Abulafia e i segreti della Torah/Introduzione3: differenze tra le versioni

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
testo
Riga 30: Riga 30:


Tuttavia, ciò che si può vedere da quei voluminosi scritti è una forma di epigonismo, il che significa che tutti questi scrittori scrivevano sotto le ali della Grande Aquila,<ref>Si veda Robinson, "We Drink Only from the Master’s Water", 27–60.</ref> sebbene la complessità generata dalla sua grandezza negli studi sia legalistici che filosofici è incommensurabilmente maggiore in confronto ai suoi seguaci. Non è stato prodotto nulla di simile alla ''[[Guida dei perplessi]]'' che ne amplifichi il progetto; piuttosto, sono stati fatti tentativi per chiarire e applicare le intuizioni presentate o suggerite da [[Maimonide]] nel suo ''chef d’oeuvre''. In altre parole, la quantità è sì ovvia nel caso dei maimonidei, ma molto meno l'originalità intellettuale. Se il problema principale della ''Guida'' era come alludere ai segreti senza rivelarli, i seguaci di Maimonide rivelarono ciò che credevano fossero quei segreti senza troppi accenni, il che significa che l'esoterismo si indebolì drammaticamente, data la proliferazione di scritti sugli stessi argomenti affrontati dalla ''Guida''. Direi che pochissimi nuovi segreti furono inventati in quelli che si possono chiamare i supercommentatori dei maimonidei. Come accennato nel capitolo precedente, i maimonidei erano scrittori molto più [[w:exoterismo|essoterici]] del loro modello, sebbene Abulafia sia in qualche modo più vicino a Maimonide a causa della sua enfasi sulla necessità dell'[[w:esoterismo|esoterismo]], come vedremo in seguito.
Tuttavia, ciò che si può vedere da quei voluminosi scritti è una forma di epigonismo, il che significa che tutti questi scrittori scrivevano sotto le ali della Grande Aquila,<ref>Si veda Robinson, "We Drink Only from the Master’s Water", 27–60.</ref> sebbene la complessità generata dalla sua grandezza negli studi sia legalistici che filosofici è incommensurabilmente maggiore in confronto ai suoi seguaci. Non è stato prodotto nulla di simile alla ''[[Guida dei perplessi]]'' che ne amplifichi il progetto; piuttosto, sono stati fatti tentativi per chiarire e applicare le intuizioni presentate o suggerite da [[Maimonide]] nel suo ''chef d’oeuvre''. In altre parole, la quantità è sì ovvia nel caso dei maimonidei, ma molto meno l'originalità intellettuale. Se il problema principale della ''Guida'' era come alludere ai segreti senza rivelarli, i seguaci di Maimonide rivelarono ciò che credevano fossero quei segreti senza troppi accenni, il che significa che l'esoterismo si indebolì drammaticamente, data la proliferazione di scritti sugli stessi argomenti affrontati dalla ''Guida''. Direi che pochissimi nuovi segreti furono inventati in quelli che si possono chiamare i supercommentatori dei maimonidei. Come accennato nel capitolo precedente, i maimonidei erano scrittori molto più [[w:exoterismo|essoterici]] del loro modello, sebbene Abulafia sia in qualche modo più vicino a Maimonide a causa della sua enfasi sulla necessità dell'[[w:esoterismo|esoterismo]], come vedremo in seguito.

I membri di questo movimento concettuale erano talvolta consapevoli l'uno dell'altro e citavano i loro predecessori, in particolare i membri della famiglia ibn Tibbon. Tuttavia, ciò che mi sembra più interessante per il nostro approccio all'[[w:allegoresi|allegoresi]] di Abulafia è la somiglianza tra i membri del campo maimonideo nel suo insieme. Anche quando commentano lo stesso problema in modo indipendente, offrono soluzioni simili a causa della loro griglia ermeneutica condivisa, profondamente informata sia dal neo-aristotelismo che dall'allegoresi di Abulafia.

Alcuni di questi pensatori iniziarono la loro formazione o addirittura la loro attività ad Al-Andalus, sebbene avessero dovuto lasciare questa regione per il sud della Francia, in particolare la Provenza. Nella loro prima generazione facevano parte della cultura filosofica musulmana; in seguito fecero parte di quella che io chiamo l’''internazionale andalusa'' ebraica.<ref>Si veda Idel, "Maimonides’s ''Guide of the Perplexed'' and the Kabbalah" 197–99, e cfr. Narboni, ''Commentary on the Guide'', fol. 15b.</ref> Ciò significa che i profughi andalusi delle persecuzioni [[w:Almohadi|almohade]] avvenute a partire dal 1145, che arrivarono in Provenza nella seconda metà del XII secolo e che padroneggiavano sia l'arabo che le fonti filosofiche scritte dalla ''[[w:Filosofia islamica|falāsifah]]'', tradussero e difesero i libri di Maimonide scritti nel remoto Egitto. Tradussero in ebraico persino alcuni scritti di filosofi musulmani, principalmente di estrazione andalusa. Entrambi i tipi di traduzioni hanno costituito il primo strato dello sviluppo concettuale che può essere chiamato maimonideanesimo. Più tardi, questo sviluppo si trasformò in un movimento che costituì la tradizione maimonidea ebraica occidentale. Dovrebbe essere preso in considerazione anche l'impatto del lavoro dei traduttori ebrei sulla [[w:Scolastica (filosofia)|scolastica cristiana]] e quello della scolastica cristiana su alcuni maimonidei.

La tradizione maimonidea orientale, che è stata studiata separatamente, è rappresentata principalmente dai discendenti di Maimonide e dagli ebrei yemeniti ed è meno pertinente ai punti che vorremmo fare qui. Va detto che anche i pensatori musulmani in Oriente studiarono la ''Guida''.<ref>Si veda Paul Fenton, "The Literary Legacy of Maimonides’ Descendants", in ''Sobre la Vida y Obra de Maimónides'', cur. Jesús Peláez del Rosal (Córdoba: Ediciones El Almendro, 1991):149–56; Fenton, "A Judaeo-Arabic Commentary on Maimonides’s Mišne Tora by Rabbi David Ben Joshua Maimonides (ca. 1335–1414)" {{he}}, in ''Heritage and Innovation in Medieval Judaeo-Arabic Culture: Proceedings of the Sixth Conference of the Society for Judaeo-Arabic Studies'', curr. Joshua Blau e David Doron (Ramat-Gan: University of Bar-Ilan Press, 2000):145–60; e David R. Blumenthal, "Was There an Eastern Tradition of Maimonidean Scholarship?" ''REJ'' 138 (1979):57–68. Sull'esoterismo tra i discendenti di Maimonide in Oriente, si veda David R. Blumenthal, "An Epistle on Esoteric Matters by David II Maimonides from the Geniza", in ''Pesher Nahum; Texts and Studies in Jewish History and Literature from Antiquity Through the Middle Ages Presented to Norman (Nahum) Golb'', curr. Joel L. Kraemer e Michael G. Wechsler (Chicago: The Oriental Institute of the University of Chicago, 2012):57–74, dove sono menzionater permutazioni di lettere del nome divino, a pagina 67.</ref> Inoltre, anche diversi pensatori [[w:Caraiti|caraiti]] furono influenzati da Maimonide.<ref>Si veda Daniel J. Lasker, "Maimonides’ Influence on Karaite Theories of Prophecy and Law", ''Maimonidean Studies'' 1 (1990):99–115.</ref> Sebbene le due forme di maimonideanesimo differiscano in modo così drammatico, l'occidentale più averroista e l'orientale più orientato al sufi, erano comunque in contatto l'uno con l'altro, sebbene sia piuttosto difficile discernere un'influenza reciproca significativa tra i due.

Nonostante le differenze tra i vari maimonidei in Occidente, essi condividono alcuni interessanti denominatori comuni che sono incongruenti con la ''Guida dei perplessi'' di Maimonide: uno dei quali è il presupposto che sia possibile congiungersi con l'Intelletto Agente. In alcuni casi nel ramo occidentale, questa ipotesi fu accoppiata con la possibilità che a causa di questa congiunzione, una persona fosse in grado di cambiare momentaneamente il corso degli eventi in natura. Questi due problemi saranno discussi di seguito, ad esempio, nella Sezione [[Abulafia e i segreti della Torah/Studi e insegnamento 4|"Studi e insegnamento 4"]].<ref>Cfr. Levi ben Abraham, ''Liwyat Ḥen, Maʿaśeh Berešit'', 135–36, 367–68; Levi ben Avraham, ''Liwyat Ḥen: The Work of the Chariot'', 133; Nissim ben Moses di Marsiglia, ''Maʿaśeh Nissim'', 438; Joseph (Ynon) Fenton, "The Theory of Devequt in the Doctrine of Rabbi Abraham the Son of Maimonides" {{he}}, ''Daʿat'' 50–52 (2003):107–19; Gitit Holzman, "Seclusion, Knowledge and Conjunction in the Thought of Rabbi Moshe Narboni" {{he}}, ''Kabbalah'' 7 (2002):111–73, specialm. 143–50 e 164–68.</ref> Un altro denominatore comune è l'ampliamento della gamma di fonti incluse negli scritti dei maimonidei, i quali erano più inclusivi del Rambam. Questo fatto contribuì a una certa diversificazione concettuale – e in quest'ottica dovremmo vedere Abulafia – come una variante importante e indipendente tra le altre.

Riguardo a quanto mi concerne qui di questo fenomeno, gli ebrei maimonidei occidentali furono attivi principalmente durante il secolo e mezzo dopo la morte di Maimonide. La loro attività è contemporanea all'emergere della Cabala e alle sue fasi di espansione più decisive. Inoltre, c'è anche una certa sovrapposizione geografica tra le due letterature in espansione: fiorirono in Provenza, Spagna e Italia. Lungi dal costituire una tradizione unificata, i pensatori maimonidei condividevano comunque un forte interesse per i libri di Maimonide da un lato e per le fonti filosofiche nel mondo musulmano che costituivano il suo sfondo concettuale (Al-Fārābī, Avicenna e la ''falāsifah'' andalusa: ibn Bāǧǧah , ibn Ṭufayl e Averroè) dall'altro. Quelle fonti furono alla fine combinate con altri tipi di fonti, specialmente quelle neoplatoniche, gli scritti di Abraham ibn Ezra e, sebbene più raramente, anche con temi cabalistici, a volte parte della tendenza enciclopedica di queste generazioni, come dimostrano il ''Midrash Ḥokhmah'' di Rabbi Judah ibn Matkah, il ''Deʿot ha-Filosofim'' di Rabbi Shem Tov Falaquera,<ref>Steven Harvey, "Shem Tov Falaquera’s Deʿot ha-Filosofim: Its Sources and Use of Sources", in ''The Medieval Hebrew Encyclopedia of Science and Philosophy'', cur. Steven Harvey (Dordrecht: Kluwer Academic Publishers, 2000):211–47.</ref> nonché ''Liwyat Ḥen'' e ''Battei ha-Nefeš we-ha-Leḥašim''<ref>Si veda Warren Zev Harvey, "Levi Ben Abraham of Villefranche’s Controversial Encyclopedia", in ''The Medieval Hebrew Encyclopedia of Science and Philosophy'', 171–88.</ref> di Rabbi Levi ben Abraham. Gli ultimi due autori furono contemporanei di Abulafia, il quale aveva letto il libro del primo, come vedremo in seguito.




Riga 39: Riga 49:
<div style="height: 240px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/> </div>
<div style="height: 240px; overflow: auto; padding: 3px; border:1px solid #AAAAAA; reflist4" > <references/> </div>


{{Avanzamento|50%|8 giugno 2021}}
{{Avanzamento|50%|5 luglio 2021}}
[[Categoria:Abulafia e i segreti della Torah|Introduzione3]]
[[Categoria:Abulafia e i segreti della Torah|Introduzione3]]

Versione delle 17:21, 5 lug 2021

Indice del libro
"Non ci fu nessuno che ne traesse beneficio, poiché le menti degli uomini sono diverse tra loro, in particolare per quanto riguarda la profondità della sapienza e i segreti della Torah."
Abramo Abulafia, Oṣar ʿEden Ganuz, 3:10, 369

INTRODUZIONE: SEGRETEZZA E MAIMONIDEISMO

I primi maimonidei

In questo Capitolo mi occupo di situare alcuni aspetti importanti del pensiero del cabalista Rabbi Abraham Abulafia all'interno della tradizione maimonidea. Il pensiero di Abulafia è una delle tante varietà di pensiero ebraico che dipendono dai libri della Grande Aquila; è legato ai successivi sviluppi di quello che può essere chiamato il più ampio fenomeno del maimonideismo, in particolare le interpretazioni averroistiche del pensiero di Maimonide. In questo libro esplorerò quattro questioni principali: 1) la tradizione maimonidea; 2) Le testimonianze di Abulafia circa il suo studio della Guida dei perplessi e altri libri filosofici, nonché il suo insegnamento della Guida in vari luoghi d'Europa; 3) alcune questioni esoteriche legate al suo pensiero e alla sua attività; e 4) la presentazione e l'analisi della parabola della perla di Abulafia come allegoria della vera religione. Discuterò anche le sue interpretazioni delucidando alcune questioni chiave nei suoi scritti che riguardano quelle interpretazioni. Le cinque appendici tratteranno questioni che sono meno concentrate sull'esoterismo.

Moses Gaster (1904)

La mia analisi del suddetto materiale va inquadrata nel più ampio ambito della trasmissione della conoscenza (translatio scientiae) dal Medio Oriente all'Europa alla fine del primo millennio dell'era volgare e dei complessi sviluppi che sono avvenuti successivamente. Questo ampio fenomeno fu delineato da Moses Gaster, seppure con linee piuttosto vaghe, alla fine dell'Ottocento; le sue opinioni costituiscono uno spunto, indebitamente dimenticato dagli studiosi, per comprendere alcuni aspetti dell'emergere e dell'evoluzione della cultura europea in generale e della cultura ebraica in particolare.[1] Possiamo vedere questa intuizione in termini di flusso di tradizioni che ricorrono a descrizioni accademiche della trasmissione delle antiche religioni mesopotamiche.

La filosofia ebraica medievale, iniziata fuori dall'Europa, principalmente in Iraq e in alcune parti dell'Africa settentrionale, fu rapidamente trasferita nei paesi del sud dell'Europa; lì, iniziò il suo rapido sviluppo come parte del più ampio fenomeno della trasmissione delle filosofie greche ed ellenistiche, principalmente attraverso la mediazione di traduttori cristiani e musulmani e pensatori musulmani seminali. La tendenza neo-aristotelica è solo uno dei numerosi sviluppi, anche se indubbiamente il principale, che hanno cambiato il panorama intellettuale dell'Europa medievale, soprattutto a partire dal XIII secolo. Inoltre, nel caso della cultura ebraica, si trasmise un'ampia varietà di altri generi letterari: la letteratura rabbinica, magica e heikhalot, insieme alla poesia liturgica, si fece strada, per vie e canali poco conosciuti, verso le coste meridionali d'Europa e vi pose le basi della varietà delle culture ebraiche.

Tuttavia, nessuna di queste letterature fu così drammaticamente nuova e stimolante per le forme tradizionali dell'ebraismo come la presentazione speculativa maimonidea dell'ebraismo. Questa tendenza mentalistica incontrò, nel caso di Abulafia, una corrente esoterica completamente diversa, rappresentata al suo apice dalle varie forme delle tradizioni ashkenazite, ma proveniente da diversi centri in Italia, e plausibilmente parte di una precedente tradizione ebraica del Medio Oriente, che sottolineava gli elementi linguistici delle tradizioni ebraiche, la canonicità della Bibbia e dei testi liturgici, la centralità dei nomi divini e le forme radicali di esegesi che includono, tra l'altro, la gematria e le permutazioni delle lettere.[2]

È interessante notare che, mentre l'attività di Maimonide coincide con il floruit andaluso del neoaristotelismo musulmano, il maimonideanesimo si sviluppò in un periodo in cui la filosofia neoaristotelica musulmana era svanita come fenomeno vivente significativo nell'islam. Dal punto di vista temporale, è parallelo all'appropriazione del neoaristotelismo in alcuni ambienti dell'Europa cristiana. Si può notare che, come ogni trasferimento di un corpus significativo di scritti che possiede un certo grado di coerenza da una cultura all'altra, questo provoca un cambiamento nella cultura che acquisisce quel corpus. Tale è stato anche il caso dell'islam, dell'ebraismo e, più tardi, del cristianesimo. Tuttavia, va segnalato che negli ambienti ebraici, a causa dell'assenza di un'autorità centrale, l'impatto del neoaristotelismo fu più diffuso e di lunga durata, nonostante l'aspra critica che incontrò inizialmente.

Vorrei distinguere, provvisoriamente, tra quattro fasi principali del maimonideismo che sono rilevanti per la nostra discussione di seguito. La prima fase, quella dello stesso Maimonide, è costituita dall'applicazione di categorie neoaristoteliche a molti temi dell'ebraismo biblico e rabbinico. Altre figure che fanno parte di questa fase includono Joseph ibn ‘Aqnin, Joseph al-Fawwāl e Joseph ben Judah di Ceuta, tutti attivi in ​​Medio Oriente e che usavano prevalentemente l'arabo come lingua filosofica. La seconda fase è costituita dai traduttori di Maimonide in ebraico, come Samuel ibn Tibbon e Judah al-Ḥarizi, nonché dai suoi difensori, come David Qimḥi, durante la prima controversia sui suoi libri. Queste figure scrivevano tutte in ebraico ed erano abitanti dell'Europa occidentale. La terza fase consiste in ulteriori traduzioni di fonti arabe, alcune delle quali sono importanti per comprendere la Guida, sia come le sue proprie fonti sia semplicemente come elucidazione della visione del mondo maimonidea. Questa fase comprende autori ebrei attivi dopo il 1230, come Jacob Anatoli, Moses ibn Tibbon, Rabbi Zeraḥyah ben Isaac ben Sheʾaltiel Ḥen (Gracian) e Qalonymus ben Qalonymus. Erano abitanti dei centri della cultura ebraica, in particolare della Provenza, della Catalogna e dell'Italia meridionale. La quarta fase, alla quale Abulafia può essere qualificato come appartenente e che si sovrappone all'ultima parte della terza fase, consiste nella diffusione attiva delle opinioni della Guida, oralmente o per iscritto, mediante commenti ad essa e commentari filosofici sulla Scrittura ebraica.

Sebbene i pensatori delle prime due fasi non avessero un'associazione positiva con il misticismo ebraico, nella terza e nella quarta fase la situazione cambiò, poiché alcuni dei rappresentanti di questi momenti negli sviluppi del maimonideanesimo si riferiscono sporadicamente a scritti cabalistici o a materiali precedenti che informano la Cabala, come nel caso di Levi ben Abraham, Isaac Albalag o Moses Narboni. Altri, come il rabbino Zeraḥyah Ḥen, criticarono aspramente questi scritti.

In meno di cento anni dal suo completamento nell'originale arabo nel lontano Egitto, i riverberi della Guida avevano trasformato gran parte del panorama intellettuale dell'Europa ebraica, come anche le province orientali dell'Egitto, la Terra d'Israele e altre comunità ebraiche in Asia; tutto questo nonostante le feroci critiche che aveva incontrato da una varietà di figure importanti nell'ebraismo rabbinico. Questo trasferimento del pensiero greco travestito da esoterismo ebraico generò una trasformazione dell'ebraismo in diversi ambienti, e in questo studio tratteremo alcuni dei suoi principali sviluppi.

La ricerca moderna nel campo avanza, grosso modo, secondo questo schema cronologico, il che significa che gli scritti e il pensiero di Maimonide ricevettero e continuano a ricevere la massima attenzione. Fu solo più tardi, nel XIX secolo, che furono stampati i libri di Samuel ibn Tibbon e Jacob Anatoli, mentre le altre due fasi successive hanno ricevuto ancor meno attenzione sia nella studio che nella pubblicazione degli scritti praticata dai ricercatori del settore nell'ultimo secolo e mezzo. Tuttavia, nell'ultimo mezzo secolo, le tendenze ebraiche maimonidee occidentali sono state studiate piuttosto intensamente da un lungo elenco di studiosi[3] i cui studi trattano alcuni aspetti degli scritti di Moses ibn Tibbon, Isaac ben Abraham ibn Laṭif, Jacob ben Makhir (Don Profatius), Mosè di Salerno, Nathan ibn Tibbon, Hillel di Verona, Rabbi Zeraḥyah ben Sheʾaltiel Ḥen, Shem Tov ibn Falaquera, Isaac ben Yedaʿyah, Yedaʿyah ha-Penini di Béziers, Levi ben Abraham ben Ḥayyim di Villefranche, Isaac Albalag, Isaac Polqar, Nissim ben Moses di Marsiglia, Menahem ha-Meʾiri, Samuel ben Judah di Marsiglia, Joseph ibn Kaspi, Qalonymus ben Qalonymus (Maestro Kalo), Emmanuel di Roma, Judah ben Moses Romano, Gersonide e Moses Narboni, per citare solo i primi maimonidei più importanti. Oltre ai propri scritti relativi allo stesso Maimonide, come i loro commentari alla Guida, e una concentrazione sull'esegesi biblica, come produssero alcuni maimonidei, altri di loro tradussero anche una varietà di libri filosofici dall'arabo, rendendo la produzione di questo gruppo ancora più impressionante dal punto di vista quantitativo.

Sebbene attivo nei territori egemonici cristiani per diversi secoli, l'ampio spettro del maimonideismo occidentale echeggiò gran parte dei risultati degli sviluppi intellettuali che ebbero luogo nelle province islamiche durante i tre secoli precedenti di appropriazione ed elaborazione di alcune forme di filosofie greche ed ellenistiche. Queste appropriazioni del pensiero greco antico, che si verificarono nelle culture musulmane ed ebraiche medievali e il floruit di quest'ultimo neo-aristotelismo nelle province cristiane, sono ottimi esempi della povertà dello storicismo, che tenta di ridurre fenomeni complessi a eventi che hanno avuto luogo nel loro ambiente immediato. Inoltre, le differenze tra platonismo e aristotelismo, e le eventuali sintesi tra di essi, risuonarono non solo nell'ellenismo tardoantico ad Alessandria e a Roma, ma anche nelle filosofie musulmane ed ebraiche e nella Cabala nel Medioevo.Ebbero inoltre un impatto sul pensiero ebraico durante l'Illuminismo del XVIII secolo, come vedremo più avanti nell'Appendice B.

I pensatori ebrei sopra citati, per quanto diversi tra loro, possono tuttavia essere considerati parte di un movimento filosofico più ampio. È solo nella recente storia della filosofia medievale di Colette Sirat che è stata prestata maggiore attenzione. Grazie al suo precedente studio approfondito dei loro manoscritti, in questa indagine, integra per la prima volta il loro pensiero in una storia più completa della filosofia ebraica, comprese le opinioni di Abraham Abulafia.[4] In questo contesto, è importante sottolineare i cinque voluminosi tomi di scritti maimonidei che sono stati recentemente pubblicati con introduzioni, note e indici (alcuni dei quali facilitati dalle precedenti ricerche di Sirat) da Howard Kreisel. Kreisel ha così messo a disposizione materiale importante per comprendere le tendenze allegoriche fiorenti nella generazione successiva al floruit di Abulafia.[5] Questo obiettivo è evidente anche nel caso della pubblicazione da parte di James T. Robinson del Commentario sull'Ecclesiaste di Samuel ibn Tibbon,[6] nell'edizione critica del Moreh ha-Moreh di Rabbi Shem Tov ibn Falaquera curata da Yair Shiffman,[7] e la pubblicazione critica di Šulḥan Kesef di ibn Kaspi curata da Hannah Kasher con introduzione e note,[8] nonché la recente stampa di alcune traduzioni ebraiche di testi arabi fatte dai maimonidei.

Tuttavia, ciò che si può vedere da quei voluminosi scritti è una forma di epigonismo, il che significa che tutti questi scrittori scrivevano sotto le ali della Grande Aquila,[9] sebbene la complessità generata dalla sua grandezza negli studi sia legalistici che filosofici è incommensurabilmente maggiore in confronto ai suoi seguaci. Non è stato prodotto nulla di simile alla Guida dei perplessi che ne amplifichi il progetto; piuttosto, sono stati fatti tentativi per chiarire e applicare le intuizioni presentate o suggerite da Maimonide nel suo chef d’oeuvre. In altre parole, la quantità è sì ovvia nel caso dei maimonidei, ma molto meno l'originalità intellettuale. Se il problema principale della Guida era come alludere ai segreti senza rivelarli, i seguaci di Maimonide rivelarono ciò che credevano fossero quei segreti senza troppi accenni, il che significa che l'esoterismo si indebolì drammaticamente, data la proliferazione di scritti sugli stessi argomenti affrontati dalla Guida. Direi che pochissimi nuovi segreti furono inventati in quelli che si possono chiamare i supercommentatori dei maimonidei. Come accennato nel capitolo precedente, i maimonidei erano scrittori molto più essoterici del loro modello, sebbene Abulafia sia in qualche modo più vicino a Maimonide a causa della sua enfasi sulla necessità dell'esoterismo, come vedremo in seguito.

I membri di questo movimento concettuale erano talvolta consapevoli l'uno dell'altro e citavano i loro predecessori, in particolare i membri della famiglia ibn Tibbon. Tuttavia, ciò che mi sembra più interessante per il nostro approccio all'allegoresi di Abulafia è la somiglianza tra i membri del campo maimonideo nel suo insieme. Anche quando commentano lo stesso problema in modo indipendente, offrono soluzioni simili a causa della loro griglia ermeneutica condivisa, profondamente informata sia dal neo-aristotelismo che dall'allegoresi di Abulafia.

Alcuni di questi pensatori iniziarono la loro formazione o addirittura la loro attività ad Al-Andalus, sebbene avessero dovuto lasciare questa regione per il sud della Francia, in particolare la Provenza. Nella loro prima generazione facevano parte della cultura filosofica musulmana; in seguito fecero parte di quella che io chiamo l’internazionale andalusa ebraica.[10] Ciò significa che i profughi andalusi delle persecuzioni almohade avvenute a partire dal 1145, che arrivarono in Provenza nella seconda metà del XII secolo e che padroneggiavano sia l'arabo che le fonti filosofiche scritte dalla falāsifah, tradussero e difesero i libri di Maimonide scritti nel remoto Egitto. Tradussero in ebraico persino alcuni scritti di filosofi musulmani, principalmente di estrazione andalusa. Entrambi i tipi di traduzioni hanno costituito il primo strato dello sviluppo concettuale che può essere chiamato maimonideanesimo. Più tardi, questo sviluppo si trasformò in un movimento che costituì la tradizione maimonidea ebraica occidentale. Dovrebbe essere preso in considerazione anche l'impatto del lavoro dei traduttori ebrei sulla scolastica cristiana e quello della scolastica cristiana su alcuni maimonidei.

La tradizione maimonidea orientale, che è stata studiata separatamente, è rappresentata principalmente dai discendenti di Maimonide e dagli ebrei yemeniti ed è meno pertinente ai punti che vorremmo fare qui. Va detto che anche i pensatori musulmani in Oriente studiarono la Guida.[11] Inoltre, anche diversi pensatori caraiti furono influenzati da Maimonide.[12] Sebbene le due forme di maimonideanesimo differiscano in modo così drammatico, l'occidentale più averroista e l'orientale più orientato al sufi, erano comunque in contatto l'uno con l'altro, sebbene sia piuttosto difficile discernere un'influenza reciproca significativa tra i due.

Nonostante le differenze tra i vari maimonidei in Occidente, essi condividono alcuni interessanti denominatori comuni che sono incongruenti con la Guida dei perplessi di Maimonide: uno dei quali è il presupposto che sia possibile congiungersi con l'Intelletto Agente. In alcuni casi nel ramo occidentale, questa ipotesi fu accoppiata con la possibilità che a causa di questa congiunzione, una persona fosse in grado di cambiare momentaneamente il corso degli eventi in natura. Questi due problemi saranno discussi di seguito, ad esempio, nella Sezione "Studi e insegnamento 4".[13] Un altro denominatore comune è l'ampliamento della gamma di fonti incluse negli scritti dei maimonidei, i quali erano più inclusivi del Rambam. Questo fatto contribuì a una certa diversificazione concettuale – e in quest'ottica dovremmo vedere Abulafia – come una variante importante e indipendente tra le altre.

Riguardo a quanto mi concerne qui di questo fenomeno, gli ebrei maimonidei occidentali furono attivi principalmente durante il secolo e mezzo dopo la morte di Maimonide. La loro attività è contemporanea all'emergere della Cabala e alle sue fasi di espansione più decisive. Inoltre, c'è anche una certa sovrapposizione geografica tra le due letterature in espansione: fiorirono in Provenza, Spagna e Italia. Lungi dal costituire una tradizione unificata, i pensatori maimonidei condividevano comunque un forte interesse per i libri di Maimonide da un lato e per le fonti filosofiche nel mondo musulmano che costituivano il suo sfondo concettuale (Al-Fārābī, Avicenna e la falāsifah andalusa: ibn Bāǧǧah , ibn Ṭufayl e Averroè) dall'altro. Quelle fonti furono alla fine combinate con altri tipi di fonti, specialmente quelle neoplatoniche, gli scritti di Abraham ibn Ezra e, sebbene più raramente, anche con temi cabalistici, a volte parte della tendenza enciclopedica di queste generazioni, come dimostrano il Midrash Ḥokhmah di Rabbi Judah ibn Matkah, il Deʿot ha-Filosofim di Rabbi Shem Tov Falaquera,[14] nonché Liwyat Ḥen e Battei ha-Nefeš we-ha-Leḥašim[15] di Rabbi Levi ben Abraham. Gli ultimi due autori furono contemporanei di Abulafia, il quale aveva letto il libro del primo, come vedremo in seguito.



Note

Per approfondire, vedi Il Nome di Dio nell'Ebraismo, Rivelazione e Cabala e Serie maimonidea.
  1. Si vedano Moses Gaster, Ilchester Lectures on Greeko-Slavonic Literature (Londra: Trübner & Co., 1887) e Moses Gaster, Literatura populară română, cur. Mircea Anghelescu (Bucharest: Minerva, 1983). Sulle sue opinioni in merito al misticismo ebraico in generale, cfr. Moshe Idel, "Moses Gaster on Jewish Mysticism and the Book of the Zohar" (He), in New Developments in Zohar Studies, cur. Ronit Meroz, 111–27. Per un esaustivo esame di molte questioni che sono pertinenti allo schema generale di Gaster, si vedano le analisi recenti dell'arrivo delle teorie dualistiche dallEst all'Europa occidentale di Yuri Stoyanov, The Other God: Dualist Religions from Antiquity to the Cathar Heresy (New Haven: Yale University Press, 2000), 65–123. Cfr. anche Shulamit Laderman, Images of Cosmology in Jewish and Byzantine Art: God’s Blueprint of Creation (Leiden: Brill, 2013).
  2. Questa è una problematica che necessita di ulteriori indagini. Nel frattempo, si veda la controversia tra Israel Weinstock, "The Discovery of Abu Aharon of Baghdad’s Legacy of Secrets" (He), Tarbiz 32 (1963):153–59; Gershom Scholem, "Has Abu Aharon’s Legacy of Secrets Been Discovered?" (He), Tarbiz 32 (1963): 252–65; e la replica di Israel Weinstock, "The Treasury of ‘Secrets’ of Abu Aharon—Imagination or Reality?" (He), Sinai 54 (1964): 226–59; Moshe Idel, "From Italy to Ashkenaz and Back: On the Circulation of Jewish Mystical Traditions", Kabbalah 14 (2006):47–94; Moshe Idel, "Holding an Orb in His Hand: The Angel ‘Anafi’el and a Late Antiquity Helios Mosaic", Ars Judaica 9 (2013):19–44; Idel, Ben, 51, 55–56, 70, 194, 378; Idel, "‘In a Whisper.’"
  3. I più importanti, in ordine alfabetico, sono Alexander Altmann, Kalman Bland, Isaac E. Barzilay, Gerrit Bos, Igor De Souza, Zvi Diesendruck, Esti Eisenmann, Seymour Feldman, Resianne Fontaine, Carlos Fraenkel, Gad Freudenthal, Jacob Friedman, Ottofried Fraisse, Ruth Glasner, Naomi Grunhaus, Moshe Halbertal, Racheli Haliva, Avraham Halkin, Steven Harvey, Warren Zev Harvey, Maurice Hayoun, Sara O. Heller-Willensky, Gitit Holzman, Alfred L. Ivry, Raphael Jospe, Hannah Kasher, Menachem Kellner, Howard (Haim) Kreisel, Jacob Levinger, Charles H. Manekin, Barry Mesch, Abraham Nuriel, Shlomo Pines, Aviezer Ravitzky, Caterina Rigo, James Robinson, Shalom Rosenberg, Shalom Sadik, Marc Saperstein, Dov Schwartz, Yossef Schwartz, Joseph B. Sermoneta, Joseph Schatzmiller, Yair Shiffman, Colette Sirat, Gregg Stern, Frank Talmage, Charles Touati, Isadore Twersky, Georges Vajda, e Mauro Zonta. Nel contesto attuale, è difficile fare riferimento a tutti gli scritti di questi studiosi, ma i loro risultati consentono un quadro molto migliore di quello che avevamo una generazione fa.
  4. Si veda la sua La philosophie juive médiévale en pays de chrétienté (Parigi: Presses de CNRS, 1988). Si consulti anche la monografia pionieristica, anche se un po' di parte, di Isaac Barzilay, Between Reason and Faith: Anti-Rationalism in Italian Jewish Thought 1250–1650 (The Hague/Parigi: Mouton 1967), la cui prima parte tratta di Rabbi Hillel e Zeraḥyah, sebbene Abulafia appaia solo a margine delle sue analisi.
  5. Levi ben Abraham, Liwyat Ḥen, Maʿaśeh Berešit (Gerusalemme: The World Union of Jewish Studies, 2004); Levi ben Abraham, Liwyat Ḥen: The Quality of Prophecy and the Secrets of the Torah; Levi ben Avraham, Liwyat Ḥen: The Work of the Chariot, cur. Howard Kreisel (Gerusalemme: World Union of Jewish Studies, 2013); Nissim ben Moses di Marsiglia, Maʿaśeh Nissim, cur. Howard Kreisel (Gerusalemme: Mekize Nirdamim, 2000); e Moses ibn Tibbon, The Writings of Rabbi Moses ibn Tibbon: Sefer Peʾah, Maʾamar Ha-Taninim, Peruš ha-Azharot Le-Rav Solomon ibn Gabirol, curr. Howard Kreisel, Colette Sirat e Avraham Israel (Be’er-Sheva: Ben-Gurion University Press, 2010). Si veda anche il suo "A Fragment from a Commentary on Ruth Ascribed to Rabbi Nissim of Marseilles" (He), JSJT 14 (1998): 159–80.
  6. Samuel ibn Tibbon, Samuel ibn Tibbon’s Commentary on Ecclesiastes: The Book of the Soul of Man, cur. James T. Robinson (Tübingen: Mohr Siebeck, 2007). Cfr. anche Liron Hoch, "The Philosophy of Samuel ibn Tibbon and Rabbi David Kimhi as Background for Abrabanel’s Philosophical Approach" (He), Da‘at 77 (2014): 123–41.
  7. Rabbi Shem Tov ibn Falaquera, Moreh ha-Moreh.
  8. Joseph ibn Kaspi, Šulḥan Kesef, cur. Hannah Kasher (Gerusalemme: Ben Zvi Institute, 1996).
  9. Si veda Robinson, "We Drink Only from the Master’s Water", 27–60.
  10. Si veda Idel, "Maimonides’s Guide of the Perplexed and the Kabbalah" 197–99, e cfr. Narboni, Commentary on the Guide, fol. 15b.
  11. Si veda Paul Fenton, "The Literary Legacy of Maimonides’ Descendants", in Sobre la Vida y Obra de Maimónides, cur. Jesús Peláez del Rosal (Córdoba: Ediciones El Almendro, 1991):149–56; Fenton, "A Judaeo-Arabic Commentary on Maimonides’s Mišne Tora by Rabbi David Ben Joshua Maimonides (ca. 1335–1414)" (He), in Heritage and Innovation in Medieval Judaeo-Arabic Culture: Proceedings of the Sixth Conference of the Society for Judaeo-Arabic Studies, curr. Joshua Blau e David Doron (Ramat-Gan: University of Bar-Ilan Press, 2000):145–60; e David R. Blumenthal, "Was There an Eastern Tradition of Maimonidean Scholarship?" REJ 138 (1979):57–68. Sull'esoterismo tra i discendenti di Maimonide in Oriente, si veda David R. Blumenthal, "An Epistle on Esoteric Matters by David II Maimonides from the Geniza", in Pesher Nahum; Texts and Studies in Jewish History and Literature from Antiquity Through the Middle Ages Presented to Norman (Nahum) Golb, curr. Joel L. Kraemer e Michael G. Wechsler (Chicago: The Oriental Institute of the University of Chicago, 2012):57–74, dove sono menzionater permutazioni di lettere del nome divino, a pagina 67.
  12. Si veda Daniel J. Lasker, "Maimonides’ Influence on Karaite Theories of Prophecy and Law", Maimonidean Studies 1 (1990):99–115.
  13. Cfr. Levi ben Abraham, Liwyat Ḥen, Maʿaśeh Berešit, 135–36, 367–68; Levi ben Avraham, Liwyat Ḥen: The Work of the Chariot, 133; Nissim ben Moses di Marsiglia, Maʿaśeh Nissim, 438; Joseph (Ynon) Fenton, "The Theory of Devequt in the Doctrine of Rabbi Abraham the Son of Maimonides" (He), Daʿat 50–52 (2003):107–19; Gitit Holzman, "Seclusion, Knowledge and Conjunction in the Thought of Rabbi Moshe Narboni" (He), Kabbalah 7 (2002):111–73, specialm. 143–50 e 164–68.
  14. Steven Harvey, "Shem Tov Falaquera’s Deʿot ha-Filosofim: Its Sources and Use of Sources", in The Medieval Hebrew Encyclopedia of Science and Philosophy, cur. Steven Harvey (Dordrecht: Kluwer Academic Publishers, 2000):211–47.
  15. Si veda Warren Zev Harvey, "Levi Ben Abraham of Villefranche’s Controversial Encyclopedia", in The Medieval Hebrew Encyclopedia of Science and Philosophy, 171–88.