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Mentre D''f'' per una funzione scalare è un campo vettoriale (il gradiente di ''f''), per una funzione vettoriale D'''f''' è un campo operatoriale, che viene chiamato '''jacobiano''' di '''f''' e indicato con <math>J_{\mathbf f}</math> o con <math>J\mathbf f</math>. In questo caso un operatore che agisca sulla funzione vettoriale '''f''' restituendo D'''f''' è un operatore che trasforma un campo vettoriale in un campo operatoriale. Tale operatore non può essere ancora l'operatore gradiente, anche perché non è chiaro come si potrebbe riscrivere D'''f''' come "prodotto" di un operatore vettoriale per una funzione vettoriale. |
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Mentre D''f'' per una funzione scalare è un campo vettoriale (il gradiente di ''f''), per una funzione vettoriale D'''f''' è un campo operatoriale, che viene chiamato '''jacobiano''' di '''f''' e indicato con <math>J_{\mathbf f}</math> o con <math>J\mathbf f</math>. In questo caso un operatore che agisca sulla funzione vettoriale '''f''' restituendo D'''f''' è un operatore che trasforma un campo vettoriale in un campo operatoriale. Tale operatore non può essere ancora l'operatore gradiente, anche perché non è chiaro come si potrebbe riscrivere D'''f''' come "prodotto" di un operatore vettoriale per una funzione vettoriale. |
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Per rendersene conto basta osservare che dato un generico vettore <math>\mathbf c</math> (costante) si ha: |
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:<math><\mathbf c, D\mathbf f(\mathbf x_0)\delta \mathbf x> = |
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<\mathbf c^T D\mathbf f(\mathbf x_0),\delta \mathbf x> |
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<D<\mathbf c, \mathbf f(\mathbf x_0)>,\delta \mathbf x> = |
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<\nabla<\mathbf c, \mathbf f(\mathbf x_0)>,\delta \mathbf x> = |
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<\delta \mathbf x,\nabla><\mathbf c, \mathbf f(\mathbf x_0)> = |
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<\mathbf c, <\delta \mathbf x,\nabla>\mathbf f(\mathbf x_0)> |
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</math> |
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Per aggirare questo problema si può tenere conto del fatto che sia il differenziale sia la derivata direzionale, intesi come operatori, sono degli "scalare", e in quanto tali possono essere applicati sia alle funzioni scalari sia a quelle vettoriali. Si ha dunque: |
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Per aggirare questo problema si può tenere conto del fatto che sia il differenziale sia la derivata direzionale, intesi come operatori, sono degli "scalare", e in quanto tali possono essere applicati sia alle funzioni scalari sia a quelle vettoriali. Si ha dunque: |
Differenziale su dominio vettoriale
Il concetto di differenziale può essere generalizzato a funzioni definite su spazi normati e aventi valori in spazi normati. Dati dunque due spazi vettoriali normati V e W definiti sullo stesso campo K e una funzione f avente dominio in V e codominio in W, si può definire per essa un differenziale df che sia un funzionale, ovvero che ad ogni vettore di V associ una funzione lineare da V a W che approssimi l'incremento della funzione f a meno di un infinitesimo di ordine superiore:
tale che
ovvero:
Riduzione del differenziale ad un "prodotto": la derivata (totale)
Il prossimo passaggio della generalizzazione consiste nel ridurre la funzione lineare ad un "prodotto".
Funzione scalare
Nel caso particolare in cui la funzione f sia una funzione scalare, cioè il dominio W coincida, come caso limite di spazio vettoriale, con lo stesso campo K, allora la f è una applicazione lineare scalare su V, e come tale appartiene al duale di V, V*. Si può allora definire in V un prodotto scalare (quando non sia già definito per indurre la norma in V) in modo tale che ad ogni applicazione φ di V* resti associato un elemento aφ di V tale che . In particolare per ogni x0 fissato esiste un vettore tale che:
Questa generalizzazione consente di generalizzare anche il concetto di derivata: si può infatti definire la derivata della funzione f nel punto x0 quel vettore tale che:
Funzione vettoriale
Se invece la funzione f è vettoriale, allora è in genere una applicazione lineare fra spazi vettoriali, che può sempre essere ricondotta al "prodotto" (o "composizione") fra un operatore A(x0) e il suo argomento. Esiste dunque un operatore associato al differenziale, e che dipende dal punto x0, tale che:
Anche in questo caso tale operatore può essere fatto coincidere con la derivata della funzione nel punto x0, sicché viene definita come quell'operatore tale che:
Derivata e differenziale direzionali
Definizione
Le derivate delle funzioni definite su spazi vettoriali possono essere ricondotte a derivate monodimensionali se a partire dal punto la funzione viene ristretta ad una direzione definita da un versore , il che equivale a prendere:
mentre il punto di applicazione della funzione è:
Poiché sia sia sono fissati, il punto di applicazione può essere espresso come una funzione dello scalare :
Componendo la funzione data con la funzione si ha:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
La parte lineare dell'incremento della funzione composta in un intorno di è per definizione il suo differenziale in quel punto:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Il differenziale e la derivata che compaiono in queste espressioni sono semplicemente un differenziale e una derivata monodimensionali nella variabile scalare . Essi però si ottengono restringendo la funzione alla direzione , e per questa ragione vengono anche definiti differenziale direzionale e derivata direzionale , e indicati rispettivamente con e :
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Resta quindi:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Relazione con il differenziale e con la derivata (totale)
Lo sviluppo ottentuto per la funzione composta va confrontato con lo sviluppo della stessa funzione che si ottiene calcolando il differenziale della funzione f/f con la funzione h usata come argomento:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Dal confronto resta dunque:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Generalizzazione della derivata direzionale
La derivata pariziale solitamente è definita fissando una direzione per mezzo di un versore, in modo tale che la grandezza che varia coincida con la distanza dal punto . Nulla impedisce tuttavia di fissare una direzione usando un vettore v di lunghezza qualsiasi, e facendo variare il suo coefficiente. In tal caso la funzione h resta definita nel modo seguente:
e la derivata direzionale che si ottiene coincide con quella ottenuta usando il versore moltiplicata per la lunghezza del vettore v:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Proprietà del differenziale e della derivata
Differenziale e derivata di una costante
Se è una funzione costante, allora:
come si vede immediatamente osservando che:
Differenziale e derivata del prodotto per uno scalare
Si vede subito che:
Differenziale e derivata di una somma
Si vede subito che:
Differenziale e derivata di un prodotto scalare
Si ha:
In particolare se è un vettore costante allora:
Dimostrazione:
da cui segue che:
Passando alle derivate:
da cui:
Inoltre si ha:
Differenziale e derivata di una funzione composta
Si ha:
- ovvero (regola della catena)
Dimostrazione:
da cui segue che:
Passando alle derivate:
da cui:
Relazioni funzionali, operatori funzionali e notazione di Leibniz
Relazioni funzionali e rapporti fra differenziali
Per ridurre le espressioni ottenute fin qui per a delle relazioni funzionali, bisogna - al solito - esprimere Δx come applicazione della funzione identità, che nel caso di uno spazio vettoriale è l'operatore I tale che x=I(x). Anche in questo caso si dimostra facilmente che il differenziale di tale operatore coincide con l'operatore stesso, cioè dI(x0)=I, il quale può essere indicato con dx. Di conseguenza si ottiene:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Anche in questo caso la derivata può essere intesa formalmente come il "rapporto" del differenziale della funzione e di dx, recuperando la notazione di Leibniz:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
Per quel che riguarda la derivata parziale, se si introduce una applicazione lineare che applicata a agisce come l'identità, cioè:
allora si ha la seguente relazione funzionale:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
da cui segue:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
(dove il versore è solitamente omesso in quanto sottinteso).
Operatori differenziali
Eliminata la dipendenza dall'incremento, il punto si può considerare variabile e lo si può eliminare lasciando indicati espressamente i funzionali df/df e le funzioni Df/Df. Allora d e D possono essere considerati degli operatori funzionali che agendo sulla funzione f/f la trasformano in un funzionale o in un'altra funzione.
L'introduzione di tali operatori richiede tuttavia un poco di cautela rispetto a quanto si può fare nel caso monodimensionale.
Funzioni scalari: il gradiente
Nel caso delle funzioni scalari Df è un campo vettoriale (cioè si ha un vettore Df(x) definito in ogni punto x del dominio). Si può allora introdurre un operatore differenziale funzionale che trasformi una funzione scalare in una funzione vettoriale. Poiché il prodotto di un vettore per uno scalare è un vettore, tale operatore può essere considerato un operatore funzionale "vettoriale", e per distinguerlo dalla derivata "scalare" monodimensionale (o da altre derivate "scalari" definibili nel caso multidimensionale, come la derivata direzionale) lo si chiama gradiente e lo si indica con il simbolo , detto nabla o con l'operatore corrispondente nella notazione di Leibniz:
Disponendo dell'operatore vettoriale il differenziale e la derivata direzionale si lasciano riscrivere come prodotto scalare di questo operatore con una funzione vettoriale e un vettore. Si ha infatti:
da cui segue la relazione operatoriale:
Analogamente per la derivata direzionale si ha:
da cui segue la relazione operatoriale:
Funzioni vettoriali: lo jacobiano
Mentre Df per una funzione scalare è un campo vettoriale (il gradiente di f), per una funzione vettoriale Df è un campo operatoriale, che viene chiamato jacobiano di f e indicato con o con . In questo caso un operatore che agisca sulla funzione vettoriale f restituendo Df è un operatore che trasforma un campo vettoriale in un campo operatoriale. Tale operatore non può essere ancora l'operatore gradiente, anche perché non è chiaro come si potrebbe riscrivere Df come "prodotto" di un operatore vettoriale per una funzione vettoriale.
Per rendersene conto basta osservare che dato un generico vettore (costante) si ha:
Per aggirare questo problema si può tenere conto del fatto che sia il differenziale sia la derivata direzionale, intesi come operatori, sono degli "scalare", e in quanto tali possono essere applicati sia alle funzioni scalari sia a quelle vettoriali. Si ha dunque:
ovvero, in termini funzionali:
da cui segue:
Si può anche definire un operatore jacobiano J tale che:
Differenziale
Usando questi operatori il differenziale può essere espresso in questo modo:
- funzioni scalari
- funzioni vettoriali
da cui segue che il differenziale può essere ottenuto applicando sia alle funzioni scalari sia a quelle vettoriali il segnete operatore scalare: