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Filosofia dell'informazione/Vita artificiale

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Indice del libro

La vita artificiale

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La vita artificiale è un tentativo globale e interdisciplinare che studia la vita e i processi simili ad essa tramite la simulazione e la sintetizzazione. Essa ha come obiettivi la modellazione e anche la creazione della vita e dei sistemi simili alla vita, nonché l’elaborazione di applicazioni concrete che utilizzano convinzioni e metodi presi dai sistemi viventi. La vita artificiale da un lato chiarisce i tradizionali interrogativi filosofici, dall’altro ne solleva di nuovi. Dal momento che sia la vita artificiale che la filosofia esplorano la natura di alcuni aspetti fondamentali della realtà, come la vita e l’adattamento, la vita artificiale offre alla filosofia una prospettiva nuova su questi fenomeni. Molti considerano l’evoluzione una comune caratteristica della vita degli esseri viventi.

Le radici della vita artificiale

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L’espressione “vita artificiale” è stata coniata dall’informatico Christopher Langton verso la fine degli anni ottanta, quando ha tenuto la prima “Conferenza Internazionale sulla Sintesi e Simulazione dei Sistemi Viventi” (1987), la prima conferenza che riconosceva esplicitamente questo tema. La vita artificiale ha vaste radici intellettuali, e condivide molti dei suoi principi fondamentali con altre, più antiche discipline come l’informatica, la cibernetica, la biologia e l’intelligenza artificiale. John von Neumann (1966) realizzò il primo modello di vita artificiale, con la sua famosa creazione di un’unità con computazione generalizzata, auto-replicante, che utilizza automi cellulari. Egli cercò di capire alcune delle fondamentali caratteristiche dei sistemi viventi, come ad esempio l’autoriproduzione e l’evoluzione di complesse strutture adattative. Il suo intento era quello di realizzare dei semplici sistemi formali che mostrassero queste caratteristiche. Questo costruttivo e astratto metodo caratterizza la vita artificiale contemporanea, e gli automi cellulari sono tuttora molto usati in questo campo. Più o meno nello stesso periodo (1948) la cibernetica applicò due nuovi strumenti allo studio dei sistemi viventi: la teoria dell’informazione e l’analisi di processi autoregolamentati (omeostasi). Una delle caratteristiche dei sistemi viventi è la loro spontanea autoregolamentazione, ossia la capacità di conservare un equilibrio interno di fronte a cambiamenti nell’ambiente esterno. Questa capacità è tuttora oggetto di indagine nella vita artificiale. La teoria dell’informazione riguarda la trasmissione di segnali indipendentemente dalla loro rappresentazione fisica, e la sua impostazione astratta è tipica della vita artificiale. Il contributo della biologia alla vita artificiale comprende un gran numero di informazioni sulle forme di vita presenti sulla Terra. La vita artificiale mira a conoscere tutte le forme di vita che potrebbero esistere da qualche parte nell’universo, quindi informazioni dettagliate riguardanti la vita sulla Terra costituiscono un buon indizio al riguardo. Anche la fisica e la matematica hanno avuto una forte influenza sulla vita artificiale. Un esempio è lo studio di automi cellulari come campioni di sistemi complessi. Infine, la vita artificiale ha anche profonde radici nell’intelligenza artificiale (AI). Infatti il loro metodo è simile dal momento che entrambe studiano fenomeni naturali mediante la costruzione di modelli computazionali.

La metodologia della vita artificiale

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La metodologia computerizzata/informatica della vita artificiale ha diversi lati positivi. Il rigore di esprimere un modello in un codice informatico attuabile richiede precisione e chiarezza. Inoltre esso garantisce che meccanismi ipotizzati siano realizzabili. I modelli informatici rendono possibile, peraltro, il livello di astrazione richiesto ai modelli generali dei fenomeni. C’è una profonda differenza tra le strategie di modellazione che l’Intelligenza artificiale (AI) e la vita artificiale (ALife) utilizzano di solito. La maggior parte dei modelli tradizionali di Intelligenza artificiale sono sistemi discendenti che comprendono un complicato controllore centralizzato che prende decisioni basandosi sull’accessibilità a tutti gli aspetti della situazione. Le decisioni del controllore hanno la capacità di influenzare direttamente ogni aspetto dell’intero sistema. I modelli di vita artificiale seguono tipicamente l’esempio della natura. I modelli stessi sono sistemi ascendenti di semplici agenti che interagiscono localmente. I modelli sono più volte ripetuti e il comportamento globale che ne deriva è rispettato. Il comportamento dell’intero sistema è rappresentato solo indirettamente. Il carattere dei modelli di vita artificiale è simile alla struttura dei modelli studiati nel movimento di connessione. Entrambi prevedono modelli ascendenti nei quali una popolazione di agenti indipendenti segue semplici norme locali. Tuttavia, ci sono almeno tre importanti differenze tra i classici modelli della vita artificiale e i modelli di connessione che hanno attirato maggiormente l’attenzione: -Innanzitutto, vita artificiale e movimento di connessione contano su diversi tipi di apprendimento degli algoritmi. -Secondariamente, l’intervento e l’interpretazione umana svolgono ruoli diversi nella vita artificiale e nel movimento di connessione. -Infine, vita artificiale e movimento di connessione solitamente perseguono diversi tipi di azioni dinamiche.

All’interno della teoria della complessità, ritroviamo le proprietà emergenti, ovvero proprietà che vengono a crearsi quando un certo numero di entità semplici operano in un ambiente, dando origine a comportamenti più complessi, in quanto collettività. La proprietà stessa non è facilmente predicibile e rappresenta un successivo livello di evoluzione del sistema. In generale, i fenomeni emergenti condividono due grandi tratti distintivi: sono costituiti e generati da fenomeni sottostanti, eppure sono autonomi rispetto a quegli stessi fenomeni. Esistono molti esempi di apparenti fenomeni emergenti, e la maggior parte coinvolge la vita o la mente.

Oggigiorno questa non è più una peculiarità prettamente legata agli esseri viventi. Le intelligenze artificiali sono, a loro volta, caratterizzate da un “processo evolutivo” e da quella che potremmo definire una “duplicità di fenomeni”, quali l'essere generati e contemporaneamente “autonomi” rispetto ai propri creatori. Eppure i due segni distintivi di tali intelligenze appaiono incoerenti: come può qualcosa essere autonomo rispetto a ciò che l’ha generato? Questo è il problema dell'emergenza.

Si possono distinguere tre tipi di emergenze:

  • proprietà emergenti
  • entità emergenti
  • fenomeni emergenti

Essere vivi, ad esempio, è una proprietà emergente, un organismo è un'entità emergente e la storia di un organismo è un fenomeno emergente.

Ci sono tre principali punti di vista riguardo a ciò che è una proprietà emergente:

  • La prima visione afferma che la “proprietà emergente” si applica solo alla "totalità", non alle sue componenti, dette “isolate”. Ad esempio, le molecole che costituiscono un bicchiere d'acqua, non hanno di per sé proprietà come la fluidità o trasparenza, anche se queste si applicano al bicchiere d’acqua (dunque alla globalità di queste). Nessuna di esse, presa singolarmente, può essere definita una molecola liquida. Lo stato liquido è, dunque, una proprietà emergente. Una proprietà che è sola dell’insieme di quelle molecole.
  • La seconda visione considera le proprietà emergenti come “proprietà sopravvenienti” con cause causali irriducibili alle potenze causali dei componenti del micro livello. La sopravvenienza spiega come i processi sottostanti costituiscano e generino i fenomeni emergenti, e come poteri di irriducibilità spieghino come divengano autonomi dai fenomeni sottostanti. Nessun meccanismo evidente spiega questi irriducibili poteri sovrannaturali, quindi devono essere considerati come fatti primitivi della natura. Inoltre, questa forma di emergenza sembra essere irrilevante dal punto di vista scientifico. La seconda visione, inoltre, differenzia le proprietà emergenti da quelle “risultanti”. Le proprietà “risultanti” sono, a differenza delle emergenti, proprietà che è possibile prevedere e spiegare in base ai loro componenti. Ad esempio: un cerchio consiste in un insieme di punti.
  • La terza visione dell' ”emergenza” è in bilico tra le prime due. Questa visione identifica le proprietà emergenti con un sottoinsieme speciale di proprietà risultanti. Tale visione attribuisce l'imprevedibilità e l’inspiegabilità dei fenomeni emergenti alle complesse conseguenze di interazioni non lineari e dipendenti dal contesto. Malgrado ciò non vi è nulla di incoerente o metafisicamente illegittimo nel generare fenomeni mediante iterazione e aggregazione.

Nonostante questa forma di progresso, la scienza non è ancora in grado di far luce su misteriosi fenomeni emergenti, come ad esempio la coscienza. Inoltre, questo tipo di fenomeni emergenti sembrano essere semplicemente epistemologici piuttosto che ontologici, poiché la conoscenza dei fenomeni sottostanti non fornisce la conoscenza dei fenomeni emergenti. Ci si può aspettare che la vita artificiale giocherà un importante ruolo nel dibattito filosofico futuro per quanto concerne l’evoluzione e nozioni ad essa correlate. Inoltre questo è e sarà senza dubbio un modo di analizzare la natura e le cause dei differenti tipi di fenomeni emergenti.

Adattazionismo

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L’adattazionismo potrebbe essere facilmente spiegato dall’esempio che segue:

“Il lungo collo della giraffa è la conseguenza di un adattamento in seguito alla sua necessità di nutrirsi delle foglie degli alberi”. Per tali motivi la selezione naturale ha favorito le giraffe dal collo più lungo rispetto a quelle dal collo più corto.

Il metodo di attività evolutiva risponde direttamente a Stephen Jay Gould e Richard Lewontin. Tale metodo fornisce un procedimento empirico per determinare quando l'evoluzione sta creando adattamenti. Gould e Lewontin portarono avanti la tesi secondo cui perseguire spiegazioni adattative dei tratti biologici era una parte legittima della scienza empirica

Accettarono che le spiegazioni adattative fossero appropriate solo in alcuni contesti, ma si disperarono nell'identificare quei contesti in modo rigoroso e facendone un principio. La biologia offrì molte alternative alle spiegazioni adattive, come le spiegazioni che fanno appello alla allometria, alla genetica, ai vincoli evolutivi. Ma Gould e Lewontin si lamentarono del fatto che quelle alternative ricevevano solo “servizi a parole”.

Il presupposto che un tratto sia un adattamento e quindi meriti una spiegazione adattiva è considerato non testabile. La sfida fondamentale per l'adattazionismo sollevata da Gould e Lewontin, quindi, era trovare un metodo empirico per testare quando è necessaria una spiegazione adattativa. Coloro che studiano modelli artificiali hanno il lusso di essere in grado di raccogliere dati virtualmente completi, ma questa mole di informazioni deve poi porsi il problema di identificare quali cambiamenti evolutivi sono adattamenti e quali no. Dawkins affermò che "le ipotesi sull'adattamento si sono dimostrate nella pratica” e ancora, “che per essere facilmente testabili andavano utilizzati i metodi ordinari della scienza". Dawkins era dell’idea che specifiche ipotesi adattive avevano conseguenze osservabili, che potevano essere verificate. Dawkins potè difendere l'appello alle spiegazioni adattative fin quando una specifica ipotesi adattativa veniva confermata ma, in assenza di questo, Dawkins dovette convocare la controversia di Gould e Lewontin.

La vita artificiale è stata utilizzata per sviluppare e illustrare una nuova “difesa” dell'adattamento. Possiamo, infatti, rilevare se un elemento (gene, genotipo, ecc.) è un adattamento osservando la misura di ciò che persiste di fronte alle pressioni selettive. Ogni qualvolta un oggetto è soggetto alla variabilità ereditaria è detto "attivo" e la selezione naturale ha l'opportunità di fornire un feedback sul suo valore adattivo, sui suoi costi e benefici. Se persiste e si diffonde attraverso una popolazione quando è ripetutamente attiva, e se mostra un'attività significativamente maggiore di quella che ci si aspetterebbe, allora abbiamo prove evidenti che l'elemento è persistente a causa del suo valore adattivo. Ciò significa che abbiamo prove positive che si tratta di un adattamento e che merita una spiegazione adattativa, anche se non abbiamo idea della sua specifica funzione. Poiché la selezione naturale non è istantanea, gli elementi disadattivi persistono per un breve periodo di tempo, prima di estinguersi. Gli adattamenti si distinguono per l'accumulo di molta più attività di quanto ci si aspetterebbe in un organismo non adattivo.

La prospettiva adattazionista sull'evoluzionione enfatizza il ruolo della selezione naturale nel creare le complesse strutture adattive che si trovano nel vivere. Anche in questo caso la vita artificiale è stata fonte di una nuova e fondamentale sfida a questa prospettiva globale.

Stuart Kauffman (1993, 1995) utilizza modelli di vita artificiale per dimostrare che molte caratteristiche del metabolismo, delle reti genetiche e delle comunità ecologiche dovrebbero essere visti non come i prodotti della selezione, ma come comportamenti spontanei e auto-organizzati di sistemi complessi. Kauffman sostiene anche che le strutture auto-organizzate spontanee, che lui chiama "ordine libero", spiegano sia l'origine della vita sia la sua capacità di evoluzione. Kauffman può spazzare via le idee sull'ordine poiché i modelli di vita che studia sono abbastanza astratti da poter essere applicati ad un'ampia varietà di contesti. Il suo studio si basa su una raccolta finita di variabili binarie (ON, OFF) con input e output collegati casualmente. La rete viene avviata assegnando casualmente gli stati a ciascuna variabile, quindi le connessioni e le funzioni nella rete determinano il successo di ciascuna variabile.

Dato che la rete è finita, alla fine raggiunge uno stato che ha precedentemente raggiunto, e da allora in poi la rete ripeterà per sempre lo stesso ciclo di stati. Kaafman ha scoperto che il numero di variabili nella rete, il numero di connessioni tra le variabili e le funzioni determinano molti fattori biologicamente cruciali nella proprietà delle reti. Queste proprietà comprendono il numero e la lunghezza degli attrattori, la sensibilità degli attrattori alla perturbazione e alla mutazione,ecc. Se le variabili sono strettamente collegate, gli attrattori della rete ne contengono così tanti che il tempo che impiega a compiere il trapasso supera la durata dell'intero universo. Inoltre, ogni perturbazione o modifica della rete provoca un grande cambiamento nel suo comportamento. La rete agisce in modo diverso quando ogni variabile prende input solo da un numero biologicamente plausibile di altre variabili e quando le variabili sono governate da funzioni biologicamente realistiche. In questo caso, la rete ha un numero esiguo di attrattori, mantiene stabilità stazionaria quando viene turbata e le modifiche hanno conseguenze limitate; in altre parole mostra "ordine gratis". Inoltre, queste reti booleache biologicamente realistiche descrivono una serie di caratteristiche empiricamente osservate dei sistemi biologici, come il numero di diversi tipi di cellule e la loro replicazione cellulare in funzione del numero di geni per cellula.

Le spiegazioni non educazioniste di Kauffman sulle origini dell'ordine sono controverse, in parte a causa dell'ampia portata della sua analisi. Ma l’idea che l'auto-organizzazione, piuttosto che la selezione naturale, possa spiegare gran parte della struttura nei sistemi viventi è plausibile.

Il problema non è se l'auto-organizzazione spieghi la struttura, ma fino a che punto. Il problema dell'adattamento è tanto acuto nella vita artificiale quanto nella biologia. La vita artificiale può dare un contributo distintivo al dibattito, poiché i processi evolutivi studiati da essa forniscono molti esempi del processo di adattamento. Inoltre, i sistemi possono essere analizzati con un tipo di rigore impossibile da ottenere nella biosfera a causa della scarsa disponibilità di dati storici o dalla loro complessità. Per ragioni analoghe, possiamo aspettarci che la vita artificiale contribuirà alla comprensione di molte altre basi fondamentali della filosofia della biologia, così come della natura delle funzioni e di quella delle specie.

Progressi evolutivi

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L'evoluzione della vita presenta una crescita notevole dal punto di vista della cronologia dei cambiamenti, basti pensare al passaggio dalla semplice vita unicellulare procariotica a eucarioti monocellulari sempre più complessi che ci hanno portati alla vita pluricellulare, quindi a creature vertebrate dotate di una articolata capacità di elaborazione sensoriale e, in definitiva, creature estremamente intelligenti che usano il linguaggio e sono capaci di sviluppare un tipo di tecnologia sempre più sofisticato. Quindi i processi evolutivi sono capaci di dar vita a creature con un sistema di adattamento sempre più complesso, ciò è comunque difficile da verificare poiché non abbiamo una grande varietà di differenti storie di vita da confrontare.

Stephen Jay Gould (1941-2002) biologo, zoologo, paleontologo, storico della scienza statunitense e studioso dell'evoluzionismo immagina che il processo di evoluzione sia come un nastro che si può riavvolgere a ritroso nel tempo permettendo così di rimodellare l'evoluzione della vita. L'evoluzione della vita è piena di contingenze, accidentalità, eventualità e facendo ripartire questo nastro dell'evoluzione le contingenze potrebbero produrre un campione altrettanto ampio di storie evolutive. C'è una notevole controversia sul risultato dell'esperimento mentale di Gould. Gould stesso suggerisce che “qualsiasi replay del nastro condurrebbe l'evoluzione lungo un percorso radicalmente diverso dalla strada effettivamente presa”. Egli conclude che la contingenza dell'evoluzione escluderà le leggi generali quali l'ipotetica scala della complessità.

Daniel Dennett (1942), filosofo e scienziato cognitivo statunitense specializzato in vari settori di ricerca quali l'intelligenza artificiale, trae esattamente la conclusione opposta. Egli sostiene che alcune caratteristiche complesse come l'elaborazione sensoriale forniscono un vantaggio adattativo distinto. Pertanto, la selezione naturale quasi inevitabilmente scoprirà caratteristiche significativamente vantaggiose accessibili da molteplici percorsi evolutivi. Esempi quali il volo e la vista illustrano questo argomento. Dennett conclude che la riproduzione del nastro della vita concepirà quasi inevitabilmente creature altamente intelligenti che usano il linguaggio e sviluppano una tecnologia sofisticata.

La vita artificiale può dare una serie di contributi a questo dibattito, esperienze in questo campo infatti hanno dimostrato più volte come il risultato di esperimenti mentali quali la riproduzione del nastro della vita sono altamente fallibili. L'unico modo sicuro per determinare cosa aspettarsi è creare il modello pertinente e osservare i risultati della simulazione ripetuta. In effetti, la vita artificiale è esattamente dove si verifica questo tipo di attività di modellazione. Un obiettivo centrale della vita artificiale è scoprire le tendenze intrinseche nei sistemi in evoluzione, escogitando un modello di evoluzione aperta, ripetendo continuamente il nastro della vita con diverse contingenze storiche e cercando modelli che valgano attraverso tutti i risultati. Tuttavia, nessuno ha ancora condotto l'esperimento di riprodurre il nastro della vita poiché nessuno è ancora stato in grado di creare un sistema che mostri un'evoluzione continua. Raggiungere questo obiettivo è uno dei principali problemi ancora aperti e irrisolti della vita artificiale.

La natura della vita

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La filosofia ha tradizionalmente affrontato la natura della vita ma la maggior parte dei filosofi ignora il problema oggi, forse perché sembra troppo "scientifico" e contemporaneamente anche la maggior parte dei biologi ignora il problema forse perché troppo "filosofico". L'avvento della vita artificiale solleva nuovamente la questione per due ragioni: la modellazione delle caratteristiche fondamentali dei sistemi viventi presuppone una comprensione della vita e nuovi sistemi di vita artificiale spingono i confini di ciò che potrebbe essere la vita stessa. Tre sono i punti importanti sulla natura della vita:

  1. La vita come un ammasso di proprietà;
  2. La vita come metabolizzazione;
  3. La vita come evoluzione;

Il primo punto assume due forme, a seconda che le proprietà siano prese per essere individualmente necessarie e insieme sufficienti per la vita. Osservare la vita come un ammasso di proprietà fornisce una spiegazione naturale del perché la vita ha confini vaghi e casi limite.

Ernst Mayr (1904-2005) biologo, naturalista, genetista e storico della scienza tedesco naturalizzato statunitense ha tracciato un elenco completo di tali proprietà:

  1. I sistemi viventi hanno un'organizzazione estremamente complessa e adattabile;
  2. Gli organismi sono composti da un insieme chimicamente unico di macromolecole;
  3. I fenomeni viventi sono prevalentemente qualitativi, non quantitativi;
  4. I sistemi viventi consistono in gruppi altamente variabili di individui unici;
  5. Gli organismi si impegnano in attività mirate mediante programmi genetici evoluti;
  6. Le classi di organismi hanno connessioni storiche di discendenza comune;
  7. Gli organismi sono il prodotto della selezione naturale;
  8. I processi biologici sono imprevedibili;

Lo svantaggio principale di tutte queste concezioni è che inevitabilmente fanno sembrare la vita piuttosto arbitraria o misteriosa. Esse non possono spiegare perché un particolare gruppo di proprietà sia un fenomeno naturale, fondamentale e onnipresente.

Erwin Schrödinger (1887 – 1961), fisico e matematico austriaco, illustrò la seconda visione della vita: "È evitando il rapido decadimento nello stato di "equilibrio" inerte che un organismo appare così enigmatico; ... In che modo l'organismo vivente evita la decomposizione? La risposta ovvia è: mangiando, bevendo, respirando e (nel caso delle piante) assimilando. Il termine tecnico è il metabolismo." I sistemi viventi hanno bisogno di un modo per mantenere autonomamente la loro complessa struttura interna, quindi la metabolizzazione sembra essere almeno una condizione necessaria di tutte le forme fisiche della vita. L'idea che la vita coinvolga a livello centrale il processo di metabolizzazione spiega anche la nostra intuizione che un cristallo non è vivo. C'è un flusso metabolico di molecole solo sul bordo del cristallo, non al suo interno. Uno svantaggio della metabolizzazione intesa come una concezione onnicomprensiva della vita è che molte entità metabolizzanti sembrano non essere vive e non coinvolgere la vita in alcun modo, come ad esempio la fiamma di una candela. Un altro problema è che molti non credono che la metabolizzazione possa spiegare quelle caratteristiche della lista di Mayr che dipendono dall'evoluzione.

La terza concezione principale della vita si concentra sul processo evolutivo di adattamento. Come spiega John Maynard Smith (1920-2004), biologo e genetista inglese: "Considereremo viva qualsiasi popolazione che abbia le proprietà di moltiplicazione, eredità e variazione. La giustificazione per questa definizione è la seguente: qualsiasi popolazione con queste proprietà si evolverà per selezione naturale in modo da adattarsi meglio al suo ambiente. Dato il tempo, qualsiasi grado di complessità adattiva può essere generato dalla selezione naturale."

La visione della vita come evoluzione ha due forme. Maynard Smith illustra una forma, secondo cui i sistemi viventi sono le entità di una popolazione in evoluzione. Recentemente, Mark Bedau, filosofo statunitense impegnato nella ricerca sulla vita artificiale, ha sostenuto che, di fatto, un sistema in evoluzione dovrebbe essere visto come vivo in senso primario.Una virtù della concezione della vita come evoluzione è ciò che spiega perché i tratti distintivi della vita di Mayr convivono in natura. Ci aspetteremmo che la vita implichi l'operazione di selezione naturale producendo un'organizzazione adattiva complessa in organismi storicamente connessi con programmi genetici evoluti. La variazione casuale e la contingenza storica nel processo evolutivo spiegano perché i fenomeni viventi sono particolarmente qualitativi e imprevedibili e coinvolgono individui unici e variabili.

Questo punto di vista può anche spiegare perché il metabolismo è così importante nei sistemi viventi: infatti il metabolismo è un prerequisito fisicamente necessario in qualsiasi sistema che possa sostenersi abbastanza a lungo per adattarsi ed evolversi. Ci sono due obiezioni principali alla visione della vita come evoluzione. La prima è che sembra non essere strettamente essenziale che le forme di vita siano state prodotte da un processo evolutivo: la storia biblica di Adamo ed Eva mostra che è facile immaginare forme di vita in assenza di qualsiasi processo evolutivo. Una seconda obiezione richiama l'attenzione sui sistemi in evoluzione che sembrano privi di vita. Ad esempio, virus e prioni si evolvono, ma sono discutibilmente vivi.

L'avvento della vita artificiale ha rivitalizzato l'indagine sulla natura della vita, principalmente perché si possono simulare o sintetizzare i sistemi viventi solo se si ha un'idea di cosa sia essenzialmente la vita. In ultima analisi, la natura della vita sarà risolta da qualunque sia la spiegazione migliore. Una migliore comprensione di come spiegare questi fenomeni aiuterà anche a risolvere gli "enigmi" della vita. Questi enigmi includono se la vita ammetta gradi, se la vita è essenzialmente connessa con le capacità mentali ecc.

La vita artificiale forte

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La vita artificiale solleva naturalmente la questione se le costruzioni artificiali possono considerarsi letteralmente vive. Per esempio, se la proprietà di definizione dei sistemi viventi fosse il processo di metabolismo, allora il problema sarebbe se un sistema creato artificialmente potesse esibire letteralmente questa proprietà. Si resta comunque in assenza di una spiegazione definitiva di cosa sia la vita.

È importante distinguere varie questioni che riguardano la creazione della vita artificiale. La prima riguarda la possibilità di creare un dispositivo fisico come un robot che sia letteralmente vivo. A parte le polemiche su cosa sia la vita, la sfida qui è meno filosofica che scientifica.

La questione filosoficamente controversa è se i processi relativi alla vita artificiale possano essere considerati effettivamente vivi. Questo è il problema, se la cosiddetta vita artificiale "forte" è possibile. La vita artificiale forte è in contrasto con le teorie della vita artificiale "debole", secondo cui i modelli informatici sono utili per la comprensione dei sistemi viventi. Il quesito della vita artificiale forte viene talvolta messo in termini di simulazioni al computer: una simulazione al computer di un sistema vivente può essere considerata viva?

Alcuni credono che non bisogna fare l’errore di confondere una simulazione con una sua realizzazione. Una simulazione di volo per un aereo, ad esempio, non importa quanto dettagliata e realistica sia, non è certamente la stessa cosa. Questo vale anche per una simulazione al computer, poiché essa produce semplicemente una rappresentazione simbolica del sistema vivente. Lo stato ontologico intrinseco di questa rappresentazione simbolica altro non si tratta che di stati elettronici all'interno del computer (ad esempio schemi di alte e basse tensioni) e questa costellazione di stati elettronici non è più viva di una serie di frasi inglesi che descrivono un organismo. In pratica, sembra vivo solo quando viene data un'interpretazione appropriata. Questa interpretazione potrebbe essere incoraggiata se la descrizione riflette dinamicamente il modo in cui il sistema vivente cambia nel tempo e se la simulazione produce una vivida visualizzazione simile alla vita, ma è pur sempre solo un'interpretazione.

È importante però riconoscere che un modello di vita artificiale che è effettivamente in esecuzione su un computer consiste in un vero processo fisico che si verifica in un mezzo fisico reale che consuma risorse fisiche reali. Inoltre, come sottolineato in precedenza, i modelli di vita artificiale sono spesso intesi non come simulazioni o modelli di alcuni sistemi viventi del mondo reale, ma come nuovi esempi di sistemi viventi. Il Gioco della vita di John Conway, per esempio, non è una simulazione o un modello di alcun vero sistema biochimico.

Allo stesso modo, Ray's Tierra non è una simulazione o un modello dell'ecologia e dell'evoluzione di un sistema biologico reale. Quindi, quando essi sono effettivamente in esecuzione nei computer, altro non sono che nuovi esempi fisici di auto-organizzazione ed evoluzione. Processi come l'auto-organizzazione e l'evoluzione sono moltiplicabili e possono essere incorporati in un'ampia varietà di media diversi, inclusi i supporti fisici di computer adeguatamente programmati. Ad esempio, un modello bidimensionale di un processo di ramificazione può essere visto come una descrizione dell'evoluzione di insetti più o meno complessi, se una dimensione viene presa per rappresentare il tempo e l'altra è presa per rappresentare la complessità. Ma esattamente lo stesso processo di ramificazione può essere ugualmente visto come una descrizione dell'evoluzione degli esseri umani e non solo.

Al contrario, un aliante nel Gioco della vita di Conway non è un modello elettronico che è semplicemente interpretabile come un collettivo dinamico autosufficiente. È davvero un collettivo elettronico autosufficiente, indipendentemente dal fatto che qualcuno lo noti e lo consideri tale. Allo stesso modo, i programmi auto-replicanti in machine language nel Ray's Tierra si evolvono genuinamente per selezione naturale e si impegnano veramente nelle relazioni ospite / parassita.

La proposta di risolvere il forte dibattito dell'Intelligenza Artificiale con un test di Turing si pone spesso. Però alcuni (ad es. Sober 1992) credono che il test di Turing nell'IA sia un test insufficiente per l'intelligenza perché è possibile in linea di principio che un dispositivo non pensante lo superi. Un tipico esempio di tale dispositivo è una macchina che memorizza un output appropriato per tutti i diversi input che potrebbero essere incontrati. Lo svantaggio caratteristico di tali dispositivi è che, anche per mostrare capacità modeste, il numero di informazioni che devono immagazzinare è maggiore del numero di particelle elementari nell'intero universo. Sebbene possibile in linea di principio, un tale dispositivo è chiaramente impossibile.

Stevan Harnad (1945), scienziato ungherese esperto di scienze cognitive, ha sostenuto l'indistinguibilità ecologica ed evolutiva dalla vita biologica come test di Turing per la vita. I sistemi esistenti all'interno di computer che eseguono modelli di vita artificiale potrebbero esibire tutta la ricchezza ecologica ed evolutiva che si trova nella biosfera. Eppure potrebbero non interagire con la vita biologica, quindi potrebbero fallire il test di Harnad che pone la questione contro alcune forme di vita artificiale.

Il dibattito sulla vita artificiale forte si intreccia con le domande filosofiche sul funzionalismo e il calcolo. Una fonte significativa di supporto per la vita artificiale forte è la convinzione che, sebbene alcune macromolecole basate sul carbonio svolgano un ruolo cruciale nei processi vitali di tutte le entità viventi note, la metabolizzazione crea un flusso continuo di molecole attraverso i sistemi viventi. Quindi, la vita sembra più una specie di processo che un tipo di entità materiale. Ciò implica che la vita potrebbe essere realizzata in una varietà di media, forse includendo un hardware del computer opportunamente programmato. Ciò sollecita una visione della vita funzionalista e computazionalista, analoga al funzionalismo e al computazionalismo contemporaneo rispetto alla mente.

Sober sottolinea che molte proprietà essenziali degli organismi implicano la loro interazione con l'ambiente. Quindi, il carattere computazionale dei processi all'interno degli organismi non sarebbe da solo a supportare il funzionalismo e il computazionalismo sulla vita. Ma dal momento che molti modelli di vita artificiale situano organismi artificiali in un ambiente artificiale, la vita artificiale promuove ancora il funzionalismo e il computazionalismo.

Bedau sostiene che i modelli di vita artificiale generano dinamiche di macrolivello con una flessibilità che è caratteristica dell'intelligenza adattiva e che non può essere catturata da alcun algoritmo fisso. I modelli sono implementati in un computer ma i processi adattivi come la selezione naturale cambiano continuamente le regole del microlivello che governano il sistema. Pertanto, i processi di macrolivello che emergono non sono imputazionali. I modelli di vita artificiale generano un comportamento che è caratteristico dei sistemi viventi, quindi la pratica della vita artificiale solleva continuamente la questione se un modello informatico di vita possa essere letteralmente vivo. Ciò si riallaccia anche a molte questioni correlate nella filosofia della mente e dell'intelligenza artificiale, tra cui funzionalismo, computazionalismo, intelligenza, intenzionalità e rappresentatività.

Metodologia filosofica

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La vita artificiale implica anche la ricerca filosofica. Inoltre, la metodologia computazionale della vita artificiale è un'estensione diretta e naturale della metodologia tradizionale filosofica degli esperimenti di pensiero a priori. Nel tentativo di catturare la semplice essenza dei processi vitali, i modelli di vita artificiale astraggono il più possibile i dettagli della vita naturale. Come nella filosofia, le simulazioni di vita artificiale tentano di rispondere alle domande "E se X?". Sintetizzare esperimenti di pensiero su un computer può portare chiarezza e nuove prove costruttive nella filosofia.