Una storia dell'ebraismo/Capitolo 1
La preistoria dell'ebraismo
[modifica | modifica sorgente]La religione ebraica (Ebraismo) è emersa dagli scritti della Bibbia ebraica (Tanakh), ma in realtà non si trova in quegli scritti. L'Ebraismo è una religione che adora Dio[1] attraverso le parole – preghiera, sermoni, lettura delle Scritture e simili – in edifici chiamati sinagoghe sotto la guida di rabbini eruditi. La Bibbia sa qualcosa della preghiera ma nulla del resto: la Bibbia descrive una religione incentrata su un singolo edificio comunemente chiamato Tempio e guidata da sacerdoti ereditari che adorano attraverso le azioni – elaborati riti sacrificali e altre cerimonie di purificazione ed espiazione. La transizione da quella religione primitiva a quella che le persone moderne riconoscerebbero è la trama di questo mio libro.
Quasi tutte le nostre informazioni sulle prime parti di questa storia provengono dalle pagine della Bibbia[2] (cfr. riquadro: "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"). La Bibbia in realtà non è un singolo libro; è un'antologia di materiali scritti nell'arco di molti secoli – forse anche di 1 000 anni – in due lingue diverse e in almeno due paesi diversi. Non sorprende che i suoi scritti mostrino una varietà di stili e prospettive su molte questioni importanti (cfr. Capitolo 2). Questa varietà di contenuti ha permesso ai lettori successivi di trovare molti messaggi diversi nelle sue pagine e di applicarli alla grande varietà di situazioni che si sono trovati ad affrontare. Questa flessibilità è la chiave del successo straordinariamente duraturo della Bibbia nel sostenere individui e comunità di fede per oltre due millenni.
Tuttavia, dal punto di vista dello storico, la Bibbia presenta un problema molto difficile. Molte, forse la maggior parte, delle sue narrazioni furono scritte molto tempo dopo gli eventi che descrivono (la storia inizia con la creazione del mondo!), e quasi nulla nella Bibbia può essere confermato da qualsiasi altra fonte antica di informazione. Come sempre con informazioni non corroborate, l'osservatore moderno non è in grado di giudicare l'affidabilità storica della Bibbia, non è in grado di misurare la distanza tra descrizione ed evento, non è in grado di leggere le storie della Bibbia e capire cosa (se qualcosa) sia realmente accaduto.[3] La Bibbia non può quindi essere letta come un documento storico: bisogna invece comprendere che la narrazione biblica è un distillato della memoria nazionale concepito per trasmettere un messaggio religioso. Il messaggio religioso della Bibbia è forte e chiaro, ma non possiamo sempre sapere come gli eventi descritti sarebbero apparsi senza lo scopo religioso che ora plasma la narrazione, o addirittura come gli autori della Bibbia abbiano appreso di quegli eventi in primo luogo.
Allora, noi lettori moderni, possiamo veramente imparare la storia antica dalla Bibbia? Certo che possiamo, ma non nel modo in cui possiamo imparare la storia dagli archivi o da altri documenti ufficiali. La chiave per imparare la storia dalla Bibbia è focalizzare l'attenzione non sul contenuto delle storie, ma sulle storie stesse: chi le ha raccontate? Perché? Come le hanno comprese le persone che le hanno raccontate? Quali verità vi hanno trovato? Quali insegnamenti hanno cercato di trasmettere? Le persone hanno recitato queste narrazioni per ben oltre 2 000 anni ― questo di per sé è un fatto storico di enorme importanza. Dopo un breve riassunto della narrazione stessa, sarà possibile riflettere su tali domande.
COSA CONTIENE LA BIBBIA?
1. Genesi. Contesto della nascita del popolo d'Israele, dalla creazione del mondo attraverso le vite dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e delle matriarche (Sara, Rebecca, Lia, Rachele) fino alla morte di Giuseppe in Egitto.
2. Esodo. Schiavitù in Egitto, poi liberazione. Alleanza al Sinai, rivelazione dei comandamenti di Dio, costruzione del Tabernacolo per il culto formale. Storia del Vitello d'Oro: la prima caduta di Israele nell'idolatria.
3. Levitico. Regole per il mantenimento della purezza rituale e la corretta esecuzione dei sacrifici; anche per la creazione di una comunità sacra. Prima descrizione delle leggi alimentari e delle feste dell'anno.
4. Numeri. Censimento nel deserto prima della marcia verso la Terra Promessa. Incidenti nel corso di quella marcia, ulteriore legislazione.
5. Deuteronomio. Discorso di addio di Mosè: riassunto della sua carriera, riassunto dei comandamenti di Dio, avvertimento delle conseguenze della disobbedienza. Mosè muore ai confini della Terra Promessa.
a. I Primi Profeti. Nonostante il nome tradizionale, questa sezione contiene in realtà pochissime profezie. Piuttosto, prosegue principalmente la narrazione oltre la morte di Mosè.
6. Giosuè. Conquista e insediamento iniziale della Terra Promessa da parte di Israele.
7. Giudici. Le generazioni successive. L'infedeltà a Dio porta oppressori stranieri; il pentimento porta la liberazione.
8. 1 e 2 Samuele. L’ultimo dei giudici e il primo dei re d’Israele fino alla morte di Davide.
9. 1 e 2 Re. La storia dei regni fino alla loro distruzione.
Nota: I libri ora citati come coppie numerate erano originariamente opere singole. Furono divisi dai copisti nel Medioevo a causa delle loro grandi dimensioni. Tale non è il caso dei libri numerati del Nuovo Testamento, che sono documenti separati.
b. I Profeti posteriori . Questi sono i grandi oratori e scrittori della Bibbia.
10. Isaia. L'Isaia storico visse intorno al 700 AEV, ma molti contenuti di questo libro sembrano risalire a un'epoca successiva, durante l'esilio babilonese e forse anche più tardi.
11. Geremia. Vissuto all'incirca all'epoca dell'Esilio, il libro contiene una significativa narrazione biografica insieme alle orazioni di Geremia.
12. Ezechiele. Contemporaneo di Geremia, ma visse e profetizzò tra gli esuli a Babilonia.
13. I Dodici. Dodici libri profetici molto più brevi, attribuiti a scrittori vissuti in un arco di diversi secoli. Solo Giona contiene una narrazione significativa.
- Osea
- Gioele
- Amos
- Abdia
- Giona
- Michea
- Naum
- Abacuc
- Zaccaria
- Aggeo
- Sofonia
- Malachia
14. Salmi. Una raccolta di 150 poemi religiosi, molti dei quali attribuiti al re Davide.
15. Proverbi. Raccolta di saggi insegnamenti, in gran parte attribuiti al re Salomone.
16. Giobbe. Una storia di rettitudine messa alla prova dalla sofferenza.
Le Cinque Meghillot, così chiamate perché vengono lette liturgicamente in occasione di festività specifiche (questo raggruppamento riflette una successiva pratica sinagogale e non è una sezione formalmente riconosciuta della Bibbia).
17. Cantico dei Cantici. Una poesia d'amore attribuita a re Salomone. Viene letta nelle sinagoghe durante la Pesach.
18. Rut. Un breve racconto di lealtà e amore ambientato ai tempi dei giudici; le origini della dinastia di re Davide. Da leggere nella Festa delle Settimane (Shavuot).
19. Lamentazioni. Poemi sulla distruzione di Gerusalemme, attribuite a Geremia. Da leggere il 9 di Av, anniversario della distruzione del Tempio.
20. Ecclesiaste o Qohelet. Riflessioni filosofiche, attribuite a re Salomone. Da leggere durante Festa delle Capanne.
21. Ester. Intrighi alla corte reale di Persia; gli ebrei sconfiggono a malapena i malvagi piani di un potente nemico. Letto durante Purim. Questo è l'unico libro della Bibbia in cui Dio non viene mai menzionato direttamente nel testo ebraico.
22. Daniele. Storie di ebrei leali nelle corti reali di Babilonia e Persia; anche visioni della Fine della Storia.
23. Ezra-Nehemiah. I leader ebrei e le loro conquiste nel periodo successivo all'esilio babilonese.
24. 1 e 2 Cronache. Rivisitazione della storia di Israele dai tempi di re Davide fino al ritorno dall'esilio babilonese. In gran parte una revisione, ma a volte una semplice ripetizione dei Libri di Samuele e dei Re.
In tempi recenti l'acronimo ebraico Tanakh (Torah, Nevi’im [profeti], Ketuvim [scritti]) è stato utilizzato per designare l'intera raccolta di ventiquattro libri.

La tradizione cristiana, seguendo l'usanza degli antichi ebrei di lingua greca, organizzò questi libri in modo diverso, in due sezioni (non formalmente separate) contenenti rispettivamente la narrazione in prosa e le composizioni poetiche.
L'ordine era il seguente:
- Genesi
- Esodo
- Levitico
- Numeri
- Deuteronomio
- Giosuè
- Giudici
- Rut
- 1 e 2 Samuele
- 1 e 2 Re
- 1 e 2 Cronache
- Esdra
- Neemia (libro separato)
- Ester
- Giobbe
- Salmi
- Proverbi
- Ecclesiaste
- Cantico dei Cantici
- Isaia
- Geremia
- Lamentazioni
- Ezechiele
- Daniele
- I Dodici
La narrazione biblica
[modifica | modifica sorgente]Primi sviluppi. La Bibbia inizia con la creazione del mondo da parte del Dio d'Israele.[4] Non si tratta di un dio che lotta o collabora con altri dèi, come nei miti di altri popoli; il Dio d'Israele crea il mondo da solo, senza sforzo o difficoltà, semplicemente comandando passo dopo passo che l'ordine cosmico venga ad esistere. In questo mondo il Creatore colloca tutte le specie viventi, inclusa una coppia umana di nome Adamo ed Eva. Adamo ed Eva avrebbero potuto vivere spensierati sotto la protezione di Dio nel Giardino dell’Eden, ma trasgredirono: c'era un solo albero nel giardino, l'"albero della conoscenza del bene e del male", il cui frutto era stato detto loro di evitare, ma mangiarono quel frutto e di conseguenza furono espulsi nel mondo del duro lavoro, il mondo del sesso, della nascita e della morte. Il solo atto di apprendere la differenza tra il bene e il male portò sofferenza nel mondo.
I primi capitoli della Bibbia contengono diverse altre drammatiche rappresentazioni dell'incapacità degli esseri umani di vivere come dovrebbero. Adamo ed Eva ebbero due figli di nome Caino e Abele, e uno uccise l'altro. L'immoralità sessuale e la violenza divennero diffuse. Cinque generazioni dopo Caino, avvenne un altro omicidio. Alla decima generazione, Dio era così scoraggiato che distrusse l'intera creazione con un diluvio; solo un uomo giusto (Noè) e la sua famiglia furono salvati per dar via a un nuovo inizio. Ma anche Noè purtroppo deluse: uscendo dall'arca con cui aveva superato il diluvio, piantò una vigna, si ubriacò e inflisse umiliazioni sessuali alla sua famiglia.[5] I discendenti di Noè crebbero di nuovo numerosi, ma poi costruirono la famosa Torre di Babele in ribellione contro la volontà di Dio. Costretti di conseguenza a parlare lingue diverse, si dispersero per il mondo: l'idillio era andato a male.
Il lettore moderno può facilmente comprendere come queste narrazioni cerchino di rispondere a domande fondamentali sulla natura dell'esistenza umana: perché non parliamo tutti la stessa lingua? Perché le persone devono lavorare così duramente per procurarsi il cibo? Perché si muore? Perché l'impulso sessuale è così forte e il parto così doloroso? Perché le donne sono subordinate agli uomini? Tutte le culture antiche hanno narrato storie di questo tipo, e gli studiosi moderni possono confrontare le versioni bibliche con altre che circolavano nel mondo antico, inserendo così Israele più saldamente nel contesto culturale del Vicino Oriente antico.
Ma tali paragoni non spiegano perché la Bibbia stessa sia stata preservata o come questa particolare versione di quelle storie sia arrivata a dominare la nostra civiltà. Solo la fase successiva della narrazione lo spiega.
Dio fa una scelta. Dopo venti generazioni di storia umana, Dio improvvisamente incaricò un uomo di nome Abram (אַבְרָם), proveniente da una famiglia con radici in Mesopotamia, di recarsi nella lontana terra di Canaan e di stabilirvisi. In effetti, il padre di Abram era partito per questa stessa destinazione anni prima, ma non aveva mai raggiunto il suo obiettivo; ora Abram poteva completare il viaggio del padre e compiere una missione divina allo stesso tempo. La Bibbia non spiega mai del tutto la scelta di quest'uomo da parte di Dio; ci viene detto che era giusto, ma non ci viene detto (come fu detto di Noè) che fosse l'unico uomo giusto della sua generazione.
Quale che fosse la ragione della scelta di Dio, i risultati furono epocali. Abram si stabilì a Canaan e ricevette la promessa o alleanza di Dio che i suoi discendenti avrebbero ereditato quella terra e vi sarebbero diventati una grande nazione. Il segno di questo patto sarebbe stato l'antico rito della circoncisione, eseguito sul corpo di ogni neonato maschio nella prima settimana di vita. Come simbolo del suo nuovo status, Abram ricevette un nuovo nome, Abraham; come segno della speciale cura di Dio per lui, suo figlio ed erede Isacco non nacque prima che Abramo avesse 100 anni. Col tempo Isacco divenne il padre di Giacobbe, che fu anche chiamato Israele, e nella generazione successiva le quattro mogli di Giacobbe gli diedero un totale di dodici figli maschi e una femmina.
Una carestia costrinse la famiglia di Giacobbe ad abbandonare la patria a loro destinata e si stabilì in Egitto. Uno dei figli di Giacobbe, Giuseppe, dopo molte avventure aveva elaborato un piano per salvare l'Egitto dagli effetti di questa stessa carestia, e aveva quindi acquisito un grande potere nel paese; sotto la protezione del loro famoso fratello, la famiglia si moltiplicò e prosperò nella loro nuova dimora. Alla fine, tuttavia, un nuovo re perse di vista il debito di gratitudine della sua nazione; sospettoso del numero degli Israeliti, li ridusse in schiavitù.[6] Soffrirono molto finché alla fine Dio si ricordò del loro patto ancestrale e mandò un nuovo capo, Mosè, per aiutarli a liberarsi dalle loro catene. Dio (e Mosè) compirono molti atti prodigiosi, infliggendo molte "piaghe" agli ostinati Egiziani; infine, dopo la terrificante morte di ogni primogenito in Egitto, al popolo israelita fu permesso di andarsene. Anche ora, tuttavia, il re si pentì di averli lasciati andare e cercò di inseguirli: in un miracolo finale, il popolo attraversò il mare giungendo in terraferma, ma gli inseguitori egiziani invece annegarono nel tentativo di seguirli. Così i discendenti di Giacobbe divennero il popolo libero di Israele, una nazione di dodici tribù che prese il nome dai dodici figli di Giacobbe, popolo di quasi 2 milioni di persone.[7]
IL CALENDARIO BIBLICO
Un calendario, apparentemente lunare, usava nomi per i mesi, sebbene ne siano sopravvissuti solo quattro: la maggior parte di questi compare nel racconto della costruzione del Tempio da parte di Salomone (1 Re 6-8). Un anno di dodici mesi lunari dura solo 354 giorni e diverse feste annuali (cfr. descrizione seguente) avevano chiare associazioni stagionali, eppure non ci sono prove che spieghino come le persone che usavano questo calendario impedissero a tali feste di essere fuori stagione. (Nei secoli successivi le autorità aggiunsero occasionalmente un tredicesimo mese in primavera per assicurarsi che la Pesach non cadesse troppo presto.) Per secoli, i mesi lunari furono dichiarati in base all'effettiva osservazione della luna nuova; si dice che il capo rabbinico del IV secolo Hillel II abbia abbandonato questo sistema e abbia istituito formule matematiche per determinare la lunazione. Si veda Capitolo 8, in particolare "Taqqanot e Gezerot rabbiniche antiche".
Un altro calendario numera solo i mesi, a partire dal mese dell'equinozio di primavera, il mese in cui cade la Pesach. Potrebbe trattarsi di un calendario solare simile a quelli conosciuti nell'antico Egitto e altrove, composto da dodici mesi di trenta giorni e un giorno in più ogni trimestre per completare esattamente cinquantadue settimane. L'uso di questo calendario potrebbe spiegare perché Genesi 1:14 indica che i corpi celesti servono a segnare giorni e anni, ma non dice nulla sui mesi.
La settimana di sette giorni è un'unità del tutto artificiale; i tentativi di collegarla alle fasi lunari o alle caratteristiche del calendario babilonese non hanno avuto successo. A parte lo Shabbat, anche i giorni della settimana sono numerati, non nominati: l'ebraico moderno ancora non ha nomi per gli altri giorni della settimana.
Fin dall'antichità, gli Israeliti celebravano feste annuali in determinati periodi chiave dell'anno. In seguito, tre di queste feste furono contrassegnate dal pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme e, a quanto pare, furono concepite fin dall'inizio come un ciclo annuale. La più famosa di queste era la festa primaverile della Pesach, collegata alla Festa dei Pani Azzimi. Insieme, queste feste servivano a commemorare la fuga degli Israeliti dalla schiavitù egiziana ai tempi di Mosè. In origine, le osservanze potrebbero essere state separate: l'offerta di un agnello il quattordicesimo giorno del primo mese, seguita da un'astensione di una settimana da cibi lievitati o fermentati a partire dal quindicesimo. Fin dall'antichità, tuttavia, queste due feste furono unite in un'unica grande celebrazione. Un resoconto successivo suggerisce che, poco prima della distruzione del Secondo Tempio, oltre un milione di pellegrini si riunivano a Gerusalemme ogni anno per celebrare questa festa (cfr. Flavio Giuseppe , Guerra giudaica, 6.424).
Sette settimane dopo, l'inizio della stagione del raccolto fu segnato da una festa più breve; col tempo anche questa osservanza acquisì una dimensione storica come anniversario della rivelazione della Torah sul Monte Sinai.
Infine, la grande festa autunnale del raccolto era segnata dalla costruzione di capanne nei campi dove la gente mangiava e dormiva. Queste capanne avevano probabilmente un'origine utilitaristica: quando ogni ora contava, i contadini non volevano perdere tempo ogni giorno per spostarsi tra i loro villaggi e i loro campi. Col tempo, tuttavia, la Festa delle Capanne o dei Tabernacoli divenne un altro simbolo della memoria storica, ricordando i quarant'anni di peregrinazioni di Israele nel deserto prima che gli schiavi liberati raggiungessero la Terra Promessa (Levitico 23:43).
Un'ulteriore coppia di festività veniva celebrata ogni autunno, sebbene la prova della loro effettiva osservanza provenga solo dal periodo biblico successivo. La luna nuova autunnale segnava l'inizio dell'anno civile, e il decimo giorno successivo divenne un giorno annuale di espiazione caratterizzato da digiuno e cerimonie elaborate. Inizialmente questo giorno sembra essere stato incentrato sul Tempio stesso e serviva una volta all'anno per purificare il santuario da qualsiasi contaminazione accidentale della sua sacralità, ma col tempo l'annuale Giorno dell'Espiazione (Yom Kippur) divenne il giorno più sacro dell'anno, celebrato dagli ebrei di tutto il mondo.
I libri successivi della Bibbia aggiunsero diverse nuove festività al calendario. Il Libro di Ester istituì la festa di Purim, all'inizio della primavera, per celebrare la fuga degli ebrei persiani dai malvagi disegni di un ministro reale ostile. Il profeta Zaccaria, verso la fine del periodo biblico, accenna a una serie di digiuni durante l'anno che dovevano commemorare eventi disastrosi del passato (Zaccaria 8:19).
D'altra parte, alcune osservanze sembrano essere cadute in disuso. L'offerta di un covone di grano ogni primavera inaugurava il raccolto di grano del nuovo anno (Levitico 23:9-14), ma questo rito scomparve con la distruzione del Tempio, dando solo il suo nome (Omer, la parola ebraica per "covone") al periodo di sette settimane dopo la Pesach. Il momento preciso per l'offerta di questo covone divenne oggetto di accese controversie durante il periodo del Secondo Tempio, e sembrano essere sorte anche altre dispute tra i sostenitori di questi diversi calendari; cfr. Capitolo 5, "Calendario & Controversie".
Gli elenchi più dettagliati delle feste bibliche si trovano in Levitico 23 e Numeri 28-29; si veda anche Deuteronomio 16 e (più brevemente) Esodo 23:14-19;34:22-26. Neemia 8 riporta che in seguito i Giudei di ritorno dall'esilio babilonese trovarono le regole per queste feste nella Torah e evidentemente non le conoscevano. Si veda il Capitolo 3, "Il Libro di Re Giosia", per una celebrazione della Pesach ebraica ai tempi di re Giosia, poco prima della distruzione del Primo Tempio.
L'Alleanza decisiva. Mosè condusse il popolo nel deserto del Sinai. Lì, dalla cima di una montagna, la voce di Dio parlò loro e diede loro le leggi secondo cui avrebbero dovuto vivere. Dio si offrì di rinnovare la Sua alleanza con loro come popolo, e loro accettarono con entusiasmo. Israele divenne la nazione di Dio. Ora vivevano sotto la protezione di Dio e soggetti al Suo governo e al Suo giudizio. Il destino della nazione sarebbe ora dipeso dalla loro lealtà a Dio e all'Alleanza, dalla loro obbedienza ai Suoi comandamenti.
Mosè salì sul monte e trascorse quaranta giorni e quaranta notti alla presenza di Dio; al suo ritorno, portò con sé la parola di Dio scritta su tavole di pietra. Le ripose in un contenitore speciale e, per custodire questo sacro scrigno, costruì un santuario mobile dove il popolo potesse incontrare il suo Dio e adorarlo. Tuttavia, quasi subito, si verificò una situazione che sarebbe diventata presto familiare: ripetutamente, il popolo rinunciò alle proprie speranze tradendo i propri obblighi e violando i comandamenti di Dio.[8] Al momento della sua morte, Mosè era completamente disilluso dal suo popolo; nel suo discorso d'addio, li avvertì che la continua disobbedienza avrebbe portato alla catastrofe.
Il popolo e la loro terra. Per fedeltà all'alleanza, Dio guidò il popolo attraverso il deserto per quarant'anni e poi lo condusse nella Terra Promessa. Ancora una volta, tradirono ripetutamente l'alleanza adorando altri dèi. Privi della protezione divina, furono ripetutamente invasi e oppressi da nazioni straniere. Ogni volta, sotto la pressione della sofferenza, si pentirono: Dio li avrebbe salvati dai loro nemici, ma presto sarebbero caduti di nuovo.
Dopo alcune generazioni, le tribù unirono le loro forze e costruirono un regno sotto l'eroico Davide. A Davide seguì Salomone, famoso per la sua saggezza, che costruì il Primo Tempio permanente a Dio nella nuova capitale reale, Gerusalemme. Tramite i profeti, Dio assicurò che la famiglia di Davide sarebbe salita per sempre sul trono d'Israele, ma i vecchi schemi di slealtà continuarono a ripresentarsi; dieci tribù su dodici si ribellarono alla famiglia reale, lasciando ai suoi discendenti il governo della sola tribù di Davide, Giuda; in entrambi i regni, i ricchi opprimevano i poveri e il culto di altri dei persisteva. Il regno di Israele, che comprendeva le dieci tribù ribelli, fu distrutto dai conquistatori assiri nel 722 AEV. Poi il regno davidiano di Giuda fu spazzato via, il Tempio di Salomone fu demolito e i capi della nazione furono deportati in esilio a Babilonia (l’Esilio babilonese) nel 586 AEV. Sembrava che la santa alleanza fosse crollata.
Ma ora il resto del popolo attuò una vera riforma delle proprie abitudini. Finalmente abbandonò l'attrazione per false divinità; finalmente accettò l'autorità dell'unico vero Dio. Un gruppo di esuli tornò nella terra dei loro antenati e ricostruì il Tempio. Sotto la guida di Esdra, Neemia e dell'ultimo dei profeti, si dedicarono nuovamente all'edificazione di una comunità santa basata sulla devozione alla parola di Dio e agli insegnamenti di Mosè. L'apostasia continuò, naturalmente, ma non dominava più la vita nazionale. Il popolo problematico di Israele era diventato la nazione santa degli ebrei.[9]

Vale la pena ripetere che la narrazione precedente non può essere verificata come Storia. La maggior parte dei personaggi della saga biblica non compare negli scritti storici di nessun'altra nazione antica; la maggior parte degli eventi di questa saga non è raccontata in nessun altro documento antico. L'importanza della storia non risiede nella questione se gli eventi siano realmente accaduti, cosa che non può essere determinata, ma nella certezza che la storia sia stata raccontata più e più volte, nel corso di innumerevoli generazioni: questo fatto, di fondamentale importanza, è fuori da ogni dubbio. La narrazione epica appena riassunta ha plasmato la coscienza di uomini e donne ebrei fin dagli albori della storia ebraica.
La narrazione biblica stabilisce alcune concezioni che sono rimaste centrali per la nascente religione ebraica. La storia identifica il Dio degli ebrei come creatore e unico sovrano dell'universo. Afferma la pretesa di Israele di un rapporto speciale con questo Dio e spiega come questo rapporto sia nato. La storia descrive lo stile di vita ebraico e la patria nazionale ebraica come doni di Dio e porte d'accesso alla santità per coloro che rispettano le richieste e gli insegnamenti di Dio; d'altra parte, contiene anche un severo monito: coloro che si allontanano da quegli insegnamenti o che resistono a quelle richieste porteranno inevitabilmente alla catastrofe per sé stessi e per chi li circonda. Queste idee costituiscono il contesto per comprendere le strutture formali dell'antica religione israelita.
"I DIECI COMANDAMENTI" – DUE VERSIONI
Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù.
Non avrai altri dèi al mio cospetto.
Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Ricordati del giorno di Shabbat per santificarlo. Lavorerai sei giorni e compirai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore del Signore tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si è riposato il settimo giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Shabbat e lo ha santificato.
Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà.
Non ucciderai.
Non commetterai adulterio.
Non ruberai.
Non risponderai contro il tuo prossimo come falso testimone.
Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
Io sono YHWH, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla casa di schiavitù.
Non avrai altri dèi al mio cospetto.
Non ti farai scultura o immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai, perché io, YHWH, il tuo Dio, un Dio geloso, punisco la colpa dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, mentre uso misericordia fino alla millesima generazione, per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronunciare invano il nome di YHWH, tuo Dio, perché YHWH non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.
Osserva il giorno di Shabbat per santificarlo, come YHWH tuo Dio ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e farai ogni tuo lavoro, ma il settimo giorno è Shabbat in onore di YHWH tuo Dio: non fare alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bue, né il tuo asino, né alcuna delle tue bestie, né il forestiero che sta entro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato un servo nel paese d'Egitto e che YHWH tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio steso; perciò YHWH tuo Dio ti ordina di osservare il giorno di Shabbat.
Onora tuo padre e tua madre, come YHWH tuo Dio ti ha comandato, perché i tuoi giorni siano prolungati e tu prosperi sulla terra che YHWH, tuo Dio, ti dà.
Non uccidere,
non commettere adulterio,
non rubare,
E non risponderai contro il tuo prossimo come un vano testimone,
Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
La religione dell'Antico Israele
[modifica | modifica sorgente]Nella loro vita privata, gli antichi abitanti di Israele sembrano essere stati molto simili ai loro vicini. L'economia era prevalentemente rurale, basata sull'agricoltura e sulla pastorizia.[10] La legge biblica presuppone l'esistenza della schiavitù, ma la narrazione scritturale non menziona mai schiavi al di fuori delle famiglie dei più ricchi. Similmente, in teoria, gli uomini potevano prendere più mogli, ma pochissimi lo facevano, fatta eccezione per i più ricchi. La poligamia era costosa e pochi potevano permettersi di mantenere una famiglia numerosa; inoltre, mariti e mogli spesso sviluppavano legami affettivi che non lasciavano spazio a relazioni parallele. La legge biblica dà per scontata l'esistenza della poligamia, ma le Scritture riportano in realtà pochissimi casi di famiglie poligame.[11]
Quando le donne si sposavano, entravano a far parte delle famiglie dei loro mariti. Potevano mantenere legami di affetto con le famiglie di nascita, ma la loro identità legale era ora determinata dal matrimonio.[12] Per questo motivo, la legge biblica si preoccupava di provvedere alle vedove: non solo queste donne spesso mancavano di sostegno materiale, ma non avevano nemmeno un'identità legale sicura nella società.[13] La legge biblica proibisce ripetutamente il matrimonio con donne straniere; a volte il riferimento sembra limitato ai popoli nativi non-israeliti della Terra Promessa, ma a volte il divieto sembra assoluto. Ciononostante, la legge riconosce anche che un soldato potrebbe innamorarsi di una donna catturata in guerra (Deuteronomio 21:10-14), e le Scritture raccontano diversi casi di uomini israeliti che sposavano donne straniere.[14] Poiché le donne assumevano l'identità legale dei loro mariti al momento del matrimonio, le donne israelite che sposavano uomini stranieri probabilmente scomparivano dalla società israelita. Certo, la Bibbia non fornisce un singolo caso di una donna che lo facesse, ma questo potrebbe semplicemente confermare che tali donne se ne andarono con i loro mariti e scomparvero.
Il culto di una divinità nazionale era tipico del Vicino Oriente, ma in altri casi era solitamente combinato con la venerazione per le forze della natura, come la pioggia e la tempesta, o l'amore e la fertilità, che sembravano governare la vita delle persone; analogamente, anche in Israele, l'idea che il culto dovesse essere limitato a una sola divinità incontrò forti resistenze per generazioni. Si veda il Capitolo 2 per ulteriori approfondimenti.
La narrazione biblica non dice quasi nulla sulla vita religiosa dei privati. In occasioni speciali si offrivano sacrifici a Dio, ma è difficile stabilire se le regole formali bibliche sui sacrifici si applicassero a tali offerte private. Oltre ai grandi altari pubblici, le case private avevano luoghi specifici per le offerte domestiche? Non possiamo dirlo. Non sappiamo se il matrimonio o la nascita di un figlio fossero celebrati da cerimonie religiose diverse dalle consuete offerte di ringraziamento o dalle offerte di purificazione post-partum specificate in Levitico 12. Non possiamo nemmeno dire se le grandi feste fossero caratterizzate da rituali domestici oltre che dalle grandi cerimonie celebrate nei santuari pubblici.[15]
In ogni caso, come per tutti i popoli antichi, il culto pubblico degli Israeliti era incentrato sul sacrificio, il dono a Dio (solitamente tramite la distruzione) di un oggetto di valore. La legge biblica fornisce norme dettagliate per la corretta offerta del sacrificio: un oggetto di valore adeguato (di solito un animale, ma a volte anche grano, vino o olio d'oliva), l'occasione giusta (talvolta richiesta dal calendario o da un evento della propria vita come la nascita di un figlio, ma anche eventualmente il risultato di un voto spontaneo), le procedure necessarie, il personale appropriato.
Col passare del tempo, il diritto di offrire sacrifici passò ai sacerdoti ereditari (ebr. kohanim); la memoria nazionale fa risalire questo sacerdozio ad Aronne, fratello di Mosè, ma questa discendenza non può essere verificata. In effetti, vari passi biblici suggeriscono che in epoca antica il ruolo sacerdotale potesse essere assegnato su basi diverse; soprattutto, la tradizione suggerisce che prima dell'inizio del sacerdozio ereditario, questo ruolo fosse ricoperto dal figlio primogenito di ogni famiglia. Questa tradizione è chiaramente collegata alla tradizione narrativa secondo cui i primogeniti israeliti furono risparmiati quando i primogeniti d'Egitto furono tutti uccisi nella decima e ultima piaga.
Per un certo periodo, esistevano santuari locali e gruppi di sacerdoti locali sparsi in tutto il paese (cfr. immagine in basso), ma al tempo di re Giosia (fine del VII secolo AEV) tutto il culto sacrificale era centralizzato in un unico luogo (il Tempio) nella capitale Gerusalemme. Questo santuario era stato costruito sotto re Salomone circa 300 anni prima, ma le Scritture menzionano ristrutturazioni e altri cambiamenti nel corso dei secoli. Non possiamo dire con certezza come fossero il Tempio o le sue cerimonie al tempo di Salomone (le descrizioni potrebbero incorporare informazioni successive), ma negli ultimi anni il santuario era diventato un'importante istituzione nazionale, un centro di orgoglio e venerazione. La sua perdita nel 586 AEV fu considerata una punizione divina e una catastrofe nazionale.
Fin dai tempi antichi, la religione israelita aveva sviluppato un calendario di feste (cfr. "IL CALENDARIO BIBLICO"). Tra queste, probabilmente la più antica (e la più famosa) è la Pesach (Pasqua ebraica), ancora oggi una celebrazione annuale della liberazione di Israele dalla schiavitù egiziana. Questa festività primaverile prevedeva l'offerta annuale di un nuovo agnello (paschal) e l'attenta astensione da tutti i prodotti alimentari lievitati per una settimana. Un'attenta lettura dei testi biblici (si veda in particolare Esodo 12-13) suggerisce che queste osservanze potessero già essere antiche celebrazioni dell'arrivo della primavera, ma ora a esse veniva attribuito un nuovo livello di significato; oltre ad acclamare il loro Dio come signore della natura, gli Israeliti identificavano gli eventi principali della loro storia come opera del Suo braccio potente. Questo modello di andare oltre l'eterno e immutabile mondo dei cicli naturali per trovare un significato religioso negli eventi unici della storia fu uno dei grandi contributi di Israele al pensiero occidentale. In modo simile, la festa del raccolto autunnale delle Capanne o dei Tabernacoli (in ebraico Sukkot) riceve una spiegazione storica tramite il riferimento ad eventi che in realtà non vengono mai raccontati nella narrazione biblica (cfr. Levitico 23:43).
Nel corso del tempo, tuttavia, la caratteristica più sorprendente del calendario israelita si rivelò non essere affatto una festa annuale, bensì il giorno del Sabbath (Shabbat) settimanale, in cui il lavoro produttivo era proibito. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra cultura nell'antico Vicino Oriente aveva una settimana di sette giorni.[16] Le teorie abbondano sulle origini di questa idea, ma possiamo semplicemente notarne l'importanza. Si dice che Dio stesso abbia istituito il Sabbath fin dalla creazione del mondo (Genesi 2:1-3). Come segno della sua importanza, la Torah minaccia la pena di morte per coloro che violano il Sabbath (Esodo 31:14;35:2), e l'osservanza del Sabbath è l'unica disposizione cerimoniale nei cosiddetti Dieci Comandamenti o Decalogo (Esodo 20:8-11; Deuteronomio 5:12-15), un primo elenco di principi religiosi fondamentali. La Bibbia non fornisce molte informazioni dettagliate su questa importante istituzione israelita; non sappiamo quali rituali venissero eseguiti oltre ad alcuni sacrifici speciali (Numeri 28:9-10),[17] né sappiamo quali azioni fossero considerate faticose e quindi proibite.[18]
IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA
I narratori biblici, tuttavia, sembrano anche consapevoli che questa regola non è sempre adeguata. La famosa storia di Giona, anch'essa menzionata nel mio testo, contiene un profondo paradosso. Il profeta predice la caduta della grande città di Ninive, ma il popolo si sforza di cambiare le proprie vie peccaminose e Dio lo perdona (Giona 3). Ciò fa infuriare profondamente il profeta: ora la sua profezia è stata falsificata! Il messaggio del libro, tuttavia, è che la profezia ha avuto successo perché non si è avverata. La distruzione della città, non la sua sopravvivenza, sarebbe stata il vero fallimento.
Un episodio meno noto, in Geremia 28, riguardava uno scontro tra due profeti: lo stesso Geremia e un altro di nome Hanania ben Azur. Geremia aveva ripetutamente invocato la resa ai Babilonesi che assediavano Gerusalemme, ma Hanania non era d'accordo e lo fece in nome di Dio: predisse che entro due anni gli assedianti se ne sarebbero andati. Geremia non sapeva cosa fare; era profondamente convinto che Hanania stesse ingannando il popolo e che la sua stessa difesa della resa fosse la vera parola di Dio, ma come poteva dimostrarlo agli astanti perplessi? Quando due profeti offrono proclamazioni esattamente opposte della parola di Dio, come possono le persone sapere chi seguire? Geremia tornò a casa senza rispondere, solo per ricevere una nuova profezia che confermava la sua convinzione, e poi "il profeta Hanania morì quell'anno, nel settimo mese". Dio stesso, per così dire, giustiziò il rivale di Geremia con l’accusa di falsa profezia, ma è possibile che quando due profeti sono in disaccordo la nazione debba aspettare per vedere chi muore per primo?
Un'altra storia (1 Re 22:1-37) è ancora più sconcertante. I due re israeliti, Giosafat del sud e Acab del nord, si incontrarono per valutare l'idea di muovere guerra al loro nemico comune, gli Aramei. Giosafat, noto per la sua pietà, era pronto ad accettare, ma volle consultare i profeti di Dio prima di decidere. Molti profeti predissero la vittoria, ma alla fine un ultimo profeta (il suo nome era Michea ben Imla, e Acab lo detestava perché le sue profezie erano sempre ostili) offrì una visione sconvolgente: Dio aveva inviato uno spirito in tutti gli altri profeti per indurre Acab alla guerra, ma lo scopo di questo messaggio era quello di indurlo alla morte. Come previsto, Acab andò in guerra e come previsto fu ucciso. Avendo bisogno di una guida profetica, Acab aveva naturalmente seguito l'opinione della maggioranza, e questo gli fu fatale. La storia del profeta Michea solleva la terrificante possibilità che una profezia autentica possa provenire da Dio, ma con uno scopo nascosto e ingannevole, così che coloro che la seguono non ottengano la salvezza, ma siano condotti alla propria distruzione. Una volta consapevole di questo pericolo, chi seguirebbe mai più un profeta?
Le due versioni dei Dieci Comandamenti offrono spiegazioni piuttosto diverse sul motivo del giorno di riposo settimanale (cfr. "I DIECI COMANDAMENTI – DUE VERSIONI"). Il Libro dell'Esodo descrive il Sabbath come un riconoscimento di Dio quale Creatore del mondo: Dio creò il mondo in sei giorni e poi si riposò il settimo, e coloro che lo adorano dovrebbero fare lo stesso. Nel Deuteronomio, tuttavia, l'attenzione si sposta sulla fuga dalla schiavitù in Egitto: come voi eravate schiavi ma Dio vi ha dato riposo, così anche voi dovete riposarvi e dare riposo a tutti coloro che lavorano per voi. Questo è l'unico paragrafo del Decalogo in cui le due versioni differiscono significativamente, e la loro combinazione presenta ancora una volta una miscela di temi tratti dalla contemplazione della natura e dallo studio della storia della nazione. La presenza diffusa di tali miscele è una caratteristica distintiva della letteratura biblica.
Ogni cultura antica aveva i suoi sacerdoti, ma Israele aveva anche un secondo tipo di guida religiosa, molto diverso: i profeti. I profeti ebrei (nevi’im) non erano indovini, ma messaggeri, intermediari tra il popolo e il loro Dio; in questo si differenziavano dagli indovini, dagli astrologi e dagli oracoli che si potevano trovare in tutto il mondo antico. Mosè è il prototipo dei profeti (cfr. Deuteronomio 18:15), e per tutto il periodo biblico i profeti servirono da veicoli attraverso i quali la parola di Dio giungeva al popolo.
È facile comprendere quanto la profezia sia intrinsecamente inquietante: un profeta può presentarsi in qualsiasi momento e annunciare che i precedenti messaggi di Dio sono stati sostituiti da uno nuovo. Naturalmente, i funzionari (sacerdoti, re, ecc.) responsabili del mantenimento della stabilità della nazione spesso si scontravano con i profeti; le Scritture sono piene di storie di profeti che denunciavano i re in nome di Dio, mentre i sacerdoti nei loro santuari sacri, dediti al regolare svolgimento dei loro doveri cerimoniali, a volte cercavano di mettere a tacere i profeti o semplicemente di tenerli lontani.[19] Tale ostilità poteva essere evitata – un profeta che si guadagnava la fiducia del re poteva diventare un importante consigliere reale – ma la tensione tra la dedizione dei sacerdoti all'ordine e alla permanenza e le imprevedibili interruzioni dei profeti è uno dei temi ricorrenti della Bibbia.
La profezia sollevava anche un'altra difficoltà: come si poteva distinguere chi fossero i veri profeti? Chiunque poteva presentarsi e affermare di essere portatore di un messaggio da Dio: come si potevano distinguere i falsi profeti – individui maliziosi o illusi – dai veri profeti? La legge biblica offre la soluzione semplice ma inutile: se la profezia non si avvera, il profeta non può essere stato mandato da Dio (Deuteronomio 18:22), ma non sempre si poteva aspettare per vedere se una profezia si sarebbe adempiuta. E a volte, come nel famoso caso di Giona, la profezia raggiunse il suo scopo senza avverarsi. Giona predisse la caduta di una grande città, ma il suo popolo si pentì e fu perdonato; questo significava che, a rigor di termini, la profezia non si era avverata, ma chi poteva negare che avesse raggiunto il suo vero scopo? Oltre a questo enigma intellettuale, a volte la profezia richiedeva un'azione; quando profezie contrastanti richiedevano azioni incompatibili, il pubblico dei profeti non riusciva a capire cosa Dio volesse veramente che facessero (cfr. "IL PROBLEMA DELLA PROFEZIA"). Queste incertezze si combinavano per produrre il peggiore dilemma di tutti: a volte le profezie erano concepite per salvare il pubblico dal disastro, come nel caso di Giona, ma a volte, come con il re Acab, erano destinate a condurre il pubblico alla distruzione. Come potevano le persone capire a quali profezie dare seguito? Cosa dovevano fare quando non potevano saperlo? Cosa sarebbe potuto accadere se non avessero considerato tutte le possibilità? Cosa sarebbe potuto accadere se avessero fatto ipotesi sbagliate?
Sotto la pressione di tale incertezza, le generazioni successive iniziarono a perdere fiducia nella profezia come metodo affidabile per conoscere la volontà di Dio. I profeti del passato erano stati uomini e donne santi, e le loro parole venivano ricordate e continuamente rivisitate, ma non ci si aspettava alcun ulteriore messaggio da Dio. Zaccaria, uno degli ultimi profeti biblici, paradossalmente predice la fine della profezia: in futuro, chiunque avesse anche solo affermato di portare un messaggio da Dio sarebbe stato messo a morte come falso profeta, quindi i veri profeti avrebbero dovuto mentire sulla propria identità per proteggere la propria vita.[20] Nei secoli successivi, figure simili a profeti continuarono ad apparire, ma furono accolte con resistenza e scetticismo. La successiva tradizione ebraica affermò che la profezia scomparve intorno al tempo di Alessandro Magno (che regnò dal 336 al 323 AEV), e questo ricordo è probabilmente corretto.[21]
I profeti furono il secondo elemento della leadership religiosa israelita a scomparire dalla vita nazionale, dopo che i re erano scomparsi da secoli. Rimasero i sacerdoti. Dopo l'esilio babilonese, la religione israelita fu sempre più dominata dai sacerdoti, e la storia di tale dominazione – l'ascesa e il declino dell'ebraismo sacerdotale – sarà raccontata nei Capitoli successivi.
Note
[modifica | modifica sorgente]| Per approfondire, vedi Serie delle interpretazioni, Serie misticismo ebraico, Serie maimonidea, Serie dei sentimenti e Serie letteratura moderna. |
- ↑ In tutto questo wikilibro, la parola Dio sarà scritta con la maiuscola solo quando si riferisce all'Unico Dio della Bibbia, il Dio dell'Ebraismo maturo. Ovviamente, questo esclude tutti i riferimenti alle divinità delle nazioni politeiste; meno ovviamente, esclude anche i riferimenti biblici al dio di Israele in contesti che sembrano riconoscere l'esistenza di altri dèi (forse inferiori). Questa distinzione sarà elaborata più avanti in questo Capitolo e nei Capitoli successivi di questo libro.
Nei primi Capitoli di questo libro, quando si descrivono periodi storici in cui le persone pronunciavano ancora il nome personale di quattro lettere di Dio, tale nome sarà trascritto secondo le sue consonanti ebraiche come YHWH. A causa dell'estrema santità di questo nome e dell'immenso potere che incarnava, in tempi successivi le persone smisero di pronunciarlo nella vita quotidiana e il suo suono effettivo fu dimenticato. Per i periodi successivi, quando questo nome non veniva più pronunciato ma sostituito da una perifrasi come "Signore", verrà qui adottata una pratica simile. - ↑ In questo libro, il termine "Bibbia" si riferirà sempre alla Bibbia ebraica, spesso chiamata Antico Testamento nell'uso cristiano. Un elenco completo dei libri della Bibbia ebraica si trova nel riquadro "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"
- ↑ L'archeologia può confermare che un certo resoconto è plausibile o realistico, ma senza una qualche forma di corroborazione documentale (e gli archeologi spesso trovano documenti!) non può stabilire se un resoconto sia accurato o vero.
- ↑ I lettori che hanno familiarità con le Scritture noteranno che il seguente riassunto omette molti personaggi e storie famosi. Si concentra su quei temi che sono rimasti importanti nella visione religiosa del mondo per le generazioni successive.
- ↑ La punizione per questo orrore fu concentrata su Cam, uno dei figli di Noè e antenato dei Cananei che Israele avrebbe poi scacciato dalla Terra Promessa. Genesi 10 identifica anche Cam come antenato degli africani, un fatto che è stato citato in successive teorie razziali a sostegno di opinioni che gli autori biblici avrebbero considerato aliene e fantastiche.
- ↑ I temi di questa storia prefigurano la successiva esperienza ebraica: la nazione ospite rende un grande servizio al suo ospite, solo per subire i terribili effetti di una combinazione avvelenata: l'ingratitudine dell'ospitante e la vulnerabilità degli ospiti stessi. L'idea che "le storie dei padri prefigurano quelle dei figli" divenne un tema ricorrente nelle successive interpretazioni ebraiche della Bibbia.
- ↑ In diversi punti (Esodo 12:37; Numeri 1:46,26:51, ecc.), le Scritture riportano che i figli d'Israele che lasciarono l'Egitto erano oltre 600 000 maschi adulti.
- ↑ Come simbolo dell'incostanza della nazione, l'arca santa conteneva non solo le Tavole della Legge, ma anche i frammenti di una serie precedente; queste prime tavole erano state frantumate da Mosè quando scoprì il popolo che adorava un vitello d'oro (Esodo 32). Avevano costruito questo oggetto proibito mentre egli era ancora sul monte a ricevere la parola di Dio, col suono della voce di Dio ancora echeggiante nelle loro orecchie.
- ↑ Cfr. l'Introduzione per un'ulteriore discussione dei nomi Ebrei, Giuda e Israele.
- ↑ I codici legislativi della Torah contengono alcune disposizioni per la vita nelle città, per lo più riguardanti la proprietà delle case, ma quasi nessun riferimento alla vita economica delle città: commercio, artigianato, manifattura e simili.
- ↑ Due dei tre patriarchi avevano più mogli, così come diversi re d'Israele, in particolare Davide e Salomone. Anche il padre di Samuele aveva due mogli. Sembra che questi uomini fossero tutti ricchi.
- ↑ Questa disposizione probabilmente si applicava solo alle mogli complete. Le concubine, o mogli di rango inferiore, potevano vivere in un limbo sociale più ampio.
- ↑ Una vedova senza figli o una divorziata poteva tornare a casa del padre: cfr. Genesi 38:11 (narrativa) o Levitico 22:13 (legge sacerdotale).
- ↑ Il fatto più notevole è che la famiglia reale di Davide discendeva in linea retta dalla moabita Rut, sebbene Deuteronomio 23:9 sembri proibire il matrimonio con i moabiti. (Questa norma potrebbe essere posteriore; per evitare l'apparenza di illegalità, gli interpreti rabbinici limitarono il divieto al matrimonio tra donne israelite e uomini moabiti). Dopo l'esilio, Esdra e Neemia costrinsero gli uomini di Giuda che avevano sposato donne straniere a mandarle via; cfr. Capitolo 3.
- ↑ Un'importante eccezione è il sacrificio annuale domestico dell'agnello pasquale; si veda la discussione supra.
- ↑ Poco dopo, gli astrologi babilonesi iniziarono a pensare in termini di un ciclo di sette giorni corrispondente ai sette "pianeti" (inclusi il sole e la luna) del loro giorno. Secoli dopo, questa idea si diffuse in tutto il mondo greco e romano.
- ↑ Al tempo dei re e anche in seguito, lo Shabbat era evidentemente ritenuto un'occasione adatta per visitare un uomo santo o un santuario; cfr. 2 Re 4:23; Isaia 66:23.
- ↑ Testi rabbinici successivi derivano trentanove categorie fondamentali di lavori proibiti dalla costruzione del Tabernacolo nel deserto. Cfr. Appendice 3.
- ↑ Cfr. Amos 7:10-17; Geremia 26:8-11.
- ↑ Zaccaria 14:2-6; anche qui ci si potrebbe chiedere se si trattasse di una predizione o di un avvertimento.
- ↑ Al tempo dei Maccabei, pieni di entusiasmo religioso, si pensava che potesse essere imminente un risveglio della profezia, ma ciò non accadde. Cfr. Capitolo 4, con riferimento a 1 Maccabei 4:46;14:41.
