Prontuario di diritto romano/L'estinzione delle obbligazioni: differenze tra le versioni

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Pietrodn (discussione | contributi)
templ.+cat.
m Correzione errori comuni - Lista
Riga 50: Riga 50:
===Il ''concursus causarum''===
===Il ''concursus causarum''===


Era una forma di ''satisfactio'' senza ''solutio'', che si aveva nei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione: il nome preciso era ''concursus duarum causarum'', perchè si faceva distinzione a seconda che la causa dell'obbligazione (o quella dell'acquisto del bene) fosse onerosa o gratuita.</br>
Era una forma di ''satisfactio'' senza ''solutio'', che si aveva nei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione: il nome preciso era ''concursus duarum causarum'', perché si faceva distinzione a seconda che la causa dell'obbligazione (o quella dell'acquisto del bene) fosse onerosa o gratuita.</br>
In sostanza, quando il creditore acquistava a titolo diverso (onerosamente o gratuitamente) e per altra via la cosa dovutagli, lo scopo del soddisfacimento del credito si riteneva conseguito.</br>
In sostanza, quando il creditore acquistava a titolo diverso (onerosamente o gratuitamente) e per altra via la cosa dovutagli, lo scopo del soddisfacimento del credito si riteneva conseguito.</br>
La [[w:giurisprudenza|giurisprudenza]] classica ritenne poi che, qualora l’acquisto del creditore fosse stato a titolo oneroso, l’obbligazione non si estinguesse e il debitore dovesse pagare l'''<nowiki>aestimatio</nowiki>''.
La [[w:giurisprudenza|giurisprudenza]] classica ritenne poi che, qualora l’acquisto del creditore fosse stato a titolo oneroso, l’obbligazione non si estinguesse e il debitore dovesse pagare l'''<nowiki>aestimatio</nowiki>''.

Versione delle 14:44, 9 gen 2007

Indice del libro

L'estinzione dell'obbligazione

L'obligatio, come la proprietà, è un rapporto tendenzialmente perpetuo, nel senso che occorrono determinati negozi per estinguerlo (ad es. solutio per aes et libram), altrimenti dura indefinitamente, salva l'estinzione dell’oggetto su cui grava.
Solvere dicimus eum, qui fecit quod facere promisit: sembra che la solutio, cioè l'adempimento, fosse il modo principale di estinzione dell'obbligazione. Ed infatti si legge nelle fonti: «le obbligazioni o naturalmente o civilmente di adempiono; naturalmente con la solutio o con l'acceptilatio o la novatio o il concursus causarum, o la confusio o la compensatio».
Comunque, quidque contractum est, solvi debet: per il debitore non c'era altro modo di sottrarsi al vincolo che quello dell'adempimento.
Solo nel diritto più tardo sorgeranno nuovi modi di sciogliere il vincolo obbligatorio: dissensu, remissio, ecc.

La solutio

La solutio per aes et libram era l'atto con cui il debitore si scioglieva dal vinculum, eseguendo la prestazione in favore del creditore.
Varie erano le regole che disciplinavano l'adempimento: ad esempio, cum mutuum dedimus, ut retro pecuniae tantundem solvi debet (trad.: se abbiamo stipulato un mutuo, dobbiamo restituire il tantundem, cioè l'equivalente).
L' obligatio poteva intercorrere fra due o più soggetti: quando era indicato il creditore, il pagamento liberatorio avveniva solo nei suoi confronti. Se invece l'obbligazione conteneva la formula prometti di dare a Caio o a Tizio?, allora sorgeva la figura dell'adiectus solutionis causa, un soggetto già indicato nell'atto quale valido destinatario alternativo del pagamento.
L'adstipulator era invece una persona di fiducia del creditore che stipulava un'obbligazione sulla scorta di quella originaria, con lo stesso oggetto.
Qualsiasi pagamento, fatto a persona diversa dal creditore, dall' adiecuts o dall'adstipulator, non era valido se il creditore non lo autorizzava.
Quando il debitore aveva più debiti verso lo stesso creditore, era libero di imputare il pagamento ad uno qualsiasi di essi; ma se mancava la scelta del debitore, soccorrevano criteri legali di imputazione. In ogni caso, si riteneva estinto dapprima il debito di interessi e poi quello di capitale.
L'imputazione seguiva questo ordine: prima le obbligazioni ex delicto, poi quelle ipotecarie e infine quelle indicate dal debitore o (in mancanza) dal ceditore.

L'acceptilatio

Istituto ibrido era l'accettilazione (acceptilatio): originariamente, era la dichiarazione con cui il creditore attestava di aver ricevuto la prestazione, poi fu usata come formula di remissione del debito.
Ulpiano diceva: «tra acceptilatio e apocha (=quietanza) c'è questa differenza: l'acceptilatio in ogni modo scioglie il vincolo e libera il debitore, anche se la pecunia non è stata data, mentre la apocha non libera se non è stata versata la pecunia».
Per Ulpiano, (...)quia hoc iure utimur, ut iuris gentium sit acceptilatio: et ideo puto ut Graece posse acceptum fieri, dummodo sic fiat, ut Latinis verbis solet (trad.: "perché secondo il nostro diritto l' acceptilatio è un'istituzione del ius gentium; e sono perció d'avviso che essa possa essere fatta in greco, a condizione che sia fatta così come è usuale in parole latine: "tu hai ricevuto tanti denari?" "si, li ho ricevuti".)
Anche Gaio parla dell' acceptilatio come veluti imaginaria solutio, nel senso che è un pagamento immaginario: era sufficiente che il debitore chiedesse «Quod ego tibi promisi, habesne acceptum?» (trad.: ciò che ti ho promesso tramite una stipulazione, tu lo hai ricevuto?), e che il creditore rispondesse: «Habeo».
Nel diritto classico, l' acceptilatio fu usata principalmente come atto di remissione di un debito appartenente al ius gentium: era infatti il negozio di chi non accipiat pecuniam, sed habere se dicat.

La datio in solutum

Il creditore non poteva essere costretto ad accettare una cosa diversa da quella dovuta; se accettava, si aveva la datio in solutum.
Secondo Giustiniano, la datio vicem venditionem habet (trad.: fa le veci della vendita) e doveva essere effettuata nel luogo e nel termuine stabilito. Giustiniano introdusse anche una forma di datio necessaria, applicabile quando il debitore non poteva procurarsi denaro ma aveva degli immobili: in tal caso, il debitore faceva stimare equamente i suoi immobili e li offriva al creditore.
Oltretutto, il creditore non era tenuto ad accettare prestazioni parziali, se l'obbligazione poteva essere adempiuta in una volta sola. Tuttavia, il diritto pretorio concesse ai debitori meritevoli di evitare la bonorum venditio (e con essa l' infamia) mediante il beneficium competentiae, cioè condannando tali debitori all'id quod facere possunt.
Poteva altresì essere applicato il pactum quo minus solvatur, cioè una forma di concordato preventivo tra gli eredi del debitore insolvente e i creditori ereditari, allo scopo di limitare le pretese di questi ultimi ed evitare la bonorum venditio in danno del defunto.
Il pactum quo minus solvatur poteva anche consistere nel chiedere la metà del credito, e prendeva il nome specifico di pactum quo partem dimidiam solvatur, applicabile sulla base di apposito decretum emanato dal pretore.
Sia il pactum quo minus, che il pactum quo partem dimidiam, erano patti validi per lo ius civile.

La novatio

Novatio non potest contingere ea stipulatione, quae non committitur: questo brocardo esprime una necessità formalistica del diritto romano, tendenzialmente contrario alle astrazioni, nonché la prima regola per potersi avere novazione: una novazione non può riferirsi a un contratto che non esista.
La novatio consisteva nella sostituzione di una nuova obbligazione con la vecchia, sicché quella vecchia restasse estinta (ut prior obligatio pereatur): un negozio, quindi, dal duplice effetto di costituire una nuova obbligazione ed estinguerne un'altra.
Si accedeva alla novatio mediante stipulatio. Circa l'oggetto, si diceva che omnes res transire in novatione possunt.

La confusio

Corrisponde alla moderna figura della confusione, ed era la concentrazione nella stessa persona della qualità di creditore e debitore, dovuta ad un evento giuridico: confusio est cum debitor et creditor una persona fit.
L'ipotesi più ricorrente era la confusio per successione nel credito, sia mortis causa che inter vivos. Si legge infatti nelle fonti che «se l'erede continuasse ad essere creditore verso il debitore e in seguito lo stesso creditore morisse, il legato sarebbe estinto: e ciò è vero, poiché l'obbligazione si estingue allo stesso modo per confusione e per solutio», in quanto debitor sui ipsius nemo esse potest..
La confusione operava quindi ipso iure l'estinzione dell'obbligazione: confusione perinde extinguitur obligatio ac solutione, senza ulteriori formalità.

Il concursus causarum

Era una forma di satisfactio senza solutio, che si aveva nei casi di impossibilità sopravvenuta della prestazione: il nome preciso era concursus duarum causarum, perché si faceva distinzione a seconda che la causa dell'obbligazione (o quella dell'acquisto del bene) fosse onerosa o gratuita.
In sostanza, quando il creditore acquistava a titolo diverso (onerosamente o gratuitamente) e per altra via la cosa dovutagli, lo scopo del soddisfacimento del credito si riteneva conseguito.
La giurisprudenza classica ritenne poi che, qualora l’acquisto del creditore fosse stato a titolo oneroso, l’obbligazione non si estinguesse e il debitore dovesse pagare l'aestimatio.