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Questa è la pagina di prova del Parmenide, letto da Eugenio Palermo e Carlotta Piccarreta.

Il Parmenide è un'opera filosofica che fa parte della terza tetralogia[1]. La maggior parte del testo è un dialogo, che si svolge ad Atene, fra Parmenide, Socrate, Zenone e il giovane Aristotele (uno dei trenta tiranni). Gli storici della filosofia sostengono che il dialogo nella realtà non sia mai avvenuto, dal momento che i periodi in cui sono vissuti i personaggi esclude la possibilità di un incontro. Il dialogo è raccontato da Cefalo, il quale narra ciò che Antifonte, a sua volta, ha sentito da Pitodoro stesso.

Nell’opera sono trattati diversi temi, che si concentrano su un dibattito ontologico. Inizialmente Zenone e Socrate espongono le loro teorie. Il primo difende le teorie parmenidee sull’unicità dell’essere, in un suo scritto letto a casa di Pitodoro. Zenone, molto fedele alle teorie di Parmenide, è accusato da Socrate di aver plagiato il filosofo di Elea. Socrate, invece, si può identificare nel personaggio di Platone, in quanto afferma e analizza le teorie platoniche sulle idee.

Dopo il dialogo fra i due filosofi Zenone e Socrate inizia la seconda parte con il dialogo tra Parmenide e Aristotele, durante il quale giungono a due ipotesi: "se l’uno è" e "se l’uno non è". Con l'ipotesi "se l'uno è" ci sono quattro deduzioni. Le più importanti sono: se l'uno è non ammette nessuna forma di pluralità e di conseguenza l'uno è in nessun luogo, non è né in quiete né in movimento. Seguendo questo ragionamento si arriva alla conclusione che se l'essere non esiste, neanche l'uno sarà; se l'uno è il rapporto con gli altri, l'uno contiene in sé la molteplicità in quanto viene introdotto il due. Con l'ipotesi contraria "se l'uno non è" ci sono sempre quattro deduzioni. Analogamente alle deduzioni della prima ipotesi: se l'uno non è il "non essere" indica l'assenza di caratteri, perciò l'uno non sarà né uno né molti; se poniamo l'uno in rapporto agli altri dell'uno si arriva alla conclusione che "non essere" prende il significato di "essere diverso da".

In questo dialogo il problema fondamentale è il confronto-scontro con la logica parmenidea e risulta impossibile affermare la molteplicità delle idee platoniche. La caratteristica fondamentale del dialogo è la maieutica, propria di Socrate la quale non ha come intento quello di affermare un’ipotesi, ma di spingere al ragionamento.

Il Parmenide si ricollega al Sofista, in cui Platone riprende questi temi per una più approfondita analisi.



Note[modifica]

  1. Ne fanno parte anche il Filebo, il Simposio e il Fedro.