Libro di cucina/Ricette/Cicerchiata: differenze tra le versioni

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Versione delle 20:40, 29 ago 2007

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La cicerchiata è un dolce originariamente tipico dell'Umbria storica, (ovvero ad est del Tevere), in particolare della montagna folignate, simile agli struffoli napoletani. La sua successiva diffusione nel Piceno (Marche meridionali) e in Abruzzo ha creato in molti la convinzione che si tratti di un dolce abruzzese: oggi, in effetti, può essere considerato come tale e facente parte, a pieno titolo, anche delle tradizioni gastronomiche di questa regione, in particolare della zona frentana, ma va altresì sottolineato che è rimasto, come in origine, assai radicato pure in Umbria e nel Piceno.

Come si presenta

Il dolce è a base di pasta di farina, uova, burro e zucchero. Da questa si ricavano palline di circa un centimetro di diamentro che vengono fritte nell'olio d'oliva o nello strutto. Scolate, vengono disposte "a mucchio" e ricoperte di miele che, colando negli interstizi tra una pallina e l'altra, le cementa e dà solidità alla struttura. Come spesso avviene nei dolci tradizionali e molto antichi, esistono varianti che aggiungono ingredienti alla ricetta base.

Etimologia del nome

Il dolce è ripetutamente citato nelle tavole eugubine come cibo sacrificale con il nome, in antica lingua umbra, di strusla che è la continuazione di sruikela, diminutivo di struex che è variante del più comune strues che significa appunto "mucchio" (ciò è anche affermato dal maggiore studioso attuale della lingua umbra, il prof. Augusto Ancillotti), da cui, tra l'altro, l'italiano "costruire", cioè "ammucchiare insieme". Notevole la somiglianza con gli struffoli napoletani che deriverebbero il proprio nome dalla parola greca antica strongulos che significa "a forma tondeggiante" e che linguisticamente hanno la stessa radice dalla parola umbra strusla e quindi probabilmente anche un'origine comune. Da notare che oggi in Grecia esiste un dolce simile chiamato lukumates. Con tutta probabilità il nome di cicerchiata ha origine medievale e deriverebbe dalla cicerchia, un legume (simile al pisello) molto diffuso all'epoca nella zona umbro - picena. Le cicerchie, oggi quasi scomparse, hanno la medesima forma delle palline di pasta che compongono la cicerchiata: il significato sarebbe quindi, per analogia, "mucchio di cicerchie".

Una delle ricette

Template:Trasferimento L'impasto orientativamente richiede 250 grammi di farina per 4 uova e 2 tuorli, ai quali si aggiungono 30 grammi di burro ammorbidito ed un cucchiaio di zucchero. In alcune varianti vengono aggiunti anche aromi come la scorza grattugiata di limone o d'arancia o, in alcune zone, liquori locali. L'impasto non ha bisogno di riposo; la frittura, tradizionalmente, avviene nello strutto. Formato il mucchio di palline, vi si versa sopra il miele (un'altra tecnica prevede che si scaldi il miele e vi si aggiungono poi le palline fritte perché se ne imbibiscano). Si possono usare varie tecniche anche per una presentazione a ciambella differente dalla forma classica del mucchio o per ottenere un mucchio cavo, come per esempio ammucchiare le palline attorno ad una ciotola capovolta, che viene poi rimossa, oppure versarle in uno stampo da ciambellone, dal quale la cicerchiata viene successivamente sformata.

Voci correlate

Collegamenti esterni

Bibliografia

  • "Le tavole di Gubbio e La Civiltà degli Umbri" - Augusto Ancillotti, Romolo Cerri (1996)
  • “Dalle Tavole Eugubine………in tavola” - Accademia Italiana della Cucina (2005)