Filosofia dell'informatica/Storia dell'ipertesto

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro

Il concetto di ipertesto[modifica]

In apertura del suo libro dedicato alla storia culturale dell'informatica, Paola Castellucci ha notato che la tecnologia rischia di essere percepita come un fenomeno astorico e anonimo. La storia della formulazione del concetto di ipertesto e della sua realizzazione tecnica più riuscita, il Web, è anche la storia dell’incrocio fra le parole e le cose, fra la cultura umanistica e la cultura scientifica. Ma è anche la storia di un uomo, Ted Nelson, che ha contribuito in modo significativo a definire l’identità disciplinare dell’informatica, che dovrebbe essere colta come pensiero produttivo.

Il concetto di ipertesto è tra i più rappresentativi della nostra contemporaneità. Nel 1979 Jean-François Lyotard vedeva nelle banche dati l’espressione dell’enciclopedismo postmoderno. Iper è uno dei prefissi che (assieme a multi-, inter-, sovra-, trans-) hanno introdotto un motivo di complessità: ipertesto si definisce come visione plurale, poetica dei punti di vista e del frammento, ambisce non alla percezione sequenziale ma a salti. Ogni giorno milioni di persone si collegano alla Rete digitando un indirizzo preceduto dalla sigla http (Hyper Text Transfer Protocol) e raggiungono siti le cui pagine sono scritte in html (Hyper Text Markup Language). Google e Wikipedia sono ipertesto. Il Web è ipertesto, ma la parola esisteva già prima. Il Web, la cosa tecnologica apparentemente anonima, ha dato visibilità al concetto: occorre passare dall’uso del Web alla consapevolezza circa l’uso del Web come prodotto storico e culturale.

Ted Nelson conia il termine ipertesto nel 1965. Il neologismo conquista tardi lo status di lemma. Inizialmente i dizionari privilegiano l’uso del termine nel contesto della critica letteraria, più tardi si assiste ad un’inversione di rapporti gerarchici, per cui l’oggetto ha sostituito il concetto, l’applicazione l’astrazione, la cosa la parola, l’esempio di successo la premessa teorica. Nel 1965 viene coniata la parola ipertesto. Tra i predecessori del concetto di ipertesto Nelson cita Marshall McLuhan, Norbert Wiener, Claude Shannon, ma indica soprattutto due nomi: Vannevar Bush, ingegnere elettronico, professore al MIT, consigliere di Roosevelt, ideatore del progetto Memex e autore nel 1945 del celebre articolo As we may think (Come possiamo pensare) e Joseph Licklider, psicologo, professore al Mit, direttore del progetto informatico dell’agenzia governativa Arpa (Advanced Research Projects Agency, nata nel 1958), preposta allo sviluppo di tecnologie innovative, che nel 1969 portò alla realizzazione di Arpanet, prima ossatura di Internet.

Vannevar Bush e il progetto Memex[modifica]

Licklider dedica il suo libro Libraries of the Future a Vannevar Bush (1890-1974), che nell'estate del 1945 aveva pubblicato su “Atlantic Monthly” l’articolo As we may think che, nella parte conclusiva, espone il progetto di una macchina per la gestione della conoscenza, il Memex e nel quale egli invita a ripensare radicalmente la modalità di trattamento dei documenti, superando la rigidità delle categorie di classificazione e catalogazione. Lo stesso Nelson concepirà l’ipertesto come un sistema che fa esplodere le categorie. In realtà il Memex, sia come macchina che come innovazione, fu un prodotto da collocarsi nel contesto tecnologico degli Anni Trenta. Gli scritti di Bush sul Memex rappresentano la volontà di proporre una macchina reale, "sia come un corpo di saggi che esplorano le potenziali utilità e l'applicazione di nuove specie di macchine che gestiscono l'informazione e rappresentano la conoscenza"[1].

Vannevar Bush

Il progetto Memex rappresenta una possibile risposta al problema della rigidità delle categorie - per cui i documenti, una volta archiviati, si possono ritrovare solo in un punto di un determinato percorso logico e non in altri - attraverso il concetto di “percorsi associativi”, il nucleo fondante dell’ipertestualità. “La mente umana opera per associazioni […] La selezione per associazione, piuttosto che per indicizzazione, potrebbe forse essere meccanizzata” (Vannevar Bush). Il Memex è inteso come una “macchina della mente” - per localizzare e rappresentare la conoscenza - e imposta il recupero dell’informazione non basandosi su sistemi di classificazione, ma piuttosto mimando il processo associativo, saltando rapidamente da un’idea a un’altra, da un documento all’altro. Una volta accettata l’innovativa impostazione concettuale (una macchina che prende a modello la mente umana e non un catalogo o un indice), allora e solo allora si sarebbe poi tentato di creare i link in modo automatico. La descrizione del Memex "proviene dalla stessa metodologia che Bush usò per progettare altre sue opere, come il Selettore rapido: combinare tecnologie di basso livello entro un'unica macchina che funzioni ad alto livello [...] Bush predisse che gli utenti si sarebbero essi stessi adattati alle limitazioni delle abilità linguistiche della macchina, suggerendo persino che il linguaggio umano avrebbe dovuto cambiare per adattarsi meglio alla meccanizzazione"[2].

Per tentare di mimare la mente umana non erano ancora a disposizione gli strumenti adeguati, i computer, per cui Bush ripiegò su quello che al momento era disponibile: i microfilm: "negli anni Trenta molti credevano che il microfilm avrebbe potuto rendere l'informazione universalmente accessibile e in questo modo scatenare una rivoluzione intellettuale. Bush, come i suoi contemporanei, esplorava le possibilità inerenti ai microfilm nei suoi scritti e nei suoi laboratori al MIT"[3].Nella scrivania di legno un juke-box di microfilm azionabile con leve e bottoni, mentre sul piano tre schermi permettono la visione contemporanea e a salti di più microfilm, il percorso associativo. Il Memex è quindi un ibrido: una macchina costruita avvalendosi di vecchie tecnologie ma pensando a scenari del futuro. Tre schermi, quante sono le dimensioni minime per tracciare uno spazio: l’informazione ipertestuale è una rappresentazione spaziale, multilineare. Il Memex implica pertanto l’esperienza dello spazio in cui si estende la memoria e la conoscenza: l’ipertesto è un intreccio tridimensionale di soggetti e oggetti. Il Memex (memory extension), si basa sulla connessione tra due elementi e prevede anche la possibilità di registrare i percorsi di lettura. Così il microfilm prometteva la miniaturizzazione, fedeltà completa di riproduzione, accesso più libero ai materiali rari e originali, e conseguentemente trasportabilità.

Il Memex svincola il testo dal supporto cartaceo, così come farà poi l’ipertesto. Con Bush il pensiero si squaderna, la lettura si articola nelle componenti atomiche delle unità informative: ogni lettura è una rilegatura. La qualità innovativa del Memex non risiede dunque nell’aspetto tecnologico ma nell’impostazione concettuale: esso è ipotizzato per una fruizione diretta da parte di chi ha necessità di recuperare informazioni, senza l’ausilio di intermediatori esperti. Bush, che aveva già intuito il problema del sovraccarico informativo (information overload), sa che per fronteggiare l’impatto della crescente massa di pubblicazioni scientifiche occorrono strumenti per gestire automaticamente l’archiviazione e la distribuzione delle informazioni. Nel 1945 il microfilm stava già perdendo il primato in quanto tecnologia innovativa a favore del computer: dal punto di vista tecnologico Memex è obsoleto già al momento della pubblicazione.In tutte le versioni del saggio sopra citato sul Memex, "Bush comincia la sua descrizione della macchina con una critica di come l'informazione era correttamente organizzata in biblioteche [...] La ricerca scientifica coinvolge l'intero processo con cui l'uomo trae profitto dal suo patrimonio di conoscenza acquisita"[4]. Si comprese, così, che il Memex prendeva il suo nome perché doveva supportare ed estendere i poteri della memoria e dell'associazione umana. Con esso il nostro autore pensava e progettava in termini di analogie tra cervello e macchina. Quest'ultima doveva essere usata per migliorare quelle parti dei processi biologici imperfetti.

Vannevar Bush inserisce il Memex all’interno del canone dei grandi nomi della scienza: cita le macchine progettate da Leibniz, da Babbage, rimaste irrealizzate proprio come il Memex. Eppure costoro avevano intuito il futuro, “come si poteva pensare” in modo assolutamente innovativo. Il Memex esiste solo nella rappresentazione narrativa, ma tale narrazione è necessaria per indicare nella gestione dell’informazione il futuro campo d’azione degli ingegneri elettronici e degli scienziati prestati all’impegno bellico sottolineando che tale unità dovrà continuare anche in tempo di pace per promuovendo lo sviluppo tecnologico. As we may think: il "may" introduce una situazione condizionale, è un futuro narrativo, non è il presente del ragionamento pragmatico di John Dewey, autore di “Come pensiamo”, né il futuro semplice che userà Ted Nelson, autore di “Come penseremo”. Bush, che pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo assiste nel deserto del New Mexico all’esperimento conclusivo del progetto Manhattan (l’inizio dell’era atomica) sa che la guerra sta per finire e che occorre immaginare un futuro. Futuro all'interno del quale, nel suo articolo, immagina delle "logiche,se non inevitabili, conclusioni" dell'avanzamento tecnologico che caratterizzò i suoi anni. Ripercorrendo velocemente la storia della costruzione dei primi calcolatori di Leibniz (1673) e Babbage, i quali dovettero affrontare sia difficoltà tecniche che economiche, arriva ad immaginare un futuro in cui gli arnesi tecnologici siano a portata di mano e di facile utilizzo grazie anche alla loro capacità di ricreare informazioni attraverso delle associazioni che imiteranno il pensiero umano. Inoltre, tali piste resteranno così patrimonio dell’umanità dando vita ad enciclopedie di concezione radicalmente nuova, dotate di una trama di percorsi associative che le attraversano.

La storia della bomba finisce per intrecciarsi con la storia del Memex. L’articolo di Bush infervora il soldato Douglas Engelbart, futuro pioniere di Internet. La prospettiva rivolta al futuro post-bellico sarà il motivo del grande successo dell’articolo di Bush che, terminata la guerra (e lanciata la bomba), viene ripubblicato su “Life” allo scopo di difendere l’operato e la figura dello scienziato americano: l’idea principale del Memex, simbolo di americanità non è solo scientifica, ma anche politica. Nel 1967 Bush pubblica una nuova versione del progetto, Memex rivisitato, dove accenna, con poca convinzione, alle macchine digitali. Il Memex resta la descrizione di una macchina per costruire un discorso teorico, un consenso, rispetto agli usi della scienza e della tecnica.

Joseph Licklider[modifica]

Joseph Licklider (1915-1990) diventa responsabile del progetto informatico dell’agenzia Arpa in seguito alla pubblicazione dell’articolo Man-Computer Symbiosis nel 1960, nel quale innesta biologia e psicologia nel contesto tecnologico. Per Licklider non vi è frattura tra i due mondi: la relazione fra natura e tecnologia, fra uomo e computer diverrà naturale e non va posta in termini di protesi. È l’insegnamento della cibernetica di Norbert Wiener (1894-1964): le macchine per un uso umano dell’essere umano.

Joseph Carl Robnett Licklider

È questo il concetto chiave della cibernetica di Wiener: non solo gli esseri umani non devono subire la condizione degradante di essere ridotti a macchine, ma le macchine stesse devono essere concepite in modo totalmente nuovo, capaci cioè di autoregolarsi, di autogovernarsi. La cibernetica, fondata nel 1948 da Wiener, è la scienza che studia le macchine di nuova generazione, dotate di feedback, e dunque capaci di autoregolarsi (es. il salvavita o il meccanismo di chiusura delle porte degli ascensori).

L’interpretazione politica, democratica, innovativa del rapporto fra uomini e macchine degli studi di Wiener fu sposata da Licklider, in antitesi alla “informatica del dominio”, nata prevalentemente in contesto militare e legata alla costruzione della bomba (progetto Manhattan). Licklider allude inoltre alla nuova branca della conoscenza dell’intelligenza artificiale, e precisa che il computer allevierà l’uomo da faticosi processi routinari, liberando le forze da impiegare nei processi creativi.

L’uomo, alleviato dalla fatica, troverà nelle macchine di nuova generazione, le macchine simbiotiche, un aiuto ulteriore, per compiere non azioni materiali ma operazioni intellettuali. Si apre la possibilità di utilizzare la macchina per comunicare (la principale qualità umana) e non solo per calcolare. La simbiosi uomo-computer viene presentata come un’evoluzione a medio termine. In effetti, solo alla fine degli anni ‘80 la grande simbiosi realizzata grazie a Licklider, Arpanet, poi Internet, si trasformerà in senso ipertestuale, multimediale e di massa: il Web.

Licklider estende l’area di interesse delle sue ricerche dallo studio, con le macchine, del cervello umano allo studio delle macchine intese come cervelli umani e, successivamente, dei computer come cervelli fra loro in connessione. Licklider denomina Intergalactic Computer Network il progetto di una potente rete di computer remoti e difformi fra loro in connessione che colleghi tutti i computer del mondo, fino a formare quella che poi verrà definita intelligenza condivisa o collettiva. Intorno a Licklider, al quale John F. Kennedy affidò il compito istituzionale di trasformare l’identità del computer, si crea la prima comunità scientifica di giovani informatici, tra cui Ted Nelson, che non considerano il computer come uno strumento di potere ma di comunicazione diretta, senza intermediari.

La biblioteca elettronica[modifica]

Negli anni trascorsi all’Arpa (1962-1964), Licklider si dedica anche a definire le possibilità di sviluppo delle biblioteche alla luce delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie informatiche. L’esito di tale ricerca è il libro pubblicato nel 1965 Libraries of the Future: il progetto per un nuovo modello di biblioteca elettronica viene denominato Symbiont. La prima parte del libro s’intitola Interazione uomo-conoscenza registrata, la seconda parte Esplorazioni circa l’uso dei computer in biblioteca e funzioni procognitive, ad annunciare forti convergenze tra i nuovi saperi dell’area umanistica e i nuovi saperi dell’area scientifica attorno a termini come conoscenza, informazione.

Licklider delinea l’imminente evoluzione dell’information retrieval, con la costituzione delle banche dati. Le parole biblioteca, archivio, libro, documento, con l’aggiunta dell’aggettivo “elettronico”, mutano l’originaria accezione e finiscono per indicare il “recupero di informazioni registrate su computer”, ossia “banche dati”. L’affermarsi della nuova disciplina della teoria dell’informazione fa sì che non si parli di libri ma di “informazione in forma registrata e organizzata”.

Ted Nelson[modifica]

Alla nascita della Rete contribuiscono sia strategie militari che ricerche universitarie. Nel 1958 gli USA fondano l'agenzia spaziale Nasa e l'agenzia Arpa, sotto l'egida del Pentagono ma preposta allo sviluppo di tecnologie innovative sia per scopi bellici che civili. Il Computer, inventato sul finire della Seconda guerra mondiale, viene presentato al mondo come nuovo simbolo della potenza statunitense. Proprio nei laboratori di Los Alamos dove è stata realizzata la bomba atomica, la ricerca scientifica e tecnologica si è convertita all'impiego civile e sviluppa uno dei maggiori centri di ricerca nel campo dei computer: la bomba e il computer rappresentano complessi e contigui sistemi di potere. Gli apocalittici vedono nel computer uno strumento distopico, figlio della Guerra fredda e portatore di mali futuri. La storia della Rete può essere interpretata in chiave di progresso/minaccia, libertà/controllo.

Ted Nelson

La scelta di Ted Nelson sarà esplicita: il computer come spazio di libertà. Nelson studia ad Harvard negli anni '60, mentre nasce la nuova epistemologia: McLuhan e gli strutturalisti (Foucault, Lévi-Strauss, Barthes) non sono i diretti ispiratori del concetto di ipertesto ma anch'essi sono alla ricerca di una nuova testualità. Lo strutturalismo considera l'opera presa in esame (testo, dipinto, film) come un insieme organico scomponibile in elementi e unità, il cui valore funzionale è determinato dall'insieme dei rapporti fra ogni singolo livello dell'opera e tutti gli altri.

Il corso di Computer Science seguito dall'umanista Nelson è un corso di computer, non di informatica, termine importato dalla Francia solo nel 1962. Se per vent'anni Computer Science era stata considerata un'applicazione all'interno della fisica, dell'ingegneria elettronica, della matematica, la disciplina dell'informazione inizia proprio negli anni '60 a lottare per assumere un'identità autonoma, basata sul concetto di informazione. Il corso seguito da Nelson prevedeva esercitazioni pensate per studenti di formazione umanistica. Il computer cominciava ad assumere una connotazione non esclusivamente legata al concetto di calcolo, ma piuttosto a quello di elaborazione delle informazioni. Innestando un corso tecnico, spurio, nel consueto percorso curricolare umanistico, Nelson non solo si avvicina a nuove competenze, ma apprende un diverso modo di pensare, ossia il metodo scientifico-tecnico. Nelson concepisce l'idea di ipertesto proprio seguendo il corso di computer science a Harvard.

Le esercitazioni di linguistica computazionale fanno comprendere a Nelson che il computer apre la strada a nuove metodologie, anche in riferimento a discipline tradizionali. Il nucleo embrionale dell'idea di ipertestualità sta nell'accento posto sulla necessità di utilizzare il computer per scrivere e non per fare calcoli. Nelson ha in mente un'idea dinamica della testualità, intesa come processo che segue fasi di continue rielaborazioni (varianti, opera aperta). Il progetto di Nelson ebbe il giudizio “incompleto”. Nelson volse in positivo il giudizio e cercò di dimostrare il suo teorema di incompletezza: l'ipertesto, ossia un nuovo modo di concepire la testualità in quanto spazio tendente a infinito.

A File Structure for the Complex, the Changing, and the Indeterminate[modifica]

La prima dimostrazione pubblica avvenne nel 1965 presentando, da non professore di informatica, una relazione dal titolo Una struttura di archivio per l'insieme, per il cambiamento e per l'indeterminato (A File Structure for the Complex, the Changing, and the Indeterminate) alla conferenza dell'Association for Computing Machinery: è l'esordio della parola ipertesto. L'Acm, tuttora la prima associazione nel settore informatico, accetta la relazione di un “intellettuale dilettante”: è la prova che la Computer Science non è più solo scienza delle macchine, ma anche scienza dell'informazione. Il progetto di Nelson riguarda un nuovo modo di strutturare i file in un sistema informatico. I file dovranno essere modificabili e dovrà essere mantenuta memoria di tutte le versioni che potranno così essere confrontate (“changing”).

L'informazione potrà essere ricercata anche saltando da un riferimento all'altro, seguendo cioè dei legami, link (“complex”). Il sistema dovrà mimare le caratteristiche del pensiero e non porre limiti alla possibilità di estendere, modificare e collegare le informazioni: sarà pertanto tendente all'infinito (“indeterminate”). L'ipertesto è pertanto concepito, quattro anni prima della prima connessione fra computer remoti, solo nella dimensione online, ossia in uno spazio potenzialmente infinito, non su carta.

Un nuovo progetto filosofico[modifica]

Uno degli otto capitoli della relazione è intitolato Philosophy e racchiude la filosofia del progetto, oltre alla prima ricorrenza della parola ipertesto. Il termine filosofia entra in un contesto tecnologico: non basta una nuova macchina, serve piuttosto un progetto filosofico. Nelson vuole spiegare “le implicazioni filosofiche del progetto nel mondo in rapida trasformazione”. Nelson si prefigge un obiettivo classico della speculazione filosofica: studiare “i profondi cambiamenti strutturali nella formulazione delle idee”.

La relazione di Nelson si presenta dunque come indagine sulle (nuove) leggi del pensiero, aspira ad essere un piccolo e moderno saggio sull'intelletto umano. Nelson non utilizza dunque il termine filosofia in senso metaforico ma letterale: si avvale cioè delle competenze disciplinari di formazione come chiave di comprensione per il nuovo mondo informatico, inserisce il computer nelle speculazioni filosofiche che hanno indagato il processo del pensiero, assorbe linee interpretative della filosofia del Novecento.

Nel progetto di Nelson non è richiesto alle macchine di svolgere compiti di computing, anzi viene proposto un nuovo concetto di machinery: “il computer per la gestione di file personali e come supporto alla creatività”. Nelson non si avvale della tradizione catalografica e bibliografica, bensì della tradizione filosofica, scientifica, utopica: punta infatti a realizzare un sistema, una macchina, in grado di riprodurre la complessità, la velocità e l'imprevedibilità del ragionamento umano, con la sua capacità di istituire analogie, operare secondo collegamenti.

Un nuovo paradigma testuale[modifica]

Nel 1965 Nelson definisce dunque con chiarezza cosa debba intendersi per ipertesto: un nuovo modo di intendere la gestione della conoscenza registrata, tramite un sistema informatico, in cui la ricerca di informazioni possa avvenire seguendo percorsi associativi retti da link. L’ipertesto non è un sistema rigido, bensì un universo di relazioni, modificabile e continuamente in espansione, come una lavagna infinita, uno strumento liquido per rappresentare la scrittura intesa come processo dinamico. L’ipertesto non è dunque solo un nuovo oggetto tecnologico, ma rappresenta anche una riflessione sull’atto stesso di scrivere. È una rivoluzione rispetto alle classiche banche dati, in cui l’ordine sequenziale dei file è l’unico principio ordinativo, evidenziato dal numero progressivo attribuito a ciascun record: non erano previsti legami laterali, reticolari, tra i record. Un paradigma radicalmente nuovo mette in discussione quello consolidato della testualità su carta. Nelson ipotizza il tramonto dell’era della testualità su carta e annuncia l'avvento di una nuova testualità su computer, ipertestuale e online: “la parola ipertesto sta a significare un corpus di materiali testuali o iconici interconnessi in modo così complesso da non renderne conveniente la rappresentazione su carta. Il sistema potrà estendersi indefinitamente, includendo un numero sempre maggiore di documenti scritti appartenenti al patrimonio mondiale”. Nelson accetta la struttura concettuale (i percorsi associativi), registra l’obsolescenza delle scelte progettuali (tecnologie analogiche, elettromeccaniche), lascia cadere il discorso politico portato avanti da Bush.

As we will think[modifica]

Nel 1972 Nelson presenta la relazione Come penseremo, in cui attacca il settore delle banche-dati e l’intera tradizione del recupero di informazione tramite classificazioni, indici, liste di autorità, cataloghi, tutte modalità generate dal sistema della stampa, laddove il computer deve essere funzionale a un nuovo tipo di gestione e recupero dei documenti, e perfino a un nuovo tipo di documento: l’information retrieval ha frainteso il pensiero di Bush, che respingeva l’indicizzazione a favore dell’interconnessione dei documenti. Secondo Nelson l’ipertesto “dovrebbe diventare la forma di pubblicazione del futuro” e non dovrebbe proprio prevedere la stampa. “Con la memorizzazione su computer non è necessario imporre nessuna sequenza al materiale (…) Possiamo chiamare ipertesti queste strutture complesse non sequenziali”. Il nuovo paradigma del documento ipertestuale gestito da computer in rete va ben oltre la biblioteca elettronica e le banche dati online, che restano una collezione di documenti tradizionali.

La paradossalità che Nelson identifica all’interno dell’idea del Memex di Bush, è principalmente che il Memex avrebbe dovuto avere una console: in particolare Bush parla di una scrivania dotata di diversi ausili (dalle leve ai diversi display ad una piastra per la duplicazione fotografica) dove le attività di collegamento-salto erano necessarie, ma non il punto focale dell’idea. Bush fondamentalmente col suo progetto non aveva modificato troppo il paradigma testuale della conoscenza, infatti sul display l’utente del Memex avrebbe visto scorrere il proprio “percorso principale” al quale è connesso un “percorso laterale” (ossia una forma di diramazione) e un “percorso a salti” (ossia un sottoinsieme del percorso principale). In tal modo la struttura generale non si discosta troppo da quella di una mappa concettuale e non si avvicina al paradigma della struttura di maggiore apertura dell’ipertesto. “Nei percorsi di Bush” scrive Ted Nelson “ l’utente non ha nessuna scelta da fare mentre scorre la sequenza di informazioni, tranne nei punti in cui due percorsi si incrociano. […] Invece il creatore di ipertesti può lasciare all’utente varie opzioni di salto o diramazione. Queste opzioni possono portare l’utente a leggere ulteriormente lo stesso materiale in qualsiasi modello. Gli unici vincoli posti all’autore sono l’utilità, la chiarezza e l’abilità.”

Dal punto di vista concettuale, Nelson recepisce l’indicizzazione analogica di Bush e sostituisce i “percorsi associativi” con “una rete di diffusione di documenti in forma digitale full-text, e nuovi tipi di documenti, o ipertesti”. Dal punto di vista tecnologico, Nelson recepisce dal gruppo di Licklider (dalle ricerche sulla rete e sui personal computer) il lessico relativo ai nuovi oggetti: hardware, periferiche, puntatore, tecnologie di rete. Il fulcro del discorso sull'ipertestualità ruota intorno all'idea di Rete. Nel 1968 Licklider aveva pubblicato un articolo, The Computer as a Communication Device, in cui racconta la sua partecipazione all'esperimento condotto da Douglas Engelbart, suo stretto collaboratore, di connessione di una rete di terminali a un computer remoto. L'esperimento dimostrava la possibilità di collegare computer remoti e difformi: la Rete è la rappresentazione di “come penseremo”.

Computer Lib/Dream Machine[modifica]

Nel 1974 Nelson pubblica in proprio un libro che consolida l'interpretazione libertaria e alternativa dell'informatica: Computer Lib/Dream Machine. Lib sta per liberation e per library. Il progetto è idealista: la liberazione dell'individuo attraverso un profondo ripensamento dei mezzi di comunicazione e del computer (computer liberation). Ma il progetto è anche pragmatico: prevede lo sviluppo di una biblioteca computerizzata (Licklider). La Dream Machine è il computer personale. Il libro invitava il lettore a condividere alcuni valori (autonomia, uguaglianza, libertà) ancor prima di apprendere delle nozioni tecniche. Il libro vuole promuovere un messaggio: tutti dovrebbero saper usare il computer, in modo nuovo, rivoluzionario, ipertestuale. “I temi fondamentali trattati NON sono TECNICI. Capire il computer vuol dire avere CONSAPEVOLEZZA di come agiscono i media. Non si tratta di una conoscenza tecnica”. Il sottotitolo recita: “Nuove libertà attraverso lo schermo del computer – Una mozione di minoranza”. Uno dei temi forti del libro è il progetto illuminista di contrasto alle nuove forme di analfabetismo: “Perché dovrebbero interessarci i computer? Perché viviamo nei media come i pesci nell'acqua”. Poiché i media – e nello specifico i computer – sono l'elemento vitale dell'uomo contemporaneo, conoscere le nuove tecnologie significa affrancarsi, lottare per la propria libertà e autonomia. Tecnologia è una parola politica, indica un rapporto di forza fra potere e sapere.

Literary Machines 90.1[modifica]

Nel 1981 Nelson pubblica Literary Machines 90.1, la storia dell'attesa che si realizzi il progetto ipertestuale, il progetto Xanadu. Tra la fine degli anni '70 e i primi anni '80 sono accadute diverse cose: la diffusione del PC, i primi sistemi di interfaccia grafica, il grande successo del supporto ottico (Cd-Rom), la commercializzazione dei primi software per la creazione di ipertesti (Hypercard, Toolbook), che per Nelson rappresentano l'ennesima resa alla tradizione cartacea (la fruizione in modalità locale è un falso idolo, l'ipertesto ha bisogno della Rete). Tuttavia Hypercard, anche se privo della dimensione indeterminata della Rete (il Web e l'Html ne decreteranno il ritiro dal commercio), è stato il principale tramite per il successo del concetto di ipertesto. Il Cd-Rom ha contribuito a far prendere familiarità all'utente rispetto a concetti basilari dell'ipertestualità: la fruizione sullo schermo, la multimedialità, l'interattività. Appare come la nuova panacea, come il microfilm negli anni '30. Anche gli umanisti familiarizzano con le macchine.

Literary Machines 90.1 è un'opera ipertestuale: contiene un Capitolo Zero, diversi Capitoli Uno, un Capitolo Due, diversi Capitoli Tre, Quattro e Cinque: quasi quaranta titoli per un reticolato ipertestuale di possibili, differenti approcci alla questione. Il libro descrive da un punto di vista informatico e da un punto di vista di teoria letteraria il sistema ipertestuale denominato progetto Xanadu. Xanadu era il nome della famosa dimora di Kubla Khan descritta da Marco Polo, ma anche di Citizen Kane, il protagonista di Quarto potere di Orson Welles. Nelson pensa al computer come a una tecnologia della liberazione e all'ipertesto come affrancamento del testo dalla prigionia del libro. Il suo sogno riguarda la creazione di uno sterminato documento formato da tutti i documenti esistenti al mondo, che lui definisce docuverso, nel quale tutto il mondo coincide con lo spazio per la scrittura. Secondo Nelson l'ipertesto non è ancora stato costruito: i prodotti disponibili non sono che pallide approssimazioni poiché l'unica dimensione possibile per l'ipertesto è la Rete.

Riferimenti bibliografici[modifica]

  • V. Bush, As We May Think, The Atlantic Monthly, July 1945.
  • T. H. Nelson, A File Structure for The Complex, The Changing and the Indeterminate. In: Proceedings of ACM 20th National Conference; 1965; Aug. 24-26; Cleveland, OH; Pagine 84-100. (pdf)
  • T. H. Nelson, As we will think, Proceedings of Online 72 Conference, Brunel University, Uxbridge, England, 1973. Ristampato in: From Memex to Hypertext : Vannevar Bush and the Mind’s Machine, eds. J. Nyce - P. Kahn, p. 245 ss. Academic Press, Boston (MA), 1991.
  • Da Memex a Hypertext, a cura di J. Nyce e P. Kahn, Academic Press, Boston (MA), 1991; tr. it. ed. Franco Muzzio, 1992.
  • P. Castellucci, Dall'ipertesto al web. Storia culturale dell'informatica, Roma-Bari 2009.

Note[modifica]

  1. J. Nice - P. Kahn, Una macchina per la mente: il Memex di Vannevar Bush in Da Memex a Hypertext, Franco Muzzio, Roma 1992, 3.
  2. Ivi, 7-8.
  3. Ivi, 12.
  4. Ivi, 17.