Chimica generale/Teoria atomica: differenze tra le versioni

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Gli '''elettroni''' sono particelle di massa infinitesima, cariche negativamente. Nel '''nucleo''', carico positivamente, risiede sostanzialmente tutta la massa dell'atomo; questo è costituito da un certo numero di '''protoni''', che sono i portatori della carica positiva, e da un certo numero di '''neutroni''' che non portano alcuna carica. Protoni e neutroni vengono indicati talvolta genericamente come '''nucleoni'''.
Gli '''elettroni''' sono particelle di massa infinitesima, cariche negativamente. Nel '''nucleo''', carico positivamente, risiede sostanzialmente tutta la massa dell'atomo; questo è costituito da un certo numero di '''protoni''', che sono i portatori della carica positiva, e da un certo numero di '''neutroni''' che non portano alcuna carica. Protoni e neutroni vengono indicati talvolta genericamente come '''nucleoni'''.


__TOC__
== Sezioni ==
# [[Chimica generale/Modelli atomici|Modelli atomici e loro evoluzioni]]
# Dualismo corpuscolo-onda
# Livelli quantici
# Calcolo delle orbite
# Atomo di sommerfield
# Principio di esclusione di Pauli


== Modelli atomici e loro evoluzioni ==
== Modelli atomici e loro evoluzioni ==

Versione delle 21:00, 27 ott 2006


L'atomo

L'atomo rappresenta la parte più piccola di materia capace di prendere parte a un processo chimico. Molte esperienze ci hanno dimostrato però come l'atomo non sia indivisibile ma sia una complicata struttura formata da particelle più piccole. Infatti al giorno d'oggi dall'atomo sono state ricavate una trentina di particelle, ma la maggior parte di esse sono instabili e hanno vita breve.

Possiamo comunque considerare fondamentali le particelle come l'elettrone, il protone e il neutrone.

Schematizzando, nella descrizione di un atomo possiamo distinguere un nucleo centrale e, all'esterno di esso, un certo numero di elettroni che ruotano.

Gli elettroni sono particelle di massa infinitesima, cariche negativamente. Nel nucleo, carico positivamente, risiede sostanzialmente tutta la massa dell'atomo; questo è costituito da un certo numero di protoni, che sono i portatori della carica positiva, e da un certo numero di neutroni che non portano alcuna carica. Protoni e neutroni vengono indicati talvolta genericamente come nucleoni.

Modelli atomici e loro evoluzioni

Il primo modello atomico fu proposto dal fisico inglese Joseph J. Thomson nel 1899. Egli affermava che l'atomo era un'entità materiale formata da elettroni disseminati in una massa positiva. In altre parole, l'atomo era una sfera omogenea caricata positivamente, nella quale sono immersi gli elettroni.

Questo modello atomico fu però messo in crisi dal connazionale Ernest Rutherford nel 1911. Egli studiò il comportamento che le particelle α avevano nell'attraversare lamine sottilissime di metali molto malleabili come l'oro, il platino, ecc. Le particelle α sono emesse da sostanze radioattive come il polonio, utilizzato nell'esperimento di Rutherford, e sono dotate di carica positiva e di una massa quattro volte superiore a quella dell'idrogeno; si tratta di ioni elio .

Dalle deviazioni subite dalla particella α, Rutherford stabilì che l'atomo doveva avere una struttura quasi del tutto vuota e con una grande carica positiva nella sua parte centrale. Infatti, la maggior parte delle particelle α attraversava la lamina metallica, ma alcune venivano deviate di un certo angolo, altre venivano addirittura riflesse. Il fenomeno era sorprendente in quanto le particelle α, dotate di enorme forza cinetica, non avrebbero potuto essere deviate da un sistema atomico come quello ipotizzato da Thomson.

L'esperienza di Rutherford portò alla dimostrazione che la carica positiva e la massa dell'atomo erano concentrate in un nucleo centrale, ad elevata densità e carica.

I risultati di questi esperimenti portarono Rutherford a concepire l'atomo come un sistema solare. Il Sole è rappresentato dal nucleo centrale ed i pianeti dagli eletroni ruotanti su certe orbite. L'elettrone non cade sul nucleo in quanto la forza attrattiva tra il nucleo e l'elettrone è bilanciata dalla forza centrifuga del moto di rivoluzione dell'elettrone attorno al nucleo.

In un primo momento la spiegazione di Rutherford sembrò soddisfacente, ma i fisici obiettarono dicendo che un modello che prevedesse cariche di segno opposto non potrebbe esistere, in quanto l'elettrone ruotante perderebbe man mano energia e si annichilerebbe sopra il nucleo.

Nel 1913 il danese Nils Bohr rielaborò il modello atomico applicando la teoria dei quanti di Max Planck. Egli realizzò che l'elettrone poteva trovarsi solo su determinate orbite di diametro differente. Egli calcolò il raggio dell'orbita più piccola, fissandola a 0,053 nm.

Il modello di Bohr postula inoltre che finché l'elettrone gira su una qualunque orbita permessa, la sua energia è costante (quantizzata). Esso, però, può assorbire o cedere definite quantità di energia (quanta): l'assorbimento è il salto di un elettrone da un'orbita più interna ad una più esterna; la cessione sarà il processo inverso. Quindi, più l'orbita è interna, più il livello energetico è basso. L'orbita più piccola è detta stato normale o fondamentale; le altre orbite sono chiamatate eccitate.

Bohr arrivò a sviluppare la sua teoria quantitativamente quando calcolò i raggi delle orbite consentite. Secondo Bohr, i raggi delle orbite permesse all'elettrone, indicati con , sussistono alla relazione , dove è il raggio dell'orbita allo stato normale ed assume qualsiasi valore intero positivo ed è chiamato numero quantico principale.

Il valore calcolato per è:

L'orbita successiva, ponendo cioè , sarà quattro volte maggiore rispetto al valore dell'orbita allo stato normale; per l'orbita sarà 9 volte maggiore, e così via.

Considerando poi che l'energia dell'elettrone è la somma dell'energia cinetica e di quella potenziale, Bohr dimostrò che l'energia di un elettrone ruotante su una certa orbita si può calcolare come:

dove è il numero quantico principale e è il potenziale di ionizzazione. In definitiva, il raggio di una qualsiasi orbita è proporzionale al numero quantico principale, mentre la sua energia è inversamente proporzionale allo stesso numero . Il modello di Bohr permise di spiegare l'assorbimento e l'emissione di radiazioni da parte degli elementi.


Limitazioni della teoria atomica di Bohr

Nonostante le novità della teoria di Bohr, questa presentava numerose limitazioni, la più importante di queste era che la teoria non riusciva a reggere per quegli atomi con più elettroni, essendosi, Bohr, basato sullo spettro dell’idrogeno che è un atomo con un solo elettrone. Inoltre nel periodo in cui si studiò lo spettro atomico non si avevano strumenti ad alto potere assolvente, cioè la loro capacità di distinguere nettamente le immagini era debole, quindi le misurazioni effettuate non erano perfette, perciò Bohr basò la sua teoria su dati “incompleti”.

Dualismo Corpuscolo-Onda

Abbiamo visto che l'atomo è formato da un nucleo centrale circondato da elettroni che orbitano. Dato che le proprietà chimiche di un atomo dipendono dalla sua configurazione elettronica, è giusto concentrarsi sulla sistemazione degli elettroni attorno al nucleo prima di passare agli altri argomenti.

A questo proposito è di grande importanza l'assorbimento e l'emissione di energia luminosa. La natura della luce è stata oggetto di interesse e di dispute per decine di anni. Secondo il fisico olandese Cristian Huygens la luce aveva natura ondulatoria, mentre secondo Isaac Newton la luce era di natura corpuscolare. In seguito, il fisico inglese James Maxwell cercò di risolvere il problema sostenendo che la luce è un'onda elettromagnetica formata da campi sia elettrici che magnetici oscillanti perpendicolarmente fra loro e perpendicolarmente anche alla direzione di propagazione dell'onda.

La radazione elettromagnetica consiste nella propagazione di una perturbazione nello spazio circostante. Si produce una radiazione ogni qual volta una particella provvista di campo elettrico o magnetico subisce un'accelerazione. Il campo produce allora una perturbazione che nel vuoto si propaga con la velocità della luce, e con velocità inferiori negli altri mezzi.

I parametri che distinguono un'onda sono: lunghezza d'onda, frequenza, velocità e ampiezza.

La lunghezza d'onda, che si indica con la lettera greca λ (lambda) è definita come la distanza tra due punti con le stesse caratteristiche di perturbazione o di vibrazione nel cammino che segue la radiazione, cioè la distanza tra due picchi successivi, come mostrato in foto. L'unità di misura è il nanometro (nm) che equivale a m o l'Angstrom che è pari a m. La frequenza ν (ni) indica il numero di vibrazioni in un secondo (). La sua unità di misura è il . Il tempo T impiegato dalla vibrazione per compiere un'intera lunghezza d'onda è chiamato periodo.

[...]

Livelli quantici

Il livello al quale un elettrone si trova quando l’atomo è a riposto si dice livello fondamentale, mentre quello al quale esso viene portato quando ha apporto di energia dall’esterno, per esempio l’arrivo di un fotone, si dice livello eccitato. L’elettrone riportandosi a livello fondamentale, emetterà poi a sua volta un fotone per liberarsi della maggiore energia acquisita. Per rendersi visivamente conto come si possano concepire orbite quantizzate fisse, si può pensare ad una parete ripida interrotta da fossette, entro le quali siano delle palline. Se una di queste palline cade verso il basso, non può fermarsi che entro un’altra fossetta, non avendo altro mezzo di arrestarsi lungo la parete ripida.
In tal modo la teoria di Bohr prevede una serie discreta di livelli quantici che vengono definiti con le lettere K, L,M, N,O, P.

Calcolo delle orbite

Bisogna premettere che in natura è sempre più stabile quell’equilibrio che ha in sé la minor energia, per esempio una pietra in cima ad una montagna può rotolare ed ha la massima energia, a metà avrà metà energia e ai piedi del monte avrà la minor energia possibile.
Così ogni elettrone che entra in un atomo è caratterizzato da 4 numeri quantici che gli consentono di avere la minor energia.

  • il numero quantico principale n
  • il numero quantico di momento angolare l
  • il numero quantico di momento magnetico m
  • il numero quantico di spin s

Come regola generale si può stabilire che i numeri quantici più bassi descrivono elettroni di minor energia di quelli con più alti numeri quantici. Per esempio un elettrone con n=1, l=0, avrà minore energia di un elettrone con n=4 l=2. Questo non significa che tutti gli elettroni in ciascuno dei 102 elementi abbiano n=1 l=0 s=-1/2 m=0.

Atomo di Sommerfeld

Da studi successivi sullo spettro degli atomi, si vide che in realtà questi presentavano uno spettro di emissione con nuove righe, che prima non erano state viste, che rappresentavano dei sottolivelli energetici diversi da quelli previsti da Bohr e che egli aveva a priori scartato. Su queste nuove indagini Sommerfeld risolse l’impossibilità di avere dei sottolivelli energetici per le orbite degli elettroni, ipotizzando che queste non erano circonferenze con raggio ben definito, bensì, essi erano di forma ellittica senza scartare quelle circolari. In quanto egli accetta che il momento della quantità di moto dell’elettrone sia quantizzato secondo la ben nota relazione del modello atomico di Bohr:

me * v * r = n * h/2π

prima di poter analizzare e comprendere appieno le ipotesi di Sommerfeld è bene introdurre e specificare i concetti geometrici di ellisse. Ricordiamo a tale proposito che l’ellisse è definita come il luogo geometrico dei punti del piano tale che per ogni punto P dell’ellisse risulti che

P F1 + P F2 = AB

Dove F1 e F2 sono i fuochi dell’ellisse. Allora dati due assi, uno maggiore e uno minore, definire e costruire infiniti ellissi, tra i quali si classificano due casi particolari, due degenerazioni dell’ellisse a seconda del valore della sua eccentricità che come ben sappiamo è definita tra 0 ≤ e ≤ 1; allora:

  1. Se l’eccentricità è uguale a e = 0 avremo che l’ellisse si degenera in una retta. Ovviamente questa situazione è da scartare in quanto l’elettrone che ruota con un orbita ellittica si scontrerebbe con il nucleo che occupa uno dei due fuochi dell’ellisse;
  2. Se l’eccentricità è uguale ad e = 1 l’ellisse si degenera in una circonferenza, in questo caso ritorniamo all’ipotesi di Bohr in cui l’elettrone ruoto intorno al nucleo su di un’orbita circolare.

Ecco, quindi, che Sommerfeld basandosi sulla geometria analitica dell’ellisse definì orbite ellittiche su cui l’elettrone ruota. Inoltre se veniva assegnato un asse maggiore, secondo Sommerfeld, era possibile ottenere solo un determinato numero, quantizzato, di assi minori secondo l’equazione:

0 < (l+1)/n ≤ 1 ⇒ l = n + 1

Pertanto, visto che l’eccentricità ha valori 0 ≤ e ≤ 1 allora escludendo il caso in cui l’eccentricità sia uguale a zero, avremo:

Principio di esclusione del Pauli

Qunado gli elettroni vanno raccogliendosi intorno ad un nucleo bisogna considerare un altro fattore, detto il principio di esclusione del Pauli. In un orbitale al massimo possono coesistere due elettroni ma con numero quantico di spin opposto

  • IL PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DEL PAULI

Due elettroni non possono avere tutti e quattro i numeri quantici uguali
analogo a dire che due corpi non possono essere nello stesso tempo, nello stesso posto.

L'Equazione di Shrödinger

Quindi l'elettrone può essere visto come un'onda, un'entità oscillante. Si presenta però il problema che l'elettrone non può essere diviso nello spazio. La quantità oscillante dev'essere dunque un'altra: secondo la scuola di Copenhagen, essa è la probabilità di trovare l'elettrone nel volumetto . Interviene un postulato della meccanica quantistica, che ci dice che tutte le informazioni su un oggetto fisico oscillante sono racchiuse nella funzione d'onda Ψ(q,t), dove q è una generica coordinata spaziale e t è il parametro Tempo. Un altro postulato dice che tutte queste informazioni possono essere ricavate da un equazione differenziale: l'equazione di Schrödinger.

Dove t è il tempo e all'energia è associato un operatore “derivata rispetto al tempo”. L'equazione può, però essere letta come un equazione agli autovalori, considerando che nella vita di tutti i giorni le probabilità non cambiano nel tempo:

adesso E è un autovalore dell'equazione di Schrödinger, sempre ammettendo che sia autofunzione. Nel caso che questo non avvenga, un altro postulato ci dice che la funzione d'onda può essere espansa in una combinazione lineare di altre funzioni d'onda, previa scelta di opportuni coefficienti.

Le si scelgono come autofunzioni dell'equazione, per calcolare gli opportuni si usano metodi computazionali come Hartree-Fok, o semiempirici come Hückel.

A questo punto, vediamo a cosa serve questa . Essa è un orbitale, nel senso chimico-fisico del termine, ovvero la funzione associata alla probabilità di trovare l'elettrone nel volumetto . A questo punto pensiamo a (per evitare problemi di azzeramento, dato che la funzione è “perfetta” ovvero continua, simmetrica...) e la integriamo su tutto lo spazio. La superficie esterna della “forma” che abbiamo ottenuto, rappresenta la forma degli orbitali.

L'equazione di Schrödinger e i numeri quantici

I numeri quantici si ottengono cercando di risolvere l'equazione di Schrödinger per sistemi via via più complicati: quando la sua risoluzione non è più immediata, va ricondotta ad un “modello” di equazione differenziale di primo grado. I tre modelli che si utilizzano in meccanica quantistica si possono risolvere solo per n,m e l interi ed in relazione tra di loro. Sono i nostri numeri quantici.

L'equazione di Dirac e i numeri quantici

Questa è l'equazione di Dirac, un'estenzione quanto-RELATIVISTICA dell'equazione di Schrödinger. Risolvendo questa (per via matriciale o nell'algebra dei complessi “quaternioni”) si ottengono i tre numeri quantici già ottenuti più un quarto: lo Spin.