La vita e... tutto quanto/Capitolo 11

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Indice del libro

Intimazioni di significato[modifica]

The corn was orient and immortal wheat, which never should be reaped, nor was ever sown. I thought it had stood from everlasting to everlasting. The dust and stones of the street were as precious as GOLD: the gates were at first the end of the world. The green trees when I saw them first through one of the gates transported and ravished me, their sweetness and unusual beauty made my heart to leap, and almost mad with ecstasy, they were such strange and wonderful things: The Men! O what venerable and reverend creatures did the aged seem! Immortal Cherubims! And young men glittering and sparkling Angels, and maids strange seraphic pieces of life and beauty! Boys and girls tumbling in the street, and playing, were moving jewels. I knew not that they were born or should die; But all things abided eternally as they were in their proper places. Eternity was manifest in the Light of the Day, and something infinite behind everything appeared which talked with my expectation and moved my desire. The city seemed to stand in Eden, or to be built in Heaven. The streets were mine, the temple was mine, the people were mine, their clothes and gold and silver were mine, as much as their sparkling eyes, fair skins and ruddy faces. The skies were mine, and so were the sun and moon and stars, and all the World was mine; and I the only spectator and enjoyer of it. I knew no churlish proprieties, nor bounds, nor divisions: but all proprieties and divisions were mine: all treasures and the possessors of them. So that with much ado I was corrupted, and made to learn the dirty devices of this world. Which now I unlearn, and become, as it were, a little child again that I may enter into the Kingdom of God.

Thomas Traherne, Centuries of Meditation

L'istruzione può rendere gli uomini dotti, diceva Bernardo di Chiaravalle, ma il sentimento li rende saggi. Gli accademici eruditi, il cui sostentamento è legato alla dimostrazione della loro erudizione e intelligenza, possono comportarsi come se a tutte le domande sulla religione e sul significato della vita si potesse rispondere dallo studio o dall'aula del seminario. Ma non è possibile accedere alle illuminazioni che provengono dalla pratica della spiritualità mediante il solo argomento razionale, poiché le esperienze rilevanti non sono a nostra disposizione nei momenti in cui adottiamo la posizione di razionalità distaccata.

Accedere, però, non è la stessa cosa che valutare. Anche se non possiamo accedere all'illuminazione spirituale attraverso l'analisi razionale, questo non vuol dire che la filosofia, o la razionalità critica, non possano avere nulla da dire sulla ricerca di significato attraverso il percorso della spiritualità. Perché la filosofia ha l'obbligo di tenere conto di tutta l'esperienza che fa parte della condizione umana. E sebbene le affermazioni sul divino possano trovarsi oltre l'orizzonte della conoscenza scientifica, non è che intraprendere la ricerca spirituale sia un totale "salto nel buio". Perché la nostra consapevolezza umana, anche quella quotidiana, include indiscutibilmente esperienze in cui i valori spirituali sono resi manifesti – esperienze in cui, probabilmente, abbiamo accenni a un mondo trascendente di significato che irrompe nel mondo ordinario dei nostri cinque sensi. La nostra percezione della bellezza, la bellezza del mondo naturale, ne è un esempio. Un'esperienza semplice come quella di vedere i colori delle foglie in autunno rivela che il mondo intorno a noi risuona di un'armonia e una ricchezza sorprendenti; rivela oggetti qualitativamente irradiati in modalità che anche il più sobrio dei filosofi analitici ha convenuto non siano completamente catturabili nel linguaggio della fisica. Quando William Blake ci esortava "To see a World in a Grain of Sand and Heaven in a Wild Flower", non stava sostenendo una strana mentalità incoerente del tipo che i filosofi a volte denigrano usando l'etichetta "mistico". Piuttosto, stava indicando qualcosa che pochi esseri umani possono onestamente negare: la nostra capacità, in quei momenti lucidi che Wordsworth chiamava "spots of time", di vedere il mondo trasfigurato con bellezza e significato. Esiste un continuum chiaro e ininterrotto che va dalla nostra immediata esperienza quotidiana del mondo naturale, attraverso le riflessioni poetiche più riflessive di Blake e Wordsworth, fino alla visione estatica di Thomas Traherne sopra citata, una visione in cui la meraviglia e la preziosità del mondo, e i suoi abitanti umani, è così vividamente manifesta.

La pervasiva visione moderna del cosmo come squallido e privo di significato, con la vita che non è altro che una schiuma accidentale su rocce aride, è una visione che viene vista attraverso la lente delle nostre stesse vite insozzate: i vuoti spiazzi di cemento di parcheggi negletti, i muri sporchi e deturpati da graffiti di magazzini fatiscenti ed edifici sovraffollati di uffici. Ma togli via la sporcizia che la nostra stessa avidità ha creato, togli la nebbia perpetua dei fumi di scarico e il ronzio infinito degli aerei di linea che squarciano lo strato di ozono, il costante sfarfallio degli schermi e lo squillo degli altoparlanti. Ripensa invece solo a due o tre secoli fa, alle scene limpide catturate da Canaletto, o agli interni traslucidi di Vermeer, all'aria pura luccicante e scintillante, ai colori degli oggetti quotidiani luminosi, vividi e nuovi. Pensa invece a Mosè che emerge dalla sua tenda per ammirare il brillante baldacchino di stelle sfolgoranti nella notte limpida del deserto del Sinai; il silenzio puro e pulito, lo splendore sorprendente della bellezza. Questo è il nostro mondo: la bellezza non è "proiettata" su di esso dall'osservatore, ma è inevitabilmente reale, suscitando una risposta irresistibile nei nostri cuori. Rispondiamo alla bellezza, come rispondiamo alla verità e al bene: come realtà oggettive al di là di noi stessi, che hanno il potere di ispirarci e trascinarci verso la luce. Naturalmente è possibile, come hanno sostenuto molti filosofi dopo Hume, che tale oggettività sia un'illusione, derivante dalla tendenza della mente a "diffondersi" o a proiettare i propri sentimenti verso l'esterno, nel mondo. Ma vale almeno la pena considerare che parlare di "proiezione" può applicarsi più appropriatamente non alla nostra naturale gioia e meraviglia di fronte all'incommensurabile bellezza del mondo naturale, ma piuttosto alla cupa visione modernista dell'universo come privo di significato e valore. Potrebbe derivare dalla nostra stessa confusione e amarezza mentre ci allontaniamo volontariamente dalla luce, mentre avanziamo costantemente con i nostri bulldozer fino a coprire l'intero pianeta di cemento e poi lamentiamo che il cosmo in cui viviamo non è altro che macerie senza senso.

La nostra esperienza estetica ci dà indizi di un mondo di valore al di fuori delle nostre urgenti preoccupazioni auto-orientate. Ma chiamare "estetica" la meraviglia espressa in una visione come quella di Traherne significa in un certo senso banalizzarla, farla sembrare le preziose esclamazioni di un affettato critico d’arte che ostenta la sua raffinatezza in una pinacoteca. In realtà, la meraviglia estetica è permeata anche di un significato morale: non è un caso che Immanuel Kant abbia collegato lo splendore del cielo stellato con la legge morale interiore, come i due oggetti più maestosi della creazione. Ciò che è manifesto nella bellezza delle persone che camminano nei campi di grano presentata da Traherne, dei giovani che sono "angels" e delle giovani donne che sono "seraphic pieces of light and beauty", è il loro valore umano: la preziosità di individui vulnerabili, mortali e tuttavia in qualche modo di valore eterno, dal momento che la loro fragilità e sofferenza umana ha la capacità di approfondire la loro comprensione e simpatia – that one poor word that involves all our best insight and our best love – e, infine, misteriosamente, di fornire la grazia per la redenzione e la rinascita.

Vedere il mondo come lo vedeva Traherne non è qualcosa dettato da un'analisi scientifica dei dati di fatto, ma non è nemmeno incompatibile con tali dati. Le categorie morali della nostra esperienza, così strettamente legate alla questione del senso della vita, non sono categorie arcane o mistiche, ma sono inseparabili dal nostro modo umano di stare al mondo. Inseparabili, ma non raggiunti automaticamente. Quando le cose vanno male...

« Life’s but a fleeting shadow, a poor player that struts and frets his hour upon the stage and then is heard no more. It is a tale told by an idiot, full of sound and fury, signifying . . . nothing. »
(Macbeth, A. 5, S. 5, vv. 19-28)

L'inferno di Macbeth, la sua profonda depressione riguardo alla propria vita e al suo futuro, è legata a un vivido senso del crollo di ogni significato esistenziale. Ciò a sua volta è innescato dal suo crollo morale interiore, dalla sua capitolazione all'avidità e all'ambizione, che gli permette di fare il primo passo verso tradimento e omicidio: quella capitolazione, che avrebbe dovuto dargli la corona e risolvere tutti i suoi problemi, si rivela essere il primo passo verso la disintegrazione etica, il primo passo "on the primrose path to the everlasting bonfire". Gli esseri umani non possono vivere in modo completo e sano se non rispondendo ai valori oggettivi di verità, bellezza e bontà. Se negano tali valori o cercano di subordinarli ai propri fini egoistici, scoprono che il significato svanisce.

Forse ci sono alcuni che riescono a raggiungere una risposta sistematica a questi valori senza il tipo di attenzione fornita dalle discipline della spiritualità; ma la tesi di questo breve wikilibro è che tale strategia del "fare da soli" è irta di problemi. Non possiamo creare i nostri propri valori e non possiamo ottenere un significato semplicemente inventando i nostri obiettivi; la realizzazione della nostra natura dipende dalla coltivazione sistematica delle nostre capacità umane di meravigliarsi e di godere della bellezza del mondo, e dallo sviluppo della nostra sensibilità morale per la compassione, la simpatia e il dialogo razionale con gli altri. Tuttavia, a causa della fragilità della nostra condizione umana, abbiamo bisogno di qualcosa di più di una determinazione razionale per orientarci verso il bene. Abbiamo bisogno di essere sostenuti dalla fede nella massima resilienza del bene; abbiamo bisogno di vivere alla luce della speranza. Tale fede e speranza, come l'amore che ispira entrambe, non sono stabilite nell'ambito della conoscenza scientificamente determinata, ma ci sono buone ragioni per credere che siano a nostra disposizione attraverso la coltivazione delle discipline della spiritualità. Niente nella vita è garantito, ma se il percorso che seguiamo è integralmente legato, come lo sono i buoni percorsi spirituali, alla giusta azione, alla scoperta di sé e al rispetto per gli altri, allora abbiamo poco da perdere; e se le affermazioni della religione sono vere, allora abbiamo tutto da guadagnare. Perché agendo come se la vita avesse un significato, scopriremo, grazie a Dio, che è proprio così.

Per approfondire, vedi Filosofia del Cosmo, Emozione e immaginazione, Il significato della vita, Interpretazione della realtà, Emozioni e percezioni, Ragionamento sull'assurdo, Bellezza naturale e Noia e attività solitarie.