziativa culturale nel regno aragonese è concentrata nella città di Napoli, dove la famiglia reale esercita il proprio mecenatismo. Il potere degli Aragonesi crollerà nel 1495, in seguito all'invasione dei francesi di Carlo VIII. Durante il governo di Alfonso il Magnanimo (1442-1452) e Ferrante (1452-1494) molti umanisti saranno richiamati dall'Accademia del Panormita. Tra i principali autori della lirica volgare si ricordano [[../Jacopo Sannazaro|Jacopo Sannazaro]] e Benedetto Gareth (1450 - 1514), quest'ultimo originario della Catalogna e autore del canzoniere ''Endimione alla Luna'' (1506). C'è poi la prosa mista, con tracce dialettali, del ''Novellino'' di Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano (1410 circa - 1475). Infine, spicca la personalità di [[w:Giovanni Pontano|Giovanni Pontano]] (Cerreto, presso Spoleto, 1429 - Napoli 1503) il quale, lasciata la terra natia per seguire Alfonso il Magnanimo, ebbe una brillante carriera come politico e scrittore. Tra le sue molte opere, scritte esclusivamente in latino, si ricordano i ''Carmina'' (volume che raccoglie tutte le sue poesie), i trattati politici ''De principe'', ''De fortitude'' e ''De prudentia'', i dialoghi ''Charon'', ''Antonius'', ''Asinus''.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Einaudi, Torino, 2003, pp. 239-242.</ref>


==Umanesimo civile e Umanesimo cortigiano==
==Umanesimo civile e Umanesimo cortigiano==

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Indice del libro
Storia della letteratura italiana
  1. Dalle origini al XIV secolo
  2. Umanesimo e Rinascimento
  3. Controriforma e Barocco
  4. Arcadia e Illuminismo
  5. Età napoleonica e Romanticismo
  6. L'Italia post-unitaria
  7. Prima metà del Novecento
  8. Dal secondo dopoguerra a oggi
Bibliografia

Alla fine del XIV secolo prende piede il movimento umanista, che diffonde una considerazione nuova del mondo classico, basata su un'interpretazione delle opere non più operata alla luce del pensiero cristiano, ma del loro contesto storico. Componente essenziale di questo lavoro è l'attenta ricerca e trascrizione dei testi antichi, al fine di salvaguardarne l'integrità. Questo porta alla formazione di folte schiere di intellettuali sostenitori di tutto quanto concerna la latinità, caratteristica che, tra l'altro, agevola da parte dei sovrani la ricerca di un comune consenso.

A Firenze in particolare, l'opera di Petrarca e Boccaccio catalizza la fusione tra cultura umanistica ed impegno politico creando un solido legame tra letteratura e società che prende il nome di umanesimo civile. Rilevante sotto questo aspetto è la figura di Coluccio Salutati (1331-1406), beneficiario dell'eredità morale petrarchesca e sostenitore dell'importanza della vita attiva rispetto a quella contemplativa, nonché strenuo difensore del regime repubblicano. Altra personalità di spicco è Leonardo Bruni, allievo di Salutati e autore delle Historiae Florentini populi; di lui si ricordano anche le teorie sull'importanza della società nella vita umana.

Umanesimo e Rinascimento

Medaglia raffigurante Lorenzo il Magnifico

La prima questione da affrontare è il rapporto tra Umanesimo e Rinascimento, tema sul quale gli studiosi sono in disaccordo. Solitamente viene distinta la fase dell'Umanesimo, che coincide con il Quattrocento, dalla fase del Rinascimento, che occupa i primi decenni del Cinquecento fino alla Controriforma. Alla prima fase corrisponde la rinascita dell'interesse verso i classici, che porta alla nascita degli studia humanitatis e all'imitazione delle opere degli antichi, mentre nel Rinascimento avviene il consolidamento della nuova realtà, è il raggiungimento della maturità da parte di arti e letteratura.[1]

Per convenzione viene preso il 1492, anno di morte di Lorenzo il Magnifico, come spartiacque tra i due momenti. La scelta non è casuale: nel passaggio tra i due secoli si verifica una serie di avvenimenti che rompe l'equilibrio tra gli Stati della penisola. Mentre gli altri paesi europei raggiungono un assetto statale unitario, che li porta a estendersi oltre i loro confini, nessuno dei cinque maggiori Stati italiani (Roma, Napoli, Firenze, Milano, Venezia) riesce a unificare la penisola, ma anzi opera affinché l'unificazione non avvenga a proprie spese. Tra il 1494 e il 1559 l'Italia deve dunque subire le politiche di potere delle altre nazioni, che invadono il suo territorio.[2]

D'altra parte però, come precisa Ferroni, «il Rinascimento è strettamente collegato all'Umanesimo, tanto che quest'ultimo non andrà inteso come fase preparatoria, [...] bensì come la sua prima, essenziale espressione, che ha il suo fondamento nella riscoperta e nella riproposta della letteratura antica».[3]

I centri dell'Umanesimo

Negli anni seguenti al 1380, l'Italia gode di un rinnovamento economico e sociale: il commercio acquista nuovo vigore, mentre i progressi tecnici favoriscono la crescita della produzione agricola e la diffusione di nuove colture. Assume importanza la figura del mercante, il quale, grazie ai notevoli guadagni può investire denaro in possedimenti terrieri, sfruttando massiciamente il lavoro contadino. A loro volta, i soldi ottenuti dalle campagne vengono spesi nelle città, dove i ricchi esibiscono il proprio potere costruendo nuovi e sontuosi palazzi. Addirittura, i mercanti più ricchi finiscono per confondersi con l'aristocrazia feudale, dando vita a una nuova e più ampia aristocrazia. I borghesi cercano sempre più di entrare a far parte delle classi dominanti, e si afferma una nuova virtù, quella dell'uomo che persegue fini terreni e impone il proprio potere in una società rigidamente gerarchica.[4] In seguito, la stessa società conoscerà un radicale riassetto attraverso il sistema delle signorie, che era sorto già a partire dal XIII secolo. Ai vertici di questi Stati (spesso città-Stato) si colloca il signore, che reprime le lotte interne tra le fazioni e mantiene la pace.

La cultura raggiunge ora diverse classi sociali. Le università rimangono estranee alle ultime tendenze della cultura umanistica, mentre nell'etaà delle signorie si affaccia la nuova istituzione dell'accademia (la cui denominazione deriva dall'ammirazione per l'Accademia platonica), dove si riuniscono i dotti e gli intellettuali per dialogare. Questa mantiene stretti rapporti con la corte, centro culturale per eccellenza. I principi sono spesso cultori della poesia e dell'arte, e riuniscono attorno a sé artisti e letterati, promuovendone l'attività attraverso il mecenatismo. A essi spetta il compito di celebrare il signore, elaborare i valori costitutivi dell'ambiente e intrattenere il pubblico: destinatari delle opere del letterato di quest'epoca saranno infatti i cortigiani. Altri luoghi di produzione della cultura sono infine le botteghe, in particolare quelle artistiche e degli stampatori, e le biblioteche pubbliche che iniziano a diffondersi.[5] Principali centri di irradiazione dell'Umanesimo sono Firenze, il Veneto, Milano, Mantova, Ferrara, Roma e Napoli.

Coluccio Salutati ritratto in un codice conservato alla Biblioteca Laurenziana di Firenze

Firenze

Firenze è la vera e propria culla dell'Umanesimo. Qui, alla fine del XIV secolo è celebre il cenacolo che riuniva a casa di Boccaccio intellettuali come Coluccio Salutati in nome dell'amore per i classici e l'esaltazione civile delle lettere. Nella seconda metà del Quattrocento grande importanza ha la corte di Lorenzo il Magnifico, la cui attività è caratterizzata dal platonismo di Pico della Mirandola e Marsilio Ficino. Molto sviluppata è anche la produzione in volgare italiano.[6]

Al nord: Veneto, Milano, Mantova, Ferrara

In Veneto rimane viva l'influenza di Petrarca, che aveva vissuto a Venezia, Arquà e Padova. L'Umanesimo che vi si sviluppa si caratterizza per gli interessi filologici e antiquari. In particolare, lo studio del greco è favorito dai rapporti con l'Oriente bizantino, mentre Guarino Veronese e Vittorio da Feltre con le loro lezioni diffonderanno l'interesse per gli aspetti pedagogici. A Venezia infine si segnala una grande fioritura artistica (Mantegna, Bellini, Carpaccio), ma anche l'attività di Aldo Manuzio, la cui bottega di stampatore favorisce la diffusione dei classici in edizioni curate filologicamente.[6]

L'Umanesimo si diffuse anche a Milano sotto il patrocinio dei Visconti prima e degli Sforza poi. Peculiare è la polemica con l'ambiente fiorentino, il quale a sua volta accuserà di tirannia il governo visconteo (di contro alla florentina libertas). A Milano era inoltre collegata l'università di Pavia, dove insegnano Antonio Beccadelli e Lorenzo Valla. Importante è l'attività del poeta cortigiano Francesco Filelfo (1398 - 1481), autore di un poema in latino, la Sforziade. In seguito, Ludovico il Moro chiamerà a Milano artisti del calibro di Bramante e Leonardo da Vinci.[6]

Presso i Gonzaga, a Mantova, opera il già citato Vittorino da Feltre, che apre una scuola alla ca' Zoiosa. Nella città soggiorna anche Poliziano, che per una festa nuziale scrive la Favola di Orfeo, e Andrea Mantegna, autore degli affreschi della Camera degli Sposi nel Palazzo ducale.[7]

Ferrara è nel Quattrocento il centro di un crocevia che unisce varie città italiane ed europee. Il mecenatismo degli Este richiama nella città poeti da tutta Italia, mentre l'università cittadina è luogo di studi scientifici, astrologici, medici e filosofici, ed è frequentata anche da Niccolò Copernico. Presso la corte fiorisce inoltre la poesia cavalleresca, grazie alle opere di Storia della letteratura italiana/Matteo Maria Boiardo e Storia della letteratura italiana/Ludovico Ariosto. Da non dimenticae la scuola di pittura ferrarese, che ha come principali rappresentanti Cosmé Tura e Francesco del Cossa.[7]

Roma

Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, in un ritratto del Pinturicchio

Nella Roma papale vengono portati avanti studi filologici e archelogici, sostenuti in particolare da Niccolò III e Pio II. L'Accademia romana di Giulio Pomponio Leto (1428 - 1498) si dedica allo studio dell'antichità latina.[7] Presso la curia romana operava anche Poggio Bracciolini (Terranova in Valdarno 1380 - Firenze 1453), molto legato alla cultura fiorentina, il cui alacre lavoro consente la riscoperta dei testi fondamentali della cultura latina, tra cui varie orazioni di Cicerone, la Institutio oratoria di Quintiliano, il De rerum natura di Lucrezio e molti altri.[8] A quest'epoca risale anche la fondazione della Biblioteca vaticana a opera di Pio II. Tra gli storici più autorevoli si ricorda invece Flavio Biondo (1392 - 1463), che basa la sua ricostruzione storica su testimonianze concrete e non su motivazioni retoriche o politiche.[9]

Napoli

L'iniziativa culturale nel regno aragonese è concentrata nella città di Napoli, dove la famiglia reale esercita il proprio mecenatismo. Il potere degli Aragonesi crollerà nel 1495, in seguito all'invasione dei francesi di Carlo VIII. Durante il governo di Alfonso il Magnanimo (1442-1452) e Ferrante (1452-1494) molti umanisti saranno richiamati dall'Accademia del Panormita. Tra i principali autori della lirica volgare si ricordano Jacopo Sannazaro e Benedetto Gareth (1450 - 1514), quest'ultimo originario della Catalogna e autore del canzoniere Endimione alla Luna (1506). C'è poi la prosa mista, con tracce dialettali, del Novellino di Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano (1410 circa - 1475). Infine, spicca la personalità di Giovanni Pontano (Cerreto, presso Spoleto, 1429 - Napoli 1503) il quale, lasciata la terra natia per seguire Alfonso il Magnanimo, ebbe una brillante carriera come politico e scrittore. Tra le sue molte opere, scritte esclusivamente in latino, si ricordano i Carmina (volume che raccoglie tutte le sue poesie), i trattati politici De principe, De fortitude e De prudentia, i dialoghi Charon, Antonius, Asinus.[10]

Umanesimo civile e Umanesimo cortigiano

Secondo gli umanisti, gli studi letterari non devono arricchire spirtualmente il singolo ma devono formare il cittadino. La realizzazione dell'uomo avviene infatti nella vita civile, rovesciando la scala di valori su cui si era basato il Medioevo: mentre questi elogiavano al castità e la purezza, gli umanisti esaltano la vita familiare e il matrimonio, visti come fondamento della società. Altro aspetto importante a cui si è già accennato è la lode dell'attività economica. Poggio Bracciolini, per esempio, sosteneva che il desiderio di denaro è naturale e le ricchezze guadagnate sono la dimostrazione che Dio approva il lavoro umano. Inoltre, la dignità dell'uomo si esplicita all'interno della vita civile: nessuna creatura infatti gli è superiore, poiché è l'unica di produrre opere mirabili ricorrendo alla propria ingegnosità.[11]

Gli ideali appena elencati si riferiscono alla prima fase dell'Umanesimo, che si sviluppa nella Firenze comunale in un contesto borghese. Tuttavia, con la fine della repubblica e l'instaurazione della signoria di Cosimo de' Medici nel 1435, muta anche il quadro in cui operano gli intellettuali. Dall'umanesimo "civile", sorto in un clima in cui la classe dirigente cittadina era economicamente autonoma, si passa all'Umanesimo "cortigiano", che avrà la sua massima espressione nella corte di Lorenzo il Magnifico,[12] di cui si parlerà in un prossimo modulo.

I classici e la filologia

Poggio Bracciolini rinvenne il De rerum natura di Lucrezio e la Institutio oratoria di Quintiliano

Con l'affermarsi dell'Umanesimo si diffonde una nuova visione antropocentrica, che propone una visione ottimistica dell'uomo, capace di dominare la realtà e plasmare il proprio destino (homo faber fortunae suae) ricorrendo all'intelligenza e alla sua libera scelta. Questo però non comporta un rifiuto della religione cristiana, che nel Medioevo aveva sostenuto una visione ascetica dell'uomo; al contrario, si mira alla purezza originaria del messaggio cristiano, che secondo gli intellettuali dell'epoca era stato inaridito nei secoli precedenti.[13] Da ciò nasce un sentimento di edonismo (cioè di ricerca del piacere senza sensi di colpa), a cui si unisce la tendenza a tornare alla natura per goderla in se stessa (naturalismo).

Con l'umanesimo si diffonde un senso di rinascita e di ritorno della civiltà classica, da cui scaturisce una concezione polemica della media aetas, cioè del Medioevo visto come periodo di barbarie. La nuova civiltà si basa quindi sul principio dell'imitazione dei classici, il cui modello deve essere ripreso in ogni campo. Non si tratta però di una riproduzione passiva, bensì il proposito è di costruire il mondo concreto del presente attraverso l'esempio di chi, in passato, ha saputo giungere a una piena realizzazione di sé. Da tutto questo nasce l'esigenza, sentita già da Boccaccio e Petrarca, di conoscere meglio e più a fondo le opere degli antichi, ampliando il canone delle opere latine e greche trasmesso dai dotti medievali attraverso la ricerca di autori e testi caduti nell'oblio. Gli intellettuali umanisti iniziano quindi a frequentare le biblioteche per recuperare i manoscritti di cui nessuno ricordava l'esistenza. In questo modo vengono riportati alla luce opere di autori come Lucrezio o Quintiliano.[14]

Cambia anche il modo di approcciarsi ai classici. Gli uomini del Quattrocento maturano maggiore coscienza della distanza rispetto all'antichità, e per questo tentano di recuperare questa cultura nella sua essenzialità più autentica. Cessa inoltre la reverenza che nel Medioevo veniva tributata ai classici in quanto latori di verità assolute; al contrario, gli intellettuali quattrocenteschi considerano i testi antichi opere di uomini concreti vissuti in un determinato momento storico, il cui significato può essere compreso solo alla luce di ciò. Nascono quindi nuove esigenze: anzitutto la conoscenza del latino classico, diverso da quello utilizzato dai dotti dell'epoca; in secondo luogo, è indispensabile stabilire il testo corretto, emendandolo dalle alterazione per riportarlo alla sua versione originale. Si sviluppa così la filologia, che rifiuta l'autorità della tradizione ma sceglie di verificare sempre le fonti. In essa è implicita l'idea che la verità non sia data una volte per tutte dall'auctoritas, ma al contrario deve essere indagata anche al di là dei limiti delle attuali conoscenze. Esempio significativo è la vicenda legata alla "donazione di Costantino", un documento secondo il quale l'imperatore avrebbe lasciato Roma al papa, trasmettendogli quindi anche il potere temporale. Valla invece dimostrò che il documento non poteva essere stato scritto in età romana ma era un falso medioevale. La nuova mentalità umanistica non si fermava tuttavia ai testi letterari, ma si allargava allo studio della natura.[15]

Altri progetti

Note

  1. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 45.
  2. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palumbo, Palermo, 1978, p 232.
  3. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi, Torino, 2003, p. 190.
  4. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi, Torino, 2003, p. 188-189.
  5. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, pp. 49-51.
  6. 6,0 6,1 6,2 Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 61.
  7. 7,0 7,1 7,2 Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 62.
  8. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi, Torino, 2003, p. 205.
  9. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi, Torino, 2003, pp. 212-213.
  10. Giulio Ferroni, Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi, Torino, 2003, pp. 239-242.
  11. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 59.
  12. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 60.
  13. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, p. 54.
  14. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, pp. 55-56.
  15. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti, Giuseppe Zaccaria, Moduli di letteratura, vol. 1 Dalle origini all'età della Controriforma, Paravia, Torino, 2001, pp. 56-57.