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Caccia tattici in azione/USAAF-2

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Indice del libro

La Bell è attualmente nota soprattutto per gli elicotteri, ma prima ha lavorato e molto nel settore dei caccia. Il suo principale 'articolo' è stato senz'altro il P-39, che è anche considerato uno dei più discutibili caccia della II GM.

Per dare l'idea, secondo le parole di Chuck Yeager, quando i piloti dei Mustang venivano addestrati, inizialmente avevano da volare sui P-39. Quest'aggraziato aereo dal caratteristico muso a punta e motore posteriore all'abitacolo era però odiato dai giovani piloti. Girava anche una canzone che diceva più o meno: non datemi un P-39 o finirò 6 metri dentro Madre Terra, no non datemi un P-39. Yeager, al contrario, considerava delizioso il P-39 una volta che si capiva come farlo volare. Lui voleva sapere tutto degli aerei, come volavano e perché. Del resto si tratta di un pilota fuori dall'ordinario, che ottenne 5 vittorie nella prima battaglia aerea che combatté (con un P-51), e che sarà poi collaudatore eccezionale e il primo uomo oltre mach 1 (o almeno, così è riportato nella storia ufficiale, ma vi sono anche delle possibili altre 'prime': alla fine è una questione un po' oziosa come il reale primato dei fratelli Wright). Ma Yeager, per l'appunto, era un pilota attento ed eccezionalmente abile e attento, di una professionalità rara per l'epoca[1]. La media non era così abile; del resto, a maggior ragione il P-39 non doveva piacere agli aviatori sovietici, che invece ne fecero il loro cavallo da battaglia preferito tra gli aerei occidentali, e forse non solo tra questi, a giudicare il numero di vittorie che venne attribuito a molti assi russi volando con il P-39.

All'inizio della guerra, il P-39 e il P-40 erano gli unici caccia moderni americani presenti in quantità apprezzabili nell'eterogeneo parco dell'USAAF. Confrontato con lo Zero, ad alta quota, però, il P-39 non ebbe scampo. Combatté però valorosamente e alla fine aiutò a contenere l'avanzata dell'Asse nel biennio critico 1941-42. Tra le sue pecche le modeste prestazioni in quota, la scarsa velocità di salita e in generale tutti i problemi dati dalla mancanza del previsto turbocompressore, nonché alla 'strana' distribuzione delle masse con il motore dietro l'abitacolo. Tant'è che una delle migliori doti che spesso venivano attribuite beffardamente all'aereo era la presenza di 600 kg di corazzatura Allison. Peraltro, così facendo ovviamente il pilota era meno protetto frontalmente, ma non si poteva avere tutto. Le doti del P-39 erano la costruzione accurata, tutto sommato affidabile, capace di incassare duri colpi e le prestazioni a bassa quota, molto valide; infine l'armamento, decisamente pesante e utile anche contro i carri armati. Tutto questo portò a costruire 9.589 o 9.558 esemplari.

L'esile figura dell'Airabonita, derivato dal P-39 ma con carrello convenzionale

La storia partì dal giugno 1936, quando già in Europa cominciavano a volare aerei come l'Hurricane, Bf-109 e Spitfire. Il nuovo caccia venne proposto all'USAAC dal team diretto da Robert J. Woods. L'innovazione più evidente era il motore centrale nella fusoliera, che mobilitava l'elica con un albero di circa 3 metri passante sotto l'abitacolo, uno dei primi -ma non il primo- tentativo di fare un caccia che avesse il muso più acuto e aerodinamico, con più spazio per le armi e definitivamente diverso dal P-40. Il carrello triciclo avrebbe aiutato il pilota a vedere meglio in avanti, la massa del motore insisteva attorno al centro di gravità, il che avrebbe dovuto aiutare l'agilità complessiva. Questa stesura era successiva ad una prima che vedeva il pilota dietro il motore, con il Model 3, poi trasformato nel Model 4 con la disposizione finale di cui sopra. Si pensava di raggiungere con circa 1.000 hp una velocità di circa 644 kmh a 6.100 m, con un peso di appena 2,5 t circa. Il prototipo venne ordinato il 7 ottobre 1937 come XP-39 o Model 12, con un V-1710-17 da 1.150 hp e turbocompressore B-5, due armi 12,7 e un cannone da 25 mm nel muso, poi rimpiazzato dal T9 da 37 mm della Oldsmobile. In ogni caso, almeno inizialmente non c'era armamento sull'XP-39. La costruzione era interamente metallica e molto solida, con l'ala retta da ben 3 longheroni, mentre gli alettoni erano ancora rivestiti in tela. L'abitacolo permetteva un'eccezionale visibilità ed era servito da una porta modello automobile e su ciascuno dei lati, con tanto di vetri abbassabili. L'unico problema era che ad alta velocità le porte potevano aprirsi se non erano state chiuse per bene, un problema non di poco conto visto che erano ovviamente ad apertura verso l'indietro, per cui non si potevano poi chiudere fino all'atterraggio.

Naturalmente, la complessità dell'albero di trasmissione non mancò di causare problemi di manutenzione, soprattutto per il sistema di riduzione dell'elica, per cui l'aereo ebbe un rateo di disponibilità inferiore rispetto ad altre macchine di simili caratteristiche. I piloti erano terrorizzati dal rischio che l'albero potesse staccarsi e fare a pezzi l'abitacolo, ma in pratica non si verificò mai un tale incidente. I serbatoi erano da 60 galloni complessivi nelle ali esterne e uno di riserva da 30 galloni nell'ala sinistra. Tutto molto interessante, e il primo volo venne fatto il 6 aprile 1939. L'XP-39 arrivò a ben 630 kmh a 6.100 m, e quest'altitudine poteva essere raggiunta in appena 5 minuti, anche se la tangenza era di qualcosa di inferiore a 10.000 m. I pesi erano di circa 1.800-2.750 kg. Queste prestazioni, a parte la quota massima non eccezionale, erano per l'epoca straordinarie. Ma purtroppo erano ottenute con un aereo del tutto lontano da ogni condizione di operatività. L'USAAC lo ordinò volentieri, visto che l'unico problema reale sembrava una certa tendenza al surriscaldamento. Ma il guaio era che l'aereo in toto pesava circa 907 kg in meno di quanto avrebbe dovuto in condizioni pienamente operative. Peggio che mai, quando l'aereo venne revisionato e ammodernato, diventando l'XP-39B, anche se ebbe varie modifiche come la riduzione da 35 piedi e 10 pollici a 34 piedi dell'apertura alare, e la lunghezza aumentata da 28 piedi 8 pollici, a 29 e 9, il problema era che venne rimosso il turbocompressore, perché tutto sommato si pensava che per gli USA non c'erano pericoli reali di attacchi ad alta quota, mentre potevano interessare caccia tattici da quote medio-basse e appoggio tattico. L'aumento di peso e l'assenza di turbocompressore furono molto deleteri: la velocità cadde a circa 603 kmh e la salita a 6.100 m in 7,5 minuti. L'unica cosa buona era che la ridotta apertura alare migliorava l'agilità a bassa quota e le prestazioni alle quote più basse non furono quasi cambiate da queste trasformazioni. L'XP-39B andò distrutto dopo 28 ore di volo, ma il seme era stato gettato.

Seguirono infatti 12 YP-39, ovviamente senza turbocompressori, a partire dal 13 settembre 1940 con i V-1710-47 da 1.090 hp, cannoni da 37 mm con 15 colpi, due armi da 12,7 mm con 200 cp l'una, 2 da 7,62 con 500 cp l'una. Il peso passò a 2.300-3.200 kg circa, mentre venivano aggiunte corazze per il pilota. La velocità calò a 591 kmh a 4.570 m, la salita a 6.100 m in 7,3 minuti, quota circa 10.000 m.

La produzione in serie[3]

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Poi fu la volta del modello C, con 80 esemplari ordinati nell'agosto del '39, inizialmente chiamati P-45, ma per via di problemi politici legati all'acquisto di nuovi aerei si preferì non cambiare la denominazione e portarla semplicemente alla versione P-39C. Ancora, però, pare che non avesse corazze protettive e gli ultimi 60 vennero costruiti con questi sistemi, così diventarono P-39D. La velocità del modello C era di 379 miglia orarie, ovvero 609 kmh a 4.000 m, mentre i 3.650 m potevano essere raggiunti in 3,9 minuti. Armamento come prima, tangenza operativa dell'ordine dei 10.000 m.

L'USN aveva emesso nel febbraio del '38 una specifica per un caccia d'alta quota e ad alta velocità, e la Bell propose il progetto che era parente stretto dell'Airacobra terrestre, ovvero l'XFL-1 Airabonita, con motore XV-1710-6 da 1.150 hp, con radiatori sotto le ali e ruotino di coda anziché anteriore, più alcune altre modifiche minori per l'impiego, e un'ala più grande. L'armamento era di due armi da 76,2 nel muso e una da 12,7 o un cannone da 37 mm attraverso l'asse dell'elica, anche se il prototipo non ebbe per il momento armi, volando il 13 maggio del 1940. La velocità che raggiunse era di circa 490 kmh slm e 540 kmh a 3.050 m. A causa di problemi con il carrello e di stabilità troppo ridotta sull'asse longitudinalmente, il progetto ebbe molti ritardi e venne stracciato dal principale concorrente, l'F4U Corsair, ben più potente e con motore radiale, preferito dall'USN. La decisione di rinunciare venne presa il 12 maggio 1941.

Dati i rapporti che venivano dall'Europa l'USAAC volle ulteriori miglioramenti per i suoi caccia e il P-39C veniva considerato non ancora all'altezza della situazione, specie per l'armamento e l'armatura, entrambi giudicati inadeguati per il supporto al suolo. Così vennero ordinati il 13 settembre 1940 altri 394 aerei Model 15, e il 14 settembre vennero anche cambiati gli ordinativi per la sessantina di P-39C rimasti. L'armamento era adesso di 4 armi da 7,62 nelle ali con 1.000 cp, due da 12,7 nel muso con i soliti 200 cp l'una, e il 37 mm che finalmente aveva una dotazione di proiettili accettabile (30); c'era il blindovetro e serbatoi autostagnanti, anche se questo comportava la riduzione da 141,5 ad appena 100 galloni (e questo spiega perché i giapponesi furono così poco inclinati ad adottarli), anche se comparve un serbatoio sganciabile da 72,4 galloni, o al suo posto, bombe fino a 227 kg, ed elica Curtiss Electric di nuovo tipo, fusoliera allungata a 30 piedi e 2 pollici, ali leggermente ridotta di 0,22 ft2. Corazze e blindovetro diedero un aumento di 245 libbre (circa 110 kg), e il tutto, per quanto corretto nei suoi campi, causò -nonostante l'affinamento della fusoliera- una riduzione della velocità a circa 578 kmh a 3.660 m; nondimeno, i primi aerei entrarono in servizio nel marzo del '41. Peccato che però i cannoni risultassero tendenti al congelamento sopra 7.600 m per la mancanza di un sistema di riscaldamento, e non si potessero ricaricare facilmente data la mancanza di un apposito sistema idraulico, mentre non mancavano altri inconvenienti minori alla meccanica dell'elica. L'unica cosa buona era forse la velocità sotto i 5.000 m, tra cui quella slm di 496 kmh slm, ma la salita a 6.096 m avveniva ora in 9,1 minuti. L'autonomia, a circa 320 kmh, era di 1.780 km. Peso di 2.475-3.720 kg.

Altri P-39D vennero prodotti per gli Alleati, tra cui 150 D-1 ordinati l'11 giugno 1941, armati con un pezzo da 20 mm M1 e le armi da 7,7 al posto delle 7,62 mm. Ne seguirono altre, per un totale di 336D-1, poi 158 D-2 con motori V-1710-63 da 1.325 hp. Dato che il cliente principale, la RAF, non ne volle sapere di accettarli, vennero per lo più dati all'URSS o in alcune dozzine, all'USAF, specie con il 347th FG di Guadalcanal, dall'agosto del '42. Assieme a questi caccia vi erano anche i P-400. Altri vennero usati dal 31st FG nel teatro nordafricano, nel 1943. 26 divennero ricognitori nella versione D-3, con camere K-24 e K-25.

Il successivo XP-39E era un tipo sperimentale della primavera del '42, costruito per la modifica dei P-39D, con innumerevoli cambiamenti tra cui soprattutto il Continental V-1430-1 turbocompresso da 2.100 hp, che peraltro non divenne disponibile; in suo luogo venne adottato un altro modello della famiglia V-1710, stavolta con turbocompressore a due stadi; l'armamento era lo stesso, diversi i tipi di coda sperimentati, progressivamente simili a quelli del P-51. I pesi arrivarono fino a circa 4.050 kg, i più elevati della famiglia Airacobra. La velocità raggiunse le 386 miglia a 21.680 ft, ovvero circa 620 kmh a 6.600 m, mentre la salita a 6.096 m era possibile in 9,3 minuti. Date le prestazioni ad alta quota superiori a quelle delle altre versioni del P-39, si pensò ad ordinarlo come P-76 e in ben 4.000 esemplari. Ma non tutti erano convinti dell'effettivo miglioramento rispetto al P-39 e così alla fine non se ne fece nulla. O quasi, perché poi da questi studi venne iniziato il concepimento di quello che il P-39 avrebbe dovuto essere fin dall'inizio: il P-63 Kingcobra.

Il P-39F fu così il diretto successore in produzione del P-39D, a cui era simile ma con elica diversa rispetto alla Curtiss Electric. Si riconosceva facilmente perché aveva ben 12 scarichi per lato anziché 6. I primi ordini vennero posti il 13 settembre e riguardarono 229 aerei. Gli ultimi 29 divennero P-39J con un motore migliorato nel sistema di controllo della potenza, diventato automatico.

Ben più numerosi i P-39G, ordinati il 21 agosto 1941 in un totale di 1.800 esemplari, simili al P-39D ma con una nuova elica Aeroproducts, e poi con una serie di modifiche progressivamente applicate, tanto che alla fine la sigla non fu mai negli esemplari forniti, la G, ma la K, M e N. Non vennero mai pensati per ragioni non ben chiare, tipi versione H. La I, invece, non era ammissibile perché avrebbe troppo facilmente portato a confondersi con il numero 1, specie se in caratteri romani.

I K erano stati ordinati in 210 esemplari nell'agosto del '41: simili ai P-39D, pesavano però ben 363 kg di più per le varie modifiche apportate.

Gli L erano 250, con motore V-1710-63 da 1.325 hp che era già presente sul K, ma il peso aumentava a 9.100 libbre (quasi 4.100 kg), pur se tuttavia il P-39L poteva volare più veloce del D grazie alla potenza. Venne usato in Nuova Guinea e Africa nel 1943.

L'M era un'altra parte dei P-39G rinominati, 240 aerei ordinati sempre il 25 agosto 1941, tentando di migliorare le prestazioni ad alta quota a scapito di quelle a bassa, grazie all'aumento di potenza: 1.200 hp al decollo, 1.125 a circa 4.700 m, con 594 kmh a 4.570 m anziché 578 del tipo L. Non era ancora abbastanza, e così l'aereo rimase un velivolo soprattutto da attacco al suolo, usato pare dal 1944.

Il P-39N divenne la prima versione prodotta in grande serie, era il Bell Model 26C e F, e venne prodotta in 2.095 esemplari, dei quali 1.100 parte dell'ex ordine dei P-39G. Adesso avevano il motore V-1710-83 e ancora una volta elica Aeroproducts e modifiche al sistema di riduzione dell'elica. Dopo i primi 166, la dotazione di carburante venne ridotta da 120 a 87 galloni, per calare il peso da 9.100 a 8.750 lbs al decollo, ma ovviamente anche riducendo l'autonomia. In seguito vi furono talvolta lavori per riallestire i serbatoi persi con appositi kit campali, mentre la corazzatura ad un certo punto venne ridotta da 231 a 193 libbre, anche grazie all'adozione di una corazza d'acciaio al posto del vetro antiproiettile dietro la testa del pilota.

La versione O non esistette mai, per motivi simili alla I, in quanto si confondeva troppo facilmente con lo zero.

Un P-39 impegnato nel tiro notturno, illustra bene la posizione di tutte le sue armi

Così si passò alla Q, l'ultima e migliore della serie. E anche la più numerosa, ben 4.905 esemplari naturalmente con varie modifiche durante la produzione. L'unica vera differenza con le altre versioni era il pod subalare in cui c'era un'arma da 12,7 mm al posto delle 4 alari da 7,62 o 7,7 mm, perché si pensava che le armi di grosso calibro, anche se meno numerose, fossero vantaggiose rispetto a quelle di calibro inferiore. Peraltro, mentre gli Americani furono contenti di avere queste due armi (evidentemente non c'era spazio dentro l'ala per ospitare le M2) al posto delle 4 leggere e dei loro 4.000 colpi complessivi (un ammontare notevole, quasi il doppio degli Hurricane e Spitfire che pure avevano 8 mitragliatrici), i Sovietici colsero l'occasione per alleggerire anche di più l'aereo, togliendo anche i pod per le mitragliatrici da 12,7 mm, e lasciando così solo le due armi nel muso e il cannone da 37 mm. Vi furono versioni fotografiche come la Q-2 e 6, e vari altri cambiamenti. I 700 aerei del tipo Q-25 ebbero fin dall'inizio le armi alari eliminate, dato che tanto erano destinati all'URSS. La produzione durò fino al 25 luglio 1944, poi venne sostituita da quella del P-63. Tra le modifiche campali, la trasformazione in biposto, in cui l'istruttore era sistemato davanti al pilota, mentre l'armamento era totalmente rimosso.

Le prestazioni e le caratteristiche: il motore V-1710-85 da 1.200 hp slm e 1.125 a 15.500 ft, velocità max 330 miglia orarie a 1.525 m, 357 a 3048, 376 miglia orarie a 4.570 m, salita a 1.525 m in 2 minuti, a 6.100 m in 8,5; raggio a 400 kmh e 6.100 m, 525 miglia, fino a 1.075 miglia con un serbatoio da 145,7 galloni (a 196 mph). Tangenza circa 10.600 m. Pesi 5645-8300 lbs, dimensioni 34 ft apertura alare, 30 ft e 2 in lunghezza, altezza 12 ft e 5 in, superficie alare 213 ft2.

Servizio di guerra[4]

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Un P-39 incidentato, in questo caso senza troppi danni

Il servizio dei P-39 con l'USAAF iniziò con i P-39D nel febbraio 1941, in carico al 31th Pursuit Group e ai suoi 3 squadroni, il 39, 40, 41st di Selfridge, Michigan. C'erano 5 gruppi con il P-39 ai tempi di Pearl Harbour, tra cui l'8th, 31st e 52nd sparsi per gli USA e Porto Rico. Presto gli aerei vennero mandati in Australia e Alaska, Nuova Guinea e Panama per la difesa delle 'frontiere' dello schieramento alleato. La prima azione fu solo il 30 aprile 1942, e le difficoltà di addestramento e di manutenzione con questi reparti dell'USAAF furono molto pesanti, specie se poi i P-39 dovevano anche volare come intercettori d'alta quota, dove in teoria avrebbero dovuto esserci i P-38, ancora indisponibili. Gli Zero li massacravano senza troppe difficoltà, e a causa anche dei problemi col rifornimento di ossigeno, era difficile anche raggiungere i G4M, apparentemente vulnerabili, ma in realtà capaci di volare oltre i 7.600 m di quota. L'unica cosa che aveva di buono era la robustezza e anche l'armamento, per quanto non così efficace, era micidiale se colpiva nel bersaglio. Ma per Saburo Sakai e compagni erano prede facili, ad alta quota, dove dovevano arrivare per raggiungere i bombardieri, erano semplicemente bersagli da tiro a segno, che potevano solo scappare in picchiata. Tra i gruppi all'epoca equipaggiati con i P-39 e in combattimento, i vari 31, 35 e 36st FG; mentre in Mediterraneo c'erano l'81 e il 350th. Talvolta queste unità avevano i P-400 o i P-39 diretti originariamente ad alleati vari. Nel medio Oriente i P-39 erano caccia da bassa quota, ma con la scorta di P-40 o Spitfire. È strano a dirsi, ma alla fine, le unità con i P-39, che pure già come aerei d'addestramento non piacevano affatto, ottennero il più basso livello di perdite dei reparti da caccia americani in Europa. Il 31st FG combatté dall'agosto del '42 con incursioni sulla Francia, patendo però parecchie perdite contro i caccia tedeschi, fino a che venne riequipaggiato con gli Spitfire Mk V. Nonostante tutto, i P-39 combatterono dappertutto fino al '44, e all'inizio di quell'anno l'USAAF ne aveva in carico oltre 2.100 esemplari, una quantità enorme specie se si considera che circa la metà dei P-39 erano andati all'URSS. Nondimeno dopo di allora vennero presto sostituiti dai vari P-38, 47 e 51. L'ultima unità di prima linea era stata il 347th FG nel Pacifico, poi ebbe i P-38. In tutto, non meno di 27 gruppi da caccia ebbero per un certo periodo i P-39, ciascuno in genere con tre squadroni su 18 aerei. Tra i gruppi i vari 8, 15, 18, 20, 21, 31, 33, 52, 54, 56, 58, 318 e altri ancora.

Poco dopo la fine della guerra i P-39 vennero tolti dalla linea e demoliti, soprattutto durante il 1946. Alcuni vennero forniti ai civili come aerei da corsa, tanto veloci da ottenere circa 670 kmh a bassa quota quando appositamente alleggeriti e potenziati con motori di P-63. Ebbero vari successi su corse come il Thomson Trophy del 1946, che venne vinto alla media di 373 mph su 300 miglia di percorso. Uno dei P-39 da corsa venne addirittura preparato per ottenere il record per gli aerei a pistoni, che nel '67 era ancora tenuto dal Me.209. Ebbe elica a 4 pale e motore V-1710-CG elaborato a 2.850 hp, una specie di missile alato con l'apertura alare ridotta di 2,4 m. Purtroppo cadde il 10 agosto 1968 uccidendo il pilota Mike Carroll. Ma dà l'idea di come potesse essere sfruttato il P-39: il record da battere era di 755 kmh. Attualmente dei P-39 americani ne sopravvive un esemplare a Silver Hill, un P-39Q-15.

L'elegante e compatta sagoma del P-39 divenne presto popolare nella V-VS

Certo diversa fu l'accoglienza in URSS, dove andarono oltre la metà dei P-39 costruiti, ben 4.924 spediti con 4.758 arrivati a destinazione tra il dicembre 1941 e il febbraio 1945. Un aiuto preziosissimo per la V-VS. I sovietici avevano visto l'Airacobra per la prima volta in UK con un gruppo inviato al No.601 Sqn della RAF per addestramento, e siccome gli inglesi l'avevano trovato inadatto al combattimento l'URSS se ne approfittò subito con 212 dei 675 esemplari originariamente pensati per la RAF, e in servizio dal maggio del '42 nella V-VS iniziarono una solida tradizione di caccia da combattimento a bassa quota e attacco controcarri. Spesso usati come aerei di scorta agli Il-2, ottennero numerose vittorie dato che a bassa quota potevano superare in velocità anche l'FW-190 sotto i 3.000 m. Tra i reparti che l'usarono c'erano i migliori come il 16, 19, 21, 72, 100 e 213 GIAP. Tra gli assi, A.I. Pokryshin con 59 vittorie di cui ben 48 sul P-39, tanto che ebbe una medaglia al valore dal presidente Roosevelt (la Distinguished Flying Cross); vi furono almeno 8 altri assi con oltre 20 vittorie sul P-39, tra cui Rechkalov (44 vittorie), Gulayev (36) e altri ancora. Non Kuzhedov, che ebbe solo aerei sovietici, specie i La-5 e 7. L'armamento migliore per i Sovietici era il 20 mm, quello presente nel tipo P-400, data la sua maggiore affidabilità e precisione, tanto che ad un certo punto equipaggiarono i loro aerei nell'immediato dopoguerra con i B-20 da 20 mm e le Berezin da 12,7 mm. Non è chiaro quanto tempo i Sovietici tennero in servizio i P-39 nel dopoguerra, e pare che addirittura alcuni vennero mandati all'aviazione nordcoreana nel 1950, con la quale avrebbero combattuto contro l'ONU. Per giunta c'è il problema di distinguere con la carriera dei molto simili P-63, ma di questo parliamo un'altra volta.

I Francesi liberi ebbero 165 aerei, forniti in Algeria, del tipo N, con i quali equipaggiarono due gruppi da caccia nel Nord Africa, il CG III/6 e il CGI/4, poi seguirono almeno altri 2 o tre squadroni, il tutto iniziò dall'aprile del '43.

L'Australia ne ebbe a partire dalla metà del '42 ex- 5th AF, iniziando con 14 aerei al No.2 Sqn, seguiti da pochi altri. La RAAF non ebbe un grande impiego per questi aerei e non riuscirono a combattere mai contro i Giapponesi. Entro il novembre del '43 erano stati restituiti all'USAAF.


La prova della RAF: luci e ombre per l'Airacobra[5]

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Ma la migliore fonte per valutare il P-39 fu la RAF stessa, proprio il cliente che rifiutò il P-39 in servizio. Vediamo come e le cose che -indubbiamente interessanti- vennero fuori da quest'esperienza.

La posizione del motore del P-39

La Bell presto iniziò la produzione di un nuovo tipo di Airacobra, all'epoca in cui collaudava il P-39C. Il nuovo aereo era noto come Bell Model 14, con un motore Allison da 1.150 hp del tipo V-1710-E4, con 12 tubi di scappamento. I Francesi, tanto per cambiare, fecero da volano per gli ordini dei nuovi aerei americani, tanto che ne ordinarono 200 l'8 ottobre 1939. Presto seguiranno anche gli Inglesi, e per gli stessi motivi: la stampa dell'epoca magnificava le prestazioni dell'XP-39, e la Commissione per gli acquisti britannica era entusiasta di ottenere un caccia da 400 miglia orarie, per giunta con carrello triciclo, armamento pesante, rapida salita e così via: si pensi che lo stesso Spitfire Mk I era al suo meglio, circa 60 kmh più lento e non aveva nient'altro di quanto prometteva il P-39. Così presto venne fuori un ordine di 675 esemplari.

Poi però la realtà venne fuori, e non fu piacevole. Il prototipo era sì velocissimo, ma per l'appunto, molto lontano da qualunque allestimento operativo. Ma la Bell non si curò di avvertire i clienti di questo particolare, e della tonnellata in meno rispetto ai tipi che si pensava ne sarebbero stati ricavati, quali realtà operative. Ma i Britannici erano talmente disperati che nel '40 erano disposti a comprare qualsiasi cosa con le ali, senza stare troppo a sottilizzare riguardo alle prestazioni, che teoricamente comprendevano anche un'autonomia di circa 1.600 km e una quota di circa 10.800 m. Tutte qualità che i caccia britannici non avevano o appena riuscivano a toccare. L'ordine venne fatto il 13 aprile 1940 e inizialmente il nuovo aereo era noto come Caribou, ma infine si accettò il nome americano (ma solo nel luglio 1941). Si trattava di un tipo simile al P-39D, ma con un cannone Hispano da 20 mm con 60 colpi, più preciso e affidabile, per il resto c'era il solito set di 6 tra 12,7 e ,762 mm. Gli Snc erano tra AH570 per i primi, e BX434. La prima macchina volò l'aprile del '41, era l'AH570. Il successivo aereo ebbe una coda angolata e più piccola per quel che riguarda il timone. C'era una piccola pinna dorsale che divenne distintiva delle serie P-39D. I primissimi P-39 furono però 3 P-39C e 150 Airacobra IA (A stava per distinguerli tra gli aerei 'Lend Lease' e uno direttamente comprato).

Questi primi aerei arrivarono in UK nel luglio 1941 e cominciarono a volare il 6 luglio successivo.

Quello che venne fuori fu un giudizio tra i più controversi. Anzitutto il peso dell'aereo rendeva incapace di mantenere le promesse originali in termini di prestazioni e di corsa di decollo, che da sola ammontava a 750 yarde, ovvero circa 680 metri, che rendeva l'aereo difficile da far operare da piccoli campi d'aviazione. Una volta in aria, il nuovo caccia americano ottenne una velocità di ben 53 kmh inferiore rispetto alle premesse, peraltro ancora tutt'altro che disprezzabile. Ma dal momento che i britannici volevano dei caccia di prima linea con il meglio delle prestazioni, questo fu un risultato veramente scioccante e che suscitò lo sdegno dei britannici, soprattutto dopo che la Lockheed aveva finalmente ammesso che le prestazioni del prototipo erano basate su di un aereo senza equipaggiamenti e armi, che rispetto ai P-39C pesava circa una tonnellata in meno. A quel punto era chiaro che le cose non erano andate bene. Per giunta l'autonomia non permetteva trasvolate atlantiche e i P-39 dovevano essere trasportate per mare, coì che entro settembre solo 11 vennero messe in carico al No.601, dopo di che i piloti trovarono che quest'aerei erano anche pieni di problemi tecnici che ne limitavano l'efficienza, sia pure di piccola importanza. Ma la cosa più interessante furono i risultati dell'Airacobra I all'AFDU, che lo valutò tra Agosto e settembre. L'aereo era facile e piacevole da volare e da fare decollare (certo non rapido..), i controlli erano tra di loro ben bilanciati, e di caratteristiche diverse rispetto a quelle degli Spitfire. Infatti erano più duri a bassa velocità, ma il meglio che davano era quando l'aereo andava in picchiata. Alle velocità più elevate lo Spitfire diventava assai duro ai comandi, mentre il P-39 non variava in maniera apprezzabile lo sforzo da applicare, un grosso vantaggio (e dire che il Bf-109 era considerato anche peggiore dello Spit quanto a durezza dei comandi..). Questo vantaggio era però in parte inficiato dalla difficoltà di controllare il P-39 in picchiata a meno che non fosse trimmato adeguatamente, ovvero appesantendo 'il naso'. Quando il P-39 virava, avvertiva ampiamente il pilota se questo si avvicinava alle condizioni di uno stallo ad alta velocità, grazie alle vibrazioni che si manifestavano. Era facile volare in formazione, difficile decelerare per la pulizia aerodinamica dell'aereo. Non era facile decollare e atterrare in formazione stretta, perché se l'aereo scarrocciava c'era difficoltà a riprenderlo in rotta.

Quanto ai pesi, l'Airacobra, pesava tra 5.462-7.845 lbs; velocità 326 mph a 1.810 m, 343 mph a 3050 m, 355 mph a 13.000 ft, 341 a 20.000 ft: ovvero 524 kmh/1.810 m, 551 kmh/3.050 m, 570 kmh/4.000 m, 548 kmh/6.100 m. La salita era inizialmente di circa 620 m.min; l'autonomia era, con serbatoio da 100 galloni, di 80 minuti alla massima potenza continua e 1.830 m, oppure 65 ' a 3.660 m, oppure 95' a 6.100 m, notare come i consumi variassero notevolmente in funzione della quota e andassero in maniera simile a quello che succedeva alla velocità massima. Le velocità reali (TAS) a queste quote ammontavano a 461, 525 e 495 kmh. Quindi il meglio era ottenuto alla quota più alta, con circa 790 km, mentre la peggiore era a 3.000 m con 577 km. Se si voleva andare più piano ma lontano, le migliori velocità di crociera erano tali da permettere 3,33 ore di volo, e alle quote suaccennate la velocità era di 183, 217 e 215 mph. Non era male, ma i dolori arrivavano per altre ragioni, a cominciare dalla salita a 6.100 m in 15 minuti, e già lì si registrava una notevole caduta di prestazioni; sopra era anche peggio e la tangenza pratica era considerata di circa 7.300 m.

Quest'aereo, ad alta quota, non poteva semplicemente competere con i caccia Hurricane Mk I, tanto meno gli Mk II, per non parlare degli Spitfire Mk I, II e V. Il problema presentava peraltro anche aspetti positivi. La migliore altitudine operativa di circa 4.000 m (13.000 ft) era ben 18 miglia orarie superiore a quella dello Spitfire Mk V, ovvero circa 29 kmh. Ma appena poco sopra, a 4.570 m, la velocità dei due tipi si equivaleva. Peggio ancora, a 6.100 m lo Spitfire superava in velocità il P-39 di ben 56 kmh (oltre i 548 del rivale). Lo Spitfire VB completava la sua superiorità a 7.300 m, quando, con il P-39C al suo limite, lo superava di circa 88 kmh. In pratica, oltre i 5.000 m il P-39 diventava inferiore in maniera progressivamente marcata rispetto allo Spit, e a 6.000 m era già drammaticamente inferiore in ogni contesto, assolutamente superato al di sopra di quella quota. Non sorprende pertanto che gli Zero, magari sopra i 7.000 m (dove volavano i bombardieri giapponesi) fossero grandemente superiori rispetto ai P-39. Quanto al decollo, i P-39C vennero trovati necessitanti di 686 m contro 450 m dell'Hurricane II e 485 dello Spit Mk V (questi valori sembrano in effetti un po' alti: l'Mk I con elica normale arrivava a circa 396 m, l'Mk I o II con elica a giri costanti scendeva a circa 200 m e l'Mk V, per quanto più pesante, era molto più potente).

L'altro risvolto degli esperimenti fu il confronto con il Bf-109E, contro cui il P-39 combatté a 1.830 e a 4.570 m in finti dogfights, con il Bf-109 a cui veniva dato un vantaggio iniziale di 1.000 m. Nonostante il Bf-109E fosse un caccia che ne l '41 risultasse assai superato, era pur sempre il meglio che la RAF avesse sotto mano e uno dei migliori e più temuti velivoli della categoria. Nonostante tutto, nonostante il vantaggio di velocità contro quello che molti storici in genere considerano uno dei peggiori caccia della storia, i risultati furono piuttosto sorprendenti. Il Bf-109 poteva ottenere dei colpi a segno con le sue tattiche di picchiata-cabrata, ma non c'era modo di combattere in maniera manovrata, orizzontale. Dato che i P-39 erano aerei per le basse quote, la tecnica yo-yo di colpire con vantaggio di quota, picchiare e risalire non era facile da farsi (anche se possibile ancora a 1.800 m). L'agilità del P-39 era tale che il Bf-109 ne risultava (tanto per cambiare) battuto in virata: iniziando alle spalle del P-39, quest'ultimo poteva, in meno di due virate di 360 gradi, ritrovarsi alle spalle dell'avversario e teoricamente aprire il fuoco. Ovviamente il Bf-109 non poteva scrollarsi di dosso il P-39 se fosse stato questi alle sue spalle. Se il Bf-109 attaccava il P-39 e poi si disimpegnava, l'americano avrebbe potuto -se sopravviveva- inseguirlo fino a terra e se c'erano almeno 1.200 m disponibili, poteva raggiungerlo, quindi in un margine di tempo e spazio davvero esiguo, tutto considerato. Il P-39 del resto non aveva problemi come finezza aerodinamica e come alimentazione in picchiata (avendo l'Allison un sistema ad iniezione). In tutto, considerando anche le prestazioni, il P-39 era superiore al Bf-109E al di sotto dei 6.100 m, eccetto che come rapidità di salita in quota, dove certamente era -e di molto- inferiore, specie sopra i 4.500 m.

Tuttavia, all'epoca i caccia tedeschi di punta erano i Bf-109F e stavano anche apparendo altri brutti clienti, i FW-190. A parte questo, nonostante la superiorità in agilità del P-39, quando confrontato a 4.570 m contro lo Spit Mk V, nonostante che a quella quota non vi fosse differenza di velocità massima, l'inglese non solo lo superava largamente in salita, ma era anche superiore in manovra, virata inclusa. Solo con un margine iniziale di quota il P-39 poteva competere, oppure -sotto quella quota, utilizzando la velocità massima e l'accelerazione in picchiata per disimpegnarsi sul più lento Spitfire, che non riusciva a inseguirlo o anche a sfuggirgli ponendola sulla velocità. Ma nell'insieme, già oltre i 4.500 m, lo Spit Mk VB era nettamente superiore. L'Airacobra, del resto, era dotato di un'eccellente visuale, struttura robusta e maneggevolezza piena già sotto i 300 kmh, per cui era ideale per il compito per il quale venne pensato, il volo a bassa quota e l'attacco; per giunta era facile da far volare anche di notte, ma gli scarichi emettevano scintille che erano visibili fino a 5 km di distanza, e il fuoco dei cannoni del muso era accecante per il pilota. Peggio che mai, però, il tiro delle armi di bordo poteva causare un aumento di monossido di carbonio (dei gas di scarico) nell'abitacolo, sufficiente anche a stordire il pilota e a far cadere l'aereo. La manutenzione era difficile, così come l'accesso ai cannoni del muso -malgrado potesse sembrare il contrario data la semplicità dell'installazione.

In ogni caso, al settembre del '41 il No.610 sqn iniziò a prepararsi per le incursioni in Francia, e queste iniziarono il 9 ottobre con due aerei mandati nelle solite azioni di disturbo 'Rhubarb', mitragliando un traghetto. Vi furono appena 4 missioni e poi, dati i problemi che vennero sperimentati anche con il radiogoniometro, i P-39 vennero tolti da queste missioni (infatti il rinculo dei cannoni gli toglieva l'allineamento necessario per misurare la posizione dell'aereo rispetto ai radiofari, con deviazioni che talvolta arrivarono a 165 gradi). Così a dicembre l'aereo venne già radiato dalla RAF, proprio quando i giapponesi attaccavano in Pacifico. Tuttavia, la RAF non fu poi così amareggiata sul P-39: a parte qualche particolare da migliorare esso era un caccia eccellente sotto i 6.000 m e valido in particolare come cacciabombardiere. Forse avrebbe avuto un futuro, ma se in Nordafrica non si sono viste masse di P-39 della RAF la cosa si dovette all'interesse mostrato dall'URSS per quest'aereo che sembrava giustamente adattarsi bene al tipo di guerra che loro combattevano. Nel frattempo, 164 dei 170 aerei Airacobra vennero completati già entro settembre e inviati in UK, ma per lo più rimasero nei cassoni di trasporto e vennero poi mandati in almeno 80 esemplari in URSS, che poi ebbe altri Airacobra inglesi, per un totale di 212 almeno, anche se 49 vennero affondati con le navi di trasporto. Il No.601 sqn, come ultimo passo, nel marzo del '42 abbandonò i suoi 13 P-39 per gli Spitfire. Altri clienti degli Airacobra inglesi furono ovviamente gli americani, che ebbero quasi 200 aerei destinati ai britannici per la loro USAAF. Molti ebbero solo una carriera addestrativa, ma parecchi altri vennero davvero mandati in azione nel Pacifico, dove in verità non ebbero molto successo. Una delle battute su di loro era che i P-400 fossero in realtà una combinazione di aerei: un P-39 con uno Zero dietro (in effetti, anche numericamente si tratta di una valida approssimazione). Altri 179 mandati in Gran Bretagna, ma riacquistati dall'USAAF, ebbero poi impiego con la 12th AF in Africa.


Gli Airacobra italiani

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La versione Q, la più diffusa in Italia

L'Italia ebbe a che fare poco con i P-39 come nemici, molto di più come 'amici', quando il governo Badoglio il 13 ottobre 1943 dichiarò guerra alla Germania, e il 14 ottobre venne accettato tra i cobelligeranti. La 15th AF cedette 75 P-39Q ex-332nd FG e altri 74 P-39N, alla CBI italiana, che nel suo Stormo caccia aveva 5 gruppi dei quali il 10 e il 12 ebbero i P-39, gli altri ebbero in un caso gli Spitfire V e negli altri Macchi 202 e 205. L'ultimo P-39 italiano volò fino al 1950.

I P-39 N venivano fuori dal fatto che il gruppo da caccia passò ai P-47, questo li rese disponibili a Napoli; e quando Churchill pronunciò il discorso il 24 maggio 1944 secondo cui gli Italiani del Sud avrebbero avuto armi migliori, in particolare caccia moderni (visto che oramai l'efficienza della loro aviazione era ridotta quasi a zero), i P-39 divennero presto tra questi, assieme ad una manciata di Spitfire. C'erano circa 150 P-39N ceduti il 19-20 giugno 1944, e almeno una settantina vennero rimessi in efficienza, per i tre gruppi del 4° Stormo, ovvero il 9°, 10° e 12°, il che rese possibile cedere gli oramai logorati C.202 e 205 agli altri due stormi, il 5° e 51°. Gli Alleati ordinarono agli specialisti di non mettere in servizio contemporaneamente più della metà degli aerei ceduti e così fu Per giunta i P-39N e Q, nonché almeno un L e 5 M, erano non necessariamente in buone condizioni: gli N avevano almeno 200 ore di volo e così vennero usati per l'addestramento, mentre i Q vennero usati per la caccia, visto che avevano solo 30-150 ore di volo. Il primo gruppo ad averli fu il 12° dal 20 giugno in addestramento in un campo vicino al Vesuvio. Purtroppo vi furono problemi non indifferenti: la condizione dei velivoli, del campo e dell'inesperienza dei piloti su macchine del genere causarono ben 19 incidenti entro settembre, e tra i piloti rimasti uccisi vi fu l'asso Teresio Martinoli, il 25 agosto. Dopo lo spostamento dei reparti su aeroporti idonei, in puglia, specie a Lecce, per via delle piogge che avevano rovinato il fondo dell'aeroporto. Solo a Galatina trovarono un posto sufficientemente valido per essere usato operativamente: alla fine fu Galatina, vicino a Lecce.

Caratteristiche P-39Q e N:

  • Dimensioni 9,19 x 10,36 x 3,79 x 19,79 m2; peso max 3.788 (3.720 kg per l'N); a vuoto 2.561 (2.574) kg; carico bellico 227 kg
  • V.max 619 (610) kmh, tangenza 10.668 (11.735) m, autonomia 1.047 (1.208) kg
  • Motore: V-1710-85 (-63), 1.217 hp
  • Armamento: 1 x 37 + 4 x 12,7 (idem ma 2 x 12,7 e 4 x 7,7 mm) e bombe da 227 kg.


I Tedeschi cominciarono a subire le azioni dei P-39 italiani, che nel frattempo a Lecce-Galatina erano diventati operativi con tutti i gruppi; il 18 settembre il 12° Gruppo iniziò le operazioni sull'Albania contro le truppe tedesche oramai in ritirata verso il Nord dei Balcani. Il maltempo aveva davvero paralizzato le operazioni e solo la presenza a Galatina di una pista pavimentata poté permettere di operare. I P-39 si confermarono aerei robusti e potenti e colpirono spesso i Tedeschi con effetti altamente distruttivi, specie nella zona di Tirana. La caccia tedesca oramai era ben poco presente, ma la flak era ovunque e ogni missione i P-39 ebbero danni e talvolta perdite. Ogni giorno vennero eseguite fino a 30-40 missioni al giorno; solo a novembre la caccia italiana eseguì 300 missioni con circa 1.000 sortite individuali, e 1.700 missioni di volo; alle volte erano scortati gli aerei da trasporto che rifornivano i partigiani e i soldati italiani che si ritrovarono a combattere con loro. Nel solo mese di novembre, però, caddero ben 10 P-39. Le perdite e i danni erano stati quindi terribili, tra cui la perdita, il 27 dicembre, del comandante dello stormo Luigi Mariotti. Per ridurre il numero di reparti, oramai dotati di aerei rabberciati alla meno peggio, venne soppresso il 9° Gruppo che cessò l'attività l'8 dicembre, nonostante che in realtà non fosse mai stato pienamente operativo, visto che le operazioni vennero fatte quasi esclusivamente con il 10 e il 12imo gruppo. A febbraio diversi P-39 andarono persi in incidenti, dato il logorio sempre maggiore. Alla fine della guerra, i gruppi 10 e 12, il 20° su Spitfire e i 28 e 102° su Baltimore erano quello che restava delle unità di prima linea dell'aviazione cobelligerante. L'ultima missione venne fatta il 3 maggio con 4 aerei del 10° Gruppo; in tutto c'erano ancora 89 P-39Q in carico, di cui 60 efficienti. In tutto erano state volate 2.970 ore in battaglia e 3.629 in addestramento o trasferimento. C'erano anche altri aerei per reparti secondari, addestrativi; il 15 agosto il 12° venne sciolto. Il 1 aprile del '46 gli USA cedettero definitivamente i 49 P-39 ancora efficienti per l'1% del loro valore e così essi ebbero finalmente matricole italiane, uguali a quelle americane ma con la sigla MM davanti. Ma l'estate di quell'anno i logori P-39 causarono almeno 4 gravi incidenti con 3 vittime. Nel '47, a metà dell'anno, arrivarono i P-38 al 4° Stormo e i P-39 rimasero confinati alla scuola di volo di Lecce-Galatina con due squadriglie, la 4a e la 6a. L'ultimo incidente avvenne il 10 maggio 1950, almeno l'ultimo in cui morì un pilota, tale t.col. Francis Leoncini, un ufficiale di rango elevato dunque. Gli ultimi aerei rimasero in servizio fino al '51. L'unica parte intatta che resta dei P-39, tutto sommato positivi nel loro servizio bellico per l'altrimenti inerte CBI, è il cannone da 37 mm di un aereo conservato a Vigna di Valle, nonché un'elica contorta recuperata dal mare e le poche foto e i documenti di una pagina oramai lontana della storia dell'Aeronautica.


Il Cobra Reale[6]

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Il P-63, notare l'elica quadripala

Come si è detto, il P-39 non fu il capitolo finale della serie di caccia Bell ad elica (poi vi sarà anche il tentativo, generoso ma non del tutto riuscito, del primo jet americano, il P-59). Il suo sviluppo divenne poi il Bell XP-63. Era un aereo simile come concezione ma diverso nei dettagli, e in pratica non c'erano parti in comune tra i due tipi che fossero intercambiabili. Illustre sconosciuto in termini storici, in realtà venne costruito in grosse quantità ma non venne usato in combattimento dall'USAAF, quanto impiegato come 'export fighter'. Il fatto è che questo caccia, l'unico che ebbe larga produzione pur essendo andato in volo dopo P-Harbour, era sì in grado di raggiungere i requisiti per i quali era stato pensato, ma questi erano già un po' superati e così alla fine non ebbe il successo pieno. Comunque ne vennero costruiti 3.303 e di questi 2.421 finirono in URSS e 114 per la Francia. La cosa più interessante furono forse i 332 usati come aerei bersaglio per i mitraglieri, come vedremo poi.

Dato che l'allora USAAC pensava giustamente al P-39 come ad un velivolo troppo scadente in quota, si volle un'evoluzione per ovviare a tale carenza, soprattutto con un motore dalle migliori prestazioni in quota, negate dall'omissione iniziale del turbocompressore bistadio originariamente previsto. La proposta per un nuovo caccia venne fuori dal febbraio 1941 con il P-39 dotato sia di motore nuovo che di ala a flusso laminare e tre prototipi vennero ordinati nell'aprile del '41 come XP-39E. Dovevano avere il Continental V-1430, una delle peggiori delusioni della motoristica, così che in suo luogo ebbero il V-1710. apertura alare e superficie alare vennero aumentate. Alla fine, visti i risultati incoraggianti, vennero ordinati già il 27 giugno 1941 due prototipi XP-63. Questo era più grande del P-39 e aveva un motore V-1710-47 con un turbocompressore idraulico che aiutava il turbocompressore già presente a stadio singolo, standard dei V-1710. Così vennero guadagnati circa 3.000 m in più di quota, mentre le ali NACA a flusso laminare riducevano l'attrito a tutto vantaggio della velocità. L'aereo era già in produzione prima ancora che il prototipo volasse: infatti questa iniziò nel settembre 1942 mentre il prototipo volò il 7 dicembre, mostrando tra l'altro, un'elica quadripala e lo stesso armamento del P-39Q. Peso 6.054-10.000 lb (2.730-4.540 kg), ma la velocità arrivava a ben 655 kmh, sebbene la carriera del primo XP-63 durò poco a causa di un incidente dopo un problema tecnico: il carrello non si estraeva e il collaudatore dovette volare a lungo per tentare un atterraggio sul ventre, ma dopo avere consumato il carburante -per maggior sicurezza. Ma il sole era calato nel frattempo e senza sufficiente visibilità il pilota scassò l'aereo ugualmente. Questo è un altro elemento che oggi sarebbe facilmente risolto, visto che i caccia in genere hanno scarichi d'emergenza per il carburante, qualora dovessero eseguire un atterraggio rapido quando sono ancora troppo pesanti per farlo in sicurezza. anche il secondo prototipo, volato qualche mese dopo, andò perso, per fortuna anche qui il collaudatore si salvò.

I risultati furono buoni e allora l'USAAF ordinò un terzo prototipo, con un V-1710-93 da 1.500 hp in emergenza, e la velocità salita a ben 676 kmh a 7.350 m.

Il P-63 era ancora ancora molto simile all'Airacobra

Il tipo di serie ebbe quindi piena produzione e sebbene rimanesse un aereo del tutto secondario e misconosciuto, venne prodotto in una quantità 5-6 volte superiore a quella di tutti i caccia serie 5 messi insieme, oppure più di tutti i Macchi 200-206 messi insieme. In aggiunta alla quantità, bisogna dire che si trattava di un caccia davvero eccellente quanto a prestazioni e capacità complessive, solo che non trovò posto nell'USAAF e dovette 'emigrare' per far notare le sue qualità (un po' come in Italia accadde al Re.2000). Le consegne iniziarono nell'ottobre del '43, il che spiega perché l'aereo non si affermò contro competitori oramai ben piazzati. Per giunta, nell'ottobre del '43 l'US Army concluse che non fosse un aereo utilizzabile come macchina da combattimento, malgrado il parere favorevole dei suoi piloti. I Sovietici invece erano contenti di avere un aereo capace di volare ad alta quota e così divennero i principali utenti del P-63. I vari P-63 videro l'A-1 con 87,7 lbs di corazze per il pilota, e 100 galloni di carburante interno, un cannone M 4 da 37 mm e 4 armi da 12,7 di cui due nel muso con 270 cp l'una, e due sotto le ali con 250, nonché bomba da 227 kg o serbatoio da 75 galloni (americani). Effettivamente il P-63 era leggermente inferiore come corazza al P-39 per essere più leggero; vi furono altre combinazioni, e presto arrivarono anche serbatoi o bombe sotto le ali oltre che quelle sotto la fusoliera; l'A-8 aveva 188,8 lb di corazze, e 417 mph di velocità, anche se le mtg alari ebbero una riduzione di proiettili da 250 a 200 l'una. Il P-63A-9 ebbe 198,9 lb di corazza (circa 90,5 kg) e il cannone M10 con 58 e non 30 colpi. Era un'arma più potente e veloce delle altre. L'A-10 ebbe razzi subalari e 236,3 lb di corazze.

Versioni e servizio

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Le consegne iniziarono nell'ottobre el '43 e 1.725 P-63A vennero prodotti per il successivo dicembre. Ebbe breve impiego nell'USAAF con gli squadroni 31, 444 e 445st, e pare che qualche pallone Fu-Go giapponese venne abbattuto proprio dai P-63. La maggior parte venne però mandata in URSS con un volo aereo molto lungo, che vedeva i piloti russi- in genere donne- prendere carico del velivolo in Wisconsin, per poi portarli fino oltre lo stretto di Bering. Al dunque, il Kingcobra venne usato soprattutto come aereo d'appoggio aerotattico e caccia da bassa quota, vista la scarsa minaccia tedesca alle quote più alte. Era anche un cacciacarri e un aereo d'assalto eccellente, anche perché il suo cannone poteva perforare non più solo 2, ma 5 cm di acciaio. Ad un certo punto, nel dopoguerra, alcuni P-63 sovietici vennero mitragliatri dagli F-80C su Vladivostock, dove erano finiti per un errore di navigazione durante una missione di guerra.

Un'intera squadriglia di Kingcobra in volo; le loro sagome sono assai più slanciate di quelle degli Airacobra

Le caratteristiche dei P-63A: Allison V-1710-93 a 1.325 hp slm e 1.150 a 6.830 m; v.max 584 kmh a 1.525 m, 630 kmh 4.570 m, 660 kmh a 7.620 m. La salita in quota era anche più impressionante di queste prestazioni, già sufficienti per competere con i Bf-109G e FW-190A-5; era infatti possibile salire a 7.620 m in appena 7 minuti e 18 secondi, ovvero mantenere più di 1.000 m/min fino a lì, quando per esempio, per uno Spitfire V era difficile in sette minuti salire a più di 6.100 m, e un F6F Hellcat richiedeva per la stessa quota circa 15 minuti. Anche la tangenza era eccellente, ben 13.150 m, ovvero diverse centinaia più che il P-51 e al pari con P-47 e Spitfire Mk IX. L'autonomia era, come massimo (tre serbatoi) di ben 4.130 km circa (2575 miglia), un valore superiore a quello di un P-51D. Dimensioni: lunghezza 32 ft 8 in, apertura alare 38 ft 3 in, altezza 12 ft 7 in, superficie alare 248 ft2. Armamento: cannone M10 (58 cp), 2 M2 da 12,7 mm (200 pc l'una), 2 da 12,7 mm (900 cp l'una) sotto le ali).

IL P-63B era stato proposto come aereo dotato (finalmente) di un Packard Merlin, ma questi erano tutti 'presi' dai P-51 e così non se ne fece nulla. L'unico previsto XP-63B divenne con l'Allison, l'XP-63A.

Il Bell P-63C fu l'altra produzione, con il V-1710-117 da 1.500 hp slm e addirittura 1.800 hp con iniezione d'acqua, apertura alare ridotta. Per il resto era simile al P-63A-10. Le consegne di questa macchina molto potente ebbero luogo dal dicembre del '44 e totalizzarono nondimeno 1.227 esemplari, quasi tutti per l'URSS e 114 per i francesi. Il peso aumentava a 10.700 lb, la velocità restava 660 kmh, la quota circa 12.000 m, salita a 7,6 km in 8,6 minuti, il che peraltro implica il non uso del WEP, altrimenti i 300 hp in più avrebbero dovuto ottenere delle prestazioni eccezionali e anche migliori del tipo precedente.

Il P-63D ebbe il V-1710-109 da 1.425 hp e ala aumentata a 39 ft 2 in, ovvero 10 pollici più larga. Non aveva la pinna ventrale del P-63C, ma un vero e proprio tettuccio a goccia al posto del tipo classicamente adottato. Volò all'inizio del '45 e raggiunse prestazioni veramente eccellenti, 702 kmh a 9.150 m. Non era però migliore del P-51 in generale, e questo era già in servizio a migliaia, per cui non vi fu produzione di serie, solo uno venne completato. La salita a 9.000 m era possibile in 11,2 minuti e l'autonomia max di 2.000 miglia, peso max 11.100 lbs e armamento con proiettili ridotti da 58 a 48 per il 37 mm.

Il P-63E era simile al D, ma con il tettuccio normale con la relativa portiera di tipo automobilistico, e la reintroduzione della pinna centrale. Ne vennero prodotti solo 13 esemplari dei quasi 3.00 ordinati.

Infine il P-63F, l'ultima delle versioni di nuova produzione, con poche modifiche e il V-1710-135 da 1.425 hp. In tutto ne vennero però prodotti solo 2, uno dei quali divenen poi un veloce racer, a tutt'oggi volante come N6763.

Un cambio di guardia epocale tra due aerei Bell: un P-63 vola vicino al primo jet americano, il P-59, il quale, peraltro, era leggermente più lento

I Francesi ottennero 114 P-63C verso la fine della guerra, ma non servirono perché giunti troppo tardi. Ebbero impiego tra l'altro con i CG 1/5 e CG II/5, ma solo dall'agosto 1945 tanto che molti aerei rimasero nei depositi e non vennero messi in condizioni di volo. Piuttosto, vari aerei vennero usati in Indicina, dato che i P-47 che gli USA avevano donato non si voleva fossero coinvolti in questa guerra. 5 gruppi da caccia vennero formati: GC1/5 Vendee, II/5 Ile-de-France II/6 Normandie-Niemen, III/6 Roussilon, e I/9 Limousin e usati come bombardieri tattici, incluso l'uso delle bombe al napalm. Circa 30 vennero tuttavia persi in azione o incidenti. Gli ultimi aerei vennero messi in azione fino all'Aprile del '51 e poi mandati in deposito a Bach Mai e poi demoliti entro il settembre; ma vi sono persino voci che alcuni P-63 siano sopravvissuti fino ad oggi in Vietnam. Alcuni P-63 volavano in Francia fino al '62 come aerei disarmati per vari compiti di addestramento.

Quanto ai sovietici, 2.397 esemplari consegnati entro il '45, 21 persi durante il tragitto che partiva da Niagarar Falls fino all'URSS. Poco è noto di questi aerei, a parte il loro uso perfettamente duale aria-aria e aria-superficie, e per i piloti tedeschi che se li videro contro dev'essere stata una brutta sorpresa notare che quei 'P-39' (la somiglianza era fortissima), pur volando ad alta quota, non mostravano nessuna inferiorità ai caccia della LW. Forse anche per questa capacità di intercettazione in quota, questi aerei rimasero in servizio piuttosto a lungo e nel dopoguerra vennero chiamati 'Fred' dalla NATO.

I P-63 disarmati

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Una delle modifiche più interessanti per il P-63 fu il 'pinball', con gli RP-63A e C. Si tratta di una modifica che permetteva ai mitraglieri, in tempi lontani dall'addestramento 'virtuale', di esercitarsi in maniera realistica. Ebbero armamento rimosso, e le ali, coda, fusoliera e tettuccio posteriore vennero ricostruiti con un totale di circa 1 tonnellata di metallo. Dato che nemmeno questo bastava per assicurarsi dagli effetti dei proiettili delle mitragliatrici, queste ebbero proiettili frangibili in grafite e piombo. La cosa più divertente era anche la presenza, nel muso, al posto del cannone, di una luce che si accendeva se le piastre sensibili agli impatti venivano colpite dai proiettili, per cui vennero soprannominati pinball.

Circa 95 vennero completati così e come RP-63A-12, privati di tutte le armature interne eccetto quelle della 'pelle' esterna; altri 200 vennero costruiti come RP-63C, simili ma con una presa d'aria simile a quella dei P-63C standard che era la parte più vulnerabile. Di fatto talvolta gli RP-63 venivano davvero abbattuti dato che i frammenti dei proiettili ostruivano i radiatori di raffreddamento che lo facevano surriscaldare. Gli ultimi di questi bizzarri aerei sopravvissero fino oltre il 1948, quando erano denominati QF-63C. Gli RP-63G nascevano direttamente come aerei bersaglio, e vennero prodotti fino al '46. Dei 450 ordinati, però, ne vennro costruiti solo 30 per la fine della guerra. L'addestramento vide alcuni biposto TP-63, similmente ai TP-39, ma come questi, senza molta diffusione, solo tre convertiti daaerei normali.

Un P-63 'a freccia'

I P-63 erano aerei con prestazioni elevate, e vennero usati anche come mezzi di ricerca aerodinamica, al punto che ad un certo punto due P-63C-5 vennero addirittura modificati con ali a 35 gradi, sulla scorta dell'esperienza tedesca, anche se limitata alle semiali esterne. Il primo volò il 23 aprile 1946, gli aerei erano designati L-39 e servivano con l'USN. Vi fu persino un programma per un aereo con una coda a farfalla, l'RP-63G 45-5300, che dimostrò tuttavia uno scarso controllo con il vento laterale.

Meglio andò agli aerei da competizione: in particolare al Thompson Trophy Race, grazie anche alle ali mozzate all'estremità per aumentare la velocità massima a bassa quota.


Bibliografia e fonti

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  1. Per quanto precede vedi enc. Take Off
  2. Dati dal sito di J.Baugher e Aerei nella Storia, molto simili tra loro
  3. Dati dal sito di J.Baugher e Aerei nella Storia, molto simili tra loro
  4. Dati dal sito di J.Baugher e Aerei nella Storia, molto simili tra loro
  5. Dati dal sito di J.Baugher
  6. Informazioni dal sito di J.Baugher

  • Dati dal sito di J.Baugher
  • Gueli, Marco: Gli Airacobra italiani, Storia Militare N.132 -set 2004 p.17-27
  • Rovere, Riccardo: Bell P-39 Airacobra, Aerei nella Storia N.48 Giu-Lu 2006 p.8-26
  • Enciclopedia Take Off, sezione 'Quando si vola con l'aereo giusto (C.Yeager), P.1, p.1125-30