Missione a Israele/Appendice: differenze tra le versioni

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La Risurrezione nell'ambito di forme più tradizionali di ebraismo era stata immaginata come un'esperienza comunitaria, uno degli atti di salvezza attesi alla Fine. "Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio," Dio promette nel Libro del profeta Ezechiele, "e vi ricondurrò nel paese d'Israele" ({{passo biblico2|Ezechiele|37:12}}). "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno" profetizza Daniele ({{passo biblico|Daniele|12:2}}). "Benedetto sei Tu, Signore," riporta il testo delle Diciotto Benedizioni, "Tu che fai rivivere i morti". Per gli apostoli di Gesù, il significato della sua risurrezione individuale era che annunciava quella più generale in arrivo: Gesù era "primizia di coloro che dormono" ({{passo biblico2|1Corinzi|15:20}}). La sua risurrezione confermava quindi ai suoi seguaci che il Regno, e pertanto la risurrezione di tutti i morti, era in arrivo; in verità, molto prossima. La loro esperienza della sua risurrezione confermava sia l'autorità stessa di Gesù sia l'autorità del suo messaggio.
La Risurrezione nell'ambito di forme più tradizionali di ebraismo era stata immaginata come un'esperienza comunitaria, uno degli atti di salvezza attesi alla Fine. "Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio," Dio promette nel Libro del profeta Ezechiele, "e vi ricondurrò nel paese d'Israele" ({{passo biblico2|Ezechiele|37:12}}). "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno" profetizza Daniele ({{passo biblico|Daniele|12:2}}). "Benedetto sei Tu, Signore," riporta il testo delle Diciotto Benedizioni, "Tu che fai rivivere i morti". Per gli apostoli di Gesù, il significato della sua risurrezione individuale era che annunciava quella più generale in arrivo: Gesù era "primizia di coloro che dormono" ({{passo biblico2|1Corinzi|15:20}}). La sua risurrezione confermava quindi ai suoi seguaci che il Regno, e pertanto la risurrezione di tutti i morti, era in arrivo; in verità, molto prossima. La loro esperienza della sua risurrezione confermava sia l'autorità stessa di Gesù sia l'autorità del suo messaggio.


Tuttavia il Regno non arrivò. Nel frattempo, evidentemente [[w:apparizioni di Gesù|queste apparizioni della Risurrezione]] continuarono per un po' di tempo. Paolo elenca una serie di tali epifanie ({{passo biblico2|1Corinzi|15:5-8}}). Luca chiude il suo Vangelo e apre la sua storia degli [[w:Atti degli Apostoli|Atti degli Apostoli]], con il Cristo Risorto che parla ai discepoli: "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio" ({{passo biblico2|Atti|1:3}}).
Tuttavia il Regno non arrivò. Nel frattempo, evidentemente [[w:apparizioni di Gesù|queste apparizioni della Risurrezione]] continuarono per un po' di tempo. Paolo elenca una serie di tali epifanie ({{passo biblico2|1Corinzi|15:5-8}}). Luca chiude il suo Vangelo e apre la sua storia degli [[w:Atti degli Apostoli|Atti degli Apostoli]], con il Cristo Risorto che parla ai discepoli: "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio" ({{passo biblico2|Atti|1:3}}). I seguaci più intimi di Gesù – "Chephas, e poi i Dodici" – reagirono alla loro esperienza di queste apparizioni ritornando a Gerusalemme. Si riunirono in quella città in anticipazione della venuta del Regno? Stavano aspettando, ritenendo la resurrezione stessa di Gesù un segnale della Fine prossima? Se fu così, allora la continuazione del tempo li spinse ad una nuova conclusione, e ad una differente interpretazione del significato della resurrezione di Gesù. Impegnati in un'attività missionaria energica e continuativa, questi discepoli attendevano con ansia l'apparizione ''definitiva'' del Cristo Risorto, alla sua Parusia. Nel poco tempo che pensavano rimanesse, si dedicarono a diffondere la buona novella, l’''euangelion'' di Gesù, a tutto Israele.

Fu in questa fase post-Risurrezione, man mano che il movimento si sparse verso le comunità sinagogali lungo la costa e nella Diaspora, che questi discepoli iniziarono ad incontrare numerosi Gentili simpatizzanti. Quanto numerosi? In numero così elevato che, entro la fine degli anni 40, vari apostoli si riunirono insieme ai capi della comunità cristiana radunata a Gerusalemme onde poter decidere cosa fare di questi Gentili, e come integrarli nelle ''ekklēsiai'' dei seguaci di Cristo ({{passo biblico2|Galati|2:1-10}}; per una descrizione differente della stessa assemblea cfr. {{passo biblico2|Atti|15}}). Questi Gentili erano forse più simili a ''Timorati di Dio'', cioè giudaizzanti volontari, e quindi liberi da qualsiasi obbligo imposto dalla Torah? O erano più simili a convertiti, e quindi "obbligati ad osservare tutta quanta la legge" ({{passo biblico2|Galati|5:3}}) inclusa, per i maschi, la circoncisione?

La posizione presa da questa assemblea ci fornisce, nuovamente, la misura del continuo impegno apocalittico del movimento e la necessità di improvvisazioni sociali richieste dalla loro situazione senza precedenti. I Gentili-in-Cristo, erano tutti d'accordo, non avevano bisogno di convertirsi all'ebraismo. Era sufficiente evitare l'idolatria ed i relativi peccati. L'unico contesto nell'ambito della tradizione ebraica natia per tali Gentili non pagani era il Regno annunciato dai profeti. Questa popolazione cristiana gentile ci dà quindi un'altra misura dell'orientamento apocalittico della primissima comunità. Il resto del mondo poteva rimanere ancora nella vecchia era, faticando sotto le forze delle tenebre e della corruzione, mentre invece coloro che si trovavano dentro l’''ekklēsia'' vivevano già secondo la nuova era, potenziati dallo Spirito di Dio ({{passo biblico2|Romani|8:1-39}}). E come avevano annunciato i profeti tanto tempo prima, quando il Regno sarebbe arrivato – e in un certo senso era già arrivato per queste comunità i cui membri operavano miracoli e profetizzavano, i cui Gentili avevano volontariamente abbandonato le appartenenze religiose natie per impegnarsi soltanto nella fede del Dio di Israele – Dio avrebbe radunato non solo Israele, redento dal peccato, ma anche le nazioni, redente finalmente dalla schiavitù dei falsi dei. Per cui Paolo dice ai suoi Gentili in Galati (da notare il tempo dei suoi verbi): "Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono; ora invece ''avete conosciuto Dio''" ({{passo biblico|Galati|4:8-9}}).

La convinzione dei discepoli di aver visto il Cristo Risorto, la lora ricollocazione permanente a Gerusalemme, la loro inclusione di principio dei Gentili ''in quanto'' Gentili — tutto ciò è solida base storica, fatti noti al di là del dubbio, riguardo alla prima comunità dopo la morte di Gesù. Fatti che cadono in uno schema. Ciascuno segna un punto lungo l'arco della speranza apocalittica che passa da Daniele a Paolo, dai Manoscritti del Mar Morto alle Diciotto Benedizioni della sinagoga, dai Profeti del canone ebraico all'Apocalisse, che conclude il Nuovo Testamento: la convinzione che Dio è buono; che Egli è in controllo della Storia; che Egli non sopporterà il male indefinitivamente. Tutti i vari e molteplici temi in tutti questi scritti differenti si uniscono intorno a questa credenza fondamentale che, alla Fine, Dio prevarrà sul male, ripristinando e redimendo la Sua creazione.

Possiamo inoltre collocare lungo tale arco alcuni particolari profeti del Regno di Dio in arrivo: Giovanni il Battista, Teuda, l'Egiziano, i profeti dei segni riportati da Flavio Giuseppe. E, naturalmente, Gesù Nazareno, che i discepoli proclamarono, dopo la sua morte, il Cristo. La forma della loro proclamazione ci rivela in questo periodo la potenza delle tradizioni specificamente messianiche sul Regno prossimo. La loro esperienza della risurrezione di Gesù non richiese che i discepoli gli dessero l'importante titolo di "Cristo", né che collegassero la loro credenza sull'prossimo adempimento del suo messaggio del Regno ad un'aspettativa del suo ritorno. Ma lo fecero comunque. La ''Seconda'' Venuta di Gesù – contributo singolare del cristianesimo alla varietà di aspettative messianiche nell'ebraismo del tardo Secondo Tempio – risuona proprio nel paradigma davidico. Al suono delle trombe, con le schiere di angeli che sconfiggono le potenze del male, Cristo Risorto sarebbe ritornato come guerriero.

Ho sostenuto che furono le folle riunite durante la Pesach a Gerusalemme, e non questi seguaci intimi di Gesù, che proclamarono Gesù il Messia. Lo fecero in parte perché furono spinte dal loro entusiasmo per il suo messaggio autorevole che il Regno era in arrivo: il Regno sarebbe stato accompagnato dal Figlio di Davide. E lo poterono fare proprio perché ''non'' lo conoscevano. A differenza di coloro che nel suo gruppo centrale lo avevano seguito durante la sua missione,, e quindi sapevano perfettamente quanto Gesù fosse distante da una qualsiasi idea di candidatura messianica, questi pellegrini non avevano altro contesto per Gesù se non quello in cui lo avevano incontrato per la prima volta: durante la festa di pellegrinaggio nella città di davide durante la Pasqua, nell'eccitazione, cerimoniale e ricostruzione rituale della festività che commemorava la liberazione e redenzione del loro popolo. Il loro entusiasmo per Gesù e per il suo messaggio aveva causato direttamente la sua morte sulla croce.




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{{Vedi anche|Biografie cristologiche|Interpretare Gesù in contesto|Noli me tangere}}
{{Vedi anche|Biografie cristologiche|Interpretare Gesù in contesto|Noli me tangere}}


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Versione delle 18:10, 21 gen 2021

Indice del libro
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Cristo con corona di spine, olio di Carl Heinrich Bloch (1890)

Gesù, cristianesimo e storia

Nella maniera che per lui contava, Pilato ebbe ragione. Con Gesù morto, la città ritornò sotto controllo. Le folle turbolente a Gerusalemme per la festività pasquale, cessarono di agitarsi per la venuta del Regno e per l'imminente rivelazione da parte di Dio che Gesù fosse il Suo Messia. Castigati e demoralizzati, tutti si azzittirono. Il resto della festività probabilmente passò senza incidenti.

Per i seguaci più intimi di Gesù, le cose erano diverse. Nel panico del suo arresto, molti erano fuggiti. Non sappiamo per certo ciò che accadde dopo, perché le nostre fonti differenti ci raccontano storie differenti: solo le grandi linee sono chiare. Assolutamente certi che Gesù fosse morto, alcuni membri di questo piccolo gruppo iniziarono a percepire, e poi a proclamare, che Gesù viveva ancora. Dio, dissero, lo aveva risorto dai morti.

Ciò che videro veramente questi discepoli è ora impossibile a dirsi. Paolo, la cui testimonianza è tarda (circa vent'anni dopo questi eventi) e dichiaratamente di seconda mano ("Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto"), insegna che il Cristo Risorto apparve in un pneumatikon sōma, un "corpo spirituale". Qualche che fosse, Paolo iniste che questo corpo non era di carne e sangue. "Questo vi dico, o fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il Regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità" (1 Corinzi 15:3,44,50). Le tradizioni ancor più tardive di Luca e Giovanni affermano il contrario. "Guardate le mie mani e i miei piedi" dice il Cristo Risorto di Luca, indicando ai discepoli attoniti le ferite che ancora porta: "Sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho" (Luca 24:39-40). "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani" ordina il Cristo Risorto di Giovanni all'incredulo Tommaso: "Stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Giovanni 20:27).

In senso stretto, questi resoconti non ci dicono nulla di Gesù Nazareno. La sua storia finì su un croce romana. E questi resoconti ci dicono molto poco di ciò che i discepoli potrebbero aver visto. Scritti alquanto tempo dopo gli eventi di quella Pesach, divergono in modo significativo tra di loro.

Quello che invece queste storie della Risurrezione ci danno è un'idea delle convinzioni dei discepoli più intimi di Gesù, che sono la loro fonte ultima. La risurrezione dei morti era uno degli atti redentivi anticipati dalle tradizioni ebraiche riguardo alla Fine del Mondo, quando Dio avrebbe redento Israele e avrebbe riportato gli ebrei alla Terra. Se i suoi discepoli credettero di aver visto Gesù risorto – quale che fosse la loro presunta esperienza, e come la vogliamo interpretare noi oggi (cfr. Noli me tangere) – allora loro continuarono a funzionare nell'ambito del paradigma apocalittico stabilito dalla sua missione.

La Risurrezione nell'ambito di forme più tradizionali di ebraismo era stata immaginata come un'esperienza comunitaria, uno degli atti di salvezza attesi alla Fine. "Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio," Dio promette nel Libro del profeta Ezechiele, "e vi ricondurrò nel paese d'Israele" (Ezechiele 37:12). "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno" profetizza Daniele (12:2). "Benedetto sei Tu, Signore," riporta il testo delle Diciotto Benedizioni, "Tu che fai rivivere i morti". Per gli apostoli di Gesù, il significato della sua risurrezione individuale era che annunciava quella più generale in arrivo: Gesù era "primizia di coloro che dormono" (1 Corinzi 15:20). La sua risurrezione confermava quindi ai suoi seguaci che il Regno, e pertanto la risurrezione di tutti i morti, era in arrivo; in verità, molto prossima. La loro esperienza della sua risurrezione confermava sia l'autorità stessa di Gesù sia l'autorità del suo messaggio.

Tuttavia il Regno non arrivò. Nel frattempo, evidentemente queste apparizioni della Risurrezione continuarono per un po' di tempo. Paolo elenca una serie di tali epifanie (1 Corinzi 15:5-8). Luca chiude il suo Vangelo e apre la sua storia degli Atti degli Apostoli, con il Cristo Risorto che parla ai discepoli: "Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio" (Atti 1:3). I seguaci più intimi di Gesù – "Chephas, e poi i Dodici" – reagirono alla loro esperienza di queste apparizioni ritornando a Gerusalemme. Si riunirono in quella città in anticipazione della venuta del Regno? Stavano aspettando, ritenendo la resurrezione stessa di Gesù un segnale della Fine prossima? Se fu così, allora la continuazione del tempo li spinse ad una nuova conclusione, e ad una differente interpretazione del significato della resurrezione di Gesù. Impegnati in un'attività missionaria energica e continuativa, questi discepoli attendevano con ansia l'apparizione definitiva del Cristo Risorto, alla sua Parusia. Nel poco tempo che pensavano rimanesse, si dedicarono a diffondere la buona novella, l’euangelion di Gesù, a tutto Israele.

Fu in questa fase post-Risurrezione, man mano che il movimento si sparse verso le comunità sinagogali lungo la costa e nella Diaspora, che questi discepoli iniziarono ad incontrare numerosi Gentili simpatizzanti. Quanto numerosi? In numero così elevato che, entro la fine degli anni 40, vari apostoli si riunirono insieme ai capi della comunità cristiana radunata a Gerusalemme onde poter decidere cosa fare di questi Gentili, e come integrarli nelle ekklēsiai dei seguaci di Cristo (Galati 2:1-10; per una descrizione differente della stessa assemblea cfr. Atti 15). Questi Gentili erano forse più simili a Timorati di Dio, cioè giudaizzanti volontari, e quindi liberi da qualsiasi obbligo imposto dalla Torah? O erano più simili a convertiti, e quindi "obbligati ad osservare tutta quanta la legge" (Galati 5:3) inclusa, per i maschi, la circoncisione?

La posizione presa da questa assemblea ci fornisce, nuovamente, la misura del continuo impegno apocalittico del movimento e la necessità di improvvisazioni sociali richieste dalla loro situazione senza precedenti. I Gentili-in-Cristo, erano tutti d'accordo, non avevano bisogno di convertirsi all'ebraismo. Era sufficiente evitare l'idolatria ed i relativi peccati. L'unico contesto nell'ambito della tradizione ebraica natia per tali Gentili non pagani era il Regno annunciato dai profeti. Questa popolazione cristiana gentile ci dà quindi un'altra misura dell'orientamento apocalittico della primissima comunità. Il resto del mondo poteva rimanere ancora nella vecchia era, faticando sotto le forze delle tenebre e della corruzione, mentre invece coloro che si trovavano dentro l’ekklēsia vivevano già secondo la nuova era, potenziati dallo Spirito di Dio (Romani 8:1-39). E come avevano annunciato i profeti tanto tempo prima, quando il Regno sarebbe arrivato – e in un certo senso era già arrivato per queste comunità i cui membri operavano miracoli e profetizzavano, i cui Gentili avevano volontariamente abbandonato le appartenenze religiose natie per impegnarsi soltanto nella fede del Dio di Israele – Dio avrebbe radunato non solo Israele, redento dal peccato, ma anche le nazioni, redente finalmente dalla schiavitù dei falsi dei. Per cui Paolo dice ai suoi Gentili in Galati (da notare il tempo dei suoi verbi): "Ma un tempo, per la vostra ignoranza di Dio, eravate sottomessi a divinità, che in realtà non lo sono; ora invece avete conosciuto Dio" (4:8-9).

La convinzione dei discepoli di aver visto il Cristo Risorto, la lora ricollocazione permanente a Gerusalemme, la loro inclusione di principio dei Gentili in quanto Gentili — tutto ciò è solida base storica, fatti noti al di là del dubbio, riguardo alla prima comunità dopo la morte di Gesù. Fatti che cadono in uno schema. Ciascuno segna un punto lungo l'arco della speranza apocalittica che passa da Daniele a Paolo, dai Manoscritti del Mar Morto alle Diciotto Benedizioni della sinagoga, dai Profeti del canone ebraico all'Apocalisse, che conclude il Nuovo Testamento: la convinzione che Dio è buono; che Egli è in controllo della Storia; che Egli non sopporterà il male indefinitivamente. Tutti i vari e molteplici temi in tutti questi scritti differenti si uniscono intorno a questa credenza fondamentale che, alla Fine, Dio prevarrà sul male, ripristinando e redimendo la Sua creazione.

Possiamo inoltre collocare lungo tale arco alcuni particolari profeti del Regno di Dio in arrivo: Giovanni il Battista, Teuda, l'Egiziano, i profeti dei segni riportati da Flavio Giuseppe. E, naturalmente, Gesù Nazareno, che i discepoli proclamarono, dopo la sua morte, il Cristo. La forma della loro proclamazione ci rivela in questo periodo la potenza delle tradizioni specificamente messianiche sul Regno prossimo. La loro esperienza della risurrezione di Gesù non richiese che i discepoli gli dessero l'importante titolo di "Cristo", né che collegassero la loro credenza sull'prossimo adempimento del suo messaggio del Regno ad un'aspettativa del suo ritorno. Ma lo fecero comunque. La Seconda Venuta di Gesù – contributo singolare del cristianesimo alla varietà di aspettative messianiche nell'ebraismo del tardo Secondo Tempio – risuona proprio nel paradigma davidico. Al suono delle trombe, con le schiere di angeli che sconfiggono le potenze del male, Cristo Risorto sarebbe ritornato come guerriero.

Ho sostenuto che furono le folle riunite durante la Pesach a Gerusalemme, e non questi seguaci intimi di Gesù, che proclamarono Gesù il Messia. Lo fecero in parte perché furono spinte dal loro entusiasmo per il suo messaggio autorevole che il Regno era in arrivo: il Regno sarebbe stato accompagnato dal Figlio di Davide. E lo poterono fare proprio perché non lo conoscevano. A differenza di coloro che nel suo gruppo centrale lo avevano seguito durante la sua missione,, e quindi sapevano perfettamente quanto Gesù fosse distante da una qualsiasi idea di candidatura messianica, questi pellegrini non avevano altro contesto per Gesù se non quello in cui lo avevano incontrato per la prima volta: durante la festa di pellegrinaggio nella città di davide durante la Pasqua, nell'eccitazione, cerimoniale e ricostruzione rituale della festività che commemorava la liberazione e redenzione del loro popolo. Il loro entusiasmo per Gesù e per il suo messaggio aveva causato direttamente la sua morte sulla croce.



Per approfondire, vedi Biografie cristologiche, Interpretare Gesù in contesto e Noli me tangere.