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Una storia dell'ebraismo/Capitolo 3

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Indice del libro

Il Libro e il Popolo

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I Capitoli precedenti si sono basati ampiamente sulle informazioni contenute nella Bibbia, ma la Bibbia stessa, il libro ora nelle nostre mani, non è ancora apparsa nella storia. Cos'è la Bibbia? Come mai l'Ebraismo e poi il Cristianesimo si sono basati su questo libro? Cosa significa per qualsiasi religione basarsi su un libro? Altre religioni antiche non si basavano affatto sui libri; perché l'Ebraismo ha intrapreso una strada diversa?

Come in precedenza, sarà utile iniziare con alcune narrazioni. Un resoconto in 2 Re 23 descrive un episodio accaduto a Gerusalemme durante il regno di re Giosia (640-609 AEV): nel corso di un'importante ristrutturazione dell'edificio del Tempio, fu trovato un libro che causò una rivoluzione nella vita della nazione (cfr. "IL LIBRO DI RE GIOSIA"). Il libro conteneva (o si diceva che contenesse) insegnamenti di Mosè stesso, il fondatore della religione d'Israele, e il popolo si rese conto di aver vissuto in violazione di quegli insegnamenti per innumerevoli generazioni. Re Giosia si accinse a far rispettare questi insegnamenti fino a quel momento sconosciuti e li pose a fondamento della vita nazionale; per questo atto fu ricordato come un re che "ritornava a YHWH con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutte le sue forze, secondo tutta la legge di Mosè; dopo di lui non ne sorse mai un altro simile" (2 Re 23:25).[1]

Nessuna precedente narrazione nelle Scritture registra un simile uso di materiale scritto. In un'epoca precedente, il re Ezechia (morto nel 686 AEV) aveva attuato una riforma simile, e le Scritture lo lodano in modo analogo,[2] ma non vi è alcun accenno al fatto che i suoi sforzi fossero stati ispirati da un rotolo di pergamena. I libri delle Scritture precedenti fanno riferimento astratto a una versione scritta degli insegnamenti di Mosè, ma questi potrebbero riflettere concezioni successive, risalenti a un periodo dopo l'inizio della circolazione di tali libri. La riforma di Giosia è la prima situazione storica documentata in cui si possa trovare un libro del genere.

Tuttavia, nessuno in questa narrazione sembra sorpreso che gli insegnamenti di Mosè siano stati messi per iscritto. Questo potrebbe essere un segno che i libri scritti della Torah תּוֹרָה ("Istruzione") fossero già familiari, o forse riflette un momento nella storia di Israele in cui la produzione di testi sacri scritti divenne improvvisamente un'attività diffusa: la prima edizione delle parole del profeta Geremia fu compilata solo pochi anni dopo.[3] I lettori moderni possono semplicemente notare che, al momento della distruzione del Primo Tempio, il popolo di Giuda aveva familiarità con l'idea che gli insegnamenti di Mosè potessero essere trovati in un libro, e che accettava l'idea che la vita della nazione dovesse basarsi su quel documento. Inoltre, ci sono tutte le ragioni per supporre che quando i leader della nazione furono deportati in esilio a Babilonia portassero con sé il libro di Giosia, e anche qualsiasi altro scritto simile che riuscirono a trovare. Sicuramente avrebbero desiderato farlo, e gli sviluppi successivi sarebbero altrimenti molto difficili da spiegare.

IL LIBRO DI RE GIOSIA

Questa è la storia della rivoluzione religiosa di re Giosia, fondata su un misterioso libro di Istruzione (Torah) scoperto durante i lavori di ristrutturazione del Tempio. Confrontando il programma della rivoluzione con il contenuto del Libro del Deuteronomio, gli studiosi moderni hanno concluso che fosse una versione di quel libro che il sacerdote Hilkiah portò al re.

Nell'anno diciotto del suo regno, Giosia mandò Safàn figlio di Asalia, figlio di Mesullàm, scriba, nel tempio dicendogli: «Va' da Chelkia sommo sacerdote; egli raccolga il denaro portato nel tempio, che i custodi della soglia hanno raccolto dal popolo. Lo consegni agli esecutori dei lavori, addetti al tempio; costoro lo diano a quanti compiono le riparazioni del tempio, ossia ai falegnami, ai costruttori e ai muratori e l'usino per acquistare legname e pietre da taglio occorrenti per il restauro del tempio. Non c'è bisogno di controllare il denaro consegnato nelle mani di costoro, perché la loro condotta ispira fiducia».
Il sommo sacerdote Chelkia disse allo scriba Safàn: «Ho trovato nel tempio il libro della legge». Chelkia diede il libro a Safàn, che lo lesse. Lo scriba Safàn quindi andò dal re e gli riferì: «I tuoi servitori hanno versato il denaro trovato nel tempio e l'hanno consegnato agli esecutori dei lavori, addetti al tempio». Inoltre lo scriba Safàn riferì al re: «Il sacerdote Chelkia mi ha dato un libro». Safàn lo lesse davanti al re.
Udite le parole del libro della legge, il re si lacerò le vesti. Egli comandò al sacerdote Chelkia, ad Achikam figlio di Safàn, ad Acbor figlio di Michea, allo scriba Safàn e ad Asaia ministro del re: «Andate, consultate YHWH per me, per il popolo e per tutto Giuda, intorno alle parole di questo libro ora trovato; difatti grande è la collera di YHWH, che si è accesa contro di noi perché i nostri padri non hanno ascoltato le parole di questo libro e nelle loro azioni non si sono ispirati a quanto è stato scritto per noi».
Il sacerdote Chelkia insieme con Achikam, Acbor, Safàn e Asaia andarono dalla profetessa Culda moglie di Sallùm, figlio di Tikva, figlio di Carcas, guardarobiere; essa abitava in Gerusalemme nel secondo quartiere. L'interrogarono ed essa rispose loro: «Dice YHWH, Dio di Israele: Riferite all'uomo che vi ha inviati da me: Così parla YHWH: Eccomi, io faccio piombare una sciagura su questo luogo e sui suoi abitanti, attuando tutte le parole del libro lette dal re di Giuda, perché hanno abbandonato me e hanno bruciato incenso ad altri dèi per provocarmi a sdegno con tutte le opere delle loro mani; la mia collera divamperà contro questo luogo e non si spegnerà! Al re di Giuda, che vi ha inviati a consultare YHWH, riferirete: Queste cose dice YHWH Dio d'Israele: Quanto alle parole che hai udito,... poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti a YHWH, udendo le mie parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti, che cioè diverranno una desolazione e una maledizione, ti sei lacerate le vesti e hai pianto davanti a me, anch'io ti ho ascoltato. Oracolo di YHWH. Per questo, ecco, io ti riunirò ai tuoi padri; sarai composto nel tuo sepolcro in pace; i tuoi occhi non vedranno tutta la sciagura che io farò piombare su questo luogo». Quelli riferirono il messaggio al re.
Per suo ordine si radunarono presso il re tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salì al tempio di YHWH insieme con tutti gli uomini di Giuda e con tutti gli abitanti di Gerusalemme, con i sacerdoti, con i profeti e con tutto il popolo, dal più piccolo al più grande. Ivi fece leggere alla loro presenza le parole del libro dell'alleanza, trovato nel tempio. Il re, in piedi presso la colonna, concluse un'alleanza davanti a YHWH, impegnandosi a seguire YHWH e a osservarne i comandi, le leggi e i decreti con tutto il cuore e con tutta l'anima, mettendo in pratica le parole dell'alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all'alleanza.
Il re comandò al sommo sacerdote Chelkia, ai sacerdoti del secondo ordine e ai custodi della soglia di condurre fuori del tempio tutti gli oggetti fatti in onore di Baal, di Asera e di tutta la milizia del cielo; li bruciò fuori di Gerusalemme, nei campi del Cedron, e ne portò la cenere a Betel. Destituì i sacerdoti, creati dai re di Giuda per offrire incenso sulle alture delle città di Giuda e dei dintorni di Gerusalemme, e quanti offrivano incenso a Baal, al sole e alla luna, alle stelle e a tutta la milizia del cielo. Fece portare il palo sacro dal tempio fuori di Gerusalemme, nel torrente Cedron, e là lo bruciò e ne fece gettar la cenere nel sepolcro dei figli del popolo. Demolì le case dei prostituti sacri, che erano nel tempio, e nelle quali le donne tessevano tende per Asera. Fece venire tutti i sacerdoti dalle città di Giuda, profanò le alture, dove i sacerdoti offrivano incenso, da Gheba a Bersabea; demolì l'altura dei satiri, che era davanti alla porta di Giosuè governatore della città, a sinistra di chi entra per la porta della città.
Però i sacerdoti delle alture non salirono più all'altare di YHWH in Gerusalemme, anche se mangiavano pane azzimo in mezzo ai loro fratelli. Giosia profanò il Tofet, che si trovava nella valle di Ben-Hinnòn, perché nessuno vi facesse passare ancora il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Moloch. Fece scomparire i cavalli che i re di Giuda avevano consacrati al sole all'ingresso del tempio, nel locale dell'eunuco Netan-Mèlech, che era nei cortili, e diede alle fiamme i carri del sole. Demolì gli altari sulla terrazza del piano di sopra di Acaz, eretti dai re di Giuda, e gli altari eretti da Manàsse nei due cortili del tempio, li frantumò e ne gettò la polvere nel torrente Cedron. Il re profanò le alture che erano di fronte a Gerusalemme, a sud del monte della perdizione, erette da Salomone, re di Israele, in onore di Astàrte, obbrobrio di quelli di Sidòne, di Càmos, obbrobrio dei Moabiti, e di Milcom, abominio degli Ammoniti. Fece a pezzi le stele e tagliò i pali sacri, riempiendone il posto con ossa umane.
Demolì anche l'altare di Betel e l'altura eretta da Geroboamo figlio di Nebàt, che aveva fatto commettere peccati a Israele; demolì quest'altare e l'altura; di quest'ultima frantumò le pietre, rendendole polvere; bruciò anche il palo sacro.
Volgendo Giosia lo sguardo intorno vide i sepolcri che erano sul monte; egli mandò a prendere le ossa dai sepolcri e le bruciò sull'altare profanandolo secondo le parole di YHWH pronunziate dall'uomo di Dio quando Geroboamo durante la festa stava presso l'altare. Quindi si voltò; alzato lo sguardo verso il sepolcro dell'uomo di Dio che aveva preannunziato queste cose, Giosia domandò: «Che è quel monumento che io vedo?». Gli uomini della città gli dissero: «È il sepolcro dell'uomo di Dio che, partito da Giuda, preannunziò quanto tu hai fatto contro l'altare di Betel». Egli disse: «Lasciatelo in pace; nessuno rimuova le sue ossa». Le ossa di lui in tal modo furono risparmiate, insieme con le ossa del profeta venuto da Samaria.
Giosia eliminò anche tutti i templi delle alture, costruiti dai re di Israele nelle città della Samaria per provocare a sdegno YHWH. In essi ripetè quanto aveva fatto a Betel. Immolò sugli altari tutti i sacerdoti delle alture locali e vi bruciò sopra ossa umane. Quindi ritornò in Gerusalemme.
Il re ordinò a tutto il popolo: «Celebrate la pasqua per YHWH vostro Dio, con il rito descritto nel libro di questa alleanza». Difatti una pasqua simile non era mai stata celebrata dal tempo dei Giudici, che governarono Israele, ossia per tutto il periodo dei re di Israele e dei re di Giuda. In realtà, tale pasqua fu celebrata per YHWH, in Gerusalemme, solo nell'anno diciotto di Giosia.
Giosia fece poi scomparire anche i negromanti, gli indovini, i terafim, gli idoli e tutti gli abomini, che erano nel paese di Giuda e in Gerusalemme, per mettere in pratica le parole della legge scritte nel libro trovato dal sacerdote Chelkia nel tempio di YHWH.

(2 Re 22:3–23:24; ma cfr. anche 2 Cronache 30)

Nel 539 AEV la città di Babilonia fu invasa dai Persiani e per i successivi due secoli l'Impero Persiano dominò il Vicino Oriente. Le Scritture riportano che il vittorioso re Ciro permise quasi immediatamente agli esuli di tornare in Giuda e ricostruire il Tempio, sebbene fosse naturalmente dato per scontato che il potere sovrano sarebbe rimasto nelle sue mani.[4] Guidati dai sacerdoti del Tempio, gli abitanti di Gerusalemme e dei suoi dintorni iniziarono a ricostruire il modo di vivere che Nabucodonosor aveva quasi distrutto.

La successiva grande svolta avvenne durante il settimo anno del re persiano Artaserse,[5] quando uno scriba di discendenza sacerdotale di nome Esdra arrivò a Gerusalemme con una lettera di nomina reale. Il testo biblico si sofferma a sottolineare la distinta discendenza sacerdotale di Esdra, tracciandone la genealogia generazione per generazione fino ad Aronne, fratello di Mosè e primo sommo sacerdote d'Israele. Allo stesso tempo, il testo identifica anche le altre pretese di distinzione di Esdra: era uno scriba "esperto nella Legge [ebr., Torah] di Mosè che YHWH, il Dio d'Israele, aveva concesso", e inoltre "il re gli aveva dato... tutto ciò che aveva chiesto" (Esdra 7:6). Questa combinazione di discendenza impeccabile, cultura libresca religiosa e sostegno reale permise a Esdra di attuare una rivoluzione nella vita della nazione.[6]

Due passi biblici gettano luce sulla natura di quella rivoluzione. Esdra 7:12-16 fornisce una copia della lettera reale portata da Esdra (cfr. "LA TORAH VIENE A YEHUD"). È impossibile, naturalmente, verificarne l'accuratezza o addirittura l'autenticità, ma la maggior parte degli studiosi ha accettato la lettera come autentica, e merita attenzione in questa sede. La lettera riconosce la competenza di Esdra nella "legge del dio del cielo" e gli conferisce ampia autorità sul territorio di Yehud (il nome ufficiale persiano del distretto) sulla base di tale competenza. Come venne a conoscenza di Esdra il re,[7] in primo luogo, e perché il re supponeva che la competenza in questa legge dovesse essere un prerequisito per la leadership ebraica? Il testo non risponde a nessuna delle due domande, ma sembra che membri di alto rango della comunità giudaita in esilio a Babilonia[8] avessero accesso a potenti funzionari reali e portarono Esdra alla loro attenzione. Questi esuli di Giuda, così influenti, devono aver creduto che la competenza di scriba di Esdra fosse importante per il benessere della comunità di origine a Gerusalemme, e riuscirono a ottenere per Esdra una nomina reale per governare la loro patria.

Essendo uno scriba, Esdra possedeva naturalmente una copia scritta della "legge del dio del Cielo" e, quando arrivò a Gerusalemme per assumere il suo incarico, organizzò una lettura pubblica di quella legge (cfr. Immagini nel testo). Un altro passo biblico (Neemia 7:72-8:18) descrive quell'evento (cfr. ancora "LA TORAH VIENE A YEHUD"). Nelle generazioni successive, la tradizione religiosa affermò che il Libro di Esdra fosse un rotolo della Torah, lo stesso Pentateuco (termine greco che significa "Cinque Libri") ora venerato come contenente gli insegnamenti di Mosè e la parola di Dio, ma gli studiosi moderni non sono convinti che sia così. Il contenuto effettivo del rotolo di Esdra rimane poco chiaro. Il testo conteneva solo istruzioni cerimoniali, e forse altre regole e regolamenti, o anche il vasto inizio narrativo del Pentateuco che si estende dalla Creazione all'Esodo fino alla rivelazione sul Sinai, un libro e mezzo dei cinque? Il testo attuale non lo specifica. Nel capitolo che segue il racconto della lettura pubblica di Esdra,[9] Neemia si rivolge alla folla e fornisce un riassunto di quella grande narrazione, ma molti elementi importanti della storia vengono omessi e, in ogni caso, Neemia non viene descritto come colui che legge quel resoconto.

LE ORIGINI DI UN LIBRO PROFETICO

Le vere origini letterarie della maggior parte dei libri delle Scritture non possono essere recuperate. Geremia, tuttavia, ci ha lasciato un breve racconto del suo primo tentativo di raccogliere le sue profezie e pubblicarle. In questo racconto, il profeta incarica il suo segretario, Baruc, di raccogliere le sue orazioni (non dice come siano state preservate) e di consegnare il libro così creato al re Ioiachim. Il re, tuttavia, non gradisce ciò che sente durante la lettura del libro e lo brucia. Di conseguenza, Geremia deve immediatamente iniziare il lavoro di preparazione di una seconda edizione ampliata, e quella raccolta riveduta probabilmente si è sviluppata nel libro che oggi si trova nelle Bibbie moderne. Sembra che nell'antichità la raccolta circolasse in diverse versioni: il fatto più interessante è che la Bibbia greca offre più o meno lo stesso materiale di quella ebraica, ma in un ordine sorprendentemente diverso. Gli studiosi divergono sul processo storico attraverso il quale tali differenze sono emerse.

Nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, questa parola fu rivolta a Geremia da parte di YHWH: «Prendi un rotolo da scrivere e scrivici tutte le cose che ti ho detto riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni, da quando cominciai a parlarti dal tempo di Giosia fino ad oggi. Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male che mi propongo di fare loro, abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa e allora perdonerò le loro iniquità e i loro peccati».
Geremia chiamò Baruc figlio di Neria e Baruc scrisse, sotto la dettatura di Geremia, tutte le cose che YHWH gli aveva detto su un rotolo per scrivere. Quindi Geremia ordinò a Baruc: «Io ne sono impedito e non posso andare nel tempio di YHWH. Andrai dunque tu a leggere, nel rotolo che hai scritto sotto la mia dettatura, le parole di YHWH, facendole udire al popolo nel tempio di YHWH in un giorno di digiuno; le leggerai anche ad alta voce a tutti quelli di Giuda che vengono dalle loro città. Forse si umilieranno con suppliche dinanzi a YHWH e abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa, perché grande è l'ira e il furore che YHWH ha espresso verso questo popolo».
Baruc figlio di Neria fece quanto gli aveva comandato il profeta Geremia, leggendo sul rotolo le parole di YHWH nel tempio.
Nel quinto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, nel nono mese, fu indetto un digiuno davanti a YHWH per tutto il popolo di Gerusalemme e per tutto il popolo che era venuto dalle città di Giuda a Gerusalemme. Baruc dunque lesse nel libro facendo udire a tutto il popolo le parole di Geremia, nel tempio di YHWH, nella stanza di Ghemarià, figlio di Safàn lo scriba, nel cortile superiore presso l'ingresso della Porta Nuova del tempio di YHWH. Michea figlio di Ghemarià, figlio di Safàn, udite tutte le parole di YHWH lette dal libro, scese alla reggia nella stanza dello scriba; ed ecco là si trovavano in seduta tutti i capi dignitari: Elisamà lo scriba e Delaià figlio di Semaià, Elnatàn figlio di Acbòr, Ghemarià figlio di Safàn, e Sedecìa figlio di Anania, insieme con tutti i capi. Michea riferì loro tutte le parole che aveva udite quando Baruc leggeva nel libro al popolo in ascolto.
Allora tutti i capi inviarono da Baruc Iudi figlio di Natania, figlio di Selemia, figlio dell'Etiope, per dirgli: «Prendi nelle mani il rotolo che leggevi ad alta voce al popolo e vieni».
Baruc figlio di Neria prese il rotolo in mano e si recò da loro. Ed essi gli dissero: «Siedi e leggi davanti a noi». Baruc lesse davanti a loro.
Allora, quando udirono tutte quelle parole, ebbero paura e si dissero l'un l'altro: «Dobbiamo senz'altro riferire al re tutte queste parole». Poi interrogarono Baruc: «Dicci come hai fatto a scrivere tutte queste parole». Baruc rispose: «Di sua bocca Geremia mi dettava tutte queste parole e io le scrivevo nel libro con l'inchiostro».
I capi dissero a Baruc: «Va' e nasconditi insieme con Geremia; nessuno sappia dove siete». Essi poi si recarono dal re nell'appartamento interno, dopo aver riposto il rotolo nella stanza di Elisamà lo scriba, e riferirono al re tutte queste cose. Allora il re mandò Iudi a prendere il rotolo. Iudi lo prese dalla stanza di Elisamà lo scriba e lo lesse davanti al re e a tutti i capi che stavano presso il re. Il re sedeva nel palazzo d'inverno - si era al nono mese - con un braciere acceso davanti.
Ora, quando Iudi aveva letto tre o quattro colonne, il re le lacerava con il temperino da scriba e le gettava nel fuoco sul braciere, finché non fu distrutto l'intero rotolo nel fuoco che era sul braciere. Il re e tutti i suoi ministri non tremarono né si strapparono le vesti all'udire tutte quelle cose. Eppure Elnatàn, Delaià e Ghemarià avevano supplicato il re di non bruciare il rotolo, ma egli non diede loro ascolto. Anzi ordinò a Ieracmeèl, un principe regale, a Seraià figlio di Azrièl e a Selemia figlio di Abdeèl, di arrestare Baruc lo scriba e il profeta Geremia, ma YHWH li aveva nascosti.
Questa parola di YHWH fu rivolta a Geremia dopo che il re ebbe bruciato il rotolo con le parole che Baruc aveva scritte sotto la dettatura di Geremia: Prendi di nuovo un rotolo e scrivici tutte le parole di prima, che erano nel primo rotolo bruciato da Ioiakìm re di Giuda. Contro Ioiakìm re di Giuda dichiarerai: «Dice YHWH: Hai bruciato quel rotolo, dicendo: Perché vi hai scritto queste parole: Certo verrà il re di Babilonia e devasterà questo paese e farà scomparire da esso uomini e bestie?»...
Geremia prese un altro rotolo e lo consegnò a Baruc figlio di Neria, lo scriba, il quale vi scrisse, sotto la dettatura di Geremia, tutte le parole del libro che Ioiakìm re di Giuda aveva bruciato nel fuoco; inoltre vi furono aggiunte molte parole simili a quelle.

Inoltre, le regole erano le stesse di quelle che si trovano in seguito? La narrazione fa chiaro riferimento alla festa del Capodanno (Rosh haShanah) all'inizio del settimo mese e alla Festa delle Capanne (Sukkot) due settimane dopo, e sembra citare Levitico 23 quando descrive le capanne della festa, ma tralascia completamente il Giorno dell'Espiazione (Yom ha-Kippurim o Yom Kippur), menzionato nello stesso capitolo del Levitico come cadente tra quei giorni santi.[10] Ciò significa che il rotolo di Esdra non conteneva ancora alcun riferimento a questo giorno, in seguito il più sacro dell'anno ebraico? Le Scritture non contengono alcun accenno al fatto che la comunità di Esdra osservasse Yom Kippur, sebbene sia sempre possibile che il narratore semplicemente non sentisse il bisogno di includere quel dettaglio nella sua storia.

Così come il testo non descrive il contenuto del rotolo di Esdra, non dice come egli lo ottenne. La tradizione religiosa successiva sosteneva che piccoli gruppi di uomini eruditi e pii avessero accuratamente preservato il testo sacro fin dai tempi di Mosè stesso, ma sia Giosia che Esdra leggevano i loro testi a persone che chiaramente non li conoscevano. La tradizione spiegò la reazione scioccata di questo pubblico dicendo che le masse avevano perso la conoscenza degli insegnamenti di Mosè; secondo questa visione, era compito di Esdra reintrodurre la Torah al popolo in generale e stabilirne le regole come legge ufficiale di Yehud.

Molti studiosi moderni, tuttavia, propongono uno scenario diverso. I Giudaiti che furono condotti nell'esilio babilonese provenivano dai livelli più alti della società preesilica.[11] A Babilonia, questi leader sradicati si impegnarono a mantenere il loro stile di vita tradizionale e cercarono mezzi per agevolare questo sforzo. Uno di questi mezzi fu quello di sottolineare usanze tipicamente israelite come l'osservanza del Sabbath ogni settimo giorno; questo completo ritiro da ogni attività economica fu in seguito riconosciuto come un segno distintivo dell'identità ebraica e sembra aver acquisito importanza all'inizio dell'era postesilica.[12] Un'altra procedura fondamentale sarebbe stata quella di raccogliere tutti gli "insegnamenti di Mosè" (ovvero l'eredità religiosa di Israele) in un libro che potesse poi essere distribuito alla crescente Diaspora ebraica in Babilonia e altrove. La grande impresa di Esdra e di coloro che lavorarono con lui fu quella di prendere questo libro e renderlo la legge ufficiale dell'antica patria della nazione.

Lo stesso Esdra proveniva da circoli sacerdotali-scribali di alto rango, e sembra plausibile (sebbene non possa essere provato) che il libro sia stato prodotto in quegli stessi circoli. Non vi è alcuna traccia delle fasi del loro lavoro, ma si può supporre che abbiano iniziato raccogliendo tutti i documenti scritti disponibili dalla Giudea preesilica: il libro di Giosia era uno di questi documenti, così come la prima edizione delle profezie di Geremia, prodotta durante la vita del profeta.[13] Organizzando tutto questo materiale in una sorta di biblioteca sacra, produssero le prime versioni di molti libri ora presenti nella Bibbia. Ove possibile, ampliarono questi materiali scritti condensando tradizioni orali che circolavano da generazioni, mettendole per iscritto e aggiungendo i nuovi documenti alla collezione. Tali tradizioni riguardavano sia la narrativa che la legge, e gran parte di questa eredità trovò posto anche nel nascente libro della Torah, nelle elaborate narrazioni del Libro della Genesi e nelle dettagliate regole di purezza e rituale sacrificale che si trovano nel Levitico e altrove. La maggior parte di queste conoscenze, anche nella loro forma non scritta, erano state da tempo fatte risalire a Mosè, quindi era naturale attribuire a lui anche il nuovo, completo documento.

Così Esdra fece sì che la vita ebraica si basasse su un libro che traeva la sua autorità (come Esdra traeva la propria) da un decreto del re di Persia. Esdra e i suoi collaboratori consideravano senza dubbio il re una mera pedina nel piano di Dio per il mantenimento del patto con Israele, ma il potere dietro il libro era quello dell'esercito persiano, e l'amministrazione della legge appena istituita si basava su una struttura di funzionari reali persiani. Questa fu una combinazione fatale. Finché entrambe le parti si accontentavano dell'accordo, i pii potevano ignorare la matrice straniera del loro nuovo governo, mentre i funzionari del re, da parte loro, non potevano prestare alcuna attenzione agli interessi religiosi dei loro sudditi. Secoli dopo, tuttavia, quando questo accordo fallì, il risultato fu persecuzione e guerra.[14]

SCRIBI

In senso stretto, il termine "scriba" designa qualcuno in grado di scrivere, un'abilità rara nel mondo antico. I primi esempi di scrittura sopravvissuti tendono a riflettere ambienti specifici, principalmente quelli dei templi e delle burocrazie reali: in entrambi i contesti, lo scriba ufficiale era una figura importante.

Nel corso del tempo, gli scribi divennero un'importante categoria professionale anche tra la gente comune. Preparavano corrispondenza personale e vari documenti legali (certificati di vendita o donazione, atti di matrimonio e divorzio, riconoscimenti di debito, ecc.) per persone che non erano in grado di scriverli da sole, e col tempo questi primi professionisti svilupparono un vasto bagaglio di competenze legali. Ben presto, anche coloro che avrebbero potuto redigere i propri documenti si affidarono agli scribi; gli scribi conoscevano la corretta formulazione di tali materiali e fornivano un prodotto in grado di superare il vaglio ufficiale. In virtù della loro capacità di scrivere, gli scribi divennero così i principali portatori di competenza legale nell'antico Vicino Oriente.

Un modo per garantire l'accettabilità di un particolare documento è renderlo simile (o identico) ad altri già accettati da funzionari autorevoli; questa considerazione tende a produrre uniformità nella formulazione di tali materiali e, di conseguenza, anche nelle concezioni giuridiche che li sottendono. Gli archeologi del Vicino Oriente antico hanno riscontrato una notevole stabilità nella formulazione di documenti legali provenienti da luoghi molto distanti, in un periodo di oltre 1 000 anni. Gli scribi sapevano come venivano fatte le cose e le facevano allo stesso modo per molto tempo.

La Bibbia riflette aspetti importanti dell'antica cultura scribale. Naturalmente, l'esistenza stessa dei libri antichi è dovuta all'attività degli scribi. Inoltre, tuttavia, il diritto biblico (e in una certa misura anche il diritto rabbinico successivo) è saldamente inserito nel patrimonio giuridico internazionale degli scribi del Vicino Oriente. I documenti giudaici dei primi secoli EV scoperti dagli archeologi riflettono analogamente le formulazioni scribali standard del diritto romano ellenistico e imperiale.

Il Libro dei Re, testo biblico, descrive gli scribi reali come alti funzionari. Lo scriba Shaphan, che contribuì a pubblicare il Libro di Mosè ai tempi di re Giosia, non era un semplice segretario, così come i segretari che formano il gabinetto di un presidente americano non sono semplici impiegati. Lo stesso si può dire del figlio di Shaphan, Gemaria, o Elishama "lo Scriba", o Baruch ben Neria, che fu segretario del profeta Geremia; questi uomini aiutarono Geremia a preparare la prima edizione completa delle sue profezie, ed erano tutti figure importanti nella vita pubblica del loro tempo (cfr. "LE ORIGINI DI UN LIBRO PROFETICO").

Una volta che le istruzioni di Dio furono trovate in un libro, iniziarono a emergere nuove pratiche religiose e nuovi tipi di leadership religiosa. La carriera di Esdra illustra questo processo. La presentazione iniziale della Torah da parte di Esdra assunse la forma di un'elaborata cerimonia pubblica: il rotolo veniva letto al popolo da una piattaforma appositamente costruita, mentre i maestri leviti spiegavano il testo sconosciuto al pubblico riunito. Il giorno dopo, tuttavia, si tenne una sessione diversa. Ora si riunirono solo "i capi dei gruppi famigliari di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti". Solo un gruppo più ristretto di leader della comunità si sedette, con uno scopo più pratico: "meditare le parole della Dottrina" e mettere in pratica queste regole precedentemente sconosciute.[15] La conoscenza del libro era ora il preliminare essenziale per correggere gli errori del popolo, e l'abilità nello spiegare il libro divenne ora una caratteristica importante della leadership. Il libro poteva ora unire e dividere il popolo: tutti gli ebrei, ovunque, potevano ora venerare lo stesso testo sacro, ma le controversie sull'interpretazione potevano però portare a lotte di potere. Coloro che riuscivano a farsi ascoltare per la loro spiegazione della Torah o, meglio ancora, coloro che riuscivano a mettere in pratica la loro interpretazione, sia con la forza che con la convinzione, diventavano per ciò stesso i leader del popolo ebraico.

Naturalmente, ci vollero secoli per giungere a questo risultato. Non vi è traccia del libro della Torah in altre parti del mondo ebraico in quell'epoca così antica.[16] Poiché Esdra aveva portato il libro da Babilonia, presumibilmente era noto lì, ma le Scritture non dicono nulla sulla sua distribuzione o sulla sua autorità tra gli ebrei babilonesi, né indicano se le interpretazioni della Torah differissero da luogo a luogo in quel periodo iniziale;[17] nessuno sa nemmeno chi fosse incaricato di decidere tali questioni. Qualunque sia stato il processo, tuttavia, il risultato è chiaro: la cultura libraria acquisì costantemente prestigio e autorità, e la capacità interpretativa divenne la porta d'accesso al potere e all'influenza. Secoli dopo, un nuovo modello di leadership rabbinica si sarebbe fondato su queste fondamenta.

Maghen David
Maghen David

È istruttivo confrontare la carriera di Esdra con quella del suo contemporaneo, Neemia ben Hacalia. Neemia non era né un sacerdote né uno scriba: era piuttosto il coppiere del re, un servitore domestico di alto rango (eunuco?) nella casa reale. Ma non si trattava di un compito umile: quello che sembrava un incarico di minore importanza era in realtà un incarico di grande prestigio, poiché Neemia aveva accesso quotidiano al re, e doveva provenire da una nobile famiglia giudaita per aver ottenuto un simile incarico. Quando giunse la notizia da suo fratello che l'antica città santa "era in rovina, con le sue porte consumate dal fuoco" (Neemia 2:3), non dovette far altro che chiedere al re di nominarlo governatore di Giuda con l'autorità (e le provviste) per ricostruirla. Il re accolse prontamente la richiesta e Neemia partì senza indugio.

Una volta a Gerusalemme, Neemia sembra aver messo in atto un programma basato sul libro di leggi di Esdra.[18] Il giorno della dedicazione delle mura ricostruite di Gerusalemme, in una scena che ricorda gli eventi del tempo di re Giosia, la cerimonia includeva una lettura pubblica del "Libro di Mosè". Quando leggi che escludevano certi stranieri dalla "congregazione di Dio" furono "trovate scritte lì", gli stranieri furono espulsi dalla comunità. L'osservanza del Sabbath fu imposta, il Tempio e le decime sacerdotali furono regolamentati, i matrimoni con donne straniere furono sciolti con la forza e le donne con i loro figli furono mandate via.[19] Anche il matrimonio con donne straniere era una preoccupazione di Esdra.[20] Molte di queste politiche provocarono la resistenza della popolazione. Per quanto riguarda il matrimonio in particolare, la norma prima dell'esilio era che le mogli adultere assumessero lo status legale dei loro mariti (cfr. Capitolo 1), quindi la campagna di Esdra e Neemia per porre fine ai matrimoni misti deve essere sembrata alle famiglie interessate come drasticamente radicale.

Esdra e Neemia, insieme, compirono una doppia rivoluzione. Gli oppositori dei profeti subirono un colpo rovinoso. Per centinaia di anni, i profeti d'Israele avevano insistito sul fatto che Israele venerasse un solo Dio, ma le masse d'Israele, spesso sotto il patrocinio reale, avevano continuato ad adorarne molti. Derisi o ignorati, i profeti avevano vinto molte battaglie ma non erano mai riusciti a vincere la guerra; persino il grande Geremia, alla fine della sua carriera, affrontò un pubblico che rifiutò categoricamente il suo appello.[21] Quando la guide della nazione furono portate via, con i profeti tra loro, molti devono essere stati lieti di vederli andare. Il popolo rimasto indietro poteva continuare ad adorare YHWH e le divinità della natura al suo fianco, proprio come avevano fatto i loro antenati per generazioni, senza dover affrontare questi fanatici "uomini di Dio" con le loro pretese stravaganti.

Ma ora, per ordine del re di Persia, un libro contenente gli insegnamenti di Mosè, il più grande profeta di tutti, era stato dichiarato legge del paese. Adorare altri dèi ora significava violare "la legge di Dio e la legge del re". La resistenza continuò; Neemia dovette combattere i suoi contemporanei, tra cui sacerdoti di alto rango, su una questione dopo l'altra. Ma vinse ogni battaglia, perché il potere era ora dalla sua parte.[22] Si poteva continuare a lamentarsi che la politica della Torah basata su un solo Dio fosse sciocca o oppressiva, ma la venerazione ebraica per gli altri dèi non poteva sopravvivere a lungo.

LA TORAH VIENE A YEHUD

I seguenti documenti, entrambi discussi nel testo, gettano grande luce sul processo attraverso il quale il libro della Torah divenne il fondamento giuridico dell'insediamento di Yehud. Il primo presenta la lettera di nomina del re Artaserse che mise Esdra, con il suo libro, a capo del distretto. Il secondo racconta la storia della prima presentazione della Torah da parte di Esdra al popolo di Gerusalemme. Descrive con franchezza il loro sgomento nell'apprendere regole che non avevano mai imparato, e si conclude descrivendo la celebrazione della Festa delle Capanne סוכות, un rito a loro precedentemente sconosciuto, quasi per la prima volta dall'Esodo dall'Egitto.
I. La Lettera del Re

«Artaserse, re dei re, al sacerdote Esdra, scriba della legge del Dio del cielo, salute perfetta. Ora: da me è dato questo decreto. Chiunque nel mio regno degli appartenenti al popolo d'Israele, dei sacerdoti e dei leviti ha deciso liberamente di andare a Gerusalemme, può venire con te; infatti da parte del re e dei suoi sette consiglieri tu sei inviato a fare inchiesta in Giudea e a Gerusalemme intorno all'osservanza della legge del tuo Dio, che hai nelle mani, e a portare l'argento e l'oro che il re e i suoi consiglieri inviano come offerta volontaria per devozione al Dio d'Israele che è in Gerusalemme, e tutto l'argento e l'oro che troverai in tutte le province di Babilonia insieme con le offerte volontarie che il popolo e i sacerdoti offriranno per la casa del loro Dio a Gerusalemme.
Perciò con questo argento ti prenderai cura di acquistare tori, arieti, agnelli e ciò che occorre per le offerte e libazioni che vi si uniscono e li offrirai sull'altare della casa del vostro Dio che è in Gerusalemme. Quanto al resto dell'argento e dell'oro farete come sembrerà bene a te e ai tuoi fratelli, secondo la volontà del vostro Dio. Gli arredi che ti sono stati consegnati per il culto del tuo Dio, rimettili davanti al Dio di Gerusalemme. Per il resto di quanto occorre per la casa del tuo Dio e che spetta a te di procurare, lo procurerai a spese del tesoro reale. Io, il re Artaserse, ordino a tutti i tesorieri dell'Oltrefiume:
Tutto ciò che Esdra, sacerdote e scriba della legge del Dio del cielo, vi domanderà, dateglielo puntualmente, fino a cento talenti d'argento, cento kor di grano, cento bat di vino, cento bat di olio e sale a volontà. Quanto è secondo la volontà del Dio del cielo sia fatto con precisione per la casa del Dio del cielo, perché non venga l'ira sul regno del re e dei suoi figli. Vi rendiamo poi noto che non è permesso riscuotere tributi e diritti di pedaggio su tutti i sacerdoti, leviti, cantori, portieri, oblati e inservienti di questa casa di Dio.
Quanto a te, Esdra, con la sapienza del tuo Dio, che ti è stata data, stabilisci magistrati e giudici, ai quali sia affidata l'amministrazione della giustizia per tutto il popolo dell'Oltrefiume, cioè per quanti conoscono la legge del tuo Dio, e istruisci quelli che non la conoscono. A riguardo di chiunque non osserverà la legge del tuo Dio e la legge del re, sia fatta prontamente giustizia o con la morte o con il bando o con ammenda in denaro o con il carcere».

II. L'Assemblea di Gerusalemme
Esdra legge lo Scrollo – Dipinto murale proveniente dalla sinagoga del III secolo EV a Dura Europos, in Siria, al confine con l'Impero Romano. Cfr. Capitolo 10 per maggiori informazioni su questo importante sito.

Il resto del popolo diede ventimila dracme d'oro, duemila mine d'argento e sessantanove vesti sacerdotali. I sacerdoti, i leviti, i portieri, i cantori, alcuni del popolo, gli oblati e tutti gli Israeliti si stabilirono nelle loro città.
Come giunse il settimo mese, gli Israeliti erano nelle loro città...
Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza davanti alla porta delle Acque e disse ad Esdra lo scriba di portare il libro della legge di Mosè che YHWH aveva dato a Israele. Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci di intendere; tutto il popolo porgeva l'orecchio a sentire il libro della legge. Esdra lo scriba stava sopra una tribuna di legno, che avevano costruito per l'occorrenza e accanto a lui stavano, a destra Mattitia, Sema, Anaia, Uria, Chelkia e Maaseia; a sinistra Pedaia, Misael, Malchia, Casum, Casbaddàna, Zaccaria e Mesullàm.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutto il popolo; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse YHWH Dio grande e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi a YHWH. Giosuè, Bani, Serebia, Iamin, Akkub, Sabbetài, Odia, Maaseia, Kelita, Azaria, Iozabàd, Canàn, Pelaia, leviti, spiegavano la legge al popolo e il popolo stava in piedi al suo posto.
Essi leggevano nel libro della legge di Dio a brani distinti e con spiegazioni del senso e così facevano comprendere la lettura. Neemia, che era il governatore, Esdra sacerdote e scriba e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno è consacrato a YHWH vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Perché tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato a YHWH nostro; non vi rattristate, perché la gioia di YHWH è la vostra forza». I leviti calmavano tutto il popolo dicendo: «Tacete, perché questo giorno è santo; non vi rattristate!». Tutto il popolo andò a mangiare, a bere, a mandare porzioni ai poveri e a far festa, perché avevano compreso le parole che erano state loro proclamate.
Il secondo giorno i capifamiglia di tutto il popolo, i sacerdoti e i leviti si radunarono presso Esdra lo scriba per esaminare le parole della legge. Trovarono scritto nella legge data da YHWH per mezzo di Mosè, che gli Israeliti dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese. Allora fecero sapere la cosa e pubblicarono questo bando in tutte le loro città e in Gerusalemme: «Andate al monte e portatene rami di ulivo, rami di olivastro, rami di mirto, rami di palma e rami di alberi ombrosi, per fare capanne, come sta scritto». Allora il popolo andò fuori, portò i rami e si fece ciascuno la sua capanna sul tetto della propria casa, nei loro cortili, nei cortili della casa di Dio, sulla piazza della porta delle Acque e sulla piazza della porta di Efraim. Così tutta la comunità di coloro che erano tornati dalla deportazione si fece capanne e dimorò nelle capanne. Dal tempo di Giosuè figlio di Nun fino a quel giorno, gli Israeliti non avevano più fatto nulla di simile. Vi fu gioia molto grande. Esdra fece la lettura del libro della legge di Dio ogni giorno, dal primo all'ultimo; la festa si celebrò durante sette giorni e l'ottavo vi fu una solenne assemblea secondo il rito.

Inoltre, tutti questi cambiamenti potevano essere fondati sul Libro dell'Insegnamento di Mosè: l'altra rivoluzione consisteva nel fatto che la vittoria dei profeti era custodita in un libro. Re Giosia aveva proceduto diversamente; una volta che Giosia ebbe deciso di attuare la sua riforma, non ebbe più bisogno del libro. Il libro ispirava e dava peso alla sua autorità reale, ma lui era il re e avrebbe potuto procedere in ogni caso. Esdra, d'altra parte, non aveva alcuna autorità al di là del libro; persino nella sua lettera di nomina reale, il suo unico incarico era quello di stabilire il libro come legge del territorio e di garantire che le sue istruzioni fossero rispettate. Esdra stesso sarebbe presto scomparso, ma il potere di comandare ora proveniva dal rotolo dell'insegnamento di Mosè, e quel rotolo sarebbe esistito molto tempo dopo la sua scomparsa.

Libro alla mano, gli ebrei migranti potevano ora portare con sé il centro sacro della loro religione ovunque andassero. La Torah proibiva la costruzione di un Tempio fuori Gerusalemme, ma non c'erano limiti alla produzione di copie del libro della Torah stesso. La profezia stava scomparendo, ma ogni comunità poteva avere i propri studiosi e scribi, ogni comunità poteva insegnare il libro ai propri figli, ogni comunità poteva studiare il libro – senza guida esterna se necessario – e applicarne gli insegnamenti come i residenti locali (o i loro leader) ritenevano opportuno. Grazie al libro, l'ebraismo divenne una religione che poteva viaggiare fino ai confini del mondo, una religione che nessuna potenza straniera poteva minacciare distruggendo un edificio.

Col passare del tempo, la vita ebraica divenne inconcepibile senza la Torah. Le generazioni precedenti avevano rivolto le loro domande al sacerdote o al profeta locale,[23] ma ora la legge di Dio poteva essere "trovata scritta" nel Libro, e ora lo scriba, non il profeta, avrebbe aiutato il popolo a determinare la volontà di Dio. Nuove profezie dirompenti non erano né richieste né desiderate: la Torah di Mosè era ora custodita in una forma fissa ed eterna, da leggersi con attenzione da tutte le generazioni future.

Maghen David
Maghen David

Alessandro Magno conquistò il Vicino Oriente in una rapida campagna dal 333 al 331 AEV. Il conquistatore morì giovanissimo, ma non prima di aver fondato una città in Egitto che portava il suo nome e che divenne la capitale regale della dinastia dei Tolomei. Alessandria divenne la città più grande, ricca e splendida del mondo, e gli ebrei vissero lì fin dai suoi albori. Alcuni furono attratti dalla vicina Giudea grazie alle concessioni dei re ai nuovi arrivati ​​per contribuire alla costruzione della nuova capitale; altri vi furono portati come schiavi, ma alla fine furono liberati.

Intorno al 250 AEV, ad Alessandria, la Torah fu tradotta in greco. Molte spiegazioni sono state proposte per questo epocale progetto. Forse re Tolomeo voleva una copia di ogni libro conosciuto nella Biblioteca che stava raccogliendo, o forse aveva bisogno di una copia di riferimento delle leggi in base alle quali i suoi sudditi giudei (la Giudea era sotto il dominio tolemaico) potevano vivere. Gli ebrei stessi, tuttavia, raccontarono una storia diversa e alquanto straordinaria. Le generazioni successive tramandarono che la traduzione fu eseguita da trentacinque (o trentasei) coppie di studiosi; in seguito la traduzione fu chiamata Septuaginta, dal termine latino per "settanta". Si diceva che queste squadre fossero accuratamente isolate l'una dall'altra, in modo che nessuna potesse vedere il lavoro degli altri; ciononostante, la gente ricordava che quando le traduzioni finite venivano confrontate, erano identiche, fino all'ultima parola, e un risultato così straordinario sarebbe stato sicuramente impossibile senza l'intervento di Dio.[24]

Questa storia trasmette la profonda convinzione degli ebrei alessandrini che la loro versione greca della Torah fosse una rivelazione divina, non meno della versione ebraica da cui era stata redatta. Questo sentimento diede origine a una festa annuale ad Alessandria per celebrare la pubblicazione della traduzione; per gli ebrei di lingua greca del mondo ellenistico, il dono della Septuaginta fu un segno dell'amore generoso di Dio, non meno straordinario della rivelazione originale sul Sinai.[25]

INTERPRETAZIONE NELLA BIBBIA

È già stato detto che la Bibbia è in realtà una raccolta di libri separati, scritti in un arco di tempo di quasi 1 000 anni. Non sorprenderebbe che scritti biblici successivi a volte interpretino materiali più antichi contenuti nella stessa raccolta, e in effetti lo fanno. Ecco alcuni esempi, due provenienti dall'ambito della legge rituale e tre (riassunti più brevemente) dall'ambito del pensiero religioso.
1

In relazione al sacrificio annuale dell'agnello pasquale, Esodo 12:9 contiene un'istruzione molto chiara: Non lo mangerete crudo, né cotto nell'acqua, ma arrostito... sul fuoco.

La parola ebraica che designa il mezzo di preparazione proibito ("cotto") deriva dalla radice b-sh-l. Tuttavia, in un altro passaggio sullo stesso argomento, Deuteronomio 16:7 offre un'istruzione altrettanto concreta: Lo cuocerai [b-sh-l] e lo mangerai nel luogo che YHWH, tuo Dio, avrà scelto; poi al mattino potrai tornare a casa. La stessa azione proibita in Esodo è semplicemente data per scontata in Deuteronomio!

Nelle generazioni successive, la gente si chiedeva naturalmente come la Torah volesse davvero che procedessero. Nell'ultimo libro della Bibbia, 2 Cronache 35:13 fornisce il seguente dettaglio nel descrivere la Pesach di re Giosia (cfr. ""IL LIBRO DI RE GIOSIA""): Cucinarono [b-sh-l] il sacrificio pasquale sul fuoco, secondo lo statuto. Naturalmente, lo statuto sembra affermare il contrario, ovvero che "cuocere" si fa con acqua e "arrostire" si fa sul fuoco. Ma l'autore delle Cronache era consapevole della tensione tra i due passi della Torah e aggiunse una silenziosa rassicurazione ai suoi lettori che era stata raggiunta una corretta riconciliazione dei testi contrastanti.

2

Sembra che i contemporanei di Esdra interpretassero Levitico 23:40-42 come un'istruzione riguardante la costruzione di capanne per le feste (cfr. "LA TORAH VIENE A YEHUD"). A loro avviso, tali capanne dovevano essere costruite con i materiali elencati nel versetto 40, e Neemia 8:15-16 riporta che il popolo si recò regolarmente sulle colline, raccolse le specie di vegetazione prescritte e costruì le proprie capanne per le feste. L'autore del testo successivo di Neemia non cita Levitico, ma offre una parafrasi in cui la sua identificazione delle specie richieste è semplicemente fornita come il significato semplice del testo precedente.

Tutto ciò sarebbe irrilevante, se non fosse che la successiva tradizione ebraica interpretò quegli stessi versetti mosaici in modo diverso, come due istruzioni distinte: le specie prescritte dovevano essere portate in speciali processioni festive, ma le capanne potevano essere costruite con quasi qualsiasi materiale. Inoltre, mentre alcune delle specie menzionate in Levitico e Neemia non possono essere identificate con certezza, sembra che la tradizione successiva abbia identificato le specie prescritte in modo diverso dagli interpreti al tempo di Esdra. Il testo scritturale indica chiaramente che i collaboratori di Esdra "si riunirono presso lo scriba Esdra per meditare sulle parole della Dottrina", ovvero studiarono il testo che avevano davanti ed elaborarono un'interpretazione accettata. Il testo non descrive i metodi interpretativi da loro utilizzati né il processo attraverso il quale giunsero alle loro conclusioni. La successiva letteratura talmudica contiene esegesi esplicite dei passi rilevanti del Levitico, ma non spiega nemmeno perché (o quando, o da chi) l'interpretazione normativa fu elaborata per la prima volta o perché (o quando o da chi) fu infine accettata.

3

Genesi 32:24-32 racconta la famosa storia del patriarca Giacobbe che lotta per tutta la notte con un uomo non identificato. Giacobbe emerge zoppo da questo misterioso incontro e all'alba l'uomo cambia il nome di Giacobbe in Israele, ma si rifiuta di rivelare il proprio. Interpreti successivi diedero per scontato che "l'uomo", che il testo identifica chiaramente come tale (ish), fosse in realtà un angelo. Perché altrimenti era così disperato da andarsene prima dell'alba? Perché altrimenti si rifiutava di rivelare il suo nome? Chi altro avrebbe avuto l'arroganza di cambiare il nome di un altro uomo? Naturalmente, ci sono possibili risposte a queste domande, ma resta il fatto che l'antagonista di Giacobbe era stato visto come un angelo fin dai tempi più remoti.

Quando il profeta Osea allude a questa storia (12:4), dà semplicemente per scontato che l’antagonista di Giacobbe fosse un angelo (mal’ach); il cambiamento interpretativo era già avvenuto prima dell’esilio babilonese!

4

L'ultimo capitolo del Libro di Samuele (2 Samuele 24) racconta una strana storia della furia di Dio verso Re Davide dopo che il sovrano israelita aveva ordinato un censimento delle sue truppe combattenti. Non è strano che Dio fosse adirato con Davide per aver desiderato questo: il popolo d'Israele credeva da tempo che censire il popolo fosse un affronto a Dio e dovesse essere evitato, perché Dio non aveva forse promesso ad Abramo che la sua discendenza sarebbe stata innumerevole come le stelle (Genesi 15:5), e Mosè, quando volle censire il popolo nel deserto, non aveva forse ordinato a ciascuno di portare il pagamento di mezzo siclo e poi aveva contato il denaro (Esodo 30:11-16)? La parte sorprendente è questa: Davide fece il censimento in primo luogo perché aveva ricevuto l'ordine di farlo da Dio. Dio era già adirato con il popolo d'Israele (al lettore non viene detto il perché) e voleva un pretesto per punirlo!

Tuttavia, quando questa storia viene raccontata nuovamente nel successivo Libro delle Cronache (cfr. Capitolo 1, "COSA CONTIENE LA BIBBIA?"), una ripetizione quasi letterale della narrazione differisce per un dettaglio cruciale: non è Dio a istigare Davide alla sua azione insensata, ma è Satana (2 Cronache 21:1). Ancora una volta il lettore non riceve alcuna spiegazione sul perché Satana abbia dovuto farlo, ma l'atto non è più sorprendente: ci si può aspettare che Satana causi problemi in questo modo. Attraverso una sottile correzione interpretativa, la giustizia di Dio è stata protetta da ogni contestazione.

5

Un esempio lampante di esplicita reinterpretazione all'interno della Bibbia stessa si trova in Daniele 9:2, dove il pio Daniele riferisce di aver studiato la predizione del profeta Geremia (Geremia 25:11-12;29:10) secondo cui Gerusalemme sarebbe rimasta in rovina per settant'anni e poi sarebbe stata ricostruita. Quando il Libro di Daniele fu scritto (cfr. Capitolo 4), erano trascorsi ben più di settant'anni dalla distruzione del 586 AEV e la città era di nuovo sotto un oppressivo dominio straniero; i giusti di quei tempi si saranno sicuramente chiesti come ciò fosse possibile: dov'era ora la promessa di Dio al profeta? In questo momento cruciale, l'angelo Gabriele si presenta a Daniele e gli spiega che il profeta aveva in realtà inteso parlare di settanta settimane di anni, ovvero non di 70 anni ma di 490 (cfr. Daniele 9:24). Grazie a questo straordinario atto di reinterpretazione, ai pii degli anni successivi fu risparmiata la prospettiva straziante che la parola di Geremia fosse rimasta inadempiuta.

Il dominio persiano su Yehud continuò per un altro secolo dopo la carriera di Neemia come governatore, ma si sa molto poco di questo lungo periodo. L'istituzione della Torah da parte di Esdra come legge di Yehud apparentemente non subì contestazioni, e la successione dei sommi sacerdoti apparentemente continuò in modo ordinato, ma non si registrano eventi specifici per questo periodo, e qualsiasi graduale sviluppo nella vita della regione si perde nella generale mancanza di documentazione.

Un episodio intrigante, tuttavia, si svolse in un angolo remoto dell'Impero persiano a Elefantina, su un'isola nell'Alta Valle del Nilo, un avamposto militare di ebrei insediati da tempo. Questi soldati ebrei avevano il compito di proteggere la frontiera egiziana dalle invasioni provenienti dal cuore dell'Africa, e avevano ricoperto questa responsabilità per un periodo considerevole, ereditando ogni generazione da quella precedente. Per lungo tempo, a quanto pare, la popolazione egiziana locale tollerò questa presenza militare aliena in mezzo a loro; questi stranieri, dopotutto, stavano proteggendo la loro patria. Alla fine del V secolo, tuttavia, questi stessi soldati ebrei servivano gli interessi dell'Impero persiano, un occupante straniero.

Non si sa molto della vita di questi coloni-soldati ebrei, ma un fatto notevole è chiaro: gli ebrei di Elefantina mantenevano l'unico tempio ebraico conosciuto al mondo all'epoca al di fuori della Terra Santa. Qui il dio ebraico, apparentemente chiamato Yahu, veniva onorato attraverso riti sacrificali familiari, una situazione che sicuramente compiaceva molto gli ebrei locali ma che irritava anche notevolmente i sacerdoti locali del dio egizio Khnum: il tempio di Khnum, altrimenti il ​​tempio principale dell'isola, subiva forti pressioni da parte di questo concorrente straniero. A peggiorare ulteriormente la situazione agli occhi degli indigeni, la festa annuale di Pesach di questi ebrei gettava l'ambiente locale di Elefantina (cioè l'Egitto) in una pessima luce, e tale festa era anche notoriamente segnata dalla macellazione degli agnelli, un animale considerato sacro a Khnum.

Intorno al 419 AEV, una lettera delle autorità superiori ordinò ai funzionari persiani locali di proteggere gli ebrei da interferenze durante la celebrazione della loro festa; il documento non dice cosa stesse accadendo per rendere necessaria tale lettera o cosa gli ebrei dovessero fare per ottenere tale protezione, ma chiaramente c'era tensione nell'aria. Pochi anni dopo, il tempio ebraico di Elefantina fu completamente distrutto, apparentemente su istigazione dei sacerdoti di Khnum; dopo diversi anni, durante i quali le richieste di aiuto al sacerdozio di Gerusalemme rimasero inascoltate, i sacrifici di Elefantina furono parzialmente ripristinati,[26] ma presto il tempio ricostruito fu nuovamente demolito, questa volta, a quanto pare, definitivamente.

Diversi aspetti di questo episodio meritano un commento. Non vi è alcuna traccia che gli ebrei di Elefantina e i loro capi sacerdotali possedessero copie della Torah o che sapessero addirittura dell'esistenza di un tale libro. La corrispondenza sopravvissuta tra loro e le autorità di Gerusalemme non cita né menziona mai un testo sacro, e gli ebrei di Elefantina praticavano uno stile di vita che di fatto disobbediva alla Torah in modi significativi. L'esistenza stessa di un tempio al di fuori del "luogo che YHWH aveva scelto"[27] violava un requisito fondamentale del Libro del Deuteronomio e vanificava le riforme intraprese da re Giosia secoli prima. Gli ebrei di Elefantina ignoravano forse quelle riforme perché i loro antenati erano arrivati ​​in Egitto ancor prima dell'epoca di Giosia? È possibile, forse persino probabile, sebbene nessun autore biblico dimostri di essere a conoscenza della loro presenza lì. Presupponevano semplicemente che quelle riforme fossero state vanificate dalla conquista babilonese? Anche questo è possibile. Credevano che il Deuteronomio proibisse di costruire altri santuari solo in Terra Santa, un'interpretazione che li lasciava liberi di fare ciò che ritenevano opportuno in Egitto? Anche questo è possibile: molte scuole interpretative ebraiche hanno limitato l'applicazione di varie regole della Torah alla patria ebraica in Palestina.[28]

I SAMARITANI

Nel 722 AEV gli Assiri conquistarono il Regno d'Israele e ne posero fine alla sovranità. Secondo il racconto di 2 Re 17, gli abitanti della quella terra furono deportati in esilio presso gli Assiri, i quali importarono "gente da Babilonia, Cuta, Avva, Amat e Sefarvaim" (17:24), anch'essi sradicati dalle loro terre natali, e li insediarono nelle campagne di Samaria, ormai deserte. Il racconto prosegue raccontando che il paese devastato fu invaso dai leoni, e questo fece temere ai nuovi residenti di aver irritato YHWH, il dio della terra, adorandolo in modo scorretto. Il re d'Assiria ordinò che alcuni dei sacerdoti israeliti esiliati tornassero alle loro case per insegnare ai nuovi arrivati ​​"come temere YHWH" (17:28), ma i nuovi arrivati ​​continuarono a servire anche i loro dèi ancestrali.

Questo è il resoconto sprezzante e ostile della Bibbia sui Samaritani. Chiaramente scritto da un punto di vista rivale, quello dei Giudei, questo racconto li descrive come stranieri insediati nella Terra Promessa da un conquistatore straniero. Praticando una forma degradata di adorazione di YHWH, non potevano o non volevano abbandonare l'idolatria che avevano portato con sé dai loro paesi d'origine.

Secoli dopo, i Samaritani continuarono a mantenere una propria identità religiosa distintiva. Samaria si trova a nord del cuore della Giudea e i suoi abitanti svilupparono un'eredità religiosa alternativa, forse riflettendo le usanze delle tribù settentrionali, proprio come l'ebraismo rifletteva l'eredità del Regno meridionale di Giuda. I rapporti tra Giudei e Samaritani erano spesso tesi o addirittura ostili. Ai tempi di Neemia, un figlio del sommo sacerdote di Gerusalemme sposò la figlia del capo samaritano, ma Neemia lo espulse da Gerusalemme (Neemia 13:28), un atto che suggellò i cattivi rapporti tra le due comunità.

Per gran parte del primo periodo ellenistico, i Samaritani mantennero un tempio sul Monte Garizim, vicino all'odierna Nablus (la biblica Sichem), e svilupparono una versione della Torah in cui tutti i riferimenti impliciti a Gerusalemme (specialmente nel Deuteronomio) furono sottilmente riformulati e applicati invece al loro santuario. Costruito poco dopo l'epoca di Alessandro Magno, il tempio samaritano fu distrutto dal sommo sacerdote asmoneo Ircano I; egli affermò di agire per rappresaglia contro la cooperazione samaritana al programma di ellenizzazione di Antioco IV (cfr. Capitolo 4), ma fu sicuramente anche motivato dall'ostilità ancestrale tra le due comunità. Anche il famoso racconto evangelico del buon samaritano (Luca 10:30-37) riflette questa ostilità: nulla era più sconvolgente per gli ascoltatori giudei dell'idea di un samaritano più virtuoso di loro. Sotto l'occupazione romana, la Samaria divenne una zona cuscinetto ostile tra i due distretti ebraici della Giudea e della Galilea. I pellegrini e gli altri viaggiatori che viaggiavano tra la Galilea e Gerusalemme erano costantemente esposti al rischio di molestie e di violenze peggiori.

Nella tarda antichità, la religione samaritana continuò ad assomigliare all'ebraismo, pur rimanendone distinta. I samaritani accettavano il Pentateuco (ma solo il Pentateuco) come sacro, sebbene in una versione leggermente diversa, come già accennato. L'atteggiamento rabbinico generale nei loro confronti era che ci si potesse fidare che i samaritani seguissero solo alcune regole della Torah, ma che le seguissero con scrupolosa attenzione; è difficile stabilire se si trattasse di una fantasia di estranei o di una descrizione accurata del comportamento samaritano.

La diaspora samaritana, un tempo numerosa, è quasi completamente scomparsa, ma una modesta comunità samaritana continua a esistere nell'odierno Israele e in Cisgiordania. I samaritani onorano la propria stirpe di sacerdoti e continuano a riconoscere il Garizim come un monte sacro; durante la Pasqua continuano a sacrificarvi un agnello (o un capretto).

Un altro elemento della religione degli ebrei di Elefantina potrebbe sembrare ancora più sconvolgente alla maggior parte dei lettori moderni: il dio ebraico, qui chiamato Yahu, condivideva il suo santuario egizio con due divinità femminili, Ashambethel e Anatbethel. Tali associazioni di YHWH con altre divinità erano state comuni nell'Israele preesilico, e qui, in un angolo isolato del mondo, antichi schemi persistevano a lungo dopo essere praticamente scomparsi in patria. Nessuna testimonianza superstite indica se gli ebrei di Elefantina sapessero che altri avrebbero trovato questa pratica scandalosa o come l'avrebbero giustificata.

In breve, la religione degli ebrei di Elefantina (si può finanche chiamarla giudaismo?) non aveva nulla a che vedere con la religione che il Libro dell'Insegnamento di Mosè avrebbe indotto i lettori ad aspettarsi. Eppure, queste persone erano ansiose di celebrare la Pesach nel modo corretto e invocarono l'aiuto delle autorità persiane quando la popolazione locale cercò di interferire. Si consideravano servitori del dio d'Israele, consideravano il popolo di Gerusalemme come loro cugino e consideravano la città santa la loro capitale ancestrale e una fonte di guida religiosa.

Mentre gli ebrei di Elefantina lottavano per ottenere il permesso di ricostruire il tempio distrutto, cercarono di ottenere il sostegno di quei cugini, ma a quanto pare il sacerdozio di Gerusalemme non era molto desideroso di aiutare. Inizialmente, non diedero alcuna risposta, così che tre anni dopo, quando gli abitanti di Elefantina ci riprovarono, la petizione arrivò non solo a Gerusalemme, ma anche alla famiglia più importante di Samaria. Quando finalmente il culto di Yahu fu effettivamente ripristinato, il ripristino fu solo parziale: incenso e offerte vegetali erano permessi, ma non il sacrificio di animali. Perché i sacerdoti di Gerusalemme erano così riluttanti a sostenere i loro confratelli ebrei, e perché il ripristino rimase incompleto? Una risposta probabile è che la Torah fosse già conosciuta in Giudea, e i capi locali non erano contenti di sostenere una flagrante violazione delle istruzioni del Libro. Un'altra considerazione, tuttavia, è che il sacerdozio di Gerusalemme non era scontento di vedere un concorrente fallire. È estremamente improbabile che ebrei provenienti da altre parti del mondo abbiano intrapreso il lungo viaggio verso l'Egitto meridionale per recarsi a Elefantina per pregare, ma forse i sacerdoti di Gerusalemme pensavano che i pellegrini provenienti da lontano sarebbero stati più propensi a visitare la patria in assenza di un santuario locale disponibile. La riduzione del culto che alla fine fu consentita potrebbe rappresentare un compromesso: i capi di Gerusalemme erano pronti ad accettare tali attività presso un santuario alternativo, ma non avrebbero accettato di sostenere il completo restauro di un santuario diverso dal proprio. La solidarietà ebraica su alcune questioni non sempre significava solidarietà su tutto.

A parte la corrispondenza di Elefantina, non ci è pervenuta quasi nessuna prova documentale dell'epoca in cui la Persia governava il Vicino Oriente. Dopo la scomparsa di Esdra e Neemia, Yehud rimase apparentemente pressoché invariato rispetto a quanto i riformatori avevano lasciato: il libro della Torah era il codice autorevole e i sommi sacerdoti, in successione ereditaria, erano incaricati di interpretarlo. Questa disposizione continuò a basarsi sull'autorità reale, ma i successivi re persiani non intervennero nella vita ebraica. L'insistenza della Torah sulla netta separazione dai popoli vicini e dalle loro usanze continuò a suscitare risentimento, e probabilmente una certa resistenza silenziosa, sia da parte dei vertici che della gente comune nella loro vita privata, ma la situazione appariva stabile e non si possono documentare cambiamenti significativi.

Maghen David
Maghen David


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Esdra legge le Tavole al Popolo, di Gustave Doré (1866)
Per approfondire, vedi Serie delle interpretazioni, Serie misticismo ebraico, Serie maimonidea, Serie dei sentimenti e Serie letteratura moderna.
  1. Il riferimento al cuore, all'anima e alla forza appare anche in Deuteronomio 6:5, dove descrive l'obiettivo religioso di ogni seguace di YHWH. Questo versetto è incluso nella recitazione bisettimanale nota come Shema ("Ascolta, Israele, YHWH il nostro Dio è Uno"), ed è stato fondamentale per l'esperienza religiosa degli ebrei per 2000 anni. Si veda il riquadro "LO SHEMA" nel Capitolo 8 per il testo completo di questa recitazione. Questa e altre somiglianze hanno portato gli studiosi a concludere che il libro trovato da Hilkiah potrebbe essere stato (una versione iniziale del) Deuteronomio.
  2. Ezechia fu nominato regnante (o erede designato) nel 729 AEV; nel 714, alla morte del padre Acaz, egli divenne unico monarca. Per l'elogio di Ezechia, cfr. 2 Re 18:1-7.
  3. Cfr. "The Origin of a Prophetic Book".
  4. Cfr. 2 Cronache 36:22-23 (l'ultimo paragrafo della Bibbia ebraica), ripetuto in Esdra 1:2-4. In segno di gratitudine, Isaia 45:1 si rivolge a Ciro chiamandolo "unto" o "messia" di YHWH.
  5. Esdra 7:1. C'erano tre re persiani chiamati Artaserse, e gli studiosi moderni non sono riusciti a concordare su quale dei due si riferisca qui.
  6. Cfr. riquadro "SCRIBI" per ulteriori informazioni suglio scribi.
  7. Presumibilmente si tratta in realtà dei funzionari competenti della burocrazia reale.
  8. Il grande collaboratore di Esdra, Neemia, era proprio un tale Giudaita ben piazzato.
  9. Cfr. Nehemiah 9.
  10. Per una panoramica delle feste bibliche, vedere il Capitolo 1, "IL CALENDARIO BIBLICO".
  11. Cfr. 2 Re 24:14-16;25:11-12.
  12. La Torah stessa, ovviamente, sottolinea la gravità della violazione dello Shabbat, e vi sono riferimenti al Sabbath anche negli scritti di profeti precedenti (Amos 8; Geremia 17). Ma la pratica sembra essere stata applicata in modo più rigoroso a partire dai tempi di Esdra e Neemia. Si veda Neemia 13:15-18 e Appendice 3.
  13. Cfr. riquadro "LE ORIGINI DI UN LIBRO PROFETICO". La Bibbia fa riferimento ad altri scritti antichi, presumibilmente simili per carattere ai libri biblici stessi, che erano già andati perduti; cfr. Numeri 21:14 ("IL LIBRO DELLE GUERRE DI YHWH") e 2 Samuele 1:18 ("IL LIBRO DI YASHAR"), così come i continui riferimenti nel Libro dei Re alle “Cronache dei re di Giuda e d'Israele”. Dopo il 722 AEV, i rifugiati dal regno settentrionale distrutto portarono molti documenti e molta tradizione orale in Giuda. In sostanza, quindi, i capi giudaiti esiliati stavano radunando l'eredità nazionale di tutto Israele, cioè tutto ciò che era sopravvissuto alla doppia catastrofe.
  14. Cfr. Capitolo 4.
  15. Cfr. "LA TORAH VIENE A YEHUD".
  16. Più o meno nello stesso periodo (fine del V secolo AEV), uno scambio di lettere tra ebrei in Egitto e le autorità di Gerusalemme tocca questioni religiose (sacrifici, celebrazione della Pasqua ebraica), ma non cita mai un testo sacro. Si vede il successivo resoconto dell'insediamento ebraico a Elefantina, nell'Alta Valle del Nilo. In generale, si può dire molto poco della vita ebraica nella prima Diaspora; cfr. Capitolo 6.
  17. Le interpretazioni sono sicuramente cambiate nel tempo. Il racconto di Neemia 8 riflette un'interpretazione di Levitico 23 diversa da quella poi codificata nella legge rabbinica. I contemporanei di Esdra usavano "foglie d'ulivo, legno oleoso, mirto, palme e legno fitto per costruire capanne, come è scritto" (Neemia 8:15), mentre in tempi successivi (fino a oggi) i rami raccolti venivano usati per altri scopi cerimoniali, non per costruire le capanne (anche le specie sono diverse!). Cfr. "INTERPRETAZIONE NELLA BIBBIA" per altri esempi di interpretazione all'interno della Bibbia stessa.
  18. La storia drammatica di Esdra che legge il rotolo al popolo si trova in realtà nel Libro di Neemia.
  19. Tutto questo si trova in Neemia 13, l'ultimo capitolo del libro. Per l'esclusione di Ammoniti e Moabiti, cfr. Deuteronomio 23:3-5, che il testo di Neemia praticamente riproduce.
  20. Vedere gli ultimi capitoli del Libro di Esdra.
  21. Cfr. Capitolo 2, "UN DIBATTITO SUL SIGNIFICATO DI DISASTRO".
  22. Cfr. Neemia 13:4-9; cfr. anche 13:28-29. Sembra che questi testi siano tratti dalle memorie di Neemia stesso; i suoi contemporanei potrebbero aver descritto le cose in modo diverso.
  23. Cfr. Aggeo 2:11-13.
  24. La storia appare in modo più famoso nella Lettera di Aristea, presumibilmente scritta da un testimone oculare greco di questi eventi, ma probabilmente opera di un ebreo alessandrino. Si veda anche Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, inizio del Libro 12. (Lo storico Flavio Giuseppe è resentato in "FLAVIO GIUSEPPE" al Capitolo 5).
  25. Cfr. Vita di Mosè 2.41 di Filone. (Filone di Alessandria viene introdotto al Capitolo 6).
  26. Questi sviluppi sono noti grazie a frammenti della corrispondenza ufficiale conservati. Si veda B. Porten, Archives from Elephantine: The Life of an Ancient Jewish Military Colony (Berkeley: University of California Press, 1968).
  27. Questa frase ricorre ripetutamente nel Deuteronomio. Secondo la tradizione, significava Gerusalemme, e si intendeva che vietasse il culto sacrificale in qualsiasi altro luogo: un aspetto chiave della riforma di re Giosia fu la distruzione di tutti i santuari dedicati a YHWH al di fuori di Gerusalemme. Tuttavia, il Deuteronomio è ambientato al tempo di Mosè, quindi la capitale del futuro regno di Davide non poteva essere identificata per nome. Questa ambiguità diede origine a una disputa con i Samaritani che durò per secoli. Cfr. il riquadro "I SAMARITANI" per maggiori informazioni su questo gruppo.
  28. Un tema ricorrente nella storia ebraica antica era lo scoppio di controversie religiose a causa di interpretazioni contrastanti del testo sacro. Per ulteriori informazioni su questo tema, si vedano i Capitoli successivi.