Ebrei e Gentili/Universalista: differenze tra le versioni

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Oltre a questo, confrontare ciò che Maimonide scrive qui con la sua probabile fonte (TB ''Betsah'' 32''b'') è alquanto istruttivo. Scrive: "Dare la carità è il segno [''siman''] degli individui giusti che sono della progenie di nostra padre Abramo". Il Talmud dice: "Chiunque è misericordioso coi suoi simili fa certamente parte dei figli di nostro padre Abramo". Maimonide, come abbiamo visto, collega gli ebrei ''giusti'' con Abramo; il Talmud ci dice che ''chiunque'' è misericordioso è certamente ebreo. Maimonide scrive: "Chiunque è crudele e spietato dà adito a sospetto [''yesh laḥush''] riguardo alla sua discendenza". Il Talmud dice: "e chiunque non è misericordioso coi suoi simili non è di certo [''beyadua she’eino''] parte dei figli di nostro padre Abramo". Il Talmud rende la misericordia una proprietà dell'ebraicità e la crudeltà una prova dell'assenza di ebraicità. Maimonide reputa la misericordia un segno di ebraicità e la crudeltà come una ragione per sospettare l'assenza dfi ebraicità. Il Talmud parla in termini assoluti, Maimonide in quelli che potremmo chiamare termini statistici.
Oltre a questo, confrontare ciò che Maimonide scrive qui con la sua probabile fonte (TB ''Betsah'' 32''b'') è alquanto istruttivo. Scrive: "Dare la carità è il segno [''siman''] degli individui giusti che sono della progenie di nostra padre Abramo". Il Talmud dice: "Chiunque è misericordioso coi suoi simili fa certamente parte dei figli di nostro padre Abramo". Maimonide, come abbiamo visto, collega gli ebrei ''giusti'' con Abramo; il Talmud ci dice che ''chiunque'' è misericordioso è certamente ebreo. Maimonide scrive: "Chiunque è crudele e spietato dà adito a sospetto [''yesh laḥush''] riguardo alla sua discendenza". Il Talmud dice: "e chiunque non è misericordioso coi suoi simili non è di certo [''beyadua she’eino''] parte dei figli di nostro padre Abramo". Il Talmud rende la misericordia una proprietà dell'ebraicità e la crudeltà una prova dell'assenza di ebraicità. Maimonide reputa la misericordia un segno di ebraicità e la crudeltà come una ragione per sospettare l'assenza dfi ebraicità. Il Talmud parla in termini assoluti, Maimonide in quelli che potremmo chiamare termini statistici.


Il quarto brano è il più facile da esaminare, poiché chiaramente fa un'affermazione normativa, prescrittiva, e non descrittiva. Il perdono è di certo appropriato per la progenie di Israele (''derekh zera yisara’el''). Proprio il fatto che Maimonide deve fare questa affermazione (e tutte le altre qui analizzate) indica che non tutti gli ebrei si comportano come dovrebbero. Se tutti gli ebrei ''qua'' ebrei fossero veramente misericordiosi, caritatevoli e compassionevoli, che bisogno ci sarebbe di tutte queste esortazioni in quello che è un compendium halakhico presumibilmente asciutto?
Il quarto brano è il più facile da esaminare, poiché chiaramente fa un'affermazione normativa, prescrittiva, e non descrittiva. Il perdono è di certo appropriato per la progenie di Israele (''derekh zera yisara’el'' o solo ''[[:en:w:Zera Yisrael|zera yisrael]]'' זרע ישראל). Proprio il fatto che Maimonide deve fare questa affermazione (e tutte le altre qui analizzate) indica che non tutti gli ebrei si comportano come dovrebbero. Se tutti gli ebrei ''qua'' ebrei fossero veramente misericordiosi, caritatevoli e compassionevoli, che bisogno ci sarebbe di tutte queste esortazioni in quello che è un compendium halakhico presumibilmente asciutto?


Nel quinto passo Maimonide insegna che la crudeltà e la sfrontatezza non sono frequenti eccetto tra i non-ebrei incirconcisi. Se lo prendiamo alla lettera, egli esenta tutti i mussulmani da questa accusa. Se non lo prendiamo alla legttera, allora egli no fa una distinzione letterale tra ebrei e non-ebrei. E in questo passo, da chi Maimonide impara il giusto comportamento? Da Giobbe, un non-ebreo!<ref>Secondo Maimonide, Giobbe non era ebreo. Si veda il testo citato di seguito dall’''Epistola allo Yemen''. È interessante notare che in ''Guida'' iii.22 Maimonide afferma che Giobbe non era affatto una figura storica e tutta la sua storia è una parabola.</ref> Maimonide continua insegnando che "la progenie di nostro padre Abramo, tuttavia, cioè gli Israeliti, su cui il Santo, che sia benedetto, concesse il favore della Torah e diede loro statuti e giudizi, sono un popolo misericordioso che anno compassione per tutti." Esaminiamo attentamente questa frase. Una traduzione letterale sarebbe la seguente: "Ma la progenie di Abramo nostro padre, che è quell'Israele su cui il Santo, che sia benedetto, emanò il dono della Torah e comandò giusti statuti e giudizi, ha misericordia per tutti". In questo caso Maimonide esplicitamente distingue coloro a cui è stata data la Torah da tutti coloro che sono il "seme di Abramo". La seconda proposizione della frase può essere letta in molti modi. Uno di tali modi sarebbe di leggerla come se Maimonide dicesse semplicemente che gli Israeliti hanno compassione di tutti. Un secondo modo di leggerla sarebbe che la Torah, che include giisti statuti e giudizi, conduce i suoi aderenti ad un comportamento compassionevole. Nel contesto del carattere chiaramente persuasivo e prescrittivo di tutto il paragrafo (Maimonide cerca di allontanare i suoi lettori da un comportamento tecnicamente ammissibile, cioè quello di far lavorare con rigore gli schiavi pagani), penso che la seconda interpretazione sia più ragionevole.<ref>Su questo brano, si veda Wurzburger, ''Ethics of Responsibility'', 23: "Maimonide sottolineava che il senso di misericordia e compassione nonché la risultante avversione per la crudeltà che sono caratteristiche degli ebrei possono essere rintracciate nell'impatto degli insegnamenti della Torah e di varie esperienze religiose che hanno generato questi tratti caratteristici."</ref>
Nel quinto passo Maimonide insegna che la crudeltà e la sfrontatezza non sono frequenti eccetto tra i non-ebrei incirconcisi. Se lo prendiamo alla lettera, egli esenta tutti i mussulmani da questa accusa. Se non lo prendiamo alla legttera, allora egli no fa una distinzione letterale tra ebrei e non-ebrei. E in questo passo, da chi Maimonide impara il giusto comportamento? Da Giobbe, un non-ebreo!<ref>Secondo Maimonide, Giobbe non era ebreo. Si veda il testo citato di seguito dall’''Epistola allo Yemen''. È interessante notare che in ''Guida'' iii.22 Maimonide afferma che Giobbe non era affatto una figura storica e tutta la sua storia è una parabola.</ref> Maimonide continua insegnando che "la progenie di nostro padre Abramo, tuttavia, cioè gli Israeliti, su cui il Santo, che sia benedetto, concesse il favore della Torah e diede loro statuti e giudizi, sono un popolo misericordioso che anno compassione per tutti." Esaminiamo attentamente questa frase. Una traduzione letterale sarebbe la seguente: "Ma la progenie di Abramo nostro padre, che è quell'Israele su cui il Santo, che sia benedetto, emanò il dono della Torah e comandò giusti statuti e giudizi, ha misericordia per tutti". In questo caso Maimonide esplicitamente distingue coloro a cui è stata data la Torah da tutti coloro che sono il "seme di Abramo". La seconda proposizione della frase può essere letta in molti modi. Uno di tali modi sarebbe di leggerla come se Maimonide dicesse semplicemente che gli Israeliti hanno compassione di tutti. Un secondo modo di leggerla sarebbe che la Torah, che include giisti statuti e giudizi, conduce i suoi aderenti ad un comportamento compassionevole. Nel contesto del carattere chiaramente persuasivo e prescrittivo di tutto il paragrafo (Maimonide cerca di allontanare i suoi lettori da un comportamento tecnicamente ammissibile, cioè quello di far lavorare con rigore gli schiavi pagani), penso che la seconda interpretazione sia più ragionevole.<ref>Su questo brano, si veda Wurzburger, ''Ethics of Responsibility'', 23: "Maimonide sottolineava che il senso di misericordia e compassione nonché la risultante avversione per la crudeltà che sono caratteristiche degli ebrei possono essere rintracciate nell'impatto degli insegnamenti della Torah e di varie esperienze religiose che hanno generato questi tratti caratteristici."</ref>


Chiaramente, interpreto questi paragrafi in maniera tendenziosa, ma non più tendenziosa di quanto non facciano coloro che vogliono usarli come prova che Maimonide sostenesse che gli ebrei erano gentili, compassionevoli, ecc., mentre i non-ebrei no. Date le letture qui offerte, nessuna delle quali è errata rispetto all'ebraico e nessuna delle quali richiede di estrarre brani isolati dal loro contesto, sembra opportuno dire che essi non rappresentano istanze contrarie alla posizione generalmente universalista di Maimonide, secondo cui ciò che distingue gli ebrei dai non ebrei è la Torah, e null'altro di inerente, innato, metafisico, ontologico, o in nessun modo essenzialista.
Chiaramente, interpreto questi paragrafi in maniera tendenziosa, ma non più tendenziosa di quanto non facciano coloro che vogliono usarli come prova che Maimonide sostenesse che gli ebrei erano gentili, compassionevoli, ecc., mentre i non-ebrei no. Date le letture qui offerte, nessuna delle quali è errata rispetto all'ebraico e nessuna delle quali richiede di estrarre brani isolati dal loro contesto, sembra opportuno dire che essi non rappresentano istanze contrarie alla posizione generalmente universalista di Maimonide, secondo cui ciò che distingue gli ebrei dai non ebrei è la Torah, e null'altro di inerente, innato, metafisico, ontologico, o in nessun modo essenzialista.

[[File:Shilat6.JPG|right|150px|thumb|Rabbi [[:en:w:Yitzchak Sheilat|Yitzchak Sheilat]]]]
C'è un passo nell’''Epistola allo Yemen'' di Maimonide che è stato addotto come prova che (come Halevi, sebbene per ragioni differenti) egli sostenesse che la profezia fosse disponibile solo agli ebrei. In un saggio erudito e approfondito, Rabbi [[:en:w:Yitzchak Sheilat|Yitzchak Sheilat]], rinomato traduttore in ebraico moderno di molti scritti di Maimonide, sostiene che Maimonide affermasse che in teoria la profezia fosse aperta a tutti, ma in pratica (almeno dal tempo di Mosè)<ref>Sheilat, "Uniqueness of Israel", 281, dice che Maimonide adotta la posizione presente nel Talmud (''BB'' 15''b'') che Mosè chiese a Dio di non permettere che i non-ebrei profetizzassero.</ref> si trovasse solo tra gli ebrei, poiché Dio miracolosamente nega la profezia ai non-ebrei comunque qualificati. Rabbi Sheilat arriva a tale conclusione (per me inaccettabile)<ref>Se non altro perché chiede a Dio di fare miracoli altrimenti non necessari. R. Sheila non fornisce nessuna prova che Maimonide effettivamente sostenesse tale opinione.</ref> seguendo un testo nell’''Epistola allo Yemen'' che egli interpreta come provasse che Maimonide affermi che la profezia sia impossibile per i non ebrei.<ref>Ad esser sinceri, credo che R. Sheilat arrivasse ad adottare questa interpretazione a causa di una precedente convinzione che Maimonide ''dovesse'' essere più affine a Halevi di quanto normalmente non si pensi lo sia.</ref> Il brano in questione dice:
{{q|Per poter comprendere il versetto in questione inequivocabilmente: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me" [Deut. 18:15], è necessari accertare il suo contesto... [A differenza dei gentili] tu arriverai ad una preconoscenza del futuro da lui [vero profeta come Mosè], senza far ricorso ad augure, divinazione, astrologia, e simili...}}





Versione delle 15:34, 10 feb 2020

Indice del libro
Busto di Maimonide, di Abraham Ostrzega
Busto di Maimonide, di Abraham Ostrzega


Il principio basilare è che esiste un Primo Essere che ha creato ogni cosa esistente,
perché se si suppone che Egli non esistesse, allora nient'altro potrebbe esistere.

(Maimonide)

Maimonide fu veramente universalista?

Lo fu veramente? Esistono circa mezza dozzina di passi nei suoi scritti da cui appare che egli distingua gli ebrei dai non ebrei in un qualche senso intrinseco, così d aritenerlo in ultima analisi più vicino a Halevi che al Maimonide descritto in questo nostro studio.

Rivolgiamoci dunque ai testi stessi: c'è una varità di passi nella Mishneh Torah in cui egli sembra imputare agli ebrei qua ebrei certe caratteristiche morali assenti nei non ebrei qua non-ebrei. Sono:

1. "Leggi del Pentimento", 2:10

È proibito essere ostinati e non lasciarsi placare [quando una persona chiede perdono per qualche trasgressione]. Al contrario, si deve lasciarsi pacificare facilmente e non farsi prendere dall'ira. E, quando un tragressore chiede perdono, si deve perdonarlo con mente sincera e spirito volenteroso... Il perdono è naturale per la progenie d'Israele, caratteristico del loro cuore retto. Non sono così i gentili[1] dal cuore incirconciso [di cui fu detto], "conserva la sua collera per sempre" (Amos 1:11). Pertanto dei Gabaoniti che non perdonarono e rifiutarono di rappacificarsi, sta detto: "Ora i Gabaoniti non facevano parte dei figli d'Israele" (2 Sam. 21:2).[2]

2. "Leggi del Rapporto Proibito", 19:17

Tutte le famiglie si presume siano di discendenza valida ed è permesso in primo luogo sposarsi con loro. Ciononostante, si dovesse verificare che due famiglie siano in continuo conflitto tra loro, o una famiglia costantemente presa da litigi e alterchi, o un individuo che è eccessivamente polemico con tutti, ed è eccessivamente impudente, ci si deve preoccupare per questi, ed è consigliabile mantenere le distanze, poiché questi tratti indicano una discendenza invalida... Parimenti, se una persona esibisce impudenza, crudeltà, o misantropia, e non esegue mai atti di gentilezza, si deve sospettare fortemente che egli sia di discendenza Gabaonita, poiché i segni distintivi di Israele, la nazione santa [ha’umah hakedoshah], sono modestia, misericordia e amorevolezza, mentre del Gabaonita sta detto: "Ora i Gabaoniti non facevano parte dei figli d'Israele" (2 Sam. 21:2), perché indurirono i loro volti e rifiutarono di placarsi, dimostrando nessuna misericordia per i figli di Saul, né fecero atto di cortesia verso i figli di Israele, perdonando i figli del loro re, nonostante Israele dimostrasse loro grazia all'inizio e risparmiassero le loro vite.[3]

3. "Leggi dei Donativi ai Poveri", 10:1-2

È nostro dovere essere più accorti nell'osservanza del comandamento della carità [tzedakah] rispetto a qualsiasi altro comandamento positivo, poiché fare la carità è il segno degli individui giusti che sono della progenie di nostro padre Abramo, in quanto sta detto: "Io infatti l'ho scelto, perché ordini ai suoi figli... di mettere in pratica la giustizia [tzedakah]" (Gen 18:19). Il trono d'Israele non può essere stabilito, né la vera fede proclamata, eccetto che mediante la carità, poiché sta detto: "Tu sarai fondata sulla giustizia" (Isa. 54:14); né Israele sarà redenta, eccetto tramite la pratica della carità, poiché sta detto: "Sion sarà riscattata con la giustizia,i suoi convertiti con la rettitudine" (Isa. 1:27). Nessun uomo si impoverisce mai dando la carità, né male o danno accade a nessuno per sua ragione, poiché sta detto: "Effetto della giustizia sarà la pace" (Isa. 32:17). Colui che ha compassione degli altri, gli altri avranno compassione di lui, infatti sta scritto: "Che il Signore... ti conceda misericordia, abbia pietà di te" (Deut. 13:18). Chiunque è crudele e spietato dà adito al sospetto riguardo alla sua discendenza, poiché la crudeltà si trova solo tra i gentili [goyim], poiché sta detto: "Sono crudeli, non hanno pietà" (Geremia 50:42). Tutti gli Israeliti e coloro che si accompagnano a loro [hanilvim aleihem] sono tra loro come fratelli, poiché sta scritto: "Voi siete figli per il Signore Dio vostro" (Deut. 14:1). Se fratello non dimostra compassione a fratello, chi lo farà? E verso di chi alzeranno gli occhi i poveri d'Israele? Verso i gentili che li odiano e li perseguitano? Pertanto i loro occhi si volgono soltanto verso i loro fratelli.[4]

4. "Leggi su Ingiurie e Danni", 5:10

Alla persona ferita, tuttavia, è proibito essere dura e negare il perdono, poiché tale comportamento non si confà alla progenie d'Israele.[5]

5. "Leggi sugli Schiavi", 9:8

È permesso far lavorare uno schiavo pagano con alacrità e rigore. Sebbene tale sia la regola, è qualità della religiosità [ḥasidut] e la via della saggezza che un uomo sia misericordioso e persegua giustizia e non renda pesante il suo giogo sullo schiavo o lo affligga, ma gli dia da mangiare e da bere di tutti i cibi e bevande... Pertanto il padrone inoltre non deve disonorarli con mano o parola, perché la legge scritturale li ha portati alla schiavitù ma non alla disgrazia. Né si deve riempire lo schiavo di abusi ed ira, ma si deve parlargli garbatamente ed ascoltare le sue richieste. Così viene spiegato anche nei buoni percorsi di Giobbe, di cui egli si vantava: "Se ho negato i diritti del mio schiavoe della schiava in lite con me... Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto anche lui? Non fu Lo Stesso a formarci nel seno?" (Giobbe 31:13,15). Crudeltà e sfrontatezza non sono frequenti, eccetto che tra i gentili incirconcisi.[6] La progenie di nostro padre Abramo tuttavia, cioè gli Israeliti, sui quali il Santo, che Egli sia benedetto, concesse il favore della Torah e impose loro statuti e giudizi, sono gente misericordiosa che hanno misericordia di tutti. Pertanto è dichiarato dagli attributi del Santo, che Egli sia benedetto, che ci viene ingiunto di imitare: "E pieno di compassione per tutte le Sue opere" (Salmi 145:9). Inoltre, chiunque ha compassione riceverà compassione, poiché sta detto: "Ed Egli ti conceda misericordia, abbia pietà di te e ti moltiplichi" (Deut. 13:18).[7]

Prima di analizzare questi passi separatamente, penso sia giusto asserire che un modo ragionevole di interpretarli sia come affermazioni normative e non descrittive. Maimonide non sta descrivendo come gli ebrei si comportino in realtà; piuttosto, egli sta prescrivendo come gli ebrei si dovrebbero comportare. Dire alle persone che certi tipi di comportamento mettono in dubbio il loro lignaggio è un modo efficace per non farli comportare in quella maniera. Ciò mi sembra particolarmente chiaroò nel terzo, quarto e quinto brano di cui supra, ma ad esser sinceri potrebbe applicarsi a tutti e cinque i passi.

Ora, esaminiamo il primo passo; in esso Maimonide dice che "il perdono è naturale per la progenie d'Israele, caratteristico del loro cuore retto". Gli ebrei sono qui contrapposti ai "gentili dal cuore incirconciso". Per leggere questo testo in modo particolarista, si devono fare le seguenti supposizioni: la "progenie d'Israele" come tale è caratterizzata da rettitudine di cuore, mentre i non-ebrei come tali hanno cuori incirconcisi. Ma il testo potrebbe essere interpretato altrettanto facilmente nella seguente maniera: quegli ebrei che hanno "cuori retti" sono superiori a quei non-ebrei che hanno "cuori incirconcisi". Questa lettura permette la possibilità che ci siano ebrei con cuori incirconcisi e non-ebrei con cuori retti o, perlomeno, che ci siano non-ebrei con cuori retti. Una ragione per preferire questa lettura è il riferimento di Maimonide ai Gabaoniti. Si diceva che i Gabaoniti rappresentassero la qualità della crudeltà.[8] Ma, come apprendiamo dal nostro secondo passo, Maimonide non pensava che tutti i non-ebrei fossero crudeli di natura. In base a ciò, penso sia giusto interpretare il nostro primo passo come riferimento a non-ebrei crudeli, e non a tutti i non-ebrei in quanto tali. C'è un'altra ragione per interpretare il nostro passo in questo modo. Maimonide chiaramente ammetteva la possibilità di non-ebrei saggi. La perfezione morale è un requisito indispendabile della saggezza. Pertanto, non tutti i non-ebrei possono essere immorali.[9] Dati i commenti spesso acerbi di Maimonide riguardo ai suoi correligionari, non c'è bisogno di dire che egli non pensava che tutti gli ebrei avessero cuori retti.[10] Degno di nota è il fatto che il termine "cuori incirconcisi" deriva da Geremia 9:25, dove il referente sono gli ebrei, e non i non-ebrei.

Nel secondo passo, Maimonide, seguendo il Talmud, associa impudenza, crudeltà, misantropia e omissione di svolgere atti di amorevolezza, coi Gabaoniti specificamente, non con non-ebrei genericamente. Inoltre, egli associa modestia, misericordia e amorevolezza[11] con la "nazione santa" (ha’umah hakedoshah) di Israele. Proprio come Maimonide qui parla non dei non-ebrei genericamente, ma dei Gabaoniti in particolare, così anche, penso, è legittimo interpretare il primo passo, con la sua enfasi sui Gabaoniti, come si riferisse solo ad alcuni non-ebrei. In questo passo, Israele viene chiamato "la nazione santa". Ho già dimostrato in un altro studio (quello sulla Santità) che per Maimonide la santità è una materia di status halakhico, non una caratteristica intrinseca. Pertanto, la santità non è una caratteristica degli ebrei in quanto tali, ma una condizione ottenuta mediante atti effettivi di "modestia, misericordia e amorevolezza".

Nel terzo brano Maimonide associa la filantropia con gli "individui giusti che sono della progenie di nostro padre Abramo" (tzadikei zera avraham avinu) — non tutti della progenie di Abramo sono giusti, ma quegli individui che praticano la carità.[12] La crudeltà, continua Maimonide, si trova solo tra i non-ebrei (goyim). Significa tutti i non ebrei? In primo luogo il termine "non-ebreo" nella Mishneh Torah, come notato supra, di solito significa idolatra. Inoltre, ci vien detto che coloro che si aggregano (nilvim aleihem)[13] a Israele "sono tra loro come fratelli" che sono misericordiosi l'un l'altro. Chiaramente, stiamo parlando qui di "Israele dello spirito" in contrasto con "Israele della carne", altrimenti che senso avrebbe includere coloro che si aggregano a Israele tra quelli che sono misericordiosi l'un l'altro?[14] A chi deve ricorrere il povero per soccorso? Solo tra di loro e a quelli che si sono uniti alla Torah; dopo tutto, i non-ebrei, cioè gli idolatri, odiano gli ebrei. Ciò che non si può dedurre da questo passo, quindi, è che Maimonide ritiene misericordiosi tutti gli ebrei in quanto tali, crudeli tutti i non-ebrei in quanto tali e che tutti i non-ebrei in quanto tali odiano gli ebrei. Maimonide cita sette versetti onde imprimere al lettore l'importanza di fare la carità come espressione di compassione. Se gli ebrei come tali fossdero stati caritatevoli di natura, Maimonide non avrebbe insistito così tanto per convincerli a fare la carità.[15]

Oltre a questo, confrontare ciò che Maimonide scrive qui con la sua probabile fonte (TB Betsah 32b) è alquanto istruttivo. Scrive: "Dare la carità è il segno [siman] degli individui giusti che sono della progenie di nostra padre Abramo". Il Talmud dice: "Chiunque è misericordioso coi suoi simili fa certamente parte dei figli di nostro padre Abramo". Maimonide, come abbiamo visto, collega gli ebrei giusti con Abramo; il Talmud ci dice che chiunque è misericordioso è certamente ebreo. Maimonide scrive: "Chiunque è crudele e spietato dà adito a sospetto [yesh laḥush] riguardo alla sua discendenza". Il Talmud dice: "e chiunque non è misericordioso coi suoi simili non è di certo [beyadua she’eino] parte dei figli di nostro padre Abramo". Il Talmud rende la misericordia una proprietà dell'ebraicità e la crudeltà una prova dell'assenza di ebraicità. Maimonide reputa la misericordia un segno di ebraicità e la crudeltà come una ragione per sospettare l'assenza dfi ebraicità. Il Talmud parla in termini assoluti, Maimonide in quelli che potremmo chiamare termini statistici.

Il quarto brano è il più facile da esaminare, poiché chiaramente fa un'affermazione normativa, prescrittiva, e non descrittiva. Il perdono è di certo appropriato per la progenie di Israele (derekh zera yisara’el o solo zera yisrael זרע ישראל). Proprio il fatto che Maimonide deve fare questa affermazione (e tutte le altre qui analizzate) indica che non tutti gli ebrei si comportano come dovrebbero. Se tutti gli ebrei qua ebrei fossero veramente misericordiosi, caritatevoli e compassionevoli, che bisogno ci sarebbe di tutte queste esortazioni in quello che è un compendium halakhico presumibilmente asciutto?

Nel quinto passo Maimonide insegna che la crudeltà e la sfrontatezza non sono frequenti eccetto tra i non-ebrei incirconcisi. Se lo prendiamo alla lettera, egli esenta tutti i mussulmani da questa accusa. Se non lo prendiamo alla legttera, allora egli no fa una distinzione letterale tra ebrei e non-ebrei. E in questo passo, da chi Maimonide impara il giusto comportamento? Da Giobbe, un non-ebreo![16] Maimonide continua insegnando che "la progenie di nostro padre Abramo, tuttavia, cioè gli Israeliti, su cui il Santo, che sia benedetto, concesse il favore della Torah e diede loro statuti e giudizi, sono un popolo misericordioso che anno compassione per tutti." Esaminiamo attentamente questa frase. Una traduzione letterale sarebbe la seguente: "Ma la progenie di Abramo nostro padre, che è quell'Israele su cui il Santo, che sia benedetto, emanò il dono della Torah e comandò giusti statuti e giudizi, ha misericordia per tutti". In questo caso Maimonide esplicitamente distingue coloro a cui è stata data la Torah da tutti coloro che sono il "seme di Abramo". La seconda proposizione della frase può essere letta in molti modi. Uno di tali modi sarebbe di leggerla come se Maimonide dicesse semplicemente che gli Israeliti hanno compassione di tutti. Un secondo modo di leggerla sarebbe che la Torah, che include giisti statuti e giudizi, conduce i suoi aderenti ad un comportamento compassionevole. Nel contesto del carattere chiaramente persuasivo e prescrittivo di tutto il paragrafo (Maimonide cerca di allontanare i suoi lettori da un comportamento tecnicamente ammissibile, cioè quello di far lavorare con rigore gli schiavi pagani), penso che la seconda interpretazione sia più ragionevole.[17]

Chiaramente, interpreto questi paragrafi in maniera tendenziosa, ma non più tendenziosa di quanto non facciano coloro che vogliono usarli come prova che Maimonide sostenesse che gli ebrei erano gentili, compassionevoli, ecc., mentre i non-ebrei no. Date le letture qui offerte, nessuna delle quali è errata rispetto all'ebraico e nessuna delle quali richiede di estrarre brani isolati dal loro contesto, sembra opportuno dire che essi non rappresentano istanze contrarie alla posizione generalmente universalista di Maimonide, secondo cui ciò che distingue gli ebrei dai non ebrei è la Torah, e null'altro di inerente, innato, metafisico, ontologico, o in nessun modo essenzialista.

Rabbi Yitzchak Sheilat

C'è un passo nell’Epistola allo Yemen di Maimonide che è stato addotto come prova che (come Halevi, sebbene per ragioni differenti) egli sostenesse che la profezia fosse disponibile solo agli ebrei. In un saggio erudito e approfondito, Rabbi Yitzchak Sheilat, rinomato traduttore in ebraico moderno di molti scritti di Maimonide, sostiene che Maimonide affermasse che in teoria la profezia fosse aperta a tutti, ma in pratica (almeno dal tempo di Mosè)[18] si trovasse solo tra gli ebrei, poiché Dio miracolosamente nega la profezia ai non-ebrei comunque qualificati. Rabbi Sheilat arriva a tale conclusione (per me inaccettabile)[19] seguendo un testo nell’Epistola allo Yemen che egli interpreta come provasse che Maimonide affermi che la profezia sia impossibile per i non ebrei.[20] Il brano in questione dice:

« Per poter comprendere il versetto in questione inequivocabilmente: "Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me" [Deut. 18:15], è necessari accertare il suo contesto... [A differenza dei gentili] tu arriverai ad una preconoscenza del futuro da lui [vero profeta come Mosè], senza far ricorso ad augure, divinazione, astrologia, e simili... »


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Note

  1. Ebr. goyim; come nota Ya’akov Blidstein, questo termine spesso significa "idolatri" e non semplicemente "non-ebrei". Si veda Blidstein, "On the Status of the Resident Alien", 44-5. In diversi contesti Maimonide distingue tra non-ebrei che sono idolatri, non-ebrei che sono monoteisti ma non hanno accettato i sette comandamenti noachici perché essi furono dati da Dio tramite Mosè. Tutti questi sono distinti dai proseliti. Per le fonti, si veda "Leggi dei Re", 8:10-11. In altri contesti, Maimonide semplicemente distingue tra ebrei e non ebrei, dove la questione sta negli obblighi che gli ebrei hanno tra loro su base fraterna, o sulla base del loro essere correligionari (re’im e amitim). Per testi corrispondenti e una discussione utile, si veda Halbertal, Between Torah and Wisdom, 83 n.
  2. Cito Maimonide, Libro della Conoscenza, trad. (EN) Hyamson, 83b, con emendamenti.
  3. Maimonide, Libro della Santità, trad. (EN) Rabinowitz e Grossman, 125.
  4. Maimonide, Libro dell'Agricoltura, trad. (EN) Klein, 89 (con minimi emendamenti, secondo le letture dei MSS citati nell'edizione della Mishneh Torah di Shabse Frankel.
  5. Maimonide, Libro dei Torti, trad. (EN) Klein, 178 (con emendamenti).
  6. Seguo qui i MSS e le prime edizioni, e non il testo presente in gran parte delle edizioni contemporanee: "eccetto che tra i gentili che adorano idoli". Questa versione successiva sembra essere stato un tentativo di placare censori cristiani.
  7. Maimonide, Libro delle Acquisizioni, trad. (EN) Klein, 281-2 (con emendamenti).
  8. TG Kid. 4:1.
  9. Dati gli elogi di Aristotele e di altri filosofi da parte di Maimonide nella sua famosa lettera a Samuel ibn Tibbon, questo punto diventa ovvio. Per un'ottima discussione della lettera a ibn Tibbon, si veda S. Harvey, "Maimonides' Letter to Samuel ibn Tibbon".
  10. Per uno dei molti esempi, si veda la parabola del palazzo in Guida iii.51.
  11. La modestia è l'opposto dell'impudenza, la misericordia l'opposto della crudeltà e della misantropia, e agire con amorevolezza è l'opposto di non agire mai così.
  12. Da notare che anche Ismaele discendeva da Abramo; non c'è nulla in questo passo che possa imputare a Maimonide l'asserzione che gli arabi in generale e i mussulmani in particolare non pratichino la carità. In effetti, poiché la carità è un a dei pilastri dell'Islam, come Maimonide senza dubbio sapeva, è probabile che egli fosse direttamente conscio degli atti di carità da parte dei mussulmani tra i quali viveva. Sull'uso da parte di Maimonide del termine zera avraham, lett. "seme di Abramo", si veda MT "Leggi dei Re", 10:7: "Ne consegue che è il discendente [zera] di Abramo, solo colui che aderisce alla sua legge e alla sua giusta via". Come sottolinea Hannah Kasher, in questo con teston Maimonide assegna alla parola zera un "significato religioso e morale. La singolarità genetica di Isacco è radicata nei valori spirituali" ("Maimonides' View of Circumcision", 105). Io lo interpreto differentementa da Kasher: non che i discendenti di Isacco hanno "singolarità genetica", ma che non tutti i discendenti di Abramo (attraverso Isacco) possano essere veramente e appropriatamente chiamati zera avraham.
  13. La frase deriva da Isa 56:6 ed Ester 9:27: coloro che si aggiungono, che si uniscono. In entrambi i punti il riferimento sembra essere riferito a "compagni di viaggio" e non "convertiti". L'uso del termine da parte di Maimonide in MT "Leggi sull'Idolatria", 1:3, e "Leggi sull'Omicida", 13:14, è ambiguo in merito a questo caso.
  14. Cfr. Levinger, Maimonides as Philosopher and Codifier, 89.
  15. Per un altro esempio di testo persuasivo scritto da Maimonide, si veda MT "Leggi dell'Idolatria", 11:16: "Queste pratiche sono tutte false e ingannevoli, e furono mezzi usati dagli idolatri per ingannare i popoli di varie nazioni e indurli a diventare loro seguaci. Non è appropriato per gli Israeliti che sono altamente intelligenti [ḥakhamim meḥukamim] sopportare di essere illusi da tali insensatezze o immaginare che ci sia qualcosa in esse" (Libro della Conoscenza, trad. Hyamson, 80a). Maimonide certamente non credeva che tutti gli ebrei fossero proprio altamente intelligenti! Chiunque abbia familiarità coi suoi scritti può indicare molti punti in cui egli afferma esattamente il contrario.
  16. Secondo Maimonide, Giobbe non era ebreo. Si veda il testo citato di seguito dall’Epistola allo Yemen. È interessante notare che in Guida iii.22 Maimonide afferma che Giobbe non era affatto una figura storica e tutta la sua storia è una parabola.
  17. Su questo brano, si veda Wurzburger, Ethics of Responsibility, 23: "Maimonide sottolineava che il senso di misericordia e compassione nonché la risultante avversione per la crudeltà che sono caratteristiche degli ebrei possono essere rintracciate nell'impatto degli insegnamenti della Torah e di varie esperienze religiose che hanno generato questi tratti caratteristici."
  18. Sheilat, "Uniqueness of Israel", 281, dice che Maimonide adotta la posizione presente nel Talmud (BB 15b) che Mosè chiese a Dio di non permettere che i non-ebrei profetizzassero.
  19. Se non altro perché chiede a Dio di fare miracoli altrimenti non necessari. R. Sheila non fornisce nessuna prova che Maimonide effettivamente sostenesse tale opinione.
  20. Ad esser sinceri, credo che R. Sheilat arrivasse ad adottare questa interpretazione a causa di una precedente convinzione che Maimonide dovesse essere più affine a Halevi di quanto normalmente non si pensi lo sia.