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Filosofia dell'informazione/Ontologia

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Indice del libro

In informatica, un'ontologia è una rappresentazione formale, condivisa ed esplicita di una concettualizzazione di un dominio di interesse. Più nel dettaglio, si tratta di una teoria assiomatica del primo ordine esprimibile in una logica descrittiva.

Usi dell'Ontologia in Informatica

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Costruire un'ontologia informatica non banale e adottata da una popolazione di comunità aventi differenti sistemi d'informazione, si è rivelato un compito più difficile di quanto previsto. Il mondo dei sistemi informatici è spesso soggetto a brevi orizzonti temporali soprattutto in ambito commerciale. Ciò significa che i requisiti posti ai sistemi d’informazione cambiano rapidamente, per questo motivo i lavori sulla costruzione di corrispondenti moduli di traduzione ontologica non sono stati in grado di tenere il passo. Tuttavia, il lavoro ontologico nel mondo dei sistemi informatici continua a prosperare, e la ragione risiede nel fatto che la sua attenzione alla classificazione (sull'analisi dei tipi di oggetti) e sulle tassonomie ammissibili si è rivelato utile in modi non previsti dai suoi progenitori. Il tentativo di sviluppare standard terminologici, ovvero la fornitura dei significati dei termini utilizzati in determinati domini applicativi, non perde nulla della sua urgenza anche quando è noto in anticipo che l'obiettivo più ambizioso di un'ontologia universale comune è improbabile che si realizzi. Ad esempio, finora non è stato possibile sviluppare un algoritmo per la conversione automatica delle dichiarazioni di reddito e dei bilanci, poiché molto dipende dalla giurisprudenza e dall'interpretazione soggettiva dei contabili (due elementi altamente volatili). Nemmeno questo problema relativamente semplice è stato risolto in modo soddisfacente, sebbene questo sia il tipo di argomento in cui l'ontologia potrebbe contribuire a qualcosa di grande impatto commerciale.

Il progetto di Ontek

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Doug Lenat

Forse il tentativo più impressionante di sviluppare un'ontologia informatica - almeno in termini di dimensioni - è il progetto CYC, nato da uno sforzo iniziato da Doug Lenat nei primi anni '80, che per formalizzare la conoscenza del senso comune, aveva ideato un enorme database di assiomi riguardanti tutte le cose. L'ontologia risultante venne criticata per quella che sembra essere la sua mancanza di principio nei modi in cui nuovi termini e teorie vengono ad aggiungersi all'edificio di questo database. Il CYC assunse la forma di una gerarchia aggrovigliata, con un nodo più in alto etichettato "THING", al di sotto del quale erano presenti una serie di partizioni totali trasversali. Più importante è il lavoro della ditta Ontek - abbreviazione di ontological technology - che dal 1981 sviluppa la programmazione di database e tecnologie di rappresentazione della conoscenza, necessarie per creare sistemi di automazione decisionale (detti white collar robots) impiegati in larga scala da imprese industriali in settori come quello aerospaziale e della difesa. Rendendosi conto che l'ontologia necessaria per costruire tali sistemi aveva bisogno di abbracciare l'intera gamma di entità comprese da queste imprese in un unico framework unificato, Ontek decise di sfruttare sistematicamente le risorse dell'ontologia nel tradizionale senso filosofico.[1].

Un team di filosofi (tra cui David W. Smith e Peter Simons) collaborò con gli ingegneri del software nella costruzione del sistema PACIS (piattaforma per la costruzione automatizzata di sistemi intelligenti), progettato per implementare una teoria completa delle entità, che va dal concreto (gli aerei, le loro strutture e i processi coinvolti nella loro progettazione e sviluppo), all’astratto (i processi e le organizzazioni aziendali, le strutture e le strategie coinvolte nella loro creazione), fino alle strutture formali estremamente astratte che portano ad unificare tutte queste diverse componenti. Ontek ha quindi realizzato in larga misura il progetto abbozzato da Hayes, nel suo Naïve Physics Manifesto, di costruire una teoria formale della realtà fisica di senso comune (nel caso di Ontek include non solo la fabbricazione dell'aeroplano ma anche le procedure di pianificazione e contabilità associate). Come ha insistito Hayes, se si vogliono ottenere progressi a lungo termine per ciò che concerne l'intelligenza artificiale, è necessario mettere da parte la ricerca classica sull'IA e concentrarsi invece sul formalizzare le caratteristiche ontologiche del mondo stesso. I più importanti ontologisti dei sistemi d’informazione degli ultimi anni, tuttavia, hanno adottato una visione dell'ontologia come disciplina diretta dall'interno (una lettura epistemologica dell’ontologia analoga a quella di Carnap e Putnam). Sostenendo che l'ontologia non si occupa della realtà, ma piuttosto di "possibili mondi alternativi", mondi definiti dai sistemi d’informazione stessi. Ciò significa non solo che esistono esclusivamente entità che sono rappresentate nel sistema, ma anche che queste sono autorizzate a possedere solo le proprietà riconosciute da quel sistema. Gli oggetti rappresentati nel sistema quindi (ad esempio le persone in un database), non sono oggetti reali ma surrogati denaturati, che possiedono solo un numero finito di proprietà (sesso, data di nascita ecc.). Le ontologie dei sistemi d’informazione sono non orientate sul mondo degli oggetti. Piuttosto, si focalizzano sui nostri concetti, linguaggi e modelli mentali. In virtù di ciò, dobbiamo interpretare passaggi come il seguente: "un'ontologia è una descrizione (come una specifica formale di un programma) dei concetti e delle relazioni che possono esistere per un agente o una comunità di agenti. L'ontologia è un insieme di definizioni generali di concetti; il senso della parola è quindi differente dal suo uso in filosofia".

Concettualizzazioni

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L'uso della parola “ontologia” con significato di “modello concettuale” è ormai saldamente radicato in molti ambienti del sistema informativo. A Gruber viene attribuito il merito di aver cristallizzato il nuovo senso del termine mettendolo in relazione con la definizione tecnica di “concettualizzazione”. Gruber definisce l'ontologia come “la specificazione di una concettualizzazione” e la “concettualizzazione” come una visione astratta e semplificata del mondo che desideriamo rappresentare. Ogni base di conoscenza, sistema basato sulla conoscenza o agente a livello di conoscenza, secondo Gruber, è impegnato in qualche concettualizzazione, esplicitamente o implicitamente. Ogni modo che impegniamo nel mondo giorno per giorno implica, possiamo dire, una certa concettualizzazione. Ciò significa che coinvolge un sistema di concetti in base al quale il corrispondente universo del discorso è diviso in oggetti, processi e relazioni in diversi modi (ad esempio in un contesto religioso potremmo usare concetti come salvezza e purificazione, in un contesto narrativo invece concetti come leprecauno e drago). Tali concettualizzazioni sono spesso tacite, cioè non tematizzate in alcun modo sistematico. Ci avviciniamo molto all'utilizzo del termine "ontologia" nel senso di Gruber, se definiamo questa come la specificazione di una concettualizzazione nel senso intuitivo descritto in precedenza. L'ontologia non si occupa del realismo ontologico, cioè non vuole accertarsi se le sue concettualizzazioni siano vere in qualche realtà indipendente esistente. Piuttosto, partendo dalle concettualizzazioni, arriva alla descrizione dei domini corrispondenti agli oggetti (chiamati anche “concetti” o “classi”), quest'ultimi vengono concepiti come nodi o elementi di modelli di dati aventi scopi pratici specifici. L'abbandono della verità della realtà indipendente è quindi di scarsa importanza. L’ontologista è chiamato semplicemente a raggiungere un certo grado di adeguatezza rispetto alle condizioni stabilite dal cliente, anche quando le spiegazioni di quest’ultimo risultino insufficienti, ad esempio per coerenza logica. La verità (o la mancanza di verità) può essere un problema anche nei domini non amministrativi poiché le cattive concettualizzazioni abbondano. Concettualizzazioni come queste possono riguardare solo i domini creati (pseudo-domini), e non con una realtà trascendentale. Chiedono un approccio del tutto diverso da quello richiesto in aree come quelle delle scienze naturali, il cui limite è l'impegno per raggiungere la verità della realtà indipendente. Questa differenza è stata osservata da coloro che lavorano sull'ontologia dei sistemi di informazione. Il progetto di sviluppare un'ontologia di primo livello, quindi, inizia a somigliare piuttosto al tentativo di trovare un massimo comune denominatore che sia condiviso da una pluralità di teorie vere e false. I tentativi di costruire una tale ontologia però, falliscono quando si basano su una metodologia che tratta tutti i domini applicativi su un piano di parità. Dunque, dobbiamo trovare il modo per rendere giustizia al fatto che le diverse concettualizzazioni che servono come input per l'ontologia sono probabilmente non solo di qualità diversa, ma anche reciprocamente incoerenti.

Cosa possono imparare gli scienziati dell'informazione dai filosofi ontologisti?

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Come abbiamo visto, alcuni ingegneri ontologisti hanno riconosciuto di poter migliorare i propri modelli attingendo dal lavoro filosofico svolto in ontologia negli ultimi 2000 anni. Ciò non significa in ogni caso che sono pronti ad abbandonare la loro prospettiva pragmatica, ma considerano utile impiegare un repertorio più ampio di teorie e, come i filosofi stessi, sono disposti a essere massimamente opportunisti nella loro selezione di risorse per scopi di costruzione ontologica. Proprio per questo, sembra che gli ontologisti dell'informazione possano avere validi motivi per considerare ancora più seriamente la preoccupazione del filosofo ontologista per la verità. Infatti, l’abbandono delle mere concettualizzazioni e degli oggetti surrogati generati dalla concettualizzazione può avere conseguenze pragmatiche positive. Dove l'ontologia è diretta in questo modo, cioè verso il mondo reale degli oggetti in cui viviamo tutti, la probabilità di incoerenza ed errori sistematici nelle teorie che risultano si riduce; al contrario, aumenta la probabilità di costruire un unico sistema ontologico non banale. Tuttavia, il progetto ontologico così concepito, richiederà molto più tempo per essere completato e dovrà affrontare notevoli difficoltà interne lungo il percorso. L'ontologia tradizionale è un affare difficile, pur avendo il potenziale per raccogliere considerevoli ricompense, in termini di una maggiore stabilità e coerenza concettuale dei software costruiti sulla base di questa. In più, dobbiamo consentire al mondo reale di svolgere un ruolo significativo nell'assicurare l'unificazione delle distinte ontologie, perché accettare una metodologia basata sulla concettualizzazione di ontologie adeguate significa abbandonare l'atteggiamento di tolleranza verso concettualizzazioni buone e cattive, giacché proprio questa tolleranza indebolisce il progetto dell’ontologia. Ovviamente azzerare le buone concettualizzazioni non è facile. Bisogna procedere in modo attento e critico, sperando di avvicinarci gradualmente alla verità attraverso un processo di costruzione teorica e di prova.

Cosa possono imparare i filosofi dagli ontologisti dei sistemi informativi?

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Gli sviluppi nelle logiche modali, temporali e dinamiche, come anche nelle logiche lineari, substrutturali e paraconsistenti, hanno dimostrato fino a che punto i progressi nell'informatica possono apportare benefici in logica, benefici non solo di natura strettamente tecnica, ma a volte anche di più ampia portata filosofica. Questi sviluppi possono aiutare le tendenze esistenti in ontologia filosofica (oggi raggruppate spesso sotto la voce “metafisica analitica”) verso l'apertura di nuovi domini d’indagine. In secondo luogo, può gettare nuova luce sui molti contributi dati all'ontologia da Aristotele ed altri, per lungo tempo trascurati da filosofi come Kant ed altri nemici della metafisica. In terzo luogo, se l'ontologia filosofica può essere concepita come una specie di “chimica generalizzata”, allora i sistemi d’informazione possono aiutare a colmare una lacuna importante nell'ontologia praticata finora, che risiede nell'assenza di qualsiasi analogo della sperimentazione chimica. I nuovi strumenti dell'ingegneria ontologica potrebbero aiutarci a realizzare operazioni sugli schemi che prenderanno il posto degli esperimenti su cose reali che si eseguono nella ricerca chimica e fisica. Infine, le lezioni tratte dall'ontologia dei sistemi informatici possono supportare gli sforzi di quei filosofi che si preoccupano non solo dello sviluppo di teorie ontologiche, ma anche dell'applicazione di tali teorie in settori come la legge, il commercio o la medicina (“ontologia applicata”). Gli strumenti di ontologia filosofica sono stati applicati per risolvere problemi pratici, ad esempio riguardo alla natura della proprietà intellettuale o alla classificazione del feto umano nelle diverse fasi del suo sviluppo. La collaborazione con gli ontologisti dei sistemi d’informazione può supportare tali iniziative in vari modi, innanzitutto perché i risultati raggiunti in domini applicativi specifici possono fornire stimoli ai filosofi, ma anche perché l'ontologia dei sistemi d’informazione è di per sé un enorme nuovo campo di applicazione pratica, che dev’essere esplorato con i metodi di una rigorosa filosofia.

L’ontologia filosofica

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L’ontologia, come ramo della filosofia, è la scienza di ciò che è, dei tipi e delle strutture di oggetti, proprietà, eventi, processi e relazioni di ogni area della realtà. "Ontologia" è spesso usata dai filosofi come sinonimo di "metafisica", un termine usato dai primi studenti di Aristotele per riferirsi a quello che quest'ultimo chiamava "prima filosofia". A volte "ontologia" viene usata in un senso più ampio, per fare riferimento allo studio di ciò che potrebbe esistere. Il termine "ontologia" fu coniato nel 1613 da due filosofi, Rudolf Göckel, nel suo Lexicon Philosophicum, e Jacob Lorhard, nel suo Theatrum philosophicum. L'ontologia cerca di fornire una classificazione definitiva ed esaustiva delle entità in tutte le sfere dell'essere. Diverse scuole di filosofia offrono approcci diversi alla fornitura di tali classificazioni. Una grande divisione è quella tra sostanzialisti e flussisti, cioè tra coloro che concepiscono l'ontologia come una disciplina basata sulle sostanze o sulle cose e coloro che favoriscono un'ontologia centrata su eventi o processi. Un'altra grande divisione è tra opportunisti e riduzionisti. Gli opportunisti cercano una tassonomia delle entità nella realtà a tutti i livelli di aggregazione, dal livello microfisico a quello cosmologico. I riduzionisti vedono la realtà in termini di un certo livello privilegiato di esistenze e cercano di stabilire "l'ultimo mobile dell'universo", scomponendo la realtà nei suoi elementi più semplici. È il lavoro degli ontologi filosofici opportunisti come Aristotele, Ingarden e Chisholm che sarà di primaria importanza per noi qui. Le loro tassonomie sono per molti aspetti paragonabili a quelle prodotte da scienze come la biologia o la chimica, sebbene siano ovviamente più generali di queste. L'ontologia, per l’opportunista, è un'impresa descrittiva. Si distingue, così, dalle scienze speciali non solo nella sua radicale generalità, ma anche nel suo obiettivo: cerca non la previsione e la spiegazione, ma piuttosto la tassonomia e la descrizione.

I metodi dell’ontologia

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I metodi dell’ontologia sono i metodi della filosofia in generale. Includono lo sviluppo di teorie più ampie, il test e il perfezionamento di tali teorie misurandole sia con contro-esempi difficili che contro i risultati della scienza. Nel corso del ventesimo secolo una serie di nuovi strumenti formali si sono resi disponibili agli ontologi per lo sviluppo e il test delle loro teorie e permettono anche di esprimere idee e definizioni intuitive in modo chiaro e rigoroso.

L’impegno ontologico

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Per creare rappresentazioni efficaci è un vantaggio conoscere qualcosa sulle cose e sui processi che si sta tentando di rappresentare. Per questo i filosofi hanno spaziato dalla preparazione di commenti su testi antichi a riflessioni sui nostri usi linguistici quando si parla di entità in domini di diverso tipo. Sempre più spesso si sono rivolti alla scienza, abbracciando il presupposto che un modo affidabile per scoprire di più sulle cose e sui processi all'interno di un dato dominio è vedere cosa dicono gli scienziati. Con il lavoro di Quine sorse una nuova concezione del metodo appropriato di ontologia secondo cui il compito dell'ontologo è quello di studiare il mondo tracciando conclusioni a partire dalle teorie delle scienze naturali. L'ontologia è quindi una rete di affermazioni, derivate dalle scienze naturali, su ciò che esiste. Ogni scienza naturale incarna solo un'ontologia parziale. Quine fissa il linguaggio della logica del primo ordine come mezzo di rappresentazione canonica perché ritiene che questa sia l'unica forma di linguaggio veramente chiara. Solo le variabili vincolate di una teoria portano il suo impegno definitivo all'esistenza. Il suo cosiddetto "criterio di impegno ontologico" viene catturato nello slogan: "Essere è essere il valore di una variabile vincolata". Ciò non dovrebbe essere inteso nel senso di una concezione riduzionistica dell'esistenza, considerata ora come una mera questione logico-linguistica, piuttosto deve essere interpretato in termini pratici: per determinare quali sono gli impegni ontologici di una teoria scientifica, è necessario determinare i valori delle variabili quantificate utilizzate nella sua formalizzazione canonica. L'approccio di Quine è quindi concepito più propriamente non come una riduzione dell'ontologia allo studio del linguaggio scientifico, ma piuttosto come una continuazione dell'ontologia nel senso tradizionale.

Metafisica Interna contro Metafisica Esterna

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Quine è un filosofo realista, egli crede nell’esistenza di un mondo al di là del linguaggio e delle credenze. Vi è, tuttavia, un'altra tendenza nella filosofia analitica del ventesimo secolo, una tendenza spesso associata a Quine, ma molto più ispirata a Kant e promulgata da pensatori come Carnap e Putnam. Secondo questi pensatori, l’ontologia è la scienza di primo livello della realtà, ma questo tipologia, chiamata anche "metafisica esterna”, è impossibile. Il meglio che possiamo ottenere, essi sostengono, è la metafisica interna, che comprende lo studio degli impegni ontologici di teorie o sistemi di credenze specifici. La metafisica descrittiva di Strawson è un esempio di tale metafisica interna. L'ontologia nel senso filosofico tradizionale viene sostituita dallo studio di come una determinata lingua o scienza concettualizza un determinato dominio. I praticanti della metafisica interna cercano di ricavare principi da soggetti o teorie. I principi suscitati possono o non possono essere veri, ma questo, per il professionista della metafisica interna, non è di alcun interesse, dal momento che il significato di questi principi sta altrove. In uno sviluppo che è stato a stento notato dai filosofi, è stata avanzata una concezione del lavoro dell'ontologo vicino a quella di Carnap e Putnam anche in alcune discipline extrafilosofiche, come linguisti, psicologi e antropologi. Così, hanno cercato di stabilire l'ontologia soggiacente a teorie del senso comune o popolari di vario genere usando i metodi empirici standard delle scienze cognitive.

Ontologia e Scienza dell’Informazione

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Il termine "ontologia" ha guadagnato importanza negli ultimi anni nel campo dell'informatica e dell'informazione. Il grande compito della nuova "ontologia" deriva da quello che potremmo chiamare il problema della Torre di Babele. Database diversi possono usare etichette identiche ma con significati diversi. Moltissimi gruppi diversi sono coinvolti nella condivisione e nella traduzione di varietà di informazioni, ma il problema principale sta nel mettere insieme queste informazioni all'interno di un singolo sistema. Occorre trovare metodi per risolvere le incompatibilità terminologiche e concettuali che poi inevitabilmente si presentano. Inizialmente, tali incompatibilità sono state risolte caso per caso. Gradualmente, tuttavia, è stato riconosciuto che la fornitura, una volta per tutte, di una ontologia di riferimento comune, una tassonomia condivisa delle entità, potrebbe fornire vantaggi significativi rispetto a tale risoluzione caso per caso. Il termine "ontologia" ora viene usato dagli scienziati dell'informazione per descrivere la costruzione di una descrizione canonica di questo tipo. Più ambiziosamente, un'ontologia è una teoria formale all'interno della quale sono incluse non solo definizioni ma anche una struttura di assiomi di supporto. I metodi utilizzati nella costruzione di ontologie così concepite derivano da un lato da precedenti iniziative nei sistemi di gestione di database, ma includono anche metodi simili a quelli impiegati in filosofia, compresi i metodi usati dai logici nello sviluppo di teorie semantiche formali.

Ontologie di livello superiore

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I potenziali vantaggi dell'ontologia così concepita ai fini della gestione delle informazioni sono evidenti. Ogni gruppo di analisti di dati avrebbe bisogno di eseguire il compito di rendere i suoi termini e concetti compatibili con quelli di altri gruppi di questo tipo solo una volta, calibrando i risultati nei termini del singolo linguaggio canonico posteriore. Se tutti i database fossero calibrati in termini di una sola ontologia comune, allora si presenterebbe la prospettiva di creare, in modo più o meno automatico, un'unica base di conoscenza integrata di una scala finora inimmaginabile, realizzando così un antico sogno filosofico di una Grande Enciclopedia che comprende tutte le conoscenze all'interno di un unico sistema. Gli ostacoli che rendono difficile la costruzione di un'unica ontologia condivisa nel senso descritto sono purtroppo prodigiosi. Basta considerare il compito di stabilire una ontologia comune della storia del mondo perché ciò richiederebbe un quadro neutro e comune per tutte le descrizioni di fatti storici, che richiederebbero a loro volta che tutti i sistemi, i diritti, le credenze, i poteri e così via, legali e politici, siano compresi in un unico elenco di categorie. A ciò si aggiungono le difficoltà che si presentano al momento dell'adozione. Per essere ampiamente accettata, l'ontologia deve essere neutrale rispetto alle diverse comunità di dati. Esiste un formidabile compromesso tra questo vincolo di neutralità e l'esigenza che un'ontologia sia al massimo ampia ed espressiva, cioè quello che dovrebbe contenere definizioni canoniche per il maggior numero possibile di termini. Una soluzione a questo problema è l'idea di un'ontologia di primo livello, che dovrebbe limitarsi alle categorie altamente generali come: tempo, spazio, inerenza, istanziazione, identità, misura, quantità, dipendenza funzionale, processo, evento, attributo, limite e così via. L'ontologia di primo livello sarebbe quindi progettata per fungere da dorsale neutrale, che sarà completata dal lavoro di ontologi che lavorano in domini più specializzati.


  1. Barry Smith, Ontology, in The Blackwell Guide to the Philosophy of Computing and Information, ed. L. Floridi, Blackwell Publishing Ltd 2008, (pp. 155-166), pp. 160-161.