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Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Appendice 1

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Indice del libro

Le V-2 non sono state semplicemente un altro tipo di vettore, dei tanti escogitati, per lanciare una carica bellica addosso ad un obiettivo del nemico, ma sono state un passo in avanti nella tecnologia e nella conoscenza impressionante, uno dei più importanti della storia umana. Le persone che hanno lavorato a questi missili possono essere ricordate per avere contribuito alla morte di molti civili e all'uccisione di moltissimi lavoratori coatti addetto alla fabbricazione di questi missili. Ma da un punto di vista tecnologico, il progresso che queste armi hanno portato, soprattutto in termini scientifici, è stato immenso ed esse, come anche i loro tecnici che hanno continuato a lavorare nei Paesi più importanti, hanno costituito la spina dorsale dell'era missilistica, parte fondamentale della nostra civiltà attuale.

L'A4/V-2

La stessa fretta con cui materiali e persone sono state accaparrate dalle potenze vincitrici (anche se la Gran Bretagna ha prestato ben poca attenzione a questo tema, per una ragione o per un'altra, pur essendo arrivata prima di tutte) fa capire come si stimasse la loro opera e le loro creazioni. Così i 'Peenemundiani' passarono la vita a costruire e progettare razzi e missili sempre più sofisticati, ma più in ambito civile che militare, visto che era quello che gli interessava maggiormente. Nel bene e nel male per questo meritano d'essere ricordati, inseguendo caparbiamente le loro idee sui viaggi spaziali e sul superamento della forza di gravità terrestre.

V-2 e sommergibili[1]

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Già verso la fine della guerra pare che i Tedeschi siano stati in grado di inventare un vero e proprio SLBM. Il condizionale è d'obbligo, visto che verso la fine della guerra molte informazioni divengono frammentarie ed incerte, con date ed eventi che dopo il tardo 1944 contano su una scarsa documentazione a causa della distruzione di documenti e impianti, e le ricerche su questi argomenti sono sempre difficili per gli storici.

La storia delle V-2 sublanciabili è però abbastanza conosciuta, anche se fino a non molto tempo fa i particolari non erano molto noti e soprattutto non era nota la realizzazione di qualcosa di concreto. L'idea era di estendere gli attacchi missilistici da Londra a New York e Washington. Ma i tempi per un ICBM non erano ancora maturi (anche se von Braun progettava dal 1940 il missile A9/A10 un bistadio con gittata di 5000 km). Allo scopo di lanciare le V-2 sul territorio americano venne previsto allora di utilizzare la Kriegsmarine, ma la cosa non era tanto semplice e non solo perché il missile A-4/V-2 era un programma dell'esercito. Ma l'Oberkommando voleva questa soluzione e nel dicembre 1944 superò ogni resistenza: l'11 di quel mese costituì a Peenemunde il Comintato di studio per realizzare un progetto molto ardito: trasportare e lanciare dal mare un missile A-4, cosa già difficile e pericolosa da terra in condizioni standard. Si interessarono al progetto il Dr. Dikmann dei cantieri Vulcan, l'ing Riedel, il Magg Gen. Rosmann e il gruppo venne chiamato Elektro Mechanishe Werke Karlshagen. Alla fine si progettò un contenitore a forma di sommergibile (o di dirigibile, secondo i punti di vista), pesante 500 t e lungo 45 metri. Con superfici di controllo cruciformi e ogiva apribile in due sezioni per il lancio, conteneva il missile nella parte anteriore, nella parte sottostante conteneva un serbatoio di alcol etilico e sotto ancora, ossigeno liquido, perossido d'idrogeno ecc, incluse le pompe di assetto e le casse di zavorra. Il tutto era comandato via cavo, lo stesso che lo collegava al sommergibile. Per il lancio il sistema ruotava verticalmente, con inclinazione al massimo di 1,5 gradi; il missile non era possibile trasportarlo già pronto al lancio, anche se aveva già la testata. Approntato il contenitore, il personale addetto lasciava la 'rampa galleggiante' con un canotto. Il contenitore non era a perdere: ogni U-Boote, forse del tipo Type XXI o IX, poteva portarne al traino due e lanciare da 300 km, ma dopo il lancio i contenitori potevano venire zavorrati e trainati alla base o affidati a sommergibili da rifornimento così da rendere possibile l'uso dell'U-Boot in compiti 'normali'.

I cantieri Vulkan di Stettino consegnarono un prototipo e progettarono la produzione in serie. Il primo e unico lancio venne effettuato in una data imprecisata, comunque dopo il 25 marzo giorno della consegna, nel Mar Baltico in vicinanza di Peenemunde. Pare che fu un successo, e venne programmata la costruzione di 60 lanciatori che avrebbero consentito di portare fino a 500 V-2 al mese verso gli USA. Questo avrebbe richiesto l'utilizzo di ciascun lanciatore per almeno due volte alla settimana, e 250-500 missioni al mese verso gli USA. Considerando la distanza, il numero dei sommergibili tedeschi disponibili per questo impiego e le prevedibili perdite, è difficile che questi risultati avrebbero potuto anche solo essere avvicinati. Del resto la campagna di lancio delle ben più semplici V-1 era prevista in 3000 al giorno, quando il massimo fu di 316.

Era un progetto molto ambizioso, i problemi sarebbero stati grandissimi: navigare con uno o due contenitori del genere in mezzo all'Atlantico, in emersione e soprattutto in immersione per non essere avvistati ed affondati (le casse di compenso di questi 'sommergibili filoguidati' consentivano anche il moto sott'acqua) sarebbe stata un'impresa difficilissima, anche senza considerare i problemi tecnici delle A-4. In caso di maltempo sarebbe stato difficile ottenere le condizioni per un lancio preciso (già da terra, sapendo con precisione da dove si tirava, l'errore era di qualche km). Senza considerare che la flotta USA nel '45 era ormai abbastanza efficiente nel contrasto agli U-Boote. Dopo una navigazione lenta e faticosa a causa del pesante rimorchio sarebbe stata necessaria una lunga sosta in emersione per approntare il lancio, cosa che anche se effettuata di notte sarebbe stata molto rischiosa.

Infatti questa soluzione, al momento l'unica tecnicamente possibile, venne perfezionata nel dopoguerra dai successivi studi tecnici con la realizzazione di rampe di lancio interne ai sommergibili americani e sovietici che comunque sfruttarono l'idea e gli studi sulle V-2 e sulle rampe di lancio sottomarine tedeschi. Comunque con la tecnologia disponibile in quel momento se una di queste azioni fosse riuscita, sarebbe stato un colpo propagandistico di notevole importanza per la Germania. Ma nel marzo del '45 gli Alleati stavano passando il Reno ed al Terzo Reich restavano solo poche settimane di vita. Solo se la Germania avesse potuto lanciare una V-2 con testata nucleare, la cosa avrebbe potuto incidere in qualche modo sul destino della nazione. Alcuni storici si sono chiesti perché le ben più semplici V-1 non siano state prese in considerazione per il lancio da un grosso sommergibile. Probabilmente questo avvenne perché la V-1 oltre ad essere più lente e vulnerabili, avendo una minore autonomia avrebbero costretto i sommergibili ad avvicinarsi troppo alla costa. Nel dopoguerra la marina statunitense partendo da una V-1, lanciò il programma Loon, che poi venne sviluppato fino ad arrivare ai missili Regulus I e II (supersonico).

Le V-2 alate, pilotate, aerospazioplani, ICBM[2]

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Queste armi del crepuscolo erano davvero molto in anticipo rispetto all'epoca, e anzi per molte di esse non ci sono nemmeno delle conferme se qualcosa del genere sia mai stato concepito.

Comunque, una cosa certa è che il primo razzo alato venne tirato da Reinhold Tiling che dal 1929 iniziò a parlare di razzi alati per lo scopo di recuperarli dopo il lancio, fino ad ottenere però dei razzi capaci di capacità di libratori non indifferenti. Il lancio del 15 aprile 1931 saliva a 2.000 metri fino a posarsi poi a 18 km di distanza, ben 9:1 di efficienza. Se rapportato ad una V-2, con 85 km di tangenza avrebbe potuto raggiungere 765 km. Tiling morì durante il tentativo di approntare di pressare un'altra carica di lancio a polvere nera. Purtroppo per il gruppo di ricercatori di Berlino, che lo volevano tra di loro e che forse sarebbero riusciti nell'intento. Il solitario ricercatore e inventore tedesco aveva infatti progettato e costruito delle ali scattabili a molla, che al culmine della traiettoria trasformavano il razzo in un veleggiatore. L'ala mobile era un'idea, anche se poi sarà sostituita da una più semplice ala fissa. Nondimeno, ancora per il suo libro del '52 sulle missioni su Marte von Braun penserà ad un'astronave con ali telescopiche o mobili.

Ora ecco l'applicazione più terrena e brutale, allungare la gittata delle A4, visto che esse erano meramente sufficienti per attaccare l'Inghilterra meridionale. Ben presto si cominciò a lavorarci e già nel '41 si era pensato ad un tipo A4-V12c, o A4b, ma certo era un po' prematuro come concetto. Nel 1940 il motore da 25 tonnellate di spinta con pressione di alimentazione della camera di combustione a 14 atmosfere di Thiel aveva funzionato per 70 secondi, quanto bastava per l'applicazione sulle V-2. Il consumo era di 125 kg.sec, di alcool al 25% in una miscela di acqua e ossigeno liquido. Il 3 ottobre 1942 il quarto prototipo raggiunse i 190 km e una velocità finale di 800 m.sec. Nel frattempo si stava pensando seriamente ad un missile balistico intercontinentale, il progetto A9/A10 'Amerika'. Nondimeno, nell'ottobre 1942, quando la stessa A4 non era certo a punto, von Braun ebbe l'ordine di sospendere gli studi sulla versione con ali, benché tale ordine fosse rimasto disatteso. L'interesse di Hitler per l'A4 era piuttosto discontinuo, infatti aveva avuto un aumento importante dopo il fallimento della Battaglia d'Inghilterra, ma la versione alata non era compresa, pur potendo in linea di principio volare fino a 700 km e quindi colpire anche la Scozia. Dopo il 6 giugno 1944, quando sbarcarono gli Alleati in Normandia, venne erosa la base di partenza per le V-2, che all'epoca nemmeno avevano cominciato ad essere lanciate. L'interesse per la versione alata era rinato, ma certo con colpevole ritardo. L'A4b venne tuttavia dichiarata pronta, da parte di Von Braun e Dornberger, per percorrere 433 km. Era stato possibile migliorare il progetto del missile alato anche con l'esperienza del 'cugino' Wasserfall C-2, missile SAM lanciato in 3 esemplari già nel giugno 1944, e i suoi impennaggi di coda costituirono praticamente un'eredità per il programma A-4b. La ragione di tanto interesse era che la V-2 era un missile con un eccesso di energia al momento della caduta a terra: ben 800 m.sec, pari a 2,35 mach, che potevano essere sfruttati altrimenti, fermo restando di non scendere troppo di velocità per non far abbattere l'arma dalla contraerea. La superficie alare sarebbe stata di circa 14 m2, 1,49 per i piani di coda. L'accelerazione, che sulla V-2 normale portava il missile fino a 4,4 mach a termine combustione, su questo tipo alato non consentiva a causa del peso maggiore e della resistenza, di superare mach 4. In ogni caso, benché il progetto per la V-2 alata fosse stato presentato nell'agosto 1944, il tempo per approntarla era limitato. Nel frattempo continuavano i lanci del C-1 Wassermann, il missile SAM più potente tra quelli in sviluppo e con prestazioni almeno teoricamente supersoniche, che venne tirato in ben 44 esemplari nel 1944-45 ma non giunse in servizio. Il lancio della prima V-2 alata era ritardato anche dalla chiusura, dopo 315 esemplari prodotti, delle officine della base sperimentale, mentre restavano aperte quelle di Nordhausen, che fornirono 5 cellule. Pare, ma la cosa non è assolutamente sicura, che il lancio del primo di due A4b venne fatto il 8 gennaio 1945, ma l'arma esplose per un calo di spinta che lo fece precipitare al suolo senza controllo. Il secondo lancio avvenne il 24 gennaio, che a 77 km dal lancio, dopo avere superato mach 4, cominciò la planata nell'atmosfera. Senonché dopo avere passato i 220 km, quando doveva richiamare per salire nuovamente in quota (con il propellente residuo), un'ala si spezzò e il missile finì in mare. Così terminò il programma sperimentale dell'arma che non dimostrò mai la gittata massima di 750 km e la quota di 95 km.

Ma i piani non erano limitati a questo. c'era l'A9 che non aveva più un'ala a freccia ad alto allungamento, ma una vera ala a delta composito, un po' come quella del Nike Hercules. Lo sviluppo ulteriore parlava poi di missili con una gittata di oltre 4.000 km, da estendere anche a 5.000. Essa pesava 16 t, o meglio le avrebbe pesate se soltanto fosse stata realizzata invece di restare come progetto e modello in scala. Ma c'era in più una nuova evoluzione, il composito, se così lo si può definire, per la versione intercontinentale, l'A9/A10. Quest'ultimo era un vettore da 69 tonnellate, che sviluppava una spinta dei motori di ben 180 tonnellate. Esso era già stato oggetto di uno studio datato 20 ottobre 1941, quindi addirittura prima dell'entrata in guerra degli USA. In effetti la gittata era insufficiente per colpire agevolmente gli USA, forse inizialmente si pensava all'URSS. In ogni caso, presto si cambiò obiettivo. Le versioni pensate erano basate su A4 standard, A4b, A9. Pensare era però un conto, realizzare un altro. Il motore, per esempio, era previsto in 180 t di spinta statica, 200 nel vuoto. Esso inglobava larga parte della V-2 prevista come carico, ovvero non un secondo stadio come lo si concepisce oggi, ma quasi un missile che inglobava il suo carico come se fosse un bombardiere con la sua bomba (però sistemata sulla sommità). Il problema era realizzare con poco tempo a disposizione tali enormi motori, e visto che erano previsti (ma era certo un calcolo ottimistico, visto che in URSS i tedeschi lavoreranno inutilmente per anni con obiettivi di 'sole' 100 t) almeno 3 anni di tempo, si pensò di far convergere in un solo ugello di scarico 6 motori da 30 t di spinta l'uno, alimentati da acido nitrico e gasolio e con pressione di combustione di 40 atm. Si pensava che il booster fosse decollato solo verticalmente e avesse volato fino ad una quota di 26 km, prima di ricadere appeso ad un paracadute (alta previsione molto ottimistica sulla recuperabilità di un tale sistema, ma del resto era un'anticipazione del sistema dei booster dello Space Shuttle). Alla fine si arrivò a pensare dunque a questo missile vettore che lanciava da 25 km l'A9, che a sua volta saliva fino a 310 km, scendendo per 1.200 km fino a 50 km di quota e poi richiamando in forte cabrata con la velocità accumulata di ben 12.000 kmh. 'Piattellando' come un sasso sull'acqua, sarebbe arrivata fino agli Stati Uniti. Tutto questo ovviamente non sarebbe mai stato realizzabile in pratica, si trattava di una specie di aerospazioplano che come minimo avrebbe richiesto leghe di titanio per l'epoca indisponibili, mentre i sistemi di controllo e di calcolo della traiettoria (per non parlare della navigazione di precisione) sarebbero un incubo pratico anche per i tecnici d'oggigiorno e le loro tecnologie.

Ma le illazioni e le dicerie sui progressi tedeschi e sulle loro intenzioni non si sono fermate qui. I Tedeschi del resto molto interessati alle armi missilistiche, visto che queste non erano proibite dai trattati di Versailles. dal '29 poi successero, nonostante la crisi economica, delle cose molto interessanti. Fritz Lang girò il film di fantascienza Frau im mond, su di un viaggio spaziale ante-litteram, mentre più concretamente Fritz von Opel realizzò un aliante a razzo da 160 kmh, e nel 1930 a Berlino venne aperto il Raketenflugplatz, ergo un poligono per prove sui sistemi di propulsione a razzo. Gli A2 erano tra i primissimi esperimenti, con una quota raggiunta di oltre 1.500 m. Ma c'era di più, a quanto pare il programma spaziale tedesco iniziò nel 1933 con un razzo Magdeburg, che era sponsorizzato da una banca della stessa città e che doveva provare la bislacca teoria della Terra cava, per cui salendo verso il cosmo avrebbe dovuto trovare gli antipodi, perché in sostanza si pensava che la razza umana vivesse in realtà dentro una sfera cava. Era una teoria cara al Nazismo e sostenuta da tale Peter Bender. Poi fu la volta di un altro personaggio, tale Sanger, che voleva costruire un aerospazioplano monostadio che sarebbe stato lanciato con una rampa lunga ben 3.000 m. Nel '38 questo progetto di massima, sviluppato in famiglia (assieme alla moglie), venne offerto al Ministero della Difesa. Era certo un aggeggio ingegnoso, capace di volare a quote tra 60 e 300 km con un motore Sanger-Bredt (il cognome dei due coniugi) da 145,7 t di spinta per 168 secondi, e capace di portare un carico di bombe di 2-4 t, mentre il pilota, seduto sul davanti della fusoliera (che aveva doppia deriva e una struttura a 'lifting body') era ovviamente provvisto di cabina pressurizzata. L'infaticabile Sanger provò poi a sviluppare un intercettore spinto da uno statoreattore, lo Skoda Kauba P 14, e poi nel 1944 ebbe ancora incarico di lavorare allo sviluppo dell'aerospazioplano di cui sopra. Avrebbe dovuto sganciare su NY un proiettile balistico che avrebbe avuto l'effetto cinetico di un meteorite. In generale l'aerospazioplano era inteso come capace di staccarsi da terra dalla slitta ad oltre 5000 kmh, per poi salire in orbita e colpire l'obiettivo, fare un giro attorno al mondo e rientrare.

Queste erano le caratteristiche:

  • Propulsione: razzo Sanger-Brett da 145,7 t per 168 secondi, cherosene e ossigeno liquido
  • Dimensioni: lunghezza 28 m, apertura alare 15 m, altezza 2,9 m, superficie alare 53,25 m2
  • Pesi: 19.955-99.773 kg
  • Prestazioni: v.max 10.220 kmh a 160 km, tangenza 145-300 km, autonomia non meno di 12180 km

In generale, l'idea era sì straordinariamente avanzata, ma onestamente, di realizzazione pratica impossibile. Un sogno tecnicamente affascinante ma realisticamente a tutt'oggi da realizzare, con la parziale eccezione dello Shuttle. I problemi pratici apparentemente sfuggivano totalmente all'inventore tedesco.

Per il resto, non mancarono nemmeno dei programmi per mandare in orbita, assegnandone il lancio a speciali V-2, di una intera stazione spaziale, che poi avrebbe colpito a terra con un grande specchio solare, mentre l'energia sarebbe stata generata a bordo con appositi boiler solari (ovviamente le celle solari erano troppo avanzate anche per i Tedeschi). Un altro sogno del tutto utopistico, che se non altro era interessante per la modernità del concetto, sia pure declinato solo a scopi militari.

Altre cose talvolta dette a riguardo dei programmi sulle V-2 erano quelle riguardanti A-4 o derivati, chiamati A-9, che sarebbe nato dal programma A4b alato, e avrebbe sganciato la bomba da 1 t per poi ritornare alla base con un turbogetto o uno statoreattore, atterrando con un normale carrello a mò di aereo. Tuttavia di questo programma, così come è stato formulato, non si è trovata traccia, mentre cosa fosse l'A 9 in realtà è stato esplicitato dal ritrovamento dei documenti originali negli archivi americani, che hanno spazzato via le fantasiose ricostruzioni del dopoguerra sui programmi nazisti di tipo avanzato[3].

Ma a parte tutto questo, un aereo a razzo pilotato è esistito davvero e ha volato: era l'Heinkel He 176, attenzione, non l'He 178 con motore a reazione. Questo era in effetti un aviorazzo con un muso vetrato, quasi un piccolo He 111, frutto di un programma segreto dell'RLM, dalla sagoma pulita, prima collaudato come aliante, senza farlo staccare da terra, poi volò il 20 giugno 1939, restando in aria 50 secondi. L'aereo, di cui si conosce una sola foto, venne distrutto nel '44 da un bombardamento alleato a Berlino. Questo fu il primo aereo a razzo espressamente costruito per tale motore, un Walter HWK RI 203 da 600 kgs e 430 kg di propellente. Ma la storia era ancora più interessante, perché quest'aviorazzo era nato dalla collaborazione tra Heinkel e von Braun, sulla necessità di realizzare un velivolo specifico che andasse oltre i soliti alianti già sperimentati con razzi di breve durata. L'incontro tra i due era stato nel novembre 1935 e il razzo era presto arrivato a sviluppare 1.000 kgs per 30 secondi. Solo che le prime due fusoliere erano andate distrutte per via di esplosioni accidentali durante le prove. Heinkel aveva già fatto sperimentare un velivolo He 72 con un motore Walther da 135 kgs nel '37, e poi toccò ad un He 112 che andò distrutto nel '37, rimpiazzato poi da un altro analogo ed entro giugno le prove erano ricominciate al punto da salire anche solo con il razzo. La collaborazione con Helmutt Walther però fu considerata più importante da parte del ministero dell'aria nonostante che il suo motore approntato nel frattempo erogava solo 600 kg anziché 1.100 del motore che v.Braun aveva messo nell'He 112 V2.

Per il resto era un minuscolo apparecchio da 6,25 m, apertura alare 5 m, 5,4 m2 di superficie, peso 900-1620 kg, 850 kmh. La tangenza effettiva era di circa 500 m ma era previsto che potesse arrivare a 9000, e che la salita a 8.000 m avvenisse in appena 2,5 minuti, per autonomia di 110 km mentre quella effettivamente coperta nei pochi voli eseguiti non andò oltre gli 8,5[4].

La storia di quest'aereo nel suo piccolo era affascinante. La sua gestazione, come si è detto, fu molto lunga e tribolata, passando attraverso gli He 112 R usati come cavie. Ma il motore da 600 kgs di Walther fu usato sul primo prototipo dell'He 176, che Ernst Heinkel avrebbe voluto piuttosto con la collaborazione di von Braun. C'erano stati voli di prova, addirittura delle prove librate con il prototipo V1 portato sopra un'auto di grossa potenza fino a 155 kmh. Si voleva saggiare le caratteristiche a bassa velocità e poi far volare l'aereo, con la previsione di usare, per il secondo prototipo, il motore di von Braun. Il primo volo avvenne come si è detto il 20 giugno 1939, con l'inossidabile collaudatore Warsit (già sopravvissuto allo scoppio del primo Heinkel 112 R), che in appena 50 secondi accelerò a 750 kmh, salì a quasi 1000 m toccando gli 850 kmh, e poi scese con i serbatoi vuoti alla base. Il giorno dopo venne riprovato il volo davanti a ufficiali come Udet, che ammirarono l'aereo e il coraggio del pilota, ma si aspettavano un velivolo magari utilizzabile come caccia e non un piccolo aggeggio sperimentale, che aveva, come disse Udet, delle pedane al posto delle ali. La dimostrazione quindi non convinse dell'idea del velivolo a razzo e si mandò avanti piuttosto l'He 178 a reazione. La costruzione del secondo prototipo non venne fatta data la delusione di Heinkel per l'assenza di interesse delle autorità per quel suo primo piccolo aereo specificatamente progettato per il volo a reazione, che realizzato in segreto, toccò la massima velocità raggiunta (almeno in orizzontale) da un velivolo fin'allora. L'aspetto dell'He 176, a lungo dibattuto, era così strano perché si era voluto dare al collaudatore un sistema di salvataggio speciale, con l'eiezione di tutto l'abitacolo dall'aereo come sistema di salvataggio rapido, e l'uso di paracadute relativo, in caso vi fossero stati problemi in volo. E alla fine quest'esperienza servì per un ultimo, ennesimo tentativo per un caccia da difesa aerea, che era chiamato P.1077 Julia. 5 di questi aviorazzi erano in approntamento quando terminò la guerra, cosicché nemmeno quest'ultimo progetto di caccia Heinkel ebbe fortuna[5].

I missili Aggregat 4 o A4 erano meglio noti come 'armi di rappresaglia di secondo tipo' cioè Vergeltungwaffe Zwei o più brevemente V-2. Erano un ordigno estremamente temibile, anche se di fatto non erano altro che un estremo sviluppo dei razzi già noti da secoli. Ma queste armi non intercettabili erano decisamente un salto di qualità, anche maggiore dei Katiusha sovietici e dei corrispondenti Nebelwerfer tedeschi. L'opinione pubblica quasi non credeva alla realtà: questi grossi missili erano stati prodotti in 6.915 esemplari più 314 sperimentali; 5.777 vennero consegnate alle unità d'artiglieria dell'Esercito tedesco, di cui il 15% ritornate in fabbrica per problemi tecnici e di produzione scadente, con l'impiego di 1.960 scienziati, 3.852 tecnici e 30.000 operai. Di questi molti erano prigionieri di guerra ridotti a lavoratori coatti, che chiaramente non avevano nessun interesse a fare un buon lavoro in termini qualitativi. Eppure la grande fabbrica sotterranea di Northausen produsse 30 missili al giorno per ben 6 mesi consecutivi. I lanci delle V-2 erano all'incirca altrettanti con il 90% dei successi al momento della partenza, anche se poi il 20% dei missili esplodeva al momento del rientro nell'atmosfera.

La prima V-2 venne tirata sperimentalmente il 13 giugno 1942, ma il primo lancio operativo venne fatto alle 11 dell'8 settembre 1944 su Parigi, seguito da altre 15 armi entro l'ottobre. Lo stesso giorno alle 18.30, dopo pochi minuti dal tiro, ne cadde una a Londra. La prima di circa 2.000 che colpirono il territorio britannico, che era appena riuscito a scampare alla minaccia della V-1, provocando oltre 9 mila vittime tra morti e feriti e danni consistenti. Anversa venne colpita da circa 2.500 missili, con un totale di lanci riusciti di circa 5.646 sui 7057 partiti. Fino alla fine di marzo 1945 (il 27, o 28 o 29 non si capisce bene) quando vi fu l'ultimo tiro su Londra partendo da una rampa del 485° battaglione di artiglieria di Wassenaar, in Olanda. Erano armi pericolose, con un tempo di lavorazione di 5.000 ore di lavoro a 30 armi al giorno, nonostante la presenza di 1.800 parti interne. I lanci, dal punto di vista propulsivo, andavano bene attorno al 91-92% delle volte, e pare che ci volessero solo 13 minuti di preparazione per tirarle (così dice Marcozzi, ma Armi da guerra non è affatto concorde, sottolineando invece la macchinosità dell'insieme dei compiti di preparazione). In ogni caso, nel gennaio 1945 i Sovietici, avanzando da Est occuparono Stettino e Braun e centinaia di tecnici si mossero per avvicinarsi agli americani, andando vicino Hindelang. Poi venne l'Operazione Paperclip maericana, che portò i tecnici tedeschi, sotto la guida del gen. D. Putt, a Garmisch e poi a Boston, per finire a White Sands, dove nel segreto del deserto del New Mexico potevano fare le loro prove nel centro sperimentale per la prova dei razzi. Il centro non era stato aperto da loro, perché c'erano già stati lanci di razzi Private da 15 km di gittata e poi i WAC- Corporal che potevano salire a 72 km di quota.

La G.E. venne scelta per ricondizionare i motori delle V-2 nell'ambito del Progetto Hermes che faceva parte di un programma quinquennale noto con vari nomi, il più breve dei quali era V-2 Panel. Erano coinvolti università, industrie, forze armate, e già nel luglio del '45 arrivarono circa 300 autocarri carichi di V-2 e si cercò di ricostruirne 200 esemplari. Ma sorprendentemente per tutti, costruire la V-2 come arma bellica fu facile, come mezzo di ricerca molto meno. Von Braun durante il riassemblamento e la ricostruzione delle V-2 apportò la pazzesca cifra di 16.000 modifiche per semplificare il progetto e anche così era assai complesso da costruire. Mancavano i manuali tecnici di molte cose e uno solo di essi poteva anche superare le 1.000 pagine. Mancava ovviamente il banco-prova motori che venne costruito e funzionò dal 15 marzo 1946. Il primo lancio venne fatto il 16 aprile 1946 ma uno dei piani di coda si staccò e il missile non superò i 5.470 m prima di ricadere al suolo. Il 10 maggio invece si raggiunsero 114 km di quota, e in seguito entro il 19 settembre 1952 vi sarebbero stati altri 66 lanci, per lo più conclusi positivamente. Il lancio del 22 agosto 1951 arrivò a 213 km di quota. Nel frattempo i missili 'crescevano' al punto che il volume interno era aumentato di parecchi m3. Oramai dimenticato fu il lancio delle V-2 da una portaerei, la USS Midway che ne tirò alcune il 6 settembre 1947, come primi missili balistici della Marina. Infine, mentre a margine di questo programma faticoso ed impegnativo per uscire dalla preistoria della missilistica e proiettarsi verso i traguardi eccezionali di appena qualche anno dopo si stavano mettendo in opera molti altri programmi missilistici, si diede origine anche all'era spaziale propriamente detta con il cosiddetto progetto Bumper, aiutato dal piccolo razzo Corporal. Questo aveva dimostrato che un ordigno in volo a 10.000 m (di massa pari a 5 t) a 150 (?? valore decisamente troppo basso) m.sec era frenato da 3.900 kg di resistenza aerodinamica, se aumentava la velocità a 360 m.sec (idem) a 76 km (teorici visto che mancava la sperimentazione pratica) sarebbe stato frenato solo da una resistenza aerodinamica di 15 kg. Il 24 febbraio 1949 venne tirato un missile del progetto Bumper, che raggiunse i 405 km. Era una V-2 da 13.128 kg con il Corporal che di per sé ne pesava 282. Questo arrivò dopo meno di 90 secondi a 8.240 kmh. Dopo 11 minuti atterrarono i 135 kg del razzo vuoto. Nell'ottobre 1951 vi fu il primo Congresso Annuale per il Volo Spaziale a NY, e le associazioni astronautiche cominciarono a formarsi all'epoca. Dalla V-2, nata come programma sperimentale, si stava così ritornando al razzo civile che von Braun aveva in mente. In seguito il mondo fu fotografato per la prima volta da 92 km di quota, e fu vista l'immagine trasmessa da una telecamera di bordo ad uno schermo da 27 pollici a terra. Era davvero l'inizio dell'era spaziale. Tra i dati che si raccolsero vi fu quello per cui, nonostante in teoria fosse vero, in pratica non era consigliabile usare tutto il propellente del primo stadio prima di sganciarlo, mentre il progetto Bumper ebbe poi un miglioramento in quota con il Redstone (la V-2 'americanizzata' sempre sotto la guida di von Braun) abbinato a missili Sergeant, il che accadde solo nel '56 quando oramai si era all'alba dei satelliti spaziali. Notare come se per i militari il parametro prestazionale che contava era la gittata orizzontale, per gli esperimenti civili quello che contava era piuttosto la quota, fondamentale per sondare lo spazio esterno all'atmosfera terrestre.

L'Operazione Backfire: le V-2 inglesi[7]

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Se gli Americani avevano messo le mani sulle V-2 e altre tecnologie avanzate con il progetto 'Paperclip', iniziato il 19 luglio 1945 con l'ingaggio di numerosi tecnici tedeschi, gli Inglesi che subirono più di chiunque altro gli attacchi missilistici furono ben lesti a fare lo stesso e per giunta precedettero gli americani, il cui primo lancio di una V-2 a White Sands del 16 aprile 1946 fu oltretutto un fallimento. Invece gli inglesi, con una notevole scaltrezza e anche una buona dose di fortuna, riuscirono a lanciare da Cuxhaven ben 3 missili. Questo nonostante che il 30 maggio ben 14 tonnellate di documenti tedeschi vennero portati da Anversa agli USA, erano il tesoro reperito in una miniera di Dornten, dove tuttavia rimasero davvero per poco tempo. Assieme a queste si portarono via grossomodo l'equivalente di 400 carri ferroviari con quanto bastava per assemblare circa 100 V-2. Ma tra i Sovietici e gli Americani, in corsa per accaparrarsi quanto restava della tecnologia tedesca e dei relativi tecnici e scienziati, il terzo competitore poté godersela, almeno per il momento. Il 21° Gruppo dell'Esercito reperì personale in Olanda e Germania Ovest per ricostruire una batteria di lancio per missili V-2, e prima ancora che il 2 maggio 1945 von Braun si consegnasse agli americani, gli Inglesi avevano avuto inizio, grazie all'idea del comandante J.C.Bernard. L'Operazione Backfire, così chiamata secondo l'idea del Colonnello Carter, riuscì già entro il 20 maggio a trovare 30 mezzi per allestire una vera unità di lancio. I Britannici pensavano di disporre presto di una trentina di missili, ma non sapevano che le V-2 erano materiali 'deperibili' che andavano lanciati entro una settimana per non finire con i componenti interni KO per un minimo d'umidità o di altri problemi causati dall'ambiente. Anzi, era meglio se si lanciava entro 3 giorni per ridurre i malfunzionamenti a solo il 4% anziché il 20 come inizialmente accadeva contro la Gran Bretagna. Alla fine si decise che Cuxhaven era adatta per il lancio sperimentale di queste armi, da ridurre in gittata a 240 km anziché 320 per non rischiare di colpire la Danimarca. Ma il 26 maggio ci si rese conto ufficialmente che le V-2 reperite non erano in condizioni tali da assicurare la campagna di tiri prevista, con grande scorno degli Inglesi che ebbero tale idea. In effetti, l'era dei missili garantiti per 10 anni senza manutenzione (o quasi) e degli ICBM capaci di restare in allerta anche per anni consecutivi, era ben lontana. Le fabbriche superstiti erano per lo più all'Est per sottrarle alle bombe Alleate e questo significa che, nonostante gli spostamenti al Sud effettuati verso la fine della guerra, oramai erano in mano sovietica. Si cercò per sei settimane tutte le piccole ditte che erano subfornitrici dei 30.000 componenti della V-2, nonostante tutto visto che non c'erano nemmeno abbastanza manuali e quelli presenti non concordavano tra loro, visto che i lotti produttivi delle V-2 non erano necessariamente compatibili. Nonostante tutte le difficoltà, alla fine arrivarono 400 camion e 640 t di utensili, nonché disegni costruttivi. Nonostante tutte le difficoltà i Tedeschi, meravigliando gli Alleati, avevano eseguito tiri fino al marzo 1945, ma adesso non c'era modo di disporre di sufficienti sottosistemi per assemblare qualche V-2. Molti componenti, come le pale di grafite per i deflettori di getto erano stati sabotati, persino l'ultima V-2 di Peenemunde venne fatta saltare sulla sua rampa il 27 febbraio 1945, quando von Braun vi mise piede per l'ultima volta. Alla fine però c'erano a Cuxhaven 2.500 inglesi e quasi 4.000 tedeschi, tra cui persone dello staff di v.Braun. Bisognava procurarsi molte cose, bisognava fidarsi dei Tedeschi alla cui testa venne messo il col. Weber, si costruì un'officina lunga 90 metri e infine si trovò un impianto per la produzione di ossigeno liquido, di cui servivano 5 t per il lancio di una V-2, ma in realtà ne occorrevano 9 per compensare le perdite. C'era bisogno di alcol puro almeno al 93%, che giunse da Nordhausen, e così via. Il 2 ottobre vennero scoperte ben 12 V-2 di cui 8 quasi in perfette condizioni. Ora vennero assemblati davvero tutti i 'pezzi'. Con pochi mezzi, battendo sul tempo gli Americani e i Sovietici, gli Inglesi passarono ai primi tiri postbellici delle V-2, di cui 314 sperimentali e 3.600 operative erano state usate in guerra. Si tentò di far partire le V-2 già il 2 ottobre, ma non successe nulla. Ma il 3 ottobre, alle 14.43, la V-2 partì davvero. Si inarcò nel cielo e in appena 4 minuti e 50 secondi arrivò a colpire un punto con uno scarto di 2,4 km a sinistra e corta di 1,6 km circa, meglio comunque di un proiettile d'artiglieria equivalente in gittata. Poi fu la volta di una V-2 il 4 ottobre, che però percorse solo 24 km in 35 secondi, e infine il 15 ottobre 1945 un altro missile venne tirato, stavolta con un folto stuolo di ospiti Alleati, e per il sollievo degli Inglesi, e nonostante un vento di ben 43 kmh il lancio funzionò perfettamente. La missione era conclusa a partire dal 20 ottobre, quando il personale venne rilasciato, ma solo 20 accettarono di continuare a lavorare con gli Inglesi. Dunque questa specie di 'circo' si sciolse senza ulteriori conseguenze, se non un documentario di 40 minuti, 5 volumi consegnati nel gennaio 1947 al Ministero della Guerra, e vari materiali messi nei musei. Gli Inglesi non ebbero altre conseguenze. Pagavano molto meno degli Americani e dei Sovietici, e forse anche questo contò. La missilistica inglese ebbe nonostante questa assenza di apporto tedesco ugualmente uno sviluppo molto interessante, con progetti originali e slegati da quanto si produceva nel resto del mondo. Ma partì in ritardo, anche per via che, pur essendo stati i primi a far funzionare una V-2 nel dopoguerra, non ottennero conseguenze durature per la loro tecnologia: un estemporaneo e clamoroso successo, che tuttavia nell'impoverita Gran Bretagna non si seppe o non si volle concretizzare.


I Sovietici entrarono a Peenemunde il 5 maggio 1945, mettendo le mani sul 'Santo Graal' della ricerca avanzata dell'epoca. Ma non trovarono molto di interessante, allorché il centro, difeso fino all'ultimo dalle SS, era oramai spogliato di molte delle sue risorse, come il radar Wurzuburg Riese, la galleria del vento supersonica da mach 4,4 costruita da Rudolph Hermman (mandata in Baviera, a Kochel). I banchi di prova erano stati quasi tutti danneggiati, inclusi quelli per i missili Wasserfall e per i più piccoli SAM del tipo Taifun. Il Banco I era ancora presente, era quello a cui venne collegato nella primavera il motore a razzo da 25 t di spinta, poi portate a 27 anche se 1,3 'mangiate' dai pannelli direzionali di grafite quando direzionati di 20 gradi. Non era solo per l'avanzata dei Sovietici che ci si spostò verso il Sud della Germania, ma anche per la paura di altre incursioni come quella del 17-18 agosto 1943 della RAF, pagata cara in verità, ma che distrusse molte infrastrutture, uccidendo 735 persone di cui oltre 600 erano prigionieri di guerra ridotti a lavoratori coatti. Morì nell'occasione anche il Dr. Thiel, ovvero il progettista del motore del C-1 Wasserfall e dell'A-4 (la V-2). Non solo, questi era anche il progettista di un mostruoso motore destinato ad un missile balistico intercontinentale chiamato A-9 o A-10. Infatti lo stesso banco 1 era capace di sopportare oltre 200 tonnellate di spinta e questo motore arrivava, almeno progettualmente, a 180. Era difficile rimettere tutti i pezzi al loro posto, adesso. Per esempio, le V-2 erano costruite sulla base di 6.450 disegni costruttivi, avevano 30.000 componenti varie, ma molti macchinari erano stati portati nella fabbrica sotterranea di 111.000 m2 in Turingia a 260 km di distanza. I banchi di prova erano necessari anche per i motori delle V-2, che dovevano dimostrare di funzionare almeno 65 secondi correttamente, serviti da un impianto che produceva qualcosa come 115 kg di ossigeno liquido al minuto. Ma di tutto questo non restava molto, come anche dei 4.325 tecnici e 760 impiegati ancora presenti a febbraio, con grande scorno del Col Vavilov che guidò le truppe che giunsero a Peenemunde. Il fatto è che V.Braun si era deciso a optare per muoversi verso Ovest e i Tedeschi non vollero lasciare a Peenemunde materiali e uomini di valore, iniziando la migrazione per la Turingia il 17 febbraio 1945, con un treno di 525 persone. Insomma, i Sovietici rimasero inizialmente con le pive nel sacco. Gli Americani trovarono invece ben 250 V-2 alla Mittelwerk. Ma era zona assegnata all'URSS, per cui avrebbero dovuto essere 'sue'. Invece gli Americani in nove giorni fecero sparire 640 t di materiali in 300 carri ferroviari tra cui 510.101 disegni e 3.500 rapporti. Il 2 maggio von Braun era in Baviera con i suoi tecnici migliori e le loro famiglie, pronto a consegnarsi agli Americani. 90 di loro in realtà andarono in Francia e divennero la colonna portante della missilistica francese fino all'Ariane 4. Ma non era tutto perduto, perché delle 2.000 V-2 disponibili alla fine di marzo 1945, circa la metà erano nelle zone tedesche che erano sotto controllo Sovietico. 515 vennero mandate subito in URSS, ma vi furono tanti di quei problemi quanto ad affidabilità, che dovettero essere praticamente ricostruite. Non c'è da meravigliarsi perché già i motori avevano 500 sottosistemi e 1.800 elementi, e soprattutto l'economia con cui le V-2 venivano costruite era tale da doverle lanciare con una vera data di scadenza: entro i sette giorni dal completamento. Per via di valvole, giroscopi, resistenze elettriche, tanto che fino al 20% delle V-2 consegnate ai reparti dovettero essere restituite per la rilavorazione alla Mittelwerk, o per essere usate come parti di ricambio per quelle nuove. Come se non bastasse le V-2 catturate usualmente erano sabotate, per esempio i giroscopi e i deflettori di getto in grafite, infine la ruggine era un problema ulteriore in quei mesi di giacenza. I Sovietici raggiunsero la base sotterranea di Nordhausen solo il 5 luglio, anche qui trovandola saccheggiata dagli Americani. Se non altro i macchinari produttivi non mancavano, anche perché il ritmo di costruzione era arrivato a 500 unità al mese in gennaio, ma di missili operativi non c'era quasi nulla di utilizzabile. Toakaev, uno dei maggiori esperti di missilistica russi, era piuttosto depresso anche se pensava di organizzare in Germania un gruppo di lavoro per ricostruire la V-2 con tanto di tecnici tedeschi coatti o volontari ancora disponibili.

Ora il problema era che ad Ovest c'erano già molti 'clienti' della tecnologia Tedesca. L'ultima V-2 venne tirata su Londra non dopo il 28 marzo 1945, ma ad ottobre 3 V-2 inglesi vennero tirate da Cuxhaven tanto per valutarne la balistica. In verità c'era poco da valutare dato che nei 200 giorni di bombardamento su Londra erano piovute 3.065 V-2, con un errore sul bersaglio del 2,5% (che peraltro significa circa 7 km alla massima gittata). Soprattutto l'affidabilità si era dimostrata eccezionale, con oltre il 90% dei lanci riusciti, anche se spesso i missili esplodevano al rientro con l'atmosfera nonostante tutti i tentativi di coibentare bene la testata. Ci volle un duro lavoro, invece, per i Sovietici e il 18 ottobre 1947, oltre 2 anni dopo, tirarono finalmente una V-2 da Volgograd e grazie soltanto al 'Collettivo degli specialisti' tedeschi, volontari o meno che fossero. La versione migliorata, la R-1, attese fino al 18 ottobre 1948.

Tra i protagonisti della nascita della missilistica sovietica c'era anche il col Valentin Glunsko, Korolev (sopravvissuto alle 'purghe staliniane' che lo colpirono, ma riabilitato grazie al KGB che apprezzò le sue doti di progettista), e che parlava bene il tedesco. Era un vantaggio notevole, perché non doveva aspettare la traduzione dei documenti, mentre poteva parlare o interrogare direttamente gli scienziati e i tecnici tedeschi. Non sarebbe stato facile nemmeno così, con Stalin che voleva il ripristino dei disegni e la creazione di una linea produttiva in Germania. Così, sotto la minaccia non troppo velata di finire in un gulag, i tre sovietici si misero all'opera istituendo il RABE a Berlino, alle dipendenze del gen Kutsentsov. Servivano persone qualificate per il programma di clonazione delle V-2 e tra queste il migliore fu certo Helmu Grottrup, esperto di elettronica e sistemi di guida, e pagato con 5.000 DM mensili se avesse accettato l'incarico, 4 volte quanto prendeva von Braun con gli Americani. E infatti vi furono concrete speranze che questi potesse cambiare casacca, il che avrebbe cambiato anche la storia. Ma non si verificò quanto i Sovietici speravano. Questo scienziato inoltre era molto bravo anche nella struttura di lavoro 'piramidale' sperimentata a Peenemunde, con un referente finale e tanti superspecialisti per realizzare i componenti. Era così che von Braun si presentò agli americani, con 118 tecnici e il direttore dei lanci Kurt Debus. In poco tempo Grottrup rimpiazzò il primo non eccelso direttore Dr. Rosemplenter al RABe e portando a furia di ingaggi il personale da 30 a 5.000 in appena un anno. Alla fine 30 nuove V-2 vennero spedite in URSS, e molti centri vennero creati per compiti specializzati, come il Werk II per i motori delle V-2. Infine l'ordine sovietico per un treno sperimentale da 80-100 vagoni per eseguire il lancio sperimentale delle V-2, anche se ufficialmente era solo un 'treno meteorologico mobile'. Non vi saranno però mai più lanci di V-2 dalla Germania. A Lehesten continuarono i test, dove Glushko aveva prodotto già nel settembre un motore di elevata potenza. Poi nell'estate del '46 iniziarono richieste di miglioramento tecnico per una maggiore gittata. La segretezza dei lavori era tale che per anni persino la costruzione del missile R-7 (SS-6) rimase incerta, tanto che ancora alla fine degli anni '50 si pensava fossero muniti di soli 5 motori R-14 da 120 t.s, motori mai esistiti in tale forma.

Tra le modifiche apportate c'era quella di rendere sganciabile la testata con bulloni esplosivi per aumentare la gittata, una specie di missile a due stadi, in realtà erano vecchie idee per i missili già sperimentati verso la fine della guerra, dotati di tali caratteristiche. Il fatto è che il 13 maggio 1946 Stalin aveva fatto nascere la Commissione di Stato per lo studio dei razzi a lunga gittata o PKRDD. Questa aveva prontamente definito vari OKB, come l'OKB-456 MAP di Glushko, per gli endoreattori, e vari istituti come il NII-88 MW per i razzi balistici di Korolev, il NII-885 MPSS per i sistemi di guida e altri ancora, incluso il Concilio dei Progettisti, che raggruppava le varie branche di guida, propulsione, sistemi di lancio. Korolev avrebbe poi fatto confluire sul suo OKB, dal 1954 divenuto l'OKB-1, tutte le esperienze e i progressi degli altri centri e OKB. C'erano anche le officine Zadov 88 e 456, a cui vennero spedite prontamente i missili e i componenti prodotti alla Zentralwerke e nelle sue sussidiarie tedesche, in tal modo il lavoro dei 7.000 impiegati della Germania Est veniva 'girato' ai Sovietici, per depistare gli americani sull'origine di tali progressi. I primi missili migliorati furono l'R-1 con sistema propulsore migliorato leggermente, nota come SS-1 Scunner par la NATO, e l'R-2 che avrebbe avuto il doppio della gittata originale, noto come SS-2 Sibling. Va da sè che a questo punto, per valorizzare missili comunque costosi e imprecisi, era necessario disporre di una testata atomica. Ma anche questa era in arrivo.

Intanto Stalin volle concentrare tutto il lavoro nel territorio Sovietico e il 22 ottobre venne ordinato a 2.500 tedeschi, tra cui Grottrup, di lasciare la Germania (lui che proprio per non lasciarla aveva accettato l'ingaggio sovietico) e ritrovarsi smistati in varie località e fabbriche. Alla fine però si ritrovarono per lo più raggruppati a Gorodomljia. Tra i loro compiti ve ne furono di bizzarri, come verificare la possibilità di un 'bombardiere antipolare' come ipotizzato da Sanders, co un mtore da 100 t di spinta che era stato parzialmente realizzato durante la guerra. Una specie di Space Shuttle ante litteram, che doveva andare in orbita e poi eseguire bombardamenti sul territorio nemico.

Grazie anche a loro nacquero le versioni migliorate dei motori dell'A-4/V-2: l'RD-100, con gli scarichi maggiormente divergenti per aumentare la spinta erogata, RD-101 con pressione superiore del 40% e usato per l'R-2, l'RD-103 con pressione di scarico aumentata del 60% e usato per l'R-5 o SS-3 Shyster, da 1.200 km, mentre l'RD-102 fu una tappa intermedia che non venne realizzata. Vennero poi studiati altri tipi di armi, come il G-1 da 600 km di gittata, chiamato R-4 o R-10 dai Sovietici, che aveva serbatoi autoportanti (ovvero pressurizzati a 2 atmosfere, il che rendeva la struttura del missile più leggera, sia pure con aumento dello spessore da 1,5 a 4 mm), tanto che venne poi esteso il raggio a 810 km, mentre i sistemi di guida vennero spostati sotto i serbatoi. La testata era rivestita in legno (!) ma reso ininfiammabile con un appropriato processo chimico. Rimase sulla carta, ma era un tipo interessante.

Nel 1947 venne formato il primo cosmodromo sovietico, chiamato Stazione Volgograd, che precedette di circa 8 anni Baikonur. Molte delle attrezzature erano sui due treni speciali tedeschi, l'FMS-1 e 2, di cui si è parlato prima. Grottrup e altri tecnici vennero mandati là e il 18 ottobre, alle 10,47 poterono eseguire il lancio dei missili con una V-2 modello T (telemetrica) che venne tirata ad oltre 206 km, anche se il secondo lancio, due giorni dopo, vide l'arma fermarsi a 152 m di quota per poi ricadere, suscitando accuse di sabotaggio. Seguiranno altre prove e poi i Tedeschi ripartirono per Gorodomljia.

Nel 1948 venne iniziato il progetto di un missile da ben 2.500 km con testata da 1000 kg, che era chiamato G-2 dai Tedeschi e R-12 o R-6 dai sovietici, al NII-88 di Korolev. C'era necessità di un progetto nuovo e con motori da 100 t di spinta. Il progetto era interessante, ma venne superato dal G-4 per 3.000 km e 3 t di spinta, richiesto il 9 aprile 1949 dal ministro Ustinov. La ragione era la possibilità di trasportare l'atomica sovietica in tutta l'Europa, e infatti il 29 agosto di quell'anno la prima 'atomica' venne fatta brillare. Così venne studiato questo missile ma nemmeno questo ebbe lunga vita, ma prevedeva uno stadio singolo alto 23,65 m con diametro alla base di 2,74, peso di 70 t a pieno carico e appena 6.160 a vuoto, con un motore da 101 t.s. Una testata protetta da 400 kg di acciaio e (internamente) legno, motore a 60 atmosfere di pressione, senza generatore di gas ma con alimentazione delle turbine con il gas di combustione. Il 21 settembre 1949 venne tirato il primo R-2 con motore RD-101 da 37 tonnellate. I sovietici presero nel frattempo i disegni e il materiale prodotto dai Tedeschi, che speravano finalmente di fare qualcosa di più che i consulenti per aumentare la fama degli scienziati locali, come Korolev. C'erano anche altri progetti, come l'R-3 da 4.000 km di gittata, e poi da migliorare come R-3A, antenato dell'R-7 intercontinentale. Questo era opera di Glunshko, con un motore da 7.000 kgs e ugelli conici sostituiti dai più complessi divergenti, che guadagnavano circa il 3% della spinta. Altre idee vennero riprese forse dai motori da 8.000 kgs del Wasserfall antiaereo.

Infine vennero pensati dei razzi vernieri da 3.000 kgs, che erano un'alternativa ai ben più complessi ugelli con struttura cardanica.

Infine i Tedeschi, dal 21 marzo 1951 al 30 novembre 1953 vennero rimandati in Germania, dopo che avevano di fatto aiutato a far nascere una classe di tecnici sovietici a cui avevano fatto da istruttori. Un piccolo gruppo rimase in verità fino al 1958. Nel frattempo venne lanciato l'R-5, missile che era l'estrema evoluzione della tecnologia della V-2. Nella versione R-5M, quest'arma da 20,74 m arrivava a 1.200 km e poteva colpire con una piccola testata nucleare, il che lo rese piuttosto temibile per gli Occidentali. Venne prodotto in piccola serie nel '56, ed era il contraltare, ma con molta maggior gittata dell'americano Redstone, pure esso ricavato dalla tecnologia V-2.

Infine i razzi sovietici 'figli' delle V-2 e dei loro tecnici vennero convertiti in ordigni geofisici o per lanci di ricognizione atmosferica ad alta quota. Erano ordigni realizzati già dal 1949 e designati con V-1 come sigla base e varie sottoversioni, alti fino a 18 metri, con attrezzature scientifiche, già il primo arrivò a 110 km il 24 maggio 1949. Nel '55 un V-1E sollevò a 100 km un carico di 1,8 t, inclusi cani, conigli, topi. Poi fu la volta degli R-2 convertiti in V-2 (certo non quelle 'originali'), sempre con contenitori laterali che avevano attrezzature da far cadere con il paracadute o con testate munite di speciali freni aerodinamici. Uno di essi, il 16 maggio 1957, arrivò a 200 km con sistemi di riprese cinematografiche e apparati di analisi chimica. I cani furono lanciati in massa: almeno 100 coppie nel 1955-60 e il missile R-5 usato dal 1957, portò a ben 480 km di altezza il suo carico di 1.350 kg e due cani. Era alto più degli altri, ben 23,74 m.

Insomma, i sovietici realizzarono la loro prima generazione di missili balistici grazie agli sforzi e al contributo dei vari Peenemundiani, ma non gli attribuirono mai alcun merito, cosa che non mancò di far arrabbiare gli scienziati tedeschi. Nel '58 Grottrup presentò così al DGRR tedesco (una società per il volo spaziale) un memoriale che raccontava il lavoro svolto per anni in Unione Sovietica, almeno per ristabilire la verità storica.


Quanto ai missili A-4, R-1, R-2, R-5, ecco le loro caratteristiche complessive:

  • Sviluppo: 1936-45--- 1947-48--- 1948-50--- 1952-55
  • Primo lancio riuscito: 3.10.42--- 17.9.48--- 21.9.49--- 15.3.53
  • Gittata: 300 km--- 300 km--- 554 km--- 1.200 km
  • In servizio: 1944--- 1950--- 1952--- 1956
  • Dimensioni: 13x3,56 m--- idem--- idem--- 20,47x3,8 m
  • Motori: HVP-39--- RD-100--- RD-101--- RD-103
  • Peso e carico: 12.700/1.000 kg--- 13.400/1.100--- 20.400/1.500--- 24.000/1.500 kg
  • Propellenti: 8.700 kg (Lox e Alcol--- come per gli altri)--- 9.200--- 15.500--- 18.250 kg

L'estremo sviluppo della tecnologia tedesca: l'R-7 Semyorka[9]

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Fu dunque con l'aiuto dei tecnici tedeschi che i Sovietici giunsero nell'era dei missili balistici e delle imprese spaziali. Ma inizialmente non si capiva molto bene cosa avessero usato per i loro progressi, che per vari anni oscurarono quelli americani, nonostante la tecnologia sofisticata di questi ultimi. In particolare, era un vero rompicapo il missile R-7 o SS-6, il primo ICBM della Storia, e base di tanti altri missili scientifici e sperimentali. Dal '56 gli U-2, appena entrati in servizio avevano osservato i progressi sul cosmodromo di Bajkonur, in Kazakhistan, ma anche così il mistero rimase. Fino a che, al 27° Salone aerospaziale del Bourget (Parigi) che si tenne nel 1967, gli esperti americani e occidentali in generale, così come il grande pubblico, poterono vedere da vicino un vettore Vostok, e finalmente, i suoi motori. Erano un complesso incredibile nel loro colore ramato (le leghe interne agli ugelli di scarico erano basate sul rame), scintillando al sole con 20 ugelli principali e 12 vernieri (per la direzione), per un totale di ben 32 motori. Il bianco Vostok con l'inconfondibile sigla CCCP dipinta in rosso si lati era certamente una sorpresa e un'attrazione per tutti, addetti ai lavori e non. Ma era il motore che stupiva. Per molti anni si era ipotizzato che un simile vettore di lancio, per armi nucleari come per sonde spaziali, dovesse avere almeno 400 t di spinta, e che era stimata offerta da non più di 4-5 motori. La complessità infatti è fondamentale per stabilire l'affidabilità complessiva di un sistema delicato come un razzo vettore. Quindi c'era bisogno di potenza e di semplicità al tempo stesso. La prima era stata ottenuta, ma non con gli ipotetici motori R-14 e R-14a da oltre 100 t di spinta, come ipotizzato in Occidente (grazie anche alla disinformazione sovietica), ma con ben 5 cluster di 4 motori l'uno, più per ciascuno di essi 2 o 4 motori vernieri.

Come si arrivò a questa soluzione tanto complessa? L'origine, allora misconosciuta, era da ricercarsi nella tecnologia tedesca, che venne messa a profitto presso l'OKB-456 di Glushko, specializzato in sistemi propulsivi dei primi stadi missilistici destinati ai progetti di Korolev, deceduto nel '66. Tra gli spettatori c'erano anche alcuni dei tecnici tedeschi che avevano lavorato in URSS con l'OKB di cui sopra, ma che non avevano fatto in tempo (almeno non la maggior parte di loro) a vedere la nascita dell'R-7. La trovarono molto ispirata al progetto da loro redatto per il R-14 o G-4, che avrebbe dovuto avere il motore RD-110 da 100 t di spinta, poi abbandonato. In realtà, tornando indietro nel tempo, l'URSS già nel gennaio del '55 aveva annunciato che avrebbe messo in orbita un satellite in occasione dell'Anno Geofisico internazionale, che era il 1957-58 e cadeva nel 40° anniversario della Rivoluzione. Sembrava una sparata propagandistica, ma la Casa Bianca volle procedere anch'essa con il suo progetto Vanguard. Questo era molto avanzato e possedeva tra l'altro motori oscillanti su sospensione cardanica. Ma forse era troppo innovativo e così ebbe fallimenti a catena. Questo, mentre il 30 luglio 1955 l'URSS dichiarava ufficialmente le sue intenzioni: lanciare il primo satellite artificiale dell'umanità. Strani e grossi razzi erano in prova a Bajkonur, fino a che dopo fallimenti e successi parziali, il 3 agosto 1957 vene tirato un ordigno con successo, seguito il 21 agosto da un altro con un lancio da 6.436 km. L'URSS faceva sul serio, ma era un mistero come potesse riuscirci e chi fosse il progettista-capo (i Sovietici si guardarono dal dirlo, temendo attentati da parte della CIA). Un missile sperimentale, l'R-5 i versione M-5RD, venne tirato alcune volte nell'estate del '56 per sperimentare il motore RD-103 e mettere a punto i sistemi di guida dell'R-7. Quest'ultimo cominciò l'approntamento già nel '56 e vide 10 lanci che culminarono il 4 ottobre con lo Sputnik I, un piccolo satellite che girava attorno alla Terra emettendo un segnale radio, ma era quello il primo successo che i Sovietici riuscirono ad ottenere, e quanto avevano promesso. Ma questo aveva avuto in realtà l'allora segreto apporto dei Tedeschi, con circa 3.000 tecnici di cui 234 esperti di missili deportati in URSS per circa 5 anni e concentrati per lo più a Gorodomlya, dove elaborarono il missile R-10 o G-1 (G sta per Gerat, materiale), che introduceva una struttura interna ben diversa da quella della V-2 grazie a dei serbatoi in lega di magnesio e alluminio mantenuti in forma con una pressione di 2 atmosfere. Era un giusto inizio con un progetto creato nel 1947-48, poi si passò all'R-12 o G-2, con razzi multistadi e una forma conica aerodinamicamente superiore rispetto ai tipi cilindrici dell' R-5 o a fuso dell'Aggregat 4 (A-4 o V-2 che dir si voglia).

Korolev, per quanto scienziato di tutto rispetto, non si comportò certo in maniera onesta con i Tedeschi, che volevano entrare a far parte del gruppo progettuale sovietico come von Braun negli USA e altri ancora in Francia. Il 9 aprile 1949 il ministro Ustinov volle un missile da 3.000 km gittata e 3 t di carico, il 1 ottobre Korolev arrivò al centro di Gorodomlya e si portò via i disegni del G-4 o R-14, missile che poi sarebbe stato usato come elemento dell'R-7. In pratica, la forma conica era piuttosto difficile da far quadrare con la capacità volumetrica interna, portando a parità di carburante anche a 3 volte l'altezza di un missile cilindrico. Per superare il problema, la forma conica ideata da Albring era stata aggregata in una serie di booster. In pratica, al corpo centrale del missile R-7 erano stati aggiunti 4 booster laterali, sempre con 4 motori l'uno, di un tipo evoluto, ma pur sempre derivato direttamente da quello della V-2. Si arriverà persino al missile N-1 per missioni lunari con uno schema simile, capace di una spinta di 5.000 t, ma che fallì i 4 lanci mentre gli USA arrivavano sulla Luna con il programma Apollo.

Come si arrivò a pensare a questi cluster di motori? Un punto di partenza era forse costituito, oltre che dall'impossibilità di produrre sistemi più semplici e di maggior potenza unitaria, dal libro Das Marsprojekt che von Braun pubblicò nel '52, dove erano descritti missili con 51 motori al primo stadio, per la potenza incredibile di 14.000 tonnellate complessive. Così l'idea di Korolev era già predefinita dai progetti e dalle idee tedesche. Ma lui ebbe se non altro l'arguzia di proporre di mettere tutti i motori nel primo stadio e di farli accendere in contemporanea, mentre la progettazione dei cluster di motori si avvalse di almeno 10 proposte dei Tedeschi aggregati all' OKB-456. Altro elemento era il sistema di iniezione del carburante, di nuovo tipo, pensato per la V-2 di terza generazione ma anche utilizzato per il motore del Wasserfall da 8.000 kgs. I motori compositi RD-107 e RD-108 approntati dall'ing. Gluskho erano in varie versioni, almeno due del primo e 3 del secondo, con pressioni di 60 e 52 bar, funzionamento per 120-140 sec e 285-320 rispettivamente. Anche le spinte erano diverse, 21-25,5 t per l'RD-107 e 19-24 per l'RD-108. Il tutto era secondo le idee contenute nelle proposte 3 e 4 dei tecnici capitanati dallo specialista Baum, uno di quelli che poi ammirò il Vostok nel '67, solo allora rendendosi pienamente conto di quello che era stato possibile fare con le sue ricerche. Delle prove fatte inizialmente si penso alla proposta Nr. 3, che venne inizialmente conosciuta come RD-140 e provata con innumerevoli variazioni non meno di 194 volte al banco, fino a ricorrere alle leghe per la faccia interna degli ugelli a base di rame e bronzo-cromo per quella esterna, onde consentire un efficiente raffreddamento. La proposta Nr.4 era ad alcool-ossigeno liquido, per un motore da 2.100 kg, alto 3,5 metri e con una velocità di scarico di 2.390 m.sec, che era del 13% maggiore rispetto alla V-2. Gluskho introdusse piuttosto la miscela cherosene-ossigeno liquido e così venne fuori l'RD-110, che però non si manifestò abbastanza affidabile per via del surriscaldamento del combustore. Al dunque, la necessità di un missile ICBM era frustrata da tale fallimento, ma il gruppo di Baum si rifece al successo dell'RD-140 e al progetto R-12 di Grottrup, quindi suggerì di usare cluster di motori, e dopo che i sovietici tentarono con potenze intermedie grazie agli RD-105 e 106 (rimasti solo un progetto), alla fine la soluzione venne trovata. L'idea, estremamente avventata, era di Issajev, che suggerì a Korolev e Glushko di usare un cluster fatto a sua volta di cluster, una specie di geometria frattale. E alla fine l'unico problema che bisognava superare era quello dell'affidabilità dei motori, che con tale complessità doveva essere di almeno 0,95: 1. Nonostante la cura richiesta, la cosa funzionò, come del resto non era così difficile da immaginare, se persino la vecchia V 2, fatta con materiali di bassa qualità aveva ottenuto quasi il 91% dell'affidabilità del motore. Dal '57 al '67, prima che l'Occidente sapesse o capisse qualcosa di quello che i Sovietici avevano usato, ovvero in pratica 20 motori di V-2 'evolute', l'R-7 Semyorka (il 'piccolo 7'), e la sua genia di Sputnik, Mars, Lunik, Voskhod, per non parlare del Soyuz, continuò una serie di lanci davvero impressionante. Non mancarono incidenti anche gravi, ma su 600 tentativi, nonostante la sua estrema complessità, la gran parte riuscirono. Nel 1996 i vettori Souyuz avevano oramai un'affidabilità del 98,2% su 1.030 lanci, e ne venivano ancora costruiti 60 all'anno dalla TSSKB e Progress. Insomma, in altre parole la capacità di questo sistema è stata davvero straordinaria: da un lato si tratta di un tipo apparentemente poco evoluto (anzi, si tratta di una giusta osservazione), quasi primitivo anche se tecnicamente impressionante; dall'altro, la sua affidabilità si è dimostrata pienamente all'altezza, superando anzi moltissimi tipi più moderni e con meno motori ma di maggior potenza, grazie all'uso di una tecnologia sperimentata e semplice. Per giunta, sono anche vettori economici e al contempo di grande capacità di carico. Come ICBM l'SS-6 aveva nondimeno un valore militare ridotto, dati i tempi d'approntamento e le poche piazzole disponibili per il lancio, che erano in gravissimo pericolo a fronte dell'attacco del SAC americano. Presto arrivarono missili ben più moderni, specie nei tardi anni '60 con gli SS-11 leggeri e gli enormi SS-9. Ma come vettore spaziale un sistema del genere andava bene: non c'era la fretta necessaria rispetto alle azioni militari nell'approntamento e lancio, che doveva essere puntuale, ma poteva essere preparato con largo preavviso. E così il vettore Soyuz ha finito per continuare a far vivere le conoscenze maturate dai tecnici che seguirono la via portata avanti dal giovane Werner von Braun, che nel 1934 presentò una tesi sui motori a razzo.



V 2 e la nascita della missilistica francese[10]

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Fu proprio la Francia che ebbe il dubbio onore di ritrovarsi bersagliata dai primi missili balistici A4 che siano mai stati lanciati in guerra. Era l'Operazione Pinguino, che ebbe come comandante Hans Krammler. C'erano 3 battaglioni con ben 6.300 soldati e 1.600 mezzi, con il 485° Battaglione a Nord, e a Sud l'836° e il 444° delle SS. L'Obiettivo era essenzialmente Londra, ma poi venne anche aggiunta Parigi, liberata alla fine di agosto. Si tentò di tirare due V-2 il 6 settembre, che però non funzionarono per difetti dei sistemi di accensione o di alimentazione (in ogni caso non ne vollero sapere di decollare), ma l'8 settembre (pare alle 8.34, dopo 4 minuti di volo)un missile del 444° ebbe successo sia pure tirato da 290 km. Parigi comunque non venne particolarmente tartassata, visto che al massimo ebbe lanci per 22 V-2, che sbagliarono l'obiettivo anche di 70 km. Forse non c'era la volontà di colpirla, mentre non mancò certo per Londra e Anversa, centrate nel contempo da 350 ordigni, cominciando dallo stesso giorno con un tiro vicino alla Waterloo Station dovuto all'attività del 485° Battaglione. Inizialmente gli Inglesi fecero credere che si trattava di fughe di gas, ma poi dovettero ammettere che c'erano armi inintercettabili che raggiungevano la loro capitale.

Henry Moureu, direttore del laboratorio Statale di ricerche di Parigi capì presto che queste armi erano il futuro e la Francia non poteva restarne fuori.

Il Ministero dell'Aviazione la pensava allo stesso modo e dal 9 maggio 1945 gli diede mandato di recuperare tutto il possibile, assieme al tecnico J.J. Barré che aveva collaudato l'EA 1941, il primo endoreattore a propellenti liquidi francese, da circa 1.000 kgs, il 17 marzo di quell'anno. Si volevano reperire almeno V1 e una decina di V2; le prime vennero davvero accordate dagli Angloamericani, tanto che la Nord Aviation li usò come base per l'aerobersaglio CT-10, che era in pratica un loro clone con un pulsogetto Arsenal. Ma per le V-2 le cose si misero meno bene, e l'unica cosa che assomigliasse alla pretesa di avere delle V-2 fu di rovistare a Cuxhaven, dove i Britannici molto lestamente si erano messi a collaudare, sia pure senza esiti successivi, le V-2. Ma non c'erano certo molti materiali utilizzabili e i Francesi dovettero arrangiarsi con quel poco che riuscirono a raggranellare, soprattutto con l'aiuto della DEFA (Direzione Studi e Produzione Armamenti), che tra l'altro avrebbe dato presto corpo al cannone DEFA omonimo da 30 mm, ricavato dalla tecnologia tedesca dei cannoni revolver. Il 4 novembre 1945 nacque il CEPA, ovvero il centro studi armi autopropulse. I suoi compiti erano due: ricostruire le armi tedesche avanzate, e migliorarle in gittata e carico bellico. I tecnici reperiti a Cuxhaven e a Trauen (sede delle attività sperimentali di Eugene Sanger, quello dell'aerospazioplano e dei motori da 145 t.s), per un totale di 90 assunti al 15 maggio 1946. Il 17 maggio venne proposta la costruzione di un centro che poi è diventato la sede del SEP, il produttore degli Ariane, a Vernon, una località della Normandia. I Tecnici tedeschi vennero inizialmente usati suddivisi in due gruppi, per studiare i sistemi di guida e quelli motori, ma vi fu anche un piccolo distaccamento per realizzare motori per carri armati da 1.000 hp essendo questi tecnici della Maybach. Tra le innovazioni studiate c'era quella di un generatore di gas brevettato già nel 1942 dall'ing Bringer, che all'epoca lavorava con Thiel. Era un sistema in cui i propellenti bruciavano a 3.000 gradi in una camera di combustione, temperatura che poi veniva ridotta a 600 gradi con acqua distillata, il che serviva a pressurizzare con i gas prodotti i serbatoi eliminando le grosse e pesanti turbopompe. Questo da solo era sufficiente per aumentare il raggio a 550 km di una V2, ma si voleva anche un motore da 40 t. di spinta. Intanto il generatore di gas di questo tipo, in molte varianti, verrà usato fino ai razzi Ariane 4. Poi i Francesi, mentre cercavano di ricostruire le V-2 nelle officine di Poteaux, pensavano a vari nuovi progetti come un missile balistico da 100 km, il missile PARCA SAM radioguidato, un razzo sonda, un razzo strategico chiamato Eole.

Intanto le V-2 messe insieme nelle officine di Poteaux, nonostante tutti gli sforzi non volevano saperne di materializzarsi. Solo una delle trenta previste venne completata nel tardo 1947 e si pensava che non ci si sarebbe arrivati al totale previsto prima del 1952. Un missile vecchio di oltre dieci anni però non rappresentava il futuro e così si pensò al previsto progetto della A9 con motore ad acido nitrico e gasolio, abbinato al Progetto interamente francese EA 1946 dell'ing Barré, che però fallì due lanci nel 1952 e finì miseramente. Nemmeno la Super V-2 o A9 ebbe miglior sorte, venendo abbandonata. Ma al tecnico Bringer venne detto di continuare a sviluppare il generatore di gas. Lui si interessò anche a piccoli endoreattori ad acido nitrico e cherosene, retaggio del motore del Wasserfall. In ogni caso nel '48 il progetto della Super V-2 venne cancellato, ma in compenso i tecnici tedeschi di Vernon iniziarono a produrre razzi-sonda di eccellenti caratteristiche, fino ai sistemi per il lancio di satelliti. Il primo fu il Veronique, simile ad una piccola V-2, costava solo 10.000 dollari, lungo 6,5 m, diametro 55 cm, con 710 kg di acido nitrico e gasolio, motore da 4.000 kgs per 31,5 sec, peso totale fino a 1.435 kg. Era privo di giroscopi, ma per stabilizzarsi ricorreva a 4 cavi a tensione bilanciata su 4 aste orizzontali, predisposte per staccarsi a 60 m di quota, motore con raffreddamento rigenerativo, e quota variabile. A seconda delle versioni, passava da 70 km a ben 200. Entrò in produzione nel 1952 e ne vennero lanciati non meno di 66 fino al '68, l'ultimo per inaugurare la base spaziale di Kaurou nella Guyana francese.

Passarono gli anni e si provò a lanciare un programma europeo per i vettori Europa, ma i suoi sottosistemi erano utili e Bringer migliorò prima il Veronique e poi si dedicò al grosso Vesta, da 14.400 kg di spinta, peso di 5.400 kg e possibilità di piazzare ben 500 kg di carico a 600 km di quota. Nel frattempo all'ONERA di Chatillon, i Francesi (quelli 'veri') erano riusciti a sviluppare il razzo-sonda LEX che pesava appena 76 kg ma scattava con una spinta iniziale di circa 1000 kg, che poi decadeva nei 30-35 secondi successivi a circa 200. Ma dopo 8 lanci con successo venne abbandonato pur avendo un interessante motore con carbone e nitrometano (ovvero un sistema solido-liquido).

Nel '62 arrivarono i vettori per satelliti anche in Europa. Si vollero i lanciatori spaziali basati sul missile balistico inglese Blue Streak, ma al tempo stesso il 18 dicembre 1961 venne varato il piano per il lanciatore Diamant e costituito il CNES ovvero il Centro Studi spaziali. I lanciatori Europa, nonostante l'accordo londinese del 23 marzo 1962 siglato da sette nazioni, non ebbero seguito, ma diedero il via all'esperienza poi molto utile alla futura agenzia spaziale ESA. Intanto in Francia i tecnici avevano assemblato il sistema motore Verix da 30 t, usato per il razzo Emeraude, ma soprattutto nel novembre 1965 venne lanciato il Diamant A, alto ben 18,9 metri con due stadi, costituito da un Emeraude e da un Topaze, infine c'era un piccolo Rubis con carico di 41 kg con il satellite Asterix, che però dopo poco tempo smise di mandare segnali. Seguiranno altri satelliti, il Diapason del 17 febbraio 1966 e il Diadema dell'8 febbraio 1967. Erano lanci eseguiti dall'Algeria, dal poligono di Hammaguir, ma questo dopo di allora venne chiuso e tutti i lanci vennero continuati a Kourou, iniziando con due satelliti DIAL e People, sul razzo Diamant B da 23,5 m e 160 kg di carico utile. Il razzo venne usato fino al '73 via via migliorato, tra cui il motore Valois da 40 t.spinta, che era davvero l'ultimo dei possibili gradi evolutivi del progetto dell'A.9 di Bringer, e che portava così un carico di 200 kg per orbite basse di 300 km, mentre la massa al lancio era di 27,5 t. Solo tre i lanci, tutti entro il '75.

Infine arrivarono i razzi Viking per l'Ariane. Fu ancora Bringer, con l'ultima decina di tedeschi di Vernon e molti francesi oramai ben educati nel settore, fece girare al banco il motore Viking 1 da 55 t, che era destinato al razzo Europa 3, che altro non sarebbe stato se non l'Ariane. È incredibile, ma questo motore era basato concettualmente su di un tipo funzionale da 1.000 kgs del '42, un piccolo prototipo. Il sistema di raffreddamento del motore era semplificato con una pompa per l'acqua che serviva a raffreddare i gas, e il generatore del motore usava gli stessi propellenti principali. Era ben più semplice del parimenti potente Rocketdyne S.3 americano con sistema di raffreddamento rigenerativo e strutture in generale più complesse. Al Viking I del 1971 seguirà il Viking II da 73,5 t. Alla fine, il successo dei razzi Ariane è stato pieno e il motore Viking è stato sostituito solo dal Vulcain con idrogeno e ossigeno liquidi. L'ing. Karl-Heinz Bringer andò in pensione a nel'76, dopo circa 30 anni di servizio con il centro sperimentale di Vernon, ed è morto il 2 gennaio 1999 a 90 anni. Uno degli ultimi tra i 500 tecnici di Peenemunde, che per decenni, in tutto il mondo aerospaziale hanno esercitato una grande influenza progettuale e concettuale. Persone capaci di progettare nel '42 sistemi validi 50 anni dopo (si potrebbe parlare anche degli sviluppi sovietici come quelli dei missili Scud, per esempio), e che a tutti gli effetti hanno continuato a fare, nonostante l'ombra nera del programma A4/V-2 (che von Braun considerava sostanzialmente un 'male necessario' per proseguire il programma spaziale) sulla loro carriera. Come lo stesso von Braun, progressivamente caduto nell'oblio dopo il progressivo disinteresse per le missioni spaziali, gli altri hanno cercato nella loro vita professionale di progredire nell'uso della propulsione spaziale, sperando magari un giorno di vedere realizzata la missione più importante concepita dal loro capo: una missione spaziale su Marte con equipaggio, prevista già nel '52 da von Braun. Si potrebbero senz'altro definire idealisti nella loro tensione verso tale ricerca, anche se spesso fattisi manipolare dai militari e dai politici di turno.


  1. Harrauer, Franco: Missili su NY, Eserciti nella Storia gen feb 2004
  2. Marcozzi G: V-2 con le ali, Aerei nella Storia dic-gen 2006 N.45
  3. I progetti Segreti Tedeschi Speciale Aerei nella Storia
  4. Chiarito il mistero dell'He 176, Aerei nella Storia giu-lu 1999
  5. Aerei nella Storia N.28 feb-mar 2003
  6. Marcozzi G:Le V-2 di W.Sands, Aerei nella Storia dic 1999
  7. Marcozzi G: Le V-2 Britanniche, Aerei nella Storia N.6 giu-lu 1999
  8. Marcozzi G: Le V-2 Sovietiche, Aerei nella Storia N.10, feb-mar 2000
  9. Marcozzi G: Semyorka, Aerei nella Storia N.19, ago-set 2001
  10. Marcozzi G:Dalla V-2 all'Ariane, Aerei nella Storia ago-set 2000