Boris Pasternak e gli scrittori israeliani/Parte I: differenze tra le versioni

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Sin dall'inizio, avendo dichiarato che ''Živago'' è una grande opera letteraria perché il problema della personalità è al suo centro, Pinnes proclama drammaticamente che "per noi, c'è un problema specificamente ebraico in questo romanzo. E questo problema è molto tragico. Forse a causa di questo tragico '''punto ebraico''', le esitazioni interne dell'autore sono così autentiche. E forse proprio per questo Pasternak è stato recentemente ‘amato e abbracciato’ in campi differenti". Inoltre, dopo aver esaminato i primi periodi di Pasternak, Pinnes ricorda due incontri che, raccomandato al poeta da [[w:Isaak Ėmmanuilovič Babel'|Isaak Babel]], ebbe con Pasternak nel 1925-1926. Pinnes invitò Pasternak a scrivere per ''Davar'' e, naturalmente, venne rifiutato.
Sin dall'inizio, avendo dichiarato che ''Živago'' è una grande opera letteraria perché il problema della personalità è al suo centro, Pinnes proclama drammaticamente che "per noi, c'è un problema specificamente ebraico in questo romanzo. E questo problema è molto tragico. Forse a causa di questo tragico '''punto ebraico''', le esitazioni interne dell'autore sono così autentiche. E forse proprio per questo Pasternak è stato recentemente ‘amato e abbracciato’ in campi differenti". Inoltre, dopo aver esaminato i primi periodi di Pasternak, Pinnes ricorda due incontri che, raccomandato al poeta da [[w:Isaak Ėmmanuilovič Babel'|Isaak Babel]], ebbe con Pasternak nel 1925-1926. Pinnes invitò Pasternak a scrivere per ''Davar'' e, naturalmente, venne rifiutato.


Infine, Pinnes affronta il tema ebraico nel capitolo in modo abbastanza eloquente intitolato "Shame and Misunderstanding (= Vergogna e incomprensione)". Dato che questo tema è menzionato anche in altre pubblicazioni, in questo studio citeremo le sue principali espressioni in ''Živago'' — le famose parole di Misha Gordon, l'amico d'infanzia di Živago, in due punti. Il primo:

{{q|Fin dal tempo cui poteva risalire col ricordo, non aveva cessato di domandarsi come, pur con le stesse braccia e le stesse gambe, con lingua e abitudini identiche, si potesse essere qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa, anzi, che piaceva a pochissimi e che molti non amavano. Non riusciva a capire perché se qualcuno è peggiore degli altri non possa cercare di correggersi e di diventare migliore. '''Che significa essere ebreo? Perché questo è possibile? Cosa compensa o giustifica questa sfida disarmata che non porta altro che dolore?'''|''Il dottor Živago'', 13<ref>Pasternak, ''Il dottor Živago'', 13. Tutti gli stralci dal romanzo sono tradotti in {{it}} direttamente dall'edizione in russo.</ref>}}
Il secondo — dopo che Živago e Gordon hanno assistito a cosacchi che tormentavano il vecchio ebreo:
{{q|...E abbiamo anche parlato degli uomini politici mediocri, che non hanno niente da dire alla vita e al mondo, forze di second’ordine, interessate a delimitare e rimpicciolire tutto, a far sì che sempre si parli di un qualche popolo, preferibilmente piccolo e perseguitato, perché si possa dar giudizi, pavoneggiarsi e mettere a profitto la pietà. La vittima classica, per eccellenza, di queste forze sono gli ebrei. L'idea nazionale ha imposto loro la letale funzione di restare popolo e solo popolo per il corso dei secoli, quando proprio la forza un tempo sprigionatasi dalle sue file ha liberato tutto il mondo da questo umiliante destino. È incredibile! Come è potuto succedere? Questa festa, questa gioiosa liberazione dal dannato obbligo della mediocrità, il librarsi al di sopra della grettezza della vita quotidiana, tutto questo è nato sulla loro terra, è stato espresso nella loro lingua e apparteneva alla loro razza. Ed essi che hanno visto e sentito tutto questo, se lo sono lasciato sfuggire! Come hanno potuto lasciare che si allontanasse da loro un'anima di così eccezionale forza e bellezza, e come hanno potuto, proprio mentre si compiva il suo trionfo e insediamento, come hanno potuto accettare di rimanere come il vuoto involucro del prodigio che avevano respinto? A chi giova questo martirio volontario, a che cosa è servito che per secoli siano stati derisi ed abbiano versato il proprio sangue tanti innocenti, vecchi, donne, bambini, così sensibili e capaci di bene e di comunanza d'affetti? Perché sono così pigramente ottusi, in tutti i paesi, quelli che scrivendo si atteggiano a difensori del popolo? Perché coloro che dominano il pensiero di questo popolo non sono andati oltre la troppo facile espressione del dolore del mondo e della saggezza ironica? Perché, rischiando di esplodere sotto l'indeclinabilità dei loro dovere, come le caldaie a vapore esplodono sotto la pressione, non hanno disciolto questo esercito, che non si sa per che combatta e per che sia massacrato? Perché non hanno detto: "Ravvedetevi. Basta. Non serve più. Non chiamatevi più come prima. Non raccoglietevi in gruppo, scioglietevi. Siate con tutti. Voi siete i primi e i migliori cristiani del mondo. Voi siete appunto ciò a cui vi hanno contrapposto i peggiori e i più deboli di voi."|''Živago'', 122-123}}





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"I Figli Pasternak", ritratto di Leonid Pasternak, 1914: (da sin.) Boris, Josephine, Lydia, Alexander Pasternak – In occasione del 25° anniversario di matrimonio dei genitori

Я ими всеми побежден,
И только в том моя победа.

Da loro tutti io sono vinto
E solo in questo è la mia vittoria.

Boris Pasternak, “Rassvet” (“L’alba”),

Il dottor Živago

Del grano ebraico

Copia dell'edizione originale de Il dottor Zivago in russo, pubblicata di nascosto dalla CIA. La copertina e la rilegatura identificano il libro in russo; il retro del libro afferma che è stato stampato in Francia

I principali giornali israeliani riferirono regolarmente gli sviluppi dell’"Affare Pasternak"; i documenti e i proclami apparsi sulla stampa sovietica furono immediatamente tradotti e pubblicati. Nonostante ciò, non si può dire che il pubblico israeliano fosse eccessivamente occupato da questa faccenda Pasternak. Numerosi brevi avvisi/articoli, in particolare quelli che informavano il pubblico in merito all'assegnazione del Premio Nobel a Pasternak, apparvero sulle prime pagine dei giornali. Tuttavia, gli ulteriori sviluppi furono per lo più spinti ai margini e lsciati da parte, rimpiazzati, come al solito, dalla burrascosa vita politica di Israele e del Medio Oriente e dai drammatici eventi delle attività di Krusciov nella Guerra Fredda, incluso il progressivo deterioramento delle relazioni tra Israele e l'URSS. Un argomento legato a questo tumulto politico deve aver avuto un impatto particolarmente forte sulla reazione a Živago: l'ampia discussione politica, intellettuale e pubblica di due questioni: in primo luogo, la questione di "chi è ebreo?", come dovesse essere determinato l'ebraismo di un cittadino israeliano — sia a livello giuridico che culturale.[1] In secondo luogo, e in parte collegata alla prima, c'era la questione di quale sarebbe stato il futuro del rimpatrio di ebrei dall'URSS e dai paesi della sfera socialista. Queste due domande furono unificate nella questione dello status ebraico e del rimpatrio della comunità etiopica conosciuta come Beta Israel. Due anni dopo, nel maggio 1960 — quando apparvero per la prima volta le notizie sulla morte di Pasternak e nei mesi successivi — la vita pubblica e, in larga misura, l'autocoscienza pubblica e la consapevolezza dell'Olocausto in Israele furono infiammate dalla cattura e detenzione di Adolf Eichmann. Questi eventi del 1958 e del 1960 sicuramente fornirono il contesto conflittuale riguardo all'accettazione di Živago.

Nel 1958, i periodici israeliani iniziano ad occuparsi di Živago con la pubblicazione di articoli tradotti (o estratti e recensioni di articoli) e lettere: da parte di attivista politico e saggista italiano Nicola Chiaromonte (Davar, 28 febbraio 1958); di Alberto Moravia (Davar, 27 giugno 1958);[2] del politico e scrittore jugoslavo Vladimir Dedijer (Davar, 7 novembre 1958); del giornalista americano Joseph Alsop (una lettera esclusiva per Davar, 14 novembre 1958); e dello scrittore e studioso americano Edmund Wilson (Davar, 10 luglio 1959).[3] Nel giugno 1958, un giornale politico-letterario, Molad, pubblica la traduzione dell'articolo di Max Hayward, il traduttore (insieme a Manya Harari) di Živago in inglese. Loda Živago come il miglior romanzo in lingua russa del XX secolo, e Pasternak prende il suo posto lungo la rispettata linea che porta da Gogol a Cechov.[4] Già nell'ottobre del 1958, Molad dedica metà dell'edizione ai materiali tradotti su Pasternak e Živago: un capitolo del romanzo (dalla Parte 11); articoli dei critici John Michael Cohen[5] e Stuart Hampshire;[6] e un breve saggio di un giornalista tedesco, Gerd Ruge, sul suo incontro con Pasternak all'inizio di quell'anno.[7] Insieme agli articoli tradotti, quel numero includeva anche l'articolo di K. Kadmai, uno scrittore del Molad e autore di numerosi articoli politico-culturali sugli affari dell'URSS: "The Revealed and Concealed in the Pasternak Affair". Secondo K. Kadmai, il romanzo è "moderato e oggettivo" e non include "falsità, diffamazioni o menzogne"[8] sulla rivoluzione e il ruolo dell’intellighenzia in essa. L'autore vede il rifiuto finale di pubblicare Živago nell'Unione Sovietica nel contesto politico delle risposte reazionarie in Polonia e in Ungheria nel 1956.[9] Tuttavia, la ragione principale di ciò è la lunga paura dei bolscevichi per il potere interiore dell’intellighenzia: "Non è una novità che Boris Pasternak non possa ‘digerire’ la rivoluzione. La vera notizia, che avrebbe scosso l'URSS se il libro fosse uscito, e che ha suscitato stupore in tutto il mondo, mondo che ora sta leggendo il libro, è che nel corso dei suoi quarant'anni la rivoluzione non è riuscita a ‘digerire’ Pasternak!"[10]

Due lunghi articoli apparvero sul giornale Davar (31 ottobre 1958): uno (a cura dell'editore), "The Voice that Breaks through the Iron Curtain", esaminava la storia dell'"affare", mentre l'altro, firmato "A.Z." e intitolato "Boris Pasternak" — erano entrambi eccezionalmente favorevoli. Tra gli altri superlativi, "A.Z." scrive di Živago: "Per la prima volta, uno scrittore sovietico – che è anche ebreo – coi suoi pensieri e le sue immagini crea la figura di un profeta che sacrifica la sua vita, elevandosi al di sopra di governo e violenza". Una delle prime e più profonde reazioni fu un articolo apparso sul giornale LaMerhav (31 ottobre 1958), scritto da A. Ben-Azay. Avendo osservato il processo di creazione del romanzo e la sua pubblicazione, e descritto con stupore la reazione delle autorità e degli scrittori russi, Ben-Azay chiede: "Qual è il suo peccato?"[11] Ma non c'è risposta.

Vignetta sul St. Louis Post-Dispatch del 30 ottobre 1958, traduce: "Io ho vinto il Premio Nobel per la letteratura. Qual è stato il tuo crimine?" Commento al trattamento da parte del governo sovietico dell'autore vincitore del Nobel Boris Pasternak, costretto a rifiutare il Premio. Questo fumetto ha vinto il Premio Pulitzer del 1959 per il miglior fumetto editoriale

Dan Pinnes (1900-1961) fu il capo dell'organizzazione Ha-khalutz e un attivista sionista in Russia fino al 1930; giornalista, pubblicista e politico che pubblicò ampiamente in periodici russi, yiddish, ebraici e inglesi; lessicografo e autore di numerosi libri storico-biografici; una delle figure di spicco del giornale israeliano Davar; e il fondatore del giornale Omer. Su Omer, il 31 ottobre 1958, Pinnes pubblicò un articolo intitolato "Boris Pasternak—Reality and Symbol", sottolineando il suo punto principale nel sottotitolo: "Zhivago - ‘A Wandering Jew’ denies his Jewishness".[12] Pinnes interpreta, quasi seriamente e abbastanza sorprendentemente, il nome Zhivago come "Juif" ("giudeo" in francese) "vago" ("vagabondo", dal latino "vagus") — un simbolo dell'Ebreo Errante che non conosce la sua origine. Dal momento che uno del calibro di Pinnes non poteva sbagliarsi riguardo al vero significato di questo nome in russo, la sua interpretazione doveva essere volutamente provocatoria. Da un lato accenna al tema dell'ebreo errante (Ahasuerus) della leggenda medievale, che fu punito per il suo rifiuto di aiutare Gesù sofferente. Ciò avrebbe potuto avere senso all'interno del tema ebraico nel romanzo, in particolare per quanto riguarda la poesia di Živago "Miracolo", in cui un fico è punito per lo stesso peccato (si veda sotto la nostra discussione sul saggio di Aharon Reuveni per il confronto con il racconto di Gogol "La terribile vendetta" e il tema dell'eterna maledizione). D'altra parte, il presunto "vagabondo" nel nome Zhivago avrebbe potuto riferirsi al tema dell'Olocausto, collegando così le ideologie cristiane e naziste della "non esistenza" degli ebrei. Inoltre, il tema dell'Ebreo Errante può anche essere collegato al problema dei campi di concentramento sovietici — a cui gli ebrei dell'Europa orientale salvati dai campi nazisti, nonché critici yiddish come Y. Rappoport nel suo articolo su Heimish dell'ottobre 1959, erano estremamente sensibili, come scrive Katsis.[13] A questo proposito, le parole di Pinnes sulla tragedia, citate di seguito, diventano più chiare.

Sin dall'inizio, avendo dichiarato che Živago è una grande opera letteraria perché il problema della personalità è al suo centro, Pinnes proclama drammaticamente che "per noi, c'è un problema specificamente ebraico in questo romanzo. E questo problema è molto tragico. Forse a causa di questo tragico punto ebraico, le esitazioni interne dell'autore sono così autentiche. E forse proprio per questo Pasternak è stato recentemente ‘amato e abbracciato’ in campi differenti". Inoltre, dopo aver esaminato i primi periodi di Pasternak, Pinnes ricorda due incontri che, raccomandato al poeta da Isaak Babel, ebbe con Pasternak nel 1925-1926. Pinnes invitò Pasternak a scrivere per Davar e, naturalmente, venne rifiutato.

Infine, Pinnes affronta il tema ebraico nel capitolo in modo abbastanza eloquente intitolato "Shame and Misunderstanding (= Vergogna e incomprensione)". Dato che questo tema è menzionato anche in altre pubblicazioni, in questo studio citeremo le sue principali espressioni in Živago — le famose parole di Misha Gordon, l'amico d'infanzia di Živago, in due punti. Il primo:

« Fin dal tempo cui poteva risalire col ricordo, non aveva cessato di domandarsi come, pur con le stesse braccia e le stesse gambe, con lingua e abitudini identiche, si potesse essere qualcosa di diverso dagli altri, qualcosa, anzi, che piaceva a pochissimi e che molti non amavano. Non riusciva a capire perché se qualcuno è peggiore degli altri non possa cercare di correggersi e di diventare migliore. Che significa essere ebreo? Perché questo è possibile? Cosa compensa o giustifica questa sfida disarmata che non porta altro che dolore? »
(Il dottor Živago, 13[14])

Il secondo — dopo che Živago e Gordon hanno assistito a cosacchi che tormentavano il vecchio ebreo:

« ...E abbiamo anche parlato degli uomini politici mediocri, che non hanno niente da dire alla vita e al mondo, forze di second’ordine, interessate a delimitare e rimpicciolire tutto, a far sì che sempre si parli di un qualche popolo, preferibilmente piccolo e perseguitato, perché si possa dar giudizi, pavoneggiarsi e mettere a profitto la pietà. La vittima classica, per eccellenza, di queste forze sono gli ebrei. L'idea nazionale ha imposto loro la letale funzione di restare popolo e solo popolo per il corso dei secoli, quando proprio la forza un tempo sprigionatasi dalle sue file ha liberato tutto il mondo da questo umiliante destino. È incredibile! Come è potuto succedere? Questa festa, questa gioiosa liberazione dal dannato obbligo della mediocrità, il librarsi al di sopra della grettezza della vita quotidiana, tutto questo è nato sulla loro terra, è stato espresso nella loro lingua e apparteneva alla loro razza. Ed essi che hanno visto e sentito tutto questo, se lo sono lasciato sfuggire! Come hanno potuto lasciare che si allontanasse da loro un'anima di così eccezionale forza e bellezza, e come hanno potuto, proprio mentre si compiva il suo trionfo e insediamento, come hanno potuto accettare di rimanere come il vuoto involucro del prodigio che avevano respinto? A chi giova questo martirio volontario, a che cosa è servito che per secoli siano stati derisi ed abbiano versato il proprio sangue tanti innocenti, vecchi, donne, bambini, così sensibili e capaci di bene e di comunanza d'affetti? Perché sono così pigramente ottusi, in tutti i paesi, quelli che scrivendo si atteggiano a difensori del popolo? Perché coloro che dominano il pensiero di questo popolo non sono andati oltre la troppo facile espressione del dolore del mondo e della saggezza ironica? Perché, rischiando di esplodere sotto l'indeclinabilità dei loro dovere, come le caldaie a vapore esplodono sotto la pressione, non hanno disciolto questo esercito, che non si sa per che combatta e per che sia massacrato? Perché non hanno detto: "Ravvedetevi. Basta. Non serve più. Non chiamatevi più come prima. Non raccoglietevi in gruppo, scioglietevi. Siate con tutti. Voi siete i primi e i migliori cristiani del mondo. Voi siete appunto ciò a cui vi hanno contrapposto i peggiori e i più deboli di voi." »
(Živago, 122-123)


Note

Per approfondire, vedi Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo e Serie letteratura moderna.
  1. Solo una breve nota: secondo la Legge del Ritorno (ebr. חֹוק הַשְׁבוּת, ḥok ha-shvūt) israeliana, confermata nel 1950, il termine "ebreo" non è definito, ma è implicitamente inteso come riferentesi ad un ebreo halakhico, cioè figlio o figlia di madre ebrea. Nel 1970, la Legge includeva anche i discendenti di un padre o nonno ebrei, ma escludeva (a seguito del caso di Oswald Rufeisen – Fratello Daniel – nel 1962) coloro che appartenevano a un'altra religione (diversa dall'ebraismo). Si veda il corrispondente articolo su "Wikipedia: chi è ebreo?" da me preparato nel 2013.
  2. Il saggio di Alberto Moravia "Entretien avec Pasternak" che riporta la sua visita a Pasternak, fu pubblicato sul giornale francese Preuves: cahiers mensuels du Congrès pour la liberté de la culture, 88 (luglio 1958): 3-7.
  3. Prima pubblicazione: "Legend and Symbol in ‘Doctor Zhivago’", Encounter (giugno 1959): 5-15.
  4. Hayward, "Pasternak’s ‘Dr. Zhivago’", Molad 16:119 (giugno 1958): 293-301. Pubblicato per la prima volta su Encounter (maggio 1958): 38-48.
  5. Prima pubblicazione: "The Poetry of Boris Pasternak", Horizon (luglio 1944): 23-35.
  6. Prima pubblicazione: "Doctor Zhivago", Encounter (novembbre 1958): 3-5.
  7. Prima pubblicazione: "A Visit to Pasternak", Encounter (marzo 1958): 22-25.
  8. K. Kadmai, "The Revealed and Concealed in the Pasternak Affair", 559.
  9. Ibid., 560-561.
  10. Ibid., 561-562.
  11. Ben-Azay, "Ha-martirologiya shel B. Pasternak".
  12. Pinnes, "Boris Pasternak – metziut ve-semel."
  13. Katsis, "‘Doctor Zhivago’ vstrechaetsa s idishem", 276.
  14. Pasternak, Il dottor Živago, 13. Tutti gli stralci dal romanzo sono tradotti in (IT) direttamente dall'edizione in russo.