Thomas Bernhard/Piacere: differenze tra le versioni

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La discussione di Schopenhauer sulla visione oggettiva, che richiede l'alienazione dal ''focus'' percepito, e sulla visione soggettiva, in cui le influenze circostanti non possono essere separate dallo spettatore, corrispondono alle idee precedentemente menzionate riguardo al dipinto e allo specchio. La vista richiesta quando ci si guarda in uno specchio differisce da quella richiesta quando si osserva un ritratto. La situazione di Reger nel Kunsthistorisches Museum corrisponde ai concetti di Schopenhauer di uno sguardo alienato:
La discussione di Schopenhauer sulla visione oggettiva, che richiede l'alienazione dal ''focus'' percepito, e sulla visione soggettiva, in cui le influenze circostanti non possono essere separate dallo spettatore, corrispondono alle idee precedentemente menzionate riguardo al dipinto e allo specchio. La vista richiesta quando ci si guarda in uno specchio differisce da quella richiesta quando si osserva un ritratto. La situazione di Reger nel Kunsthistorisches Museum corrisponde ai concetti di Schopenhauer di uno sguardo alienato:
{{q|La condizione in cui è possibile la comprensione oggettiva di qualcosa di percepito è l'alienazione da ciò che viene percepito; ma quando vediamo il nostro riflesso in uno specchio non siamo in grado di prenderne una visione alienata, perché questa visione dipende in ultima analisi dall'egoismo morale, con il suo profondo sentimento di ''non me'': così che quando vediamo il nostro riflesso, il nostro egoismo ci sussurra un precauzionale "Questo non è ''non-me'', ma ''me''", che ha l'effetto di un ''[[noli me tangere]]'' e impedisce qualsiasi comprensione puramente oggettiva.|Schopenhauer, ''op. cit.'', p. 172}}
{{q|La condizione in cui è possibile la comprensione oggettiva di qualcosa di percepito è l'alienazione da ciò che viene percepito; ma quando vediamo il nostro riflesso in uno specchio non siamo in grado di prenderne una visione alienata, perché questa visione dipende in ultima analisi dall'egoismo morale, con il suo profondo sentimento di ''non me'': così che quando vediamo il nostro riflesso, il nostro egoismo ci sussurra un precauzionale "Questo non è ''non-me'', ma ''me''", che ha l'effetto di un ''[[noli me tangere]]'' e impedisce qualsiasi comprensione puramente oggettiva.|Schopenhauer, ''op. cit.'', p. 172}}
Chiaramente, c'è una distanza tra loro, Reger e l'uomo nel ritratto, ma la distanza non porta alla conclusione che la visione di Reger sia oggettiva.

Reger è, in un certo senso, uno sconosciuto che osserva uno sconosciuto, ma Reger non separa e non può separare le sue esperienze di vita dalla sua visione del ritratto. All'apparizione di Reger come osservatore dell’''Uomo dalla barba bianca'', Atzbacher si ricorda di Reger, in un pesante cappotto con "in testa per tutto il tempo il suo cappello nero". Reger sta quindi "appoggiato al bastone che teneva stretto tra le ginocchia, completamente immerso nella contemplazione dell’''Uomo dalla barba bianca''..." (''AM'' p. 2). Reger, con il cappello nero e il cappotto che gli ricopre il corpo, sceglie di osservare un estraneo veneziano con una lunga barba bianca e un cappotto nero. Reger non è in grado di sentire il ritratto con alienazione perché non è mai veramente solo nella Sala Bordone e sembra che non riesca a separare le sue esperienze di vita dal soggetto del dipinto. Gli elementi che impediscono un qualsiasi ambiente "puro" o isolato nella Sala Bordone custodita da Irrsigler, includono l'afflusso costante di visitatori europei al museo, la guardia stessa, Atzbacher e il cittadino britannico del Galles. Pertanto, contrariamente alla posizione di Schopenhauer in merito alla possibilità di vedere qualcosa o qualcuno in modo obiettivo, Reger appartiene a quella che Barnet descrive come la "visione costruttivista", in cui uno crea, classifica e associa. Reger, sempre consapevole della propria esistenza quando osserva l’''Uomo dalla barba bianca'', non può impegnarsi in una visione obiettiva del dipinto.

Il dipinto, direi, fa appello a Reger come una riflessione speculare, facendo sì che il suo "egoismo morale" prenda atto delle somiglianze nel volto che lo guarda direttamente. Reger nota che il volto del ritratto indossa la barba ed è di un uomo alquanto anziano. Forse si identifica con l'immagine, mette in relazione l'immagine con se stesso e non è più in grado di essere obiettivo. Indipendentemente dal fatto che le visioni soggettive e oggettive esistano simultaneamente o meno per lo spettatore, Reger considera entrambe le visioni ed è in grado di usare le sue diverse prospettive per fare osservazioni multiple e, spesso, contraddittorie, che corrispondono all'enfasi che Bernhard pone su prospettive multiple in scrittura e teatro.

[[File:Rembrandt - Aristotle with a Bust of Homer - WGA19232.jpg|250px|right|thumb|''[[w:Aristotele contempla il busto di Omero|Aristotele contempla il busto di Omero]]'', olio di [[w:Rembrandt Harmenszoon Van Rijn|Rembrandt]] (1653)]]
La "tragica ricerca" di Reger o il desiderio di isolamento quando osserva il dipinto di Tintoretto ricorda l'articolo di Julius Held, "Rembrandt's Aristotle", che, come sottolineato in una [[Thomas Bernhard/Antichi maestri|Sezione precedente]], mostra Aristotele che si impegna in un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. In tale articolo, Held sottolinea l'importanza della ''privacy'' e della quiete interiore di Aristotele mentre contempla il busto di Omero. Held riconosce l'esistenza del momento indisturbato nell'umore solitario di Aristotele e ricorda le idee di Schopenhauer sull'"uomo d'intelletto" e la sua capacità di esibirsi: "Un uomo d'intelletto è come un artista che tiene un concerto senza alcun aiuto da nessun altro, suonando su un singolo strumento: un piano, diciamo, che è una piccola orchestra di per sé. Un uomo simile è un piccolo mondo di per se stesso; e l'effetto è prodotto da solo, nell'unità della propria consapevolezza."<ref>Schopenhauer, ''op. cit.'', p. 681.</ref> Un uomo, solo e senza desiderare compagnia, esegue egli stesso lo spettacolo; è sia solista che orchestra. Reger si adatta all'idea di Schopenhauer dell'"uomo d'intelletto" e alla nozione di Held dell'uomo che si impegna in un "dialogo silenzioso" con l'altro e con se stesso. Contiene un mondo di personaggi dentro di sé. È contemporaneamente un solista, impegnato nel suo monologo, e un intero pubblico, che continua a guardare la sua esibizione.

Reger nota i dettagli nel ritratto, nonché i dettagli relativi al mondo al di fuori della Sala Bordone e del Kunsthistorisches Museum. Reger subisce un tipo di osservazione e riflessione simile a quello esaminato da Held. Held sostiene che nel dipinto di Rembrandt, Aristotele sta intrattenendo un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. I pensieri del dialogo silenzioso di Aristotele "sono sia più generali – affrontando problemi di vasta portata e scelte morali – sia più concreti – derivanti da specifiche situazioni storiche. Il busto gioca un ruolo molto importante in questi pensieri, ma non è, di per sé, l'oggetto della contemplazione del saggio."<ref>Held, ''op. cit.'', p. 40.</ref> In ''Antichi Maestri'', il ritratto del Tintoretto ispira la contemplazione di Reger. Atzbacher, descrivendo Reger che osserva il quadro del Tintoretto, commenta: "Era sempre seduto sulla panca, col cappello nero in testa, immobile in effetti, ed era chiaro che ormai da parecchio non stava più osservando l’''Uomo dalla barba bianca'' ma qualcosa di completamente diverso dietro all’''Uomo dalla barba bianca'', non Tintoretto ma qualcosa di molto fuori dal museo..." (''AM'' p. 20). Il dipinto stimola l'intelletto di Reger quando inizia a pensare a famosi compositori austriaci, filosofi tedeschi, autori francesi e l'Olocausto. L’''Uomo dalla barba bianca'', come il busto di Omero, funge da trampolino per il suo spettatore, ispirandolo a ricordare momenti del passato, problemi esistenziali e questioni ideologiche.

Altri particolari che Held riconosce nel dipinto di Rembrandt corrispondono anche ai particolari del dipinto di Tintoretto. Per citarne uno, sia Aristotele che Tintoretto portano il segno di un'espressione seria. L'espressione seria dell’''Uomo dalla barba bianca'' influenza l'interpretazione del dipinto da parte di Reger e il suo modo di pensare. Mentre sta seduto di fronte all’''Uomo dalla barba bianca'', Reger commenta il suo peculiare modello di osservazione:
{{q|Ogni due giorni mi siedo sulla panca della Sala Bordone, naturalmente non tutti i giorni, perché sarebbe distruttivo, voglio dire se mi sedessi sulla paca della Sala Bordone ogni giorno, ciò distruggerebbe in me tutto ciò che apprezzo, e ovviamente nulla è più prezioso per me del pensare, penso quindi vivo, vivo quindi penso...|''AM'' p. 70}}
La serietà dell'espressione nel dipinto ne influenza il rapporto intellettuale di Reger. Held, commentando la serietà espressiva in ''Aristotele contempla il busto di Omero'', scrive: "Rembrandt ha adottato non solo i dettagli fisionomici esterni ma anche l'espressione seria, se non addirittura tragica, del modello".<ref>Held, ''op. cit.'', p. 29.</ref> Le espressioni serie in entrambi i ritratti inevitabilmente influenzano i pensieri dei rispettivi spettatori in quanto diventano tutti più contemplativi e sensibili alle tecniche pittoriche nel mondo della creazione artistica e alle questioni esistenziali che emergono nello studio della pittura.





Versione delle 17:18, 12 gen 2020

Indice del libro
Kunsthistorisches Museum di Vienna, veduta notturna con illuminazione
« Mi figuro, per un inestirpabile pregiudizio di scrittore, che nulla resterà non detto. »
(Stéphane Mallarmé)
« Il castigo corrisponde alla colpa: essere privati di ogni gioia di vivere, essere portati al grado estremo di disgusto della vita. »
(Kierkegaard, esergo di Antichi Maestri)
« Non è stato neppure Nietzsche, solo Schopenhauer mi ha salvato. Mi mettevo seduto nel mio letto , leggevo due frasi di Schopenhauer e le meditavo, poi leggevo altre due frasi di Schopenhauer e le meditavo... Solo grazie a un trucco meschino sono riuscito ad abusare di Schopenhauer per i miei fini, e quindi a garantirmi la sopravvivenza. »
(Reger, Antichi Maestri)

Serenità e piacere d'esistere

Nelle ultime pagine di Antichi Maestri, Reger afferma: "L'arte nel suo insieme non è altro che un'abilità di sopravvivenza, non dovremmo mai perdere di vista questo fatto, che è, di volta in volta, solo un tentativo – un tentativo che sembra commovente anche per il nostro intelletto – per far fronte a questo mondo e ai suoi aspetti rivoltanti..." (AM p. 151). Questo brano affronta l'idea che uno arriva ad apprezzare l'arte attraverso la propria capacità di prendere le distanze dalla vita. Questa idea "schopenhaueriana" di uscire dalla vita incoraggia a osservare le azioni come se si fosse spettatori di uno spettacolo teatrale. La dinamica teatrale del riconoscimento della propria esistenza e relazione con l'oggetto è un tema importante, nonché una tecnica efficace di Antichi Maestri. In questo romanzo, Reger sperimenta il "ritirarsi nella riflessione".[1] In questa Sezione, analizzerò Antichi Maestri alla luce di questa idea di "duplicità della vita". Ricordando la nozione di "pubblico come egli stesso", discussa precedentemente, esaminerò come, per Reger, questa "duplicità della vita" sia un modo di sopravvivere, nonché una prova della sua visione in definitiva ottimistica della vita e del mondo.

L'influenza della filosofia di Schopenhauer è evidente in diversi aspetti di Antichi Maestri: l'esistenza di vedute oggettive e soggettive della pittura di Tintoretto, oggetto dell'osservazione di Reger sia come specchio che come dipinto, e i modi in cui le attività combinate di guardarsi allo specchio e osservare un dipinto contribuiscano a molteplici prospettive (e a una natura paradossale) per Reger. Reger osserva un dipinto di Tintoretto ma, come sosterrò, guarda il dipinto anche come specchio. Vedere il dipinto così com'è – un dipinto – e come uno specchio sono entrambe situazioni soggettive. Reger vede il ritratto di Tintoretto con qualche obiettività? Non è più possibile visualizzare oggettivamente un dipinto, una scultura, un essere umano? Tutte le opinioni di Reger sono soggettive? Ho intenzione di affrontare queste domande nella mia analisi di Reger come osservatore e spettatore. L'interazione tra questi due modi di vedere un'opera d'arte (oggettivamente e soggettivamente) consente l'esistenza particolare di Reger.

Antichi Maestri ricorda al lettore le idee del teorico dell'arte Julius S. Held riguardo all'osservatore e all'oggetto osservato. Held ritiene che l'oggetto osservato incoraggi i pensieri non solo nel mondo della specifica creazione ma anche nel mondo esterno al museo o al dipinto. L'opera d'arte può promuovere pensieri sociali, politici o religiosi relativi al tempo presente dello spettatore. Nel suo articolo intitolato "Rembrandt’s Aristotle", Held analizza il dipinto Aristotele che contempla il busto di Omero (1653) e molte delle questioni che Held discute, tra cui la relazione spettacolo-spettatore, possono essere applicate alla relazione di Reger con l’Uomo dalla barba bianca (ca.1570). Proprio come Aristotele contempla il busto di Omero, Reger contempla il ritratto del Tintoretto. Inoltre, come nel caso di Aristotele, Reger esce dalla vita del dipinto e usa il dipinto come trampolino per pensieri riguardanti questioni sociali e politiche. Da questo "risguardo dall'esterno" si stabilisce una dinamica spettatore-spettacolo.

In questa Sezione sosterrò che Bernhard e il suo personaggio Reger, nonostante le ricorrenti lamentele e gli attacchi all'Austria, stanno affrontando una sfida utopica. In relazione alla dinamica spettatore-spettacolo relativa a Antichi Maestri e all'articolo di Held, analizzerò anche il significato degli ultimi momenti di Antichi Maestri in cui Atzbacher ricorda la visita che Reger e Atzbacher fanno al Burgtheater per assistere a un'esibizione di Der Zerbrochene Krug di Kleist.[2] Tornerò all'idea di Reger come spettatore in ambiente teatrale, poiché Bernhard pensava che ci fosse una "rappresentazione" in ogni aspetto dell'esistenza. Ricorderò le idee di Bernhard e Dürrenmatt che forniscono il supporto di base a Antichi Maestri: la teatralità dell'arte e la spettatorialità dell'intellettualismo. Come attore e membro del pubblico per quanto riguarda la pittura del Tintoretto, Reger, come menzionato nella prima Sezione, si ritrova nuovamente tra il pubblico, osservando l'azione sul palco del Burgtheater. Questa "duplicità della vita" fornisce, come suggerisce Blumenberg, una serenità di vita e un metodo per sopravvivere agli errori commessi nella vita e nell'arte. Tintoretto, ispirato all'ottimismo religioso, sfida indirettamente gli innumerevoli attacchi di Reger (e di Bernhard) alle chiese cattoliche austriache e la sua apparente inclinazione nichilista. Alla fine, Reger colpisce nel segno, per così dire, quando, alla fine di Antichi Maestri, Atzbacher ricorda la loro visita al Burgtheater per vedere Der Zerbrochene Krug. L'ultimo momento del romanzo, che mostra la visita di Reger al detestato Burgtheater, riafferma non la sua natura nichilista o anarchica, ma la sua tendenza utopica.

Reger ammira l'energia e l'ispirazione di Tintoretto e, a sua volta, incorpora le tendenze manieriste nel suo dilemma modernista e nel suo stato d'essere. Questo tipo di esistenza dimostra che il teatro è, come suggerisce sempre Bernhard, un aspetto integrale della vita e che il continuo interesse per questa "duplicità di vita" è la prova, come sottolinea Dürrenmatt, che in mezzo a tanta negatività, senso di colpa e potere, c'è un fondamentale ottimismo e utopismo che spinge a continuare a mettere in discussione, ricercare, lamentarsi e criticare. In Theaterprobleme, Dürrenmatt scrive: "parlare di opere teatrali, di arte, è un'impresa molto più utopistica di quanto non sia mai stata apprezzata da chi la fa maggiormante".[3] Reger è un esempio ideale del punto fatto da Dürrenmatt. Critiche e lamentele danno energia a Reger e lo stimolano a perseguire arte, musica e filosofia. Ogni viaggio al Kunsthistorisches Museum e al Burgtheater è un segno di speranza e continuazione.

Arthur Schopenhauer, ritratto di Ludwig Sigismund Ruhl (ca. 1815)

Perdere se stessi nell'attività intellettuale di riconoscere l'attore e il suo rapporto con lo spettacolo e il pubblico crea ciò che Blumenberg definisce la "duplicità della vita".[4] In Antichi Maestri, Reger è un attore che si ritira dalla vita e riflette; tuttavia, il "dramma" che viene eseguito è un brano di prosa teatrale che tende alla tragicommedia. Reger non muore alla fine di Antichi Maestri. Invece, va a vedere uno spettacolo teatrale con Atzbacher. Reger non solo continua a vivere sul palco della sua esistenza teatrale, ma rivive anche attraverso gli scritti di Atzbacher su di lui nel romanzo stesso. Mentre Reger si ritira nella contemplazione, il pubblico del museo, la guardia del museo e Atzbacher lo osservano come attore. Indipendentemente dal fatto che Reger sia perso nei suoi pensieri o meno, la commedia continua attraverso l'atto narrativo di Atzbacher. La capacità di Reger di prendere le distanze dallo spettacolo del dipinto di Tintoretto e dall'opera teatrale di Kleist diventa importante quando ci si collega alla nozione di "serenità" di Blumenberg, all'idea di "piacere nell'esistenza" di Schopenhauer e all '"impresa utopica" di Dürrenmatt, tutte cose che riguardano l'apprezzamento per l'arte, la distanza e il riconoscimento dello spettacolo.

Tra tutti i filosofi, artisti e musicisti che non gli piacciono, Reger scopre che il momento più bello per intrufolarsi nell'arte è quando egli apre i libri di Arthur Schopenhauer. Mentre leggeva Schopenhauer sul divano nella Sala Bordone, Reger incontrò sua moglie. Ricordando il momento ad Atzbacher, Reger dice: "La giornata era cupa, io ero disperato, mi occupavo allora molto intensamente di Schopenhauer, essendomi passata la voglia di leggere Descartes, e in generale, allora, tutti i filosofi francesi, ed ero seduto qui, su questa panca" (AM p. 98). Nel pessimismo e malcontento, Reger incontra sua moglie e quindi trova la gioia. In Il mondo come volontà e rappresentazione, Schopenhauer scrive che gli esseri umani conoscono il piacere e la soddisfazione solo attraverso precedenti sentimenti di sofferenza. Il dolore e il desiderio rimangono una costante, mentre i sentimenti di piacere provengono sempre dal "ricordo della sofferenza e del desiderio precedenti".[5] La descrizione di Reger di se stesso nella Sala Bordone con un'opera di Schopenhauer in mano e la sua futura moglie che condivide il divano con lui è ironica e perversa, perché Reger è critico di quasi tutto, incluso la donna seduta accanto a lui che in seguito diventa sua moglie e una delle forze trainanti centrali della sua vita.

Reger ammette il paradosso nella sua vita come mezzo di sopravvivenza. Attraverso la sua capacità di impegnarsi in attività contraddittorie, come assistere a spettacoli teatrali che sa di non apprezzare, è in grado di prendere le distanze e provare piacere negli aspetti teatrali della vita. Reger è impegnato con sua moglie e la sua relazione amorosa con paradossi e contraddizioni. Reger osserva l’Uomo dalla barba bianca, che potrebbe, in un certo senso, essere un ritratto di se stesso o una riflessione speculare che osserva da trentasei anni. Legge Schopenhauer, il quale credeva che la non-esistenza della vita umana rappresentasse uno stato ideale, ma la sua relazione solipsistica con l'arte e l'alta cultura è contraddittoria con un atteggiamento altruistico, che ricorda le idee di Schopenhauer sul saggio altruista. L'egoismo di Reger gli permette di accettare il suo strano atteggiamento nei confronti della vita, desiderando solo per sé i suoi artisti preferiti. Reger afferma: "Molto probabilmente soffro anche di quello che chiamo egoismo artistico: per quanto riguarda l'arte, desidero avere tutto solo per me stesso,... Riesco a malapena a sopportare che qualcun altro, a parte me, possiede e gode dei prodotti di questi artisti, di questi geni..." (AM p. 128). Incontra una donna che non ama né Tintoretto né il dipinto, e presto la sposa. Va a vedere uno spettacolo al Burgtheater, sapendo per tutto il tempo che non gli piacerà. Reger, consapevole del suo amore per il paradosso, lo usa come mezzo di sopravvivenza quando invita Atzbacher al Burgtheater dicendo: "Prenda il secondo biglietto e venga questa sera con me al Burgtheater, divida con me il piacere di questa perversa follia" (AM p. 155). Anche se Reger sa che non gli piacerà la rappresentazione di Der Zerbrochene Krug, decide di andare nonostante la sua inevitabile delusione. Grazie alla sua capacità di prendere le distanze dalla vita, Reger è in grado di far parte sia del pubblico che dello spettacolo, ottenendo molta sicurezza e possibilità in mezzo a molte ragioni di disperazione.

Mentre Reger ottiene il distanziamento dalla vita attraverso la riflessione e l'attività intellettuale, egli diventa uno spettatore. È in grado di pronunciarsi sull'oggetto che sta fissando e trova questa dinamica teatrale nel dipinto di Tintoretto, come anche nel Der Zerbrochene Krug di Kleist. Reger riflette sulla sua lettura di Schopenhauer:

« Mi mettevo seduto nel mio letto , leggevo due frasi di Schopenhauer e le meditavo, poi leggevo altre due frasi di Schopenhauer e le meditavo. Dopo quattro giorni di niente tranne bere acqua e leggere Schopenhauer, mangiai per la prima volta un pezzo di pane, del pane talmente duro che ho dovuto farlo a pezzi con il tritacarne. »
(AM p. 142)

Reger enfatizza le nozioni ascetiche e ritualistiche che sorgono quando ci si dedica a diventare l'ideale di Schopenhauer di saggio o santo ammuffito. Il rituale prevede l'abbandono di tutte le nozioni egoistiche al fine di iniziare il processo di auto-annientamento. Mentre legge Schopenhauer, Reger afferma di sottoporsi al processo fisico di apertura verso l'esterno (digiuno, sofferenza, negazione di qualsiasi desiderio personale) che è spesso associato alla filosofia di Schopenhauer. Tuttavia, non può sfuggire al suo egoismo solipsistico, il che si traduce nella sua richiesta di essere lasciato solo col suo dipinto.[6]

La posizione di Reger come osservatore nel Kunsthistorisches Museum è degna di nota alla luce dei pensieri di Schopenhauer sulla teatralità dell'arte e sull'attività intellettuale come una piacevole fuga dalla noia dell'esistenza. Nel capitolo intitolato "Aggiunte alla dottrina della nullità dell'esistenza", in Parerga e paralipomena, Schopenhauer spiega che si gode la vita quando si ha un obiettivo di qualche tipo. La noia è più o meno inesistente una volta che "stiamo cercando qualcosa – nel qual caso distanza e difficoltà fanno sembrare il nostro obiettivo come se ci soddisfacesse (un'illusione che svanisce quando lo raggiungiamo) – o quando siamo impegnati in attività puramente intellettuali, nel qual caso stiamo davvero uscendo dalla vita in modo da considerarla dall'esterno, come spettatori in uno spettacolo." Essere consapevoli della propria posizione di spettatore e parte di un pubblico è, secondo Schopenhauer, parte integrante del provare piacere nel esistenza. La capacità di separarsi dal proprio ambiente immediato per considerarsi un osservatore della vita è anche un modo per evitare la noia e l'insoddisfazione della vita. Reger – critico, musicologo e intellettuale – si impegna nel ritratto del Tintoretto per sfuggire alla noia dell'esistenza. Reger, commentando sul ruolo dell'artista critico e la sua capacità di diventare consapevole e sensibile nei confronti del proprio ambiente, afferma che "l'artista critico è colui che in tutte le arti ne esercita una sola, la propria, e che di questo fatto è assolutamente e totalmente consapevole. Questa consapevolezza mi rende felice... Una persona pensante è per natura una persona infelice... Ma anche tale persona infelice può essere felice più e più volte, nel vero senso della parola e del concetto come diversivo" (AM p. 52). Impegnarsi in attività intellettuali serve come diversivo o distrazione dalla noia e dal malcontento generale dell'esistenza.

Reger, impegnato in un'attività altamente elitaria di definire le sue simpatie e antipatie intellettuali, crea il palcoscenico su cui si esibisce e quindi si distrae dal dispiacere dell'esistenza. Si dedica a un ritratto del XVI secolo (che a lui piace e non piace), nonché alle critiche di scrittori, filosofi e pittori austriaci e tedeschi. La sua lista di antipatie (El Greco, Velázquez, Giotto, Stifter, Bruckner, Heidegger) supera di gran lunga le sue simpatie (Francisco Goya, Michel de Montaigne, Pascal, Voltaire).[7] Per la maggior parte, tende a preferire scrittori francesi, russi e filosofi tedeschi rispetto a quelli austriaci. Tuttavia, ridicolizza anche Heidegger (tedesco) e Stifter (austriaco), ma elogia Goethe (tedesco) ed Egon Schiele (austriaco). In questo senso, è spesso difficile e stimolante rilevare uno schema nel gusto e nel giudizio apparentemente incoerenti di Reger. Il modo di Reger di sfuggire ai problemi dell'esistenza uscendo dalla vita, per così dire, ed entrare in un mondo illusorio, corrisponde a ciò che Schopenhauer propone.

Egon Schiele, 1914

Bernhard sperimenta i modi in cui i suoi spettacoli e la sua prosa teatrale appaiono e vengono percepiti. In Antichi Maestri, Reger combatte sia con le visioni obiettive che soggettive del ritratto di Tintoretto. Quando si esaminano i metodi di scrittura e di regia di Bernhard, si trovano di certo utili le idee di Dürrenmatt sul teatro e sull'osservazione. Dürrenmatt contrappone lo studio alla regia di opere teatrali e sottolinea l'importanza del processo di creare qualcosa di nuovo. Forse questo "qualcosa di nuovo" che il drammaturgo crea, dopo la distruzione dell'oggetto, è un prodotto di osservazione o pianificazione soggettiva. Come regista teatrale, scrittore e produttore, Bernhard è consapevole dei punti di vista soggettivi e oggettivi. Reger affronta entrambi questi punti di vista in quanto egli è sia spettacolo che parte del pubblico. Lotta con il difficile, se non impossibile, compito di assumere un punto di vista puramente oggettivo e si sfida quando vede il dipinto per quello che è (un dipinto) e per quello che non è (uno specchio).[8] Questa difficoltà gli consente di scoprire cose su se stesso e sull'attività umana in accordo con il suo filosofo preferito.

Reger osserva il dipinto di Tintoretto come se fosse qualcosa di familiare e alieno. Di conseguenza, mostra due reazioni molto diverse al dipinto. Sia che Reger consideri il soggetto del ritratto come uno sconosciuto o come se stesso, il dipinto ispira pensieri diversi in Reger. Nel paragrafo seguente di Antichi Maestri, si noti l'effetto del verbo "guardare" e come il modo in cui vede il dipinto influenza il suo filo di pensieri. Atzbacher, descrivendo la posizione di osservazione di Reger di fronte al dipinto del Tintoretto, scrive: "Reger guardò di nuovo l’Uomo dalla barba bianca e disse: a quarant'anni dalla fine della guerra le condizioni in Austria hanno di nuovo raggiunto il loro minimo morale più oscuro, ecco cosa è così deprimente. Un paese così bello e una società così completamente brutale, vile e distruttiva" (AM p. 132) Secondo questo stralcio, quando Reger "guarda" il ritratto, prende una visione in qualche modo obiettiva del dipinto, che ispira pensieri riguardanti l'Austria e la sua storia. Reger, quando "guarda" il dipinto, non lo collega immediatamente alla sua vita personale. Mentre quando Reger "osserva" il ritratto, egli inizia a personalizzare la sua esperienza con il vecchio nel dipinto come se stesse dialogando. Atzbacher continua a scrivere quando ricorda ciò che Reger ha detto sulla società: "Ciò che è così spaventoso è che si può solo essere spettatori perplessi della catastrofe e non si è in grado di fare nulla al riguardo. Reger guardò l’Uomo dalla barba bianca e disse: «Ogni due giorni visito la tomba di mia moglie e rimango lì vicino alla sua tomba per mezz'ora e non provo nulla»" (AM p. 132). Osservare il ritratto incoraggia i ricordi personali della morte di sua moglie. Per Reger, il dipinto di Tintoretto "gli parla" sia a livello formale che informale.

Non sorprende che, secondo Atzbacher, che registra questi "monologhi", Reger abbia una connessione con il ritratto e allo stesso tempo riconosca la distanza e la differenza tra se stesso e l’Uomo dalla barba bianca. Egli scopre le connessioni tra se stesso e il dipinto quando confronta l'età del vecchio nel dipinto con la sua stessa età. Tuttavia, Reger si isola dal dipinto quando osserva il dipinto come un enigma perché non vede più somiglianze ma dettagli sulla faccia di uno sconosciuto che non erano stati notati in precedenza. In Parerga e paralipomena, Schopenhauer scrive sull'osservazione del volto e di vari presupposti, che coinvolgono la prima apparizione di un volto. Si accorge di quanto venga rivelato nel modo in cui appare un volto e come, spesso, il "volto esprime e rivela tutta l'essenza di un uomo" (p. 232). A uno piace vedere da sé come si appare, o piacerebbe ricevere una descrizione particolareggiata da qualcun altro per poter creare un'immagine mentale di se stessi come oggetto. Schopenhauer continua: "Allo stesso modo, nella vita quotidiana, tutti ispezionano il volto di chiunque s'incontri e cercano silenziosamente di scoprire in anticipo dalla sua fisionomia, la sua natura morale e intellettuale" (p. 232). Reger si affida alla propria osservazione e all'osservazione degli altri per determinare cosa costituisce la sua soggettività. In questo caso, gli altri hanno molta influenza sulla mente dell'osservatore.

Secondo Schopenhauer, il volto umano è un geroglifico che può essere decifrato. Come appaiono le cose è un ingresso nel corpo. Egli crede che il proprio volto sia più eloquente della propria bocca, perché il volto "è un compendio di tutto ciò che la sua bocca avrà da dire, in quanto è il monogramma di tutti i pensieri e le aspirazioni dell'uomo" (p. 232). Riguardo agli aspetti rivelatori del viso e della bocca, Schopenhauer scrive che "la bocca, inoltre, esprime solo i pensieri dell'uomo, mentre il volto esprime un pensiero della natura: pertanto vale la pena guardare tutti, anche se non vale la pena parlare a tutti" (p. 232). Per Schopenhauer, il volto umano è di primario interesse perché esprime i dettagli e la sensibilità dell'esistenza. La bocca è solo una parte del tutto — il tutto, secondo Schopenhauer, è il viso. Il viso è un geroglifico, mentre la bocca è il linguaggio, che rivela i pensieri dell'uomo. La bocca facilita la decifrazione del codice, perché funge da ingresso nella natura dell'uomo.

Quando si applicano i commenti di Schopenhauer all’Uomo dalla barba bianca di Tintoretto, il ritratto diventa un oggetto ideale per la contemplazione di Reger e un esempio ideale di lavoro della filosofia di Schopenhauer. Tintoretto evidenzia chiaramente il volto dell'uomo nel dipinto e nasconde la bocca con baffi e barba pesanti. A differenza della bocca oscurata, gli occhi dell’Uomo dalla barba bianca non sono nascosti. In effetti essi restituiscono lo sguardo di Reger. L'uomo nella pittura del Tintoretto, restituendo lo sguardo a Reger, afferma un senso di potere e autorità sullo spettatore.[9] Il contrasto tra il viso illuminato, il torace, le spalle, le braccia e il busto che sono oscurati dall'ombra, rivela l'importanza della faccia come il centro della messa a fuoco. La bocca dell'uomo nel ritratto è oscurata dai baffi e dalla barba, rendendo difficile leggergli chiaramente i pensieri. La bocca, oltre a tutti gli altri aspetti del viso, fa parte di tutto ciò che è stato detto.

L'arte dell'osservazione di Reger solleva il difficile problema della verità e della falsità nell'arte, a cui si ritorna continuamente anche dopo aver combattuto per decifrare gli aspetti nascosti del ritratto di Tintoretto. Questa dinamica tra verità e falsità diventa una fonte cruciale di ispirazione per Reger. In Antichi Maestri, c'è una scena in cui Reger deve condividere il divano della Sala Bordone e il ritratto del Tintoretto con un inglese, che è venuto a vedere il ritratto e a esaminarne i dettagli falsi, poiché l'inglese è convinto che il ritratto nel museo o la sua copia a casa sua è un "falso perfetto" (AM p. 79). Reger, mentre osserva il ritratto di Tintoretto, deve anche osservare l'inglese che osserva il ritratto. Reger, che, dopo trentasei anni, ha familiarità con i dettagli del volto dell’Uomo dalla barba bianca, inizia a familiarizzarsi con il volto dell'inglese quando dice: "...mentre io lo guardavo da dietro, non potevo, com'è naturale, vederlo in faccia, ma naturalmente, pur guardandolo di spalle, sapevo che lui stava fissando l’Uomo dalla barba bianca... Per molto tempo l'inglese non si è girato, e quando l'ha fatto la sua faccia era bianca come il gesso" (AM pp. 77-78). Reger osserva la faccia dell'inglese, che s'impallidisce alla sua scoperta immaginativa della possibilità che il suo dipinto preferito sia un falso. Questa scoperta ricorda i seguenti commenti di Schopenhauer sul viso:

« Eppure la faccia non mente: siamo noi che leggiamo ciò che non vi è scritto. In ogni caso, la decifrazione del viso è un'arte grande e difficile. I suoi principi non possono mai essere appresi in abstracto. Il primo presupposto per praticarla è che devi avere una visione puramente oggettiva del tuo uomo, il che non è così facile da fare: non appena la minima traccia di avversione, parzialità, paura, speranza o persino pensiero di quale impressione noi stessi proviamo per lui, in breve non appena viene coinvolto qualcosa di soggettivo, il geroglifico diventa confuso e corrotto. »
(Schopenhauer, op. cit., p. 233)

Si potrebbe dire che ciò che Schopenhauer scrive riguardo ai problemi della soggettività corrisponde ai problemi di Reger nel trovare la perfezione nel ritratto di Tintoretto. Reger non può evitare di avere una visione soggettiva del dipinto di Tintoretto, poiché si riferisce alla figura nel ritratto. Quando incontra l'inglese che è venuto a vedere anche lui il ritratto di Tintoretto, Reger affronta la sfida di sedersi sul settee à deux della Sala Bordone, osservando sia il dipinto che l'essere umano dal vivo (AM p. 72). Dal momento che l'inglese è inizialmente un completo estraneo, la prima visione di tale estraneo da parte di Reger è, secondo Schopenhauer, oggettiva, ma quanto più l'inglese rimane in vista a Reger, tanto più soggettiva diventa la vista; più Reger viene a sapere di lui e meno l'inglese rimane estraneo.

Come è quindi possibile visualizzare una faccia in modo obiettivo? L'osservazione dell'inglese – che è, in sostanza, uno sconosciuto – da parte di Reger è obiettivo? Nel suo libro A Short Guide to Writing About Art, Sylvan Barnet suggerisce che non è più l'"occhio innocente" con cui guardiamo, ma un processo più creativo e selettivo.[10] Barnet crede che non stiamo osservando oggettivamente: "Inevitabilmente, noi osserviamo da un punto di vista particolare (anche se non ne siamo consapevoli) — per esempio, la visione di un maschio bianco della classe media che invecchia, o di un cinese-americano di seconda generazione, o di una giovane femminista chicana nel primi anni del ventunesimo secolo".[11] Barnet continua spiegando che noi come spettatori e osservatori siamo, in effetti, i prodotti del nostro ambiente: "Le nostre interpretazioni dell'esperienza le sentiamo certamente come nostre proprie ma, lungi dall'essere oggettive, sono (si crede) in gran parte condizionate da ciò che siamo — e chi siamo dipende in parte dalle culture che ci hanno plasmato".[12] L'occhio, invece di rispecchiarsi o percepire passivamente, "seleziona, rifiuta, organizza, discrimina, associa, classifica, analizza, costruisce".[13] La visualizzazione è proprio un processo creativo. Il punto di vista di Reger riguardo all'inglese non può essere oggettivo.

Per applicare l'idea di Bernhard alla relazione di Reger con il ritratto di Tintoretto, si deve concordare con l'idea che Reger non è in grado di vedere il ritratto con pura obiettività perché è un prodotto del suo ambiente austriaco. L'uomo nel quadro dell’Uomo dalla barba bianca non ha un nome proprio nel suo titolo e, di conseguenza, è estraneo a Reger a prima vista. Anche se la figura nel ritratto è estranea a Reger nel senso che i due uomini non si conoscono, ci sono cose del ritratto con cui Reger prende confidenza a prima vista. Ad esempio, Reger ha senza dubbio familiarità con lo stile del Tintoretto. Poiché Reger è un amante dei musei e un sostenitore dell'alta arte, è ragionevole supporre che Reger abbia visto altri dipinti del pittore veneziano. La casa di Reger è Vienna e, per molti versi, lo è anche il Kunsthistorisches Museum, luogo in cui è appeso il ritratto di Tintoretto. Quando Reger si reca al Kunsthistorisches Museum, è consapevole non solo delle opere d'arte degli antichi maestri, ma anche del tesoro degli Asburgo. Conosce alquanto bene Irrsigler (la guardia del museo), la Sala Bordone (che custodisce il ritratto del Tintoretto) e la Sala Sebastiano (contenente dipinti di Tiziano). Oltre ad aver trascorso del tempo dentro e intorno al museo, Reger comprende la relazione tesa tra Tiziano e Tintoretto e l'ironia nel collocare i dipinti dei due pittori uno accanto all'altro, in due sale adiacenti. Date tutte queste ragioni che rendono Reger familiare col suo ambiente, diventa chiaro come gli sia impossibile vedere il ritratto in modo obiettivo.

Reger non è privo di emozioni personali – ciò che Schopenhauer chiama avversione, parzialità, paura e speranza – quando guarda il dipinto. Tutto ciò che circonda il dipinto gli è familiare. È consapevole della sua posizione, di ciò che lo circonda e dell'ambiente. Bisogna supporre che questo non sia il primo dipinto di Tintoretto che l'ottantadue Reger abbia visto. Per Reger, come spettatore del ritratto del Tintoretto nel Kunsthistorisches Museum, "tutto ciò che è soggettivo coinvolge" e il potenziale di qualsiasi visione oggettiva diventa "confuso e corrotto", secondo i pensieri di Schopenhauer sulla probabilità di punti di vista oggettivi. Schopenhauer ritiene che "così come possiamo ascoltare il suono di una lingua solo se non la comprendiamo, parimenti possiamo vedere la fisionomia di un uomo solo se ci è estraneo: di conseguenza, si può ricevere un'impressione puramente oggettiva di un volto, e quindi avere la possibilità di decifrarlo, solo a prima vista."[14] Uno deve rimanere estraneo al suo oggetto visivo per vedere l'oggetto oggettivamente. Dopo la prima vista, l'oggetto diventa familiare e influenze esterne corrompono l'immagine. In questo modo, la filosofia di Schopenhauer getta una luce intensa su Reger, che non può mai incontrare l'uomo barbuto nel ritratto. Da un lato, egli rimarrà sempre estraneo al personaggio di Tintoretto nel dipinto. Dall'altro, Reger non è estraneo all'uomo barbuto perché conosce gli aspetti superficiali dell'uomo barbuto piuttosto intimamente, dopo le sue continue visite al museo. Reger, commentando la sua visione ritualistica del ritratto di Tintoretto, dice: "Ho guardato questo dipinto per oltre trent'anni e trovo ancora possibile guardarlo... Gli Antichi Maestri si stancano rapidamente se li studiamo scrupolosamente e ci deludono sempre se li sottoponiamo a un esame più attento, se li rendiamo l'oggetto spietato del nostro intelletto critico" (AM pp. 150-151). Reger ha osservato il volto nel ritratto così a lungo che non è possibile nessuna decodifica oggettiva "vera". Anche se il soggetto nel dipinto rimane anonimo, Reger, influenzato dall'ambiente storico, politico, religioso e viennese mentre osserva l’Uomo dalla barba bianca di Tintoretto, vede il dipinto con l'intensità di una persona che ha avuto qualche precedente rapporto con il soggetto nel ritratto. Ad ogni visita ripetuta, Reger non solo acquisisce più familiarità con le qualità del dipinto, ma anche con lo sconosciuto, che condivide somiglianze di età e genere con Reger. Il punto di vista di Reger non può che essere soggettivo. Egli è un prodotto dell'alta cultura viennese, uno spettatore e un critico che non ha "l'occhio innocente" ma l'occhio che crea e critica. Pertanto, si potrebbe dire che Reger vede l'uomo barbuto come se fosse un riflesso dello stesso Reger.

La discussione di Schopenhauer sulla visione oggettiva, che richiede l'alienazione dal focus percepito, e sulla visione soggettiva, in cui le influenze circostanti non possono essere separate dallo spettatore, corrispondono alle idee precedentemente menzionate riguardo al dipinto e allo specchio. La vista richiesta quando ci si guarda in uno specchio differisce da quella richiesta quando si osserva un ritratto. La situazione di Reger nel Kunsthistorisches Museum corrisponde ai concetti di Schopenhauer di uno sguardo alienato:

« La condizione in cui è possibile la comprensione oggettiva di qualcosa di percepito è l'alienazione da ciò che viene percepito; ma quando vediamo il nostro riflesso in uno specchio non siamo in grado di prenderne una visione alienata, perché questa visione dipende in ultima analisi dall'egoismo morale, con il suo profondo sentimento di non me: così che quando vediamo il nostro riflesso, il nostro egoismo ci sussurra un precauzionale "Questo non è non-me, ma me", che ha l'effetto di un noli me tangere e impedisce qualsiasi comprensione puramente oggettiva. »
(Schopenhauer, op. cit., p. 172)

Chiaramente, c'è una distanza tra loro, Reger e l'uomo nel ritratto, ma la distanza non porta alla conclusione che la visione di Reger sia oggettiva.

Reger è, in un certo senso, uno sconosciuto che osserva uno sconosciuto, ma Reger non separa e non può separare le sue esperienze di vita dalla sua visione del ritratto. All'apparizione di Reger come osservatore dell’Uomo dalla barba bianca, Atzbacher si ricorda di Reger, in un pesante cappotto con "in testa per tutto il tempo il suo cappello nero". Reger sta quindi "appoggiato al bastone che teneva stretto tra le ginocchia, completamente immerso nella contemplazione dell’Uomo dalla barba bianca..." (AM p. 2). Reger, con il cappello nero e il cappotto che gli ricopre il corpo, sceglie di osservare un estraneo veneziano con una lunga barba bianca e un cappotto nero. Reger non è in grado di sentire il ritratto con alienazione perché non è mai veramente solo nella Sala Bordone e sembra che non riesca a separare le sue esperienze di vita dal soggetto del dipinto. Gli elementi che impediscono un qualsiasi ambiente "puro" o isolato nella Sala Bordone custodita da Irrsigler, includono l'afflusso costante di visitatori europei al museo, la guardia stessa, Atzbacher e il cittadino britannico del Galles. Pertanto, contrariamente alla posizione di Schopenhauer in merito alla possibilità di vedere qualcosa o qualcuno in modo obiettivo, Reger appartiene a quella che Barnet descrive come la "visione costruttivista", in cui uno crea, classifica e associa. Reger, sempre consapevole della propria esistenza quando osserva l’Uomo dalla barba bianca, non può impegnarsi in una visione obiettiva del dipinto.

Il dipinto, direi, fa appello a Reger come una riflessione speculare, facendo sì che il suo "egoismo morale" prenda atto delle somiglianze nel volto che lo guarda direttamente. Reger nota che il volto del ritratto indossa la barba ed è di un uomo alquanto anziano. Forse si identifica con l'immagine, mette in relazione l'immagine con se stesso e non è più in grado di essere obiettivo. Indipendentemente dal fatto che le visioni soggettive e oggettive esistano simultaneamente o meno per lo spettatore, Reger considera entrambe le visioni ed è in grado di usare le sue diverse prospettive per fare osservazioni multiple e, spesso, contraddittorie, che corrispondono all'enfasi che Bernhard pone su prospettive multiple in scrittura e teatro.

Aristotele contempla il busto di Omero, olio di Rembrandt (1653)

La "tragica ricerca" di Reger o il desiderio di isolamento quando osserva il dipinto di Tintoretto ricorda l'articolo di Julius Held, "Rembrandt's Aristotle", che, come sottolineato in una Sezione precedente, mostra Aristotele che si impegna in un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. In tale articolo, Held sottolinea l'importanza della privacy e della quiete interiore di Aristotele mentre contempla il busto di Omero. Held riconosce l'esistenza del momento indisturbato nell'umore solitario di Aristotele e ricorda le idee di Schopenhauer sull'"uomo d'intelletto" e la sua capacità di esibirsi: "Un uomo d'intelletto è come un artista che tiene un concerto senza alcun aiuto da nessun altro, suonando su un singolo strumento: un piano, diciamo, che è una piccola orchestra di per sé. Un uomo simile è un piccolo mondo di per se stesso; e l'effetto è prodotto da solo, nell'unità della propria consapevolezza."[15] Un uomo, solo e senza desiderare compagnia, esegue egli stesso lo spettacolo; è sia solista che orchestra. Reger si adatta all'idea di Schopenhauer dell'"uomo d'intelletto" e alla nozione di Held dell'uomo che si impegna in un "dialogo silenzioso" con l'altro e con se stesso. Contiene un mondo di personaggi dentro di sé. È contemporaneamente un solista, impegnato nel suo monologo, e un intero pubblico, che continua a guardare la sua esibizione.

Reger nota i dettagli nel ritratto, nonché i dettagli relativi al mondo al di fuori della Sala Bordone e del Kunsthistorisches Museum. Reger subisce un tipo di osservazione e riflessione simile a quello esaminato da Held. Held sostiene che nel dipinto di Rembrandt, Aristotele sta intrattenendo un "dialogo silenzioso" con il busto di Omero. I pensieri del dialogo silenzioso di Aristotele "sono sia più generali – affrontando problemi di vasta portata e scelte morali – sia più concreti – derivanti da specifiche situazioni storiche. Il busto gioca un ruolo molto importante in questi pensieri, ma non è, di per sé, l'oggetto della contemplazione del saggio."[16] In Antichi Maestri, il ritratto del Tintoretto ispira la contemplazione di Reger. Atzbacher, descrivendo Reger che osserva il quadro del Tintoretto, commenta: "Era sempre seduto sulla panca, col cappello nero in testa, immobile in effetti, ed era chiaro che ormai da parecchio non stava più osservando l’Uomo dalla barba bianca ma qualcosa di completamente diverso dietro all’Uomo dalla barba bianca, non Tintoretto ma qualcosa di molto fuori dal museo..." (AM p. 20). Il dipinto stimola l'intelletto di Reger quando inizia a pensare a famosi compositori austriaci, filosofi tedeschi, autori francesi e l'Olocausto. L’Uomo dalla barba bianca, come il busto di Omero, funge da trampolino per il suo spettatore, ispirandolo a ricordare momenti del passato, problemi esistenziali e questioni ideologiche.

Altri particolari che Held riconosce nel dipinto di Rembrandt corrispondono anche ai particolari del dipinto di Tintoretto. Per citarne uno, sia Aristotele che Tintoretto portano il segno di un'espressione seria. L'espressione seria dell’Uomo dalla barba bianca influenza l'interpretazione del dipinto da parte di Reger e il suo modo di pensare. Mentre sta seduto di fronte all’Uomo dalla barba bianca, Reger commenta il suo peculiare modello di osservazione:

« Ogni due giorni mi siedo sulla panca della Sala Bordone, naturalmente non tutti i giorni, perché sarebbe distruttivo, voglio dire se mi sedessi sulla paca della Sala Bordone ogni giorno, ciò distruggerebbe in me tutto ciò che apprezzo, e ovviamente nulla è più prezioso per me del pensare, penso quindi vivo, vivo quindi penso... »
(AM p. 70)

La serietà dell'espressione nel dipinto ne influenza il rapporto intellettuale di Reger. Held, commentando la serietà espressiva in Aristotele contempla il busto di Omero, scrive: "Rembrandt ha adottato non solo i dettagli fisionomici esterni ma anche l'espressione seria, se non addirittura tragica, del modello".[17] Le espressioni serie in entrambi i ritratti inevitabilmente influenzano i pensieri dei rispettivi spettatori in quanto diventano tutti più contemplativi e sensibili alle tecniche pittoriche nel mondo della creazione artistica e alle questioni esistenziali che emergono nello studio della pittura.



Per approfondire, vedi Thomas Bernhard/Opere, Emozioni e percezioni e Generi letterari.

Note

  1. Hans Blumenberg scrive della doppia posizione di attore e pubblico e dei punti di vista oggettivi e soggettivi. Nel suo lavoro filosofico del 1979, Naufragio con spettatore, Blumenberg afferma che "qualunque serenità sia possibile per gli esseri umani procede da questa duplicità di vita" (Naufragio con spettatore: paradigma di una metafora dell'esistenza, trad. it. di Francesca Rigotti, il Mulino, 1985, 2001, p. 64). Esiste un parallelo tra riflessività e "duplicità" teatrale. Nel suo Naufragio con spettatore, Blumenberg esamina la posizione dello spettatore e dello spettacolo e scrive sulla capacità di abbracciare entrambe le posizioni e la massima soddisfazione emotiva che deriva da questa capacità. Blumenberg menziona Schopenhauer quando discute della dinamica e dell'integrazione spettatore-spettacolo. Blumenberg, scrivendo del "ritiro nella riflessione" di un attore, cita Schopenhauer che crede che l'uomo sia simile a "un attore che ha recitato la sua parte in una scena e che prende il suo posto tra il pubblico fino a quando non è il momento per lui di salire di nuovo sul palco e osservare tranquillamente qualunque cosa possa accadere, anche se si tratta della preparazione della sua morte (nel dramma), ma in seguito sale di nuovo sul palco e recita e soffre come deve fare." (Schopenhauer citato da Blumenberg a p. 64).
  2. Il Burgtheater (teatro di corte) di Vienna è uno dei monumenti più famosi della città e uno dei maggiori teatri d'Europa, costruito tra il 1874 e il 1888. Conosciuto originariamente come "K.K. Theater an der Burg", e successivamente, fino al 1920, come "K.K. Hofburgtheater", è il teatro nazionale austriaco a Vienna e uno dei più importanti teatri tedeschi del mondo. Scrive la giornalista Caroline Bugler: "L'edificio fu inaugurato nel 1888, ma si richiuse per ulteriori modifiche nove anni dopo, quando si scoprì che diversi posti non avevano vista sul palcoscenico e il soffitto realizzato a cupola aveva un'acustica spaventosa. I bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale distrussero la parte centrale del teatro, che è stata completamente ricostruita" Caroline Bugler, Vienna, Studio, 1995, p. 47). Il Burgtheater è sostenuto finanziariamente dal governo austriaco. Questo particolare fattuale diventa, ovviamente, motivo di critiche da parte di Reger, poiché attacca e cerca costantemente motivi per attaccare il governo e la politica austriaci.
  3. Dürrenmatt, op. cit., p. 251.
  4. Blumenberg, Naufragio con spettatore, cit., p. 64.
  5. Schopenhauer citato in Blumenberg, op. cit., p. 62.
  6. Nel suo, Naufragio con spettatore, cit., Blumenberg scrive quanto segue riguardo alle opinioni di Schopenhauer sul genio e sul saggio ascetico: "La volontà – e questa è già la sua determinazione classica – va nell'infinito e può finire solo trascendendosi; questo accade, come grande passione o come pura cognizione, nel genio. La formula di Schopenhauer della "vita del genio" è un paradosso, poiché il genio si distingue proprio per il non appartenere alla vita, poiché è completamente ricolmo di pura cognizione come distanziamento dalla vita "(p. 62). Per quanto riguarda la ragione e il saggio, Blumenberg in seguito afferma: "Si esprime nel fatto che «in conformità con la riflessione precedente, o una determinazione formata, o una necessità riconosciuta, un uomo soffre o compie a sangue freddo ciò che è della massima e spesso terribile importanza per lui.» Ecco, finalmente si potrebbe davvero dire, «la ragione si manifesta praticamente.» Lo sviluppo più completo della ragion pratica è rappresentato, dice Schopenhauer, nell'ideale del saggio stoico" (p. 64).
  7. Le antipatie di Reger continuano: Nicolas de Largilliere, Lorenzo Lotto, Albrecht Dürer, l’Uomo dalla barba bianca di Tintoretto, Andrea Mantegna, Giovanni Biliverti, Giulio Campagnola, Ludwig van Beethoven, Arturo Toscanini, Gustav Mahler, Wolfgang Amadeus Mozart, Johannes Brahms, Paul Hindemith, Otto Klemperer, Bernard Bolzano, Guido Reni, Capuchin Tomb, Hofburg, Museum der Stadt Wien, Burgtheater, Gustav Klimt, Adolf Loos, E. T. A. Hoffmann, Zerbrochene Krug di Kleist. E anche le simpatie di Reger continuano: Johannes Kepler, Johann Sebastian Bach, George Frideric Handel, l’Uomo dalla barba bianca di Tintoretto, Joseph Haydn, Goethe, Kleist, Novalis (Georg Friedrich Philipp von Hardenburg), Schopenhauer, Richard Wagner, Anton Webern, Mozart, Alban Berg, Arnold Schoenberg, Friedrich Nietzsche, Fyodor Dostoyevsky, Denis Diderot, Egon Schiele, Oskar Kokoschka, Nikolai Gogol, Michelangelo Merisi da Caravaggio, Auguste Renoir, Leos Janáček, Bohuslav Martinů, René Descartes, Christoph Martin Wieland.
  8. In questa Sezione si discuterà anche se sia possibile o meno un "punto di vista puramente oggettivo".
  9. Sylvan Barnet, A Short Guide to Writing about Art, VII ed., Longman, 2003, p. 46.
  10. Secondo Barnet, l'"occhio innocente percepisce soltanto", in contrasto con la "visione costruttivista", che "sostiene che l'occhio è selettivo e creativo" – Sylvan Barnet, A Short Guide to Writing about Art, VII ed., Longman, 2003, p. 23.
  11. Sylvan Barnet, A Short Guide to Writing about Art, cit., p. 23.
  12. Sylvan Barnet, A Short Guide to Writing about Art, cit., p. 23.
  13. Barnet, op. cit., p. 23.
  14. Schopenhauer, op. cit., p. 233.
  15. Schopenhauer, op. cit., p. 681.
  16. Held, op. cit., p. 40.
  17. Held, op. cit., p. 29.