Calcolo differenziale/Funzioni su spazi vettoriali: differenze tra le versioni

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Poiché sia <math>\mathbf x_0</math> sia <math>\hat \mathbf v</math> sono fissati, il punto di applicazione può essere espresso come una funzione dello scalare <math>\Delta v</math>:
Poiché sia <math>\mathbf x_0</math> sia <math>\hat \mathbf v</math> sono fissati, il punto di applicazione può essere espresso come una funzione dello scalare <math>\Delta v</math>:
:<math>\mathbf x = \mathbf \gamma (\Delta v) := \mathbf x_0 + \Delta v \, \hat \mathbf v \;</math>
:<math>\mathbf x = \mathbf h (\Delta v) := \mathbf x_0 + \Delta v \, \hat \mathbf v \;</math>


Componendo la funzione data con la funzione <math>\mathbf \gamma</math> si ha:
Componendo la funzione data con la funzione <math>\mathbf \gamma</math> si ha:
;funzioni scalari
;funzioni scalari
:<math>f(\mathbf x) = (f \circ \mathbf \gamma)(\Delta v)</math>
:<math>f(\mathbf x) = (f \circ \mathbf h)(\Delta v)</math>
:<math>f \circ \mathbf h : K \to K</math>
:<math>f \circ \mathbf h : K \to K</math>
;funzioni vettoriali
;funzioni vettoriali
:<math>\mathbf f (\mathbf x) = (\mathbf f \circ \mathbf \gamma)(\Delta v)</math>
:<math>\mathbf f (\mathbf x) = (\mathbf f \circ \mathbf h)(\Delta v)</math>
:<math>\mathbf f \circ \mathbf \gamma : K \to W</math>
:<math>\mathbf f \circ \mathbf h : K \to W</math>


La parte lineare dell'incremento della funzione composta in un intorno di <math>\Delta v = 0</math> è per definizione il suo differenziale in quel punto:
La parte lineare dell'incremento della funzione composta in un intorno di <math>\Delta v = 0</math> è per definizione il suo differenziale in quel punto:

Versione delle 14:57, 3 ott 2007

Differenziale su dominio vettoriale

Il concetto di differenziale può essere generalizzato a funzioni definite su spazi normati e aventi valori in spazi normati. Dati dunque due spazi vettoriali normati V e W definiti sullo stesso campo K e una funzione f avente dominio in V e codominio in W, si può definire per essa un differenziale df che sia un funzionale, ovvero che ad ogni vettore di V associ una funzione lineare da V a W che approssimi l'incremento della funzione f a meno di un infinitesimo di ordine superiore:

tale che

ovvero:

Riduzione del differenziale ad un "prodotto": la derivata (totale)

Il prossimo passaggio della generalizzazione consiste nel ridurre la funzione lineare ad un "prodotto".

Funzione scalare

Nel caso particolare in cui la funzione f sia una funzione scalare, cioè il dominio W coincida, come caso limite di spazio vettoriale, con lo stesso campo K, allora la f è una applicazione lineare scalare su V, e come tale appartiene al duale di V, V*. Si può allora definire in V un prodotto scalare (quando non sia già definito per indurre la norma in V) in modo tale che ad ogni applicazione φ di V* resti associato un elemento aφ di V tale che . In particolare per ogni x0 fissato esiste un vettore tale che:

Questa generalizzazione consente di generalizzare anche il concetto di derivata: si può infatti definire la derivata della funzione f nel punto x0 quel vettore tale che:

Funzione vettoriale

Se invece la funzione f è vettoriale, allora è in genere una applicazione lineare fra spazi vettoriali, che può sempre essere ricondotta al "prodotto" (o "composizione") fra un operatore A(x0) e il suo argomento. Esiste dunque un operatore associato al differenziale, e che dipende dal punto x0, tale che:

Anche in questo caso tale operatore può essere fatto coincidere con la derivata della funzione nel punto x0, sicché viene definita come quell'operatore tale che:

Derivata e differenziale direzionali

Definizione

Le derivate delle funzioni definite su spazi vettoriali possono essere ricondotte a derivate monodimensionali se a partire dal punto la funzione viene ristretta ad una direzione definita da un versore , il che equivale a prendere:

mentre il punto di applicazione della funzione è:

Poiché sia sia sono fissati, il punto di applicazione può essere espresso come una funzione dello scalare :

Componendo la funzione data con la funzione si ha:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

La parte lineare dell'incremento della funzione composta in un intorno di è per definizione il suo differenziale in quel punto:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Il differenziale e la derivata che compaiono in queste espressioni sono semplicemente un differenziale e una derivata monodimensionali nella variabile scalare . Essi però si ottengono restringendo la funzione alla direzione , e per questa ragione vengono anche definiti differenziale direzionale e derivata direzionale , e indicati rispettivamente con e :

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Resta quindi:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Relazione con il differenziale e con la derivata (totale)

Lo sviluppo ottentuto per la funzione composta va confrontato con lo sviluppo della stessa funzione che si ottiene calcolando il differenziale della funzione f/f con la funzione h usata come argomento:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Dal confronto resta dunque:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Le relazioni fra il differenziale ordinario (totale) e quello direzionale si lasciano reinterpretare ipotizzando che l'incremento sia libero di variare in qualunque direzione, e che di esso si consideri solo la proiezione in direzione :

nel qual caso si può riscrivere:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Generalizzazione della derivata direzionale

La derivata pariziale solitamente è definita fissando una direzione per mezzo di un versore, in modo tale che la grandezza che varia coincida con la distanza dal punto . Nulla impedisce tuttavia di fissare una direzione usando un vettore v di lunghezza qualsiasi, e facendo variare il suo coefficiente. In tal caso la funzione h resta definita nel modo seguente:

e la derivata direzionale che si ottiene coincide con quella ottenuta usando il versore moltiplicata per la lunghezza del vettore v:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Relazioni funzionali, operatori funzionali e notazione di Leibniz

Relazioni funzionali e rapporti fra differenziali

Per ridurre le espressioni ottenute fin qui per a delle relazioni funzionali, bisogna - al solito - esprimere Δx come applicazione della funzione identità, che nel caso di uno spazio vettoriale è l'operatore I tale che x=I(x). Anche in questo caso si dimostra facilmente che il differenziale di tale operatore coincide con l'operatore stesso, cioè dI(x0)=I, il quale può essere indicato con dx. Di conseguenza si ottiene:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Anche in questo caso la derivata può essere intesa formalmente come il "rapporto" del differenziale della funzione e di dx, recuperando la notazione di Leibniz:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

Per quel che riguarda la derivata parziale, se si introduce una applicazione lineare che applicata a agisce come l'identità, cioè:

allora si ha la seguente relazione funzionale:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

da cui segue:

funzioni scalari
funzioni vettoriali

(dove il versore è solitamente omesso in quanto sottinteso).

Operatori differenziali

Eliminata la dipendenza dall'incremento, il punto si può considerare variabile e lo si può eliminare lasciando indicati espressamente i funzionali df/df e le funzioni Df/Df. Allora d e D possono essere considerati degli operatori funzionali che agendo sulla funzione f/f la trasformano in un funzionale o in un'altra funzione.

L'introduzione di tali operatori richiede tuttavia un poco di cautela rispetto a quanto si può fare nel caso monodimensionale.

Funzioni scalari: il gradiente

Nel caso delle funzioni scalari Df è un campo vettoriale (cioè si ha un vettore Df(x) definito in ogni punto x del dominio). Si può allora introdurre un operatore differenziale funzionale che trasformi una funzione scalare in una funzione vettoriale. Poiché il prodotto di un vettore per uno scalare è un vettore, tale operatore può essere considerato un operatore funzionale "vettoriale", e per distinguerlo dalla derivata "scalare" monodimensionale (o da altre derivate "scalari" definibili nel caso multidimensionale, come la derivata direzionale) lo si chiama gradiente e lo si indica con il simbolo , detto nabla o con l'operatore corrispondente nella notazione di Leibniz:

L'operatore può essere riscritto reinterpretando la relazione con la derivata direzionale come prodotto scalare di un operatore funzionale per un versore:

da cui segue la relazione operatoriale:

Funzioni vettoriali: lo jacobiano

Mentre Df per una funzione scalare è un campo vettoriale (il gradiente di f), per una funzione vettoriale Df è un campo operatoriale, che viene chiamato jacobiano di f e indicato con o con . In questo caso un operatore che agisca sulla funzione vettoriale f restituendo Df è un operatore che trasforma un campo vettoriale in un campo operatoriale. Tale operatore non può essere ancora l'operatore gradiente, anche perché non è chiaro come si potrebbe riscrivere Df come "prodotto" di un operatore vettoriale per una funzione vettoriale.

Per aggirare questo problema si può tenere conto del fatto che la derivata direzionale, intesa come operatore, è un "scalare", per cui essa è associata a un operatore differenziale "scalare" che può essere applicato sia alle funzioni scalari sia a quelle vettoriali. Si ha dunque:

ovvero, in termini funzionali:

da cui segue:

Si può anche definire un operatore jacobiano J tale che:

Proprietà del differenziale e della derivata rispetto alle operazione algebriche

Differenziale e derivata del prodotto per uno scalare

Si vede subito che:

Differenziale e derivata di una somma

Si vede subito che:

Differenziale e derivata di un prodotto scalare

Si ha:


Dimostrazione:

da cui segue che:

Passando alle derivate:

da cui:

Inoltre si ha:

Differenziale e derivata di una funzione composta

Si ha:

  •      ovvero          (regola della catena)

Dimostrazione:

da cui segue che:

Passando alle derivate:

da cui: