Ceramica a Pisa/Vasai attivi in città: differenze tra le versioni

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Le fonti scritte testimoniano soltanto due fornaci in questo secolo, una per sponda. La prima era nella zona dove oggi sorge la chiesa della Spina, a sud, la seconda invece sorgeva nella cappella di San Lorenzo in Pelleria, a nord<ref>Clemente 2017, p. 134</ref>.
Le fonti scritte testimoniano soltanto due fornaci in questo secolo, una per sponda. La prima era nella zona dove oggi sorge la chiesa della Spina, a sud, la seconda invece sorgeva nella cappella di San Lorenzo in Pelleria, a nord<ref>Clemente 2017, p. 134</ref>.


Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio)<ref>Una zona ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal [[Cittadella Nuova|Giardino Scotto]]) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda <ref>Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 226-227. L’unico scodellaio citato nei documenti, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi Tongiorgi 1972, p. 126; Alberti - Giorgio 2013, p. 29 (studi condotti da Giuseppe Clemente); Clemente 2017, p. 134.</ref>.
Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio)<ref>Una zona ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal [[Cittadella Nuova|Giardino Scotto]]) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 226-227. L’unico scodellaio citato nei documenti, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi Tongiorgi 1972, p. 126; Alberti - Giorgio 2013, p. 29 (studi condotti da Giuseppe Clemente); Clemente 2017, p. 134.</ref>.


== Note ==
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Versione delle 15:02, 24 ott 2018

Indice del libro
Maestri vasai a lavoro, rappresentazione di Cipriano Piccolpasso - Li tre libri dell'arte del vasaio.
Il grafico mostra l'andamento del numero degli artigiani legati alla ceramica presenti a Pisa tra il XIII e il XVI secolo.

Dal XIII al XVI secolo, Pisa vede operare un gran numero di maestri vasai che come abbiamo visto sono stati capaci di realizzare diversi tipi di ceramica applicando più tecniche di produzione.

Cenni Storici

A questo punto conviene riassumere brevemente quanto esposto fino ad adesso. Già dall'età romana la città di Pisa ha avuto un’importante storia manifatturiera di vasellame ceramico[1]. I vasai pisani potevano disporre di una grande quantità di materia prima che, almeno a partire dal Basso Medioevo, veniva cavata sfruttando i depositi alluvionali del fiume Arno. L’argilla di questo tratto fluviale, una volta cotta, conferisce ai manufatti il caratteristico colore rosso-arancio[2].

L'unica produzione di vasellame fino a tutto il XII secolo era di recipienti privi di coperture vetrose e di decorazioni[3]. Le prime attestazioni scritte riguardanti artigiani che lavoravano l'argilla risalgono alla seconda metà di questo secolo. I documenti parlano infatti dei tegolai che principalmente realizzavano materiale edilizio, ma non può essere escluso che questi non producessero contemporaneamente prodotti destinati alla vita quotidiana[4].

Dai primi decenni del XIII secolo la storia manifatturiera della ceramica cambia drasticamente grazie all'introduzione di nuove tecnologie per la produzione di vasellame. Viene adottata in città, infatti, la tecnica della smaltatura e dell'invetriatura, che i vasai pisani poterono apprendere grazie ai contatti avuti con maestranze straniere di area spagnola e vasellame di importazione mediterranea che abbondava in città già dagli anni finali del X secolo fino al XV. La maiolica arcaica, specie nella sua versione più semplice (monocroma), venne prodotta a Pisa fino alla fine circa del XVI secolo[5]. Contemporaneamente alla maiolica arcaica le officine ceramiche pisane sfornarono nella prima metà del XV secolo una nuova categoria di manufatti, le maioliche arcaiche policrome, che subiscono un aggiornamento nella cromia dei decori con l'introduzione del giallo[6]. Questa produzione venne presto abbandonata quando, dalla metà circa del XV secolo, vennero prodotte le ceramiche ingobbiate e graffite principalmente “a punta”, “a stecca” e poi “a fondo ribassato”[7].

Grazie alle fonti documentarie si è potuto tracciare un quadro abbastanza completo sui maestri ceramisti che si sono susseguiti in città dal XIII fino al XVII secolo. Questi documenti sono soprattutto costituiti da notizie riguardanti contratti di lavoro, acquisti, affitti e vendite, censimenti, testamenti, ma vi sono anche carte giudiziarie[8].

Tali scritti hanno consentito anzitutto di individuare le “cappelle” di appartenenza dei ceramisti, dove cioè possedevano il domicilio e/o l'esercizio in città[9]. Le principali cappelle interessate sono:

  • San Biagio alle Catene.
  • San Salvatore in Porta Aurea.
  • San Pietro (o San Piero) in Vincoli.
  • Sant’Andrea Fuori Porta.
  • San Pietro ad Ischia.
  • Santa Lucia.
  • San Nicola (o San Niccolò).
  • Sant’Andrea in Kinzica (o Chinzica).
  • San Giovanni al Gatano.
  • San Paolo a Ripa d'Arno.
  • San Vito.

Diverse nomi e qualifiche lavorative sono state individuate nei documenti esaminati: barattolaio, broccaio, coppaio, fornaciaio, orciaio-orciolaio, scodellaio, stovigliaio, vasellaio-vasaio, maestro, apprendista o lavorante. Un individuo può anche essere indicato con più qualifiche contemporaneamente.

Attività dei ceramisti fra il XIII e il XVI secolo secondo le fonti scritte

XIII secolo

I ceramisti, le fornaci e le discariche nel XIII secolo.

Già agli inizi del XIII secolo sappiamo che i vasai pisani cominciano a commerciare le proprie merci al di fuori dell'ambito cittadino, almeno lungo il tratto fluviale interno e in area tirrenica, infatti sono stati ritrovati numerosi reperti riconducibili a ceramiche di produzione pisana in Toscana Settentrionale, in Corsica e Sardegna risalenti a questo secolo [10]. Alcuni documenti rilevanti sono gli Statuti del 1287, che impongono ai “tegolai” precisi limiti per cavare l'argilla. Essi infatti non potevano prelevarla più in zone del centro cittadino, né di loro proprietà, né di altri, lungo le sponde del tratto fluviale che taglia in due la città. Insieme ai tegolai vengono citati i “barattolai” che, almeno in questo secolo, sono probabilmente produttori di vasellame; più tardi, con questo termine verranno indicati i rivenditori di ceramica[11]. Sempre il “Breve” del 1287 emanato dal Comune di Pisa, fornice chiarimenti su dove veniva raccolta la sterpaglia da ardere e cioè tra le foci del Serchio, dell'Arno e a San Piero a Grado. Questo inoltre indicava ai ceramisti la quantità massima di combustibile da poter tenere nella propria bottega, e cioè non superiore a quella necessaria per una infornata. Sappiamo infatti che questa precauzione nasce con la crescita del lavoro degli artigiani pisani che gradualmente cominciarono ad affittare diversi terreni per la raccolta del combustibile e per prevenire gli incendi[12]. Una testimonianza in tal senso è data anche dai documenti riguardanti Niccolò Piloso che, nel 1283, compera dall’Arcivescovo di Pisa la paglia necessaria alla cottura. Un altro esempio è quello di Lotto di Bartolomeo che, nel 1291, riesce ad ottenere il permesso per tagliare la paglia tra l’Arno e il Serchio per due anni[13].

In questo periodo, un altro termine legato sicuramente alla ceramica è quello di scodellaio. Fornisce un esempio Nino di Lorenzo, della cappella di San Lorenzo in Pelliparia, che nel 1291 possedeva una casa con fornace affittatagli da Giovanni Visella.

Fra i ceramisti del XIII secolo riveste un ruolo molto importante Bondie di Uguccione da Cerreto perché diede il via ad una tradizione famigliare che si imporrà nella scena artigiana pisana fino al secolo successivo. Altre due importanti famiglie di ceramisti sono quella dei Del Broccaio e di Vinacetto da Bacchereto[14].

Le fonti scritte testimoniano soltanto due fornaci in questo secolo, una per sponda. La prima era nella zona dove oggi sorge la chiesa della Spina, a sud, la seconda invece sorgeva nella cappella di San Lorenzo in Pelleria, a nord[15].

Dalla documentazione scritta risulta che nel XIII secolo sono presenti a Pisa 26 operanti nel settore, di cui 21 barattolai (1 è indicato barattolaio e coppaio), 1 scodellaio, 4 vasai (1 indicato vasaio e broccaio)[16].

Note

  1. Si veda Menchelli 1995 per la produzione di terra sigillata a Pisa in epoca romana.
  2. Per l'approvvigionamento dell'argilla vedi Giorgio 2018b, pp. 35-44; Alberti - Giorgio 2013, pp. 27-46 (studi condotti da Giuseppe Clemente - "Vasai e produzione ceramica a Pisa nel XVI secolo attraverso le fonti documentarie").
  3. Berti - Giorgio 2011, p. 13; Berti - Gelichi 1995a; Berti - Menchelli 1998; Giorgio - Trombetta 2008
  4. Fonti archeologiche mostrano che i tegolai sono già attivi all'inizio del XII secolo in un'area chiamata "tegularia" (vedi Clemente 2017, p. 133). Per ulteriori informazioni riguardo la zona di produzione e l'attività dei tegolai si veda Garzella 1990, p. 198 e Berti - Renzi Rizzo - Tangheroni 2004, pp. 3-4.
  5. Alberti - Giorgio 2013, si vedano scavi di Villa Quercioli e via della Sapienza.
  6. Per ulteriori dettagli sulla maiolica arcaica policroma vedi Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 203 -207.
  7. Berti 2005 e Alberti - Giorgio 2013.
  8. Tutte queste fonti sono conservate principalmente negli Archivi di Stato di Pisa e di Firenze, in quello Arcivescovile e della Mensa, nel Capitolare ed in quelli di altre comunità religiose pisane (vedi Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 225).
  9. Tongiorgi 1964; Tongiorgi 1972; Tongiorgi 1979; Renzi Rizzo 1994; Berti - Tongiorgi 1977a, pp. 139-153; Redi 1984; Stiaffini 2002.
  10. Per la questione si rimanda alla lettura del prossimo capitolo.
  11. Berti - Tongiorgi 1977a, p. 139; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 304-305. Un quadro esaustivo delle attività e delle vicende relative ai vasai dal XIII al XV secolo è desunto dai documenti di archivio analizzati in Tongiorgi 1964 e Tongiorgi 1972.
  12. Berti - Tongiorgi 1977a, p. 140; Bonaini 1854 - 1857, I, pp. 437 - 438.
  13. Berti - Tongiorgi 1977, p.140.
  14. Berti - Tongiorgi 1977, p.140; Clemente 2017, p. 134; Tongiorgi 1979, pp. 56-58
  15. Clemente 2017, p. 134
  16. Una zona ad est del quartiere di Chinzica, si chiamava in quel tempo «Baractularia» (area attualmente occupata dal Giardino Scotto) e con ogni probabilità il nome faceva riferimento al gran numero di barattolai presenti nella stessa; si veda Berti - Renzi Rizzo 1997, pp. 226-227. L’unico scodellaio citato nei documenti, Nino di Lorenzo, nel 1291 aveva in affitto, insieme alla moglie Parella, una casa con fornace nella zona detta “Pelliccerie”, nel quartiere di Ponte, a nord dell’Arno. Vedi Tongiorgi 1972, p. 126; Alberti - Giorgio 2013, p. 29 (studi condotti da Giuseppe Clemente); Clemente 2017, p. 134.