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Storia del femminismo italiano/3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza

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3. Il Risorgimento: partecipazione femminile e questioni di cittadinanza

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3.1. Le donne nel contesto della mobilitazione risorgimentale

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Sebbene la storiografia tradizionale si sia concentrata prevalentemente sulle figure maschili, durante il periodo risorgimentale molte donne svolsero un ruolo attivo nella vita politica, culturale e sociale del tempo, contribuendo in vario modo al processo di costruzione nazionale.[1]

Nei salotti e nei circoli intellettuali, spesso frequentati da esponenti dell’aristocrazia e dell’alta borghesia, alcune donne influenti - come la contessa bergamasca Clara Maffei e la fiorentina Amelia Sarteschi Calani Carletti - favorirono la diffusione delle idee patriottiche e liberali, la circolazione clandestina di pubblicazioni proibite, la discussione politica e la creazione di reti di relazioni tra patrioti.[2]

Molte donne offrirono un supporto logistico e finanziario, o presero parte direttamente alle attività cospirative, come accadde con le aderenti alla Società delle Giardiniere, affiliate alla Carboneria, tra le quali vi furono la pittrice Bianca Milesi Mojon e Teresa Casati Confalonieri.[3]

Ritratto di Cristina Trivulzio di Belgiojoso. di Francesco Hayez, 1832, Collezione privata, Firenze

Un altro ambito di partecipazione femminile fu quello della scrittura e del giornalismo. Giuseppina Turrisi Colonna, poetessa palermitana, utilizzò la poesia come strumento di espressione politica.[4] Cristina Trivulzio Belgiojoso (1808-1871), figura di primo piano del movimento risorgimentale, partecipò attivamente ai moti del 1848, organizzò ospedali da campo e fondò e diresse testate giornalistiche come la Gazzetta Italiana e Ausonio.[5]

3.2. La presenza femminile nei moti del 1848

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Durante i moti rivoluzionari del 1848, la partecipazione femminile assunse forme sempre più visibili e dirette. In molte città italiane le donne presero parte a manifestazioni, insurrezioni, proteste e attività di soccorso ai combattenti, offrendo assistenza ai feriti, ospitando patrioti e contribuendo logisticamente alle operazioni militari.

Alcune parteciparono attivamente agli scontri armati: Cristina Trivulzio di Belgiojoso, che a Napoli reclutò più di 150 volontari e noleggiò un vapore a sue spese per raggiungere Milano appena insorta, si trovò a coordinare un battaglione di volontari lombardi durante la difesa di Roma; si ha inoltre notizia di donne che, travestite da uomini, combatterono sulle barricate, come accadde a Milano e Venezia.[6][7]

Nel discorso pubblico e nella stampa risorgimentale, le donne vennero spesso rappresentate come custodi di un nuovo ordine morale, elevandole a garanti della coesione nazionale e del sentimento patriottico. Questa idealizzazione rafforzava tuttavia la tradizionale dicotomia tra sfera pubblica maschile e sfera privata femminile, relegando le donne a ruoli di madri e mogli virtuose, educatrici e muse ispiratrici.[8]

In varie località, tuttavia, le donne manifestarono il desiderio di un coinvolgimento più diretto, mettendo in discussione i ruoli di genere codificati. A Venezia, durante l’insurrezione contro gli austriaci del 1848, Elisabetta Michiel Giustinian, Antonietta Dal Cerè e Teresel Moscon, anche a nome di altre patriote, richiesero formalmente al comandante della Guardia Civica di poter costituire un battaglione femminile, per poter condividere con i loro padri, mariti e fratelli i pericoli e l'onore della lotta per l'indipendenza nazionale.[9][10]

Le autorità risposero con ironia o con atteggiamenti paternalistici, autorizzando solo attività ausiliarie come la cura dei feriti o la preparazione di cartucce. Le donne armate erano viste come una minaccia all’ordine sociale e al modello di cittadinanza vigente.[11][6]

In questo contesto nacque a Venezia uno dei pochi periodici femminili del 1848, Il Circolo delle Donne Italiane, in cui si affermava l’importanza del ruolo femminile nella guerra e si collegava la partecipazione patriottica alla richiesta di piena cittadinanza. Nell'articolo di apertura del primo numero, Adele Cortesi rivendicò l’emancipazione femminile, con le stesse motivazioni presenti nel testo La causa delle donne, scritto durante la Repubblica del 1797 da un'anonima "cittadina".[12]

Anche a Roma, il periodico di impronta politico-pedagogica La donna italiana (aprile-novembre 1848), diretto da Cesare Bordiga, rappresentò un significativo tentativo di costruzione di uno spazio pubblico femminile. L'educazione femminile fu una tema ricorrente, con interventi che auspicavano un "giusto mezzo" per liberare le donne dall'ignoranza e dalla schiavitù familiare, pur mantenendo in qualche modo l'orizzonte delle "domestiche cure". [13] Ampio spazio venne dedicato alla cronaca delle azioni patriottiche compiute dalle donne, con resoconti di voci provenienti da tutta Italia, come la cronaca della partecipazione femminile alle cinque giornate di Milano. Autrici romane e non contribuirono al giornale con appelli, articoli, rassegne e componimenti poetici. [14]

In altre regioni alcune donne pubblicarono corrispondenze su giornali liberal-nazionali come Il Risorgimento di Torino e Il Nazionale di Napoli (1848), offrendo un punta di vista femminile sugli eventi politici e sociali dell’epoca.[15]

3.2.1. Le dinamiche nel Meridione

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Nel Mezzogiorno la partecipazione delle donne al processo risorgimentale assunse tratti peculiari, legati alla complessa realtà politica del Regno delle Due Sicilie e all’intreccio tra legittimismo borbonico, moti costituzionali e aspirazioni indipendentiste.[16]

L’apporto delle donne meridionali alla causa nazionale si manifestò sia attraverso la partecipazione attiva alle insurrezioni e alla propaganda patriottica, sia mediante una intensa attività assistenziale, informativa e organizzativa, spesso svolta all’interno delle mura domestiche o di istituzioni religiose, che fungevano da copertura alle iniziative cospirative. Un caso emblematico fu quello di Enrichetta Caracciolo, badessa napoletana che, pur appartenendo a una famiglia aristocratica legata alla corte borbonica, aderì alle idee liberali e divenne una figura di riferimento dell’ambiente intellettuale napoletano postunitario. La sua opera più nota, Misteri del chiostro napoletano (1864), sebbene pubblicata dopo l’unificazione, offre una testimonianza importante sul clima culturale e sociale che precedette e accompagnò i moti risorgimentali, evidenziando le tensioni tra vocazione religiosa e costrizione sociale.[17]

A Napoli diverse donne parteciparono attivamente ai salotti liberali, come quello di Francesco Ricciardi, di Laura Beatrice Oliva Mancini, di Guacci Nobile, luoghi di confronto intellettuale e centri di circolazione di idee patriottiche frequentati da artisti, intellettuali ed esponenti della cultura progressista. Qui si formò il Circolo delle poetesse Sebezie, composto da autrici impegnate a utilizzare la poesia come strumento di educazione civile e politica. Nei loro componimenti patriottici includevano l'esaltazione della donna guerriera e dell’eroismo femminile. Nella primavera del 1848, diretto da donne, comparve nella città partenopea il trisettimale Un comitato di donne, uscito fino all'aprile dello stesso anno.[16]

Una figura centrale fu Antonietta De Pace (1818-1893), patriota leccese attiva a Napoli, militante mazziniana e membro del Comitato napoletano della Giovane Italia. Dopo aver supportato la spedizione dei Mille si occupò dell'organizzazione dei servizi sanitari per i feriti, dirigendo anche ospedali militari allestiti in città.[18][19]

A Palermo, la Legione delle Pie Sorelle, fondata nel 1848 da donne appartenenti all’associazionismo democratico, era composta da 1200 consorelle suddivise in dodici centurie, la cui attività si concentrava sul sociale, in particolare sull'educazione popolare e sulla raccolta di fondi per sostenere le vedove, gli orfani, finanziare asili per l'infanzia e una scuola popolare.[20] Le Pie Sorelle pubblicarono anche un proprio giornale, La Legione delle Pie Sorelle, che, insieme a La tribuna delle donne,[21] rese Palermo un centro comparabile al resto d'Italia sul fronte della stampa femminile.[22]

Tra le donne impegnate nel contesto siciliano, Rosina Muzio Salvo, Concetta Ramondetta Fileti, Laura Li Greci e Cecilia Stazzone erano scrittrici e poetesse che utilizzarono la letteratura come veicolo di educazione morale e patriottica. I loro scritti celebravano le ricorrenze rivoluzionarie, commemoravano i caduti e difendevano la causa siciliana nel contesto del sentimento nazionale italiano.[23] Nonostante le difficoltà, alcune si distinsero per il loro "eroico e impavido amore verso la Patria", compiendo atti di coraggio diretto: Santa Astorino sparò il primo colpo contro le truppe borboniche a Palermo il 12 gennaio 1848, Rosa Donato contribuì alla difesa di Messina manovrando un cannoncino, e le donne di Siracusa costruirono un bastione chiamato "Forte delle Dame" in loro onore.[24] La poetessa Giuseppina Turrisi Colonna si distinse per una riflessione moderna sul ruolo delle donne nella società e nelle lettere, mettendo in discussione il primato maschile, e legando l’emancipazione alla crescita della nazione.[25]

Dopo l’Unità, alcune patriote come Antonietta De Pace e Giulia Caracciolo di Forino si dedicarono a opere di assistenza sociale, promuovendo l’istruzione popolare femminile e iniziative di emancipazione. Giulia Caracciolo fondò un opificio femminile destinato alla formazione professionale e all’indipendenza economica delle giovani indigenti, e sostenne proposte legislative per l’equiparazione giuridica tra i sessi.[18]

3.3. Dagli anni Cinquanta all'unificazione: il ruolo delle donne nei contesti bellici e politici

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Dopo il triennio rivoluzionario (1846–1849), gli anni Cinquanta dell'Ottocento furono connotati da un contesto politico meno favorevole all'intervento diretto delle donne. La centralità dell'azione patriottica si spostò dalle mobilitazioni civili alle strategie diplomatiche, governative e parlamentari, ambiti prevalentemente maschili. Anche le insurrezioni popolari che accompagnarono la caduta dei regimi centro-settentrionali furono guidati da strategie politiche che relegarono le donne a ruoli marginali e ausiliari.

Nonostante l'esclusione formale, molte donne continuarono a contribuire attivamente alla causa nazionale in diverse forme: partecipando ad attività cospirative e a organizzazioni politiche e insurrezionali, raccogliendo fondi, mettendo in atto gesti simbolici individuali, promovendo iniziative educative rivolte alla formazione delle "future italiane".[26]

Castiglione delle Stiviere, monumento alle donne eroiche che soccorsero i feriti della battaglia di Solferino.

A Venezia, dopo la caduta della Repubblica avvenuta nell'agosto 1849, alcune donne parteciparono alla riorganizzazione del movimento liberale, nonostante la dura repressione austriaca. Marianna Catterinetti Franco Fontana svolse un'importante ruolo di collegamento con i patrioti milanesi, attraverso il cognato, amico di Clara Maffei; nel 1851 venne arrestata e condotta in prigione prima a Verona, poi a Venezia. Erminia Fuà Fusinato affiancò il marito e il cognato nell'attività insurrezionale, scelta che la condusse all'esilio fiorentino negli anni Sessanta. Altre donne manifestarono il loro dissenso contro gli austriaci in modo simbolico, ostentando abiti a lutto, o al contrario, accessori che richiamavano il tricolore, disertando i teatri e celebrando le ricorrenze patriottiche.[27]

Durante la seconda guerra d'indipendenza, che si concluse con la sconfitta dell'Austria e l'acquisizione della Lombardia da parte del re di Sardegna, l'impegno di figure come Serafina Donadei, Maddalena Donadoni Giudici, Adeodata Friggeri e delle donne di Castiglione delle Stiviere, che si dedicarono a soccorrere i combattenti, fu particolarmente ricordato dopo l'episodio cruciale della battaglia di Solferino e San Martino (1859).[28] Il loro operato pose le basi per la creazione della Croce Rossa Internazionale.[29][30]

3.3.1. La Spedizione dei Mille

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In Lombardia Felicita Bevilacqua promosse con altre donne una sottoscrizione nazionale a sostegno dell'impresa dei Mille, mentre altre patriote fecero da tramite tra le diverse organizzazioni o inviarono appelli al re o a Garibaldi.[31]

Nel maggio 1860 Rosalia Montmasson partecipò alla Spedizione, nonostante l'opposizione del compagno Francesco Crispi. Durante la campagna prestò soccorso ai feriti e, nei momenti più critici, imbracciò le armi, guadagnandosi il soprannome di "Angelo dei Mille" ed "Eroina di Catalafimi". In Sicilia, si unirono all'impresa anche le patriote Antonia Masanello, la romana nota come "Marzia", la palermitana "Lia" e l'anglo-italiana Jessie White-Mario.[32]

Comune di Treviso - convocazione del plebiscito di annessione del Veneto al regno d'Italia del 21-22 ottobre 1866

3.4. Le rivendicazioni di inclusione politica: il dibattito sull'esclusione dai plebisciti

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Nel giugno del 1866 il neonato Regno d'Italia dichiarò guerra all'Impero austriaco, con l'obiettivo di completare l'unificazione nazionale.

Le province venete furono oggetto di dura repressione da parte austriaca; in risposta molte patriote si prepararono all'impegno nelle fila garibaldine e assunsero ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni politiche. Dopo la firma del trattato di pace, la fine della sovranità austriaca fu salutata da manifestazioni di giubilo popolare. La contessa Montalban Comello fu la prima ad esporre dal balcone del proprio palazzo la bandiera tricolore italiana.[33]

Nonostante l'attiva partecipazione femminile al processo risorgimentale, il plebiscito per l’annessione del Veneto al Regno d’Italia ammise al voto solo i cittadini di sesso maschile. Le patriote venete protestarono indirizzando al re Vittorio Emanuele II un documento intitolato Voto Femminile, in cui lamentarono l'esclusione da un momento politico fondamentale, al quale avevano contribuito in modo determinante.[34]

Anche in altre città italiane le cronache riportarono episodi di protesta da parte di donne contro l'esclusione dal voto. In alcuni casi si concesse loro di depositare simbolicamente schede apocrife in urne separate, come testimonianza della loro convinta adesione al processo di costruzione del nuovo ordine nazionale.

Un'eccezione si era verificata nel 1860 nel Mezzogiorno in occasione del plebiscito per l’annessione delle province napoletane del Regno delle Due Sicilie nel costituendo Regno d'Italia. Marianna De Crescenzo detta "la Sangiovannara", [35] taverniera napoletana legata alla cosiddetta "camorra liberale", il 21 ottobre 1860 fu ammessa a votare, unica donna tra circa due milioni di votanti.[36] La sua partecipazione fu motivata dal ruolo attivo svolto nei giorni precedenti l’arrivo di Garibaldi a Napoli.

3.5. Costruzione della memoria risorgimentale, identità nazionale e rappresentazioni di genere

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Adelaide Cairoli

Nel processo di costruzione della memoria risorgimentale, il ruolo femminile fu progressivamente ridimensionato, nonostante l’ampia partecipazione delle donne ai moti patriottici. Le narrazioni postunitarie preferirono enfatizzare il loro contributo come sostegno morale e affettivo agli uomini, incanalando la rappresentazione femminile in una cornice idealizzata e passiva. In questa visione, la nazione stessa fu simbolicamente "femminilizzata", raffigurata come madre amorevole e sofferente, da proteggere e riscattare, mentre alle donne reali veniva assegnato il compito di incarnare virtù domestiche e sacrificio silenzioso.

Tale modello si radicava in una più ampia eredità culturale, derivata dal pensiero illuminista e dal riformismo settecentesco, che esaltava la funzione materna e pedagogica della donna, relegandola però a un ruolo subalterno nella sfera privata, esclusa dalla partecipazione politica e dalla cittadinanza attiva.[37]

Nel processo di costruzione dell’identità nazionale italiana, si affermò così una netta distinzione tra i compiti attribuiti ai due sessi: agli uomini spettava il compito di combattere, morire, fondare lo Stato, alle donne di assisterli, sostenere, allevare e trasmettere valori morali e patriottici. La figura della madre patriottica divenne un elemento simbolico centrale della nuova Italia, uno dei miti fondanti della nazione, come esemplificano le figure di Adelaide Cairoli e di Caterina Franceschi Ferrucci, il cui impegno educativo e familiare fu spesso narrato come parte integrante della causa nazionale. I protagonisti delle gesta risorgimentali spesso omaggiarono nelle loro memorie le proprie madri, erette a emblema di dedizione silenziosa e di virtù civili, rendendo questo tributo materno un topos della retorica patriottica postrisorgimentale.[38][39]

  1. Nadia Filippini, Nuove genealogie per il Risorgimento, su ilmanifesto.it, 11 febbraio 2012. URL consultato il 28 maggio 2025.
  2. Amedeo Benedetti, Sarteschi Calani Carletti, Amelia, su enciclopedialunigianese.it, 13 maggio 2018. URL consultato il 5 maggio 2025.
  3. Cilloni, Giulia, La partecipazione delle donne al movimento cospiratorio risorgimentale, in Kwartalnik Neofilologiczny, vol. 60, n. 2, 2013, pp. 225-237.
  4. Chiara Natoli, Giuseppina Turrisi Colonna (Palermo 1822 - Palermo 1848), in Atlante, vol. 18, 2023.
  5. Silvia Cavicchioli, Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione (PDF), in Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu (a cura di), Forme e metamorfosi della rappresentanza politica: 1848 1948 1968, Accademia University Press, 2019, pp. 62-76, OCLC 1142951344.
  6. 6,0 6,1 Alberto Mario Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza, 2004, p. 95, ISBN 9788842071747.
  7. Laura Guidi, Patriottismo femminile e travestimenti sulla scena risorgimentale, in Studi storici, vol. 41, n. 2, 2000, pp. 571-587.
  8. Cavicchioli, pp. 64
  9. Filippini, pp. 115
  10. Zazzeri, pp. 166
  11. Filippini, pp. 118
  12. Filippini, pp. 121
  13. Rosanna de Longis, “La donna italiana”. Un giornale del 1848, in Genesis, vol. 1, n. 1, 2002, pp. 261-266.
  14. Chiara Licameli, Voci di donne per una Italia Unita: «La donna Italiana: giornale politico-letterario», in Altrelettere, n. 7, 2018, pp. 1-23, DOI:0.5903/al_uzh-37.
  15. Soldani 2007, p. 219
  16. 16,0 16,1 Laura Guidi, Angela Russo, Marcella Varriale (a cura di), Il Risorgimento invisibile. Patriote del mezzogiorno d'Italia (PDF), Napoli, Edizioni del Comune di Napoli, 2011.
  17. Enrichetta Caracciolo, Misteri del chiostro napoletano, Firenze, Giunti, 1991, ISBN 88-09-20199-X.
  18. 18,0 18,1 Jolanda Leccese, Patriote del Mezzogiorno d’Italia, su donnarte.wordpress.com, 8 febbraio 2012. URL consultato il 14 maggio 2025.
  19. Antonietta De Pace, su donnedinapoli.coopdedalus.org. URL consultato il 28 maggio 2025.
  20. Natoli, pp. 5-6
  21. Natoli, pp. 6
  22. Grimaldi, pp. 23
  23. Natoli, pp. 11
  24. Grimaldi, pp. 65
  25. Grimaldi, pp. 29-30
  26. Simonetta Soldani, Educarsi, educare. Le «donne della nazione» dopo il Quarantotto, in Mario Allegri (a cura di), Pensare gli italiani 1849-1890. I. 1849-1859, Scripta edizioni, 2021, pp. 498-500.
  27. Filippini, pp. 125-126
  28. Soldani 2007, p. 216
  29. Elisa Zanola, Donne sui campi di battaglia: le vivandiere (PDF), in Bollettino Società di Soferino e San Martino, n. 9, 2016, p. 24.
  30. Storia della Croce Rossa, su cri.it. URL consultato l'8 maggio 2025.
  31. Filippini, pp. 128-130
  32. Rose Montmasson, una patriota che combatté per l’Unità d’Italia, su difesa.it. URL consultato il 1º maggio 2025.
  33. Filippini, pp. 132-133
  34. Filippini, pp. 135-136
  35. Fruci 2007, p. 33
  36. Fruci 2007, pp. 32-34
  37. Banti 2011, pp. 39-40
  38. Rosanna De Longis, Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione, in Memoria : rivista di storia delle donne, n.31, Torino, Rosenberg & Sellier, 1991, p. p. 85, OCLC 800560792.
  39. Banti 2011, pp. 38-40

Bibliografia

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  • Silvia Chiavicchioli, Donne e politica nel 1848 italiano, tra partecipazione, cittadinanza e nazione, in Pietro Adamo, Antonio Chiavistelli, Paolo Soddu (a cura di), Forme e metamorfosi della rappresentanza politica : 1848, 1948, 1968, Torino, Accademia University Press, 2019, pp. 62-76, OCLC 1142951344.
  • Rosanna De Longis, Le donne hanno avuto un Risorgimento? Elementi per una discussione, in Memoria : rivista di storia delle donne, n. 31, Torino, Rosenberg & Sellier, 1981-1991, OCLC 800560792.
  • Nadia Maria Filippini, Donne sulla scena pubblica: società e politica in Veneto tra Sette e Ottocento, Milano, F. Angeli, 2012, OCLC 1159091459.
  • Gian Luca Fruci, Cittadine senza cittadinanza. La mobilitazione femminile nei plebisciti del Risorgimento (1848-1870), in Vinzia Fiorino (a cura di), Genesis. V/2, 2006. Una donna, un voto, Viella, 2007, OCLC 889151873.
  • Aurora Ornella Grimaldi, Risorgimento e donne di Sicilia: Il canto di Giuseppina Turrisi Colonna, Università di Salamanca.
  • Chiara Natoli, Scrittrici palermitane e rivoluzione: la ‘Strenna pel 12 gennaro 1849’, in Sinestesie, XIII, n. 43, 2024, pp. 1-15.
  • Simonetta Soldani, Donne della nazione: presenze femminili nell'Italia del Quarantotto, in Passato e presente, n. 46, 1999, pp. 75-102.
  • Simonetta Soldani, Il Risorgimento delle donne, in Alberto Mario Banti, Paul Ginsborg (a cura di), Il Risorgimento, Torino, Einaudi, 2007, OCLC 860142613.
  • Angelica Zazzeri, Donne in armi: immagini e rappresentazioni nell’Italia del 1848-49, in Genesis: V/2, 2006, Roma, 2006/2007, pp. 165-188.