Crittografia/Storia della crittografia
La più nota forma di cifratura conosciuta è il codice di Cesare, che consiste in un sistema a trasposizione di caratteri dell'alfabeto di un numero fisso di caratteri; la traslazione standard era di tre caratteri.
Dal punto di vista degli utenti del sistema si pensa che oltre a Cesare, lo stesso Cicerone usasse questo sistema di codice: nel De Bello Gallico infatti si parla di un messaggio in codice inviato a Cicerone, accerchiato dai Galli, ed inciso da Cesare sulla punta di una freccia lanciata nell'interno dell'accampamento romano. Tuttavia, questo Cicerone non dovrebbe essere il famoso oratore Marco Cicerone, avversario politico di Cesare, ma suo fratello Quinto, uno dei generali di Giulio Cesare.
Si suppone però che anche Marco Cicerone avrebbe potuto conoscere il codice: infatti lo stesso Marco Cicerone dirà poi in una sua lettera: "tra i corrieri postali pochi sanno trasportare una lettera carica di segreti senza cedere alla curiosità di leggerla". Questa affermazione fa presupporre la sua conoscenza di metodi di scrittura segreti e quindi implicitamente la conoscenza del codice di Cesare.
Forse anche Attico, il grande amico di Cicerone era al corrente della esistenza del codice. In una lettera, infatti, Cicerone dice all'amico: "si obscure scribam, tu tamen intelliges... cetera erunt en ainigmois".
Altri utenti del codice si suppone potessero essere i due segretari di Marco Tullio Cicerone e Giulio Cesare, i nomi dei quali potrebbero essere Tirone e Balbo.