Indagine Post Mortem/Introduzione: differenze tra le versioni

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=== Valutare la storicità del Nuovo Testamento ===
=== Valutare la storicità del Nuovo Testamento ===
È stato notato in precedenza che gli scrittori dei Vangeli li intendevano come antiche biografie. Tuttavia, il processo di vagliare i [[w:Vangelo|Quattro Vangeli]] per determinare quali eventi attribuiti a Gesù possano essere ricondotti al Gesù della storia incontra varie difficoltà. Per affrontare tali difficoltà, gli storici hanno escogitato vari criteri per determinare l'autenticità, come il criterio dell'attestazione multipla, il criterio dell'imbarazzo e il criterio della dissomiglianza (Harvey 1982; Meier 1991-2016, Vol. 1; Porter 2000). Tuttavia, ci sono vari limiti o errori che affliggono questi criteri e/o le loro applicazioni (Keith e Le Donne 2012). Ad esempio, il criterio della dissomiglianza, che afferma che "possiamo con fiducia assegnare un'unità a Gesù se è dissimile dalle sottolineature caratteristiche sia dell'antico ebraismo che della chiesa primitiva",<ref>Citato da Allison (2011, p. 3), che solleva diverse obiezioni contro questo criterio.</ref> è stato ampiamente considerato come fondamentalmente errato in linea di principio. Come sostiene Harvey (1982) in risposta allo scetticismo prevalente in seguito alla seconda ricerca del Gesù storico, la cultura in cui viveva Gesù doveva avergli imposto alcuni "vincoli" e avrebbe dovuto tenerne conto per comunicare al suo pubblico. Contrariamente al criterio della dissomiglianza, è molto più plausibile che un personaggio storico influente sia in qualche modo indebitato con il suo contesto (nel caso di Gesù, il contesto ebraico del I secolo) e che abbia un impatto sui suoi seguaci (i primi cristiani). Quindi, altri studiosi hanno difeso il criterio della "doppia plausibilità", cioè del contesto (Gesù e l'[[ebraismo|ebraismo]] del [[w:Secondo tempio di Gerusalemme|Secondo Tempio]]) e della conseguenza (Gesù e i primi cristiani) (Theissen e Winter 2002).
È stato notato in precedenza che gli scrittori dei Vangeli li intendevano come antiche biografie. Tuttavia, il processo di vagliare i [[w:Vangelo|Quattro Vangeli]] per determinare quali eventi attribuiti a Gesù possano essere ricondotti al Gesù della storia incontra varie difficoltà. Per affrontare tali difficoltà, gli storici hanno escogitato vari criteri per determinare l'autenticità, come il criterio dell'attestazione multipla, il criterio dell'imbarazzo e il criterio della dissomiglianza (Harvey 1982; Meier 1991-2016, Vol. 1; Porter 2000). Tuttavia, ci sono vari limiti o errori che affliggono questi criteri e/o le loro applicazioni (Keith e Le Donne 2012). Ad esempio, il criterio della dissomiglianza, che afferma che "possiamo con fiducia assegnare un'unità a Gesù se è dissimile dalle sottolineature caratteristiche sia dell'antico ebraismo che della chiesa primitiva",<ref>Citato da Allison (2011, p. 3), che solleva diverse obiezioni contro questo criterio.</ref> è stato ampiamente considerato come fondamentalmente errato in linea di principio. Come sostiene Harvey (1982) in risposta allo scetticismo prevalente in seguito alla seconda ricerca del Gesù storico, la cultura in cui viveva Gesù doveva avergli imposto alcuni "vincoli" e avrebbe dovuto tenerne conto per comunicare al suo pubblico. Contrariamente al criterio della dissomiglianza, è molto più plausibile che un personaggio storico influente sia in qualche modo indebitato con il suo contesto (nel caso di Gesù, il contesto ebraico del I secolo) e che abbia un impatto sui suoi seguaci (i primi cristiani). Quindi, altri studiosi hanno difeso il criterio della "doppia plausibilità", cioè del contesto (Gesù e l'[[w:ebraismo|ebraismo]] del [[w:Secondo tempio di Gerusalemme|Secondo Tempio]]) e della conseguenza (Gesù e i primi cristiani) (Theissen e Winter 2002).


Keith (2011) ha proposto un "Jesus-memory approach" come alternativa all'approccio dei criteri di cui sopra, ma che allo stesso modo sostiene una continuità tra Gesù, il suo contesto e i suoi seguaci, utilizzando la teoria della memoria sociale. Citando il sociologo francese [[w:Maurice Halbwachs|Halbwachs]], Keith osserva che l'argomento fondamentale della teoria della [[w:memoria collettiva|memoria sociale]] è che "la memoria non è un semplice atto di richiamo, ma piuttosto un complesso processo mediante il quale il passato viene ricostruito alla luce dei bisogni del presente" (p. 168). Keith mantiene una prospettiva di continuità di questa teoria, sottolineando che "it is memory’s inherently social nature that enables it to preserve the past to an extent by transcending individual existence" (p. 169). Conclude che "the overall implications of the Jesus-memory approach are significant—they challenge nothing less than the distinction between the historical Jesus and the Christ of faith" (p. 177; si veda oltre).
Keith (2011) ha proposto un "Jesus-memory approach" come alternativa all'approccio dei criteri di cui sopra, ma che allo stesso modo sostiene una continuità tra Gesù, il suo contesto e i suoi seguaci, utilizzando la teoria della memoria sociale. Citando il sociologo francese [[w:Maurice Halbwachs|Halbwachs]], Keith osserva che l'argomento fondamentale della teoria della [[w:memoria collettiva|memoria sociale]] è che "la memoria non è un semplice atto di richiamo, ma piuttosto un complesso processo mediante il quale il passato viene ricostruito alla luce dei bisogni del presente" (p. 168). Keith mantiene una prospettiva di continuità di questa teoria, sottolineando che "it is memory’s inherently social nature that enables it to preserve the past to an extent by transcending individual existence" (p. 169). Conclude che "the overall implications of the Jesus-memory approach are significant—they challenge nothing less than the distinction between the historical Jesus and the Christ of faith" (p. 177; si veda oltre).


Ehrman obietta che i problemi con le lettere di Paolo sono che egli non conosceva personalmente Gesù e non ci ha detto molto sugli insegnamenti e le attività di Gesù, mentre i problemi con i Vangeli sono che non erano
Ehrman obietta che i problemi con le [[w:Lettere di Paolo|lettere di Paolo]] sono che egli non conosceva personalmente Gesù e non ci ha detto molto sui suoi insegnamenti e attività, mentre i problemi con i Vangeli sono che non furono scritti da testimoni oculari ma da greci altamente istruiti in contrasto con i primi discepoli che erano incolti e parlavano aramaico. Ehrman afferma quindi che, man mano che le storie su Gesù si diffondevano, i dettagli venivano cambiati, gli episodi erano inventati e gli eventi erano esagerati (Ehrman 2014, capitolo 3).
scritti da testimoni oculari ma da greci altamente istruiti in contrasto con i primi discepoli che erano incolti e parlavano aramaico. Ehrman afferma quindi che, man mano che le storie su Gesù si diffondevano, i dettagli venivano cambiati, gli episodi erano inventati e gli eventi erano esagerati (Ehrman 2014, capitolo 3).


=== Alcuni concetti importanti da discutere: primi cristiani, risurrezione naturale o soprannaturale ===
=== Alcuni concetti importanti da discutere: primi cristiani, risurrezione naturale o soprannaturale ===

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Risurrezione di Cristo, di Benvenuto Tisi (1520)
Indice del libro

Introduzione

Significato della questione

Ogni anno, nel giorno di Pasqua, milioni di persone celebrano la risurrezione di Gesù. Ma questo evento è realmente accaduto? La proclamazione che tale evento accadde realmente è alla base del cristianesimo tradizionale, e nel corso dei secoli ha provocato un intenso dibattito sulla sua verità. Il dibattito contemporaneo è ostacolato dalle difficoltà se sia in linea di principio possibile ragionare e produrre prove empiriche per la risurrezione di Gesù data la sua presunta natura miracolosa, e se tutte le alternative naturalistiche possano essere eliminate (Novakovic 2016; Shapiro 2016; Allison 2005a, 2005b). C'è una mancanza di accordo su "qual è il compito della ricerca storica e in che misura le convinzioni di fede di una data persona possono influenzare la sua valutazione delle prove disponibili" (Novakovic 2016, p. 128).

Ho affrontato alcune di queste problematiche nella mia Serie cristologica, specialmente nel wikilibro Noli me tangere. Inoltre, nonostante la grande quantità di letteratura sull'argomento storico per la risurrezione di Gesù – che è stato al centro di almeno 3.400 libri e articoli accademici scritti dal 1975 (Licona 2010, p. 19) – non è stato ancora dimostrato in un'unica opera come tutte le ipotesi naturalistiche possono in linea di principio essere escluse. Questo problema è illustrato dalle grandi monografie di Wright (2003), Swinburne (2003), Licona (2010), Bryan (2011), Levering (2019) e altri. Sebbene facciano molte buone argomentazioni, non considerano una serie di ipotesi naturalistiche e varie nuove combinazioni di esse nella letteratura recente, ad esempio, svenimento, rimanere sepolti, ipotesi intramentali e di identità sbagliata (Eisenberg 2016) e combinazioni sofisticate di allucinazioni ipotesi con dissonanza cognitiva, distorsione della memoria e bias di conferma (cfr. Philipse 2012; Carrier 2014; per la discussione di queste combinazioni, si veda il capitolo 7 di questo libro). Ora non sto affermando che dimostrare l'esclusione di tutte le possibili ipotesi naturalistiche sia essenziale per l'argomentazione storica o per credere che Gesù sia risorto – dimostrare che la risurrezione di Gesù è valida quanto (o migliore del)le ipotesi naturalistiche alternative attualmente disponibili sarebbe sufficiente a provare la ragionevole liceità (o ragionevolezza) di credere che Gesù sia risorto. Tuttavia, quando si tratta di offrire l'argomento storico, sarebbe meglio se l'argomento potesse essere reso più rigoroso.

Questo mio studio offre un nuovo contributo, affrontando questi e altri temi con un approccio transdisciplinare, cioè che integri diverse discipline – in questo caso studi storico-critici della Bibbia, psicologia, religioni comparate, filosofia analitica e teologia – per creare una nuova metodologia che vada oltre gli approcci specifici della disciplina per affrontare un problema. Utilizzando un quadro analitico originale, dimostrerò che può essere formulato un elenco logicamente esaustivo di categorie di ipotesi in relazione alle affermazioni delle apparizioni post mortem di Gesù e all'esito del corpo di Gesù — anzi, questa sarebbe la prima monografia sulla risurrezione di Gesù a dimostrare una copertura completa di tutte le categorie di ipotesi. Mostrerò come un tale procedimento metodologico contribuisca al dibattito contemporaneo che coinvolge storici, filosofi e teologi sul riconoscimento dei miracoli. Affronterò in dettaglio tutte queste ipotesi e le loro combinazioni, e offrirò un correttivo alle analisi problematiche che investono le loro argomentazioni nella letteratura recente.

Oltre agli strumenti e ai metodi della filosofia analitica, questa mia monografia utilizza i metodi degli studi biblici storico-critici, come la considerazione del contesto religioso, sociale e culturale dei primi cristiani, la loro comprensione dei testi sacri, le loro esperienze religiose, le loro interazioni con le culture circostanti e le sfide che hanno dovuto affrontare. Questo studio incorpora anche approfondimenti dalla psicologia e dalla religione comparata. Avanza la valutazione delle prove rilevanti affrontando la recente ricerca psicologica sulla distorsione della memoria e la discussione filosofica sui miracoli. Incorpora la prospettiva della religione comparata esaminando le affermazioni di resurrezione in altri contesti, inclusa quella che implica la dissonanza cognitiva nel caso del rabbino ("Rebbe") Menachem Mendel Schneerson (1902-1994), alcuni dei cui seguaci rivendicano la sua "resurrezione" nel contesto del ridicolo religioso e dello scetticismo (Marcus 2001). Impegnandosi con varie discipline, questo wikilibro dimostra come un approccio transdisciplinare possa essere utile per colmare il divario tra studi biblici, teologici e religiosi e contribuire alle discussioni in ogni disciplina sulla risurrezione di Gesù.

Le varie teorie sull'origine della dottrina della risurrezione

Comincerò fornendo una breve panoramica storica delle varie teorie riguardanti l'origine della dottrina che Gesù è risorto. Queste teorie saranno discusse in maggior dettaglio nel resto di questo mio studio.

L'affermazione che Gesù risorse è stata controversa fin dal primo secolo. Il Nuovo Testamento allude alla difficoltà che i lettori del I secolo avevano con una simile affermazione, ritraendo persone che la deridevano (Atti 17:32). Indipendentemente dal fatto che il resoconto in Matteo 28:11-15 sia fattuale (cfr. Capitolo 6), esso indica che gli ebrei del I secolo potevano pensare a teorie naturalistiche alternative, come per esempio i discepoli di Gesù che rubarono il suo corpo. Il dibattito con ebrei non cristiani riguardo al furto del corpo continuò nel II secolo (cfr. Giustino, Dialogo con Trifone 108; indipendentemente dal fatto che Trifone fosse una vera figura storica, l'opera di Giustino indica che l'obiezione da lui discussa era presente durante il suo tempo). I primi cristiani dovettero anche rispondere all'affermazione (attribuita allo gnostico Basilide dell'inizio del II secolo) che Gesù non fosse risorto ma scampò alla crocifissione grazie a poteri miracolosi:

« Apparve, quindi, sulla terra come un uomo, alle nazioni di queste potenze, e fece miracoli. Perciò egli stesso non morì, ma Simone, un certo Cireneo, costretto, portò la croce in sua vece; sicché quest'ultimo essendo da lui trasfigurato per poter essere creduto d'essere Gesù, fu crocifisso, per ignoranza ed errore, mentre Gesù stesso ricevette la forma di Simone, e stando lì nei pressi, rise di loro. »
(Ireneo, Adversus Haereses, 1.24.4)

Il filosofo pagano Celso, un importante oppositore del cristianesimo nel II secolo, sollevò una serie di obiezioni alla risurrezione. Ad esempio, egli afferma che sono presenti discrepanze nei resoconti evangelici della risurrezione di Gesù che li rendono storicamente inaffidabili e suggerisce che i presunti testimoni oculari avevano allucinazioni riguardo a Gesù (Origene, Contra Celsum 2.60).

Gli studiosi cristiani risposero a queste obiezioni. Con la cristianizzazione dell'Impero Romano nel IV secolo il dibattito si placò e l'attenzione data all'argomento storico per la risurrezione di Gesù diminuì successivamente. Craig osserva: "Man mano che gli eventi legati all'origine del cristianesimo si allontanavano sempre più nel passato, gli argomenti dei miracoli e della risurrezione si basavano necessariamente sempre più sulla fede nell'accuratezza dei documenti biblici" (Craig 1985a, p. 49). Una sfida fu tuttavia sollevata nel VII secolo dai musulmani, che difesero l'ipotesi che Gesù fosse sfuggito alla crocifissione per intervento divino (cfr. Corano, Sura 4:157-8; il cosiddetto Vangelo di Barnaba, che propone un simile ipotesi [cfr. Ragg e Ragg 1907, cap. 217], è ampiamente considerata come una tarda contraffazione scritta dopo il Corano).

Con il progresso della storiografia durante il Rinascimento, l'argomento storico per la risurrezione di Gesù ricevette una rinnovata attenzione. Il dibattito tra scettici e credenti venne ripreso e si accese durante la cosiddetta controversia deista dei secoli XVII e XVIII, dopo la rimozione delle leggi sulla censura in varie parti d'Europa. L'ipotesi naturalistica più popolare tra gli scettici in quel momento era la teoria che i discepoli avessero deliberatamente iniziato una bufala rubando il corpo di Gesù, e fu difesa con nuovi argomenti da deisti come Thomas Woolston e Hermann Reimarus, gli scritti di quest'ultimo ampiamente considerati come il punto di partenza della cosiddetta Ricerca del Gesù Storico. Apologisti come Vernet risposero con vari argomenti a supporto dell'affidabilità storica dei Vangeli. Questi includono l'argomento che i Vangeli contengono molti riferimenti a nomi propri, date, dettagli culturali, eventi storici e opinioni e costumi del tempo, e dimostrano un'intima conoscenza di Gerusalemme prima della sua distruzione, e l'argomento che molti testimoni oculari sarebbero stati disponibili al momento della scrittura per verificarne il contenuto (Craig 1985a, pp. 322-323). Argomenti filosofici contro la plausibilità dei miracoli furono sollevati dai razionalisti francesi e (il più famoso) dallo scettico scozzese David Hume (1711-1776), mentre le risposte a Hume di tipo probatorista furono offerte da altri studiosi come William Paley (1743-1805). Una serie di considerazioni quasi-teologiche e culturali hanno contribuito al successivo declino della popolarità di tali risposte. Queste includono il famoso "brutto grande fosso" di Lessing (1777) tra storia e fede (la sua affermazione che le verità accidentali [cioè contingenti] della storia non possono mai diventare la prova per le necessarie verità della ragione), lo stato d'animo prevalente del Romanticismo nel XIX secolo, e l'enfasi sulle esperienze religiose soggettive di studiosi influenti come Schleiermacher e Kierkegaard. Il "brutto grande fosso" di Lessing in particolare ha avuto un enorme impatto sui pensatori successivi. Tra questi, Ernst Troeltsch (1898/1991) sosteneva che i giudizi storici sono sempre probabili e suscettibili di revisione (principio di critica). Molti teologi hanno quindi concluso che la certezza della fede non può essere basata sui risultati dello studio storico.

Nel frattempo gli scettici continuavano a proporre varie ipotesi naturalistiche. È interessante notare che i loro sostenitori offrivano spesso argomenti convincenti contro altre ipotesi naturalistiche nel processo di avanzamento delle proprie. Ad esempio, l'ipotesi deliberata dell'inganno proposta da Reimarus et al. fu confutata dai razionalisti tedeschi Karl Bahrdt (1784) e Heinrich Paulus (1802), che difesero l'ipotesi dello svenimento (Scheintod) (cioè Gesù non morì sulla croce). Queste ipotesi furono a loro volta confutate da David Strauss (1808-1874). Strauss respinse la storicità del racconto evangelico della tomba vuota e offrì una spiegazione naturalistica alternativa per le "apparizioni della resurrezione" di Gesù, affermando che i discepoli credevano sinceramente che Gesù fosse il Messia e si illusero pensando che fosse risorto e apparisse loro. L'ipotesi intramentale naturalistica di Strauss fu vigorosamente criticata da Theodor Keim (1883), il quale sostenne che le apparizioni erano visioni, ma erano miracolosamente causate da Dio sotto forma di "telegrammi" celesti (che chiamerò ipotesi della visione soprannaturale).

Tuttavia, continuarono a essere proposte varie forme di ipotesi intramentale naturalistica. Nella prima parte del ventesimo secolo, fu sostenuta da Albert Schweitzer, Rudolf Bultmann e altri. Bultmann (1965, pp. 47-48), ad esempio, pensava che le "apparizioni della risurrezione di Gesù" si riferissero alle esperienze visionarie e interiori dei primi cristiani, cioè alla conversione del loro cuore piuttosto che alla loro testimonianza di un Gesù corporeo risorto. Dall'altra parte, l'ipotesi della visione soprannaturale di Keim fu difesa da Hans Grass (1956), che respinse i resoconti della tomba vuota, ma affermò che Gesù fosse apparso in Galilea attraverso visioni. Nel frattempo, teologi neo-ortodossi fortemente influenzati da Kierkegaard, come Karl Barth (1956, pp. 334-336, 351-352) ed Emil Brunner (1952, pp. 366-372), affermarono che Gesù era risorto miracolosamente, ma ritenevano che questa conclusione fosse sostenuta solo dalla fede, senza argomenti storici.

Contro tutto quanto sopra, Wolfhart Pannenberg (1968) lanciò una bomba nella ricerca teologica tedesca a metà del ventesimo secolo quando usò argomenti storici e filosofici per difendere la tomba vuota e la miracolosa resurrezione corporea di Gesù contro le critiche di Troeltsch et al. (si veda anche la discussione sul problema del miracolo nel Capitolo 8). In anni più recenti, argomenti simili sono stati difesi da molti studiosi (cfr. Craig 1989; Davis et al. 1998; Peters 2002; Habermas 2003; Swinburne 2003; Wright 2003; Licona 2010; Levering 2019).

Questi studiosi sosterrebbero che, indipendentemente dalle preoccupazioni "teologiche" di Lessing, Barth e altri e se la fede dipende dalla prova della storicità delle apparizioni della risurrezione (Carnley 2019, p. 239), tali argomenti possono in effetti essere offerti per mostrare che la risurrezione di Gesù è la migliore spiegazione per i fenomeni storici riguardanti le affermazioni dei discepoli di aver assistito a Gesù risorto e la scomparsa del suo corpo, un fenomeno che comunque richiede una spiegazione storica. In risposta al brutto fosso di Lessing, al principio critico di Troeltsch e alla domanda "come può la certezza della fede tollerare ciò che Wilhelm Herrmann chiamava ‘i risultati in continua evoluzione’ dello studio storico", è stato risposto che non c'è ragione adeguata per pensare che le verità di cui si occupano le credenze religiose debbano essere fornite di prove necessariamente vere. Mentre gli esseri umani desiderano credenze che siano logicamente impossibili di errore, non c'è ragione adeguata per cui Dio (se esiste) dovrebbe concederle riguardo a questioni di fede. Può essere che Dio esista ma non fornisca una prova necessaria perché vuole dare all'uomo lo spazio per fare una libera scelta riguardo alla fede, ma questo non implica che Egli non abbia lasciato prove per far conoscere alla gente la Sua rivelazione nella storia. J. P. Moreland (1998, p. 263) sostiene quanto segue:

« God maintains a delicate balance between keeping his existence sufficiently evident so people will know he’s there and yet hiding his presence enough so that people who want to choose to ignore him can do it. This way, their choice of destiny is really free. »

Può darsi che Moreland abbia egli stesso avuto una "rivelazione" da Dio, dato che sembra conoscere il Suo comportamento. Allo stesso modo, comunque, pensa O'Collins (2016, p. 44), citando il tema della luce sufficiente ma non travolgente che caratterizza i Pensées di Pascal (nn. 394, 427, 429 e 461), e osserva: "The factor of relative concealment allows cognitive freedom to persist... we have enough light to make us responsible but not enough to take away our freedom."

D'altra parte, O'Collins (2016) osserva che non è vero che tutti i risultati cambino continuamente; inoltre, le modifiche spesso comportano solo dettagli secondari (p. 90). Anche se non disponiamo di una documentazione storica completa, tuttavia gli storici possono "raggiungere autentiche certezze su questioni antiche come le conquiste di Giulio Cesare e la sua morte nel 44 p.e.v." (p. VI).

« Mathematical calculations cannot demonstrate the existence and career of Alexander the Great in the fourth century BCE. But converging historical evidence would make it absurd to deny that he lived and changed the political and cultural face of the Middle East. »
(O'Collins, 2016, p. 91)

Mentre molte verità storiche non possono essere dimostrate da calcoli matematici, logica filosofica o ripetuti esperimenti scientifici, possono però essere stabilite al di là di ogni ragionevole dubbio (ibid.). O'Collins osserva, "historical experience and contingent truths have a power to shape and change human existence... Both within Christianity and beyond, the concreteness of history repeatedly proves far more persuasive than any necessary truths of reason" (p. 92). Craig osserva che Lessing confondeva la necessità con la certezza e pensava erroneamente che le verità necessarie fossero più certe delle verità contingenti. Craig spiega così:

« This is manifestly false, as the unsolved problems of mathematics like Goldbach’s Conjecture, which is either necessarily true or necessarily false, though no one knows which, shows. By contrast I have tremendous certainty that George Washington was once the President of the United States, though this is a contingent historical truth. There is no reason a contingent truth which is known with confidence might not serve as evidence for a less obvious necessary truth. »
(Craig, 2007a)

Nel frattempo, studiosi scettici hanno continuato a difendere ipotesi naturalistiche, con l'ipotesi intramentale che sembra essere molto popolare (ad es. Marxsen 1970 ["illuminazione"]; Lüdemann 1994 ["ebbrezza religiosa", "entusiasmo"]; Trocmé 1997, p. 38; Crossan 1998; Price e Lowder 2005; Vermès 2008; Carrier 2014 ["allucinazione"]; Ehrman 2014). Un certo numero di studiosi ha proposto l'ipotesi dell'identità erronea. I paralleli suggeriti includono le affermazioni di avvistamenti di Bigfoot (Goulder 1996, pp. 52-55) e UFO (Martin 1991, pp. 92-95) e l'errata identificazione di gemelli (Cavin 1993). Per quanto riguarda la questione del corpo di Gesù, alcuni scettici hanno suggerito che le donne andarono alla tomba sbagliata la domenica mattina mentre il corpo di Gesù rimase sepolto altrove (Lake 1907) o che il corpo fu lasciato insepolto e mangiato dai cani (Crossan 1994, pp. 152-158). In alternativa, il corpo potrebbe essere stato rimosso da ladri di tombe (Carrier 2005b, pp. 350–352), da Giuseppe di Arimatea (Lowder 2005, pp. 261–306), o anche da forze naturali come i terremoti (Allison 2005a, p. 204). Sono state suggerite anche varie combinazioni di ipotesi naturalistiche, come una combinazione di svenimenti, resti sepolti, intramentali e ipotesi di identità errata (Eisenberg 2016) e combinazioni sofisticate di ipotesi allucinatorie con dissonanza cognitiva, distorsione della memoria e bias di conferma (cfr. Philipse 2012; Carrier 2014).

Fonti storiche rilevanti e concetti importanti

Fonti cristiane e non

Per quanto riguarda le fonti storiche rilevanti, l'idea erronea – diffusa nel Codice da Vinci di Dan Brown – che i documenti del Nuovo Testamento che leggiamo oggi siano significativamente diversi da quelli del primo secolo è stata a lungo sfatata dagli studiosi. Licona (2016, pp. 7-8) osserva: "The wealth of manuscripts for the New Testament literature leaves us very few places where uncertainty remains pertaining to the earliest reading or at least the meaning behind it." (L'obiezione di Shapiro [2016, p. 135] che i resoconti della risurrezione di Gesù potrebbero essere stati aggiunti nei Vangeli nei secoli successivi è confutata da queste prove manoscritte.) Licona osserva:

« The manuscript support for our present critical Greek text of the New Testament is superior to what we have for any of the ancient literature. As of the time I am writing this chapter, there are 5,839 Greek manuscripts of the New Testament. A dozen or so of these manuscripts have been dated to have been written within 150 years of the originals, and the earliest (P 52) has been dated to within ten to sixty years of the original. In contrast, of the nine Lives of Plutarch... only a few dozen Greek manuscripts have survived. The earliest of these is dated to the tenth or eleventh century, or roughly eight to nine hundred years after Plutarch wrote them. »
(ibid. — Licona poi continua aggiungendo un commento di D.A. Russell:
"the Lives of Plutarch have been the main source of understanding
of the ancient world for many readers from the Renaissance to the present day"
)

Vari resoconti di Gesù e dei primi cristiani si trovano anche al di fuori del Nuovo Testamento (Van Voorst 2000), come negli scritti gnostici (Franzmann 1996), negli scritti arabi (Khalidi 2001), nel Talmud ebraico (Schäfer 2007), nelle opere di altri antichi studiosi non cristiani come Flavio Giuseppe, Tacito, Luciano, Celso e Flegonte (si veda più avanti in questa sezione), e altri scritti paleocristiani risalenti al "periodo della memoria vivente", cioè il periodo dal primo all'inizio del secondo secolo all'interno del quale erano ancora in vita persone che avrebbero potuto conoscere uno degli apostoli viventi (Bockmuehl 2007). Tuttavia, i resoconti negli scritti arabi e nel Talmud ebraico sono successivi e dovrebbero essere trattati con grande cautela. Inoltre, i contenuti degli "altri Vangeli" come i Vangeli Gnostici e il Vangelo di Tommaso indicano che i loro autori fecero uso di tradizioni precedenti che possono essere trovate nei Quattro Vangeli e le modificarono secondo la loro filosofia religiosa (Gathercole 2015). Questi "altri Vangeli" riflettono una certa distanza cronologica e culturale dal Gesù storico della Palestina del I secolo e furono probabilmente composti a partire dal II secolo (ibid.). Molti studiosi hanno dimostrato in modo convincente che questi Vangeli Gnostici sono storicamente meno affidabili dei precedenti Quattro Vangeli (Jenkins 2001; Hill 2010). Mentre i Quattro Vangeli sono comunemente datati tra il 70-100 p.e.v. (Brown 1997), si è sostenuto che Marco e Luca siano stati scritti prima, prima della distruzione di Gerusalemme nel 70 e.v. (Carson e Moo 2005). Molti studiosi pensano che Matteo e Luca abbiano usato Marco come loro fonte, insieme ad almeno un'altra fonte. È anche possibile che ci siano state più recensioni dei Vangeli (come risultato di più bozze o redazioni autoriali per adattarsi a diversi destinatari), in modo tale che Luca (ad esempio) potrebbe aver usato una recensione precedente o successiva di Marco rispetto a quella posseduta di Matteo (Licona 2016, p. 116).

La crocifissione di Gesù è attestata da numerose fonti antiche, sia cristiane che non. Al di fuori di numerosi riferimenti nel Nuovo Testamento, è menzionato in molti scritti paleocristiani e scritti non-cristiani come Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe 18.3,[1] "la pena più estrema" di Tacito, in Annales 15.44,[2] e De Morte Peregrini 11, di Luciano. Oltre alle lettere di Paolo, altri documenti del I e ​​dell'inizio del II secolo, come i Quattro Vangeli, Atti, 1 Clemente, Lettere di Ignazio, ecc., affermavano anche che varie persone furono testimoni del Gesù risorto. Come notato in precedenza, alcune di queste affermazioni furono discusse da Celso, un filosofo non cristiano che scrisse un attacco al cristianesimo intitolato La vera parola nel c. 177-180 e.v., la maggior parte del quale è stato conservato nella confutazione di Origene scritta nel 248 e.v. (Marcovich 2001, p. 14; l'attacco di Celso ai Vangeli indica che non li accettò acriticamente). Un precedente riferimento non cristiano (c. 140 e.v.) è stato fatto dallo storico greco Flegonte nelle sue "Cronache", anch'esse conservate nella suddetta confutazione di Origene (Contra Celsum, 2.59). Dichiara: "Gesù, mentre era in vita non fu di nessun aiuto a se stesso, ma che risuscitò dopo la morte, e mostrò i segni della sua punizione, e mostrò come le sue mani erano state trafitte da chiodi." È improbabile che Origene abbia fabbricato ciò che Flegonte scrisse, dato che sarebbe stato facile per i suoi lettori scoprirlo, e dato l'imbarazzo della frase che Gesù fosse stato "di nessun aiuto a se stesso" mentre era in vita.

Perché non esistono più fonti non cristiane?

Licona (2010, p. 275) scrive che sarebbe bene se avessimo documenti ufficiali degli organi di governo non cristiani, romani o ebraici, che menzionano la notizia che Gesù era risorto dai morti, ma non li abbiamo. Tuttavia, Licona scrive:

« What we do have is good. We have reports that Jesus had been raised from the dead from at least one eyewitness (Paul) and probably more (the Jerusalem apostles preserved in the kerygma). These reports are very early and provide multiple independent testimonies, as well as testimony from one who had been hostile to the Christian message previous to his conversion experience. The canonical Gospels probably contain some traditions that go back to the original apostles, although these may be identified with varying degrees of certainty. To the extent one is convinced that Clement of Rome and Polycarp knew one or more of the apostles, their letters may yield valuable insights pertaining to the apostolic teachings. »
(ibid., pp. 275–276)

Per coloro che si chiedono perché non esistano più autori antichi non cristiani che menzionino le affermazioni relative alla risurrezione di Gesù, Paget osserva(2001, p. 615):

« We know from subsequent history that Jewish writers were in the main unwilling to engage polemically with Christianity in their extant writings, a point exemplified not only in later rabbinic writings, but also, if we are to believe Photius, in the one writing he attributes to Josephus’ contemporary and enemy, Justus of Tiberias. It would be wrong to assume that such people simply knew nothing about Christianity, or that they were unacquainted with Christians. Their silence could have been illustrative of their contempt for, or embarrassment about, Christianity, rather than their ignorance. »

Pertanto, può darsi che alcuni autori antichi non cristiani si sentissero imbarazzati per le affermazioni riguardanti la risurrezione di Gesù (ad esempio pensavano di non poterle spiegare in modo convincente) e quindi scelsero di non scriverne, a differenza di Celso che pensava di poterle spiegare in modo convincente e scelse di scriverne. In ogni caso, dobbiamo ancora considerare gli scritti che abbiamo. Mentre molti a quel tempo avrebbero deriso e respinto l'affermazione secondo cui Gesù risorse come superstizione senza ulteriore considerazione delle prove (cfr. Atti 17:32; si veda il Capitolo 2), ciò che è notevole è che c'erano altri che credevano che Gesù fosse risorto e ne scrisse. Dato che questi ultimi si convertirono perché furono convinti che Gesù fosse risorto, i loro scritti sarebbero (ovviamente!) "scritti di autori cristiani antichi". La domanda cruciale a cui bisogna rispondere è questa: quali sono le ragioni che hanno spinto queste persone a credere e dichiarare che Gesù era risorto e ad essere disposti ad affrontare la persecuzione per tale motivo (si veda il Capitolo 3).

Le antiche religioni misteriche sono le fonti dei resoconti neotestamentari riguardanti la risurrezione di Gesù?

Una tesi popolare alla fine del diciannovesimo secolo era quella della scuola di storia delle religioni, che rivendicava antiche religioni misteriche come fonti per i resoconti del Nuovo Testamento riguardanti la risurrezione di Gesù. Tali teorie da allora sono state abbandonate dalla maggior parte degli studiosi. Evan Fales (2001), un raro sostenitore contemporaneo di tali opinioni, sostiene che l'approccio migliore per comprendere il Nuovo Testamento è studiare figure mitiche del Vicino Oriente, come Tammuz, Adone, Iside e Osiride. Pensa che il Vangelo di Matteo, per esempio, dovrebbe essere letto in senso figurato, e che lo scopo principale della scrittura di Matteo fosse uno di sopravvivenza sociale e culturale (Fales 2005, pp. 312-313, 333-334). Parimenti, Carrier afferma che il Vangelo di Marco aveva lo scopo di trasmettere una verità simbolica piuttosto che storica e che la tomba vuota era "finzione educativa". Tenta di convalidare le sue affermazioni tracciando paralleli tra Marco, gli scritti contemporanei e la letteratura dell'Antico Testamento. Traccia parallelismi con il culto di Osiride e Salmi 24, suggerendo che Marco abbia copiato la frase "colui che farà rotolare via la pietra" dal racconto di Giacobbe in Genesi, e sostenendo che la tomba vuota serva al motivo dell'inversione dell'aspettativa di Marco (Carrier 2005a, pp. 156-163). Allo stesso modo traccia paralleli tra i resoconti della tomba vuota in Matteo con Daniele nella fossa dei leoni (Carrier 2005b, p. 360).

In risposta, l'approccio della storia della religione del diciannovesimo secolo è stato ampiamente criticato per il suo uso stravagante di parallelismi con nuove scoperte di manoscritti di testi religiosi ellenistici e ricerche filologiche sulle religioni greche, egiziane, iraniane e altre antiche. Come osserva Peppard, "certi termini, concetti e narrazioni delle religioni ellenistiche furono isolati e ingranditi in base alle loro percepite somiglianze con il Nuovo Testamento" e tali somiglianze sono state "inquadrate come influenze decisive sullo sviluppo del cristianesimo primitivo" (Peppard 2011, pag. 15, nota 34). Ignorando importanti differenze, è possibile tracciare paralleli letterari con un gran numero di letterature non correlate utilizzando interpretazioni speculative e fantasiose (Copan e Tacelli 2000, p. 166), e dobbiamo stare molto attenti a non saltare a conclusioni basate solo su paralleli in assenza di altre prove. Altri studiosi mettono in guardia sulla parallelomania, definita come "quella stravaganza tra gli studiosi che prima esagera la presunta somiglianza nei passi e poi procede a descrivere fonte e derivazione come se implicasse una connessione letteraria che scorre in una direzione inevitabile o predeterminata" (Sandmel 1962, p. 1). L'errore della parallelomania può essere facilmente illustrato con esempi:

« What if we told you about a British ocean liner that was about eight hundred feet long, weighed more than sixty thousand tons, and could carry about three thousand passengers? The ship had a top cruising speed of twenty-four knots, had three propellers, and about twenty lifeboats. What if I told you that this ocean liner hit an iceberg on its maiden voyage in the month of April, tearing an opening in the starboard side, forward portion of the ship, sinking it along with about two thousand passengers? Would you recognize the event from history? You might say, ‘Hey, that’s the Titanic!’ Well, believe it or not, you would be wrong. It’s the Titan, a fictional ship described in Morgan Robertson’s 1898 book called The Wreck of the Titan: or Futility. This book was written fourteen years before the disaster took place, and several years before construction began on the Titanic! (Robertson, WT, website). Here is the point: just as the fictional account of the Titan does not undermine the reality of the sinking of the Titanic, fictional accounts of dying and rising gods would not undermine the historical reality of the life, death, and resurrection of Jesus. The presence of parallels alone proves nothing about borrowing or the historicity of Jesus. »
(McDowell & McDowell 2017, p. 311)

Sandmel nota:

« Paul’s context is of infinitely more significance than the question of the alleged parallels. Indeed, to make Paul’s context conform to the content of the alleged parallels is to distort Paul. »
(ibid., p. 5)

Le considerazioni contestuali relative alla stesura del Nuovo Testamento vanno contro le opinioni di Fales e di altri. Gli autori dei Vangeli li intendevano come antiche biografie di Gesù piuttosto che come finzione (Burridge 2004). Una biografia può essere definita come una forma di storiografia incentrata sulla vita e sul carattere di una singola persona (Litwa 2019, p. 53). Alcuni scettici hanno escluso i Vangeli dalla storiografia antica affermando che gli autori dei Vangeli non hanno soppesato le loro fonti (Miller 2015, p. 133). Questa obiezione ignora il fatto che (1) la storiografia antica non aveva un'unica forma con un unico insieme di standard, (2) scrivendo in forme sobrie e non poetiche gli autori dei Vangeli distinguevano i loro racconti dai mythoi dominanti trovati in (diciamo) Omero ed Euripide, e (3) gli autori dei Vangeli hanno soppesato le loro fonti nel senso che hanno fortemente apprezzato i testimoni oculari rispetto al "sentito dire" (Luca 1:2) e sono stati attenti selezionatori di materiali da includere ed escludere dai testi precedenti (Litwa 2019, pp. 6-7). Contro il suggerimento che il racconto della resurrezione nel Vangelo di Marco debba essere inteso come una parabola, Bryan (2011, p. 166) osserva che, mentre erano presenti echi e allusioni bibliche, l'autore è stato piuttosto attento a inserire nel suo racconto almeno tre riferimenti (15:40,47;16:1) che "testimoni oculari noti da lui nominati avessero realmente visto quello che successe". Contrariamente alla teoria di Crossan secondo cui le narrazioni della passione sono esempi della "Prophetization of History (Profetizzazione della Storia)" o della "Historicization of Prophecy (Storicizzazione della Profezia)", Bryan (2011, pp. 205-206) sostiene che Crossan fraintende il ruolo delle allusioni dell'Antico Testamento: "Lo scopo di tale allusione non è, in generale, raccontare ciò che è accaduto (cioè il ruolo del testimone oculare nominato...) ma consentire alla comunità di comprendere ciò che è accaduto."

Stabilire di per sé il genere della storiografia non implica che un numero limitato di dettagli non-storici non possa essere incluso o che non possano essere inventate affermazioni di testimoni oculari.[3] In effetti, molti esempi della storiografia antica possono essere citati per dimostrare il contrario (Litwa 2019, pp. 197-198).[4] Naturalmente, questo non prova che tutti i dettagli in tutte le storiografie siano inaffidabili; per decidere sull'attendibilità dei particolari bisognerebbe soppesarli caso per caso alla luce di altre considerazioni.

Litwa (2019) afferma che gli autori dei Vangeli cambiarono i dettagli nei resoconti originali riguardanti Gesù per farli sembrare discorsi storiografici (p. 10), sostenendo che i "paralleli" non provano che "abbiano preso in prestito" da miti greci storicizzati, indicano piuttosto una cultura intellettuale condivisa riguardo a ciò che sarebbe considerato appropriato e plausibile in una storia riguardante l'uomo-divino (p. 92). Se Litwa lo affermasse semplicemente senza ulteriori argomentazioni, il suo argomento sarebbe colpevole di commettere l'errore di porre in forse un Gesù che fosse veramente una persona così grande da soddisfare quelle aspettative della sua cultura intellettuale; in particolare, si metterebbe in dubbio la vera resurrezione di Gesù come rivendicazione della pretesa di essere realmente divino (Loke 2017a). Litwa tenta quindi di fornire ulteriori argomentazioni a sostegno della sua affermazione. Ad esempio, sostiene che le descrizioni originali delle apparizioni della risurrezione di Gesù erano visioni soggettive che in seguito vennero oggettivate e descritte come eventi palpabili (ad esempio, che testimoni oculari potessero toccarlo e pizzicarlo, cfr. ad esempio Giovanni 20:24-28).[5] Tuttavia, il punto di vista di Litwa non riesce soprattutto a fornire una spiegazione adeguata su come i gruppi dei primi cristiani avrebbero potuto "vedere" il "Gesù risorto" insieme, se queste esperienze fossero state semplicemente visioni soggettive, in modo tale da arrivare a credere e testimoniare agli altri che avevano "visto" insieme un Gesù risorto oggettivamente e fisicamente (piuttosto che arrivare a credere di aver "visto" lo spirito di Gesù o di avere allucinazioni, ecc.). Elaborerò questo argomento contro il punto di vista di Litwa nei miei Capitoli 3 e 4. (In tutto il suo libro Litwa assume anche che storie di risurrezione miracolosa, esorcismi e così via, non siano più plausibili per gli studiosi moderni; rispondo a questo cosiddetto problema del miracolo nel Capitolo 8.)

Litwa (2019) afferma inoltre che "gli studi recenti hanno sufficientemente dimostrato che gli autori cristiani sentivano poca inibizione nell'impiegare l'inganno nella causa di ciò che percepivano come vero" (pp. 207-208), e osserva: "come mostrano gli Atti apocrifi, i cristiani usavano regolarmente la finzione per la causa della verità" (p. 262) e cita Ehrman (2012). Conclude: "Sappiamo che le biografie contemporanee mescolavano prontamente i fatti con la finzione, specialmente quando la finzione dava qualche profondo profitto morale o spirituale", come la "vita eterna" (p. 208).

Tuttavia, l'affermazione di Litwa non risponde al modo in cui i primi cristiani avrebbero potuto percepire la risurrezione di Gesù come vera e considerarla in primo luogo fondamentale per la loro speranza di vita eterna. Come sostenuto nel resto di questo libro, la migliore spiegazione è che Gesù sia risorto dai morti. Inoltre, gli Atti apocrifi menzionati da Litwa furono scritti dal II secolo e.v. in poi da gnostici che (come sostenuto in altre parti di questo libro) valutavano la storia molto meno di quanto non facessero i primi cristiani autori del Nuovo Testamento. Inoltre, i documenti del Nuovo Testamento furono scritti nel I secolo e.v., in un periodo in cui gli apostoli e i loro collaboratori o coloro che li conoscevano erano ancora in circolazione e si possono verificare (Paolo era evidentemente preoccupato per la falsificazione, motivo per cui praticava la firma dei propri documenti di propria mano per autenticarli — cfr., ad esempio, 1 Corinzi 16,21; Galati 6:11). Dati gli stretti legami con queste persone tra le comunità cristiane del I secolo, qualsiasi tentativo di falsificare gli scritti degli apostoli sarebbe stato facilmente scoperto. Nel caso delle epistole, è ancora più improbabile che un falsario possa attribuire falsamente l'autore e anche il pubblico senza essere scoperto (Witherington 2006, Introduzione; per altri problemi con gli argomenti di Ehrman cfr. Witherington 2011).

Lo stesso Litwa nota che gli scrittori dei Vangeli erano molto intelligenti e la loro scelta di scrivere nel genere delle biografie storiche indica che al momento della scrittura avrebbero voluto scrivere in modo tale che "le persone istruite le capissero e accettassero come vere, poiché sempre più persone istruite e di alto rango si univano ai movimenti cristiani" (p. 9). Egli nota anche che "in generale, se i lettori non considerano una storia ‘reale’, non la considerano plausibile" (p. 209). Queste considerazioni implicano che i lettori dei Vangeli del I secolo erano preoccupati per la verità, e questo era noto agli evangelisti in modo tale da scrivere nel genere delle biografie storiche. Dato che questi autori intelligenti avrebbero anche saputo che i loro lettori erano in grado di verificare e falsificare alcuni dettagli importanti relativi alla risurrezione di Gesù come sostenuto nel resto di questo libro (ad esempio riguardo alla guardia alla tomba, cfr. il Capitolo 6), non avrebbero inventato quei dettagli.

Inoltre, ulteriori considerazioni favoriscono l'attendibilità storica dei Vangeli. Ad esempio, il fatto che i Vangeli utilizzino tradizioni recenti e che quelle verificabili (soprattutto Luca) siano prudenti nel loro utilizzo delle fonti, indica che i Vangeli dovrebbero essere collocati tra le biografie antiche più attendibili, piuttosto che non (Keener 2003, p. 25; per i dettagli, cfr. Keener 2019). Inoltre, mentre molti degli esempi storiografici e le biografici discussi da Litwa furono scritti almeno 100 anni dopo i loro soggetti, i Vangeli furono scritti molto più vicino al tempo di Cristo, e le biografie scritte a memoria viva dei loro soggetti ci si aspettava dovessero fornire informazioni accurate sui loro soggetti (Keener 2019). Per di più, Allison osserva che gli antichi lettori ebrei trovavano il loro passato nei cosiddetti libri storici delle Scritture che erano intesi come riferiti a ciò che era realmente accaduto, e aggiunge che ci sono prove che anche i primi lettori dei Vangeli li comprendessero in tal modo (Allison 2010, pp. 443-445). Habermas (2001b) nota che la natura storica di questi testi è in netto contrasto con Dumuzi e Inanna, Tammuz e Ištar, e Iside e Osiride, che non erano persone storiche, e che ci sono altre grandi differenze tra questi racconti e il Nuovo Testamento.[6] Dato il loro antico contesto monoteistico ebraico, i primi leader cristiani che insistevano nell'adorare solo Dio Creatore avrebbero resistito all'influenza di queste leggende politeistiche in merito alla deificazione delle figure umane (cfr. Loke 2017a; contro Miller 2015, p. 129 ). Infine, l'ipotesi di Fales e altri non tiene conto delle testimonianze di coloro che affermavano di aver visto Gesù vivo dopo la sua crocifissione (Habermas 2001b), che erano note e potevano essere verificate dai lettori dei primi scritti cristiani, e che erano disposti a sacrificarsi per la verità di ciò che vedevano (cfr. i Capitoli da 2 a 4 di questo libro; contro Miller 2015, pp. 8, 15, 195–196).

A sostegno della sua affermazione che il cristianesimo mostra somiglianze con le religioni pagane, Carrier cita la dichiarazione di Giustino (Prima apologia 21):

« When we say . . . Jesus Christ the firstborn of God, was produced without sexual union, and that he was crucified and died, and rose again, and ascended to heaven, we propound nothing new or different from what you believe regarding those whom you consider Sons of God. »

Citando Giustino, Miller (2015) afferma che i primi cristiani comprendevano la storia della risurrezione di Gesù come fittizia piuttosto che di natura storica.

Tuttavia, l'affermazione di Giustino (se compresa nel modo di Carrier e Miller) è discutibile alla luce delle considerazioni sopra menzionate, e dovrebbe essere compresa secondo la sua strategia apologetica che cerca di far apparire le credenze cristiane simili a quelle pagane in modo da giustificare la sua affermazione che i pagani non dovrebbero perseguitare i cristiani (Prima Apologia 24). Contrariamente all'interpretazione di Miller e Carrier, è discutibile che nel resto della Prima Apologia, Giustino, essendo consapevole che "la sua argomentazione fino a quel momento avrebbe potuto lasciare ai suoi lettori pagani l'impressione che stava dicendo che non c'è differenza tra le dottrine cristiane e i miti pagani» (Minns e Parvis 2009, p. 139), procede a chiarirsi affermando la superiorità di Cristo in contrasto con lo scopo educativo degli scritti mitologici (ibid., cit. 22,4 e 54,1). In contrasto con "i miti inventati dai poeti" (54.1), Giustino supplica: "E non è perché diciamo le stesse cose che chiediamo di essere accettati da te, ma perché diciamo ciò che è vero" (Prima Apologia 23.1b), insistendo sul fatto che "solo Gesù Cristo è nato in modo speciale quale Figlio di Dio" (23.2a, mio corsivo). Se Giustino avesse inteso la storia della risurrezione di Gesù come fittizia piuttosto che di natura storica, non avrebbe detto agli ebrei quanto segue, il che presupponeva che gli ebrei e i primi cristiani capissero l'affermazione della risurrezione di Gesù come storica quando discutevano se il corpo di Gesù fosse stato rubato:

« ...Eppure non solo non ti sei pentito, dopo aver appreso che Egli è risorto dai morti, ma, come ho detto prima, hai inviato uomini scelti e ordinati in tutto il mondo per proclamare che un'eresia empia ed illegittima fosse scaturita da un certo Gesù, un ingannatore galileo, che abbiamo crocifisso, ma che i suoi discepoli lo rubarono di notte dal sepolcro, dove era stato deposto quando fu staccato dalla croce, e ora ingannano gli uomini affermando che è risorto dai morti ed è asceso al cielo. »
(Dialogo con Trifone, 108)

Valutare la storicità del Nuovo Testamento

È stato notato in precedenza che gli scrittori dei Vangeli li intendevano come antiche biografie. Tuttavia, il processo di vagliare i Quattro Vangeli per determinare quali eventi attribuiti a Gesù possano essere ricondotti al Gesù della storia incontra varie difficoltà. Per affrontare tali difficoltà, gli storici hanno escogitato vari criteri per determinare l'autenticità, come il criterio dell'attestazione multipla, il criterio dell'imbarazzo e il criterio della dissomiglianza (Harvey 1982; Meier 1991-2016, Vol. 1; Porter 2000). Tuttavia, ci sono vari limiti o errori che affliggono questi criteri e/o le loro applicazioni (Keith e Le Donne 2012). Ad esempio, il criterio della dissomiglianza, che afferma che "possiamo con fiducia assegnare un'unità a Gesù se è dissimile dalle sottolineature caratteristiche sia dell'antico ebraismo che della chiesa primitiva",[7] è stato ampiamente considerato come fondamentalmente errato in linea di principio. Come sostiene Harvey (1982) in risposta allo scetticismo prevalente in seguito alla seconda ricerca del Gesù storico, la cultura in cui viveva Gesù doveva avergli imposto alcuni "vincoli" e avrebbe dovuto tenerne conto per comunicare al suo pubblico. Contrariamente al criterio della dissomiglianza, è molto più plausibile che un personaggio storico influente sia in qualche modo indebitato con il suo contesto (nel caso di Gesù, il contesto ebraico del I secolo) e che abbia un impatto sui suoi seguaci (i primi cristiani). Quindi, altri studiosi hanno difeso il criterio della "doppia plausibilità", cioè del contesto (Gesù e l'ebraismo del Secondo Tempio) e della conseguenza (Gesù e i primi cristiani) (Theissen e Winter 2002).

Keith (2011) ha proposto un "Jesus-memory approach" come alternativa all'approccio dei criteri di cui sopra, ma che allo stesso modo sostiene una continuità tra Gesù, il suo contesto e i suoi seguaci, utilizzando la teoria della memoria sociale. Citando il sociologo francese Halbwachs, Keith osserva che l'argomento fondamentale della teoria della memoria sociale è che "la memoria non è un semplice atto di richiamo, ma piuttosto un complesso processo mediante il quale il passato viene ricostruito alla luce dei bisogni del presente" (p. 168). Keith mantiene una prospettiva di continuità di questa teoria, sottolineando che "it is memory’s inherently social nature that enables it to preserve the past to an extent by transcending individual existence" (p. 169). Conclude che "the overall implications of the Jesus-memory approach are significant—they challenge nothing less than the distinction between the historical Jesus and the Christ of faith" (p. 177; si veda oltre).

Ehrman obietta che i problemi con le lettere di Paolo sono che egli non conosceva personalmente Gesù e non ci ha detto molto sui suoi insegnamenti e attività, mentre i problemi con i Vangeli sono che non furono scritti da testimoni oculari ma da greci altamente istruiti in contrasto con i primi discepoli che erano incolti e parlavano aramaico. Ehrman afferma quindi che, man mano che le storie su Gesù si diffondevano, i dettagli venivano cambiati, gli episodi erano inventati e gli eventi erano esagerati (Ehrman 2014, capitolo 3).

Alcuni concetti importanti da discutere: primi cristiani, risurrezione naturale o soprannaturale

Introdurre le difficoltà che assillano il dibattito contemporaneo

L'approccio di questo libro

Eliminazione delle alternative

Sulla questione se sia possibile per gli storici arrivare da alcuni fatti storici alla risurrezione di Gesù

Sulla questione del pregiudizio

Una panoramica del resto del libro

[... ...]


Note

Per approfondire, vedi Gesù e il problema di una vita e Messianismo Chabad e la redenzione del mondo.
  1. Mentre alcuni studiosi sospettano che i cristiani possano aver distorto parti del riferimento di Flavio Giuseppe a Gesù nel Testimonium Flavianum, la stragrande maggioranza degli studiosi considera autentici i riferimenti a Gesù come fratello di Giacomo, Gesù come taumaturgo nonché la sua crocifissione. Per una discussione equilibrata delle ragioni pro e contro l'autenticità, si vedano Paget (2001); Meier (1991-2016, Vol. 1, pp. 56-88).
  2. Questo riferimento in Tacito è molto probabilmente autentico, poiché lo stile latino è di Tacito, il tono è anticristiano e tutti i manoscritti di Tacito hanno questo brano (Meier 1991–2016, Vol. 1, pp. 90–91).
  3. Cfr. L'argomentazione di Bryan (2011, p. 4) sostiene: "The New Testament writers did not merely insist on it as a fine old story, their ‘myth’ or ‘founding legend’, as a good Roman matron might tell her children the ancient stories of Romulus... Rather, they insisted on telling each other, and anyone else who would listen, this very new story, even on occasion appealing in its regard to named ‘eyewitnesses’ (autoptai) or to what a particular follower of the Lord ‘remembered’ (emnēmneusen), as if they actually expected to be taken seriously." Litwa avrebbe risposto che gli antichi romani consideravano Romolo una vera figura storica e che anche le storiografie mitiche spesso rivendicavano testimoni oculari.
  4. Per esempio, Litwa (ibid.) osserva: "Lucian complained against many historians who falsely declared that they had seen the events they described. In his True History, he exposed the device in the historian Ctesias, ‘who wrote a history of the land of India and its characteristics, which [despite his eyewitness claim] he had neither seen himself nor heard from anyone else who was telling the truth’."
  5. Cfr. Becker (2007), che similmente sostiene che l'esperienza pasquale dei primi cristiani fosse percepita come un evento visionario influenzato dallo Spirito Santo, mentre le storie epifaniche della Pasqua nei Vangeli descrivono una comprensione successiva della Pasqua. Gant (2019, pp. 198-200) suggerisce che i discepoli avevano visioni soggettive di Gesù come un glorificato, radioso essere celeste che in seguito si espansero nella convinzione che Gesù fosse risorto fisicamente.
  6. Per esempio, in merito alla storia di Osiride, Habermas (2001b, p. 79) osserva: "Although the story varies so widely that it is virtually impossible to put a single sequence together, Isis rescues Osiris (her husband, brother, or son!) after he is cut up into fourteen pieces and floated down the Nile River! She finds all of the pieces except one and resuscitates him by any of several methods, including beating her wings over his body. In the ancient world, the crux of the story is Osiris’ death and the mourning afterwards, not any resuscitation. Further, either Isis or Horus, their son, rather than Osiris, is the real hero. This myth is another of the vegetation gods with a non-linear, non-historical pattern of thought. Moreover, Osiris does not remain on earth after Isis performs her magic; he either descends to the underworld or is called the sun. Even critical scholar Helmut Koester firmly states, ‘it is never said that [Osiris] rose’. For reasons like these, it would be exceptionally difficult to substantiate any charge of inspiring the New Testament teachings of Jesus’ death and resurrection."
  7. Citato da Allison (2011, p. 3), che solleva diverse obiezioni contro questo criterio.