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{{Storia della letteratura italiana|sezione=1}}
In seguito alla crociata degli Albigesi molti [[../Le origini#La lirica provenzale|trovatori provenzali]] si trovarono costretti a emigrare in Italia, dove la loro poesia fu accolta con favore, in particolar modo nelle regioni settentrionali (tra cui il Monferrato e la Marca trevigiana) e in Sicilia, alla corte di Federico II di Svevia.<ref>G. Baldi, S. Giusso, M. Razetti, G. Zaccaria, ''Moduli di storia della letteratura''. ''L'età cortese e comunale'', Paravia, Torino, 2001, p. 47.</ref> La corrente letteraria nata nell'isola dalla rielaborazione di temi e stili trobadorici, della quale capostipite è considerato Iacopo da Lentini, è chiamata ''scuola siciliana''.▼
▲In seguito alla crociata degli Albigesi molti [[../Le origini#La lirica provenzale|trovatori provenzali]] si
Dalla poesia sono estromesse la politica, le esperienze personali e tutto quanto non concerne l<nowiki>'</nowiki>''amor fino'', per lasciare a esso totale spazio. Ricorrenti sono le similitudini == Storia ==
[[File:Diemer Hofhaltunga.jpg|thumb|left|upright=1.4|Il ''Cancelliere Aulico'' alla corte del mecenate Federico II, re di Sicilia, a palazzo della Favara con letterati, artisti e studiosi siciliani]]▼
=== Federico II di Svevia ===
{{vedi pedia|Federico II di Svevia}}
▲[[File:Diemer Hofhaltunga.jpg|thumb|left
Federico II, imperatore e re di Sicilia,
[[File:Al-Kamil Muhammad al-Malik and Frederick II Holy Roman Emperor.jpg|thumb|L'incontro di Federico II e al-Malik al-Kāmil durante la sesta crociata]]
Per stroncare le pretese dei baroni feudali, abbatte i castelli costruiti senza autorizzazione e ne innalza di propri, su tutto il territorio; protegge l'economia locale dalle speculazioni dei genovesi; crea l'Università di Napoli (famosa per gli studi giuridici) e quella di Salerno (prima per la medicina); finanzia gli studenti, obbligandoli però a iscriversi alle sue università; ferma la repressione dei musulmani e li trasferisce nella colonia musulmana di Lucera, dove sono lasciati liberi, purché a lui fedeli. Nel 1231, promulga una raccolta di leggi (le costituzioni di Melfi), con cui dà ordine al regno e controlla i poteri amministrativo, legislativo e giudiziario. Ne risulta una nuova forma di Stato, laico, accentrato, burocratico che anticipa la struttura dei futuri Stati europei.
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=== L'esperienza politica, filosofica e letteraria ===
La scuola siciliana si
I poeti di questa corrente letteraria
{{Nota
|larghezza = 250px
|titolo = Forme strofiche italiane
|contenuto = È durante il XIII secolo che si
* ''terzine'', strofe di tre versi, rappresentano struttura base delle composizioni in terza rima (la sua fortuna è legata all'opera di [[../Dante Alighieri|Dante]], che ricorrerà a terzine di endecasillabi con rima incatenata ABA/BCB/DCD);
* ''quartine'', strofe di quattro versi
* ''sestine'', strofe di sei versi;
* ''ottave'', cioè la stanza in ottava rima, metro essenziale della poesia narrativa italiana a partire dal XIV secolo (si compone di otto endecasillabi con rima ABABABCC).
Le forme liriche
* la ''canzone'', che modellata sulla ''canso'' provenzale si articola in una serie di ''stanze'' (queste sono a loro volta composte da endecasillabi e/o settenari e hanno una struttura costante che si ripete)▼
▲* la ''canzone'', che modellata sulla ''canso'' provenzale si articola in una serie di ''stanze'' (queste sono a loro volta composte da endecasillabi e/o settenari e hanno una struttura costante che si ripete);
* il ''sonetto'', che dalla Sicilia si diffonde in tutta Italia, nasce probabilmente da una stanza isolata di una canzone; è formato da 14 endecasillabi, raccolti in due quartine (con due rime) e due terzine (con uno schema che può prevedere due o tre rime).
Si possono poi ricordare:
* la ''ballata'', di derivazione popolare e molto diffusa nella letteratura in lingua d'oc e d'oil, è composta da stanze di endecasillabi o settenari, che venivano accompagnati dal ballo e dalla musica;
* la ''canzonetta'', forma molto arcaica, ripropone gli schemi della canzone in versi più brevi (settenari, ottonari).
}}
== I temi ==
La poetica della scuola siciliana affronta, come già accennato, la tematica amorosa da un punto di vista "feudale", insistendo sul rapporto vassallatico tra il poeta e la donna-signora, la quale deve essere seguita con dedizione. Tuttavia, a differenza dei provenzali, ai loro componimenti è escluso il ''pathos'' dovuto alla distanza e all'inaccessibilità della donna, la quale continua a essere
== La lingua: il siciliano illustre ==
I componimenti della scuola siciliana sono scritti in '''siciliano illustre''', una lingua nobilitata dal continuo raffronto con le lingue auliche del tempo: il latino e il provenzale (la lingua d'oc). Meno forte nei contenuti, la poesia lirica dei "Siciliani" (come li chiamava Dante) contiene in sé un linguaggio
La poesia siciliana diede l'opportunità al volgare, che fino ad allora era usato solo in qualche canto plebeo o giullaresco, di diventare pregevole e di essere degna della poesia (come discuterà poi Dante nel ''De Vulgari Eloquentia''). La scuola siciliana ha anche il credito di aver introdotto un sistema metrico nuovo e rivoluzionario, il
== I poeti ==
I componimenti dei poeti siciliani ci sono arrivati prevalentemente attraverso il manoscritto Vaticano Latino 3793, che è stato compilato da un copista toscano. Sebbene non ci sia motivo di ritenere che vi siano stati scarti notevoli, è da rilevare
Gli esponenti principali della scuola siciliana furono:
Tra i componimenti giunti a noi è da rilevare ''Meravigliosamente'' di Iacopo da Lentini e il contrasto ''Rosa fresca aulentissima'' di Cielo d'Alcamo. Diversi componimenti si distaccano già dalla poesia provenzale nella forma e nello stile, presentando già anticipazioni di esiti [[../Lo stilnovo|stilnovistici]]
== Cielo d'Alcamo e la parodia dell'amor cortese ==
{{vedi source|Rosa fresca aulentissima (Lucas)}}
Nel ''Contrasto'' di Cielo d'Alcamo, noto con il titolo di ''Rosa fresca aulentissima'' e databile agli anni
== La tradizione posteriore ==
La scuola siciliana fu travolta dal sistema di congiure e di complotti che fu
Alla morte di Manfredi di Sicilia nel 1266, la scuola siciliana si scioglie. Grazie alla fama che aveva già ricevuto in tutta Italia e all'interesse dei poeti toscani, tale tradizione venne per così dire ripresa, ma con risultati minori, da Guittone d'Arezzo e i suoi discepoli, con cui fondò la cosiddetta scuola neo-siciliana.
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[[File:Konradin.jpg|thumb|Corradino di Svevia, quattordicenne, dedito alla falconeria. Miniatura dal Codex Manesse]]
A quel punto, però, i poeti toscani lavoravano già su manoscritti toscani e non più su quelli siciliani: furono infatti i copisti locali a consegnare alla tradizione il ''corpus'' della scuola siciliana, ma per rendere i testi più "leggibili" essi apportarono modifiche destinate a pesare sulla tradizione successiva e quindi sul modo in cui venne percepita la tradizione "isolana".
Non solo vennero toscanizzate certe parole più aderenti al latino nel testo originale (cfr. ''gloria'' > ''ghiora'' in Iacopo da Lentini), ma per esigenze fonetiche il vocalismo siciliano fu adattato a quello del volgare toscano. Mentre il siciliano ha cinque vocali (discendenti dal latino nordafricano: i, è, a, o, u), il toscano ne ha sette (i, é, è, a, ò, ó, u). Il copista trascrisse la u > o e la i > e, quando la corrispondente parola toscana comportava tale variazione. Alla lettura, quindi le rime risultarono imperfette (o chiusa rimava con u, e chiusa con i, mentre anche quando la traduzione permetteva la presenza delle stesse vocali, poteva accadere che una diventava aperta, l'altra chiusa). Mentre questo errore fu considerato una licenza poetica da Guittone e poi dagli Stilnovisti, alla lunga contribuì probabilmente a svalutare i pregi metrico-stilistici della scuola, soprattutto nell'insegnamento scolastico. Pochi, infatti, sono i manoscritti siciliani originali rimastici: quelli di cui disponiamo sono solo copie toscane.▼
▲Non solo vennero toscanizzate certe parole più aderenti al latino nel testo originale (cfr. ''gloria'' > ''ghiora'' in Iacopo da Lentini), ma per esigenze fonetiche il vocalismo siciliano fu adattato a quello del volgare toscano. Mentre il siciliano ha cinque vocali (discendenti dal latino nordafricano: i, è, a, o, u), il toscano ne ha sette (i, é, è, a, ò, ó, u). Il copista trascrisse la u > o e la i > e, quando la corrispondente parola toscana comportava tale variazione. Alla lettura, quindi le rime risultarono imperfette (o chiusa rimava con u, e chiusa con i, mentre anche quando la traduzione permetteva la presenza delle stesse vocali, poteva accadere che una diventava aperta, l'altra chiusa). Mentre questo errore fu considerato una licenza poetica da Guittone e poi dagli
È ormai quasi certa per tutti gli studiosi l'ascrizione della paternità del sonetto vero e proprio a Giacomo da Lentini, nella forma metrica ABAB - ABAB / CDC DCD. Il sonetto avrà nei secoli una fortuna costante, mantenendo inalterata la forma classicamente composta da due quartine e due terzine di endecasillabi (variando invece a livello di schema rimico): una fondamentale raccolta di sonetti è l'opera non teatrale di William Shakespeare. Il sonetto è stato ampiamente utilizzato da Charles Baudelaire. Ancora nel Novecento, infatti, dopo la parentesi negativa di [[../Giacomo Leopardi|Leopardi]] che nell'Ottocento aveva rifiutato questa forma, grandi poeti come Giorgio Caproni, Franco Fortini e Andrea Zanzotto hanno scritto sonetti. Da non dimenticare le composizioni del portoghese Fernando Pessoa e del catalano Josep Vicenç Foix i Mas.▼
▲È ormai quasi certa per tutti gli studiosi l'ascrizione della paternità del sonetto vero e proprio a
== Note ==
[[Categoria:Storia della letteratura italiana|Lirica siciliana]]
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