Un fico secco/Parte II

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Indice del libro


LA MELEDIZIONE DEL FICO E LE OSSERVANZE EBRAICHE
"Natanaele sotto il fico" - di James Tissot, 1886-1894
"Natanaele sotto il fico" - di James Tissot, 1886-1894


Allora, come premesso nella Premessa, qui affronteremo alcune delle perplessità sollevate dalla reiterata pericope marcana. Poche pericopi nel NT possiedono il numero di perplessità contenute in Marco 11:12-25. Io conterei almeno venti difficoltà ermeneutiche.[1] "La letteratura accademica su Marco 11:12-25 è piena di tentativi di dare un senso ai suoi numerosi enigmi, ed è piena di dichiarazioni che tale senso non esiste."[2] Uno dei problemi più preoccupanti è l'affermazione di Gesù in Marco 11:14: «Nessuno mangi mai piú frutto da te in eterno!»,[3] diretto non verso una persona, spirito o creatura, ma a un albero, cosa che appare incongruente con il carattere di Gesù.[4]

I critici della scena maledetta non sono troppo delicati nel dimostrare la loro disapprovazione: "Il racconto di Marco sulla maledizione del fico è molto simile a un disturbo cronico: il paziente è sempre in cura ma non è mai veramente curato."[5] "Certamente una delle azioni più enigmatiche e, per molti lettori, offensive."[6] "È difficile immaginare perché Gesù abbia dovuto abusare del suo potere miracoloso in questo modo meschino, e ancora più difficile capire perché qualcuno lo abbia dovuto registrare."[7] Géza Vermes addirittura descrive il carattere di Gesù come "irascibile", "bellicoso" e "impaziente", aggiungendo inoltre che fosse insofferente dei propri discepoli quando si dimostravano ottusi (Mc 10:14). Per non parlare poi di quando Gesù aveva fame, allora diventava irragionevole, continua Vermes, citando l'episodio del fico sterile: "Cercando fichi su un albero di fichi e non trovandone, pronunciò una maledizione contro tale fico, sebbene tutti sapessero che la stagione del raccolto dei frutti fosse ancora lontana. Gesù non era di certo quel personaggio gentile, sdolcinato, mellifluo e mite che l'immaginazione cristiana ci dipinge."[8]

La scena della maledizione del fico è così dura che studiosi ebrei, come il rabbino Aryeh Kaplan, hanno usato questa scena per criticare la sedicente affermazione messianica di Gesù:

« Gesù riuscì persino ad essere vendicativo contro un albero. Quando si sentì affamato, non fu in grado di frenare le sue emozioni del tutto umane. Questo albero innocente meritava proprio una punizione così crudele? Non era nemmeno la stagione dei fichi... Se Gesù avesse semplicemente voluto mostrare i suoi poteri miracolosi... perché non comandare all'albero di produrre frutti?[9] »

Perfino ai demoni che possiedono esseri umani sembra sia concessa da Gesù più misericordia che non al fico (cfr. Marco 5:1-20; Matt. 8:28-34; Luca 8:26-37).[10] I morti vengono risuscitati, gli infermi sono guariti, i ciechi vedono, migliaia vengono nutriti e persone salvate, ma un povero albero indifeso che è bersaglio di una maledizione e avvizzisce sino alle radici, ciò non suona come una rappresentazione coerente di Gesù secondo i quattro evangelisti e Marco in particolare.

Telford crede che questa scena sia così dura che Luca deliberatamente sceglie di ometterla.[11] La scena è ancora più inquietante quando si aggiunge la frase di Marco 11:13: "Non era infatti quella la stagione dei fichi." Probabilmente i fichi erano stati raccolti qualche tempo prima e l'albero ne avrebbe prodotti ancora mesi dopo. Questa espressione fa apparire Gesù preso dalla rabbia a causa della fame, pur sapendo che il fico non poteva soddisfarla,[12] il che fa sorgere la domanda se Gesù abbia veramente detto qualcosa del genere.[13]

Molti commentatori fanno appello a spiegazioni teologiche per esonerare il comportamento di Gesù. Garland, ad esempio, fa riferimento all'uso marciano di intercalazioni per esonerare Gesù: "La tecnica di Marco di intercalare offre una soluzione a questo enigma e corregge l'intedrpretazione che Gesù ceda a un attacco di malumore irrazionale".[14] Stein cerca di assolvere la situazione imbarazzante sottolineando il temperamento uniforme di Gesù:

« La reazione di Gesù in 11:14 non è affatto descritta come irata. Nulla si dice delle condizioni emotive di Gesù (confronta 1:43) e la descrizione di Gesù che "maledice" il fico perde gran parte del suo presunto sapore di vetriolo quando ci rendiamo conto che questa "maledizione" non ha nulla a che fare con profanità e oscenità ma si riferisce piuttosto ad un atto simbolico di condanna e giudizio.[15] »

E parimenti Stein commenta: "È chiaro che Marco non vuole che i suoi lettori pensino che ciò che Gesù fa in 11:14 è dovuto a rabbia o ira".[16]

Tuttavia, il tono di Marco 11:14 appare atipico di Gesù anche se motivato da un pensiero teologico. Sebbene interpretarlo come giudizio estingua un po' di dissonanze, le parole dei critici suonano comunque vere: Marco avrebbe potuto trovare un modo più salutare di insegnare queste lezioni, cosa che chiaramente fa nei capitoli successivi.[17]

Allora, come dobbiamo interpretare veramente questa situazione anomala?

In questa Parte II, le ricorrenze ebraiche come il Digiuno di Tisha B’Av e Sh’vat/15 di Av[18] saranno esplorati per vedere se potessero far parte del contesto di Marco 11:14. Poiché è già stato menzionato che l'insegnamento di Gesù sul giudizio assolve una parte della scena imbarazzante, questa sezione discuterà tale elemento di Marco 11:14 come parte della più ampia pericope di 11:12-25 e in relazione alle festività ebraiche — digiuno di Tisha B'Av e Sh'vat/15 di Av. Se le ricorrenze ebraiche potessero essere l'impulso alla maledizione nella scena del fico, allora la sua dura incoerenza verrebbe attenuata.

Giudizio su Israele e Tempio[modifica]

Modello del Tempio di Erode a Gerusalemme
Modello del Tempio di Erode a Gerusalemme

Come accennato in precedenza, molti considerano il giudizio l'argomento principale di Marco 11:12-25, in particolare giudizio di Israele e del Tempio. Alcuni associano alberi di fico alla pace nell'età messianica, nel senso che tutti avranno tutto ciò di cui hanno bisogno.[19] La interpretazione di Marco del fico che appassisce sarebbe contraria a questo concetto. Tuttavia, la purificazione del Tempio da parte di Gesù in 11:15-19 è inserita nella pericope complessiva di 11:12-25, ad indicare il fatto che presto avverrà un giudizio sulla nazione di Israele e/o la distruzione del Tempio.[20] Boring scrive: "Che nessuno ne debba mangiare i frutti per sempre dimostra che l'ammonimento rappresenta il giudizio estremo ed escatologico di Dio... l'albero seccato sino alle radici (v. 20) mostra la totale devastazione dell'albero che, rappresentando il Tempio, viene distrutto e non si riprenderà".[21] Edwards scrive: "Il primo commento sul Vangelo di Marco da parte di Vittore di Antiochia nel quinto secolo aveva già interpretato l'evento come una parabola in cui la maledizione del fico simboleggiava il giudizio su Gerusalemme."[22] Secondo Kirk, "gli studiosi contemporanei hanno ragione a leggere insieme la maledizione del fico e l'azione di purificazione del Tempio da parte di Gesù. Un accoppiamento di tali storie interpretate reciprocamente concede un'ulteriore credibilità all'idea che Marco intenda dimostrare che Gesù stia profetizzando l'incombente distruzione del Tempio".[23] "I lettori di Marco... avrebbero prontamente compreso la maledizione del fico sterile perlomeno come giudizio di Israele ".[24]

Sebbene esistano interpretazioni diverse,[25] la visione dominante costruisce la scena come un motivo di giudizio e quindi un obiettivo primario attraverso il quale interpretare la durezza di Marco 11:14. In questo probabile contesto, vedremo se possiamo stabilire un'ulteriore connessione tra Marco 11:14 e il giorno di digiuno ebraico di Tisha B'Av.

Contesto veterotestamentario[modifica]

In ambito cristiano, gli studiosi comunemente collegano l'Antico Testamento alla scena maledetta:

« La sostanza di base della storia di Marco – la ricerca di fichi, la mancanza di frutti, l'albero appassito – è tutta qui e la connessione di questo passaggio con l'imminente distruzione di Gerusalemme, il Tempio e il suo culto corrotto, coincide con la posizione redazionale in cui si trova la storia del fico... Sappiamo che Marco conosceva Geremia 7:11 (e quindi, presumibilmente, il contesto circostante).[26] »

I principali passaggi veterotestamentari elencati da Telford sono Geremia 8:13; Isaia 28:3-4; Osea 9:10, 16; Michea 7:1; Gioele 1:7,12.[27] Di questi passaggi, Geremia 8:13 ha somiglianze con Marco 11:14. Entrambi questi passi contengono temi di giudizio e usano termini e frasi corrispondenti "niente fichi", "il fico" e "appassire", che alcuni vedono come un collegamento tra i due testi. La lettura di Marco 11:14 alla luce di Geremia 8:13 può mitigare il senso di malizia nella maledizione di Gesù contro il fico: «"Li mieto e li anniento", dice il Signore; "non c'è più uva nella vigna né frutti sui fichi; anche le foglie son avvizzite."» Non sorprende che questa formulazione somigliante abbia fatto sì che alcuni vedessero un'associazione tra le due; "Ora è cosa sottile", scrive Witherington, "perché a questo punto Ger. 8:13 non viene affatto citato, ma sicuramente deve essere sullo sfondo."[28] Marshall crede che il pubblico di Marco avrebbe collegato la maledizione di Gesù con Geremia 8:13: "il simbolismo e l'impatto drammatico della storia sicuramente non sarebbero sfuggiti al pubblico originale di Marco."[29] "Può anche essere fatta un'allusione," scrive Collins, "a Ger. 8:13, che si verifica nel contesto di un'accusa contro i capi del popolo (8:8-13)."[30] Con Marco che fa riferimento a fichi, avvizzimento e alberi, abbinati alla conoscenza di Geremia, la versione del profeta potrebbe aver influenzato la scena marciana della maledizione.

Tisha B’Av[modifica]

Per approfondire, vedi Tisha B’Av תשעה באב.
"Distruzione del Tempio" di Francesco Hayez
"Distruzione del Tempio" di Francesco Hayez
Massi del muro occidentale del Tempio distrutto nel 70
Massi del muro occidentale del Tempio distrutto nel 70

Il Geremia 8:13 che collega la terminologia dei fichi, il fico e l'appassimento a Marco 11:14 fa parte di una sezione più ampia che si estende fino a Geremia 9:23, un blocco di Scrittura che viene letto nel giorno del digiuno ebraico di Tisha B’Av, che commemora la distruzione del Tempio.[31] Perché ciò sarebbe significativo e rilevante per la scena del fico? Il motivo dominante del digiuno è la distruzione del Tempio, argomento che molti studiosi ritengono stia dietro la maledizione del fico da parte di Gesù. Gunther Plaut scrive:

« Tisha b’Av commemora la tragedia del popolo ebraico: l'espulsione dalla sua patria e il suo successivo esilio. La haftarah ci porta la visione opprimente di Geremia, che in seguito fu destinato a testimoniare la distruzione e le sue terribili conseguenze. "Nessuna selezione testuale per questo giorno avrebbe potuto essere più appropriata di quella davanti a noi."[32] »

Nel giorno del digiuno, viene letto l'intero Libro delle Lamentazioni e la lettura corrispondente dell'Haftarah (Profeti) è Geremia 8:13-9:23. Una forma di questo lezionario potrebbe essere stata presente al tempo di Gesù.

Quattro digiuni commemorano la distruzione del Tempio e il più importante di questi è Tisha B’Av, "Tishoh B’Av...", scrive Schauss, "è un giorno di lutto, durante il quale gli ebrei digiunano e piangono la distruzione del Tempio e di Gerusalemme ".[33] Strassfeld scrive: "Il nove di Av si distingue dagli altri tre digiuni... Tisha be-Av è così importante perché segna il giorno in cui entrambi i templi furono distrutti... È un importante giorno di digiuno e quindi ha una certa somiglianza con l'unico altro digiuno nel calendario ebraico, Yom Kippur."[34] Molti credono ci sia un'associazione tra la pericope Marco 11 che presagisce la distruzione del Tempio e il grande digiuno ebraico di Tisha B'Av, che commemora la distruzione del Tempio. Ci si deve quindi chiedere se sia plausibile che Tisha B’Av venisse celebrato ai tempi di Gesù e se possedesse un aspetto agricolo che possa coincidere con il fico.

Si celebrava Tisha B’Av durante il tempo di Gesù?[modifica]

Vi sono prove che il digiuno potrebbe essere stato istituito in Zaccaria 7:4-5;8:19, chiamato come il digiuno del quinto mese, e fosse osservato per la prima volta durante il periodo del Secondo Tempio.

« Un messaggero con la notizia della cattura di Gerusalemme arrivò da Ezechiele il cinque di Tevet, nel 585 p.e.v., sei mesi dopo il disastro (Ezechiele 33:21). La notizia dell'incendio del Tempio deve aver raggiunto il profeta subito dopo, e molto probabilmente il digiuno fu decretato nel primo anniversario. Ciò viene corroborato dalle parole di Zaccaria indirizzate agli emissari ebrei babilonesi nell'anno 518 p.e.v.: "Quando avete fatto digiuni e lamenti nel quinto e nel settimo mese per questi settant'anni" (7:5). Questa dichiarazione, fatta sessantotto anni dopo la distruzione del Tempio, indica chiaramente che il digiuno era stato decretato poco dopo la distruzione del Tempio.[35] »

“A partire dall'esilio babilonese...", Scrive Schauss, "ci furono certi giorni dell'anno che vennero dichiarati giorni nazionali di lutto per tutti gli ebrei... Erano tutti giorni di lutto collegati ad eventi del periodo della distruzione."[36]

Potrebbe anche esserci una connessione tra Tisha B’Av e le dodici spie di Numeri 13; il Midrash registra "che Dio segnò il nove di Av come un giorno di catastrofe a causa dell'incidente delle spie nel deserto... Dio allora ordinò la distruzione del Tempio in quel giorno."[37]

È possibile che la ricorrenza di Tisha B’Av venisse celebrata durante il periodo di Gesù e quando egli maledice il fico i discepoli che ascoltano la sua maledizione potrebbero averla associata a questo digiuno ebraico che commemora la distruzione del Tempio. Sappiamo da passi come Luca 4:17-19 che i profeti dell'Antico Testamento venivano letti in pubblico; durante il Tisha B’Av, la pericope di Geremia potrebbe essere stata letta pubblicamente ai tempi di Gesù. Ma ci sono altri passi veterotestamentari e altre festività che indicano la distruzione e il giudizio del Tempio. Cercheremo ora di determinare se esista una dimensione agricola col Tisha B’Av che si possa collegare anche alla scena.

Tisha B’Av, il 15 di Sh’vat e gli alberi[modifica]

Sembra che ci sia una connessione con gli "alberi" nel digiuno di Tisha B’Av, che si verifica sei giorni prima del quindici di Sh’vat, la festività degli alberi. Trepp scrive: "Non possiamo escludere la possibilità che anche questo giorno [il Tisha B’Av] possa avere connessioni con i riti della natura... Riscontriamo che il quindici di Av era osservato come la festa della raccolta degli alberi; potrebbe anche essere stato preceduto dalla purificazione."[38] "Quale giorno di purificazione che precede la raccolta degli alberi ", continua Trepp, "Tishah b'Av corrisponderebbe quindi al dieci di Tevet, il digiuno che precede il quindici di Sh'vat, Capodanno degli alberi, tempo di piantagione di alberi. L'uno veniva osservato quando i giorni si allungavano e la natura si risvegliava; l'altro, quando i giorni si accorciavano e la natura aveva prodotto i suoi doni."[39]

Quando si pensa alle festività ebraiche e all'agricoltura, le tre dominanti sono: Pesach (Pasqua ebraica), [[w:Shavuot|Shavout ("Settimane" o Pentecoste) e Sukkot (Capanne/Tabernacoli), corrispondenti ai raccolti di orzo, grano, primizie e la celebrazione finale dopo che tutta l'agricoltura è stata completata; molti però non sono a conoscenza del quindici di Sh'vat e della sua connessione con Tisha B'Av.

Il 15 di Av era considerato il "Capodanno degli alberi".[40] "In Egitto, era vietato danneggiare qualsiasi albero da frutto perché il dio Osiride vi dimorava. Troviamo una proibizione simile nella Torah, che ritiene necessario respingere qualsiasi credenza nel carattere umano, ancor meno divino, di un albero, asserendo invece che l'albero sostiene la vita e deve essere preservato anche in guerra."[41]

« Con gioia, si osserva il risveglio della vita negli alberi. Il quindici di Sh’vat è una festa riservata alla natura... Ci viene tuttavia proibito di raccogliere i frutti con cui la Terra di Israele è stata particolarmente benedetta, poiché è paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele [Deut. 8:8]... Il festival viene così a rivelare il significato della restaurazione di Israele come nazione sovrana.[42] »

Il quindici di Av ha un forte tema nazionale, templare e agricolo, "Un esame delle fonti talmudiche... rivela quattro aspetti del festival: (1) una festività agricola, (2) una festività matrimoniale per i giovani, (3) una festività del Tempio, (4) una festività nazionale."[43] Bloch afferma che "Quando fu ripristinato il quindici di Av nel Periodo del Secondo Tempio come giorno festivo, non era più una festività per i giovani, ma una festa del Tempio."[44]

Il quindici di Av era spesso celebrato per contrastare il triste lutto della distruzione del tempio durante Tisha B'Av, "L'osservanza di un periodo prolungato di dolore e lutto, culminante con Tisha B'Av, richiedeva una giornata compensativa di gioia per bilanciare la tristezza e riaffermare la speranza e la fede ebraiche in un futuro più luminoso."[45] Col quindici di Av che richiamava il tema di alberi, tempio e nazione, accoppiato con Tisha B'Av – il giorno principale di lutto per la distruzione del Tempio – Marco potrebbe aver attinto a queste osservanze per rafforzare il suo insegnamento.

Conclusione[modifica]

La maledizione del fico ha causato caos emotivo ed ermeneutico. Dalle forti risposte dimostrative ai problemi di storicità, i critici non sono sempre stati persuasi dagli sforzi che vogliono esonerare/scusare le parole di Gesù. Sebbene Marco affermi che i discepoli di Gesù avevano ascoltato le sue parole di maledizione, Gesù aveva comunque un programma molto più elevato che sfogare la propria rabbia a causa dell'incapacità di un albero di placare la sua fame. Un punto di forza riguardo alla distruzione prossima del Tempio e del giudizio sulla nazione, potrebbe essere la ragione per cui Gesù voleva che i discepoli assistessero a una scena così scioccante. Nel contesto di Tisha B'Av come digiuno principale, per il lutto della distruzione del Tempio, collegato al quindici di Av, che possiede aspetti templari, arborei e di restaurazione nazionale — i discepoli potrebbero aver associato queste osservanze ebraiche al vedere Gesù maledire un albero. Sarebbe stata una forte lezione oggettiva sull'imminente calamità in base a entità radicate nella cultura ebraica e avrebbe fornito una mitigazione contestuale che altrimenti appare, almeno in superficie, un ritratto inconsistente di Gesù.

Altre opzioni sarebbero inquietanti...

Note[modifica]

  1. Robert H. Stein, Mark, BECNT (Grand Rapids: Baker, 2008), 508‒509. Per la scena del fico alla luce di Matteo 21:12-22, si veda Mark Moulton, "Jesus’ Goal for Temple and Tree: A Thematic Revisit of Matt. 21:12-22", JETS 41 (1998): 561‒72. Sul problema della cronologia di Matteo 21:17-22 contro Marco 11:11-15:19-25 si veda Vern Poythress, Inerrancy and the Gospels: A God-Centered Approach to the Challenges of Harmonization (Wheaton: Crossway, 2012), 144‒48.
  2. J. R. Daniel Kirk, "Time for Figs, Temple Destruction, and Houses of Prayer in Mark 11:12-25," CBQ 74 (2012): 509.
  3. Marco 11:14 contiene una rara occasione nel NT del verbo esthiō ("mangiare") nel modo ottativo, per segnalare al lettore, insieme a Marco 11:20-21, una maledizione; J. A. L. Lee, "The Speech of Jesus in Mark", NovT 27 (1985): 13-15. Il verbo non è presente nel parallelo Matteo 21:19.
  4. Si veda Craig S. Keener, Matthew (Grand Rapids: Eerdmans, 1999), 503; per la Redaktionsgeschichte (critica della redazione) del passo, vedi Kirk, "Houses of Prayer", 509‒13.
  5. Wendy J. Cotter, "For It was Not the Season for Figs", CBQ 48 (1986): 62.
  6. Richard H. Hiers, "Not the Season for Figs", JBL 87, no. 4 (1968): 394.
  7. R. T. France, The Gospel of Mark, NIGTC (Grand Rapids: Eerdmans, 2014), 439, il quale aggiunge che Matteo e Marco riescono ad insegnare l'aspetto del giudizio in maniera più idonea nei loro testi; T. W. Manson, "The Cleansing of the Temple", BJRL 33 (1951): 259 parimenti scrive: "È una storia di potere miracoloso sprecato al servizio di un iroso malumore... e appare del tutto incredibile."
  8. Geza Vermes, The Authentic Gospel of Jesus, Penguin, 403-4.
  9. Aryeh Kaplan, The Real Messiah? A Jewish Response to Missionaries (New York: National Conference of Synagogue Youth, 2002), 79.
  10. D. A. Carson, "Matthew" EBC (Grand Rapids: Zondervan, 1984): 446 asserisce che la cacciata dei demoni nei porci da parte di Gesù supporta la scena della maledizione del fico come "non troppo fuori carattere"; "Forse il fatto che due miracoli punitivi — i porci e il fico — non siano diretti contro persone ci dovrebbe insegnare qualcosa della compassione di Gesù." Ma Gesù mostrò un certo grado di misericordia e obbedì quando i demoni lo pregarono di essere scagliati contro i porci, mentre invece il fico non poteva parlare.
  11. William R. Telford, Barren Temple and the Withered Tree, JSNTS 1 (Sheffield: JSOT, 1980), 239, scrive: "La dura impostazione della storia di Marco viene riconosciuta da Luca che decide di ometterla. Il terzo evangelista sostituisce la pericope con un caratteristico lamento su Gerusalemme e in precedenza fa raccontare a Gesù la parabola di un fico sterile a cui è stato concesso un periodo di grazia"; ma si veda Carson, "Matthew", 444 per la sua critica di Telford.
  12. Si veda See Heirs, "Season for Figs", 394‒400. R. Alan Culpepper, Mark (Macon: Smyth & Helwys, 2007), 373 aggiunge: "L'aspetto più problematico di questo passo già difficile di per sé, è il commento di Marco che non era tempo di fichi."; vedi anche Kirk, "Time for Figs", 520‒522.
  13. John Nolland, Luke 9:31‒18:34, WBC 35B (Waco: Word, 1989), 836 commenta: "L'unità originale del materiale marciano è stata ampiamente messa in dubbio... Non sorprende che la storicità dell'avvizzimento del fico sia stata criticata." Ma ciò dà l'impressione che gli esegeti critiani vogliano rifiutare un comportamento, molto umano, di Gesù per non rovinarne il quadro mite e sdolcinato. Infatti Craig Evans, Mark 8:27‒16:20, WBC 34B (Nashville: Nelson, 2006), 166, sostiene che in enere gli storici "laici" confermano la storicità del testo. Heirs, "Figs", 394, scrive: "Gli interpreti hanno due scelte principali... Una è di sostenere che qualcuno abbia manomesso il testo. L'altra è di proporre una spiegazione «simbolica»." Ma pare che nessuno desideri considerare l'episodio nella sua accezione più semplice: che Gesù si sia sinceramente incavolato!
  14. David E. Garland, Mark, NIVAC (Grand Rapids: Zondervan, 1996), 433; contra Adela Yarbro Collins, Mark: A Commentary, Hermeneia (Minneapolis: Augsburg/Fortress, 2007), 525, che ammonisce: "i critici dovrebbero essere cauti nell'esagerare il grado in cui le storie intercalate possano essere intese a interpretarsi tra loro"; vedi anche Kirk, "Time for Figs", 511‒12.
  15. Robert H. Stein, Mark, BECNT (Grand Rapids: Baker Academic, 2008), 513. Insomma, non si riesce proprio ad accettare un comportamento iroso di Gesù!
  16. Stein, Mark, 514. Per una discussione esaustiva delle varie interpretazioni, si veda Telford, Temple and Tree, 1‒25; Collins, Mark, 522‒37. Sulla questione della scena del fico intesa come insegnamento a credere nella preghiera, vedi Carson, "Matthew", 446. Stein, Mark, 508‒509, 519, non crede che Marco originariamente volesse collegare la maledizione del fico col credere nella preghiera; vedi anche M. D. Hooker, The Gospel according to Saint Mark, BNT (Londra: Black, 1991), 269.
  17. Si veda France, Mark, 439.
  18. Possono essere scritti come Tishoh B’Ov, Tishah Be-Av, Tisha B’Ab, e Nove di Av/Ab. "Sh’vat" è noto anche coi nomi Shvat, Tu Bishvat, Tu B’Av, e Tu B’shvat.
  19. D. Thomas Lancaster, Torah Club: Chronicles of the Messiah (Marshfield, MO: First Fruits of Zion, 2014), 218.
  20. Alcuni, come Stein, Mark, 508‒509, 519, interpretano la scena della maledizione come non fosse collegata a 11:22-25.
  21. M. Eugene Boring, Mark: A Commentary (Louisville: Westminster John Knox, 2006), 319.
  22. James R. Edwards, The Gospel according to Mark, PNTC (Grand Rapids: Eerdmans, 2002), 339, che continua: "Nel narrare l'episodio di Gesù e il fico Marco sfrutta il suo significato simbolico, vedendo nella maledizione dell'albero il fato di Gerusalemme e del Tempio... La maledizione del fico è un simbolo del giudizio di Dio sul Tempio" (340).
  23. Kirk, "Time for Figs", 520.
  24. Telford, Temple and Tree, 136.
  25. Per un elenco, si veda Telford, Temple and Tree, 1‒25; Collins, Mark, 522‒37.
  26. Telford, Temple and Tree, 144, che avverte: "Non ci sono prove... di qualsiasi influenza verbale diretta sulla storia, tramite la LXX, da parte di Ger. 8:13, e per questo motivo sarebbe pericoloso suggerire che la storia del fico fosse una reale storicizzazione di questo testo" (144‒45). Ma Telford sta interpretando esclusivamente tramite la LXX, l'ebraico di Ger. 8:13 non è così semplice come lo rende W. Gunther Plaut, e Chaim Stern, The Haftarah Commentary (New York: UAHC, 1996), 749, scrive: "L'ebraico è difficile, ed è stato suggerito che un cambiamento di vocalizzazione renderebbe la frase un perfetto parallelo a ciò che segue." Hooker, Mark, 267, afferma che l'evento originale avrebbe avuto il suo contesto in aramaico. Potrebbe non esserci nessun senso in cui Gesù stia storicizzando, ma come sosterremo più avanti, egli potrebbe star usando le ricorrenze ebraiche per insegnare ai suoi discepoli la calamità in arrivo.
  27. Telford, Temple and Tree, 142; forse anche Abacuc 3:17; Ger. 5:17.
  28. Ben Witherington, The Gospel of Mark: A Socio-Rhetorical Commentary (Grand Rapids: Eerdmans, 2001), 312.
  29. Christopher D. Marshall, Faith as a Theme in Mark’s Narrative, SNTSMS 64 (Cambridge: Cambridge, 1989), 160; inoltre nella nota 3 fa riferimento a Isaia 28:3-4; Michea 7:1; Gioele 1:7,12; Osea 9:15-16.
  30. Collins, Mark, 525, nota 28; Timothy C. Gray, The Temple in the Gospel of Mark: A Study in Its Narrative Role (Grand Rapids: Baker Academic, 2008), 35, assersice anche: “Il fico avvizzito... potrebbe essere un'allusione a Geremia 8:13." Tuttavia, come vedremo, mentre Ger. 8:8‒13 potrebbe essere in evidenza, la più ampia pericope di 8:13‒9:23 può forniere un punto di partenza ancor migliore. Sulla questione di Geremia 7 quale base dell'azione di Gesù al Tempio, vedi Richard A. Horsley, Hearing the Whole Story: The Politics of Plot in Mark’s Gospel (Louisville: Westminster John Knox, 2011), 110.
  31. Vale anche la pena di esaminare se il Lezionario ebraico avesse una qualche influenza durante i tempi del NT. I proponenti di questa posizione sono: Aileen Guilding, The Fourth Gospel and Jewish Worship (Oxford: Clarendon, 1960); C. H. Cave, "St Matthew’s Infancy Narrative", NTS 9 (1963): 382‒390; C. W. F. Smith, "Tabernacles in the Fourth Gospel and Mark", NTS 9 (1963): 130‒146. Per una risposta, si veda Leon Morris, The New Testament and the Jewish Lectionaries (Londra: Tyndale, 1964). Recentemente, Gabriella Gelardini, "Hebrews, An Ancient Synagogue Homily for Tisha be-Av", 107‒27 in Hebrews: Contemporary Methods—New Insights, BIS 75 (Leiden: Brill, 2005), 110‒111, scrive: "La coppia di letture fu organizzata nei cicli del lezionario; conosciamo l'esistenza di due cicli, il Ciclo Triennale Palestinese (PTC) ed il Ciclo Annuale Babilonese (BAC)... Il PTC... venne adattato dall'antica comunità ebraica romana... Le letture dai... Profeti non dopo il primo secolo e.v., ed il PTC venne usato prima della distruzione del Secondo Tempio." Gelardini sostiene inoltre che il lezionario del Ciclo Triennale Palestinese forma la base di Ebrei (120‒123) e che "le letture degli ebrei ricostruzionisti fanno parte del PTC nella forma iniziale, e alludono al giorno di digiuno più importante nella tradizione ebraica, il Tisha be-Av. Questa interpretazione è confermata quando le citazioni centrali ed i concetti teologici in Ebrei vengono confrontati con informazioni non-bibliche sul Tisha-be-Av" (1225).
  32. Plaut, Haftarah, 747.
  33. Hayyim Schauss, The Jewish Festivals: A Guide to Their History and Observance (New York: Schocken, 1996), 96.
  34. Michael Strassfeld, The Jewish Holidays: A Guide and Commentary (New York: Harper & Row, 1985), 87.
  35. Abraham P. Bloch, The Biblical and Historical Background of the Jewish Holy Days (New York: KTAV, 1978), 247.
  36. Schauss, Jewish Festivals, 98‒99.
  37. Strassfeld, Jewish Holidays, 87‒88.
  38. Leo Trepp, 'The Complete Book of Jewish Observance (New York: Behrman/Summit, 1980), 206.
  39. Trepp, Jewish Observance, 206‒207.
  40. Trepp, Jewish Observance, 153.
  41. Trepp, Jewish Observance, 153.
  42. Trepp, Jewish Observance, 154. La frutta e il grano citati in Deut. 8:8 rappresentano "la fertilità della terra d'Israele"; Rabbi Irving Greenberg, The Jewish Way: Living the Holidays (New York: Touchstone/Simon & Schuster, 1993), 419, vedi anche 418 sull'aspetto agricolo della festività.
  43. Bloch, Holy Days, 215.
  44. Bloch, Holy Days, 217.
  45. Bloch, Holy Days, 218.