Chimica generale/Teoria atomica: differenze tra le versioni

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Capitolo 1: Struttura dell'atomo

Che cos'è l'atomo?

L'atomo rappresenta la parte più piccola di materia capace di prendere parte a un processo chimico. Molte esperienze ci hanno dimostrato però come l'atomo non sia indivisibile ma sia una complicata struttura formata da particelle più piccole. Infatti al giorno d'oggi dall'atomo sono state ricavate una trentina di particelle, ma la maggior parte di esse sono instabili e hanno vita breve.

Possiamo comunque considerare fondamentali le particelle come l'elettrone, il protone e il neutrone.

Schematizzando, nella descrizione di un atomo possiamo distinguere un nucleo centrale e, all'esterno di esso, un certo numero di elettroni che ruotano.

Gli elettroni sono particelle piccolissime, cariche negativamente. Poichè non è stata trovata una particella carica negativamente più piccola, possiamo dire che l'elettrone è l'unita portatrice di carica negativa. Nel nucleo, carico positivamente, risiede sostanzialmente tutta la massa dell'atomo; questo è costituito da un certo numero di protoni, che sono i portatori della carica positiva, e da un certo numero di neutroni che non portano alcuna carica. Protoni e neutroni vengono indicati talvolta genericamente come nucleoni.

Modelli atomici e loro evoluzioni

Il primo modello atomico fu proposto dal fisico inglese Joseph J. Thomson nel 1899. Egli affermava che l'atomo era un'entità materiale formata da elettroni disseminati in una massa positiva. In altre parole, l'atomo era una sfera omogenea caricata positivamente, nella quale sono immersi gli elettroni.

Questo modello atomico fu però messo in crisi dal connazionale Ernest Rutherford nel 1911. Egli studiò il comportamento che le particelle α avevano nell'attraversare lamine sottilissime di metali molto malleabili come l'oro, il platino, ecc. Le particelle α sono emesse da sostanze radioattive come il polonio, utilizzato nell'esperimento di Rutherford, e sono dotate di carica positiva e di una massa quattro volte superiore a quella dell'idrogeno; si tratta di ioni elio .

Dalle deviazioni subite dalla particella α, Rutherford stabilì che l'atomo doveva avere una struttura quasi del tutto vuota e con una grande carica positiva nella sua parte centrale. Infatti, la maggior parte delle particelle α attraversava la lamina metallica, ma alcune venivano deviate di un certo angolo, altre venivano addirittura riflesse. Il fenomeno era sorprendente in quanto le particelle α, dotate di enorme forza cinetica, non avrebbero potuto essere deviate da un sistema atomico come quello ipotizzato da Thomson.

L'esperienza di Rutherford portò alla dimostrazione che la carica positiva e la massa dell'atomo erano concentrate in un nucleo centrale, ad elevata densità e carica.

I risultati di questi esperimenti portarono Rutherford a concepire l'atomo come un sistema solare. Il Sole è rappresentato dal nucleo centrale ed i pianeti dagli eletroni ruotanti su certe orbite. L'elettrone non cade sul nucleo in quanto la forza attrattiva tra il nucleo e l'elettrone è bilanciata dalla forza centrifuga del moto di rivoluzione dell'elettrone attorno al nucleo.

In un primo momento la spiegazione di Rutherford sembrò soddisfacente, ma i fisici obiettarono dicendo che un modello che prevedesse cariche di segno opposto non potrebbe esistere, in quanto l'elettrone ruotante perderebbe man mano energia e si annichilerebbe sopra il nucleo.

File:Atomobohr.png
Il modello atomico di Bohr

Nel 1913 il danese Nils Bohr rielaborò il modello atomico applicando la teoria dei quanti di Max Planck. Egli realizzò che l'elettrone poteva trovarsi solo su determinate orbite di diametro differente. Egli calcolò il raggio dell'orbita più piccola, fissandola a 0,053 nm.

Il modello di Bohr postula inoltre che finchè l'elettrone gira su una qualunque orbita permessa, la sua energia è costante (quantizzata). Esso, però, può assorbire o cedere definite quantità di energia (quanta): l'assorbimento è il salto di un elettrone da un'orbita più interna ad una più esterna; la cessione sarà il processo inverso. Quindi, più l'orbita è interna, più il livello energetico è basso. L'orbita più piccola è detta stato normale o fondamentale; le altre orbite sono chiamatate eccitate.

Bohr arrivò a sviluppare la sua teoria quantitativamente quando calcolò i raggi delle orbite consentite. Secondo Bohr, i raggi delle orbite permesse all'elettrone, indicati con , sussistono alla relazione , dove è il raggio dell'orbita allo stato normale ed assume qualsiasi valore intero positivo ed è chiamato numero quantico principale.

Il valore calcolato per è:

L'orbita successiva, ponendo cioè , sarà quattro volte maggiore rispetto al valore dell'orbita allo stato normale; per l'orbita sarà 9 volte maggiore, e così via.

Considerando poi che l'energia dell'elettrone è la somma dell'energia cinetica e di quella potenziale, Bohr dimostrò che l'energia di un elettrone ruotante su una certa orbita si può calcolare come:

dove è il numero quantico principale e è il potenziale di ionizzazione. In definitiva, il raggio di una qualsiasi orbita è proporzionale al numero quantico principale, mentre la sua energia è inversamente proporzionale allo stesso numero . Il modello di Bohr permise di spiegare l'assorbimento e l'emissione di radiazioni da parte degli elementi.

Dualismo Corpuscolo-Onda

Abbiamo visto che l'atomo è formato da un nucleo centrale circondato da elettroni che orbitano. Dato che le proprietà chimiche di un atomo dipendono dalla sua configurazione elettronica, è giusto concentrarsi sulla sistemazione degli elettroni attorno al nucleo prima di passare agli altri argomenti.

A questo proposito è di grande importanza l'assorbimento e l'emissione di energia luminosa. La natura della luce è stata oggetto di interesse e di dispute per decine di anni. Secondo il fisico olandese Cristian Huygens la luce aveva natura ondulatoria, mentre secondo Isaac Newton la luce era di natura corpuscolare. In seguito, il fisico inglese James Maxwell cercò di risolvere il problema sostenendo che la luce è un'onda elettromagnetica formata da campi sia elettrici che magnetici oscillanti perpendicolarmente fra loro e perpendicolarmente anche alla direzione di propagazione dell'onda.

La radazione elettromagnetica consiste nella propagazione di una perturbazione nello spazio circostante. Si produce una radiazione ogni qual volta una particella provvista di campo elettrico o magnetico subisce un'accelerazione. Il campo produce allora una perturbazione che nel vuoto si propaga con la velocità della luce, e con velocità inferiori negli altri mezzi.

I parametri che distinguono un'onda sono: lunghezza d'onda, frequenza, velocità e ampiezza.

La lunghezza d'onda, che si indica con la lettera greca λ (lambda) è definita come la distanza tra due punti con le stesse caratteristiche di perturbazione o di vibrazione nel cammino che segue la radiazione, cioè la distanza tra due picchi successivi, come mostrato in foto. L'unità di misura è il nanometro (nm) che equivale a m o l'Angstrom che è pari a m. La frequenza ν (ni) indica il numero di vibrazioni in un secondo (). La sua unità di misura è il . Il tempo T impiegato dalla vibrazione per compiere un'intera lunghezza d'onda è chiamato periodo.