Valore della storia/Parte III

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"Allegoria della Storia" di Ernest Guilbert, Musée Lorrain, Nancy
"Allegoria della Storia" di Ernest Guilbert, Musée Lorrain, Nancy


Tracciamo ora i punti di riferimento nella storia del sistema mondiale interattivo ed ecumenico dell'Eurasia, sperando che anche un abbozzo minimo possa chiarire il concetto e promuovere l'emergere di un approccio più coerente e comprensibile alla storia del mondo.

Il sistema mondiale interattivo ed ecumenico dell'Eurasia[modifica]

Le idee passate sull'importanza del "prestito culturale" sono state in gran parte plasmate dall'antropologia sociale, sviluppata negli Stati Uniti negli anni '30. Clark Wissler aveva studiato la diffusione dei "tratti culturali" tra gli indiani delle Pianure con precisione elegante; e il libro di testo di Ralph Linton, The Tree of Culture (1955), aveva fornito altri esempi persuasivi di profondi cambiamenti sociali in Africa e altrove come risultato dell'adattamento culturale ad alcune abilità prese in prestito.[1] Ma un uomo di grande influenza fu Robert Redfield: costruì una tipologia di società umane, istituendo due tipi ideali — la società popolare a un estremo, la società civile all'altro.[2]

La società popolare ("folk society") era quella in cui le usanze ben consolidate incontravano tutte le circostanze ordinarie della vita e si adattavano senza problemi per creare una guida alla vita quasi completa e indiscussa. Redfield sosteneva che un remoto villaggio dello Yucatan che aveva studiato si avvicinava al suo tipo ideale di società popolare. Quasi isolata dagli incontri esterni, la gente del villaggio aveva riconciliato i propri patrimoni ispano-cristiani e Maya, fondendo quelli che un tempo erano stati modi di vivere in conflitto in un tutto più o meno senza soluzione di continuità. Il conflitto e il cambiamento erano riprovevoli, controllati dal potere sacralizzante delle usanze vincolanti.[3]

La società civile, esemplificata dalla città portuale di Merida nello Yucatan, era al polo opposto. Lì il cattolicesimo si scontrava con i riti pagani residui; e i continui contatti tra estranei significavano che non potevano sorgere le regole consuete che legavano tutti a un corpus coerente di comportamenti. Invece, rivendicazioni morali contrastanti provocavano comportamenti variabili e riducibili. Il conflitto e il cambiamento sociale erano evidenti e pervasivi, temuti da alcuni e accolti da altri.

Armati di idee come queste, sembra in qualche modo ovvio che il cambiamento storico venga in gran parte provocato da incontri con estranei, seguito da sforzi per prendere in prestito (o talvolta rifiutare o tenere a bada) novità particolarmente interessanti. Ciò, a sua volta, comporta sempre aggiustamenti in altre routine stabilite. Un aspirante "storico-del-mondo" dovrebbe quindi stare attento alle testimonianze dei contatti tra civiltà separate, aspettandosi che da tali incontri nascano grandi deviazioni ogniqualvolta un prestito da (o il rifiuto di) pratiche esterne provochi cambiamenti sociali storicamente significativi.

La fonte ultima della variabilità umana, ovviamente, sta nella nostra capacità di inventare nuove idee, pratiche e istituzioni. Ma l'invenzione prosperò al meglio quando anche i contatti con gli estranei costrinsero a diversi modi di pensare e di fare onde competere per l'attenzione, così che la sceltadivenne consapevole e il deliberato armeggiare con le pratiche più vecchie divenne facile e spesso inevitabile. Nella società popolare, quando le usanze funzionavano come previsto, gli ostacoli alla maggior parte dei cambiamenti sociali furono quasi insormontabili. Ma quando lo scontro di usanze creava confusione, l'invenzione fioriva. La civiltà, come la definì Redfield, era quindi auto-catalitica. Ogniqualvolta si verificarono scontri di aspettative culturali in alcuni punti trasversali, le società civili furono in grado di continuare a cambiare, acquisire nuove competenze, espandere la loro ricchezza e potere... e disturbare le altre popolazioni tutt'intorno. Lo fecero fino ai nostri giorni, e ad un ritmo sempre crescente con il passare dei secoli e dei millenni della storia civilizzata.[4]

Avvicinandosi alla concettualizzazione della storia del mondo in questo modo, civiltà separate diventarono i principali attori della storia del mondo — accettando o rifiutando nuovi modi da lontano; ma in entrambi i casi, alterando le pratiche sociali più vecchie, dal momento che rifiutare con successo una novità attraente o minacciosa poteva richiedere cambiamenti a livello nazionale tanto quanto cercare di appropriarsene. Nel tempo, le civiltà tendevano chiaramente ad espandersi su terreni nuovi — e mentre si espandevano, le società autonome vicine venivano inghiottite e alla fine scomparivano. Tale espansione geografica significò che nel Vicino Oriente antico ciò che era iniziato come civiltà separate in Mesopotamia ed Egitto alla fine si fuse in un nuovo insieme cosmopolita, a partire dal 1500 p.e.v.; e un analogo cosmopolitismo iniziò ad abbracciare tutte le civiltà della terra dopo circa il 1850, quando l'autonomia effettiva della Cina e del Giappone cessò.[5]

Tuttavia si dovrebbero notare questi casi senza distogliere il centro dell'attenzione dalle storie separate di civiltà separate. L'idea di un insieme ecumenico eurasiatico (eventualmente anche africano e poi globale), che abbracciasse tutti i popoli, civili e incivili, che interagivano tra loro, nacque molto lentamente. Solo dopo essersi convinti che l'espansione commerciale cinese aveva alimentato l'improvvisa ripresa del commercio nella cristianità latina dopo circa il 1000 e.v., ci si rende conto, con Wallerstein e Dunn, che una vera storia mondiale dovrebbe concentrarsi principalmente sui cambiamenti nel sistema mondiale ecumenico, e poi procedere ad adattare gli sviluppi nell'ambito di civiltà separate e all'interno di entità più piccole, come stati e nazioni, al modello di quell'insieme fluttuante.[6]

Si può definire la civiltà come uno stile di vita, che deve essere riconosciuto da osservatori abili ed esperti nel modo in cui un critico d'arte discerne gli stili dell'arte. Ma tale analogia non è proprio buona. Le opere d'arte sono tangibili; mentre la "vita" è troppo varia per essere osservata nel modo in cui i critici d'arte possono osservare e più o meno essere d'accordo sulle affinità stilistiche. Per essere specifici, all'interno di qualsiasi civiltà, diversi gruppi vivevano in modi molto diversi. Ciò che li teneva insieme principalmente era la loro comune sottomissione ai governanti, il cui dominio continuato era molto assistito dal fatto che sottoscrivevano un insieme di regole morali, incarnate in testi sacri o almeno semi-sacri. Questa è la definizione corretta di "civiltà". I governanti che sapevano come comportarsi – agendo con un rispetto puramente verbale dei canoni di condotta prescritti e consapevolmente indifferenti all'osservanza letterale di quelle regole – potevano collaborare, e collaborarono, abbastanza agevolmente così da mantenere un pesante velo su subordinati turbolenti per secoli e secoli, lungo estensioni di decine, poi centinaia e infine migliaia di chilometri. Le classi dirigenti privilegiate costituivano quindi una sorta di struttura di ferro all'interno della quale una civiltà poteva prosperare. Ma tra i gruppi subordinati prevalevano stili di vita locali, occupazionali e settari molto diversi. Tutto ciò che li univa era il fatto che ogni gruppo aveva una sorta di comprensione tacita (o, occasionalmente, esplicita) con altri gruppi, e specialmente con i segmenti politicamente dominanti della società, in modo che potessero agire come facevano senza soffrire troppe brutte sorprese.

In tale prospettiva, le civiltà diventano entità piuttosto pallide e imprecise in sé. La diversità interna si profila e si fonde quasi impercettibilmente nella diversità dei popoli vicini che hanno mantenuto vari gradi di autonomia locale ma hanno comunque avviato negoziati con sovrani e commercianti civili e, forse, con missionari, artigiani, profughi e, talvolta, anche con coloni colonizzatori. Nessun singolo stile di vita riconoscibile può essere imputato a un tale panorama sociale. Diversità, conflitti e confini imprecisi, sì; coerenza e uniformità, no.

Perfino il canone degli scritti sacri, adottato da segmenti dominanti della società civile, era pieno di discrepanze. Considerate la Bibbia, gli scritti sacri buddisti e indù e i classici confuciani! Di certo si richiedeva un commentario giudizioso per creare una guida praticabile alla vita da materiali così diversi — e, naturalmente, la diversità iniziale implicava una flessibilità perenne, invitando i commentatori ad adattarsi a circostanze sempre mutevoli mediante una reinterpretazione appropriata, età dopo età, sostenendo, caratteristicamente, di ripristinare il vero significato originale dei testi sacri. Questa era la funzione principale delle classi letterate (spesso sacerdotali), e spiega perché i nuovi dati, discrepanti, erano (e sono ancora in molti rami dell'apprendimento) così costantemente ignorati.[7]

Che le civiltà fossero così confuse e contraddittorie internamente, le mettono molto in sintonia con la confusione e la complessità del sistema ecumenico mondiale eurasiatico. Tale sistema era ovviamente più ampio in area geografica, e più attenuato nella sua struttura interna, essendo privo di un canone di condotta prevalente articolato perché abbracciava una pluralità di civiltà (e popoli interstiziali), ognuna con la propria definizione letteraria di principi morali e i suoi propri sovrani politici e culturali. Ma, nonostante tutto, l'ecumene non era così differente dalla diversità che si trovava all'interno dei confini di ciascuna delle più grandi civiltà che nel 1500 partecipavano al circolo eurasiatico e africano di scambio e interazione.[8]

Il motivo era che la pratica mercantile aveva, in effetti, lentamente creato un codice di condotta praticabile che faceva molto per standardizzare gli incontri oltre i confini culturali. Persino l’arcanum della religione aveva lasciato spazio agli estranei e ai non credenti, poiché le principali religioni del mondo eurasiatico – cristianesimo, confucianesimo, buddismo e islam – avevano tutti concordato nell'esortare il devoto a trattare gli estranei come vorrebbero voluto essere essi stessi trattati ("ama il prossimo tuo come te stesso"). Quindi, nonostante il fatto che nessun singolo gruppo di sovrani avesse mai esercitato la sovranità politica sull'intero ecumene euroasiatico-africano, emerse uno scarno codice morale che contribuì notevolmente a ridurre i rischi del contatto transnazionale (diremo anche, "transciviltà") a proporzioni sopportabili. A poco a poco nel corso dei secoli, i governanti locali di ogni fascia appresero che avrebbero potuto trarre grandi benefici dalla tassazione anziché dal saccheggio degli estranei. Le classi subordinate impararono anche a tollerare gli estranei – persino i mercanti forestieri (alieni), che contadini e artigiani laboriosi consideravano regolarmente come sfruttatori disonesti che raccoglievano profitti ingiustamente, poiché ciò che vendevano caro era esattamente lo stesso di quello che avevano precedentemente acquistato a buon mercato da uomini onesti, cioè da essi stessi. Tuttavia, i poveri si abituarono gradualmente ad essere ingannati dagli estranei al mercato, proprio come i loro precursori all'alba della civiltà si erano abituati a cedere l'affitto non corrisposto a proprietari terrieri armati autonomi e forti.[9]

Man mano che questi atteggiamenti divennero generali, cosicché un mercante giuridico esecutivo (e straordinariamente uniforme) venne a sorgere nei porti e in altri grandi centri urbani dell'Eurasia e fu integrato da un corpo informale di dogana per trattare con estranei che si estendevano nell'entroterra rurale, la struttura del sistema ecumenico mondiale si avvicinò molto a quella delle civiltà separate comprese nel suo interno.

Principali punti di riferimento[modifica]

Quali sono stati, quindi, i principali punti di riferimento nell'evoluzione storica di questa struttura più grande e, eventualmente, mondiale dominante dell'esperienza umana?

Come ci si aspetterebbe, se si ha ragione nel sostenere che gli incontri con estranei[10] furono la principale ruota motrice del cambiamento sociale, le prime società complesse sorsero sulle pianure alluvionali della Mesopotamia, dell'Egitto e dell'India nord-occidentale, adiacenti al ponte continentale del Mondo Antico, dove le più grandi masse terrestri si collegano tra loro. Gli allineamenti continentali e le condizioni climatiche avevano reso questa regione il nodo principale delle comunicazioni terrestri e marittime all'interno del Mondo Antico, e fu presumibilmente per questo motivo che la civiltà originò lì per prima.

La tradizione letteraria sumera concorda con questa nozione, poiché sosteneva che i fondatori della loro civiltà erano venuti via mare dal sud e avevano sottomesso il "popolo dalla testa nera" che era indigeno delle rive inferiori del Tigri-Eufrate. I nuovi arrivati ​​alla fine impararono a irrigare le terre paludose che costeggiavano i fiumi e, grazie a raccolti regolari e sicuri, furono quindi in grado di erigere le prime città della terra su una pianura alluvionale che mancava di legname, metalli e altre materie prime essenziali di cui i Sumeri avevano bisogno. Fin dal loro inizio, quindi, il trasporto marittimo, integrato da carovane terrestri, tenne in contatto le città della pianura mesopotamica (direttamente o indirettamente) con fonti distanti di materie prime e popoli diversi che vivevano in un raggio di svariate centinaia di chilometri. E, in breve tempo, gli abitanti dell'Egitto e della valle dell'Indo costruirono le proprie civiltà grazie in parte alle capacità prese in prestito e alle idee acquisite tramite il contatto con la Mesopotamia, e così facendo stabilirono prontamente le proprie zone di interazione coi popoli circostanti, proprio come i Sumeri avevano fatto prima di loro.[11]

Inizialmente, il trasporto per via d'acqua era il collegamento principale su lunghe distanze. Quando, in una data antica ma sconosciuta, gli esseri umani scoprirono l'uso delle vele, le acque costiere dell'Oceano Indiano e i suoi mari adiacenti divennero un mezzo particolarmente facile di trasporto e comunicazione. I venti soffiavano equamente durante tutto l'anno e la loro direzione si invertiva ad ogni monsone. Ciò rendeva eccezionalmente semplice un ritorno sicuro da lunghi viaggi, anche per quelle navi che non potevano navigare controvento. Se dobbiamo credere alla tradizione sumera, i fondatori della prima civiltà del mondo sono emersi da questo bacino marittimo, portando con sé abilità superiori che erano state accumulate, possiamo ipotizzare, prima dell'alba della storia registrata grazie ai contatti con estranei provocati da viaggi marittimi.

Intorno al 4000 p.e.v. le navi a vela iniziarono a navigare anche nel Mediterraneo, dove condizioni di navigazione relativamente favorevoli (sebbene non altrettanto convenienti) prevalevano nel periodo estivo quando gli alisei soffiavano dolcemente e costantemente da nord-est. Il ritorno sicuro alla base di origine spesso richiedeva di viaggiare contro il vento prevalente. Il vogare con remi era una possibilità e rimase importante nella navigazione mediterranea fino al diciassettesimo secolo e.v. Sfruttando venti di terra di breve durata, creati dal riscaldamento differenziale o dal mare e dalla terra, era un'altra possibilità. La progettazione di navi e vele che consentivano di virare col vento era una soluzione più soddisfacente, ma non fu ottenuta fino alla fine del medioevo. Tuttavia, le navi che si muovevano con difficoltà controvento e non potevano navigare in sicurezza nei mari tempestosi dell'inverno, furono sufficienti per provocare e sostenere l'emergere della civiltà minoica, fenicia cartaginese e greco-romana. I prestiti dall'Egitto e dalla Siria furono fondamentali all'inizio — e la maggior parte di tali contatti avveniva via mare.[12]

Geograficamente parlando, il mare della Cina meridionale era tanto ospitale per le prime navi a vela quanto lo era il Mediterraneo. Ma la possibilità di una navigazione stagionale nel sud-est asiatico e tra le vicine isole non ha portò allo sviluppo precoce di città e civiltà letterate, forse perché non c'erano centri civilizzati sviluppati da cui prendere in prestito abilità e idee critiche. Parimenti, gli spazi marini più congeniali di tutta la terra erano le vaste zone aliseiche degli oceani Atlantico e Pacifico; ma anche loro non furono sfruttati fino a quando non furono inventate grandi navi in grado di contrastare il vento, sebbene le canoe polinesiane portassero coloni umani nelle isole remote del Pacifico in tutta la zona degli alisei. Il Nord Atlantico e il Nord Pacifico furono molto più temibili per i primi velisti, poiché i venti variabili delle tempeste erano ulteriormente complicati dalle alte maree.

Pertanto i modelli climatici e del vento pongono limiti precisi alla prima navigazione, anche se vale la pena notare che piccoli coracle, fatti di vimini e pelli, iniziarono a pescare nelle acque costiere del Nord Atlantico durante il terzo millennio p.e.v. I pescatori si imbarcarono anche dalle coste del Giappone in data sconosciuta ma presumibilmente precoce. Viaggi fortunosi alla deriva attraverso distese oceaniche dovettero iniziare non appena i pescherecci cominciarono ad avventurarsi in tali acque tempestose. I viaggi alla deriva dei kayak eschimesi dalla Groenlandia che finirono per approdare in Scozia nel diciassettesimo secolo e i pescatori giapponesi che sbarcarono in Oregon nel diciannovesimo secolo offrono un campione ben attestato delle dispersioni oceaniche casuali subite da piccole imbarcazioni disperse in mare.

Alcune somiglianze tra i manufatti amerindi e quelli dell'Asia orientale possono derivare da viaggi alla deriva; ma i pescatori non portavano con sé molto bagaglio culturale, anche quando sopravvissero a settimane di esposizione; ed è improbabile che i veri ma banali contatti transoceanici (compresi gli insediamenti scandinavi in Nord America) abbiano avuto conseguenze durature di una qualsiasi importanza prima del 1492. Invece, un sistema ecumenico separato sorse nelle Americhe, centrato in Messico e Perù; ma in assenza di una lunga documentazione letteraria sappiamo molto meno del suo sviluppo e, poiché l'archeologia è inerentemente locale, le connessioni tra siti separati rimangono spesso oscure.[13]

La storia ecumenica eurasiatica è molto più accessibile, anche se gli storici non hanno ancora studiato la sua crescita e il suo consolidamento in dettaglio. Tuttavia, è abbastanza chiaro che il primato iniziale del trasporto marittimo e della comunicazione nel tenere insieme l'ecumene è stato gradualmente modificato da miglioramenti nel trasporto terrestre. Gli esseri umani, ovviamente, erano itineranti e nomadi fin dall'inizio: è così che popolavano la terra. Con lo sviluppo dell'agricoltura, si diffuse l'uso di colture utili. I coltivatori "taglia-e-brucia" (debbio), ad esempio, trasportavano grano dal Vicino Oriente alla Cina, dove arrivò prima del 2000 p.e.v. Il riso si diffuse in qualche parte del sud-est asiatico e divenne un raccolto importante sia in India che in Cina circa mille anni dopo. Anche altre colture meno importanti si diffusero, alterando profondamente la vita umana ovunque iniziassero a fornire una nuova fonte di cibo per la popolazione.

Prima dell'alba dell'alfabetizzazione, il portage e il nomadismo erano stati integrati, almeno in alcune parti del mondo, da carovane di animali da soma, che rendevano molto più facile il trasporto di merci. Lo scambio a lunga distanza divenne routine ai tempi dei Sumeri, quando le carovane di asini portavano metalli e altri beni preziosi sin dalle lontane montagne carpatiche della Romania e distribuivano in cambio tessuti e altri manufatti. Il commercio per carovane arrivò quindi ad assomigliare al commercio via mare, con la differenza che il trasporto di merci preziose attraverso terre abitate richiedeva la negoziazione di tasse di protezione con ogni sovrano locale, mentre le navi dovevano pagare solo pedaggi nei loro porti di destinazione. Poiché il rischio di saccheggio da parte di briganti locali era molto più elevato del rischio di pirateria in mare, i costi del trasporto per carovana rimasero relativamente elevati, cosicché solo i beni preziosi potevano sostenere il costo del trasporto terrestre a lunga distanza.[14]

I contatti via terra presero una svolta decisiva dopo il 1700 p.e.v., quando carri leggeri e manovrabili furono inventati da qualche parte nei confini della Mesopotamia. Una squadra di cavalli attaccati a un veicolo del genere poteva trasportare guidatore e arciere in aperta campagna più velocemente di quanto un uomo potesse correre — e una serie di carri in carica si dimostrava in grado di abbattere facilmente una fanteria nemica. Di conseguenza, gli aurighi invasero le civiltà delle valli fluviali del Vicino Oriente e dell'India prima e dopo il 1500 p.e.v. Altri penetrarono in Europa e Cina, dove la prima dinastia cinese archeologicamente ben attestata, la Shang, si affermò intorno al 1400 p.e.v. con l'aiuto di carri da guerra. Come mostra la diffusione del grano (e di alcuni stili di ceramica provenienti dall'Asia occidentale), il rapido trasporto su ruote e la risultante superiorità militare degli aurighi non diedero inizio a incontri transasiatici; ma l'istituzione della dinastia Shang attraverso lo sfruttamento di tecniche militari originate dalle terre di confine mesopotamiche apparentemente inaugurò molte delle forme storiche della civiltà cinese. Ciò è brillantemente attestato da iscrizioni sulle ossa degli oracoli scoperte nella capitale Shang di Anyang che sono diretti predecessori dei caratteri della scrittura cinese contemporanea.

La comunicazione tra Cina e Asia occidentale rimase sporadica e indiretta per molti secoli dopo il 1400 p.e.v. Anche quando l'iniziativa imperiale cinese inaugurò un commercio di carovane più o meno regolare dopo il 100 p.e.v., i beni sopravvissuti al lungo viaggio rimasero semplici curiosità e lussi costosi. Alcune donne romane alla moda si vestirono comunque e davvero con sete semitrasparenti cinesi; e l'imperatore cinese riuscì a importare dall'Iran cavalli mastodontici da tiro, dalle ossa grosse, solo per poi scoprire che i magri pony della steppa, ai i quali i soldati cinesi si erano già abituati, erano molto più resistenti ed economici da mantenere di quella razza importata, che alla fine fu usata solo per scopi cerimoniali.[15]

Tuttavia, l'inaugurazione di un commercio di carovane più o meno regolare in Asia collegava est e ovest come mai prima; e quando, dopo circa il 300 e.v., i cammelli furono adibiti ad uso generale, le carovane furono in grado capaci di attraversare deserti precedentemente inospitali. L'effetto fu di incorporare vaste nuove aree dell'Eurasia e dell'Africa in una estesa rete commerciale e di comunicazione. Il Tibet, l'Arabia e le oasi dell'Asia centrale, da un lato, e l'Africa occidentale sub-sahariana, dall'altro, entrarono saldamente nel sistema ecumenico, che si espanse contemporaneamente verso nord penetrando tutte le steppe dalla Manciuria all'Ungheria, persino filtrando attraverso i passi di montagna e lungo i corsi fluviali nelle estensioni boscose del nord Europa.

Le nuove e altamente letali malattie epidemiche e le cosiddette religioni superiori furono le due novità più significative che diffusero in questo espanso mondo di carovane da poco prima dell'era cristiana a circa il 1000 e.v. Gli scambi materiali, come la diffusione di frutta e altre colture del sud-est asiatico in Medio Oriente con l'elaborazione dell'agricoltura nelle oasi, o la diffusione di stili scultorei naturalistici greco-romani in India, Cina e persino in Giappone, furono banali rispetto ai cambiamenti epidemiologici e religiosi che questo sistema di trasporto provocò.

Questo equilibrio tra scambi economici/tecnologici e culturali/biologici cambiò dopo il 1000 e.v. circa, quando il sistema ecumenico mondiale iniziò a rispondere alle innovazioni in Cina che avevano ampliato il ruolo del comportamento del mercato portando i contadini poveri e le classi lavoratrici urbane nel suo campo di azione per la prima volta. Ciò che rese possibile tutto ciò fu il trasporto economico e affidabile all'interno della Cina, derivante dalla diffusa costruzione dei canali. La maggior parte della canalizzazione era stata inizialmente intrapresa per regolare le forniture idriche dei tappeti di risaie in espansione da cui dipendeva sempre più il cibo cinese. Quindi con la costruzione del Gran Canale nel 605, che collegava lo spartiacque dello Chang Jiang con il sistema del Fiume Giallo, accompagnato e seguito da altri lavori di ingegneria progettati per facilitare la navigazione attraverso le gole dello Chang Jiang e altri colli di bottiglia critici, le parti più fertili della Cina furono collegate da canali navigabili facilmente accessibili e facilmente percorribili. Sotto la lontana sovranità dell'Imperatore, le imbarcazioni fluviali potevano trasportare carichi relativamente ingombranti su centinaia di chilometri con il minimo rischio di naufragio o rapina. Questo, a sua volta, significava che per i barcaioli valeva la pena, anche per piccole differenze di prezzo relative a merci di consumo comune, trasportare tali merci da dove erano a buon mercato a dove erano care.[16]

Poi, quando, poco dopo il 1000, il governo Song trovò più conveniente riscuotere le tasse in contanti anziché in natura, come era sempre stato fatto in precedenza, le persone comuni, compresi i contadini più poveri, furono costrette a entrare nul mercato per poter per pagare le tasse. Ciò accelerò enormemente la diffusione del comportamento mercante in tutta la Cina. Di conseguenza, con grande sorpresa della burocrazia ufficiale, la cui formazione confuciana classificava i commercianti come deplorevoli parassiti sociali, i vantaggi della produzione specializzata, che Adam Smith avrebbe successivamente analizzato in modo così convincente, iniziarono a diffondersi nei vari paesaggi della Cina. Ricchezza e produttività aumentarono. Si svilupparono nuove competenze che resero la Cina la meraviglia del resto del mondo, come ben presto si resero conto Marco Polo e altri visitatori da lontano. Tra le nuove competenze cinesi, alcune si rivelarono rivoluzionarie: in particolare, per l'Europa, la trinità della polvere da sparo, della stampa e della bussola, che raggiunsero l'Europa dalla Cina tra il XIII e il XV secolo.[17]

L'importanza della Cina in occidente ovest venne rafforzata dallo sviluppo di navi transoceaniche per tutte le stagioni, in grado di contrastare il vento e sopravvivere alla maggior parte delle tempeste. Tali navi, ancorate principalmente lungo la costa meridionale della Cina, dove la costruzione del canale interno era controllata dall'interno montuoso, permise ai commercianti intraprendenti di estendere una nuova (o forse solo intensificata ed estesa) rete commerciale attraverso il mare della Cina meridionale e nell'oceano Indiano. Lì le navi cinesi costruite in modo imponente e solido, dovevano competere con le imbarcazioni leggere e concorrere con una popolazione mercantile indigena di quelle acque. Come accadde in seguito, quando le navi europee penetrarono nell'Oceano Indiano circumnavigando l'Africa, le reti marittime e commerciali locali si dimostrarono in grado di controbattere i costi più elevati sostenuti dagli intrusi di grandi dimensioni. Tuttavia, un'infusione relativamente massiccia di materie prime cinesi e la domanda cinese di spezie e altri prodotti dell'Oceano Indiano diedero stimolo ai mercati dei mari del sud che presto si riversarono nel Mediterraneo e contribuirono a incentivare il notevole rilancio del commercio europeo dell'undicesimo secolo e successivi, che gli storici ben conoscono.

Le esigenze dei commercianti, a loro volta, provocarono gli europei a sviluppare navi per tutte le stagioni che fossero in grado di attraversare i mari in tempesta e afflitti da maree del Nord Atlantico e avessero ragionevoli possibilità di tornare sane e salve ai porti di origine. Le invenzioni introdotte tra il 1000 e il 1400, come il doppio tavolato inchiodato a un pesante telaio a chiglia e costole, i potenti timoni di poppa, prese a ponte e più alberi e vele, lo resero possibile. La costruzione di navi europee seguì una rotta a sé stante, indipendente dal modello cinese o da qualsiasi altro modello straniero, ebbene i marinai europei fossero sempre pronti a prendere in prestito tutto ciò che funzionava nella pratica, come la navigazione della bussola proveniente dalla Cina e le vele triangolari provenienti dall'oceano Indiano.

Il loro prestito e adattamento più fatale, tuttavia, fu l'accoppiamento fatto da marinai europei tra navi robuste transoceaniche e cannoni, sviluppati inizialmente per abbattere le mura di castelli sulla terraferma. Tali cannoni di grandi dimensioni, una volta adattati per l'uso a bordo, fornirono alle navi europee un armamento di gran lunga superiore a qualsiasi cosa precedentemente conosciuta. Di conseguenza, quando le navi europee iniziarono a navigare attraverso tutti gli oceani della terra, poco prima e subito dopo il 1500, furono notevolmente al sicuro dagli attacchi via mare; e poterono spesso sopraffare la resistenza locale a terra distruggendo muri e fortificazioni a colpi di cannone.

Il rinculo di tali cannoni era così potente che solo le navi pesanti potevano sostenerlo senza scuotere ed incrinarsi. I cinesi avrebbero potuto eguagliare le navi europee in questo senso, ma per ragioni interne alla politica imperiale, il governo cinese proibì la costruzione di navi oceaniche dopo il 1434 e rese illegale l'impresa oceanica cinese privata. Dopodiché, operare come pirati intralciò sistematicamente i marinai cinesi (e giapponesi) e li privò di ogni possibilità di armare le proprie navi con cannoni pesanti come quelli che i commercianti europei trasportavano abitualmente.

Le conseguenze delle scoperte oceaniche europee sono ben note, così come le conseguenze degli straordinari miglioramenti dei trasporti e delle comunicazioni avvenuti dopo il 1850, quando gli inventori europei, americani e più recentemente anche giapponesi, utilizzarono forme meccaniche ed elettriche di energia per le navi a vapore, per le ferrovie, il telegrafo e poi per aerei, radio, TV e, più recentemente, anche per la trasmissione di dati informatici. L'effetto più evidente di queste successive trasformazioni delle comunicazioni mondiali fu di espandere la portata dell'ecumene eurasiatico in tutto il mondo, inghiottendo il sistema ecumenico americano precedentemente indipendente, insieme a complessi sociali meno noti in Australia e in svariate isole minori. Lo shock è stato enorme e il mondo sta ancora riverberando delle conseguenze ecologiche, epidemiologiche, demografiche, culturali e intellettuali dell'unificazione globale degli ultimi cinquecento anni.

Tra l'altro, la comunicazione e i trasporti globali hanno reso la storia del mondo una realtà palpabile. Gli storici, essendo i fedeli custodi di ogni livello dell'identità collettiva umana, stanno iniziando ad adattarsi a quella circostanza, quasi mezzo millennio dopo che ha iniziato a influenzare la vita umana ovunque. La professione dello storico si aggrappa ancora a forme di storia più locali (e più sacre), e non ha ancora concordato su come affrontare l'avventura umana sulla Terra nel suo insieme.

Dibattendoci con questa domanda, sembra opportuno sottolineare due distinti livelli di incontri umani avvenuti nel corso dei secoli all'interno delle reti di comunicazione che ho appena disegnato fin qui. Il primo è biologico ed ecologico: come gli esseri umani sono entrati in competizione con altre forme di vita, riuscendo non solo a sopravvivere ma ad espandere la loro parte della materia e dell'energia terrestre, epoca dopo epoca, e in una grande varietà di diversi ambienti fisici. Nessun'altra specie si avvicina alla parità del ruolo dominante dell'umanità nell'ecosistema terrestre. I principali punti di riferimento sono abbastanza ovvi, a partire dalla diffusione iniziale di cacciatori-raccoglitori dall'Africa, seguita da un intenso "raccogliere" ad ampio spettro che porta all'agricoltura; e poi l'ascesa di civiltà con maggiore formidabilità nei confronti di altre società a causa dei loro specialisti militari da un lato e del loro adattamento alle malattie epidemiche dall'altro. La crescente importanza del sistema ecumenico mondiale eurasiatico prende quindi il sopravvento, diffondendo malattie, colture, competenze tecnologiche in aree sempre più grandi, fino a quando, dopo il 1500, il processo divenne globale. Ogni volta che una popolazione precedentemente isolata entrava in contatto con il sistema ecumenico mondiale, ne conseguivano l'esposizione debilitante a malattie, idee e tecniche sconosciute; spesso con risultati disastrosi per tali popoli precedentemente isolati e relative culture.[18]

L'uniformità non è mai emersa e non c'è motivo di supporre che mai lo farà. Le differenze climatiche e altre circostanze richiedono comportamenti diversi e, essendo intelligenti e adattabili, gli esseri umani agiscono di conseguenza. Alcune forme di vita sono state distrutte dalla carriera umana sulla terra; molti altri sono in pericolo, come tutti sappiamo. Altre sono state trasportate in nuovi ambienti e fatti fiorire come mai prima d'ora. Alcuni organismi patogeni e specie infestanti sfidano ancora con successo i desideri umani; ma le piante e gli animali domestici sono stati radicalmente modificati e alcune specie completamente nuove di piante e animali sono state inventate per nutrirci e servire i nostri bisogni (e desideri) in altri modi.

Ciò che rende la carriera umana sulla faccia della terra così straordinaria dal punto di vista biologico/ecologico è che, diventando completamente umani, i nostri predecessori hanno introdotto l'evoluzione culturale, non appena il comportamento appreso ha iniziato a governare la maggior parte della loro attività. I successivi conseguimenti culturali dell'umanità e la loro variabilità nel tempo e nello spazio, costituiscono quindi il secondo livello della storia mondiale. L'attenzione vi si è tradizionalmente e abbastanza correttamente centrata perché ciò che è stato appreso può cambiare ogni volta che qualcosa di nuovo e attraente arriva all'attenzione del conscio. E poiché la coscienza è estremamente motile, l'evoluzione culturale ha immediatamente superato l'evoluzione organica, introducendo una sorta di disturbo radicalmente nuovo nell'ecosistema terrestre.

Tuttavia, per alcuni aspetti, l'evoluzione culturale è ancora conforme ai vecchi schemi dell'evoluzione organica. La variazione iniziale, più o meno casuale, e la successiva selezione di ciò che funziona meglio è sufficiente per avviare il processo. I contatti tra portatori di diverse tradizioni culturali hanno promosso ulteriori cambiamenti; ma come già sostenuto, i cambiamenti venivano spesso avviati per difendere le peculiarità locali piuttosto che per accettare ciò che era percepito come una novità aliena e spesso minacciosa. Ne consegue che anche la comunicazione istantanea che prevale oggi è improbabile che si traduca in qualsiasi tipo di uniformità globale. I gruppi umani, pur prendendo in prestito da estranei, hanno un acuto senso della loro unicità. Più condividono, più ogni gruppo focalizza l'attenzione sulle differenze residue, poiché solo così la coesione e il morale della comunità possono sostenersi.

Il risultato è sempre stato conflitto, rivalità e collisione cronica tra gruppi umani, sia grandi che piccoli. Anche se dovesse arrivare il governo mondiale, tali rivalità non cesserebbero, sebbene la loro espressione dovrebbe cambiare in riferimento al potere dominante o ad un'amministrazione mondiale burocratica. Con ogni probabilità, l'ereditarietà genetica umana è in sintonia con l'appartenenza a una piccola comunità primaria. Solo così la vita può avere significato e scopo. Solo così le regole morali possono essere abbastanza ferme e definite per semplificare le scelte. Ma l'appartenenza a tali gruppi perpetua il divario tra noi e loro e invita i conflitti poiché il modo migliore per consolidare qualsiasi gruppo è avere un nemico a portata di mano.

Fino a poco tempo fa, i villaggi rurali costituivano le comunità primarie che davano forma e davano la direzione alla maggior parte delle vite umane. Ma con le comunicazioni moderne e la persistente diffusione delle relazioni di mercato nelle campagne, questo ha iniziato a cambiare. Identità multiple e spesso in competizione, caratteristiche delle città sin dai tempi antichi, hanno iniziato a presentarsi davanti agli occhi stupiti e spesso risentiti della maggioranza umana. Come scegliere tra identità collettive alternative e come conciliare obblighi contrastanti che le diverse identità impongono è il problema morale perenne di tutta la società umana. In passato, la maggior parte delle comunità rurali elaborava regole più o meno inequivocabili per fare tali scelte, in modo che il comportamento morale fosse generalmente ovvio per tutti gli interessati. In contesti urbani, attrito e incertezza erano molto maggiori; e oggi, mentre l'urbanità si espande nelle campagne, ambiguità e incertezza si moltiplicano ovunque.

Come conciliare l'appartenenza a vivaci comunità primarie con gli imperativi di un cosmopolitismo emergente è, forse, la questione più urgente del nostro tempo. I vantaggi materiali degli scambi globali e della specializzazione economica sono enormi. Senza un tale sistema, le popolazioni umane esistenti difficilmente potrebbero sopravvivere, tanto meno sostenere gli standard di vita esistenti. Ma come si possa ancora riconciliare la forte adesione alle comunità primarie con la partecipazione ai processi economici e politici globali deve ancora essere scoperto. Nell'antichità emersero congregazioni religiose di fedeli in risposta a bisogni analoghi; e forse qualcosa di simile potrebbe succedere di nuovo. Tuttavia le comunicazioni contemporanee espongono i fedeli a un continuo bombardamento di messaggi da parte di estranei e non credenti. Inoltre, se ciò potesse essere in qualche modo contrastato con successo, le comunità religiose rivali potrebbero scontrarsi, con risultati disastrosi come quelli derivanti dallo scontro tra nazioni rivali del ventesimo secolo.[19]

Gli affari umani stanno agitandosi sull'orlo di una trasformazione di vasta portata, analoga a ciò che è accaduto quando l'agricoltura emerse dai raccolti ad ampio spettro e le comunità dei villaggi diventarono il quadro principale all'interno del quale le vite umane venivano vissute. Che tipo di comunità può avere successo nell'adattare i propri membri alle comunicazioni globali, agli scambi mondiali e a tutte le altre condizioni della vita umana contemporanea (e futura) resta da vedere. Una catastrofe di proporzioni senza precedenti è sempre possibile. Siamo tutti consapevoli di potenziali disastri ecologici, dovuti all'inquinamento di terra, aria e acqua. La disgregazione sociale a causa di una formazione carente o fuorviante forse non è meno minacciosa.

L'ingegno umano e l'inventiva rimangono comunque più vivaci che mai — e forse invenzioni soddisfacenti e sostenibili avverranno localmente e poi si diffonderanno, come altre invenzioni in passato, dopo essersi dimostrate pratiche, si diffusero anche attraverso l'imitazione e l'adattamento, aggiungendosi così alla somma delle capacità umane e allargando la portata della vita umana, età dopo età, attraversando emergenze e crisi innumerevoli, dall'inizio della carriera umana sulla terra fino ai nostri giorni. I rischi possono essere più grandi che mai, ma le possibilità sono di conseguenza vaste.[20]

Viviamo, che ci piaccia o no, in un'epoca d'oro in cui vengono stabiliti i precedenti per il futuro. Sembra evidente che costruendo una storia del mondo chiara e precisa, gli storici possono svolgere un ruolo modesto ma utile nel facilitare un futuro tollerabile per l'umanità nel suo insieme e per tutte le sue diverse parti. La forma mutevole della storia del mondo è uno studio degno e affascinante, adatto alla nostra epoca e praticamente utile in quanto un senso chiaro e vivido di tutto il passato umano può aiutare ad ammorbidire i conflitti futuri chiarendo ciò che tutti condividiamo.

Note[modifica]

  1. Adelin Linton e Charles Wagley, Ralph Linton, Columbia University Press, 1971.
  2. Si veda, int. al., Robert Redfield, The Role of Cities in Economic Development and Cultural Change, University of Chicago Press, 1954; anche il suo Peasant Society and Culture, 1956.
  3. Per questa sezione si veda spec. Robert Redfield, Folk Cultures of the Yucatán, University of Chicago Press, 1948.
  4. Isaiah Berlin, Historical Inevitability, Auguste Comte Memorial Trust Lecture 1, Oxford University Press, 1955.
  5. Patrick Manning, Navigating world history: historians create a global past, Palgrave Macmillan, 2003, pp. 327–328 e passim.
  6. Si vedano, per questa sezione, Immanuel Wallerstein con Terence K. Hopkins et al., World-Systems Analysis: Theory and Methodology, Sage, 1982; I. Wallerstein, The Politics of the World-Economy. The States, the Movements and the Civilizations, Cambridge University Press, 1984; Ross E. Dunn et al., History on Trial: Culture Wars and the Teaching of the Past, Vintage Books, 2000.
  7. Ernest Gellner, Plough, Sword, and Book: The Structure of Human History, University of Chicago Press, 1989, pp. 97-115.
  8. Ernest Gellner, Plough, Sword, and Book, cit., pp. 115-116.
  9. Elizabeth Fox-Genovese e Elisabeth Lasch-Quinn, Reconstructing History: The Emergence of a New Historical Society, Routledge, 1999, passim.
  10. Per un'interessante discussione di approfondimento sulla parola "estraneo", si veda "Estraneo-Finestra di approfondimento di Fabio Rossi"[1] su Treccani.it.
  11. Seton Lloyd, The Archaeology of Mesopotamia: From the Old Stone Age to the Persian Conquest, Thames and Hudson, 1978; cfr. anche Enrico Ascalone, Mesopotamia: Assyrians, Sumerians, Babylonians (Dictionaries of Civilizations; 1-2), University of California Press, 2007.
  12. Daniel Pipes, Greater Syria: the History of an Ambition, Oxford University Press, 1990, pp. 202-212 e passim.
  13. Hermann Pálsson, The Vinland sagas: the Norse discovery of America, Penguin Classics, 1965, p. 28 e segg; cfr. anche generalm., D. Fiorentino, America indigena: popoli e società prima dell'invasione europea, Giunti, 1992.
  14. Ross E. Dunn et al., History on Trial: Culture Wars and the Teaching of the Past, Vintage Books, 2000, pp. 222-237 e passim.
  15. Carles Vilà, et al., "Widespread Origins of Domestic Horse Lineages", Science 291, 474 (2001).
  16. Peter Allan Lorge, War, Politics and Society in Early Modern China, 900–1795, Routledge, 2005, p. 147 e segg.
  17. Peter Allan George, War, Politics and Society, cit., pp. 151 e segg.; vedi anche Elvin, Mark & Liu Cuirong (curr.), Studies in Environment and History: Sediments of Time: Environment and Society in Chinese History, pp. 554 segg., Cambridge University Press, 1998, ad hoc.
  18. Patricia J. Campbell, ‎Aran MacKinnon, ‎& Christy R. Stevens, An Introduction to Global Studies, p. 190: "Crowd diseases, which are among the oldest established infections that humans have endured, emerged in the Old World centers of Mesopotamian civilization (the region now occupied by modern Iraq, eastern Syria, and southeastern Turkey) and India, where settled agricultural and pastoral societies developed."
  19. Qui si veda, int. al., Marc Ferro, The Use and Abuse of History, or, How the Past Is Taught, Routledge & Kegan Paul, 1984.
  20. Marc Ferro, The Use and Abuse of History, cit., pp. 174-5.