Geometrie non euclidee/La geometria iperbolica di Lobacevskij
Nel 1829 il matematico russo Nicolaj Ivanovic Lobacevskij scrive nell’introduzione alla sua opera Nuovi principi della geometria:
- « I vani sforzi compiuti dai tempi di Euclide, per il corso di duemila anni, mi spinsero a sospettare che nei concetti stessi della geometria non si racchiuda ancora quella verità che si voleva dimostrare, e che può essere controllata, in modo simile alle altre leggi della fisica, soltanto da esperienze, quali, ad esempio, le osservazioni astronomiche. »
Egli concepisce l'idea che lo spazio fisico reale possa avere alcune caratteristiche diverse da quello euclideo e, in seguito a ciò, ritiene che la geometria debba essere fondata non più su enti ideali (punto, retta, piano), bensì su oggetti geometrici più tangibili e più vicini alla nostra esperienza sensoriale, per esempio i corpi solidi. Questa fisicità porta a considerare vere solo le affermazioni che possono essere verificate sperimentalmente.
In questa ottica Lobacevskij nega nel V postulato l'unicità della retta parallela ad una retta data, con le seguenti considerazioni:
Preso un foglio su cui disegnare, dalle dimensioni qualsiasi, se r è una retta e P un punto esterno ad essa, si conduca per P la perpendicolare PH alla retta r e, sempre per P, una retta a che forma con PH un angolo che differisce da un angolo retto per "pochissimo". La retta a non incontrerà la retta r sul foglio di lavoro e potrebbe non incontrarla ad una distanza "ragionevolmente vicina"; potrebbe incontrarla invece ad una distanza al di fuori della nostra percezione, o, proprio per questo, non incontrarla affatto.
Se accettiamo questa ipotesi, per P passano delle rette (secanti) che incontrano la retta r e delle rette (non secanti) che non la incontrano; le rette a e a' che separano in ciascun semipiano le rette secanti dalle non secanti vengono chiamate rette per il punto P e parallele alla retta r. Lobacevskij allora ritiene validi i primi quattro postulati di Euclide e sostituisce il quinto con il seguente:
- « Per un punto passano due rette parallele ad una retta data. »
L'accettazione dell'assioma delle due parallele comporta notevoli conseguenze, fra le quali:
- nessun quadrilatero è un rettangolo
- non esistono triangoli simili, ad eccezione di quando essi sono anche congruenti
- per un triangolo qualsiasi, la somma degli angoli interni di un triangolo è sempre minore di un angolo piatto.