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===Nascita del volgare===
===Nascita del volgare===
Tutti i volgari neolatini provengono dalla forma del latino meno colta, il latino volgare, quello parlato dal popolo, e quindi, come ogni lingua, in corso di continuo cambiamento fin dalle sue più arcaiche origini. Il Latino, a causa della sua flessibilità linguistica, cioè la capacità della lingua di accettare e fare proprie nuovo forme logico-sintattiche e morfologiche provenienti da altre lingue, è stato oggetto di modificazioni fin da quando il popolo Romano entrò in contatto con i Greci della Magna Grecia, e con gli Etruschi dell'Italia Centro-Settentrionale, acquisendo nuove parole, o parti di parole (infissi, suffissi, prefissi) dette isoglosse. Ulteriori trasformazioni si hanno nell'età di Cesare, in cui avviene, sempre nel latino parlato, la caduta delle consonanti finali in sillaba libera ad esempio "amat" (egli ama) si pronunciava ama; Murum (il muro) si pronunciava Muru; la forma scritta rimaneva, invece, invariata]. A queste si aggiunsero altri cambiamenti della lingua, che come se fosse viva, si evolveva e mutava. Ma ciò che determinò il punto di rottura tra latino volgare e quelli che saranno poi le lingue romanze, quindi i proto-volgari, e poi i volgari veri e propri, fu un fatto che accadde intorno al V sec. d.C., e cioè la caduta degli accenti quantitavi ( non si pronunciava più in modo diffente una "a" lunga (come quella dell'ablativo singolare delle prima declinazione) e una "a" breve (come quella del nominativo singolare della prima declinazione). Ciò fu la causa di altri due importanti eventi linguistici: il collasso delle declinazioni, e l'origine dell'articoloide, dal quale nascerà l'articolo. La lingua, che non è più latino, vive un periodo di gestazione e diversificazione che dura all'incirca fino al IX - X sec. d.C. , periodo nel quale le lingue locali, sulle quali il latino si era imposto, dopo la conquista militare romana, tendono a caratterizzare localmente la lingua, creando i proto-volgari. Questi diedero poi origine alle forme neolatine, fra le quali la lingua italiana
Tutti i volgari neolatini provengono dalla forma del latino meno colta, il latino volgare, quello parlato dal popolo, e quindi, come ogni lingua, in corso di continuo cambiamento fin dalle sue più arcaiche origini. Il Latino, a causa della sua flessibilità linguistica, cioè la capacità della lingua di accettare e fare proprie nuovo forme logico-sintattiche e morfologiche provenienti da altre lingue, è stato oggetto di modificazioni fin da quando il popolo Romano entrò in contatto con i Greci della Magna Grecia, e con gli Etruschi dell'Italia Centro-Settentrionale, acquisendo nuove parole, o parti di parole (infissi, suffissi, prefissi) dette isoglosse. Ulteriori trasformazioni si hanno nell'età di Cesare, in cui avviene, sempre nel latino parlato, la caduta delle consonanti finali in sillaba libera ad esempio "amat" (egli ama) si pronunciava ama; Murum (il muro) si pronunciava Muru; la forma scritta rimaneva, invece, invariata]. A queste si aggiunsero altri cambiamenti della lingua, che come se fosse viva, si evolveva e mutava. Ma ciò che determinò il punto di rottura tra latino volgare e quelli che saranno poi le lingue romanze, quindi i proto-volgari, e poi i volgari veri e propri, fu un fatto che accadde intorno al V sec. d.C., e cioè la caduta degli accenti quantitavi (non si pronunciava più in modo differente una "a" lunga (come quella dell'ablativo singolare delle prima declinazione) e una "a" breve (come quella del nominativo singolare della prima declinazione). Ciò fu la causa di altri due importanti eventi linguistici: il collasso delle declinazioni, e l'origine dell'articoloide, dal quale nascerà l'articolo. La lingua, che non è più latino, vive un periodo di gestazione e diversificazione che dura all'incirca fino al IX - X sec. d.C. , periodo nel quale le lingue locali, sulle quali il latino si era imposto, dopo la conquista militare romana, tendono a caratterizzare localmente la lingua, creando i proto-volgari. Questi diedero poi origine alle forme neolatine, fra le quali la lingua italiana


Tra i più antichi documenti in volgare italiano sono da annoverare l'Indovinello veronese' ritrovato nel 1924 nella biblioteca capitolare di Verona e datato fra i secoli VII e IX; i Placiti campani datati 960-963; l'Iscrizione di San Clemente che risale all' XI secolo e il '''Ritmo di Travale''' del 1158.
Tra i più antichi documenti in volgare italiano sono da annoverare l'Indovinello veronese' ritrovato nel 1924 nella biblioteca capitolare di Verona e datato fra i secoli VII e IX; i Placiti campani datati 960-963; l'Iscrizione di San Clemente che risale all' XI secolo e il '''Ritmo di Travale''' del 1158.

Versione delle 11:17, 6 feb 2021

Dante Alighieri è considerato il poeta italiano di maggior peso culturale nella Storia della letteratura italiana

Gli storici della letteratura individuano l'inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la Scuola siciliana di Federico II del Sacro Romano Impero di Svevia Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario è considerato il Cantico delle Creature di san Francesco di Assisi. La diffusione del messaggio poetico partì dunque dalla corte, e quando uscì dai suoi ristretti confini per diffondersi in maggiore libertà nei comuni toscani e a Bologna, fu per molto tempo il privilegio di una ricca, benché sempre più vasta borghesia comunale. Anche quando la Sicilia passò il testimone ai grandi poeti toscani, coloro che scrivevano d'amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quella di Bologna, prima università per antichità e respiro culturale. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale, e furono soprattutto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell'eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come Ovidio, Virgilio, Lucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua, pur nata verso il X secolo d.C., si emancipa completamente dalla promiscuità col latino solo nel duecento.

La letteratura italiana si compone di tutte quelle opere poetiche manoscritte e a stampa in lingua italiana che si sviluppano a partire dall' XI secolo circa fino ai nostri giorni, ma è solo dal Duecento che ha inizio la tradizione letteraria in lingua italiana, cioè in un linguaggio che pur arricchito dai più diversi apporti dialettali, prende per la prima volta le distanze dai singoli idiomi locali.

Le origini e il Duecento

Statua di Marco Polo a Hangzhou, in Cina

La letteratura italiana affonda dunque le sue radici in tempi recenti in rapporto alle altre letterature europee, seguendo il ritardo di quasi due secoli della lingua. Come per tutte le lingue neolatine o romanze (lingua italiana, lingua francese, lingua spagnola, lingua portoghese, lingua rumena, dialetti e lingue del Friuli, del Trentino e dei Grigioni, il Sardo), discende dal latino, con cui ha legami molto stretti più stretti delle altre lingue romanze proprio in virtù della prolungata permanenza della lingua madre in tutte le fasce sociali italiane. Essa nasce in ritardo rispetto ad altre letterature europee perché molto ancorata alla conservazione del latino, lingua della Chiesa, dei tribunali e delle corti, ma anche delle scuole e delle università. A questo fattore si aggiunge però anche il perdurare della tradizione provenzale e francese nel nostro paese e l'uso della lingua d'oc e della lingua d'oïl nelle corti italiane del centro-nord, che produsse, tra i tanti rimaneggiamenti e imitazioni pedestri, anche alcune opere letterarie di un certo pregio, dal Tresor di Brunetto Latini, maestro del Sommo Poeta al Il Milione che Marco Polo dettò a Rustichello da Pisa in francese, ai canti d'amore di Sordello da Goito, la cui voce risuona ancora nel Paradiso di Dante. Questo almeno fino al momento in cui il Canzoniere siciliano si diffuse in Toscana, principalmente ad opera di Guittone d'Arezzo, da cui trasse spunti linguistici e poetici, sotto l'influenza di quel pre-umanesimo che avrebbe portato il travaso della letteratura e retorica classica nel toscano e nel bolognese riavvicinando la poesia italiana ai contenuti classici e distanziandola dal mondo cavalleresco franco-normanno che aveva fino allora cercato di copiare.


Nascita del volgare

Tutti i volgari neolatini provengono dalla forma del latino meno colta, il latino volgare, quello parlato dal popolo, e quindi, come ogni lingua, in corso di continuo cambiamento fin dalle sue più arcaiche origini. Il Latino, a causa della sua flessibilità linguistica, cioè la capacità della lingua di accettare e fare proprie nuovo forme logico-sintattiche e morfologiche provenienti da altre lingue, è stato oggetto di modificazioni fin da quando il popolo Romano entrò in contatto con i Greci della Magna Grecia, e con gli Etruschi dell'Italia Centro-Settentrionale, acquisendo nuove parole, o parti di parole (infissi, suffissi, prefissi) dette isoglosse. Ulteriori trasformazioni si hanno nell'età di Cesare, in cui avviene, sempre nel latino parlato, la caduta delle consonanti finali in sillaba libera ad esempio "amat" (egli ama) si pronunciava ama; Murum (il muro) si pronunciava Muru; la forma scritta rimaneva, invece, invariata]. A queste si aggiunsero altri cambiamenti della lingua, che come se fosse viva, si evolveva e mutava. Ma ciò che determinò il punto di rottura tra latino volgare e quelli che saranno poi le lingue romanze, quindi i proto-volgari, e poi i volgari veri e propri, fu un fatto che accadde intorno al V sec. d.C., e cioè la caduta degli accenti quantitavi (non si pronunciava più in modo differente una "a" lunga (come quella dell'ablativo singolare delle prima declinazione) e una "a" breve (come quella del nominativo singolare della prima declinazione). Ciò fu la causa di altri due importanti eventi linguistici: il collasso delle declinazioni, e l'origine dell'articoloide, dal quale nascerà l'articolo. La lingua, che non è più latino, vive un periodo di gestazione e diversificazione che dura all'incirca fino al IX - X sec. d.C. , periodo nel quale le lingue locali, sulle quali il latino si era imposto, dopo la conquista militare romana, tendono a caratterizzare localmente la lingua, creando i proto-volgari. Questi diedero poi origine alle forme neolatine, fra le quali la lingua italiana

Tra i più antichi documenti in volgare italiano sono da annoverare l'Indovinello veronese' ritrovato nel 1924 nella biblioteca capitolare di Verona e datato fra i secoli VII e IX; i Placiti campani datati 960-963; l'Iscrizione di San Clemente che risale all' XI secolo e il Ritmo di Travale del 1158.


Diego Velázquez, Juan Calabazas, Ritratto del buffone Juan Calabazas

Tra i primi documenti letterari del volgare si ricorda il testo giullaresco nominato il Ritmo laurenziano che si fa risalire fra il il 1151 e il 1157, il Ritmo cassinese e il Ritmo di Sant'Alessio che risalgono alla fine del XII secolo. Ma tra i più belli è da ricordare il Cantico di Frate Sole, o Cantico delle creature scritto da San Francesco intorno al 1225.

L'influenza franco-provenzale

La letteratura italiana delle origini risentì molto dell'influsso francese essendo considerata la Francia, nei secoli XI e XII, il centro della cultura d'Europa. Soprattutto la Lingua occitana che si sviluppò in Provenza dando l'avvio a una grande produzione di poesia d'amore ad opera dei trovatori che influenzarono la Scuola siciliana Tra i più noti trovatori italiani che scrissero in lingua occitanica vi fu Sordello da Goito che scrisse il Compianto in morte di ser Blacatz nel 1236. Il volgare vuole dire volgo, cioè popolo.

La Scuola Siciliana

Intorno al 1230 sorse intorno all'imperatore e re di Sicilia Federico II del Sacro Romano Impero la Scuola Siciliana' che portò avanti la sua attività letteraria per circa un trentennio concludendosi nel 1266 con la morte del figlio di Federico, Manfredi di Svevia, Re d'Italia morto nella battaglia di Benevento. Il tema dominante nei poeti siciliani fu quello dell'amore inspirato ai modelli provenzali: le forme in cui si espresse questa poesia sono la canzone, la canzonetta e il sonetto, felice invenzione di Giacomo da Lentini, caposcuola del movimento.

I primi versi della Divina Commedia illustrati da Gustave Doré


Oltre allo stesso re Federico II e ai suoi due figli Enzo (Re nominale di Sardegna) e Manfredi che si dedicarono con passione all'attività poetica, molti furono i poeti siciliani di maggiore o minore importanza che si posero sotto la guida spirituale di Giacomo, non a caso citato da Dante Alighieri nel XXIV canto del Purgatorio (Divina Commedia) come il fondatore della scuola. Scrisse alcune delle migliori canzoni e sonetti che brillano come perle nella varietà e diversità di talenti del canzoniere siciliano e diede la prima definizione dell'amore nella letteratura italiana. "Amor è un desio che ven da core/ per abondanza di gran piacimento".

Tra i maggiori si ricorda inoltre Guido delle Colonne del quale sono pervenute cinque canzoni, Pier della Vigna di Capua nominato da Dante nel XIII canto dell'Inferno, Rinaldo d'Aquino, Giacomo Pugliese, Stefano Protonotaro da Messina al quale dobbiamo l'unica composizione conservata in lingua originale siciliana. In alcuni di questi, accanto al repertorio contenutistico provenzale, fa però riscontro in alcuni poeti, come re Enzo, un interesse psicologico che lascia già intuire qua e là la madonna angelicata degli stilnovisti. Siamo comunque molto distanti dall'erotismo provenzale e francese, e più vicini al platonismo italiano e alla tradizione classica, che si sente maggiormente nel periodare e nel contenuto. Di diversa estrazione era infatti la scuola dell'Isola, composta prevalentemente di giuristi e notai, più vicini del mondo francese alla tradizione umanistica e nel complesso distanti dal mondo cavalleresco francese, ammirato da lontano ma difficilmente sentito come proprio, tanto più in quanto l'imperatore aveva in effetti attuato per la prima volta nella storia, dopo durissime lotte, lo smantellamento del sistema feudale. Sottovalutata dalla critica ottocentesca per il suo carattere accademico di raffinato gioco intellettuale, è stata però rivalutata nel XX secolo grazie all'opera di molti insigni studiosi quali Bruni, Segre, Contini i quali hanno sottolineato i felici risultati linguistici, che dettero per la prima volta all'italia quel ricco vocabolario in volgare di cui ancora mancava, e che fu assimilato e successivamente arricchito dalle sperimentazioni dei grandi bardi toscani, dalle imitazioni di Guittone all'elaborazione del fresco ma ricco linguaggio degli stilnovisti. Se ne sarebbero conservate forti tracce fino ai giorni nostri. Migliorini conferma la sostanziale vicinanza tra quella lingua siciliana, nata in circostanze fortuite sotto le tende della corte di Federico durante gli assedi alle città guelfe, e la migliore poesia di quell'Ottocento la cui critica romantico-positivista svalutò l'opera dei "notari" siciliani in nome di una poesia che si voleva grande solo in quanto "popolare e spontanea."

Annoverato da molti critici come poeta appartenente alla scuola siciliana vi fu anche Cielo d'Alcamo che scrisse il famoso contrasto'Rosa fresca aulentissima'. Cielo (falsa grafia è Ciullo tramandato dalla tradizione ottocentesca) offre una rilettura diversa, in chiave comica e realistica in opposizione alle figure eteree e talvolta stereotipate delle madame provenzali. Parodia dei manierismi e dei luoghi comuni della scuola, è il canto di amore di un giullare e non di un raffinato uomo di corte, che scambia una serie di vivaci e salaci battute con la sua rosa, che da astratto simbolo amoroso diventa la sua carama, la sua bella, che corteggia spietatamente approfittando dell'assenza della famiglia che la tiene gelosamente sotto tutela. Sotto pretesto di conservare il suo onore la ragazza si finge restìa, per ricevere i più splendidi complimenti, e invitare alla fine l'amante a seguirlo nella sua camera. L'effetto burlesco è ottenuto dall'accostamento del raffinato linguaggio letterario ad espressioni dialettali popolari siciliane e meridionali che di fatto smentiscono comicamente la pretesa nobiltà d'animo finta inizialmente.

La poesia prestilnovistica

I temi che avevano caratterizzato la scuola siciliana si spostano, al tempo dei liberi Comuni, in Toscana dando luogo a una scuola che si può definire siculo-toscana dove trovarono spazio, accanto ai temi amorosi, i temi politici.

Accanto a questa scuola si sviluppò, in Toscana e anche in Umbria, un genere di poesia giocosa e realistica, mentre nell'Italia settentrionale nacque un' interessante letteratura in volgare che vuole avere fini didattici e che si accompagna alle esperienze popolari e giullaresche che venivano prodotte in quel tempo dai cantori girovaghi.

La scuola cortese toscana

Dipinto del pittore preraffaellita Henry Holiday, che immagina l'incontro fra Dante e Beatrice sul Ponte Santa Trinita

Morto Federico II (1250),sconfitto il suo progetto politico, l'eredità della scuola siciliana è raccolta da alcuni poeti toscani, che la adattano al proprio volgare e la innastano nel clima dinamico e conflittuali delle citta comunali: sul piano tematico dell'amore cortese si affiancano nuovi contenuti politici e morali. Il principale esponente della corrente poetica siculo-toscana, fu Guittone d'Arezzo (circa 1230 - 1294) del quale rimane la raccolta di Rime composta da 50 canzoni e 239 sonetti che comprende nella prima parte i temi di carattere amoroso e i temi politici, mentre nella seconda, dove l'autore si presenta come Fra Guittone in seguito alla sua crisi religiosa, dominano gli insegnamenti morali e spirituali. Sempre da attribuire a Guittone d'Arezzo è un Trattato d'amore in 12 sonetti e circa una trentina di Lettere. Tra i poeti più interessanti della scuola di Guittone, rimane il lucchese Bonagiunta Orbicciani al quale Dante nel canto XXIV del Purgatorio affida il compito di definire il nuovo modo di poetare con il nome di stilnovo. Nacquero nel contempo, a Pistoia, a Pisa e Firenze, altre scuole che si rifacevano in modo più o meno rigoroso a Guittone. Si ricordano Chiaro Davanzati che nel suo Canzoniere anticipa i motivi dello stilnovo, il guelfo Monte Andrea al quale si deve il più valido trobar clus fiorentino e Dante da Maiano che scrisse un Canzoniere in uno stile intermedio tra quello siciliano e quello guittoniano. Non è stata provata la storicità della poetessa Compiuta Donzella alla quale vengono attribuiti, da un solo codice, tre sonetti.

La poesia comico-realista

Verso la metà del Duecento si diffonde in Umbria e in Toscana, una poesia a carattere giocoso e realista dove il gusto dell'invettiva, della ribellione e della comicità vanno a sostituire quello della bellezza ideale. Tra le figure letterarie di rilievo fu Rustico di Filippo che ha lasciato 58 sonetti nei quali si avverte la lezione siculo-guittoniana ma anche originali temi legati al genere comico, Neo de' Tolomei autore di alcuni sonetti a carattere caricaturale e il giullare aretino Cenne della Chitarra che scrisse canzoni ispirate alla vita rustica. Ma i due poeti più significativi della poesia comico-realistica furono Folgore da San Giminiano e Cecco Angiolieri.

La poesia nell'Italia settentrionale

Nell'Italia settentrionale nasce intanto una interessante letteratura volgare a carattere didattico che si ispira sia alla tradizione provenzale che comprende lenueg (ciò che produce fastidio) e il plazer (ciò che produce piacere), sia alla tradizione biblico-apocalittica, cioè alla letteratura escatologica dei secoli XII e XIII. Tra i più rappresentativi autori si ricorda il cremonese Gherardo Patecchio, che scrisse un poemetto di ammaestramenti morali intitolato Slanamento de li proverbi de Salamone e un elenco in endecasillabi sui fastidi della vita dal titolo Noie, Uguccione da Lodi autore di un Libro composto in lingua veneta e in lasse monorime di versi alessandrini che tratta del giudizio divino, Giacomo da Verona che scrisse in dialetto veronese un poemetto diviso in due parti, De Ierusalem celesti e De Babilonia civitate infernali che vengono annoverati tra le fonti della Divina Commedia di Dante. Ma tra i più validi e importanti scrittori del secolo XIII che scrissero in lingua lombarda si ricorda Bonvesin de la Riva per i suoi poemetti legati a esigenze didattiche, i suoi contrasti di carattere allegorico, ma soprattutto per il Libro delle tre scritture composto circa nel 1274, diviso in tre parti che ha come tema l'Inferno (scrittura nigra), la Passione di Cristo (scrittura rubra), il Paradiso (scrittura aurea). Il testo viene ritenuto il primo della letteratura in volgare lombarda e l'autore considerato tra i precursori di Dante.

La poesia popolare e giullaresca

Nella seconda metà del Duecento si diffonde nell'Italia del nord una letteratura in volgare in forma di ballata, solitamente anonima, dovuta soprattutto ai giullari costituita da lamenti di giovani fanciulle che vogliono maritarsi, di donne mal maritate, di canti nuziali. Da Mantova ci perviene una canzone anonima per danza, mentre da Milano o da Pavia il primo esempio di satira in volgare contro il villano intitolato il Detto di Matazone da Caligano. Dal Veneto ci perviene invece il Lamento della sposa padovana e dall'Emilia e dalla Romagna diversi sirventesi di argomento politico-cittadino. Dalla Toscana ci pervengono tre componimenti: una tenzone di argomento politico, una parodia della Passione e un sermone epitaffio attribuite al giullare Ruggiero Apugliese.

La poesia religiosa

Jacopone da Todi in un affresco di Paolo Uccello nel duomo di Prato

Si usa collocare nel 1260 la vera nascita della lirica religiosa al tempo in cui nacque a Perugia, sotto la guida di Raniero Fasani, la confraternita dei Disciplinati che usava come mezzo di espiazione la flagellazione pubblica. Il rito veniva accompagnato da canti corali che avevano come schema la canzone a ballo profana. Attraverso le laude, liriche drammatiche, pasquali o passionali secondo l'argomento religioso trattato, il movimento si diffuse in tutta l' Italia del Nord stabilendone il centro a Perugia e ad Assisi. Ma è il Cantico di Frate Sole o Cantico delle creature di san Francesco d'Assisi ad essere considerato il più antico componimento in volgare italiano mentre solamente con Jacopone da Todi la lauda assunse una dimensione artistica.

La prosa

Il peso della prosa latina è ancora molto forte in questo periodo per cui la prosa in volgare, rispetto alla poesia ,subì un certo ritardo. Il primo a fornire i nuovi modelli per il volgare fu il grammatico bolognese Guido Faba che comprese l'importanza che la lingua volgare stava acquisendo nella vita quotidiana e in quella politica. Nel corso del Trecento]] si forma una raccolta di novelle scritte in volgare fiorentino, di aurore anonimo, intitolato il Novellino con finalità morali e pedagogiche. Tra gli altri prosatori in volgare di questo periodo si ricordano Salimbene de Adam, un frate francescano di Parma, che scrisse numerose cronache in un latino colto e nello stesso tempo popolare che accoglieva anche numerose forme di lingua lombarda e di lingua emiliana; Jacopo da Varazze, frate domenicano diventato nel 1292 vescovo di Genova che scrisse in latino una raccolta che venne presto diffusa in versione volgarizzata; Brunetto Latini, senza dubbio la figura principale tra i prosatori duecenteschi che scrisse in lingua d'oil il Tesoro (Li livres dou Trésor) un testo Enciclopedia che tradotto in seguito in volgare ebbe due versione e che Dante considerò una fonte preziosa per la sua Commedia citandolo come maestro ideale nel XV canto dell'Inferno e il Tesoretto ricalcando il modello del «Roman de la rose»; [Bono Giamboni compilò un'opera a carattere allegorica-didascalica, Il libro de' vizi e delle virtudi creando la prima opera dottrinale autonoma.

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