Storia dei papi del Novecento/Benedetto XV
Eletto a ridosso dello scoppio della prima guerra mondiale, Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa; Genova, 21 novembre 1854 – Roma, 22 gennaio 1922) passò alla storia per il suo impegno in favore della pacificazione.
Le origini
[modifica | modifica sorgente]Giacomo Della Chiesa nacque nel piccolo comune di Pegli, che in seguito sarebbe divenuto un quartiere di Genova, da genitori nobili, Giuseppe Della Chiesa e Giovanna dei marchesi Migliorati. La famiglia della madre, originaria di Napoli, annoverava tra i parenti illustri anche papa Innocenzo VII.
La prima fase della sua istruzione si conclude nel 1875, con l'ottenimento della laurea in giurisprudenza, facoltà voluta dal padre, che non acconsentì prima della laurea al cursus honorum nelle sfere ecclesiastiche del figlio. Ottenuta quindi la laurea, Della Chiesa poté avviarsi agli studi religiosi nei più prestigiosi atenei cattolici e conseguì una seconda laurea, in teologia.
Entrato nella Nunziatura Apostolica insieme al cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, alla morte di questi venne "allontanato" verso l'arcivescovado di Bologna da Pio X, il quale non aveva dimenticato la lotta per l'elezione a pontefice "combattuta" nel 1903 proprio contro Rampolla. Sebbene a quel tempo l'essere arcivescovo di Bologna era una carica riservata ai cardinali, il futuro pontefice poté indossare la berretta cardinalizia solo nel 1914, a meno di tre mesi dal conclave che lo avrebbe eletto papa.[1]
L'elezione
[modifica | modifica sorgente]Il 3 settembre 1914 Giacomo Della Chiesa successe a Pio X. La scelta del nome fu un omaggio a Benedetto XIV, che proprio come lui fu metropolita presso la diocesi di Bologna.
Benedetto XV fu eletto papa poche settimane dopo l'inizio della prima guerra mondiale. Probabilmente la situazione bellica favorì la sua elezione, essendo un uomo che aveva lavorato alla diplomazia con valenti segretari di Stato, quali Rampolla e Merry del Val; restò un evento eccezionale nella Chiesa l'elezione a papa di un cardinale nominato da soli tre mesi. Consapevole della gravità del momento, decise che l'incoronazione si tenesse non nella basilica di San Pietro ma, più modestamente, nella Cappella Sistina.[2]
La prima guerra mondiale
[modifica | modifica sorgente]Durante la prima guerra mondiale elaborò diverse proposte di pace e la sua prima enciclica, Ad Beatissimi Apostolorum, del 1º novembre 1914, nella quale si appella ai governanti delle nazioni per far tacere le armi e lo spargimento di sangue. Con l'entrata in guerra anche del regno d'Italia il 24 maggio 1915, la Santa Sede, chiusa e prigioniera in Vaticano, rimase ulteriormente isolata con la dipartita degli ambasciatori degli stati opposti; Benedetto XV non poté far altro che constatare amaramente l'ulteriore allargamento del conflitto e l'incremento dei morti e delle distruzioni. Durante tutto il conflitto non smise di inviare proclami per la pace e per la diplomazia, oltre ad aiuti concreti alle popolazioni civili colpite dalla guerra. È comunemente ricordato per aver definito, nella Nota del 1º agosto 1917, la guerra come «inutile strage»; e va attribuita a lui anche l'espressione, sempre al riguardo dello stesso argomento, della guerra come «suicidio dell'Europa civile».
Nonostante la posizione di condanna della guerra assunta dal pontefice, l'adesione di fatto a essa da parte dei cattolici e del clero era stata, nei vari paesi, pressoché totale. In Francia si era realizzata un'union sacrée contro i tedeschi con la piena partecipazione dei cattolici e del clero allo sforzo bellico. In Germania i cattolici si attendevano, dal loro consenso entusiastico alla guerra, la definitiva consacrazione del proprio ruolo nazionale. Anche in Italia la grande maggioranza dei cattolici organizzati e la grande maggioranza dei vescovi, pur con diverse distinzioni e sfumature, aveva finito per aderire senza riserve alla guerra.[3] Nell'agosto del 1917, in seguito alla pubblicazione della Nota di pace di Benedetto XV, il padre domenicano Antonin-Dalmace Sertillanges, un predicatore della chiesa della Madeleine a Parigi, esclamò: «Santo Padre, noi non vogliamo la vostra pace».[4]
Al termine del conflitto il papa si adoperò per riorganizzare la Chiesa nel nuovo contesto mondiale. Riallacciò le relazioni diplomatiche con la Francia e con le altre nazioni. Nel 1920 scrisse la prima enciclica sulla pace, Pacem Dei munus. In essa denuncia la fragilità di una pace che non si fondi sulla riconciliazione:
Nessuna pace ha valore
Secondo il papa, per realizzare la riconciliazione c'è bisogno della fede:
Durante il suo pontificato, nell'Impero ottomano si verificarono tragici massacri di cittadini cristiani e Benedetto XV cercò di sostenere in tutti i modi questi perseguitati, con la parola, con l'azione caritatevole e con quella diplomatica. Cercò in particolare di evitare, anche mediante il segretario di Stato, cardinale Pietro Gasparri, il massacro degli Genocidio armeno|armeni in Turchia nel 1915. Questo non impedì che a Costantinopoli nel 1919, gli fosse eretta dai Turchi, sebbene fosse ancora vivente, una statua di sette metri con la scritta «Al grande Pontefice della tragedia mondiale, Benedetto XV, benefattore dei popoli, senza distinzione di nazionalità o religione, in segno di riconoscenza, l'Oriente».[5]
Le missioni
[modifica | modifica sorgente]Benedetto XV è all'origine della rifondazione dell'attività missionaria della Chiesa dell'inizio del Novecento. La lettera apostolica Maximum illud del 1919 favorì un nuovo impulso alle missioni, con un preciso orientamento al distacco dagli interessi politici delle potenze e di concentrazione sulla comunicazione del Vangelo.
Si ricollega a questa visione il tentativo di aprire una nunziatura apostolica a Pechino, al di là della politica delle potenze europee, che rappresentava un forte impedimento all'evangelizzazione. Il Papa riesce a stabilire una delegazione in Cina, che è all'inizio del rinnovamento del cattolicesimo di quel paese.
Nella stessa linea si impegnò per l'Oriente cattolico, e fondò nel 1917 la Congregazione per le Chiese orientali. Benedetto XV si mosse con grande rispetto per i popoli a cui la Chiesa si rivolgeva. Per lui il missionario non è portatore di interessi di parte, ma del Vangelo:
La Maximum illud si conclude con la prospettiva della rinascita di una stagione missionaria:
Sia Benedetto XV sia il Segretario di Stato Pietro Gasparri si spesero per evitare in ogni modo le uccisioni dei cristiani d'Oriente, ma le parole dei due non servirono a evitare il grande eccidio degli armeni da parte della Turchia nel lontano 1915.
Altri campi d'azione
[modifica | modifica sorgente]Nel 1917 promulgò la prima edizione del Codice di diritto canonico, che rimarrà in vigore fino alla riforma del 1983.
Nell'ambito della politica italiana, non soltanto abolì il non expedit, ma incoraggiò la formazione di un partito con base cristiana: il Partito Popolare Italiano.
Nel campo religioso curò lo sviluppo degli studi ecclesiastici, e in tal senso decretò l'istituzione della Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano, e favorì il riavvicinamento delle chiese orientali.
Nel 1920 proclamò santa Giovanna d'Arco; il 28 luglio dello stesso anno scelse Sant'Antonio da Padova quale patrono della Custodia di Terra Santa; durante il suo pontificato si sbloccò la causa di beatificazione del Roberto Bellarmino.
In continuità con il predecessore, il pontefice condannò fermamente gli "errori" e lo "spirito" del modernismo nella sua prima enciclica Ad Beatissimi Apostolorum del 1914 e nominando il più stretto collaboratore del suo predecessore, il Cardinale Merry del Val al Sant'Uffizio. Il Sodalitium Pianum fu riorganizzato e posto sotto la protezione del cardinale Gaetano De Lai nell'agosto 1915, e formalmente sciolto nel 1922.[6]
Il pontefice si dimostrò avverso nei confronti dei sionisti e dei loro progetti riguardo alla Palestina. Allo stesso modo di Pio X, si oppose ai piani relativi al controllo ebraico della Terra Santa, affermando in un'allocuzione del 1921 che si era rallegrato «quando i cristiani, con l'aiuto delle truppe alleate ritornavano in possesso dei luoghi santi», e temeva che «gli israeliti potessero trovarsi in una posizione di preponderanza e di privilegio in Palestina». Secondo il papa «La posizione dei cristiani in Palestina non solo non è migliorata, ma è stata anzi peggiorata dai nuovi ordinamenti civili, i quali mirano a scacciare la cristianità delle posizioni finora occupate per sostituirvi gli ebrei».[7]
Gli ultimi anni e la morte
[modifica | modifica sorgente]Apparentemente dotato di ottima salute (si vantava di aver speso solo 2,5 lire in medicine in tutta la sua vita), morì a causa di una broncopolmonite il 22 gennaio 1922. Il pontefice si ammalò dopo che il suo autista arrivò in ritardo a prenderlo con l'auto nei giardini vaticani, lasciandolo sotto la pioggia gelida dei primi giorni di gennaio troppo a lungo; gli succedette papa Pio XI.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ G. Zizola, I papi del XX secolo, Roma 1995, p. 25.
- ↑ G. Zizola, I papi del XX secolo, Roma 1995, p. 24.
- ↑ G. Verucci, La Chiesa nella società contemporanea, Roma-Bari 1999, pp. 3-4.
- ↑ John F. Pollard, Il Papa sconosciuto Benedetto XV (1914-1922) e la ricerca della pace, Cinisello Balsamo 2001.
- ↑ Alla spesa contribuì personalmente pure il Sultano con 500 lire. Fonte: Bollettino Ecclesiastico della Diocesi di Ceneda 1920, pp. 54-55.
- ↑ J. Hennesey, La lotta per la purezza dottrinale di una Chiesa arroccata, in: G. Alberigo, A. Riccardi, Chiesa e papato nel mondo contemporaneo, Roma-Bari 1990
- ↑ J. Hennesey, La lotta per la purezza dottrinale di una Chiesa arroccata, in: G. Alberigo, A. Riccardi, Chiesa e papato nel mondo contemporaneo, Roma-Bari 1990.